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This essay deals with the peculiar view of architects. Its relationship with memory and invention. Using Merleau-Ponty, Derrida reflections on vision and blindness.
Le prospettive architettoniche sono un ponte che collega l’arte alla scienza, e la scienza all’arte; e questo ponte l’ha costruito la Storia. Questa metafora è utile, perché descrive, in sintesi, le caratteristiche di un genere pittorico che è stato individuato nella letteratura artistica con vari nomi, da ‘secondo stile’ a ‘quadraturismo’, ma che non è mai stato studiato nella sua estensione. Si tratta di rappresentazioni di architettura che, sfruttando ora la prospettiva lineare, ora la prospettiva aerea e altri accorgimenti, inducono nello spettatore una percezione di profondità che ‘sfonda’ la compagine muraria, dilatando lo spazio che le ospita fino ai limiti dello sguardo. Basta questo per capire perché questi particolari soggetti dell’arte pittorica abbiano tanto da dire a chi si occupa di scienza della rappresentazione e di storia della scienza: infatti non si possono raggiungere effetti illusionistici di sì grande potenza, senza una consapevolezza delle leggi della proiezione centrale e senza una conoscenza, quantomeno empirica, dei complessi meccanismi della percezione visiva. Perché, poi, questo ponte lo abbia gettato la Storia, è presto detto: le prospettive di soggetti architettonici sono già ben presenti a Ercolano e Pompei, nonché a Roma, nelle case di Augusto e di Livia e possono dirci molto sulle conoscenze ottiche e geometriche degli antichi. E sono ancora presenti in tutto il Medioevo, fino al Rinascimento, quando artisti-scienziati come Filippo Brunelleschi, Leon Battista Alberti e Piero della Francesca, esperimentano e teorizzano le leggi della ‘costruzione legittima’. Da quel momento, Scienza e Prospettiva percorrono strade parallele, con un continuo scambio di conoscenze teoriche e sperimentali. La Prospettiva, con Guidubaldo del Monte, si svincola dai limiti di una veduta rigidamente assiale, consentendo all’occhio una libertà di movimento che permette di ‘sfondare’ visivamente non una sola parete alla volta, ma un intero spazio. La Scienza, con Keplero e Desargues, supera il limite del quinto postulato euclideo dichiarando l’esistenza di punti e rette ‘all’infinito’. Ancora la Prospettiva si appropria di questa conquista per utilizzare, consapevolmente, il punto di fuga come immagine dell’infinito e la degradazione apparente delle grandezze nelle ‘glorie’ che aprono verso il cielo le volte delle chiese barocche. Le prospettive architettoniche non sono un fenomeno provinciale: esse, al contrario, sono diffuse in tutta Italia e in Europa. Quindi la trasversalità della Prospettiva, già verificata nell’immagine del ponte che si è data all’inizio, comprende il territorio, oltre alla Storia e alla cultura artistica e scientifica, in generale. Da ultimo occorre ricordare che le prospettive architettoniche non sono solo pitture, ospitate su pareti piane e o superfici curve voltate. Esistono, infatti, effetti di illusione prospettica che sono ottenuti per mezzo di strutture tridimensionali, come la Galleria di Palazzo Spada a Roma, attribuita a Francesco Borromini. Ed esistono, infine, effetti illusionistici di profondità che sono ottenuti per mezzo di una scansione delle facciate in intervalli prospettici, anziché regolari; dunque per mezzo di una struttura visiva monodimensionale. Sorprende constatare, quindi, quanto poco sia valutato questo patrimonio, al punto che nemmeno i custodi e i proprietari, pubblici e privati, ne riconoscono l’importanza. Opere come gli affreschi di Agostino Tassi nella sala dei ricevimenti di Palazzo Lancellotti, una delle illusioni prospettiche più coinvolgenti del panorama romano, sono oggi ridotti a cornice per banchetti e inaccessibili ai visitatori che non siano ospiti di quei festeggiamenti. Altre si trovano in stato di abbandono. Di altre ancora si ignorava l’esistenza e chissà quante ancora sono dimenticate sotto improvvide scialbature. È perciò evidente come il primo obiettivo degli studi che questo volume presenta sia quello di costruire un repertorio delle prospettive architettoniche in Italia. Un secondo obiettivo, più modesto ma anche più immediato, è quello di dimostrare, anche solo per gli effetti di una ampia carrellata di immagini, quanto ricco e suggestivo sia il paesaggio del quale ci occupiamo. Un terzo obiettivo, mirato alla conservazione, è quello di documentare le prospettive dei vari tipi ai quali sopra si è fatto cenno, con le tecniche più avanzate di rilevamento, che vanno dalla scansione laser alla fotografia in alta risoluzione. Un quarto obiettivo è quello di svelare i segreti delle prospettive dal punto di vista della scienza della rappresentazione. Come sono state progettate? Come è stato riportato il disegno sulle grandi superfici da affrescare? Da quale punto di osservazione (o da quali punti) debbono essere guardate al fine di ottenere il migliore effetto di ‘sfondamento’ della compagine muraria? La costruzione prospettica è corretta o non lo è? E, se non lo è, perché evoca comunque una forte sensazione di profondità? Nel primo esame di un buon numero di casi di studio si è potuto constatare che esistono sempre due chiavi di lettura per queste opere. La prima è di natura geometrica, nel senso che, applicando, in un procedere inverso, le fasi della costruzione prospettica, si può ricostruire nello spazio a tre dimensioni l’architettura rappresentata. La seconda chiave è di natura squisitamente architettonica, nel senso che i caratteri di regolarità geometrica, di simmetria e di proporzione delle strutture architettoniche ne consentono la ricostruzione nello spazio anche indipendentemente dal processo geometrico. Ad esempio: se la prospettiva raffigura un colonnato, è chiaro che la trabeazione sarà orizzontale e perpendicolare all’asse delle colonne, gli intervalli tra le stesse saranno sensibilmente eguali, e gli archi e le volte, se vi sono, saranno per lo più a sesto circolare e così via. Ebbene, queste due chiavi di lettura possono essere perfettamente coerenti (come nel caso di alcune opere di Andrea Pozzo) oppure possono essere in contrasto l’una con l’altra (come nel caso di molte opere di Agostino Tassi). In quest’ultimo caso è l’architettura, sempre e comunque, che prevale nel contrasto, perché l’architettura ha un potere evocativo dello spazio che è più potente di quello della sola prospettiva lineare. La riprova di questo meccanismo percettivo è data dall’esperimento della camera distorta, nota come Camera di Ames (Ames e Kilpatrick, intorno al 1950). In questo esperimento, un osservatore viene invitato a guardare una stanza la cui forma è stata distorta in modo che i vertici della stanza reale e deformata e quelli di una virtuale stanza di forma regolare siano allineati con l’occhio dell’osservatore. Ebbene, quest’ultimo crede di vedere una stanza regolare anche quando la presenza di altri indizi palesemente dimostrerebbero il contrario: ad esempio due persone di eguale statura che sono entrate nell’ambiente e che appaiono, ora, l’una gigantesca e l’altra incredibilmente piccola. Questo effetto, evidentemente già noto in modo del tutto empirico agli artisti delle prospettive architettoniche, viene sfruttato con varie finalità che vanno dalla semplificazione del processo di costruzione del dipinto, all’ampliamento della zona dalla quale si può godere lo sfondamento illusorio dello spazio che ospita la prospettiva. Un altro aspetto degli studi che sono presentati in questo volume riguarda l’analisi dei trattati di prospettiva. Questi trattati sono stati quasi sempre scritti ‘per gli artisti’ o segnatamente per la realizzazione degli sfondati prospettici, come nel caso di Andrea Pozzo. E tuttavia non sono stati ancora studiati come premessa teorica ad applicazioni che si esprimono nella libertà e nella suggestione delle pitture murali. Infine, alcuni saggi affrontano il problema della valorizzazione del patrimonio delle prospettive architettoniche, sviluppando tecnologie che ne consentono la lettura, la comprensione e la divulgazione.
Tutti i saggi sono sottoposti a un procedimento di revisione affidato a specialisti disciplinari, con il sistema del 'doppio cieco'. All essays are subjected to a double-blind peer review process prior to publication. L'opera è stata realizzata grazie al contributo del DIDA
Toyo Ito è un transfrontaliero e, da oltre 30 anni, inaugura incessantemente e sempre con "leggerezza" nuovi territori per l'architettura. Qualche anno fa, a torto e in maniera eccessivamente frettolosa, qualcuno ha cercato di "bollarlo" come tecno-futurista, concentrandosi troppo sugli aspetti formali della sua architettura. Al contrario, la sua arte si distingue per essere in costante evoluzione e per dare visibilità allo spirito del tempo. Se si volesse, comunque, cercare una definizione per la sua opera, gli aggettivi più pertinenti sarebbero "inondata d'aria e pervasa di luce", caratteristiche ricorrenti in tutti le sue costruzioni nelle loro diverse forme: in tal senso, l'edificio Silver Hut (1984) è costituito da una struttura leggerissima che sembra
Il paper intende indagare la distinzione tra teoria e prassi, oggetto della Call, a partire da una riflessione sull'architettura dimostrando come una delle specificità di quella che può ancora nominarsi arte del costruire-o "pratica artistica" nella nota definizione di Vittorio Gregotti-sia quella di intendere il rapporto tra pensiero e opera non in termini antitetici ma di imprescindibile circolarità ermeneutica. La disamina delle posizioni in campo e l'analisi di exempla costituiscono, rispettivamente, premessa e dimostrazione di un ragionamento che, con specifico riferimento a metodi e tecniche nell'ambito di una teoria della progettazione, vuole definire il "punto di vista orientato" a partire dal quale si è inteso proporre la riflessione sul rapporto teoria/prassi.
La comprensione delle intricate vicende del complesso romano oggi noto come palazzo Rivaldi ha conosciuto negli ultimi tempi un notevole avanzamento grazie ad approfondite indagini documentarie. Tuttavia la disponibilità dei fondi archivistici ha consentito di gettare una nitida luce solo sulle fasi più tarde, dal 1626 a tutto il secolo XIX (proprietà Pio di Savoia 1 , poi del Conservatorio delle Mendicanti 2 ), mentre chiaroscuri si distendono ancora, a causa dell'irreperibilità delle carte di famiglia, sulle vicissitudini costruttive originarie promosse dal familiare di Paolo III Eurialo Silvestri tra il 1542 e il 1549, nonostante importanti fonti inedite, emerse in recentissimi studi, abbiano indicato date precise e possibili artefici 3 . Molte zone d'ombra si addensano invece sulle fasi intermedie, ma fondamentali per la struttura del complesso, e cioè quelle relative agli interventi commissionati da Alessandro Ottaviano de' Medici (1577-83) 4 e da Lanfranco Margotti (1609-11), anch'esse oscurate dalla mancanza di fonti documentarie dettagliate. La breve proprietà di quest'ultimo è di fatto la meno indagata dalla critica, sebbene nell'arco di soli tre anni comportò decisive trasformazioni offrendo ad alcuni artisti la possibilità di una importante vetrina sulla scena della grande committenza. Pur non essendo ancora stato rintracciato l'atto di acquisto 5 , sappiamo che il complesso fu venduto dagli eredi Silvestri al cardinal Margotti per 6750 scudi 6 ; la transazione dev'essere stata effettuata prima del 20 agosto 1609, quando il possesso del porporato risulta documentato 7 . Nonostante le umili origini, il "cardinal Lanfranco" aveva fatto una rapida carriera, distinguendosi nell'arte del "segretariato" 8 . Paolo V lo stimò particolarmente, tanto da conferirgli, il 24 novembre 1608, la porpora cardinalizia, evento questo che potrebbe circostanziare la decisione dell'acquisto del pregevole giardino. Tale favore consentì a Margotti di ottenere alcuni benefici utili per arricchire il prestigio della villa: il 21 agosto 1609, infatti, si vide donate con breve pontificio 6 once d'acqua provenienti dall'Acquedotto Felice 9 , misura indispensabile per avviare un programma di installazione di fontane e giochi d'acqua nel giardino, mentre il 7 novembre successivo il papa gli concedette l'uso di due archi della Basilica di Massenzio 10 , riaffermando la tradizionale concessione di parti del monumento antico ai proprietari della sottostante villa 11 . Il 7 settembre 1610, allo scopo di ampliare l'area destinata a giardino, Margotti acquistò "doi pezzi di vigna o arboreto" di proprietà del monastero di S. Maria Nova in cambio di mezza oncia d'acqua proveniente dalla "peschiera del giardino" 12 . È evidente che Lanfranco decise di avviare un immediato piano di ampliamento e abbellimento. Per far questo si rivolse al rinomato intagliatore su avorio e legno, ma in quel momento all'inizio della carriera di architetto, il fiammingo Jan van Santen, noto all'epoca come "Giovanni degli Studioli" 13 . La notizia dell'incarico è tradizionalmente tramandata dal Totti, il quale afferma che "il disegno del giardino… è stato finito dal Vansantio" 14 . L'informazione è confermata da un contratto del 27 febbraio 1610, sottoscritto tra il maestro di casa di Margotti e lo scalpellino Girolamo Falciano 15 per la realizzazione di una scala in peperino "dentro al giardino" i cui "balaustri" dovevano essere realizzati "secondo il modono da darsegli dal sig. Gio. Santi fiamengo architetto" 16 . Un'indicazione importante sul ruolo ricoperto da Vasanzio per il cardinale, al cui servizio dovette giungere per il tramite di Stefano Pignatelli, maggiordomo e favorito di Scipione Borghese 17 , è invece contenuta nel resoconto delle esequie di Giovanni Battista Borghese, fratello di Paolo V, avvenute il 13 marzo 1610: il relatore dell'avvenimento, Giulio Centini, afferma che il catafalco funebre era stato realizzato "col disegno del Sig. Giovanni Santes Fiamingo, Architetto dell'Ill. mo Rev. Sig. Card. Lanfranco" 18 . La notizia conferma dunque che nel 1610, nel pieno dei lavori di ammodernamento della villa, Vasanzio era l'architetto di famiglia del Margotti, e forse lavorava al cantiere da più di Alessandro Cremona
Maestri dell'arte classica, 2016
https://www.bretschneider.it/libro/9788876892981 Nell'ambito della cultura architettonica greca, Iktinos rappresenta una delle personalità più note e allo stesso tempo più ambigue, sia per la scarsità di informazioni sul suo conto sia per la mancanza di un'adeguata conoscenza sul ruolo dell'architetto greco. Oltre alla costruzione del Partenone, si è ipotizzato un suo intervento anche nel Telestérion di Eleusi e nel tempio di Apollo a Basse con argomenti non sempre convincenti, frutto di riflessioni e analisi interpretative pregiudiziali. Contestualmente alla rivalutazione della figura dell'architetto nel V secolo a.C., il riesame di alcuni aspetti archeologici fa emergere ora un quadro più complesso, nel quale la riflessione sul contributo di Iktinos si intreccia con il tema relativo ai parametri utilizzati per individuare la sua partecipazione nei diversi cantieri menzionati dagli autori antichi.
In G. Amendola, "Il progettista riflessivo" , 2009
2017
Il paper intende indagare la distinzione tra teoria e prassi, oggetto della Call, a partire da una riflessione sull'architettura dimostrando come una delle specificità di quella che può ancora nominarsi arte del costruire – o " pratica artistica " nella nota definizione di Vittorio Gregotti – sia quella di intendere il rapporto tra pensiero e opera non in termini antitetici ma di imprescindibile circolarità ermeneutica. La disamina delle posizioni in campo e l'analisi di exempla costituiscono, rispettivamente, premessa e dimostrazione di un ragionamento che, con specifico riferimento a metodi e tecniche nell'ambito di una teoria della progettazione, vuole definire il " punto di vista orientato " a partire dal quale si è inteso proporre la riflessione sul rapporto teoria/prassi. Parole chiave: theoria, praxis, cultura del progetto, architettura della ragione, realismo.
K. Buraselis, C. Mueller, T. Heine Nielsen (eds.), Unity and Diversity in Ancient Greece, Classica et Mediaevalia Suppl. 1, 2024
Journal of Religion and Health, 2024
Oxford Handbook of Transnational Law , 2021
Nuntius Antiquus, 2020
Boletim do Museu Paraense Emílio Goeldi. Ciências Humanas, 2022
Conference Book , Faculty of Law , Miskolc University, Hungary., 2019
British Journal of Pharmacology, 1999
African Journal of Agricultural Research
Radovi Instituta za povijest umjetnosti, 2024
Bulletin of the American Physical Society, 2017
Physical Review Letters, 1970
Psychiatry Research, 2012
The Journals of Gerontology Series A: Biological Sciences and Medical Sciences, 2014
Journal of Clinical Psychology in Medical Settings, 2003