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ARTE E ALCHIMIA

Tesi scrittografica per diploma triennale (primo livello) in Pittura presso l'Accademia di Belle Arti di Verona, 2014. Offre una panoramica sul tema dell'arte e dell'alchimia occidentale, con un approfondimento personale su alcuni artisti contemporanei.

ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI VERONA ! ! ! DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN ! PITTURA ! ! ! TESI SCRITTOGRAFICA ARTE E ALCHIMIA Dalle origini agli artisti del primo ‘900 Relatore tesi: Prof. Francesco Ronzon ! ! ! ! ! ! ! Correlatore tesi: Prof. Daniele Nalin Diplomanda: Monica Moserle ! ! ! ! ! ANNO ACCADEMICO 2013/2014 ! ! ! ARTE e ALCHIMIA Dalle origini agli artisti del primo ‘900 ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! “Fà di uomo e di donna un cerchio rotondo, ed estrai da questo il quadrangolo e dal quadrangolo il triangolo. Fà un cerchio rotondo e otterrai la pietra dei ilosoi.” ! Arnaldo da Villanova, Rosarium Philosophorum, 1550 d.C. ! INDICE ! ! INTRODUZIONE: Cos’è l’alchimia 1 ! Storia dell’alchimia: dalle origini a Jung 3 Alchimia cinese 3 Alchimia indiana 4 Alchimia nell’Antico Egitto 5 Alchimia greco alessandrina 5 Alchimia nel mondo islamico 7 Alchimia nell’Europa medioevale 8 Alchimia nel Rinascimento e nell’età Moderna 9 Il declino dell’Alchimia Occidentale 10 L’opera di Jung 11 Le fasi alchemiche 16 ! ! Arte Alchemica 21 ! Analisi interpretativa di tre artisti del ‘900 32 Marcel Duchamp 32 Yves Klein 44 Piero Manzoni 55 ! Conclusioni 63 Bibliograia 64 ! ! ! INTRODUZIONE: Cos’è l’alchimia? ! Dell'arte è molto difficile dare una deinizione , ma è pur vero che tutti ne abbiamo una chiara nozione, o almeno sappiamo a quali forme della creatività si riferisce questa parola. Meno ricche e più confuse possono essere le conoscenze relative all'altro termine che compone il titolo di questa tesi. E’ pertanto necessario delineare i tratti della seconda, tenendo conto che un'adeguata comprensione critica di questo fenomeno risale a tempi molto recenti, precisamente alla pubblicazione del libro Psicologia e Alchimia, del 1944, di Karl Gustav Jung, al quale verrà fatto riferimento più volte in questa tesi. Jung non metteva in relazione l’alchimia con l'arte, si limitava a riscontrare le analogie dell'immaginario alchemico con quello che egli chiamava “inconscio collettivo” e che distingueva nettamente dall'inconscio individuale, esplorato in tutt'altra chiave da Sigmund Freud. Ma è innegabile che i cosiddetti “archetipi” dell'inconscio collettivo corrispondono a momenti e simboli ricorrenti dell'immaginazione, dal mito all'arte. Veri e propri studi sui rapporti anche storici tra arte e alchimia sono relativamente recenti; risalgono agli anni sessanta e sono prevalentemente italiani. Partiamo dunque col delineare questa scienza occulta. ! Il termine Alchimia , secondo la deinizione dell'Enciclopedia Treccani è il complesso di teorie e tecniche che assumevano la loro ispirazione dalle pratiche tendenti a ottenere la trasmutazione dei metalli vili in oro, la pietra ilosofale, l’elisir di lunga vita. Il termine che è stato usato prettamente in occidente ed è resistito ino ai giorni nostri, deriva dall’arabo kīmiyā, uno dei nomi del reagente per la trasformazione dei metalli, detto in Occidente lapis philosophorum o pietra ilosofale. In seguito ha assunto anche il signiicato di arte di trasformare utilmente le sostanze naturali. Andando più in profondità, come Michela Pereira nel volume Arcana Sapienza (2001, Carocci editore) il termine arabo deriva dalla radice Kem, che stava ad indicare il territorio geograico in cui appunto, affondano le radici dell’alchimia stessa: la terra di Kem, l’Egitto. In questa terra furono rinvenute tracce della pratica della metallurgia e della produzione della terracotta già dal V millennio a.C. , oltre che all’uso di pigmenti artiiciali ottenuti dall’ossidazione dei metalli e dall’uso di sali come il natron. (Pereira 2001, p. 16, p. 33). E’ noto che duplice è stata in dall'origine la produzione degli alchimisti: il risultato materiale delle operazioni di laboratorio su cui fondavano il proprio !1 sapere e i iumi di parole legati alle immagini che hanno prodotto per insegnare ad ottenerlo. Non possediamo alcun prodotto che sia effettiva e non solo leggendaria testimonianza dei tentativi perseguiti per secoli dai ''igli di Ermete'' di fare l'oro o l'elixir; ma di loro ci rimane una letteratura sterminata e in gran parte ancora semi sconosciuta, redatta in forme diversissime, dalla ricetta al trattato ilosoico all'allegoria in parole e immagini. Questi ultimi sono il vero ed unico lascito di una tradizione che per molti aspetti è ancora viva, e che è stata anche prepotentemente presente nella storia dell'arte del secolo scorso, in forma metaforica e con simbologie che analizzeremo in seguito. (Pereira 2001, pp.13 ). In questa sede si analizzeranno inizialmente le origini, la storia e le simbologie del passato, per poi fare un confronto con tre artisti dell’inizio del ‘900 che hanno seguito questo linguaggio, anche implicitamente, con la loro produzione artistica. ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !2 Storia dell’alchimia: dalle origini a C. G. Jung ! L'alchimia abbraccia alcune tradizioni ilosoiche che si sono propagate per quattro millenni e tre continenti, e la loro generale inclinazione per un linguaggio criptico e simbolico rende difficile tracciare le loro mutue inluenze e relazioni. Si ritiene fondamentale precisarle al ine di comprendere come l’alchimia affondi le proprie radici nel sapere più antico che ha in seguito pervaso intere culture e ilosoie, coinvolgendo di conseguenza anche l’arte, rilesso della società e termometro dei tempi ai quali gli artisti appartenevano. Esistono essenzialmente due grandi iloni che sono rimasti indipendenti l'uno dall'altro per quanto riguardano le origini e le prime tappe: quella orientale (Cina e India) e quella occidentale, (partito dall’Egitto, passato dalla Grecia, da Roma, nel mondo Islamico ed inine in Europa) Mentre l'alchimia cinese fu strettamente connessa al Taoismo, quella occidentale sviluppò un proprio sistema ilosoico, connesso solo supericialmente con le maggiori religioni occidentali. Ad oggi non sono ancora chiare le possibili contaminazioni avvenute tra le due correnti, ma sicuramente esistono svariati punti in comune, seguendo il percorso storico messo in atto da Pereira in Arcana Sapienza. ! Alchimia cinese ! Strettamente legata alla medicina tradizionale, il ine della ricerca era la creazione dell'elisir dell'immortalità, che da un punto di vista ermetico è paragonabile alla pietra ilosofale tipica dell'alchimia occidentale. Secondo quanto afferma J.C. Cooper in Chinese Alchemy: the Daoist Quest for Immortality, anche se probabilmente risale al IV secolo a.C. i primi documenti che attestano le ricerche alchemiche risalgono al 142 a.C. Nel Ts'an T'ung Ch'i di Wei Po-Yang, sotto forma di commentario dell'I Ching, il Libro delle Mutazioni, (un classico del Canone Taoista) in cui afferma che i procedimenti alchemici sono variazioni di un'unica materia sotto nomi diversi, ma che subisce cinque stati di mutamento (erroneamente deiniti elementi, poiché non sono a sé stanti) ovvero acqua, fuoco, legno, metallo, terra, e due contrari, yin e yang (il primo associato alla luna ed il secondo al sole) dalla cui dinamica scaturiscono gli elementi stessi. Ogni elemento combinato con yang sarà diverso rispetto a quello combinato con yin, poiché il primo è attivo e maschile, mentre il secondo è passivo e femminile. Il testo presenta una concezione evolutiva dei metalli e il trasferimento di queste concezioni sia su piani sperimentali, sia psichici, con molte inluenze di dottrine cosmologiche e magiche. Sarà il Maestro Ko-Hung !3 ad aggiungere, nel IV secolo, particolari metodi taoisti per la conquista dell'immortalità, legandosi sempre più alla medicina tradizionale cinese e portando ad una grande divulgazione di opere ino al XIII secolo. Si possono comunque isolare due metodi di ricerca che, pur avendo lo stesso ine, operavano in modi nettamente distinti: • Gli Alchimisti della Scuola esterna, che si occupavano della ricerca dell'elisir di lunga vita attraverso la produzione di rimedi, elisir e pillole dell'immortalità, le cui componenti erano in gran parte sostanze vegetali ,animali e minerali. Da qui derivano le basi per la farmacologia tradizionale. • Gli Alchimisti della scuola interna che ricercavano l'immortalità attraverso pratiche isiche e mentali che provocassero una trasmutazione del corpo, consentendo al praticante di raggiungere una longevità e una vitalità fuori dal normale. Il corpo veniva concepito come una officina alchemica e l'elisir di lunga vita scaturiva teoricamente dalla distillazione di sostanze corporee, prodotte attraverso l'utilizzo delle funzioni vitali (respirazione, circolazione, funzionamento endocrino, etc..) che venivano guidate dall'alchimista. Da qui derivano il Qi Gong e le ginnastiche mediche. I nomi delle tecniche spesso infatti richiamano termini tipici dell’alchimia. (Cooper 1990, pp 55-70) ! Alchimia indiana ! Secondo Arturo Schwarz, in Introduzione all'alchimia indiana (Laterza, 1984) il padre dell'alchimia indiana è considerato Śrīman Nāgārjuna Siddha (XIII secolo), il quale fu una igura semi leggendaria, ritenuto l'autore di alcuni testi alchemici quali il trattato di magia Kaksaputa Tantra, quello sul mercurio Rasendramangalam e il Susruta Samhita. Il migliore esempio di un testo basato su questa scienza è il Vaishashik Darshana di Kaṇāda, che si ritiene abbia introdotto in oriente la teoria atomica. L’alchimia giocò un ruolo di spicco in dalle origini del pensiero indiano. Secondo alcuni studi è dimostrato che era presente già in età vedica, ed era simile alla visione delle scuole interne cinesi, per il concetto di usare il corpo come laboratorio alchemico , per sperimentare un altro piano della realtà e divenire ''pietre ilosofali’'. Anche se con tutta probabilità gli studi alchemici portarono a utili scoperte anche in altri campi , come isica e chimica, furono ritenute secondarie rispetto a quella che era la possibile trasmutazione interiore dell'uomo, la sua rinascita e la sua liberazione. Persino la trasformazione del mercurio in oro era di secondaria importanza rispetto alla possibile condizione di vita senza morte (quella che veniva chiamata amrtattva). !4 Rappresentazione della tavola Smaragdina attribuita ad Ermete, di Heinrich Khunrath del 1606 Alchimia nell'antico Egitto ! Come già anticipato, gli alchimisti occidentali fanno risalire le loro origini all'antico Egitto, anche se non esistono documenti ufficiali a riguardo, poiché il centro nevralgico fu la città di Alessandria, la quale biblioteca , che probabilmente conteneva gran parte dei manoscritti che ne documentavano l’esistenza, andò a fuoco nel 391 a. C.. Ciò che si sa dell'alchimia egizia proviene indirettamente dagli scritti dei ilosoi greci, ed era divenuta parte, in seguito, anche della tradizione islamica. Si parla in particolare di colui che fu il fondatore dell'alchimia egiziana, il dio hot, chiamato Ermes-hoth o Ermes il Tre volte Grande dai greci (Ermete Trismegisto), nonché autore dei Quarantadue libri della Conoscenza, che avrebbero coperto tutti i campi dello scibile, fra cui anche l'alchimia. Il simbolo di Ermes era il caduceo, che divenne uno dei principali simboli alchemici, oltre che ad essere associato alla medicina. La Tavola di smeraldo di Ermes Trismegistus, che è nota solamente attraverso traduzioni greche ed arabe, è generalmente considerata la base per la pratica e la ilosoia alchemica occidentale. (Pereira 2001, p.13 , p.37 e p.82) ! !5 Alchimia greco-alessandrina L'alchimia nell'antica Grecia passò per tre fasi evolutive. La prima fu la prechimica, usata in particolar modo dagli artigiani egizi. In un secondo momento si arrivò all'alchimia come ilosoia ed inine vi fu la fase religiosa. I Greci inizialmente mescolarono le dottrine ermetiche egizie con il Pitagorismo, per il quale i numeri governano l'universo e sono l'essenza di ogni cosa. In un secondo momento, si fuse Trismegisto in un mosaico nella Cattedrale di ulteriormente con la scuola ionica, Ermete Siena basata sulla ricerca di un principio unico e originario per tutti i fenomeni naturali. Gli esponenti principali furono inizialmente Talete ed Anassimandro, ma fu poi sviluppata anche da Platone ed Aristotele; le opere di quest’ultimo inirono per divenire parte integrante dell'alchimia. Si parla dunque del concetto di materia prima che forma l'universo e che può essere spiegata solamente attraverso attente esplorazioni ilosoiche. Concetto altrettanto importante introdotto in quel tempo da Empedocle, fu che tutte le cose nell'universo sono formate solamente da quattro elementi: terra, aria, acqua e fuoco. A questi elementi Aristotele aggiunge la quintessenza, l'etere, di cui sono formati i cieli. (Pereira 2001, p. 85 ) Aristotele ha ulteriormente elaborato questa idea pensando che, la materia primordiale esistesse all'inizio come pura potenzialità che poi acquisiva una forma attualizzandosi nella realtà, esattamente come gli archetipi. Gli alchimisti adattarono queste idee pensando che, se dovevano trasformare una materia vile nella pietra ilosofale allora occorreva riportarla nel suo stato originario, indifferenziato. A questo pensiero aggiunsero una visione animistica della natura, in quanto credevano che ogni oggetto possedesse un suo spirito che, come lo spirito umano, era perfettibile, perché capace di trasformarsi da forme inferiori a forme più elevate. Poiché tutte le sostanze sono composte dagli stessi quattro elementi, deve essere possibile trasformare una sostanza nell'altra (per esempio il piombo in oro), compiendo una solutio, una separatio o una sublimatio per ridurre la sostanza agli elementi originali, modiicando le loro rispettive proporzioni e poi compiendo una coagulatio o una coniunctio per dare vita alla nuova sostanza. !6 Inoltre, poiché lo spirito di tutte le entità è perfettibile, non ci dovrebbero essere ostacoli insormontabili alla trasformazione della sostanza vile in oro. Il segreto sta nello stabilire gli stadi necessari attraverso cui devono passare le operazioni chimiche e nella scoperta di un agente miracoloso, che oggi potremmo deinire un catalizzatore, in grado di rendere possibile la trasformazione. Molti alchimisti concordavano sugli stadi appropriati ritenuti necessari, ma l'agente miracoloso si rivelò più elusivo. La terza fase si fonde nello gnosticismo: come anticipato infatti, diventa una sorta di religione esoterica, per la presenza di rituali e linguaggi misteriosi. In età ellenica, si sviluppò una letteratura di carattere ilosoico-soteriologicoreligiosa, che verrà poi chiamata ermetica, poiché rivelata da parte del dio hotErmete, supportata da una forma di metaisica che si rifà al Neoplatonismo ed al Neopitagorismo. Al II secolo risalirebbero inine gli Oracoli caldaici, dei quali sono pervenuti solo frammenti, che presentano analogie con gli scritti ermetici. In quel momento storico, quindi, si sarebbe operata una fusione tra il patrimonio ilosoico greco e la gnosi ermetica, nella quale l'alchimia assume i connotati di una tecnica tesa alla realizzazione in senso interiore e cosmico. (Pereira 2001, p. 32) ! Alchimia nel mondo islamico ! Dopo la distruzione del Serapeo e della Biblioteca di Alessandria , che segnò la ine del centro culturale greco, il processo di sviluppo si spostò verso il Vicino Oriente, da cui provengono molti più documenti rispetto alle altre culture, documenti che vennero di conseguenza poi tradotti in varie lingue. Questo è il motivo per cui l’alchimia islamica è tra le più conosciute (Pereira 2001,p 132). Alchimisti come al-Razî (conosciuto poi in latino come “Rasis” o “Rhazes”) diedero un contributo fondamentale alle scoperte chimiche, tra le quali ricordiamo la distillazione, la scoperta dell'acido muriatico (che è l'antico nome dell'acido cloridrico), dell'acido solforico e nitrico, della soda e del potassio. Fu così importante che ne derivò tutta la nomenclatura alchemica pervenuta ino ad oggi: ad esempio, come illustrato inizialmente, il termine stesso alchimia, l'athanor (fornace), l'azoth (forma corrotta da al-zawq, 'mercurio'), alcool (da alkohl, indicante una polvere per il trucco ricavata dall' ‘anti-monio'), elisir (da aliksīr, "pietra" ilosofale) e alambicco. All'alchimia islamica si deve inoltre una scoperta che fomentò per secoli l'immaginazione dei praticanti: l'aqua regia, un composto di acido nitrico e muriatico, che si diceva potesse dissolvere il metallo nobile, l'oro. !7 Degno di nota tra gli alchimisti islamici del VIII secolo è pure Jabir Ibn Hayyan, (conosciuto poi con la traduzione latina con il nome di “Geber“ o “Geberus“) i cui scritti esercitarono una grandissima inluenza nelle correnti europee successive. Fu il primo ad aver analizzato gli elementi secondo le quattro qualità di caldo, freddo, secco e umido e ad ipotizzare che, siccome in ogni metallo due di queste qualità erano interne e due esterne, mescolando le qualità di un metallo, se ne sarebbe ottenuto un altro. (Pereira, pp.95-96) ! Alchimia nell'Europa medievale ! Superato l'Alto Medioevo, l'Occidente riprende timidamente in mano la tradizione alchemica greca attraverso l'opera islamica, con un incontro tra i due mondi che avviene in Spagna , grazie al futuro Papa Silvestro II, Gerberto di Aurillac. Nel XII secolo invece fu Gerardo da Cremona a portare avanti l'opera di traduzione dall'arabo al latino di testi fondamentali come quelli di Rasis e Geber. Sarà solo il 1144 l'anno del vero e proprio rientro dell'europa nell'alchima, quando Roberto di Chester tradusse il Liber de compositione alchimiae, in cui il saggio Morieno insegnava al Re Calid il sapere direttamente trasmessogli da Ermete Trismegisto. La materia verrà poi rielaborata nel XIII secolo da Alberto Magno e Tommaso D'Aquino. Sarà il Francescano Ruggero Bacone (1241-1294) il primo vero alchimista riconosciuto nella tradizione europea medievale. Oltre ad occuparsi di ottica e di linguistica, scrisse libri come il Breve Breviarium, il Tractatus trium verborum e lo Speculum Alchimiae, opere di enorme importanza per gli alchimisti dal XV al XIX secolo. (Pereira 2001, p. 133 e p.139)Verso la ine del secolo XIII l'alchimia entrò in un'altra fase, grazie ad Arnaldo da Villanova (1240-1312) (che scrisse il Rosarium philosophorum) e Raimondo Lullo (1235-1315), che la portarono ad essere un mero sistema di credenze. Il tutto Nicolas Flamel, ritratto del XIX secolo declinò nel XIV secolo con l'editto di Papa Giovanni XXII che vietava la pratica alchemica. Nonostante questa ci furono uomini che ebbero il coraggio di tenerla in vita e far sopravvivere la ricerca della pietra ilosofale, nonostante i tempi poco propizi, come Nicolas Flamel (1330-1419) il quale riuscì, dopo anni di lavoro, a tradurre il mitico Libro di Abramo l’Ebreo, che secondo la leggenda, gli avrebbe rivelato i !8 segreti per la costruzione della pietra. Leggenda vuole che abbia raggiunto l'immortalità insieme alla moglie Perenelle. (Pereira 2001, p 232) Nell'alto Medioevo gli alchimisti venivano spesso accomunati a maghi ed incantatori e spesso furono perseguitati, anche durante l’Inquisizione. All’epoca, la loro attenzione era concentrata sopratutto sulla creazione dell'elisir della giovinezza e della pietra ilosofale, che venivano intese come due entità separate, e interpretavano l’elevazione dell'anima come la trasmutazione in oro del piombo. (Pereira 2001, p 183). ! Alchimia nel Rinascimento e nell'età moderna ! Durante il XVI secolo alchimia, chimica, medicina, scienze naturali, magia, astronomia operavano in simbiosi, senza conini netti tra loro. Agli inizi del secolo, uno dei maggiori interpreti che si muoveva senza difficoltà tra queste discipline, era Heinrich Cornelius Agrippa von Nettesheim (1486-1535). La sua i n l u e n z a f u p r e v a l e nt e m e nt e postuma, come accadde per Flamel, soprattutto per l'opera De occulta philosophia. Il suo merito fu quello di trasmutare l'alchimia stessa da ilosoia mistica a magia occultista. Mantenne vive, dunque, le ilosoie antiche in cui erano presenti numerologia e scienza sperimentale, introducendovi al contempo anche la teoria magica. La copertina del IV libro del De Occulta Philosophia, edizione del 1533 E’ necessario ricordare in questo frangente l'etimologia del termine “magia”, risalente di fatto alla dottrina dei magi, antichi sacerdoti persiani , che raggruppava sotto di se la pratica di evocare spiriti e morti, la taumaturgia, la divinazione del futuro e la pratica di prodigi, con l'aiuto di spiriti malevoli o benevoli. Lo stesso Cornelius si riteneva in grado di compiere queste operazioni e riuscì comunque a scappare dall’inquisizione (Pereira 2001, p. 108 e p.203). !9 Colui che spazzò via l'occultismo accumulato negli ultimi tempi, riportando la scienza al suo antico empirismo, fu senza dubbio Paracelso (heophrastus Bombastus von Hohenheim, 1493-1541): eliminò tradizioni gnostiche e magia, riprese in mano le ilosoie ermetiche dell'antica Grecia (Neoplatonismo e pitagorismo) e si concentrò sullo sviluppo medicinale dell’alchimia, indagando solo marginalmente la trasmutazione dei metalli preziosi. (Pereira 2001, pp 209-212) L'alchimia era la scienza della trasformazione dei metalli reperibili in natura per produrre composti utili per l’umanità: la iatrochimica di Paracelso era basata sulla teoria che il corpo umano fosse un sistema chimico nel quale giocano un ruolo fondamentale i due tradizionali principi degli alchimisti, e cioè lo zolfo ed il mercurio, ai quali lo scienziato ne aggiunse un terzo, il sale. Paracelso era convinto che l'origine delle malattie fosse da ricercare nello squilibrio di questi principi chimici e non nella disarmonia degli umori. Quindi la salute poteva essere ristabilita utilizzando rimedi di natura minerale e non di natura organica. È in questo periodo che viene pubblicata la prima storia dell'alchimia, nel 1561 a Parigi. L'autore è Robert Duval. In Inghilterra, l'alchimia nel XVI secolo è spesso associata al dottor John Dee (1527-1608), meglio conosciuto per il suo ruolo di astrologo, crittografo ed in generale come "consulente scientiico" della regina Elisabetta I d'Inghilterra. Dee si interessò anche di alchimia tanto da scrivere un libro sull'argomento (Monas Hieroglyphica, 1564) inluenzato dalla tradizione ebraica della Cabala (Pereira 2001, pp. 217-220). ! Il declino dell'alchimia occidentale ! Il declino in Occidente fu causato dalla nascita della scienza moderna con i suoi richiami a rigorose sperimentazioni scientiiche ed al concetto di materialismo. Nel XVII secolo Robert Boyle (1627-1691) diede l'avvio al metodo scientiico nelle investigazioni chimiche, alla base di un nuovo approccio alla comprensione della trasformazione della materia, che di fatto rivelò la futilità delle ricerche alchemiche della pietra ilosofale. Anche gli enormi passi avanti compiuti dalla medicina nel periodo seguente la iatrochimica di Paracelso, supportati dagli sviluppi paralleli della chimica organica, diedero un duro colpo alle speranze dell'alchimia di reperire elisir miracolosi, mostrando l'inefficacia se non la tossicità dei suoi rimedi. Ridotta ad astruso sistema ilosoico, distante dalle pressanti faccende del mondo moderno, subì il fato comune ad altre discipline esoteriche quali l'astrologia e la !10 cabala; esclusa dagli studi universitari, l'alchimia venne banalizzata, ridotta ai suoi procedimenti materiali, e messa al bando dagli scienziati quale epitome della superstizione. A livello popolare, tuttavia, l'alchimista era ancora considerato come il depositario di grandi saperi arcani. Facendo leva sulla credulità popolare, molti imbroglioni si attribuirono titoli di guaritore e per dimostrare effettive capacità produssero manuali manoscritti che imitavano, nel gergo e nelle illustrazioni, i trattati di famosi autori alchemici (in tal modo, nacquero anche i cosiddetti "erbari dei falsi alchimisti" che solo di recente hanno iniziato ad essere analizzati in modo attento dagli studiosi). Dopo aver goduto per millenni di un grande prestigio intellettuale e materiale, l'alchimia scomparve in tal modo dalla gran parte del pensiero occidentale, per tornare, però, ad essere approfondita nelle opere di pensatori come Julius Evola o Giuliano Kremmerz agli inizi del 900. ! L’opera di Jung ! Secondo Anthony Stevens nel libro Su Jung, La nascita e lo sviluppo della psicologia analitica (1990, Astrolabio) di fondamentale importanza, fu l'analisi proposta dallo psicologo che cominciò a studiare all'età di cinquanta tre anni, ma non rese pubbliche le sue tesi ino ai sessanta anni, quando pubblicò ,negli anni quaranta, Psicologia e Alchimia. ! Per capire l'importanza che l'opera di Jung assunse, basti pensare che ino ad allora l'alchimia era conosciuta come un'anticipazione della chimica moderna e non come un equivalente storico della psicologia del profondo. Jung però comprese che l'alchimista, nel suo sforzo di trasformare la materia vile in oro, in realtà operava simbolicamente sulla trasformazione della propria psiche. ! In altre parole Jung scoprì nell'alchimia una metafora dell’individuazione. ! Importante inoltre era il nesso tra le dimensioni di microcosmo e macrocosmo, nonché l'atteggiamento religioso che adottavano nel compimento dell'opera: ''Questo arcano deve essere considerato, non solo come veramente grande, ma come Arte Sacra'', dice un testo. Tutto quello che accade in cielo viene replicato sulla terra: ! ! ! !11 “cielo sopra cielo sotto stelle sopra stelle sotto tutto ciò ch'è sopra è anche sotto afferralo e rallegrati” (Jung 1946, vol 14, p 200) Balduinus, Aurum hermeticum, 1675. Rappresentazione simbolica dell’opus con i suoi attributi. Il rotondo alato (aurum aurae) come prodotto finale dell’opus alchemico e la sua immagine riflessa nella fonte di vita ! ! ! ! !12 Inevitabile è il nesso e l’assonanza con il testo della Tavola Smaragdina attribuita ad Ermete Trismegisto: E’ vero senza menzogna, certo e verissimo. Ciò che è in basso è come ciò che sta in alto e ciò che è in alto è come ciò che è in basso per fare i miracoli della cosa una. E poiché tutte le cose sono e provengono da una così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento. Il Sole è suo padre, la Luna è sua madre, il Vento l’ha portata nel suo grembo, la Terra è la sua nutrice. Il padre di tutto, il fine di tutto il mondo è qui. La sua forza o potenza è intera se essa è convertita in terra. Separerai la Terra dal Fuoco, il sottile dallo spesso, dolcemente e con grande industria. Sale dalla Terra al Cielo e nuovamente discende in Terra e riceve la forza delle cose superiori e inferiori. Con questo mezzo avrai la gloria di tutto il mondo e per mezzo di ciò l’oscurità fuggirà da te. E’ la forza forte di ogni forza: perché vincerà ogni cosa sottile e penetrerà ogni cosa solida. Così è stato creato il mondo. Da ciò saranno e deriveranno meravigliosi adattamenti, il cui metodo è qui. E’ perciò che sono stato chiamato Ermete Trismegisto, avendo le tre parti della filosofia di tutto il mondo. Ciò che ho detto dell’operazione del Sole è compiuto e terminato. L'Arte Sacra consiste in qualche modo nel collegare il microcosmo con il macrocosmo, il personale con il trans personale, l'Io con il Sé. Esaminando i testi antichi, Jung giunse alla conclusione che l'alchimia era l'unica tradizione che tentava d'impiegare una verità psicologica eternamente valida e precisamente che si diventa consapevoli di nuovi signiicati che emergono dall'inconscio vedendoli rispecchiati nella realtà esterna. In altre parole, l'alchimia era il primo esempio di una elaborata disciplina costruita interamente sul fenomeno della proiezione. Perché giunse a questa conclusione? Che motivo aveva di supporre che gli alchimisti proiettassero la loro psiche inconscia sulle loro storte e sui loro testi? !13 Voleva forse suggerire che l'alchimia non era affatto il risultato di un ragionamento cosciente? La risposta è che la sua supposizione era del tutto intuitiva, anche se sostenuta dall'esperienza clinica del potere della Corrispondenze tra operazioni alchemiche e costellazioni proiezione e dai numerosi paralleli rintracciati tra i simboli alchemici e i simboli prodotti da Jung stesso e dai suoi pazienti, nei sogni e nella pratica dell'immaginazione attiva. In Psicologia e Alchimia, pubblicò una serie di sogni di uno scienziato (che non aveva alcuna conoscenza dell'alchimia) e dimostrò quanto sorprendentemente il loro contenuto richiamasse i motivi contenuti nei testi alchemici. In seguito Jung ammise che lo scienziato era il Premio Nobel per la isica, Wolfgang Pauli. Quello che affascinava lo psicologo era il modo in cui gli alchimisti tentavano di dare una spiegazione sistematica degli stadi attraverso cui passava il processo di trasformazione, con parole scientiiche bizzarre, primordiali, che erano simboli delle trasmutazioni psichiche coinvolte. La liberazione dell'oro dalla massa confusa portava dunque il Sé della coscienza dall'oscuro caos all'inconscio. Produrre l'oro equivale a creare il Sé. Come la psicologia analitica, l'alchimia rappresentava una disciplina diretta a promuovere la realizzazione del sé, benché nella prima si tratti di una realizzazione cosciente e deliberata, nella seconda largamente inconscia e accidentale. Proprio come Jung concepiva il ruolo del sé nel processo di individuazione, così gli Alchimisti credevano che la pietra ilosofale fosse il punto di partenza, la meta e l'agente di trasformazione. E, cosa più importante, Jung credeva anche che l'Alchimia fosse in un rapporto compensatorio con il cristianesimo medievale. Per il cristiano era l'uomo che doveva essere redento da Dio, ma per l'alchimista era Dio (la divina anima del mondo che attende assopita nella materia) che aveva bisogno di essere redento dall’uomo. Si rammenta che, con molta probabilità questa intuizione, nonostante fu di grandissima utilità, potrebbe essere scaturita dal tentativo dello psicologo di risolvere il difficoltoso rapporto con la religione ereditato dal padre. Fu in particolare molto stimolato all’uso, da parte degli alchimisti, dei termini meditatio e imaginatio, in relazione alla loro opera: ''la meditazione alchimistica è un dialogo creativo in virtù del quale le cose passano da uno stato potenziale inconscio a uno manifesto'' Per lui, l'imaginatio era la chiave che apriva la porta al segreto opus. !14 Dedicarsi allo studio dell'alchimia quindi non era una cosa così eccentrica per uno psicologo poiché, mentre gli scienziati usano le loro menti per investigare i dati ricavati da osservazioni di eventi che si svolgono nel mondo esterno, lo psicologo usa la psiche per investigare dati che derivano dall'osservazione di sé. L'osservatore completa con la proiezione psicologica ogni cosa incerta o sconosciuta. (Stevens 1990, pp.203-207) ! Anthony Stevens ne amplierà a posteriori la visione parlando di alchimia come metafora dell'embriogenesi: gli alchimisti di fatto si impegnavano in una forma di compensazione per l'impossibilità di emulare la capacità femminile di creare la vita. L'obiettivo dell'opus alchemico è quello di separare due o più reagenti da una massa primaria, la prima materia o materia confusa all'interno di una sorta di grembo; la ricombinazione dei reagenti per produrre una nuova sostanza miracolosa, variamente deinita come lapis philosophorum, elisir di vita e così via, si esprime simbolicamente in un atto di unione sessuale tra un Re e una Regina in una vasca colma d'acqua, da cui nascerà un iglio, ermafrodito o androgino. ! La metafora alchemica, sempre secondo Stevens, opera a tre livelli: materiale (produrre oro), embriologico (produrre vita), psichico (fare anima). (Stevens 1990, p.203). Pagine 50 e 63 del Liber Novus, Carl Gustav Jung, terminato di scrivere nel 1959 !15 Le fasi alchemiche ! ! Come è noto, l'alchimia descrive un processo di trasmutazione chimica per effettuare il quale essa dà ininite indicazioni. Benché per quanto concerne l’esatto processo e la successione delle sue fasi, non si trovino due autori che abbiano la stessa opinione, la maggioranza è d'accordo sui punti essenziali, e questo già dalle epoche più remote, cioè dall'inizio dell'era cristiana. Vengono distinte quattro fasi, caratterizzate dai colori originari: la melanosi (innerimento, nigredo), la leucosi (imbiancamento, albedo), la xanthosi (ingiallimento, citrinitas) e la iosi (irrossimento, rubedo). Questa suddivisione del processo fu chiamata ''quadripartizione della ilosoia''. Più tardi, all'incirca nel quindicesimo-sedicesimo secolo, i colori furono ridotti a tre , poiché la xanthosi cadde gradualmente in disuso o non fu menzionata che pochissime volte. Al suo posto apparve eccezionalmente la viriditas (il verde), dopo la melanosi, senza però assumere un signiicato di principio. Mentre la tetrametria originaria era un esatto equivalente della quaternità degli elementi, ora veniva rilevata frequentemente sia l'esistenza di quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco) che di quattro qualità (caldo, freddo, umido, secco), con tre colori soltanto: nero, bianco, rosso. Poiché il processo non conseguì mai il risultato desiderato e poiché non fu mai eseguito in forma tipica nemmeno nelle sue singole parti, questo mutamento nella divisione delle fasi non può essere spiegato con cause esterne ma dipende piuttosto dal signiicato simbolico della quaternità e della trinità, dunque da cause interne, psichiche. ! NIGREDO ! La nerezza, nigredo, è lo stato iniziale che può essere preesistente come qualità della prima materia, del caos o della massa confusa, oppure provocato dalla decomposizione (solutio, separatio, divsio, putrefactio) degli elementi. Se si partiva dallo stato di decomposizione , poi si procedeva a un'unione degli opposti sul modello dell'unione di maschile e femminile (il cosiddetto coniugium, matrimonium, coniunctio, coitus), seguita dalla morte del prodotto dell'unione (mortiicatio, calcinatio, putrefactio) e corrispondente annerimento. ! ALBEDO ! Dalla nigredo si poteva passare mediante lavaggio (ablutio, baptisma) o direttamente, all’imbianchimento; oppure l'anima fuggita dal corpo al momento della morte era unita nuovamente al corpo morto per viviicarlo, oppure ancora i !16 molti colori (omnes colores, cauda pavonis, la già menzionata viriditas) servivano di passaggio a un colore unico, il bianco, contenente tutti i colori. Con ciò era raggiunta la prima meta principale del processo, ossia l'albedo, tinctura alba, terra alba foliata, lapis albus ecc., meta che certi autori decantavano in modo tale quasi fosse la meta deinitiva. Era lo stato argenteo o lunare, che però doveva essere ancora innalzato allo stato solare. ! RUBEDO ! L'albedo è , in certo qual modo, l'alba; ma soltanto la rubedo è il sorgere del sole. Il passaggio alla Rubedo è costituito dall'ingiallimento (citrinitas) il quale venne più avanti soppresso. Aumentando l'intensità del fuoco ino al suo grado massimo, la rubedo sorge direttamente dall'albedo. Il bianco e il rosso denotano la Regina ed il Re che anche in questa fase possono celebrare le loro nuptiae chymicae, nozze chimiche. Per quanto riguarda l'intero processo, gli autori sono vaghi e contraddittori. Molti si accontentano di alcuni accenni sommari, altri compilano un elenco dettagliato delle varie operazioni.Prendiamo ad esempio Josephus Quercetanus, alchimista, medico e diplomatico, che ebbe in Francia e nella Svizzera francese, una parte simile a quella di Paracleso. Stabilì nel 1576 una sequenza di dodici operazioni nell'ordine seguente, che sono citate anche in Psicologia e Alchimia da Jung : 1° CALCINATIO 2° SOLUTIO 3° ELEMENTORUM SEPARATIO 4° CONIUNCTIO 5° PUTREFACTIO 6° COAGULATIO 7° CIBATIO 8° SUBLIMATIO 9° FERMENTATIO DISTILLAXIONE 10° EXALTATIO 11° AUGMENTATIO 12° PROIECTIO (Jung 1944, p. 237) ! La “calcinazione”, o riscaldamento all'aria, portava al “issaggio” dei metalli fusibili, ed in tal modo essi assumevano una forma solida permanente o “calce” che resisteva a ogni ulteriore cambiamento. La “distillazione” fu spesso immaginata come un processo a due stadi, l'ascendente e il discendente, simbolicamente rappresentati da uccelli che volavano verso l'alto e verso il basso. Allo stesso modo, cigni, colombi o altri uccelli che volavano verso l'alto, !17 simboleggiavano la “sublimazione”. Si pensava che sublimando più volte una stessa sostanza, si potesse arrivare alla sua quintessenza. Con il termine “putrefazione” o “mortiicazione” veniva indicata la “morte di un metallo” causata generalmente dal calore (ossidazione); il processo inverso di “ritorno alla vita” o “risurrezione” (riduzione) era interpretato dagli alchimisti come il ritorno dell'anima di un metallo nel suo corpo. Si supponeva che questi due processi si manifestassero con la comparsa dei colori nero e bianco. Secondo un'idea molto diffusa, anche l'oro, il metallo perfetto, doveva subire la mortiicazione per permettere al suo seme di germogliare o crescere quando si fosse trovato in un mezzo adatto. “Il grano e gli altri semi dei vegetali, gettati nel terreno, prima di poter germogliare devono decomporsi”, scrisse Paracelso riferendosi a una diffusa anche se errata concezione medioevale. Il processo di “congiunzione” era considerato come l'unione del maschio con la femmina, del Sole con la Luna, dello zolfo con il mercurio, del solido con il volatile, del rospo con l'aquila e così via. Nella “nutrizione” il recipiente per la reazione era riempito di materiali preparati al momento. La “circolazione” era una forma continua di distillazione in vaso chiuso; questo processo fu spesso condotto in un vaso a due braccia, l'alchimistico pellicano, o in un doppio vaso. Jung riuscì ad enucleare gli stadi dell'opus dall'esame sinottico di numerosi testi e fu anche lui concorde nella suddivisione a quattro stadi con i quattro colori caratteristici già citati da Eraclito. Psicologicamente la prima materia è identica al sé primordiale, che contiene tutte le potenzialità, tutte le opposizioni dinamiche, necessarie per raggiungere la meta dell'opus. La separatio e la divisio sono indispensabili per avviare il processo, così come la divisione e moltiplicazione delle cellule nell'embrione per formare una nuova vita. La separatio inoltre trova un parallelo negli stadi inziali dell'analisi junghiana, quando si differenziano la situazione adulta dai complessi infantili, l'Io dall'Ombra, dall'Anima/Animus e dal Sé. La Tabula Smaragdina (il più sacro dei testi alchemici) avverte di ''Separare la terra dal fuoco, il ine dal grossolano, agendo con prudenza e con giudizio''. Il colore nero di questo stadio ha a che vedere con la depressione, la melancholia, che tanto spesso è quel momento iniziale che spinge a interrogarsi sulla propria vita, che porta all'analisi e che s'intensiica nell'incontro con l'Ombra. L'incontro con l'Ombra viene sempre deinito come mortiicatio: l'individuo deve confrontarsi con le sue parti umilianti e disprezzabili di se stesso, per integrarle; deve percepire, sopportare, elaborare i propri sensi di colpa. Tutti gli alchimisti concordano con la pericolosità della nigredo: essa genera vapori velenosi di piombo e mercurio e il vaso può esplodere. I testi consigliano orare et laborare, con perseveranza, fermezza e preghiera. ! !18 Il secondo stadio, l'albedo, deriva dal lavaggio (ablutio, baptisma) dei prodotti della nigredo che sul piano psicologico, corrisponde agli stadi ulteriori dell'integrazione dell'Ombra, nell'intimità della storta analitica: lavare i propri panni sporchi in privato. Secondo alcune tradizioni, la nigredo costituisce la morte della prima materia (morire alla vecchia modalità nevrotica di vivere, alle dipendenze infantili e così via). Al momento della ''morte'', l'anima viene liberata, puriicata e poi riuniicata alla materia rivitalizzata, per produrre lo stadio trionfale dei mille colori, la coda di pavone, che poi si trasforma in albedo: il bianco che contiene tutti i colori, la luce bianca. Questo momento è molto importante, per Jung è l'alba dello stadio successivo, la preparazione allo stadio inale. Nella Rubedo inine, il bianco si unisce al rosso grazie al crescente calore del sole. Il bianco è associato alla Regina e il rosso al Re, che ora ergono e portano a compimento la coniunctio oppositorum, l'unione degli opposti che si esprime simbolicamente nella congiunzione del Maschile e Femminile archetipici nelle ''nozze chimiche'', lo hieros gamos. Questo ha il suo acme nel raggiungimento della meta, il lapis philosophorum, l'ermafrodito che incarna il Re e la Regina uniti, ilius microcosmi, una ''igura che può essere paragonata unicamente all'Anthropos gnostico, all'uomo primordiale divino''. Il Re e la Regina compiono una coniunctio e si fondono in un unico essere con due teste. Il iglio philosophorum non è nato dalla Regina ma i due genitori si sono trasformati in una nuova creatura: ''L'unione della coscienza o della personalità dell'Io con l'inconscio personiicato come Anima genera una personalità nuova che racchiude entrambe le componenti. La nuova personalità non costituisce affatto un terzo intermedio tra coscienza e inconscio ma è l'una e l’altra assieme. Essa trascende la coscienza e perciò non dev'essere più deinita come 'Io' ma come 'Sé'. Il Sé è io e non-io, soggettivo e oggettivo, individuale e collettivo. Esso è in quanto epitome dell'uniicazione totale dei contrari, il 'simbolo uniicatore': l'Uno dei due rappresenta la loro forma rinnovata (per Jung esprimibile solo attraverso simboli, nella forma del mandala). ! ! ! ! ! ! ! ! ! !19 Systema Munditotius (cm 30 x 34). Pubblicato anonimo nel 1955 in un numero speciale della rivista culturale “Du”. In una lettera Jung scrive in proposito: “[il Mandala] raffigura gli opposti del microcosmo all’interno del mondo macrocosmico e delle sue antinomie. Alla sommità sta la figura del fanciullo nell’uovo alato [Erikapaios o Fanes], che in tal modo rimanda, come figura spirituale, agli dèi orfici. Il suo oscuro antagonista nel profondo viene qui indicato come Abraxas. Egli rappresenta il dominus mundi, il signore di questo mondo fisico, ed è un creatore di natura contraddittoria. Da lui scaturisce l’albero della vita […], mentre la sua controparte in alto è un albero di luce a forma di candelabro a sette bracci, con le scritte ignis (fuoco) ed Eros (amore). Un’altra suddivisione del mandala è quella orizzontale. Un cerchio interno che simboleggia il corpo oppure il sangue. Da esso esce a sinistra il serpente […]che mira al mondo oscuro della terra, della luna e del vuoto. Il regno luminoso della pienezza si trova a destra, dove […] si libra la colomba dello Spirito Santo.” Da Il Libro Rosso di C.G. Jung, edizione studio. ! ! ! !20 Arte alchemica ! Per arte alchemica , come illustrato nel saggio di Maurizio Calvesi, Arte e Alchimia (Giunti, 1986) si intende l'esperienza mentale di illuminazione artistica che differisce dal processo alchemico, che invece implicava per gli adepti una conoscenza metaisica, ilosoica ed esoterica dei simboli, conigurandosi come scienza della trasmutazione dei poteri mentali per poi sfociare nelle discipline della chimica e della magia: L'arte alchemica è, secondo Jung, un processo di t r a s for m a z i on e d e l l a coscienza razionale dell'Io nella coscienza del Sé, intendendo cioè l'individuazione: ''Individuarsi signiica diventare un essere singolo e, intendendo noi per individualità la nostra più intima, ultima, incomparabile e singolare particolarità, diventare se stessi, attuare il proprio Sé''. Consiste per cui in una ciclica preparazione Albrecht Dürer, Melancholia I, 1514. Incisione della materia psichica (istinto, pulsioni, libido) da cui estrarre la Malinconia. La Malinconia, ben descritta da alcune incisioni dell'artista Albrecht Dürer del 1514 (in particolare Melencolia I), si manifesta in tre gradi di introversione: psichica (funzione nigrescente tipica appunto dell'opera al nero), sensoriale (funzione rubescente, tipica dell'opera al rosso) ed intuitiva (funzione albescente relativa all'opera al bianco). Come tipicamente descritto nelle vicende eroiche o tragiche della mitologia greca, nell'allegorismo rinascimentale, e in tutta la letteratura metaforica messa in atto dagli alchimisti/ ilosoi, si parla di una crisi coscienziale, di alienazione, di spaesamento data dal dover scegliere tra il proprio potenziale spirituale e la parte sociale da sostenere. Nell'ontopsicologia non a caso si parla appunto di ''doppia morale'', con la quale !21 l’individuo è in grado di sostenere entrambe le realtà senza arrivare alla psicosi. Secondo Antonio Meneghetti, come descritto in Onto Arte (2000, Psicologica Editrice), dal momento in cui si vive e si opera all’interno di una società, è necessario rispettare tutte le regole che essa impone, ma è fondamentale non identiicarsi con questa o quella regola sociale, con questo o quello stereotipo, con questa o quella ideologia (Meneghetti 2000, p 40). Tornando a parlare di manifestazione artistica, è necessario citare innanzitutto i Tarocchi. Nel Medioevo rappresentavano la sintesi del percorso simbolico da compiere per arrivare alla liberazione dai falsi involucri della Persona e dalla suggestione delle immagini inconsce. Le immagini archetipiche conducono alla igura emblematica del ''Matto'' o ''Folle'': il mistico che rinuncia, distaccandosene, alle preoccupazioni materiali, simbolo di stravaganze, follie, spensieratezza, viaggi isici e mentali e linguaggi i n d e c i f r a b i l i . I l Fo l l e r ap p r e s e nt a l a prosecuzione della via artistica per quanto riguarda il confronto tra l'Io conscio e il Sé inconscio (deinito anche Ombra, nel quale risiedono le pulsioni e gli istinti inespressi per colpa della repressione sociale, religiosa e ilosoica) con il ine di arrivare all'espressione creativa e alla manifestazione di Dio. Secondo Pereira, a parte l’immagine simbolica dell’ouroboros, presente già nei manoscritti più antichi, le raffigurazioni che accompagnano i testi alchemici medievali sono essenzialmente legate alla pratica di laboratorio: forni, apparati metallurgici, alambicchi per la distillazione. Tuttavia i nomi di copertura impiegati per le sostanze principali dell’opus (già da Stefano d’Alessandria e specialmente nella tradizione Il Matto, Arcano Maggiore 0, dal mazzo di Tarocchi Rider-Waite araba) e gli sviluppi legati al tema ermetico del reperimento del sapere segreto in una domus sotterranea, avevano di fatto creato un repertorio di metafore estremamente suggestive: l’aquila con le ali o senza ali, la tartaruga, il re e la regina, il sole e la luna, il vecchio, il serpente, l’albero, la fonte, il tesoro nascosto, la chiave erano immagini familiari agli alchimisti. L’albero in particolare riveste un ruolo importante, perché sullo sfondo archetipico del legame fra terra (radici) e cielo (chioma) si innestano il tema della trasformazione della materia (il tronco, i rami, la circolazione della linfa) e !22 quello del prodotto perfetto (il iore e il frutto). Il signiicato delle immagini tuttavia non era isso ed univoco, ma mobile e dipendente dal contesto in cui esse avevano avuto origine. Ciò signiica che, per via della trasmissione orale e pratica, man mano che la testimonianza scritta di questa si tramanda, varia di continuo. Le immagini in cui il legame con la pratica viene prima o poi perduto sono spesso cariche di risonanze mitiche, letterarie e psicologiche: il serpente, la fonte, l’albero, lo sposo rosso e la sposa bianca si affiancano ai motivi igurativi nuovi, spesso surreali e inquietanti, che compaiono nei primi cicli di miniature legati ai testi dell’Aurora Consurgens e del Libro della Santissima Trinità. Samuel Norton, Arboris philosophica, 1630. Le dodici operazioni rappresentate nell’Albero Filosofico. I due cicli, affini per i motivi caratterizzanti le immagini (in entrambi viene proposta la igura dell’ermafrodita), hanno in realtà un rapporto molto diverso coi testi cui sono apposti. L’autore ignoto del libro della Santissima Trinità ha prescritto dettagliatamente i motivi e i colori delle sue illustrazioni, che in larga misura si ispirano all’iconograia religiosa e sottolineano visivamente il carattere profetico e le implicazioni teologiche del testo: oltre ai simboli degli evangelisti (il bue, l’angelo, l’aquila, il leone), sono presenti diverse raffigurazioni di Cristo (mentre porta la croce, in croce, risorto) e della Vergine (l’incoronazione, l’Immacolata concezione, la donna vestita di sole). Le tre ultime immagini raffigurano Cristo giudice nella mandorla, Cristo morto con le ali d’Aquila, insieme alla Vergine, San Francesco in atto di ricevere le stimmate. Ma c’è anche la raffigurazione dell’Anticristo, come ermafrodito dagli attributi diabolici, ed un ermafrodito mercuriale che sta in mezzo agli alberi del sole e della luna con un drago sotto i piedi. Le immagini che accompagnano l’Aurora Consurgens sono molto di più, trentasette in tutto nei manoscritti che contengono sia il primo libro del trattato, quello biblico-alchemico sopra ricordato, che il secondo libro pratico-operativo. Pochissime però sono di contenuto religioso e nessuna ha risonanze evangeliche ma eventualmente sapienziali (Salomone, la regina di Saba, la Sapienza che protegge i ilosoi con il suo manto). !23 Per la maggior parte presentano motivi simbolici, come l’ermafrodito sormontato da un’aquila; la scimmia che suona uno strumento a corde, la coppia nuda coricata, la donna partoriente al centro dello Zodiaco. Alcune igure sono decisamente grottesche: in una miniatura, un personaggio è rappresentato in atto di urinare e defecare, mentre un altro è squartato e mostra il cervello, il cuore, il fegato e i testicoli. Molte presentano motivi che verranno ampiamente riproposti nel Rinascimento: il pavone, la bara, la coppia nuda, il basilisco. Il legame delle immagini con i testi crea un livello di lettura ulteriore del testo stesso: l’immagine veicola qualcosa che la parola non dice, perché non vuole o perché non può, e nel circuito formatosi tra le parole e le immagini si apre uno spazio che richiede l’interpretazione simbolica. (Pereira 2001, pp. 195-199) Per quanto riguarda il Rinascimento, l'archetipo che accompagna gli artisti è Afrodite, mediatrice tra Psiche e Amore, tra Ragione ed istinto, tra Anima ed Eros. Nel 1462 venne fondata da Marsilio Ficino, per volere di Cosimo de Medici, l'Accademia Fiorentina, in cui venne predicata una sorta di psicologia sperimentale che affondava le radici nel platonismo, che si preiggeva di essere la continuazione culturale dell'antica Accademia di Atene. Ne presero parte Michelangelo, Leonardo da Vinci, Sandro Botticelli. Quest'ultimo in particolare dipingerà ''La nascita di Venere'' per celebrare questa ''venuta al mondo'', dalle acque dell'inconscio collettivo, per portare consapevolezza della realtà psichica. (Pereira 2001, p189) Nei Quaderni di arte alchemica, di Marta Breuning si comprende che la inalità dell'artista/alchimista rinascimentale era quella di arrivare all'individuazione attraverso quattro operazioni di integrazione della sigizia Anima/Animus, con doppia inalità: quella di rafforzamento dell'IO attraverso l'integrazione degli istinti e sentimenti tipicamente femminili (Anima) e di quelli maschili (Animus) e far emergere, da questa fusione un nuovo IO , rinato nella coscienza del Sé. Simbolicamente era rappresentata dalla nascita dell'Ermafrodito e dell'Androgino. Tipicamente sono esistite due vie, la via secca (riferita a quella che fu trasmessa da Michelangelo) e la via umida (attribuita a Leonardo). Nella via secca, deinita ''breve e pericolosa'', l'arte è sia un veicolo di trascendenza e arricchimento spirituale che una via per l'arricchimento materiale e il successo. Nella via umida, si sondano i sentimenti inconsci dell'Animus, ed è più lunga e sicura. Come già anticipato, la trasmutazione avveniva secondo le seguenti quattro fasi, anche se non sono mai state dichiarate esplicitamente da alcun artista: • "Annerimento" della percezione femminile (psichica, sensoriale, intuitiva) attraverso le strutture della mente pre-logica al ine di risvegliare l'istinto di individuazione, la Melancholia generata dall'introversione delle sensazioni, delle !24 emozioni e dei sentimenti (la funzione cosciente) che caratterizza la Coscienza Ermafrodita (Arte della Nigredo). ! • "Arrossamento" della percezione ermafrodita (critica, razionale e intellettiva) attraverso le strutture della mente logica al ine di risvegliare il sentimento di individuazione (procastinazione, sublimazione, sacriicio) e il "trasferimento" del conlitto psichico sul piano della fantasia, dell'immaginazione e dell'ispirazione (la funzione trascendente) che caratterizza la Coscienza Androgina (Arte della Rubedo). ! • "Ingiallimento" della percezione androgina (proiezione, immaginazione, intuizione) attraverso le strutture della mente translogica al ine di risvegliare il principio di individuazione (consapevolezza, comprensione e conoscenza) e la dinamica della coincidenza, contrapposizione e integrazione degli opposti (funzione alchemica) peculiare della Coscienza del Rebis Ermafrodito (Arte dello Iosis). ! • "Imbiancamento" della percezione translogica (psicologica, simbolica e archetipale) attraverso le strutture della mente transpersonale al ine di accedere alle intuizioni provenienti dallo Spirito di individuazione (percezione, coscienza e conoscenza spirituale), sintesi di tutte i possibili processi di elaborazione delle esperienze cognitive (funzione supercosciente) peculiare della coscienza del Rebis Androgino in grado di discriminare tra realtà e illusione, verità e menzogna, relativo e assoluto (Arte dell’Albedo). ! Anche per quanto riguardano queste fasi viste nell'aspetto creativo dell'artista rinascimentale, Jung diede una sua interpretazione specialmente nel volume Libido: I Simboli della Trasformazione (1965, Bollati Boringhieri). La prima tappa è caratterizzata dall'archetipo dell'Ombra, ossia tutti quegli aspetti che l'individuo non conosce di se stesso. L'Ombra rappresenta tutto ciò che è stato rimosso per l'educazione e le inluenze dell'ambiente sottoposte all'individuo. Questi elementi sono rappresentati nei sogni e nei simboli generalmente con igure demoniache, discariche, viaggi nell'oscurità, mostri e inseguimenti. (Jung 1965, p.185 e p.380) La seconda tappa è caratterizzata dall'incontro con l'archetipo dell'Anima per il maschio e l'Animus per la donna. L'Anima rappresenta tutti quegli aspetti prettamente psichici e mentali, ossia il primo contatto iniziatico dell'individuo con la propria psicologia. Viene rappresentata come una donna, una igura !25 femminile. Questo archetipo è quello più comunicativo di tutti gli altri perché sommerge l'individuo di immagini provenienti dall'inconscio, crea illusioni e complicazioni, nonché anche crisi. L'Animus rappresenta tutti quegli aspetti prettamente maschili, pratici e concreti, razionali, e reali, ossia il contatto con la sfera del diretto e del tangibile, il “qui e ora". Questo archetipo è il più battagliero e pragmatico ed è pericoloso per le sue capacità strumentali e armamentarie di sommergere l'individuo. Viene rappresentato nei sogni con la guerra, il fabbro e simboli simili. La non comprensione di tale archetipi può costare un blocco, una stasi, una nevrosi. Entrambi hanno sia potenzialità di creatività che distruzione (Jung 1965, p. 378). La terza tappa è caratterizzata dall'incontro con il Vecchio Saggio. Tale archetipo è da intendere come il corrispondente speculare della igura maschile, ossia paterna, della Grande Madre. È quell'archetipo in cui sono rinchiuse tutte le potenzialità dell'individuo, ossia la sua previsione, la sua capacità di ragionamento e la sua esperienza. La Grande Madre rappresenta la meta inale della psicologia femminile. Il Vecchio Saggio rappresenta tutto ciò che l'individuo sta per diventare dopo aver attraversato le fasi precedenti, un uomo, un saggio che sa, che ha conosciuto il passato, il presente e il futuro. Il Vecchio Saggio è capace di districarsi dalla tela appiccicosa dell'Anima e dalle battaglie furenti dell'Animus e come tale viene rappresentato come un consigliere, un ilosofo, un esperto in materia. La sua non comprensione può tenere saldo l'individuo nella sua situazione bloccandone l'evoluzione che rappresenta. (Jung 1965, p.326) La quarta tappa è caratterizzata dall'incontro con l'archetipo del Sé. Tale archetipo è la summa del percorso di individuazione, il ine dell'individuo che si dispiega avanti a lui, come un iore che sboccia. Viene rappresentato come luce, come mandala, come quaterna, come centro e come Dio. Tale archetipo rappresenta l'individuo stesso, tutto ciò che durante la strada ha visto e ha accumulato. Se l'individuo ha incontrato il Sé signiica che l'Io è allineato con esso. Non andarvi incontro signiica semplicemente che il percorso non è ancora terminato. (Jung 1965, p.359) ! Il concetto di arte come imitazione della natura ideato nel Rinascimento, è stato inteso in modo riduttivo come imitazione delle apparenze esterne: era dunque molto più profondo, trattandosi di imitazione come aderenza ad un modello operativo,ovvero come emulazione dei processi creativi della natura. Nell'ambito di particolari tecniche come l'incisione all'acquaforte, le analogie diventano a dir poco sorprendenti. !26 ! ! ! Il principio attivo cui era demandato il compito di governare il procedimento trasigurativo della materia, ovvero il mitico Mercurio o argento vivo, o acqua mercuriale, e che era poi idealmente e isicamente un solvente, assumeva vari nomi, tra cui quello, proprio, di ''aqua fortis''. Nel procedimento, poi, le suggestive coincidenze possono essere numerose: abbiamo una lastra di metallo, un acido che la corrode (come l'acqua mercuriale dissolve la materia ''prima''), abbiamo il fuoco che scalda e affumica il metallo, abbiamo le fasi, le attese, i misteriosi passaggi dalla materia alla forma. L'inventore della tecnica fu proprio Albrecht Dürer (1471-1528), ed in particolare, il riferimento va ad una delle sue opere più famose, Melancholia I. Rifacendosi ancora al saggio sopra citato di Calvesi, Erwin Panofsky , padre dell'iconologia moderna, ne da una interpretazione secondo la quale la malinconia (provocata dalla ''bile nera'') corrisponde, nel pensiero rinascimentale a uno dei quattro umori che determinano i quattro temperamenti dell'uomo: il malinconico, il lemmatico, il collerico, il sanguigno. L'umor malinconico è il più cupo e patologico, ma Dürer avrebbe trasformato la tradizionale rappresentazione psicopatica o puramente caratteriologica del melancolico, secondo la ''revisione anzi il rovesciamento di tutto il concetto di melanconia operato da Marsilio Ficino'', che riprendeva una tesi di Aristotele secondo cui i melanconici, a causa della loro stessa fragilità, iniscono spesso per emergere nelle attività intellettuali. Il furor melancholicus diventava così sinonimo di ispirazione. Quanto al numero I aggiunto alla parola, Panofsky suppone possa implicare una ideale scala di valori anziché una vera e propria serie di stampe. La verità di questa ipotesi può essere confermata nelle teorie di Agrippa di Netterheim, che deiniva tre generi di furor melancholius: ! -quella tipica di artisti ed artigiani, che hanno una immaginazione più forte della ragione -quella tipica di scienziati, medici e politici , dove predomina la ragione discorsiva -quella tipica dei teologi, nei quali la mente intuitiva supera le altre facoltà. ! Alla luce di queste caratteristiche, la “melanconia” di Dürer , secondo una sua stessa elaborazione ed elucubrazione dello scritto di Agrippa, può sicuramente rientrare nella malinconia d'artista, cioè la prima tipologia. Muovendosi nella !27 sfera dell'immaginazione, rappresenta la prima forma dell’ingegnosità umana, quindi appartiene a coloro che non possono estendere il pensiero oltre i limiti dello spazio. Questa tesi però può essere superata da un'altra ben più realistica. Il numero I infatti coinciderebbe con il primo gradino di una serie di molti altri, e quindi con la fase nigredo, primo segno dell'opus, alla quale peraltro tradizionalmente si fa corrispondere non solo questo stato emozionale, ma anche l'elemento terra, la notte, l'inverno, la vecchiaia e la morte. Melancolia I diventa quindi un monito alla luttuosa bile nera che pervade l'universo dell'alchimista, ma anche il primo passo verso l'esito di luce (Calvesi 1986, pp. 10-15). La sua passione per l'alchimia, per l'archetipo del Folle e della Malinconia che tentò di elaborare in tre diverse versioni al ine di estrarre l'istinto di individuazione, l'introversione psichica da cui ha inizio un rapido sviluppo della funzione trascendente (fantasia, immaginazione, ispirazione) che permise anche a Raffaello di realizzare i più signiicativi capolavori dell'Arte Alchemica. Entrambi riuscirono ad assimilare l'ermetismo alchemico attraverso lo studio delle opere realizzate dai maestri dell'Arte e riuscirono in brevissimo tempo a comprendere lo Spirito di individuazione (opera al Bianco). Solo in alcuni trattati pubblicati nel corso del XVI secolo i ilosoi avevano fornito per immagini, spiegazioni dettagliate dell'intero processo di realizzazione del Sé. I trattati erano composti generalmente da una serie di tavole numerate accompagnate da testi, simboli, emblemi ermetici e in alcuni casi, come nel trattato Atalanta Fugiens di Michael Maier (1617), da partiture musicali, allo scopo di divulgare solo agli iniziati i segreti dell'Arte. Il trattato che più di altri rende esplicito il processo di individuazione è il Rosarium Philosophorum, uno dei testi di riferimento per C. G. Jung, che lo utilizza come ilo conduttore nella sua Psicologia del transfert e fonte di ispirazione per deinire il "percorso terapeutico di individuazione". Da considerare inoltre che non è solo la puriicazione dell'Ombra il concetto chiave su cui l'Arte Alchemica si concentra, ma anche su un altro aspetto fondamentale, ovverosia la libido. Questo lavoro avviene nella fase massima dell'estroversione dell'energia, sessuale a scopo riproduttivo per citare Dante ''nel mezzo del cammin di nostra vita'', sotto forma di libido appetitiva (la lupa), appagativa (la lonza) e affermativa (il leone). Queste tre metafore incontrate da Dante rappresentano l'inconscio collettivo, per Jung. Da qui in poi , nell'opus, l'artista alchemico non guarda verso l'alto, alla ricerca di un Maestro o di una guida, ma si rivolge verso se stesso, precipitando nell'inconscio collettivo (iosis dell'anima) per arrivare alla comprensione della realtà umana e spirituale (albedo dell'anima). Inizia cioè a collaborare !28 spontaneamente all'Anima Mundi, arteice di tutte le forme di compensazioni indispensabili per riportare ad un equilibrio il corpo e la mente dell'artista e del collettivo. Sono identiicabili quattro fasi nella Rubedo dell'arte alchemica, riscontrabili tra l'altro nella Passione di Gesù, che sono la fase di perdita, depersonalizzazione, svuotamento e morte simbolica dell'Anima individuale. Le fasi sono necessarie per puriicare la mente inconscia dalla libido. La precipitazione dell'anima nell'inconscio collettivo è provocato dal fenomeno di introversione della libido, rappresentato simbolicamente dal serpente ouroboros che si morde la coda (del quale si è già accennato) a cui segue un processo di interiorizzazione delle immagini peculiare dell'artista o del mistico che si immerge profondamente nella meditazione delle fantasie psichiche generate dalla compensazione inconscia. Jung spiega il processo psichico sp er iment ato dall'artista alchemico e, soprattutto, da lui stesso: "La luce che a poco poco si fa in lui consiste nel suo comprendere che la sua fantasia è un processo psichico reale, qualcosa che Ouroboros, incisione di Lucas Jennis, 1667. sta succedendo a lui personalmente...Ma se io riconosco che sono personalmente coinvolto, devo io stesso entrare in quel processo con le mie reazioni personali, proprio come se io fossi una di quelle igure fantastiche, o meglio, come se il dramma messo in scena davanti ai miei occhi fosse reale. È un dato di fatto psichico che questa fantasia stia accadendo e sia reale allo stesso modo in cui sono reale io, come entità psichica. Se non viene svolta questa operazione, tutti i cambiamenti sono demandati al lusso delle immagini, mentre io come persona rimango immutato”. L'essenza dell'artiicio alchemico in grado di generare una effettiva trasformazione nello stato interiore dell'artista, consisteva dunque nella !29 proiezione dell'energia psichica sulle immagini elaborate dalla mente inconscia. Gli artisti si lasciavano cioè coinvolgere a tal punto dall'atto creativo che le opere stesse descrivevano le fasi della loro intima trasformazione: poteva trattarsi della libido in amore, dell'apertura dei sensi e del cuore alla vita dedita alla creatività e alla conoscenza, della drammatizzazione dell'esperienza di sublimazione e sacriicio della libido corporea e ''passione e morte '' della libido mentale. Artisti quali Raffaello, Caravaggio, Brueghel e Dürer, tramite le loro opere, riuscirono a compiere atti simbolici di iniziazione quali la "putrefazione, la decapitazione, l'impiccagione, la mortiicazione, la passione e crociissione" dell'Io della mente razionale e intuitiva che ostacola la visione del Sé. Tiziano, Lorenzo Lotto, Bosch e Velazquez riuscirono invece a percorrere tutte le fasi dell'Arte Alchemica nella veste di testimoni attivi di ciò accadeva in se stessi e nella loro vita man mano che i simboli della trasformazione, sacri e profani, comparivano nelle loro opere, anche se queste venivano realizzate su commissione, grazie alla legge della sincronicità, oppure ispirate dal caso, dagli incontri imprevisti, dai viaggi e dalle relazioni sociali, per la legge della serendipità. Anche molti altri artisti, come per esempio il Parmigianino, e persino personalità politiche del periodo si interessarono all'alchimia. Tra questi: Caterina Sforza, Francesco I de' Medici (nel cui studiolo di Palazzo Vecchio fece dipingere allegorie alchimistiche dedicate ai quattro elementi e al rapporto tra arte e natura, da Giovanni Stradano) e Cosimo I de' Medici. (Pereira 2001, p 274) Nell'età del romanticismo, come esplicato da Calvesi, il repertorio ermetico ed alchemico è rivisitato in particolare dai simbolisti e dal gruppo di pittori ''rosacrociani'', che riprendeva il nome di una nota società misteriosoica, quella appunto dei Rosacroce, iorita in Germania nel XVII secolo e diffusa in tutta Europa. Idolo dei pittori rosacrociani era la Gioconda di Leonardo da Vinci, per i signiicati che ravvisavano nella sua androginia. Si diffuse sopratutto in Francia, e trovò, nell’espressione artistica, com’era stata tradizione rinascimentale, uno strumento per giungere ad un’esposizione velata di arcani, che lasciassero intendere l’esistenza di mondi sovrannaturali. Il gruppo rosacrociano si trovò ad agire con pittori di grande rilievo tra i quali Pierre Puvis de Chavannes, Félicien Rops, Georges Rouault, Odilon Redon, Fernand Edmond Jean Marie Khnopff, Jean Delville, Ferdinand Hodler, Marcel Béronneau, a ulteriore prova della natura spiritualista e antipositivista del Simbolismo Con l'avvento del XX secolo e delle avanguardie, la situazione sembra capovolgersi e lo stacco storico con tutta la tradizione inizia a delinearsi nettissimo. Tuttavia le suggestioni dell'ermetismo alchemico continuano a !30 operare , sia pure in contesti singolari: se ne apprezza ora l'eccentricità fantasiosa, aspetto che sembra emergere nelle assunzioni del surrealismo. Ma poiché le poetiche surreali puntano all'inconscio e al mistero , l'immaginazione alchemica è delibata sia per forza ''archetipica'' dei suoi topoi, riconducibili nei luoghi stessi dell'inconscio, sia per l'alone di criptica iniziazione che avvolge le dottrine dell'ermetismo. Quanto al primo punto, non è un caso che proprio nell'ambito della psicanalisi e contemporaneamente alla nascita delle avanguardie, comincino a delinearsi già nel secondo decennio del secolo le ricerche di Carl Gustav Jung sugli ''archetipi'' , a suo avviso ricollegabili anche proprio alle igure dell'alchimia, come poi lo scienziato stesso esporrà nel libro Alchimia e Psicologia e Gli archetipi dell'inconscio collettivo. Parallelamente alle ricerche della psicanalisi, Gaston Bachelard teorizzerà negli anni Trenta l'immaginazione materiale che lavora oniricamente la materia dei quattro elementi, tra manipolazione (verbale, perché l'autore indirizza le proprie analisi sulla poesia) e sogno, prendendo a modello l'operazione alchemica che muta ontologicamente le sostanze e le trasforma nella loro essenza. Dagli studi antropologici sulle ''strutture'' dell'immaginario, come dall'analisi junghiana, emerge dunque il protagonismo dell’alchimia. (Calvesi 1986, pp. 43) Faust l’alchimista davanti allo specchio magico. Rembrandt Van Rijn, 1625 !31 ANALISI INTERPRETATIVA DI TRE ARTISTI DEL ‘900 ! Seguendo il ilo logico inora proposto riguardo all’arte alchemica, si intende dare un’interpretazione alle opere di tre artisti del novecento: Marcel Duchamp, Yves Klein e Piero Manzoni. Questi artisti sono legati implicitamente ed esplicitamente all’immaginario alchemico, sia per quanto riguarda la loro poetica, che per l’uso di determinati simboli o archetipi che sono già stati ampiamente approfonditi in questa sede, soprattutto nella parte centrale del testo. Per quanto riguardano i primi due artisti analizzati, è stata fatta una rielaborazione personale, seppur con rimando a studi speciici messi in atto da vari studiosi in alcune pubblicazioni. Mentre per il terzo artista, è stata seguita una vera e propria interpretazione ex novo. ! Marcel Duchamp ! Biograia dell’artista ! Marcel Duchamp nasce a Blainville-Crevon il 28 luglio 1877. Inizia a dipingere prestissimo, a 14 anni, e già nel 1909 espone i suoi lavori al Salon des Indipendants e al Salon D'Automne. Sempre quell'anno, conosce uno dei suoi più grandi amici, Francis Picabia. Al 1911 risalgono importanti opere come Macinino da caffè, che nello studio della meccanica preannuncia opere della maturità. Il primo importante traguardo viene però raggiunto nel 1912 con Nu descendant un escalier, n°2. Sempre allo stesso anno risalgono La sposa spogliata dai suoi scapoli, Il passaggio da Vergine a Sposa e La Sposa, opere che rappresentano la naturale evoluzione del Nudo che scende le scale, n°2 e l'attenzione dell'artista a temi che verranno poi espressi nella sua opera La Mariéè mise à nu par ses celibataires, méme. Nel 1913 farà i primi schizzi per La Mariée e il suo primo readymade Ruota di bicicletta. Nel 1915 conosce Walter e Louise Arensberg e Man Ray a New York. Nel 1917 fonda con altri artisti (e poi ne diverrà direttore) la Society of Independent Artists. In quella occasione conosce anche Katherine Dreier. Alla mostra annuale della Society si presenta per la prima volta sotto uno pseudonimo, Richard Mutt, con il suo readymade Fountain. L'opera venne però occultata dal comitato della society: Duchamp per protesta ne rassegna le dimissioni. !32 Nel 1918 per la Drier realizza il suo ultimo quadro ad olio su tela Tu’m… . Dopo la Prima Guerra Mondiale torna a Parigi dove frequenta Tristan Tzara, Andre Breton e altri dadaisti, artisti ed intellettuali che da lì a qualche anno avrebbero dato vita al movimento surrealista. Torna a New York nel 1920 e fonda con Katherine Dreier e Man Ray la Socété Anonyme – Museum of Modern Art Inc., società che ha lo scopo di promuovere l'arte moderna negli Stati Uniti. Sempre a New York nel 1921 pubblica con Man Ray, New York Dada, usando lo pseudonimo di “Rrose Selavy”, suo secondo e più famoso alter ego femminile, nato nel 1920. Nel biennio successivo fa spola tra New York e Parigi, e nel 1923 lascia Il Grande Vetro incompleto. Nel 1933 partecipa a Parigi all' Exposition Surrealiste e l'anno successivo pubblica La Boite Verte (300 esemplari) che raccoglie foto, disegni e note sulla Mariée. Sarà del 1937 la sua prima personale a Chicago. L'anno successivo collabora con Breton all'allestimento dell' Exposition Internationaile du Surrealisme alla Galerie des Beaux Arts di Parigi, per la quale vengono creati vari environment ante litteram. Nel 1941 crea un'altra scatola, la Boite en valise e l'anno seguente a New York crea con Breton, Sidney Janis e R.A. Parker , un'altra mostra con allestimentoenvironment , il Mile of String al 451 di Madison Avenue. Crea innumerevoli copertine per libri e cataloghi. Nel 1946 non si occupa più ufficialmente di arte ma sta lavorando segretamente ad un progetto ventennale, l'istallazione Etant donnes: 1° la chute d'eau, 2° le gaz d'eclairage (montata dopo la sua morte secondo le sue direttive e visibile al Philadelphia Museum of Art). Nel 1963 viene creata la prima retrospettiva a lui dedicata al Norton Simon Museum di Pasadena : By or of Marcel Duchamp or Rrose Sèlavy, in seguito alla Cordier and Eckstrom Gallery di New York (1965) e he almost complete Works of Marcel Duchamp alla Tate Gallery di Londra (1966). Dodici suoi lavori verranno poi esposti alla mostra Dada, Surrealism and their Heritage del 1968, al MoMA di New York, l'anno in cui l'artista morì. (www.marcelduchamp.net/bio) ! Analisi interpretativa ! Urinal e fountaine ! In questa citazione del 1959 dell’artista, in risposta alla domanda dell’amico Lebel, è celata una prima chiave di lettura : “Se ho praticato l'alchimia , è stato nell'unico modo possibile oggi, cioè senza saperlo”. !33 Impossibile non riconoscere in Duchamp un grande interesse per l’argomento, che volontariamente o no, permea tutta la sua produzione, specialmente dopo il 1917. Partendo da una delle opere che ha lasciato un segno indelebile nella storia dell’arte contemporanea e che ha inluenzato generazioni di artisti, Fountain, si osservi come siano presenti non pochi rimandi al mondo ermetico. Seguiamo l’interpretazione dell’opera e del nome utilizzando un libro di Maurizio Calvesi, Duchamp invisibile. Fountain - scrive Calvesi - è un oggetto chiaramente a doppio senso, essendo “urina” e “fontana”, nel vocabolario degli alchimisti, sinonimi. Due nomi della materia da cui si estrae, ovvero zampilla, il mercurio, oppure indicano il mercurio stesso, che non è distinguibile, nel monismo alchemico, dalla materia: ! Marcel Duchamp, Fountain, 1917. questa, come sappiamo, è sostanzialmente indistinguibile dal vaso che la contiene e che, come la materia stessa, è utero, matrice, sorgente. Circostanza assai precisa e interessante è che il già citato Flamel chiama tra l’altro “Urinal” il fornello-vaso degli alchimisti, che a sua volta Bernardo Trevisano descrive come “fontaine” ; e il vaso va anche sotto il nome, proprio, di “fontaine de Flamel”. L’argomento alchimia “impregna” tutte le 262 pagine dedicate al Grande Vetro. Probabile allora che altre opere di Duchamp siano state pensate con linguaggi e !34 forme alchemiche. Così la Fontana. A posteriori è facile dedurre le somiglianze, gli accostamenti, tra zampillo di urina e zampillo di fontana. Putti che fanno pipì decorano innumerevoli fontane settecentesche dei giardini di mezza Europa. Ma questo è un pensiero sempliicatore. Per il momento, se ne deduce che non ci si può mettere davanti ad un'opera, qualunque essa sia, sprovvisti dei dati necessari. La irma R. Mutt rende l’oggetto ancora più intrigante. L’artista usa spesso giochi di parole come anagrammi o doppie letture omofone per la titolazione delle opere, ad esempio Fresh Widow (1920): in questo caso in particolare la denominazione proverrebbe in realtà da “French Window”, trattandosi di una inestra di stile francese, ma l’opera è dedicata alle numerose vedove della prima Guerra Mondiale. L’alchimia qualcosa svela. Calvesi non esclude che questa irma “debba potersi leggere Mutt Er, che suona “mutter”, ovvero Madre. Flamel dice che il fornello-vaso degli alchimisti contiene il “matraccio” (matras) ed è, quindi, il ventre, la matrice. Ecco, allora, l’idea di madre “cui è ben connessa” scrive Calvesi,- “nella tradizione ermetica la stessa materia (mater-materia, madre terra, mem ecc.)”. La materia prende poi il nome di Moot che indica la materia in quanto “mota”, fango, immondizia, escremento. La provocazione duchampiana, ora che abbiamo scoperto in essa signiicati profondi, “cessa” di essere uno scandaloso orinatoio? Duchamp ha davvero trasferito - al pari della pietra ilosofale (cioè la sapienza) che trasforma in oro le cose vili - gli oggetti d’uso comune “nella sfera della contemplazione e della bellezza, cioè nei signiicati ”? Serve, comunque, il luogo della contemplazione. All’interno del quale anche un oggetto qualsiasi (apparentemente qualsiasi), posto su un piedistallo, assume valore d’opera d’arte. In questo caso, l’esposizione in un museo ne è la chiave. (Calvesi, 1998). Duchamp e l’androgino Altro argomento caro all’artista è l’androginia. Senza dilungarci sul suo noto alter ego femminile emerso nel 1921, Rrose Selavy (calembour di “Eors, c’est la vie” ?) ricolleghiamoci indirettamente al quadro di Leonardo da Vinci, caro come già menzionato ai pittori Rosacrociani del XVII secolo, la Gioconda. Nel 1919 Marcel Duchamp compie un atto apparentemente dissacrante nei confronti dell’opera celeberrima e della sua “aura”, con l’opera L.H.O.O.Q. .Dietro un gesto di apparente dissacrazione, l’artista ha celato la propria adesione al pensiero ermetico. Secondo Maurizio Calvesi, la "Gioconda con i baffi" nascerebbe infatti da una segreta e divertita allusione "ermetica" all'androginia dell'effigiata. L'androgino, come unione del maschile e del femminile (e quindi dei contrari) è !35 infatti una igura simbolica ricorrente nei trattati alchemici e disegnare barba e baffi sul volto della Gioconda è in fondo mascolinizzare una igura femminile. La misteriosa sigla del titolo (L.H.O.O.Q) ci fornirebbe poi la chiave per intenderne il senso. Marcel Duchamp LHOOQ 1919 Jean Perreal, Rimostranze della natura all’alchimista errante, 1516 Lette in francese una di seguito all'altra, le cinque lettere danno:" Elle à chaud au cul", cioè "Lei ha caldo al sedere". Calvesi ipotizza che Duchamp possa aver preso spunto per questa buffa associazione, da una miniatura di Jean Perreal proveniente da un manoscritto alchemico del '500 dove si vede la personiicazione della Natura-Alchimia (peraltro simile alla Gioconda nella posizione delle braccia e nello sfondo paesaggistico) che siede su un forno (athanor) acceso in forma di tronco cavo; ha quindi certamente "caldo al sedere”! (Calvesi 1998) Marcel Duchamp, scrisse a riguardo della sua velata ironia: “A me interessavano le idee, non soltanto i prodotti visivi. Volevo riportare la pittura al servizio della mente [...] !36 Di fatto ino a cento anni fa tutta la pittura era stata letteraria o religiosa: era stata tutta al servizio della mente. Durante il secolo scorso questa caratteristica si era persa poco a poco. Quanto più fascino sensuale offriva un quadro – quanto più era animale – tanto più era apprezzato. La pittura non dovrebbe essere solamente retinica o visiva; dovrebbe aver a che fare con la materia grigia della nostra comprensione invece di essere puramente visiva [...] Gli ultimi cento anni sono stati retinici. Sono stati retinici perino i cubisti. I surrealisti hanno tentato di liberarsi da questo e anche i dadaisti, da principio. [...] Io ero talmente conscio dell’aspetto retinico della pittura che, personalmente, volevo trovare un altro ilone da esplorare.” (Marcel Duchamp) ! La Rota philosophica ! Sempre in quest’ottica è da approfondire anche l’analisi di u n’a l t r a o p e r a d i g r a n d e importanza: La Ruota di bicicletta (1913). La funzionalità della "ruota di bicicletta" duchampiana è solo ludica: "Mi piaceva l'idea di avere una ruota di bicicletta nello studio. Era come avere un camino nello studio. Il movimento della ruota mi ricordava il movimento delle iamme" (Duchamp). In alchimia il fuoco è l'agente attivo della trasmutazione che avviene nel processo autosufficiente (circolare unitario) della distillazione. La Marcel Duchamp in posa con la sua Ruota (1’ versione del 1915) "ruota dell'alchimista" è un'allegoria di tale processo, come l'Ouroborus: serpente che si morde la coda, "uno è tutto" della concezione unitaria della materia. Eterno ritorno, a se stessi. Celibe autosufficienza nella conciliazione degli antagonismi. La ruota dell'alchimista, macchina celibe, è gratuita, sterile o inutile nel suo funzionamento se non si considerano le profonde motivazioni interiori, che le assicurano una funzione terapeutica. Così è anche per l'arte: "agisce come valvola di sicurezza necessaria per gli istinti troppo rimossi dell'uomo" (M. !37 Bonaparte, Dell’elaborazione e della funzione dell'opera letteraria). Il richiamo è anche all’Arcano Maggiore X dei Tarocchi: La Ruota, simbolo di successo immeritato, casualità, tempo misurabile e cicli naturali, tipici della corrente Dada. ! Agricoltura celeste ! Andiamo ora ad addentrarci in un’opera ancora più misteriosa: La mariée mise à nu par ses célibataires, conosciuta anche come “Il Grande Vetro”, del 1923, prendendo come riferimento il dossier Arte e Alchimia di Maurizio Calvesi (Giunti, 1986) Le indicazioni di Duchamp sul Grande Vetro sono quasi nulle, egli si è limitato a frasi sibilline. Non meno della igurazione , è criptico il sottotitolo: La mariée misé à nu par ses célibataire, mème. Proprio questa frase può essere letta secondo il già citato principio delle doppie letture omofone (dallo stesso suono) che uno dei suoi ispiratori, il poeta francese Raymond Roussel, considerava addirittura fondanti per la costruzione cabalistica dei suoi romanzi. ! La mariée mise à nu par ses célibataires = La Marie est mise à nue par ses célibatteurs La sposa messa a nudo dai propri scapoli = Maria è messa nella nuvola dai propri trebbiatori celesti ! Méme (che tradotto signiica “lo stesso”) è espressione di raccordo che sembra invitare alla seconda lettura e in chiusura può sembrare anche mem (lettera che nella tradizione ebraica è associata al numero 13, e che per la sua derivazione dalla scrittura gerogliica egizia, allude all’acqua ed alla maternità). ! Cosa si intende per ''Maria portata nella nuvola''? Potrebbe stare a simboleggiare la Vergine Assunta ed effettivamente, se osserviamo la struttura dell'opera, essa è pure divisa in due parti, come nella tradizione iconograica propria dell'Assunzione, con la parte inferiore che simboleggia la parte terrestre e quella superiore la parte celeste. Inoltre nella metà superiore la nuvola contiene tre quadrati, riconducibili alla SS. Trinità. La Sposa/Maria è un insetto stile cubista (deinita da Duchamp “impiccato femmina, scheletro, vergine, macchina per arare”). In basso, i 9 scapoli simboleggiati da divise vuote (corazziere, domestico, barista, prete, ecc.) ruotano su se stessi spinti dalle pale di un mulino, andando avanti e indietro come in un coito; i bastoni sopra di loro si aprono e chiudono a !38 forbice, muovendo il carrello su cui poggia la giostra. Il movimento è azionato dalla macinatrice di cioccolato. Al di sopra, i coni-setacci destinati a puriicare il desiderio, da cui dovrebbero uscire gli schizzi della “benzina d’amore” degli scapoli, per fecondare la sposa. Ma gli schizzi sbagliano mira, come indicano i fori (spari lanciati da un cannone giocattolo) nella parte destra del pannello superiore. Il Quadrato rappresenta il numero Quattro e simboleggia il Quaternario degli Elementi, stabilizzati nella materia concreta. In Alchimia il quadrato è la Pietra Cubica, perfettamente composta e lavorata, interamente Marcel Duchamp, Il grande Vetro, 1915 percepibile attraverso i sensi, che le riconoscono una perfezione naturale; simboleggia quindi anche l’uomo perfettamente equilibrato, padrone di sé e delle proprie spinte emotive interiori (che riesce a bilanciare con le energie esteriori che lo invadono). E’ naturale l’associazione al Compagno massonico, all’apice della propria operatività, quella operatività che lo ha condotto a terminare la sprezzatura della pietra e che ora gli apre la strada per diventare Maestro. Il percorso massonico Apprendista–Compagno-Maestro è simboleggiato dal percorso che porta dal Tartaro (il quadrato imperfetto, allungato, ovvero il rettangolo) alla Pietra cubica (limata e sgrezzata attraverso il fecondo incessante lavoro compiuto dal Compagno) ed inine al raggiungimento della Pietra Filosofale (rinvenuta al termine del suo percorso dal Maestro). La nuvola sta per !39 accogliere la Sposa/Maria mentre nella parte inferiore è presente un parallelepipedo in prospettiva, in asse con la Maria che è Ascesa, come a rievocare il sarcofago vuoto delle Assunzioni attorno a cui si affollano gli astanti. I trebbiatori celesti sono deiniti, nella spiegazione duchampiana del Grande Vetro, come ''macchina agricole'' o ''macchina a vapore'' con base in ''muratura'' (dal termine en maconnerie, massoneria): sta proprio qui la chiave di lettura ermetico/ilosofale dell'opera, spiegabile attraverso il vocabolario alchemico. La trebbiatura celeste, poiché si parla in Alchimia di agricoltura celeste; l'assunzione in cielo della Vergine incoronata dalla SS. Trinità e il denudamento della sposa sono invece metafore sulla puriicazione-macinazione della materia e sua trasformazione in pietra ilosofale (che era appunto paragonata al cristallo). Il Grande Vetro è dunque una macchina agricola. Perché? Nel mito l'agricoltura è il matrimonio simbolico tra cielo e terra, fratello e sorella. Nell'aratura e nella semina la vanga-fallo apre il corpo della terra-madre perché venga fecondato. Lavoro meccanico e unione sessuale. Inoltre la bozza preparatoria del Grande Vetro mostrava una scena in cui la sposa veniva effettivamente denudata la sera delle nozze da due pretendenti, ricavata da una illustrazione dell'alchimista Solidonius allusiva alla ''spoliazione'' o progressiva puriicazione della pietra ilosofale, signiicato molto più aderente alla prima lettura del sottotitolo. (Calvesi 1986, pp43-47) ! Altri dettagli poi sono aderenti alla lettura alchemica del Grande Vetro. La macinatrice di cioccolato corrisponde alla ruota di macina della Melencolia I di Dürer: serve a triturare la materia ''al nero'' (nigredo / opera al nero) argutamente indicata come ''cioccolato''. I sette setacci o ''crivelli'' che la sovrastano corrispondono alle sette chiavi delle operazioni , o ai sette pioli della scala e sono strumenti di progressiva raffinazione , mentre le grandi ''forbici'' a croce, come il mulino ad acqua incorporato al carro-sarcofago alludono allo spezzettamento e alla Solidonius, rappresentazione in un suo manoscritto, della della Pietra filosofale come la vergine sposa ulteriore macinazione o dissolvimento spoliazione nuda per la prima notte di nozze, 1550 circa della materia. Questa, una volta ''dissolta'', ascende al cielo come vapore, per poi ricadere dalla nuvola sotto forma di pioggia e dare nuovamente avvio al processo. !40 Ciò che conta è vedere come il mito dell'alchimia si riletta al di là della rappresentazione astrusa dell'artista, sia nella scelta di utilizzo del vetro al posto della tela, sia nel segreto che deve avvolgere il suo compimento. L'apparente insensatezza della igurazione dadaistica nasconde e protegge (in perfetto parallelismo con il precetto alchemico del silenzio e dell'ermetismo) il signiicato profondo, benché sdrammatizzato e intimamente decostruito. L'ironia che è un principio fondante di Duchamp, diviene la metafora e al contempo il delicato schermo dell'utopia spiritualistica. ! L'alchimista ha un atteggiamento materialista, monista (risolve conlitti e contraddizioni nel corpo ermetico androgino), ateo, ribelle a Dio (per appropriarsi delle sue proprie facoltà creatrici) nei confronti di tutti i fenomeni naturali. E’ in un'avventura tanto esoterica quanto essoterica: liberare l'uomo dai conlitti e dalle contraddizioni della vita, riconciliandoli su un piano "altro", verso uno sviluppo personale più armonico, ino all'"Homo Major", dotato di eterna giovinezza, e l'Aurea Apprehensio, la conoscenza perfetta del micro e macro cosmo in cui egli si trova. La conoscenza viene acquisita nella ricerca della pietra ilosofale. La ricerca diventa il ine. Pietra ilosofale e ricerca sono la stessa cosa. L'alchimia è lo strumento della conoscenza. Lo strumento per la liberazione totale sino alla ricostruzione dell'io diviso. Lo stesso processo di individuazione di a cui si è già fatto riferimento in Jung. Alla scoperta dell'androgino primordiale (Homo Major mitico), del rebis (cosa doppia), dell'amico che il solitario trova in sé come guida. ! L'alchimista è il sognatore che sa ciò che vuole: trasformare il mondo per trasformare la vita. "La pietra ilosofale non è altro che ciò che doveva permettere all'immaginazione dell'uomo di prendere su ogni cosa una rivincita completa" (Andre Breton). La bellezza del trita cioccolato è nel suo esser "sorgente luminosa", Aurea Apprehensio. "Girante faro della sposa" (dove la "sposa" è tutto il Grande Vetro e non uno solamente dei due protagonisti), la macinatrice di cioccolato allegorizza sul narcisismo onanista. Una massima dello Yoga Tantra lo canta: "che bisogno ho di una donna esterna quando ho in me una donna interna". "Anima" junghiana, androginia dell'adepto alchimista. Tanto in arte che in alchimia ciò che importa è la ricerca, non il ine. Per gli alchimisti, per Duchamp e per i surrealisti, arte e alchimia sono strumenti di conoscenza la cui funzione è di essere rivoluzionari. Il desiderio della "giovinezza permanente" nell'alchimista è un desiderio di "rivoluzione permanente", biologica e perciò psichica. Nell'adepto alchimista gli antagonismi non vengono risolti in una sintesi statica, in un annullamento reciproco, ma rimangono volutamente in tensione, in un equilibrio conlittuale, fonte di nuovi !41 equilibri conlittuali. La tensione è creativa, poiché è sempre dinamica. La tensione creativa è una caratteristica tanto rivoluzionaria quanto giovanile. Giovinezza e rivoluzione sono due aspetti della stessa "materia". La rivoluzione è la giovinezza dell'uomo e viceversa. "Il surrealismo è nato da una affermazione di fede senza limiti nel genio della giovinezza" (Breton). Coincidenza inquietante: tanto il giovane rivoluzionario che l'alchimista sono celibi. Tutti e due si sforzano di creare la macchina celibe della rivoluzione perpetua del desiderio. Un altro approccio al tema è quello psicoanalitico introdotto da Jean Reboul nel 1954, che vede un Duchamp “schizofrenico”; interpretazione che Arturo Schwartz coniuga con quella alchemica. Secondo Schwartz, Duchamp era ossessionato a livello inconscio dal desiderio incestuoso per la sorella Suzanne; alle nozze di questa nel 1911, la sua vita e la sua arte ne furono sconvolte. Per reprimere questo sentimento angoscioso, abbandona la pittura, troppo coinvolgente emotivamente, per un’arte spersonalizzata. Il desiderio inappagato per Suzanne si identiica con l’eterno inseguimento dell’unione alchemica, il cui sempre rinviato adempimento è la forza che muove il mondo. Altri temi cari a Duchamp ricorrono nell’opera: il caso (la polvere lasciata depositarsi e issata sui coni-setacci; il fatto stesso che il supporto sia vetro, e quindi riletta immagini sempre diverse; la decisione, dopo la rottura dell’opera nel 1926, di integrare la rottura nel lavoro, attraverso una piombatura dei pezzi); l’indice, ossia quel tipo di segno che, a differenza del simbolo (convenzionale: la parola) o dell’icona (rappresentativa: l’immagine) è prodotta dalla traccia dal proprio referente, ed è perciò un messaggio senza codice. La polvere è anche una traccia; gli spari-schizzi idem, e così nella parte alta i cosiddetti “pistoni di corrente d’aria” (i quadrati nella “via lattea” che emana dalla sposa, ottenuti sospendendo di fronte a una inestra aperta uno stroinaccio e fotografando per tre volte le sue deformazioni prodotte dal vento, quindi usando le sagome registrate sulla foto come stampi da cui trasferire le forme sul vetro; o secondo altri facendo cadere uno stroinaccio e riproducendone la forma. Comunque secondo una procedura analoga a quella dei Stoppages étalon. Seguendo hierry de Duve, potremmo interpretare questa complessa allegoria come un commento sul destino del pittore, trasformato dall’industrializzazione in un “macinatore di cioccolata” (masturbatore), e del suo desiderio inappagato per la sposa (la Pittura). Il pittore è diventato inutile e disoccupato, visto che la produzione industriale del colore – lo strumento base del suo mestiere – è passata all’industria, distruggendone il fondamento materiale Quando il vetro del Grande vetro si rompe, Duchamp non lo sostituisce perché sente che le rotture “riportano il lavoro nel mondo reale”: cioè dà all’artista !42 dell’altro lavoro da fare e suscita nello spettatore l’idea che sia da riparare, spingendolo a completarlo/ripararlo con l’immaginazione. In effetti per Duchamp l’interpretazione dello spettatore completava l’opera: l’arte diviene tale quando viene esperita. Così il ready made è deinito “una sorta di rendez-vous”. La scelta dell’oggetto non è un atto aggressivo da parte dell’artista ma un incontro basato sul caso (a chi gli chiedeva come scegliesse i readymade, rispose che erano loro a sceglierlo), o tutt’al più un impegno formalizzato tra due parti consensuali. Per tornare alla lettura psicoanalitico-alchemica, l’atteggiamento di Duchamp nei confronti di questa era di tollerante, divertita ironia. Oggi la maggior parte degli studiosi non la condivide; anche se è vero che Duchamp attribuiva importanza più alla ricerca che all’adempimento. Ma la lettura di Schwartz è stata integrata nel 1980 da quella della Marquis (Marcel Duchamp: Eros, c’est la vie), secondo la quale il desiderio incestuoso per Suzanne porta Duchamp a una paralisi affettiva che lo spinge a lasciare la pittura per un’arte più spersonalizzata. In questa chiave interpreta l’atteggiamento distaccato, i rapporti supericiali con le donne, l’ossessione per i giochi (scacchi) come sostituto della vita, la proiezione in un alter ego femminile del suo io sessuale, e forse omosessuale, anelante a uscire dalla prigione che si era costruito. Altrettante strategie di spersonalizzazione sarebbero l’importanza data al caso, il ready made, il disegno tecnico, l’ironia, il distacco. Anche per Donald Kuspit (1996) è uno psicotico che si dà al ready made in quanto incapace di creare arte: un impostore nella cui impostura sono cascati tutti. Non è stato questo anche il destino degli alchimisti verso la ine del medioevo, cioè di essere relegati al concetto di truffatori e maghi? Cos’è che ha trasformato un pittore cubista come tanti altri in un eccentrico dissacratore e sperimentatore? Per Jack Bunham (primi anni 70) fa un viaggio a Monaco nel 1912 in cerca di oscuri testi alchemici che ne determinano la svolta. Per Marquis ed altri, questa si deve al riiuto del Nu descendant un escalier n. 2 al Salon des Indépendants del 1912, fallimento che lo costringe a fare i conti con la sua inadeguatezza pittorica e a cercarsi una carriera che lo liberi dallo sgradevole confronto con i più dotati fratelli Jacques Villon e Raymond Duchamp Villon. Per homas Mc Evilley Duchamp sarebbe stato molto inluenzato dalla lettura del ilosofo Pirrone di Elide (IV-III sec. A.C) nel periodo 1912-1, in cui lavorava alla Biblioteca St.e Geneviève. Filosofo che da pittore si fece ilosofo, per il quale niente esiste, la vita umana è governata dalla convenzione, il linguaggio non ha il potere di deinire la realtà, e quindi bisognerebbe limitarne l’uso a scopi pratici e rifugiarsi nell’afasia. Pirrone contesta la legge logica per cui una proposizione o è vera o è falsa, raccomanda la neutralità, l’indifferenza (apatheia) e !43 l’imperturbabilità (ataraxia). Duchamp dopo il 1913 parla ripetutamente della bellezza dell’indifferenza e afferma di non credere in niente. ! ! Yves Klein ! Biograia dell’artista ! Yves Klein nasce nel 1928, e sarà uno dei mag g ior i esp onent i del Nouve au Réalisme. Da autodidatta, si formò a Nizza con la storica compagnia dello scultore Arman e del poeta Claude Pascal. Si incontravano nell'appartamento di Arman, in una stanza dipinta di blu, per leggere pagine di letteratura alchemica, per meditare, per ballare, ascoltare musica jazz e sognare di partire per il Giappone a cavallo. Una volta si narra che i tre salirono su un tetto e si spartirono il mondo. Pascal prese per sé le parole, Arman la terra e Klein il cielo, che irmò con un gesto nell'aria. Tutto il suo percorso artistico fu, in effetti, un atto di appropriazione. Iniziò con l'andare in Giappone (in aereo), dove divenne maestro di Judo e dove venne ispirato alla spiritualità buddhista. Nel 1954 tornò a Parigi e cominciò a trasporre sulla tela le sue idee sui rapporti tra arte e universo spirituale. I suoi quadri sono solo monocromi arancioni, rosa, più spesso dorati o blu (riprendevano i colori della iamma e della cultura alchemica): gli sembravano i colori più adatti per parlare di luce e di ininito. Iniziarono a chiamarlo Yves ''il monocromo''. Si concentrò soprattutto su una certa tonalità di blu, ottenuto e brevettato sotto la sigla di IKB (International Klein Blue). Il blu, ricordo dei cieli di Giotto e, in generale delle volte delle chiese, suggeriva lo sbocco verso una spiritualità diffusa. Seguendo questa attrazione per il mistero e la sensibilità che oltrepassa la materia, Klein si interessò a ogni forma di rituale in cui si manifestasse questa esigenza umana primigenia: da quelle orientali alla massoneria, alle arti marziali, in un continuo ondeggiare tra ironia realistica e profondo afflato mistico. Nel giorno del suo trentesimo compleanno, nell'aprile del 1958, Yves Klein aprì presso la galleria parigina di Iris Clert la sua esposizione più memorabile intitolata Le Vide, Il Vuoto: la stanza , completamente vuota, ospitava soltanto la !44 sensibilità dell'artista allo stato puro. Era possibile acquistarla sotto forma di certiicati, pagandola in oro. L'inaugurazione fu una sapiente mescolanza di sacro e profano, di rituale e di triviale: ciascuno dei tremila visitatori poté bere un cocktail blu che avrebbe reso blu la sua urina per circa una settimana. Tra la folla c'erano due giapponesi in kimono, due rappresentanti dell'ordine cattolico di San Sebastiano, cui l'artista si era affiliato e gendarmi in alta uniforme. In seguito Klein usò come pennelli delle modelle a cui chiedeva di cospargersi del colore blu nelle parti più femminili: seno, ventre e cosce, in modo che le Antropometrie che ne derivavano fossero inni alla fecondità e all'ininito riprodursi della vita. L'immagine più signiicativa dell'ispirazione di Klein verso l'alto e il sovrumano, ma anche di un certo ironico distacco dalle sue stesse utopie, è il Salto nel Vuoto. Vi vediamo l'artista saltare verso l'alto da una inestra, con le braccia distese come quelle di un angelo o un novello Icaro, frutto di un montaggio fotograico. L'artista morì mentre era al lavoro, di attacco cardiaco, mentre la moglie aspettava il primo iglio. Nella sua opera vi è una evidente componente di gioco e provocazione, ma il suo trascendentalismo ha prodotto i monocromi più suggestivi della pittura moderna. (Dorles - Vettese 2012, pp 364-366) ! Analisi interpretativa ! Monocromi ! Come si apprende dalla sua biograia, Yves Klein fu strettamente connesso alla spiritualità per cui non deve affatto stupire che molte delle sue opere siano permeate del linguaggio alchemico. Egli riteneva che l’arte fosse il mezzo per mettersi in contatto con l’ininito, con l’Assoluto. Partendo dalla ilosoia Zen che sta alla base del Judo, disciplina che l’artista praticò per parecchi anni, trovò sicuramente le radici per estrapolare alcuni concetti che poi sviluppò con la maturazione artistica nella sua breve ma intensa carriera. Pare che proprio negli anni in cui si trovava a Tokio per conseguire il grado di Cintura Nera, iniziò a dipingere i primi monocromi su carta da lettere. Klein non seguì la strada di molti altri artisti che partivano dalla igurazione, per approdare successivamente all’astrattismo e al monocromo: lui poggiò le basi della sua carriera artistica proprio sull’uso di un solo colore per volta, poiché la riteneva una forma di meditazione. Scrisse infatti: ‘’La monocromia è la sola maniera isica di dipingere che permette di raggiungere l’assoluto spirituale.” La scelta di questa forma d’arte non fu casuale. Pare che Klein la utilizzasse proprio per la libertà che gli trasmetteva. “Sono giunto a dipingere il !45 monocromo perché sempre di più davanti a un quadro, non importa se igurativo o non igurativo, provavo la sensazione che le linee e tutte le loro conseguenze, contorno, forma, prospettiva, componevano con molta precisione le sbarre della inestra di una prigione." Ma anche due soli colori su una stessa tela secondo Klein forzerebbero "il lettore a non entrare nella sensibilità, nella dominante, nell’intenzione pittorica" obbligandolo ad assistere "sia allo spettacolo del combattimento tra questi due colori, sia a quello della loro perfetta intesa.” Possiamo dunque rivedere nella sua pittura la ricerca della smaterializzazione tipica, come osservato in precedenza della prima fase del processo alchemico: la materia che viene scomposta per poi putrefarsi, essere incenerita e passare ad un nuovo stato, più elevato. “I miei quadri sono la cenere della mia arte.” diceva appunto l’artista. Vista l’importanza che ne avrebbe dovuto assumere, la scelta del colore non fu per nulla casuale. Yves Klein era così legato all’idea del colore, che non lasciò al caso nemmeno la vibrazione che avrebbe dovuto emanare: oltre all’utilizzo di altri colori legati alla tradizione ermetica come vedremo in seguito, il Blu in particolare fu centrale nella sua ricerca sulle tonalità che meglio rappresentano i concetti che desiderava trasmettere. Anche se Klein aveva lavorato estesamente con il blu nella sua carriera iniziale, fu soltanto dal 1957 che lo utilizzò come Esecuzione pubblica delle antropometrie, 1960. Sullo sfondo, l’orchestra che suonava la Sinfonia Monotona. componente centrale delle sue opere (il colore che si trasforma efficacemente in arte). Klein ha realizzato una serie di produzioni monocromatiche usando l'IKB come tema centrale. Questi hanno incluso performance art in cui l'artista ha verniciato modelle nude che poi ha fatto camminare o rotolare su tele bianche o più spesso monocromatiche: “Le mie modelle sono state i miei pennelli. Le ho fatte imbrattare di colore e ho fatto imprimere la loro impronta sulla tela.[...] una sorta !46 di balletto di ragazze imbrattate su una grande tela paragonabile alla stuoia bianca dei combattimenti di Judo”. ! ! Il segreto del notevole impatto visivo dell'IKB deriva dal pesante utilizzo del blu oltremare, ed alla spessa applicazione della vernice che Klein realizzava sulle tele. L'IKB è stato sviluppato da Klein e dai chimici per avere la stessa luminosità ed intensità di colore dei pigmenti asciutti, ed è stata realizzata sospendendo il pigmento asciutto in una resina sintetica. Questa nuova tonalità è stata brevettata nel 1960 da Klein, sotto la sigla appunto di IKB (International Klein Blue), ma mai prodotta da nessuno. Yves Klein, Antropometria senza titolo, 1960 Approfondiamo ora la scelta di questo colore in particolare, che diede a Klein la fama di voler sidare quello dei cieli stellati di Giotto. Secondo l’artista, “Il blu non ha dimensioni, è fuori dalla dimensione, mentre gli altri colori ne hanno. Ci sono degli spazi psicologici, il rosso per esempio presuppone un fuoco di irraggiamento del calore; tutti i colori portano a delle associazioni in maniera psicologica a delle idee concrete, materiali o tangibili, mentre il blu ricorda al limite il mare e il cielo, dopo tutto ciò che è più astratto nella natura tangibile e visibile.” Come Jung afferma, la funzione di pensiero, la direzione verticale e la spiritualità sono associati al blu per tradizione. Le antiche parole greche per il blu servivano anche a designare il mare; in Tertulliano e in Isidoro di Siviglia il blu si riferiva sia al mare sia al cielo, analogamente alla parola greca (bathun) e a quella latina (altus), che implicavano l'alto e il profondo in una sola parola. !47 La dimensione verticale come gerarchia persiste nel nostro linguaggio, nel sangue blu per la nobiltà, nei nastri azzurri delle premiazioni, e in molte Yves Klein, Antropometria, 1960 ! immagini mitologiche di "dèi blu": Kneph d'Egitto, le vesti blu di Odino, Giove e Giunone, Krishna e Vishnu, Cristo nel suo ministero terreno, come il CristoUomo blu visto da Hildegard di Bingen. James Hillman in proposito scrisse nel saggio Blu alchemico e unio mentalis che il blu era parte della gamma cromatica di passaggio tra il nero/nigredo e il bianco/albedo, accostandolo all’argento soico e alla malinconia data dal procedere dell’opus alchemica. Non a caso in inglese l’idioma “to be blue” !48 tradotto signiica essere tristi o malinconici. Inoltre da non trascurare è la sua affinità col nero, associato nell’alchimia all’Ombra. L’artista appunto disse “Il periodo dei monocromi blu è stato il frutto della mia ricerca dell’indeinibile in pittura”. L’altra forma di disintegrazione della materia si rilette poi nella forma. ! Creare il vuoto Il Principio anti-igurativo è particolarmente esplicito nelle Anthropométries (antropometrie) realizzate con il corpo umano ma raggiunse il suo apice con l’opera Le vide. ! Yves Klein Le vide, 1958 ! Per comprendere a fondo cosa rappresentò, è bene osservare direttamente ciò che scrisse in proposito l'artista, che descrive passo per passo l'intento e lo svolgimento pratico della mostra con le parole più appropriate, in questo testo tratto dal suo archivio storico (www.yveskleinarchives.org): ! !49 “Preparazione e presentazione dell'Esibizione del 28 Aprile 1958 a Iris Clert, 3 rue des Beaux-Arts, Parigi La specializzazione della Sensibilità dallo Stato di Materia in Sensibilità Pittorica Stabilizzata PERIODO PNEUMATICO: L'oggetto di questa ricerca: creare, stabilire e presentare al pubblico uno stato pittorico palpabile nei limiti di una galleria d'immagini. In altre parole, la creazione di un ambiente, un genuino climax pittorico, e pertanto, un unicum invisibile. Questo stato pittorico invisibile all'interno dello spazio della galleria dovrebbe essere così presente e dotato di vita autonoma che dovrebbe essere letteralmente ciò che l'ha colpito, ed essere considerato come la migliore deinizione complessiva del quadro: RADIOSITA’. A tal ine, quindi, elaboriamo con Iris Clert il biglietto d'invito per l'apertura. Il testo è di Pierre Restany. Questo testo brillantemente laconico è molto chiaro e decidiamo, in considerazione dell'importanza di questa mostra per la storia dell'arte, di stamparlo in chiari caratteri, nell’interesse della solennità della cerimonia e soprattutto in modo che i ciechi possano leggere (tutti sono così ciechi!) L'inchiostro usato sarà blu, ovviamente, dipinto su cartoncino bianco. Il Vuoto Iris Clert vi invita ad onorare, con tutta la vostra Presenza emotiva, l’avvento lucido e positivo d’un indubitabile regno del sensibile. Questa manifestazione di sintesi percettiva sancisce con Yves Klein la ricerca pittorica d’un emozione estatica ed immediatamente comunicabile. ! ! Lunedi, 28 aprile 1958, h. 21 Iris Clert, 3 rue des Beaux-Arts, Paris. Questo metodo, che sembra accennare al Simbolismo, in realtà non è, dal momento che in realtà tutto accade nello spazio. Esso offre un assaggio di ciò che la mostra sarà: Nella realtà uno spazio di sensibilità blu nel quadro delle mura imbiancate della galleria. (Questo corpo sensibile contiene sangue blu). Si decide anche di !50 spedire gli inviti in buste recanti il formidabile timbro blu del période bleue dell’ anno precedente. Tremilacinquecento inviti vengono inviati, 3.000 dei quali nella sola Parigi. Decidiamo anche di aggiungere una sorta di carta d’ingresso gratuito, stabilendo che senza questa piccola carta speciale il prezzo del biglietto sarà di $ 3.00 a persona. La Galerie Iris Clert è una stanza molto piccola, ha una vetrina e un ingresso sulla strada. Faremo chiudere l'ingresso sulla strada e faremo entrare il pubblico attraverso l'atrio del palazzo. Dalla strada, sarà impossibile vedere qualcosa che non sia blu, poiché dipingerò la vetrina di blu. Anche il lucernario sarà dipinto di blu. Sabato mattina alle 08:00, mi accingo a lavorare in galleria. Ho 48 ore di tempo per dipingere la sala della galleria, tutta di un solo bianco immacolato. La sera dello spettacolo: Alle 20:00 vado a La Coupole per procurarmi il cocktail blu preparato appositamente per la mostra. ! Alle 21:00 Arrivo dei membri della Guardia Repubblicana in alta uniforme. Subito offro loro un cocktail blu. Essi prendono il loro posto sotto la pensilina all’ingresso, in piedi sull'attenti. ! Alle 21:30 Il luogo è bloccato. Fuori, la folla crescente comincia ad avere difficoltà a penetrare all'interno. ! Alle 21:45 Restany arriva, accompagnato dalla moglie. ! Alle ore 21:50 All'interno della galleria, noto un ragazzo che disegna su una delle pareti. Mi precipito verso di lui, lo blocco, ed educatamente ma con fermezza gli chiedo di uscire. Egli è letteralmente trascinato via e scompare nelle grinie delle guardie. ! Alle 22:00 La polizia arriva con 3 veicoli. ! Alle 22:10 dalle 2.500 alle 3.000 persone sono in strada, la polizia cerca di spingere indietro la folla. La polizia chiede una spiegazione del perché vengono chiesti 3 !51 dollari per non vedere nulla. (Alcune persone, furiose per aver pagato i 3 dollari s’erano lamentate con la polizia) ! Alle 22:20 arrivo del rappresentante dell'Ordine di San Sebastiano in tenuta da cerimonia. ! Alle 22:30 Le Guardie Repubblicane lasciano il luogo con disgusto, poiché degli studenti di belle arti toccandoli familiarmente sulla spalla hanno chiesto loro dove hanno affittato i costumi, e se sono comparse cinematograiche! ! Alle 22:50 La fornitura di cocktail blu essendo ora tutta consumata, costringe ad una corsa a La Coupole per averne di più. Arrivo di due carine ragazze giapponesi in kimono straordinarie. ! Alle 23:00 La folla, che era stata dispersa dalla polizia e dai vigili del fuoco, ritorna in piccoli gruppi esasperati. All'interno tutto è ancora brulicante. ! Mezzanotte e mezza. Chiudiamo e andiamo a La Coupole. ! Alle 01:00 Tremante di stanchezza, consegno il mio discorso rivoluzionario. ! Alle 01:15 Iris crolla dalla stanchezza! ! Prevista per otto giorni, la mostra deve essere prolungata per un'altra settimana. Ogni giorno, più di 200 visitatori precipitano nell'interno del secolo. L'esperienza umana è di una vasta e quasi indescrivibile portata. Alcuni non possono entrare, come fossero impediti da un muro invisibile.Uno dei visitatori grida a me un giorno dalla porta, “Ci tornerò quando questo vuoto sarà pieno…” Rispondo: “quando sarà pieno, non sarà in grado d’entrare”. Spesso le persone restano dentro per ore senza dire una parola, e alcuni tremano o cominciano a piangere. L’indomani, tutti i presenti che all’apertura avevano bevuto il cocktail blu, urinano blu.” ! Nell’opera è chiaro il riferimento alla ilosoia Zen. Klein restò per 48 ore chiuso da solo nelle sale della galleria e ridipinse le pareti di bianco, il non-colore, per epurare lo spazio dalle energie residue delle precedenti esposizioni pittoriche e impregnarlo di una nuova sensibilità. Quello che espose fu una galleria bianca e vuota. Quello che trasmise fu l’accessibilità all’energia del momento pittorico impregnato e issato nello spazio della galleria, seppur invisibile, pur nella !52 consapevolezza che “molti sono ciechi”: abbiamo già citato come il linguaggio dell’alchimia sia stato celato nel corso dei secoli e riservato a pochi eletti , che le esplicitazioni letterarie e immaginiiche che autori ed artisti nei secoli hanno riportato sono solo delle tracce da seguire, come piccoli pezzi di puzzle che solo chi è pronto sa ricomporre, che al di la di ogni metafora sa comprendere. Anche il dettaglio dell’urina non è secondario: nella letteratura è presente più volte, addirittura si parla della sua distillazione per estrarne il sale nella sua forma più naturale, necessario per la creazione della pietra ilosofale. Inoltre fu associata all’argento mercuriale. Quello che compie Klein è una trasformazione dell’urina dal suo normale color “oro” al più elevato colore blu, attraverso i processi isiologici del corpo umano, che funge in questo caso da laboratorio. Le vide inaugurò l’Époque pneumatique (epoca pneumatica) che segnò il passaggio dal colore assoluto, il blu, al non colore della sensibilità pittorica e del superamento della connotazione formale dell’opera d’arte. Una sorta di passaggio dalla fase nigredo/blu all’albedo. Klein inoltre intraprese una serie di immaterializzazioni, come la famosa vendita delle “zone di sensibilità pittorica immateriale”, cedute in cambio di 20, 40, 80, o 160 grammi d’oro puro in foglia, per poi disfarsene gettandolo in parte, nella Senna. Allo stesso tempo riformulò la propria teoria cromatica entro una concezione triadica e simbolica che, oltre al blu, includeva l’oro puro (il valore economico per eccellenza e il risultato spirituale della ricerca alchemica della pietra ilosofale) e il pigmento rosa citazione del simbolismo ermetico della Matrimonio di Yves Klein, secondo la cerimonia rosa e della croce. Quest’ultimo in dei Cavalieri di San Sebastiano particolare fu di vitale importanza in quanto l’artista aderì al movimento rosacrociano e celebrò il suo matrimonio secondo la tradizione. L’adesione rosacrociana convive con un’ispirazione profondamente cristiana, provata dai suoi scritti e dalla devozione a Santa Rita da Cascia, conosciuta nell’ambiente familiare, cui dedica la sua opera. Recatosi a Cascia la prima volta nel 1958, l’artista vi ritorna nel 1961 per offrire alla santa, sua messaggera dell’Assoluto, l’oro di cui è rimasto depositario dopo le prime “cessioni immateriali”. !53 Il misticismo di Klein, affascinato dall’atmosfera della distesa celeste, osservata per notti intere, è calamitato dal “volo” notturno di Rita dallo scoglio di Roccaporena al monastero di Cascia, che lui stesso cerca di emulare, come attesta una fotograia del 1960 scattata a Fontenay-les-Roses, il sobborgo di Parigi dove, sul luogo della palestra di judo frequentata da Yves, sorge ora una chiesa dedicata alla santa umbra. Si tratta di un fotomontaggio da una fotograia del 1960 scattata da Harry Shunk , che l’artista operò, ma l’immagine che creò divenne l’emblema dei nuovi movimenti dell’arte moderna. Il contesto storico Fotografia scattata da Harry Shunk.Kender a Yves Klein, Salto nel vuoto, 1960. culturale è quello dei primi lanci spaziali (il lancio dello Sputnik I): rappresenta l’uomo che va contro la gravità e il proprio destino terrestre, l’immortalità tanto ambita nella ricerca della pietra ilosofale. Proprio in questo atteggiamento è rappresentato Klein, con un atteggiamento a prima vista suicida, ad indicare la morte della parte terrena a favore della rinascita della parte spirituale. !54 Piero Manzoni ! Biograia dell’artista ! Piero Manzoni (1933-1963) iniziò la sua attività artistica dopo un breve apprendistato all'Accademia di Brera. I suoi legami più importanti furono con Lucio Fontana e con compagni come i protagonisti del Gruppo T , nonché Enrico Castellani e Vincenzo Agnetti; con questi ultimi fondò a Milano la rivista Azimuth, dove vennero pubblicati anche i saggi di Jhon Cage, dimostrando che a Milano se ne conosceva già la poetica, nonché scritti teorici degli artisti e riproduzioni di quanto accadeva all'estero; il gruppo fondò una galleria quasi omonima, la Azimut, centro nevralgico della creatività milanese per tutto il 1960 e in connessione con altre gallerie vivaci quali la Apollinaire di Guido Le Noci e la Pater. Il suo percorso personale fu volto, da un lato, a dissacrare la tipologia romantica dell'artista geniale, re Mida, capace di far diventare oro ciò che tocca e dall'altro a mettere in luce una mitologia collettiva fatta di eventi primari: ''nascere, esistere, respirare, pensare, insomma essere'' come recita un suo famoso breve testo. Al primo nucleo di problemi rispose con opere come i monocromi Achromes, cioè senza colori (dal 1957): quadri imbiancati col caolino, fatti di stoffa comune, decorati, talvolta con pieghe o pietre o persino panini che denunciavano l'inutilità del quadro; Manzoni esaltò e al tempo stesso derise la natura dell'autore creando nei primi anni Sessanta, opere come il Fiato d'artista, scatolette di Merda d'artista, scatole cilindriche con dentro semplici linee tracciate di suo pugno, ma senza alcun disegno. Le opere incarnano un conlitto fondamentale anche se affrontato con voluta leggerezza: l'atto artistico (colore, tecnica, sacralità) viene ridotto ai suoi minimi termini, come per mettere in discussione una tradizione fattasi stantìa, ma al contempo affermare la necessità, l'inevitabilità dell'arte per l'uomo di ogni tempo. Un giorno riunì presso una galleria un folto pubblico che invitò a divorare l'arte, cioè a mangiare uova sode irmate con il sigillo-impronta del suo pollice. Nel corso dei suoi frequenti viaggi in Danimarca concepì Socle du Monde, un enorme parallelepipedo collocato nella località di Herning, una sorta di piedistallo per reggere il globo terrestre che reca una iscrizione capovolta: come se tutto il mondo fosse un'opera, naturalmente sua. L'ironia sul parallelismo artista-creatore divino aveva raggiunto il massimo. !55 Firmò anche persone viventi come opere sue, rilasciando loro un certiicato; ancora oggi chiunque salga sulla sua Base magica può considerarsi temporaneamente una sua opera. La seconda sfera di interessi coinvolgeva l'idea junghiana di un inconscio collettivo in base al quale tutti condividiamo modi simili di pensare. A quest'ambito, molto presente nei quadri giovanili, appartiene il progetto mai realizzato di un Placentarium, che prevedeva un teatro a forma d'uovo, in cui ciascuno avrebbe potuto sentirsi come dentro a un utero. Pur nel suo spirito indubbiamente goliardico, Manzoni seppe provocatoriamente proporre rilessioni sul fare artistico e sulla crisi del concetto di autore, determinanti per il Concettualismo, nato nei secondi anni sessanta. Tra queste, domande come: chi è l'artista? In che termini vale la sua irma? Qual è il rapporto tra spessore culturale e costo in denaro dell'opera? Questa deve durare nel tempo o può essere effimera? Manzoni morì giovanissimo all'età di soli ventinove anni, di infarto cardiaco. (Dorles - Vettese 2012, pp 367-369) ! Analisi interpretativa ! L’uovo dei ilosoi ! Nonostante l’artista non si leghi mai esplicitamente al tema dell’alchimia, secondo una lettura approfondita e una interpretazione personale quasi tutta l’opera manzoniana è ad essa riconducibile, seppure circondata dall’ironia. Partendo dal concetto di “corpo magico dell’artista” , Manzoni si predispone per essere il laboratorio, l’agente trasformatore e, allo stesso tempo, l’alchimista che compie l’opus, dando un nuovo livello di interpretazione della Manzoni prepara le uova funzione insita nell’agire e fare arte della igura dell’artista. Gli effetti della chiusura di senso dell’opera d’arte (che non ha più un "messaggio" da comunicare, ma signiica solo se stessa), coinvolgono anche i destinatari della comunicazione. Se l'arte non è portatrice di un messaggio e l'opera d'arte non esiste più come oggetto concreto che può essere esibito in un museo o venduto in una galleria, il pubblico non può restare coninato nel ruolo passivo di spettatore. Anche il pubblico è chiamato ad essere un’opera d’arte, seguendo le orme dell’artista e partecipando alla natura magica del suo corpo. Divulga quindi !56 anche all’esterno di sé questa opera trasmutativa, coinvolgendo il pubblico, seppur essendo cosciente che non tutti avrebbero veramente compreso, come visto in precedenza per Yves Klein in Le vide (“Sono tutti ciechi”). Il 21 giugno 1960, nel corso della performance Consumazione dell’arte dinamica del pubblico divorare l’arte, Piero Manzoni imprime l’impronta del suo pollice su alcune uova sode, offrendole al pubblico da mangiare. Lui stesso divora un uovo. Non a caso scelse proprio questa immagine, che nella storia dell’arte si ritrova spesso, ed è intimamente connessa con l’alchimia: era di fatto un sinonimo del vaso ermetico, igura contenitiva che nell’opera manzoniana ritorna spesso, sia per quanto riguarda la Merda d’artista, sia per l’utopistico Placentarium, mai realizzato. Nell’alchimia, l’uovo signiica il caos compreso, afferrato, dall’arteice, la prima materia contenente l’anima del mondo che vi è incatenata. Dall’uovo, che veniva simboleggiato dal recipiente di cottura rotondo, si leva l’aquila o la fenice, l’anima inalmente liberata, che in ultima analisi è nuovamente identica all’Anthropos, prigioniero nella physis. Attraverso l’uovo–reliquia, consacrato dal contatto col corpo dell’artista, il pubblico partecipa dell’arte, entrando in comunione con la isicità (magica, eroica) dell’artista. Manzoni, cucinando e apponendo la sua impronta digitale, il segno isico dell’identità distinguibile da ogni altra, su ognuna di esse, si fa arteice di plurimi microcosmi pronti per essere mangiati, quindi digeriti e metabolizzati dal suo pubblico, diventando parte integrante e inscindibile di esso, sia esternamente (l’opera vista) che internamente (l’opera consumata). Imaginatio ! Sempre tenendo presente l’idea di rendere partecipe il pubblico dell’arte, crea il concetto di base magica e scultura vivente, andando ad anticipare quella che sarebbe stata la fortuna degli artisti contemporanei, Gilbert&George (anche questi ultimi da non trascurare per il concetto di utilizzo della loro esistenza e isiologicità quale opera d’arte). Nel 1961, alla Galleria La Tartaruga di Roma, Manzoni sancisce infatti la trasformazione del pubblico in opera d’arte irmando le Sculture viventi: modelle, persone e oggetti personali del pubblico autografate dall’artista e accompagnate da !57 Piero Manzoni firma una modella come Scultura Vivente un attestato di autenticità. Tra questi ci fu anche Umberto Eco e Marcel Broodthaers, oltre che una scarpa di Schifano. Su ogni documento Manzoni appose un timbro: rosso, se la persona era per intero un’opera d’arte e sarebbe rimasta sempre tale; giallo, se il nuovo status era limitato a certe parti del corpo; verde, se vincolato a particolari attività, come il dormire o il correre; porpora, se l’artisticità del corpo era stata comprata. Il gesto artistico che eleva lo spettatore dell’opera in arte è riproposto e automatizzato dalla Base magica: chiunque salga sul piedistallo magico deve essere considerato, per il tempo che vi rimane, un’opera d’arte. E’ possibile scorgere in questo gesto apparentemente sarcastico, la volontà di far utilizzare l’immaginazione come agente creatore. L’immaginazione per l’alchimista, secondo Ruland, è l’ “astro” nell’uomo, il corpo celeste o superceleste. La strana espressione astrum è un termine paraclesiano, e in questo contesto va letto come quintessenza. L’imaginatio, di cui si è già parlato con Jung, era deinita alla stregua di una attività isica, che si inserisce nel ciclo di trasformazioni materiali che determina e da cui a sua volta viene determinata. In questo modo l’alchimista entrava in rapporto non solo con l’inconscio, ma direttamente anche con la sostanza che sperava di poter trasformare per mezzo dell’immaginario. Dunque era un estratto di forze vive tanto corporee quanto psichiche. Manzoni stimola questa immaginazione creatrice nello spettatore, facendolo salire su una base e facendolo essere una opera d’arte. Le Pendu L’ultimo vincolo, quello temporale, è rimosso dalla Base del mondo, (Socle du Monde): il piedistallo, un parallelepipedo in ferro (90 x 100 cm) installato nel parco della fabbrica Herning in Danimarca, capovolto al suolo per eleggere il mondo ad opera d’arte, omaggiando Galileo Galilei. Adesso tutto è un suo prodotto. Il capovolgimento del punto di vista rimanda all’archetipo tipico della tradizione dei tarocchi e rimandato spesso alla tradizione artistico alchemica. Si tratta dell’Arcano maggiore XII, l’Appeso: simbolo, secondo la tradizione, del disinteresse, della ricerca interiore, dell’arte, della transizione e dell’idealismo. La igura dell’appeso simboleggia colui che si priva di ogni avere, dello stesso ego, per lasciare spazio alla spiritualità, . Come visto nella tavola Smaragdina di Ermete, l’invito è quello di considerare ciò che è in alto come ciò che è in basso, poiché tutto proviene dalla stessa materia primordiale: il mondo esiste già, e Manzoni lo fa suo, irmandolo, e quindi comprendendolo nella sua propria sfera microcosmica. Più supericialmente signiica anche guardare le cose da un altro punto di vista, capovolgendolo, ma soprattutto vuol dire trascendere ed astrarsi dal mondo materiale. Per concludere, secondo l’interpretazione del regista Alejandro Jodorowsky, l’arcano signiicherebbe: “Mi trovo in questa posizione !58 Piero Manzoni, Socle du monde 1961 perché lo voglio. Sono stato io a recidere i rami. Ho liberato le mie mani dal desiderio di afferrare, di appropriarmi delle cose, di trattenerle. Senza abbandonare il mondo, me ne sono ritratto. Con me potete trovare la volontà di entrare in quella condizione in cui non esiste più la volontà. Lo stato in cui le parole, le emozioni, le relazioni, i desideri, i bisogni non vi tengono più legati. Per slegarmi ho spezzato tutti i legami, tranne quello che mi lega alla Coscienza. Ho la sensazione di cadere eternamente verso me stesso. Mi cerco attraverso il labirinto delle parole, sono colui che pensa e non ciò che viene pensato. Non sono i sentimenti, li osservo da una sfera intangibile dove regna soltanto la pace. A una distanza ininita dal iume dei desideri, conosco soltanto indifferenza. Non sono un corpo, ma colui che lo abita. Per arrivare a me stesso, sono un cacciatore che sacriica la preda. Ritrovo l’azione bruciante nell’ininita non-azione. Attraverso il dolore per trovare la forza del sacriicio.” (planosinin.com). ! ! ! !59 Trasformazione della materia vile in oro. ! Passiamo ora ad analizzare il gesto più apparentemente irriverente: l’opera Merda d’artista, la più conosciuta e scandalosa di Manzoni. Non a caso è stata oggetto di una violenta interpellanza parlamentare quando fu esposta e acquistata dalla Galleria d'Arte Moderna di Roma. Si tratta di una serie di confezioni simili a quelle di carne in scatola che proprio in quel periodo iniziavano ad essere vendute in Italia. Ciascuna di esse reca una scritta in più lingue (inglese, tedesco, francese e italiano) che attesta con pignoleria notarile: ''Contenuto netto gr. 30. Conservata al naturale. Prodotta ed inscatolata nel maggio 1961''. La carta bianca che avvolge la scatoletta è punteggiata dal nome dell'artista ripetuto continuamente in grigioverde, come una garanzia di qualità del prodotto. Sulla parte superiore ogni scatola è irmata e contrassegnata dal numero di serie. Secondo l'intenzione di Manzoni, le scatolette avrebbero dovuto essere vendute a un prezzo equivalente a quello di 30 grammi d'oro, richiamando alla mente l'antica equazione sterco e denaro, presente nell'inconscio collettivo: com'è noto secondo la Psicoanalisi, ogni bambino vivrebbe una fase ''anale'' o periodo ritentivo-repulsivo, in cui le feci rappresentano una merce di scambio; esse sarebbero un dono alla madre per procurarsi il suo affetto, ma anche un mezzo per aggredirla. Inoltre spesso nell’alchimia ricorre l’utilizzo degli escrementi (come precedentemente notato per quanto riguarda l’urina in Yves Klein) per attuare la trasformazione di questa miserabile materia in quella più pregiata, l’oro. Emblematica è la scena tratta dal ilm “he Holy Mountain” del regista Alejandro Jodorowsky, pellicola del 1973, in cui il protagonista chiede all’alchimista di poter ottenere l’oro, e quest’ultimo lo invita a defecare in un vaso (vas Hermetis), che poi verrà sottoposto ad una serie di passaggi per trasformarne poi il contenuto nella pietra ilosofale e nell’elisir. E’ visibile una stretta somiglianza tra il processo messo in atto da Manzoni e il processo appena descritto. Manzoni indirizza il suo atteggiamento irrisorio contro il feticismo del collezionista e contro una mitizzazione romantica dell'opera che dovrebbe rendere accettabile qualsiasi risultato, purché esso esprima l'intimo del suo autore, ma allo stesso tempo diede un valore equivalente a 30 grammi d’oro. In quel momento (1961) il mercato dell'arte prosperava come mai prima, grazie anche al boom economico dell'Italia postbellica; i mercanti sollecitavano continuamente gli artisti a produrre opere connotate da false mitologie, da simboli come la irma e l'autenticità più legati alla speculazione che all'effettivo valore culturale espresso dall'opera. Producendo le sue scatolette, Manzoni propose sarcasticamente qualcosa di davvero personale e intimo, la merda, appunto, nella certezza che, se adeguatamente confezionata, irmata e !60 Piero Manzoni, Merda d’artista, 1961 autenticata, seguendo i nascenti principi di marketing e comunicazione pubblicitaria, sarebbe stata accolta come opera d'arte. Secondo l’interpretazione di Antonio Meneghetti, Piero Manzoni è l'artista moderno che sintetizza tutte le arti contemporanee. Egli ha consumato tutti i percorsi dell'arte, dallo strutturalismo all'improvvisazione, cercando anche di identiicarsi con l'arte povera, ino ad arrivare al inale della corsa di tutta l'arte moderna. A Milano ci sono dei contenitori irmati Merda d'artista, in cui ci sono le sue feci. E' come se avesse voluto dire: l'essenza di me artista è prodotta dal fatto della mia vita, della mia costituzione. Io attraverso me, comunico il messaggio di come la natura rapla. Quindi più immediato di così non posso esprimermi. Scrivo, parlo, disegno con l'immediatezza della natura che mi costituisce comunque esisto. Piero Manzoni toglie la maschera a tutta l'arte moderna, la porta allo stremo. (Meneghetti 2000, p.37). Manzoni non si sbagliò, dal momento che le sue scatolette acquisirono un valore sia simbolico che economico notevole. Critico, al tempo stesso nei confronti del mercato dell'arte e della ciarlataneria degli artisti (che lui stesso fu disposto ad !61 esasperare pur di metterla in evidenza), Manzoni ha anticipato anche la rivolta contro il consumismo che sarebbe arrivata in Italia nei tardi anni Sessanta. Attualmente i barattoli sono conservati in diverse collezioni d'arte in tutto il mondo (ad esempio l'esemplare numero 4 è esposto alla Tate Modern di Londra ed il barattolo numero 80 è esposto nel nuovo Museo del Novecento di Milano) ed il valore di ciascuno di loro è stimato intorno ai 70 000 €, prezzo assai superiore a quello issato dall'autore. A Milano, il 23 maggio 2007 nelle sale della casa d'aste Sotheby's, un collezionista privato europeo si è aggiudicato l'esemplare numero 18 a 124 000 euro: record d'asta mondiale per una delle 90 opere. Manzoni ha dunque effettivamente eseguito la trasformazione della “merda” in oro. ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !62 CONCLUSIONI ! Come l’alchimia, l’arte contemporanea non separa la dimensione materiale da quella simbolica e ilosoica e trasforma metaforicamente la ricerca della pietra ilosofale nella ricerca della perfezione e nel superamento dei conini dell’esistenza umana. Questo processo simboleggiato nell’alchimia classica dalla trasmutazione dei metalli semplici in oro diviene nell’arte la trasformazione della materia e degli oggetti quotidiani in opere d’arte portatrici di molteplici messaggi. L’alchimia è un argomento che ha accompagnato tutta la storia della civiltà, per cui è inevitabile che questa abbia inluenzato ilosoie, scienze ed arte. Come visto lungo questo percorso fu grande l’interesse nei suoi confronti, da parte di intellettuali e ilosoi, poiché il suo quid è di grande rilevanza, in qualsiasi cultura. Parla di trasformazione e di vita, di esistenza e di coinvolgimento di forze insite nell’essere umano. L’alchimia può aver cambiato forma e linguaggio ma è sempre stata presente, anche tutt’ora. Come illustrato, in varie culture era vista più come una via verso l’illuminazione e l’autorealizzazione dell’essere umano che un metodo per trasformare metalli vili in oro. Negli anni del dopoguerra, si diffusero molte correnti deinite New Age che presero spunto da questa interpretazione, che volutamente non sono state approfondite in questo frangente, poiché deviano molto dal vero fulcro della ricerca, ovvero l’espressione artistica. Ciò che può essere preso come punto in comune è il passaggio attraverso svariate fasi ed il velo di metafora che la avvolge. Fu condannata, repressa, manipolata , vincolata ma è sempre e comunque sopravvissuta, come se essa stessa fosse passata attraverso gli stadi che delinea, come un essere vivente con forma propria, al pari della materia e dell’essere umano cui si riferisce. In questa sede si è provato a strappare quel velo e ad interpretare sotto l’ottica dell’alchimia, la poetica ed i messaggi di alcuni artisti che, in modo cosciente o meno, hanno portato determinati messaggi davanti agli occhi di milioni di persone, vista la loro fama. L’interpretazione qui proposta, proviene sia dalla lettura di alcuni testi speciici, che dagli scritti degli artisti stessi, oltre che da una interpretazione personale che è stata deliberatamente messa in atto, come risultato della rielaborazione dei concetti che sono stati approfonditi in questa sede. ! ! ! ! !63 Bibliograia e sitograia: ! BREUNING MARTA, Quaderni di arte alchemica, Pietro Negri Editore, 2008 ! CALVESI MAURIZIO, Arte e Alchimia, Giunti Editore, 1986 ! CALVESI MAURIZIO, Duchamp invisibile, Officina Edizioni, 1975 COOPER J.C., Chinese Alchemy: the Daoist Quest for Immortality, Sterling Publishing, 1990 ! DORFLES GILLO, VETTESE ANGELA, Arte 3, Atlas, 2012 ! JUNG CARL GUSTAV, Il libro Rosso, edizione studio, Bollati Boringhieri, 2012 ! JUNG CARL GUSTAV, Psicologia e Alchimia, Bollati Boringhieri, 2006 ! JUNG CARL GUSTAV, Simboli della trasformazione, Bollati Boringhieri, 2012 ! JUNG CARL GUSTAV, Gli archetipi dell’inconscio collettivo, Bollati Boringhieri, 1977 ! MENEGHETTI ANTONIO, Onto Arte, Psicologica editrice, 2000 MENEGHETTI ANTONIO, Sistema e Personalità, Psicologica Editrice, Roma 2002 MINK JANIS , Duchamp, Taschen, 2000 MOFFITT JHON F. Alchemist of the Avant-Garde: the case of Marcel Duchamp, SUNY Press, 2012 PEREIRA MICHELA, Arcana Sapienza. L’Alchimia dalle origini a Jung, Carocci editore, 2001 READ JOHN, Dall'alchimia alla chimica, Longanesi 1960 SCARAFFIA LUCETTA, La santa degli impossibili, Vita e Pensiero, 2014 ! SHWARZ ARTURO, Introduzione all'alchimia indiana, Laterza, 1984. !64 STEVENS ANTHONY, Su Jung. Nascita e sviluppo della psicologia analitica, Astrolabio, 1991 SZEEMANN HERALD, Le macchine celibi, Rizzoli, 1989 VARI AUTORI, he archive for research in archetypal symbolism, Il libro dei Simboli, Taschen, 2011 ! RICHARD WILLHEIM, C. G. JUNG, Il segreto del iore d’Oro, 1938 ! WILLHEIM RICHARD, C. G. JUNG, I Ching, Adelphi editore, 2001 ! ! SITOGRAFIA ! marcelduchamp.net ! pieromanzoni.org ! planosinin.com ! treccani.it ! wikipedia.org ! yveskleinarchives.com !65 ! ! ! ! ! ! ! ! !66 ! ACCADEMIA DI BELLE ARTI DI VERONA ! ! ! DIPLOMA ACCADEMICO DI PRIMO LIVELLO IN ! PITTURA ! ! PROGETTO NIGREDO ! ! ! ! ! ! Relatore Progetto: Prof. Carlo Tombola ! ! ! Diplomanda: Monica Moserle ANNO ACCADEMICO 2013/2014 ! ! nigredo ! ! “Libros rumpite, ne corda vestra rumpantur.” [Spezzate i libri, affinché non vi si spezzi il cuore.] Arnaldo da Villanova Rosarium philosophorum !68 INDICE ! ! Scheda progetto ! Un invito all’ascolto ! Stili ed inluenze ! Sinossi ! ! 70 71 73 76 Sceneggiatura Scena 1 Scena 2 Scena 3 Scena 4 Scena 5 77 78 79 80 81 ! ! Conlcusioni ! 82 83 Ringraziamenti ! ! ! ! !69 ! ! ! nigredo !  Monica Moserle, Nigredo, videoperformance anno:2014 durata totale: 10 minuti formato: HD performer: Ivan Giacopuzzi Moro regia e montaggio Monica Moserle musiche di Andrea Moserle ! !70 Un invito all’ascolto La poetica alla base di questo lavoro proviene da due iloni già sondati con i due video Red and green being (2013) e his is the end (2014). Del primo in particolare ho perseguito l’idea di liberazione dagli stereotipi che sorreggono l’essere umano, del secondo l’idea di impalpabilità dell’opera con la cancellazione inale di essa di fronte al pubblico che lo guarda, comprendendone all’interno l’aspetto emotivo che suscita, che è dunque parte integrante dell’opera, facendo si che l’apparenza si trasformi in apparizione. Per rimanere in tema alchemico, sarà solo digerendolo ed assimilandolo mentalmente che potremo poi trasformarlo in “oro”. Seguendo prettamente l’interpretazione jungiana, tratta dal già citato Libido: I Simboli della Trasformazione, si è diviso il video in tappe, con simbologie attinenti. • La prima tappa è caratterizzata dall'archetipo dell'Ombra, ossia tutti quegli aspetti che l'individuo non conosce di se stesso, tutto ciò che è stato rimosso per l'educazione e le inluenze dell'ambiente sottoposte all'individuo. Questi elementi sono rappresentati nei sogni e nei simboli, come si è visto, con igure demoniache, discariche, viaggi nell'oscurità, mostri e inseguimenti. Nel video, il protagonista viene inseguito da un’entità che non viene mai svelata nel corso del video, ma che lo costringe a fuggire e a precipitare nelle viscere della terra. Non a caso ho propenso per questa immagine metaforica, che si ritrova spesso in alchimia sotto l’acronimo V.I.T.R.I.O.L. (Visita Interiora Terrae Rectiicando Invenies Occultum Lapidem) che vuol dire “Visita l’interno della terra, e rettiicando troverai la pietra nascosta. • La seconda tappa è caratterizzata, dall'incontro con l'archetipo dell’Anima/ Animus. L’Anima rappresenta tutti quegli aspetti prettamente psichici e mentali, ossia il primo contatto iniziatico dell’individuo maschile con la propria psicologia, ed è rappresentata come una igura femminile. Questo archetipo sommerge l'individuo di immagini provenienti dall'inconscio, crea illusioni e complicazioni, nonché anche crisi. L'Animus rappresenta tutti quegli aspetti prettamente maschili, pratici e concreti, razionali, e reali, ossia il contatto con la sfera del diretto e del tangibile, il “qui e ora". Questo archetipo tende a sommergere l’individuo ed è rappresentato nei sogni con la guerra, il fabbro e simili. La non comprensione di tale archetipi può costare un blocco, una stasi, una nevrosi. Nel video, la tappa è rappresentata dalla grotta in cui l’individuo è precipitato, con rimando alla femminilità, data dalla presenza dell’acqua. Inizia qui il blocco: infatti perde gli occhiali, quindi la capacità di vedere, che in realtà sarà l’inizio della trasformazione. Quando esce accecato e !71 cade, siamo nella parte più profonda di questa crisi la terra comincia a sotterrarlo e si tramuta in legno. La natura lo prende di nuovo come una parte di sè. • La terza tappa è caratterizzata dall'incontro con il Vecchio Saggio, speculare alla Grande Madre. Il Vecchio Saggio rappresenta tutto ciò che l'individuo sta per diventare dopo aver attraversato le fasi precedenti, un uomo, un saggio che sa, che ha conosciuto il passato, il presente e il futuro. Il Vecchio Saggio è capace di districarsi dalla tela appiccicosa dell'Anima e dalle battaglie furenti dell'Animus e come tale viene rappresentato come un consigliere, un ilosofo, un esperto in materia. La sua non comprensione può tenere saldo l'individuo nella sua situazione bloccandone l'evoluzione che rappresenta, come accade all’individuo nel video , che è costretto a ripartire di nuovo dalla prima fase. In questo caso l’incontro sarà con lo Shamano, che ne puriica il corpo isico con il calore del fuoco. ! • La quarta tappa è caratterizzata dall'incontro con l'archetipo del Sé. Tale archetipo è la summa del percorso di individuazione, il ine dell'individuo che si dispiega avanti a lui, come un iore che sboccia. Viene rappresentato come luce, come mandala, come quaterna, come centro e come Dio. Tale archetipo rappresenta l'individuo stesso, tutto ciò che durante la strada ha visto e ha accumulato. Se l'individuo ha incontrato il Sé signiica che l'Io è allineato con esso. Non andarvi incontro signiica semplicemente che il percorso non è ancora terminato. Infatti la scena, dopo essersi ripetuta, porta ad una rilessione dell’individuo, ad una presa di coscienza che raggiunge l’apice con l’illuminazione inale. ! Per quanto riguarda il titolo, Nigredo è il termine che indica l’inizio di un determinato processo, come è stato esplicato ampiamente nella tesi scrittograica. Nell’opera sta ad indicare la nascita di un pensiero che si trasforma poi in azioni consecutive. Con questa affermazione si intende sia l’azione messa in atto dal protagonista, sia quella che potrebbe avvenire nell’animo di chi guarderà il video. L’intera tesi è nata in seguito ad alcune circostanze che mi hanno messa di fronte all’argomento ormai da parecchi mesi, come se io stessa fossi entrata in questa fase per poterla poi affrontare con questo approfondimento teorico e pratico. Nella tesi scrittograica ho esplicato esaurientemente i temi che l’alchimia tratta, prendendo spunto da vari libri che ho letto appositamente e dalla ricerca !72 personale. Ho preferito farmi inluenzare da essi solo marginalmente nella parte progettuale. Ho ritenuto infatti necessaria una elaborazione personale per non cadere io stessa in uno stereotipo pericoloso, che avrebbe fatto del mio lavoro una mera citazione di simboli alchemici. Ho propenso per dare una interpretazione personale in chiave metaforica di cosa l’alchimia ha signiicato per la mia evoluzione come essere umano. ! Stile ed inluenze ! A livello stilistico, il video è girato in presa diretta, sempre con luce naturale o al massimo creata con il fuoco. Non ho ripiegato molto sulla post produzione e sulla correzione dei colori, mantenendo dunque le immagini quasi completamente come le originali, ho solo applicato il iltro bianco e e nero. Questo video non è paragonabile né ad un ilm né ad un cortometraggio in quanto lo reputo come un’alternativa mobile al quadro dipinto, poiché in esso spesso sono rievocati le tradizioni degli aspetti compositivi, e poiché centrale non è la trama, bensì gli effetti di colore e le sensazioni che deve suscitare nello spettatore, oltre agli archetipi che è stata mia intenzione richiamare, in particolare quelli Scena tratta dal film Holy Mountain, di Alejandro Jodorowsky, 1973 legati ai Tarocchi e alla tradizione ermetica. Dal cinema ho trovato alcuni spunti riguardanti l’alchimia, in particolare il ilm La montagna sacra (La montaña sagrada) del 1973 diretto da Alejandro Jodorowsky e L'opera al nero (L'Œuvre au noir) del 1988 diretto da André Delvaux, tratto dal romanzo omonimo di Marguerite Yourcenar. Altri spunti li ho ritrovati in alcuni ilm sperimentali come quelli di James Whitney, che aveva pianiicato una serie di quattro ilm alchemici, di questi solo uno è stato fatto, chiamato Dwija (1976), descritto dal regista come una dissoluzione del vaso alchemico e e Scena tratta dal film L’opera al nero di André la sua continua materializzazione all'interno di Delvaux, 1988 un lusso pulsante della luce colorata. L’artista è !73 un precursore dell’arte digitale e le igure in movimento che crea sono dei chiari rimandi ai mandala. Due fermi immagine dell’opera Lapis , di James Whitney, 1966 !74 Anche il regista sperimentale tedesco Jürgen Reble ha fatto riferimento ai processi alchemici nella manipolazione isica e chimica della pellicola, e accomuna l’Alchimia alla "trasformazione e issazione" del ilm. Fotogramma tratto da Materia Obscura , film di Jürgen Reble, 2009 Inine, alla video istallazione del 2010 di Richard Ashrowan, che ha creato una video installazione, Alchemist, in cui ha utilizzato alcuni testi di Michele Scoto, alchimista XII secolo. Videoistallazione di Richard Ashrowan, Alchemist, 2010 !75 SINOSSI! Un uomo è a metà del cammino della sua esistenza. Ad un certo punto si ferma a meditare sul punto in cui è arrivato. Proprio in quell’istante sopraggiunge qualcosa che lo turba e lo mette in fuga, ma il suo destino è inevitabile. E’ dunque costretto ad addentrassi nelle viscere della sua terra interiore, a guardare ciò che lo circonda con occhi diversi e a ritornare ad esistere nel suo stato primordiale. Viene sopraffatto dalla natura per tornare ad essere un tutt’uno con essa, ed incontrare inalmente il Vecchio Saggio che è in lui, igura chiave nel processo di putrefazione e incenerimento del corpo materiale, permettendogli così di liberarsi dalle catene psicologiche che lo imbrigliano e che appesantiscono il suo essere. ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !76 Scena 1 # ! ! (Giorno) Bosco L’uomo con gli occhiali da vista sta camminando nel bosco. Ripreso da lontano, nel silenzio della natura. Attraversa un corso d’acqua, poi si ferma ad osservare ciò che ha intorno. La sua attenzione è attratta da un rumore che proviene da sinistra. Il punto di vista passa dall’osservazione della “preda” a quello del “cacciatore” in prima persona, che inizia l’avvicinamento. L’uomo è in allarme, si alza e lo vede. Dopo un attimo di esitazione inizia a correre, rincorso da qualcosa che non riesce ancora ad identiicare, ma che lo spaventa. Mentre corre cade in un buco e viene inghiottito dalle viscere della terra. Il richiamo è al XVI Arcano Maggiore dei Tarocchi, la Torre. ! ! ! ! !77 Scena 2! # ! ! (Buio, fuochi) Grotta L’uomo si risveglia all’interno di una grotta umida e quasi completamente buia. Il paesaggio attorno a se è ancestrale. Dopo essersi ritrovato nel punto più buio, inizia ad intravedere la luce e a dirigersi verso di essa. E’ stremato e cammina a fatica. Il terreno è sempre più impervio, pieno di acqua e fango. Inciampa e cade, perdendo gli occhiali. Mezzo cieco, inizia ad essere esasperato. Seguendo la luce però trova l’uscita e, accecato dal sole, sviene. Il richiamo è al XX Arcano Maggiore dei Tarocchi, il Giudizio. ! ! ! ! !78 Scena 3! ! (Giorno) Bosco Il corpo viene sommerso dalla terra, a poco a poco. Viene putrefatto e torna ad essere materia primordiale, legno e terra. Il richiamo è al XIII Arcano Maggiore dei Tarocchi, la Morte. ! ! ! ! ! ! ! !79 Scena 4 ! (Notte, fuochi.) Bosco Un uomo nero e primitivo si avvicina ai resti. Raccoglie un arto di legno e un pugno di terra. Li getta nel fuoco, si siede e comincia a meditare a voce alta, parlando una lingua incomprensibile. Nel fuoco si compie la trasmutazione dell’individuo, con l’incenerimento, che poi lo riporta nel bosco. Ricomincia nuovamente il percorso, ino alla presa di coscienza dell’individuo che decide di uscire da questo continuo loop, prendendo coscienza di se e puriicando se stesso. Il richiamo è al IX Arcano Maggiore dei Tarocchi, l’Eremita e al XVIII, la Luna. ! ! ! !80 Scena 5! ! (Giorno) Ex sanatorio L’individuo ha capito come arrivare all’unione degli opposti dentro di Sé. Il richiamo è al II arcano Maggiore dei Tarocchi, la Papessa. ! ! ! ! ! ! ! ! !81 Conclusioni ! Questo non è un video nato per essere rivisto, ne per essere ripetuto all’ininito, ma è un’opera unica, una sorta di happening, che parla in un linguaggio immaginiico e che colpisce lo spettatore a seconda dello suo stato d’animo in quel preciso istante. E’ nato per essere vissuto come un sogno che usa sempre immagini diverse, nonostante il messaggio possa essere uguale. E’ un insieme di spunti che portano alla ricerca personale. Non è stato semplice mettere a nudo le proprie idee e propendere per l’immaterialità dell’opera inale, sopratutto in una occasione come può essere una tesi di laurea, che signiica molto per alcuni, accettando di non averne poi un ricordo materiale, ed eliminandone l’aspetto feticista. In cambio di questo atto di “coraggio” (da cor-agere, agire col cuore) ciò che si ottiene è molto di più. Può essere una sensazione, un ricordo o una immagine impressa. Ciò che conta è che l’attenzione posta nei confronti di qualcosa che si è consapevoli di non poter rivedere è ben diversa rispetto a quella che impieghiamo quando potremmo avere una seconda occasione. Questa non vuole essere una critica bensì una osservazione nei confronti del mondo della riproducibilità in cui siamo inseriti, per il quale ogni cosa perde valore ed unicità potendo essere riprodotta all’ininito. La volontà è quella di andare in controtendenza e cambiare punto di vista, capovolgendolo. Fa parte quindi dell’opera, tutto ciò che essa suscita a posteriori nell’animo di chi la guarda. ! ! ! !82 Ringraziamenti ! Questa tesi è stata, più che una impresa a livello concettuale, un vero e proprio percorso evolutivo, visto che in in dei conti è di questo che si parla. Esporsi ad un argomento così vasto e antico ha richiesto un grande sforzo da parte mia ed è dunque doveroso ringraziare alcune persone che, a livello pratico o anche solo a livello spirituale, mi sono state accanto in questi mesi. ! Innanzitutto i miei genitori, mio fratello Andrea, ai quali dedico in primis questo lavoro. GRAZIE A Ivan, che si è prestato come ‘’protagonista’’ attivo. GRAZIE Alla dottoressa Mirella Chesini che mi ha dato nuovi spunti e chiavi di lettura che solo lei poteva darmi. GRAZIE Ai miei relatori, i professori Francesco Ronzon, Carlo Tombola e Daniele Nalin. GRAZIE A Benedetta che mi ha aiutata per l’aspetto graico del lavoro. A tutta la mia squadra e ai miei colleghi di lavoro, in particolare ad un grande amico, Massimo Albrigo, e due donne fantastiche, Barbara Rainoldi e Rita Pedrotti. GRAZIE ! E per ultimo, ma non per importanza, al mio amico Surf, che forse è il solo a “sapere” davvero quanto questa tesi sia stata un’occasione enorme di crescita, in dal primo giorno, che non si è ancora arrestata e mai lo farà. GRAZIE! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! ! !83 ! ! ! ! ! !84