FABIO RATTO TRABUCCO*
LO STATO D’ECCEZIONE ALLA LUCE DEL POST-COVID-19
SOMMARIO: 1. L’emergenza e la Costituzione. – 2. Le esperienze straniere sull’emergenza in rapporto al caso
italiano. – 3. La pandemia quale occasio legis per una riforma costituzionale sull’emergenza?
1. L’emergenza e la Costituzione
Avanti a situazioni del tutto eccezionali e singolari, gli ordini regolatori subiscono dei
rivolgimenti inevitabili che si muovono su più ambiti e livelli mentre il diritto all’emergenza
comporta interventi di rilevante portata che interessano financo il sistema delle fonti. Con
riferimento alle emergenze sanitarie si ricorderà come tutte le grandi pandemie del passato
sono state accompagnate da sviluppi raffazzonati, credenze ed imbonitori vari, come già
riportava il filosofo Luciano di Samosata per la peste di Galeno del 165 d.C. Si tratta del
resto ora della prima epidemia raccontata in tempo reale dai media, un fenomeno per cui
l’OMS ha, non a caso, coniato il termine infodemia, da cui evidente l’esistenza di un
problema di comunicazione dei problemi sanitari1. Nella dicotomia fra riduzionisti e
catastrofisti in materia di COVID-19, con flussi d’informazione non sempre lineari anche
da parte degli stessi esperti e degli enti sanitari nazionali e regionali2, la comunicazione ha
infatti costituito parte della strategia di contrasto al pernicioso virus ed ancora mantiene
una sua rilevanza nel graduale ed ineluttabile passaggio da pandemia ad endemia.
A sua volta, necessitas non habet legem recitava senza mezzi termini il celebre aforisma di
Publilio Siro, ma se è vero che le situazioni di emergenza devono essere regimate con
draconiane norme d’emergenza, è altrettanto vero che gli organi costituzionali non hanno
solo il potere ma anche il dovere d’intervenire come ha sanzionato la Consulta sin dalla
Professore a contratto di Istituzioni di diritto pubblico, Università di Padova.
Cfr. E. MONTAGNANI, La comunicazione pubblica on-line e la digitalizzazione delle Pubbliche amministrazioni tra
pandemia e infodemia: quali prospettive future?, in Rivista italiana di informatica e diritto, 2021, 1, pp. 105-139.
2 Cfr. M. NACOTI, et al., At the Epicenter of the Covid-19 Pandemic and Humanitarian Crises in Italy: Changing
Perspectives on Preparation and Mitigation, in NEJM Catalyst, 21 marzo 2020 e F. RATTO TRABUCCO, Fra omissioni,
contraddizioni e riduzionismo: le responsabilità degli organi deputati alla sanità pubblica italiana nella prevenzione della
pandemia COVID-19, in Quad. amm., 2020, 3, pp. 22-29.
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storica pronuncia dei primi anni Ottanta in tema d’innalzamento eccezionale dei termini
della custodia cautelare in carcere3. Sul tema merita per certo un esame approfondito la
circostanza che la Corte abbia valutato la ragionevolezza/legittimità del prolungamento dei
termini della carcerazione preventiva in relazione allo stato di emergenza terroristica in cui
il Paese si trovava. La delicatezza del problema è di tutta evidenza ed una prima riflessione
attiene al fatto che non è stata ammessa l’eventualità della instaurazione d’un regime
eccezionale come lo stato d’assedio, senza tuttavia determinare con sufficiente precisione i
caratteri delle tecniche sostitutive, id est le leggi eccezionali e temporanee.
Lo stato d’eccezione è un fenomeno che si manifesta con forme assai diverse da
quanto avveniva nei regimi liberali ottocenteschi e può essere definito come la condizione
non descritta dall’ordinamento normalmente vigente. La sua caratteristica peculiare è quella
di porre la norma cui si riferisce in uno stato di quiescenza, salvo riprendere piena vitalità
una volta trascorso il periodo della sospensione. L’effetto sospensivo è l’elemento
caratteristico e coessenziale della legge eccezionale d’emergenza e sarà calibrato secondo la
gravità della situazione. Se dunque con il prolungamento dei termini della carcerazione
preventiva si configura una sospensione della legislazione ordinaria e non della
Costituzione nonché si realizza una limitazione della libertà personale, senza vanificare la
garanzia costituzionale, il legislatore non è stato considerato totalmente libero di
determinare la durata della carcerazione preventiva, ma deve operare razionalmente e,
anche in situazione d’emergenza, non può legittimamente rendere nella sostanza vana la
tutela accordata alla libertà personale. La Corte ha tassativamente attribuito a tali norme
una legittimità contingente relegandole ad una vigenza temporalmente delimitata, in quanto
sostanzialmente avulse dalle regole costituenti l’ordine normalmente vigente4. Il segnale che
la Consulta ha indirizzato a Parlamento e Governo appare quindi nel senso di distinguere
tra la dicotomia legislazione ordinaria versus norme d’eccezione, le quali debbono
necessariamente avere, però, carattere temporaneo5.
Com’è noto, la nostra Costituzione non formalizza lo stato d’emergenza, ma non per
questo è certamente sprovvista di strumenti per contrastarla6. I provvedimenti provvisori
nella forma della decretazione d’urgenza, ex art. 77 Cost., sono concepiti proprio in questa
prospettiva, preoccupandosi il Costituente d’individuare, per il caso di necessità, una fonte
del diritto subordinata alla Costituzione. In ogni caso, dal sistema si può ricavare,
verosimilmente – ed in termini più generali –, una competenza implicita sull’emergenza,
che spetta proprio all’esecutivo (in quanto organo direttamente responsabile di fronte al
Parlamento) il quale può individuare la fonte più opportuna a risolvere il caso critico, che,
in quanto fatto aleatorio per definizione, non può essere canalizzato in prescrizioni
normative rigide (purché, beninteso, si tratti di fonte di livello sub-costituzionale). Del resto
come affermava Romano oltre un secolo fa: il «conflitto che nasce fra il diritto dello Stato
di mantenere la sua esistenza e il suo assetto politico, e il diritto di libertà degli individui,
che è necessario limitare o sacrificare in favore del primo [...] non è e non può essere che
un momento del tutto secondario, una semplice conseguenza rispetto ad un momento più
generale e comprensivo. [...]. Quel che importa qui notare è [...] la materiale ed assoluta
impossibilità di applicare, in certe condizioni, le norme che regolano la vita normale dello
Corte cost., 1° febbraio 1982, n. 15. Cfr. L. CARLASSARE, Una possibile lettura in positivo della sent. n. 15?, in
Giur. cost., 1982, 2, pp. 98-108.
4 Cfr. P. PINNA, L’emergenza davanti alla Corte Costituzionale, in Giur. cost., 1983, 2/4, pp. 592-619.
5 Cfr. A. PACE, Ragionevolezza abnorme o stato d’emergenza?, in Giur. cost., 1982, 2, pp. 108-115.
6 Cfr. G. MARAZZITA, L’emergenza costituzionale, Definizione e modelli, Milano, 2003.
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Stato, e il bisogno non già di applicarne altre esistenti, ma di emanarne delle nuove. Onde la
conseguenza che il momento originario, cui si deve aver riguardo, è per l’appunto tale
sostituzione, sia pure provvisoria e limitata, di un nuovo diritto obbiettivo al diritto
obbiettivo già esistente»7.
L’emergenza é, dunque, quel particolare fenomeno che sollecita in modo radicale la
tenuta dell’ordinamento giuridico (in particolar modo l’ordinamento giuridico
costituzionale) sia sotto il lato dell’effettività, che sotto il profilo della sua legittimità. A tal
riguardo, come noto, Schmitt distingueva tra emergenza latamente intesa, in cui il caso
critico è ancora riconducibile ad una qualche norma giuridica, ed eccezione in cui
l’ordinamento giuridico viene totalmente travolto nelle sue fondamenta, ma nel quale
sussiste ancora un ordinamento politico, quello statuale. L’eccezione è, insomma, lo
scenario estremo dell’esistenza politica: oltre, c’è il bellum omnium contra omnes, la fine dello
Stato e, quindi, la fine della comunità come soggetto politico indipendente ed originario8.
Del resto appare evidente come, sia nello stato d’emergenza che in quello
d’eccezione, il valore tutelato è l’autoconservazione del gruppo sociale (salus rei pubblicae
suprema lex esto). Nel primo, però, la decisione in ordine all’an (se dichiarare l’emergenza e
come qualificarla giuridicamente), al quantum (apprezzamento in ordine alla gravità della
situazione emergenziale) e al quomodo (mezzi per contrastarla) è esperita alla luce della
Costituzione (in senso lato) vigente. A sua volta nella dittatura sovrana invece la soluzione
dell’emergenza (divenuta eccezione) avviene en dehors de la Constitution e porta alla posizione
di un nuovo punto di attacco valoriale, ovvero una nuova Costituzione9.
Tuttavia, nel richiamare Schmitt occorre essere tanto cauti quanto esaustivi. Infatti, è
logico anzitutto chiedersi, qualora la dittatura avvenga “al di fuori” della Costituzione, sia
qual è la Costituzione stessa, sia come agire extra Constitutionem, id est a mezzo sovversione,
colpo di stato ovvero rivoluzione? Infatti, si badi che alcuna Costituzione prevede
legittimamente gli strumenti per la sua violazione e lo stato di emergenza di Schmitt è
sostanzialmente un’ipotesi d’assunzione di poteri straordinari da parte dello Stato in quanto
detentore del potere supremo10.
2. Le esperienze straniere sull’emergenza in rapporto al caso italiano
In un concreto quadro comparato non si può omettere di considerare che vari Paesi
UE hanno inserito nelle loro Carte disposizioni in materia di gestione dell’emergenza (in
primis, ricordiamo, Francia, Germania, Grecia, Polonia, Portogallo, Spagna ed Ungheria),
mentre nel caso italiano la formalistica limitazione di poteri eccezionali allo stato di guerra
non consente la sospensione dei diritti costituzionali, né la ridefinizione degli assetti interni,
sia a livello centrale, che periferico.
Cfr. S. ROMANO, Sui decreti-legge e lo stato di assedio in occasione del terremoto di Messina e di Reggio Calabria, in Riv.
dir. pubbl. e della pubbl. amm. in It., 1909, 1, pp. 251-272.
8 Cfr. C. SCHMITT, Teologia politica, Quattro capitoli sulla dottrina della sovranità, 1922, trad. it. in ID., Le categorie del
politico. Saggi di teoria politica, Bologna, 1972.
9 Cfr. R. RAVÌ PINTO, Brevi considerazioni su stato d’emergenza e stato costituzionale, in Riv. BioDiritto/BioLaw Journ.,
20 marzo 2020, pp. 1-8.
10 Cfr. G. AGAMBEN, Stato di eccezione: Homo sacer, Torino, 2003, p. 44.
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L’Italia si colloca dunque in una posizione del tutto sui generis rispetto ad altri Paesi
UE di civil law, il cui ordinamento contempla invece un articolato quadro normativo delle
emergenze interne ed internazionali. Basti al riguardo un breve sguardo a tre esperienze a
noi vicine laddove si riscontrano statuti ad hoc per l’emergenza quali precipuamente attivati
per fronteggiare l’emergenza COVID-19.
In Francia il sistema semipresidenziale delineato con la Carta del 1958 forgia un
assetto costituzionale delle competenze d’emergenza tale per cui il Parlamento s’esprime
con un’autorizzazione preventiva alla dichiarazione di guerra11. In caso di stato d’assedio12,
con sospensione di leggi ovvero della stessa Costituzione, alla decretazione governativa fa
da contraltare l’esigenza di proroga con autorizzazione parlamentare entro dodici giorni13.
A sua volta il Capo dello Stato ad elezione diretta, forte del suo domain réservé nei settori
della difesa e della politica estera, è l’autentico dominus della situazione emergenziale bellica.
Infatti, salvo il coinvolgimento del Consiglio costituzionale ed il dovere d’informazione con
messaggio alla Nazione ovvero il divieto di sciogliere l’Assemblea Nazionale, l’interruzione
del «funzionamento regolare dei poteri pubblici costituzionali» con la minaccia «in modo
concreto ed immediato» delle «istituzioni della Repubblica, l’indipendenza della Nazione,
dell’integrità del territorio o dell’esecuzione degli impegni internazionali», consente al
Presidente di adottare le «misure richieste dalle circostanze». Si tratta d’ampi poteri che ben
possono recare con sé deroghe dei diritti costituzionali e soprattutto sono esercitati senza
vincolo alcuno di controfirma14. Inoltre, non s’obliteri che compete al solo Capo dello Stato
decidere sull’impiego della forza nucleare francese15 e non è mancata la proposta di
costituzionalizzazione dello stato d’urgenza sulla spinta dell’emergenza terroristica
islamica16.
La Legge fondamentale tedesca del 1949 in maniera del tutto peculiare rispetto al
caso italiano afferma che le forze armate possono essere impegnate «soltanto nella misura
in cui» la stessa Legge «lo ammette esplicitamente»17, e cioè nelle ipotesi dello «stato di
difesa» e dello «stato di tensione». Dunque si tratta di casi di ricorso alla forza armata ben
tipizzati onde evitare abusi. Così, nel caso dello stato di difesa la Carta dettaglia le ipotesi
d’aggressione esterna ovvero di sua minaccia18 previo accertamento da parte del tandem
Governo-Parlamento e conseguente promulgazione del Capo dello Stato federale per cui il
potere di comando delle forze armate è trasferito al Cancelliere federale19. A sua volta sono
disciplinate le «misure eccezionali» adottabili in tale quadro e per quanto posizione e
compiti del Tribunale costituzionale federale di Karlsruhe sono irretrattabili20. Mentre gli
stessi governi federati possono assumere iniziative necessitate di difesa in parti specifiche
del Paese21.
Art. 35, Cost. Francia.
Cfr. F. MODUGNO, D. NOCILLA, Stato di assedio, in Nov.mo dig. it., XVIII, Torino, 1971, p. 274.
13 Art. 36, Cost. Francia.
14 Art. 19, Cost. Francia.
15 Decreto 14 gennaio 1964, n. 64-46, relativo alle forze aeree strategiche.
16 Cfr. M.F. DE TULLIO, Il mito dell’emergenza e le garanzie costituzionali. Insegnamenti dall’esperienza francese, in Riv.
AIC, 2020, 3, pp. 278-304.
17 Art. 87 a, c. 2, Legge Fondamentale tedesca.
18 Art. 115 a, c. 1, Legge Fondamentale tedesca.
19 Art. 115 b, Legge Fondamentale tedesca.
20 Art. 115 g, Legge Fondamentale tedesca.
21 Art. 115 i, Legge Fondamentale tedesca.
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Ancora, se consideriamo il caso della Spagna con la sua giovane Carta del 1978, a
fronte di una tripartizione dei casi d’emergenza («stato d’allarme», «stato d’eccezione» e
«stato d’assedio»), il ruolo dell’esecutivo emerge preponderante in sede di dichiarazione
delle prime due condizioni, mentre si limita alla proposta al Congresso dei deputati per lo
stato d’assedio. Stante l’evidente rischio di sospensione dei diritti costituzionali resta ferma
la responsabilità del Governo nel quadro del classico sistema parlamentare22. A sua volta in
caso di guerra la relativa dichiarazione reale necessita della previa delibera parlamentare23
con piena natura autorizzatoria.
Infine, se volgiamo lo sguardo all’Europa centro-orientale emerge l’Ungheria che
contempla anch’essa uno statuto dell’emergenza24, pur connotato da una debolezza del
relativo quadro giuridico tra politicizzazione e militarizzazione25. Similare il caso polacco
con una disciplina analitica degli stati di emergenza, diversamente da altre esperienze
contemporanee, anche della stessa area, ove si rinvengono spesso norme frammentarie e
inserite in altri contesti26. Del resto, lo scoppio della pandemia di COVID-19 è stata
un’opportunità per testare come i diversi regimi reagiscono all’emergenza, e questo vale
anche e soprattutto per le cd. “democrazie illiberali” come la Polonia e l’Ungheria.
L’approccio in questi due Paesi s’è dimostrato simile in termini di decadenza democratica
ma con un’apparente differenza. In applicazione della Legge fondamentale del 2011 è stato
infatti adottato in Ungheria lo stato di emergenza, ma per tale condizione è revocabile in
dubbio il rispetto di determinati standard costituzionali. In Polonia è stato invece scartato
uno stato di emergenza costituzionale optando per un altro avente livello di legittimità
inferiore, id est adottando stringenti misure di contenimento a tempo indeterminato in forza
di normativa secondaria e quindi in buona parte elusiva della riserva di legge27.
Quanto sopra comparativamente richiamato per le esperienze transalpina, tedesca ed
iberica nonché polacca ed ungherese, conferma ancora una volta come nel nostro
ordinamento difetta totalmente una disciplina delle diverse ipotesi di crisi, id est situazioni
d’emergenza ovvero anche solo latamente di natura bellica. Tuttavia, occorre notare come
le criticità evidenziate dalla dottrina rispetto all’azione del Governo italiano in chiave
antipandemica appaiono non dissimili da quelle riscontrate nei Paesi democratici ove sono
costituzionalizzati gli stati d’eccezione, poiché, probabilmente per il carattere
essenzialmente “neutrale” della crisi sanitaria, id est priva di connotati ideologici ovvero
politici, tali regimi eccezionali non sono stati attivati28.
Peraltro, se é vero che la nostra Carta non contiene clausole espresse di sospensione
dei diritti fondamentali in tempi eccezionali quali alteranti l’assetto dei poteri, è vero anche
come la Costituzione del 1948 non pretermetta di considerare le contingenze ed in generale
le situazioni di emergenza, crisi e calamità ovvero di straordinarietà ed urgenza come evoca
il già citato art. 77 Cost. in tema di decreti legge.
Art. 116, Cost. Spagna.
Art. 63, c. 3, Cost. Spagna.
24 Art. 48, Cost. Ungheria.
25 Cfr. S. BENVENUTI, L’Ungheria di fronte all’emergenza da Covid-19: debolezza del quadro giuridico, militarizzazione
dell’emergenza e controversie sulle misure economiche, in Nomos, 2020, 1, pp. 1-14.
26 Artt. 228-234, Cost. Polonia.
27 Cfr. J. SAWICKI, La pandemia Covid-19, in Polonia e in Ungheria, come possibile occasione per intensificare la mutazione
illiberale delle istituzioni, in DPCE online, 2020, 2, pp. 1963-1983.
28 Cfr. E. MINNITI, Dall’analisi comparata della gestione dell’emergenza Covid-19 alle criticità della normativa
antiterrorismo: riflessioni comparative sulla disciplina dello stato di eccezione a partire dall ordinamento italiano, in DPCE
online, 2020, 2, pp. 2681-2706.
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Orbene, è noto che i Costituenti non vollero introdurre un autentico statuto
dell’emergenza sulla falsariga dell’art. 48, Cost. Weimar, che prevedeva il potere
presidenziale di adottare le misure necessitate per ristabilire l’ordine e la sicurezza pubblici
laddove turbati o minacciati e, se del caso, intervenire a mezzo della forza armata29. Si tratta
d’una impostazione che risale a Carte del XIX secolo, come la spagnola e la turca del 1876,
l’elvetica del 1874 e la giapponese del 1899 che contengono espresse disposizioni per
fronteggiare l’emergenza con ricorso alle forze armate. A sua volta, numerose Carte
latinoamericane prevedevano la dichiarazione dello stato d’assedio e la sospensione delle
garanzie costituzionali a fronte di pericoli per l’esercizio della Costituzione, esigenze di
ordine pubblico ovvero ribellioni ed attacchi esterni30. Sappiamo poi che l’art. 48
weimariano è stato attivato oltre duecento volte trasformando i decreti presidenziali in una
procedura legislativa sommaria sanzionata tacitamente dal Parlamento e proprio in forza di
tale clausola Hitler nel 1933 assunse del tutto legittimamente il potere.
Ecco, dunque, che le motivazioni dello smilzo dettato dell’art. 78 Cost. italiano
albergano nel malcelato timore diffuso in Costituente per cui il caso weimariano potesse
replicarsi nell’epoca post-fascista. Il timore che l’inserimento nella Carta di una qualsivoglia
clausola dell’emergenza avesse potuto ingenerare svolte autoritarie era ancora del tutto
effettivo e concreto nel biennio costituente. Questo spiega la formulazione dell’art. 78 Cost.
laconicamente limitata alla sola ipotesi bellica coniugando la tempestività dell’intervento e la
democraticità della decisione31, a fronte del conferimento non già di «pieni poteri» bensì di
meri «poteri necessari» come suggestivamente indicato dal Ruini. Infatti, se i «pieni poteri»
importano la concentrazione di potestà e funzioni nelle mani dell’autorità di governo con
stringenti deroghe ai principi dello Stato di diritto32 – come nel caso della legge n. 67 del
1915 per l’entrata nella I guerra mondiale – i poteri necessari ineriscono ad un ambito
molto più limitato acconsentendo a che le Camere mantengano un ambito di legiferazione.
Orbene, è noto che l’art. 78 Cost. non ha mai trovato applicazione alcuna nella storia
repubblicana italiana. Tantomeno nel governo di crisi internazionali in cui il nostro Paese è
stato parte attraverso l’invio di missioni militari, id est Afghanistan, Iraq e Kosovo, in primis,
il che può apparire financo paradossale33. Astrattamente, lo stesso art. 78 Cost. avrebbe
potuto trovare applicazione anche per contrastare l’emergenza epidemiologica da COVID19 solo grazie ad un’interpretazione lata ed evolutiva del concetto di “guerra”. Il tutto
attraverso un qualche atto d’indirizzo ed impegno a futura memoria del Parlamento da cui
la conseguente attribuzione dei «poteri necessari»34.
Peraltro, occorre notare come l’esecutivo – quantomeno all’incirca nel primo
quadrimestre di gestione pandemica – neppure abbia fatto stretto ricorso al tipico
strumento costituzionale per i casi straordinari, e cioè il decreto legge, ex art. 77 Cost. Si
tratta della classica fonte di necessità, rimessa al corretto uso governativo sotto controllo
Cfr. C. SCHMITT, Dottrina della costituzione, Milano, 1984, 153 ss. e C. MORTATI, La Costituzione di Weimar,
Firenze, 1946, p. 28.
30 Art. 29, Cost. Messico del 1857; art. 86, n. 19, Cost. Argentina del 1860; art. 102, n. 17, Cost. Paraguay del
1870; art. 77, n. 18, Cost. Guatemala del 1879; art. 80, Cost. Brasile del 1891; art. 80, Cost. Venezuela del
1904.
31 Atti Assemblea Costituente, 21 ottobre 1947, 1380-1391.
32 Cfr. P. PINNA, L’emergenza nell’ordinamento italiano, Milano, 1988, 51 ss. e P.G. GRASSO, Pieni poteri, in Nov.mo
dig. it., XIII, Torino, 1966, pp. 61-62.
33 Cfr. P. CARNEVALE, Il ruolo del Parlamento e l’assetto dei rapporti fra Camere e Governo nella gestione dei conflitti
armati, in Dir. e soc., 2003, 1, pp. 103-146.
34 Cfr. A. CELOTTO, Necessitas non habet legem, Modena, 2020, pp. 60-61.
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politico parlamentare, come ampiamente descritta in Costituente dal Bozzi35 e questo per
quanto tale strumento è poi divenuto una sorta d’iniziativa legislativa “rafforzata”, cui i
Governi ricorrevano affinché la disciplina entrasse immediatamente in vigore36, poco
rilevando che il Parlamento provvedesse per tempo alla conversione. In caso di
inottemperanza, infatti, gli Esecutivi sapevano di poter reiterare il contenuto del decreto
scaduto: questo sino alla storica sentenza di cesura della Consulta n. 360 del 1996 che ha
posto fine alla ridetta deleteria prassi. Dunque, una fonte dell’emergenza giano bifronte
che, accanto ad un decreto “ordinario” contempla ancora il primigenio decreto
straordinario37 onde fronteggiare, appunto, i casi straordinari ed imprevedibili.
L’intervento a mezzo decretazione d’urgenza in chiave antipandemica avrebbe
comunque potuto dipanarsi anche senza “forzare” la nozione bellica nonché evitando di
pervenire a limitare diritti e libertà attraverso una fonte subordinata come i d.P.C.M. e per
quanto autorizzati a mezzo periodici decreti legge, ma inizialmente sulla scorta di
un’autentica indefinita delega in bianco ex d.l. n. 6 del 2020, quantomeno sino al varo del
d.l. n. 19 del 2020 contenente un lungo, dettagliato e preciso elenco dei diritti
comprimibili38. Si tratta all’evidenza di uno scivolone costituzionale, se non di un vulnus
vero e proprio come anche parte della dottrina ha lamentato39, se non altro per il fatto che
in tal modo è stato aggirato il controllo presidenziale in sede d’emanazione governativa e
conversione parlamentare. Dunque, l’esecutivo per non affrontare situazioni d’emergenza
con strumenti eccezionali, ancorché costituzionalmente disciplinati, quali sono i decreti
legge, cui deve riconoscersi la capacità di sospendere temporaneamente alcune norme
costituzionali, ha finito così per “inquinare” la stessa normativa ordinaria permeandola
stabilmente di potenzialità autoritarie.
Orbene, se l’obiettivo del presente lavoro non è certo quello di proporre soluzioni, il
che compete unicamente al legislatore, resta fermo un punto fondamentale e cioè il fumus
della violazione delle libertà costituzionali in Italia, quantomeno nelle prime due settimane
di lockdown generalizzato del marzo 2020, laddove lo strumento della decretazione
d’urgenza è stato utilizzato in maniera aspecifica, generica e meramente formalistica in
luogo di una dettagliata e tassativa enumerazione delle limitazioni di diritti e libertà da
attuarsi a mezzo atto amministrativo dell’esecutivo in relazione all’andamento
epidemiologico, id est il rigoroso principio di evidenza scientifica attestato e validato dagli
esperti delle competenti autorità sanitarie nazionali.
3. La pandemia quale occasio legis per una riforma costituzionale sull’emergenza?
Risulta quindi naturale riflettere circa l’opportunità di una o più norme costituzionali
che prevedano lo stato d’eccezione, anche attraverso la creazione d’unità di crisi a cui
Cfr. Atti Assemblea Costituente, 17 ottobre 1947, pp. 1301-1302.
Cfr. G. BERTI, Manuale di interpretazione costituzionale, Padova, Cedam, 1994, p. 175 e A. PREDIERI, Il Governo
colegislatore, in F. CAZZOLA, A. PREDIERI, G. PRILLA (cur.), Il decreto legge fra Governo e Parlamento, Milano, 1975,
XX.
37 Cfr. F. MODUGNO, A. CELOTTO, Rimedi all’abuso del decreto-legge, in Giur. cost., 1994, 5, pp. 3232-3250.
38 Cfr. F. RATTO TRABUCCO, Le limitazioni ai diritti costituzionali a mezzo atto amministrativo nell’avvio dell’emergenza
pandemica da COVID-19, in Amministrazione in cammino, 7 maggio 2020, pp. 1-23.
39 Cfr. A. CELOTTO, cit., p. 62.
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attribuire competenze straordinarie parzialmente sospensive e/o derogatorie della disciplina
ordinaria, riportando, temporaneamente, a livello centrale competenze regionali o diffuse
oltre che quelle a livello centrale esercitate dalla Protezione Civile.
Tuttavia, se l’assenza totale di una qualche disciplina delle diverse ipotesi di crisi e
situazioni anche solo potenzialmente d’emergenza appare una lacuna del nostro
ordinamento40, anche per altri sistemi che pur annoverano una disciplina dell’emergenza si
manifestano critiche d’inadeguatezza41.
Tuttavia, come obliterare quanto asseriva il Calamandrei in Costituente per cui la
Carta deve avere una declinazione di natura presbite e non certo miope, id est essere
lungimirante e per l’effetto «vedere lontano»42, traguardando il mero breve/medio periodo,
proprio a fronte di quel «suo equilibrato complesso di principi, poteri, limiti e garanzie» che
pone a disposizione dei consociati la bussola che consente di navigare «per l’alto mare
aperto dell’emergenza»43.
Così, sullo stretto piano concreto, ferme restando le competenze regionali in materia
sanitaria, la definizione di una catena unitaria di comando nel caso di gravi pandemie,
consentirebbe in potenza d’evitare provvedimenti anche in palese contrasto tra loro o sterili
conflitti tra Governo centrale, Regioni ed enti locali avanti la Consulta ovvero la giustizia
amministrativa (si pensi ai casi delle ordinanze del Comune di Messina e della Regione
Calabria)44 ad onta del principio di leale collaborazione stante atti regionali non di rado
eccedenti la sfera di competenza loro attribuita dalla Costituzione e/o dalla legge45. Del
resto, durante la gestione della pandemia la tenuta della nostra forma di Stato regionale è
stata sottoposta ad un significativo e prolungato stress test. Così, per esempio, l’emanazione
d’ordinanze regionali sul divieto di raggiungimento delle cd. seconde case ovvero di
didattica in presenza, ha destato notevoli perplessità circa il rispetto del principio di legalità
sostanziale e, ancor prima, di alcuni fondamentali principi costituzionali46. Dal canto suo,
tuttavia, come omettere di ricordare che la Consulta ha inglobato la tutela della salute nei
periodi emergenziali all’interno della «profilassi internazionale» con evidenti ricadute
sull’esercizio dei poteri regionali stante l’interpretazione “finalistica” della stessa profilassi,
Cfr. G. DE VERGOTTINI, Profili costituzionali della gestione delle emergenze, in Rass. parl., 2001. 2, p. 275 ss. e P.
BARRERA, Parlamento e politiche di sicurezza: tendenze e prospettive, in Quad. cost., 1987, 2, pp. 334-335.
41 Cfr. B. ACKERMANN, La Costituzione di emergenza. Come salvaguardare libertà e diritti civili di fronte al pericolo del
terrorismo, Roma, 2005, p. 26 ss.
42 Atti Assemblea Costituente, 4 marzo 1947, p. 1745.
43 Cfr. M. CARTABIA, L’attività della Corte costituzionale nel 2019, Roma, Palazzo della Consulta, 28 aprile 2020,
pp. 25-26.
44 Cons. Stato, Sez. I, 7 aprile 2020, n. 735 e T.A.R. Calabria, Catanzaro, Sez. I, 9 maggio 2020, n. 841. Cfr.: L.
GIURATO, Le relazioni pericolose tra enti territoriali nella gestione dell’emergenza Covid-19: il principio di leale collaborazione
come baluardo dell’interesse nazionale?, in Diritti fondamentali, 2020, 2, pp. 687-703; F.F. PAGANO, F. SAITTA, A.
SAITTA, Il giudice amministrativo stoppa la ripartenza anticipata della Regione Calabria: sul lockdown è lo Stato a dettare
legge, in Oss. cost., 2020, 3, 374-409; N. PICOZZI, Una nota (ragionata) alla sentenza del TAR Calabria n. 841/2020:
rapporti tra Stato e Regioni in tempo di Covid-19, in Rass. Avv. Stato, 2020, 1, pp. 120-137.
45 Cfr. A. SAPORITO, Il principio di leale collaborazione al tempo dell’emergenza sanitaria, in Diritti fondamentali, 2020, 2,
pp. 870-894.
46 Cfr. G. COINU, Un nuovo capitolo nel variegato conflitto Stato-Regioni: le ordinanze regionali “contro” gli spostamenti verso
le seconde case, in Fed., 2021, 14, 31-42 e L. DELL’ATTI, Bilanciare istruzione e salute. Considerazioni brevi su strumenti
unitari e leale collaborazione a partire da talune ordinanze regionali in materia di sospensione della didattica “in presenza”, in
Oss. cost., 2021, 1, pp. 87-107.
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da cui discutibili conseguenze accentratrici di sistema sul riparto di competenze in materia
di tutela della salute47.
Tutto questo non significa tuttavia porre in discussione l’autonomia, né ripensare
l’organizzazione territoriale dello Stato, né tantomeno recuperare la clausola della
supremazia che si ricorda è stata nettamente respinta nel referendum costituzionale del 2016
sulla riforma Boschi-Renzi della Parte II della Carta.
Occorre, invece, prendere atto che l’emergenza non può essere esorcizzata negandola
come banalmente l’eterogeneo coacervo delle conventicole “no vax” è aduso a fare, bensì
apprezzandola come fenomeno straordinario ed endogeno all’ordinamento in cui
competenze nuove e straordinarie possono essere definite per farvi fronte, anche esaltando
all’ennesima potenza il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni per dirigersi
verso un regionalismo o federalismo solidale48. Infatti, la consapevolezza del ruolo
fondamentale svolto dagli enti locali nella gestione della crisi sanitaria e del peso che la
solidarietà ha assunto nel dibattito a livello interno, così come è avvenuto a livello europeo
nel rapporto con gli Stati, suggerisce l’adozione d’un modello alternativo ispirato ai principi
di solidarietà e leale collaborazione quali fondati sull’integrazione policentrica delle
competenze a tutti i livelli istituzionali. La cooperazione rafforzata e «riformata» aperta alla
partecipazione delle Regioni offre, altresì, lo spunto per riflettere sull’opportunità di una
ricognizione dei ruoli e della redistribuzione delle competenze in funzione dell’elaborazione
di nuovi e più efficaci modelli di sviluppo sociale differenziati per la pienezza ed effettività
della tutela multilivello del diritto alla salute49.
A sua volta, la mancata costituzionalizzazione dei circuiti di connessione centroperiferia e, più in particolare, l’assenza di adeguati meccanismi di rappresentazione degli
interessi territoriali, ha generato un’iperconflittualità tra Stato e Regioni, gravando la
Consulta dell’oneroso fardello d’individuare il baricentro fra gli interessi in gioco. Così, nel
caso dell’emergenza sanitaria, il ricorso alle sedi interregionali di raccordo attraverso la
Conferenza delle Regioni ed il suo Presidente nonché la concertazione con la singola
Regione interessata, é stato di gran lunga preferito al sistema delle conferenze50. Non è
dunque un caso che, in questo quadro non performante, siano state suggerite migliorie
istituzionali in linea con la funzione unificante dei raccordi, quali la clausola di supremazia
ovvero la costituzionalizzazione di un organo di rappresentazione delle istanze territoriali51.
In materia, peraltro, dovrebbero essere analizzati anche gli effetti che una simile riforma
Corte cost., 24 febbraio 2021, n. 37. In tema, cfr.: V. BALDINI, Conflitto di competenze tra Stato e regione nella
lotta alla pandemia. Un sindacato politico della Corte costituzionale? Riflessioni a margine della sent. n. 37 del 2021 della
Corte costituzionale, in Diritti fondamentali, 2021, 1, pp. 415-426; M. MEZZANOTTE, Pandemia e riparto delle
competenze Stato-Regioni in periodi emergenziali, in Consulta online, 2021, 1, pp. 329-337; A. POGGI, G. SOBRINO, La
Corte, di fronte all’emergenza Covid, espande la profilassi internazionale e restringe la leale collaborazione (ma con quali
possibili effetti?), in Oss. cost., 2021, 4, pp. 231-261.
48 Cfr. G. MAZZOLA, Coronavirus: crisi o sviluppo dell’Autonomia?, in Nomos, 2020, 1, pp. 1-14.
49 Cfr. M. D’ARIENZO, Dimensioni organizzative e modelli culturali in sanità: stato dell’arte e prospettive evolutive, in Fed.,
2021, 1, pp. 194-213.
50 Cfr. C. CARUSO, Cooperare per unire. I raccordi tra Stato e Regioni come metafora del regionalismo incompiuto, in La
rivista del Gruppo di Pisa, 2021, 1, p. 285.
51 Ib., 286. In tema si rinvia all’Atto Senato n. 1825, d’iniziativa Parrini e Pinotti, presentato il 22 maggio 2020,
recante «Costituzionalizzazione del sistema delle Conferenze e introduzione della clausola di supremazia
statale nel titolo V della parte seconda della Costituzione».
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FABIO RATTO TRABUCCO
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produrrebbe sul regionalismo differenziato52 e resta indubbio che la supremacy clause
segnerebbe un significativo passo indietro della forma di Stato regionale italiana.
A parere di chi scrive – ma la tesi è stata fatta propria anche da illustri
costituzionalisti53 –, risulta del tutto ultroneo pensare ad una riforma costituzionale onde
scolpirvi una clausola d’emergenza. Questo perché di fatto nella nostra Carta già sussistono
strumenti idonei a regimare financo una grave emergenza sanitaria come la pandemia da
COVID-19, attraverso, appunto, il ricorso all’art. 77. Inoltre attraverso uno stringente
potere dell’esecutivo statale d’indirizzo e coordinamento dell’opera delle Regioni e degli
enti locali, il tutto senza abbandonare il consociato alla mercé d’un mare magnum di
normative arruffate, stratificate ovvero in contrasto fra loro.
In materia risulta peraltro depositata una proposta di riforma costituzionale, tanto
estemporanea quanto suggestiva, che intende inserire nella Carta una procedura
straordinaria estremamente garantista, da azionare con una dichiarazione d’emergenza
deliberata con la maggioranza dei due terzi dei componenti di ciascuna Camera, in modo da
coinvolgere necessariamente anche gruppi d’opposizione. L’iniziativa, di natura
parlamentare, non appare cogliere nel segno stante il dirimente elemento per cui le norme
costituzionali già consentono ragionevoli e proporzionate limitazioni di diritti e libertà per
esigenze di sanità, sicurezza ed incolumità pubblica54. Parimenti, per altra proposta tesa
all’inserimento espresso in Costituzione della nozione di stato di emergenza nazionale e di
una riserva di legge per disciplinarne presupposti e modalità, in una cornice di asserita forte
razionalizzazione e di certezza del quadro giuridico55. Al contrario, semmai, la regimazione
per via costituzionale dell’emergenza imporrebbe l’esigenza di puntare sul ruolo forte di
garanzia del Capo dello Stato a difesa della democrazia parlamentare56.
In realtà, con attenzione alle emergenze epidemiologiche come nel caso del COVID19, la vexata quaestio ruota attorno al bilanciamento fra diritto alla salute collettiva rispetto
agli altri diritti della persona. Proprio in quanto i diritti non agiscono isolatamente ma si
muovono intrecciati nel prisma della società contemporanea e così sino al punto di
sovrapporsi, si pone il problema del conflitto fra diritti. A fronte d’amplissimi cataloghi, che
dalla prima e scontata generazione sono arrivati sino alla quarta, i medesimi diritti non
possono ora (più) ritenersi assoluti, ma devono essere assoggettati ad un sapiente ed
oculato contemperamento fra sé ed i restanti valori costituzionali57 nel rispetto del faro
costituito dai principi di ragionevolezza e proporzionalità58.
Cfr. A. FORMISANO, La gestione dell’emergenza durante il Covid-19 tra uniformismo e decentralismo. Considerazioni
sull’A.S. 1825 e effetti sul regionalismo differenziato, in Nomos, 2020, 2, pp. 1-55.
53 Cfr. A. CELOTTO, cit., 63 e R. ROMBOLI, L’incidenza della pandemia da Coronavirus nel sistema costituzionale
italiano, in Consulta online, 2020, 3, pp. 518-519.
54 Atto Camera n. 2452, d’iniziativa Ceccanti e altri, presentata il 30 marzo 2021, recante «Introduzione degli
articoli 55-bis e 55-ter della Costituzione, concernenti la dichiarazione dello stato di emergenza e l'istituzione
di una Commissione parlamentare speciale per l’esercizio delle funzioni delle Camere».
55 Atto Camera n. 3444, d’iniziativa Tomasi e altri, presentata il 13 gennaio 2022, recante «Modifica all’articolo
78 della Costituzione e altre disposizioni in materia di dichiarazione e disciplina dello stato di emergenza
nazionale».
56 Cfr. A. RUGGERI, Il Coronavirus, la sofferta tenuta dell’assetto istituzionale e la crisi palese, ormai endemica, del sistema
delle fonti, in Consulta online, 2020, 1, pp. 210-223.
57 Cfr. F. MODUGNO, I “nuovi” diritti nella giurisprudenza costituzionale, Torino, 1995, pp. 104-105.
58 Corte cost., sentenza 24 gennaio 2017, n. 20. Cfr. M. CAREDDA, Ragionevoli disuguaglianze e riserva di legge, in
Consulta online, 2017, 1, 1-7 e M. MENGOZZI, Riservatezza della corrispondenza epistolare e “residuo” di libertà dei
detenuti. L’uso poliedrico dell’art. 3 Cost. tra uguaglianza, ragionevolezza e proporzionalità, in Giur. cost., 2017, 1, pp. 132142.
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Tuttavia, le norme costituzionali non attribuiscono un qualche rango maggiore o
minore ai vari diritti enumerati e dunque difettano criteri aprioristicamente prestabiliti per
effettuare la loro composizione in presenza d’apparenti conflitti insanabili. Le tecniche di
contemperamento dei diritti, quale parossismo degli sforzi di sistemazione
dell’ordinamento giuridico, si limitano quindi a sancire la prevalenza di uno fra essi rispetto
agli altri attraverso un balancing ad hoc. L’affinamento di tali metodologie di composizione
degli apparenti insanabili conflitti tra diritti e valori ha poi generato la teoria, specificamente
elaborata dalla Corte suprema canadese in materia di libertà religiosa, della reasonable
accomodation (ovvero accomodement raisonnable) qualificata come la soluzione costituzionale a
cui i poteri pubblici sarebbero tenuti nei confronti delle domande di trattamento
differenziato emergenti nella società ed argomentate su base religiosa59. Peraltro, giova
ricordare che, più precisamente, l’origine del concetto deriva dalla giurisprudenza canadese
in tema di diritto del lavoro circa l’obbligo del datore di modificare alcune regole in favore
di determinati dipendenti salvo che questo generi indebite difficoltà60. A sua volta, le norme
inglesi, gallesi e scozzesi nonché quelle statunitensi, impongono ai datori di lavoro di
fornire soluzioni ragionevoli per i dipendenti disabili, salvo ricorso al tribunale del lavoro61.
In Italia fra i maggiori fautori di tale teoria s’annovera Marta Cartabia, già Presidente della
Consulta, fautrice del ridetto solco giurisprudenziale canadese dell’accomodamento
ragionevole. Gli ordinamenti occidentali tendono al contrario a rispondere attraverso gli
strumenti della non discriminazione per la loro apparente neutralità ma il forte richiamo
cartabiano è se il diritto all’antidiscriminazione sia davvero neutrale62. La sopra richiamata
nozione appare centrale nel pensiero di Cartabia in forza di svariate pronunce costituzionali
redatte dalla medesima63 nonché dei richiami contenuti nella sua produzione scientifica che
dimostrano come in tali contesti sia necessario seguire la metodologia della reasonable
accomodation64.
Del resto, in relazione al caso di specie, non è certo possibile stabilire
aprioristicamente se il diritto alla salute sia superiore rispetto ad altre libertà individuali e
collettive. Ai posteri l’ardua sentenza sulla bontà della declinazione dell’interesse nazionale
in chiave solidaristica che ha prevalso nella gestione pandemica italiana con stringenti
limitazioni di diritti e libertà anche senza una disciplina ad hoc per lo stato emergenziale che,
dal canto suo, non appare in alcun modo essenziale.
59 Cfr. J. WOEHRLING, L’obligation d’accommodement raisonnable et l’adaptation de la société à la diversité religieuse, in
Revue de Droit de McGill, 1998, 43, p. 328.
60 Ontario (Human Rights Commission) v. Simpsons-Sears Ltd, [1985] 2 SCR 536.
61 Disability Discrimination Act del 1995 quale innovato dall’Equality Act del 2010. Cfr. R. BLANPAIN, F.
HENDRICKX (cur.), Reasonable Accommodation in the Modern Workplace: Potential and Limits of the Integrative Logics of
Labour Law, Alphen aan den Rijn, 2016, passim.
62 Cfr. M. CARTABIA, Avventure giuridiche della differenza sessuale, in Iustitia, 2011, 3, pp. 285-306.
63 Corte cost., 23 marzo 2018, n. 58, in materia di ILVA; Corte cost., 18 gennaio 2018, n. 5, in materia di
obblighi vaccinali; Corte cost., 11 febbraio 2015, n. 10, in materia di IRES, cd. Robin Tax Cfr. F. RATTO
TRABUCCO, La reasonable accomodation nel pensiero di Marta Cartabia: dalla libertà religiosa al caso ILVA passando per
Robin Tax ed obblighi vaccinali, in Astrid Rass., 2022, 6, pp. 1-16.
64 In materia, fra le sue pubblicazioni più recenti che richiamano il principio in esame, occorre citare M.
CARTABIA, A. CERETTI, Un’altra storia inizia qui. La giustizia come ricomposizione, Milano, 2020, passim e M.
CARTABIA, L. VIOLANTE, Giustizia e mito. Con Edipo, Antigone, Creonte, Bologna, 2018, pp. 125-132.
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THE STATE OF EXCEPTION IN LIGHT OF THE POST-COVID-19
The contribution addresses the issue of the state of exception following the COVID19 pandemic. Facing exceptional situations, the regulatory frameworks undergoes inevitable
upheavals that affect several areas and the right to emergency involves far-reaching
interventions that also affect the system of sources. Having resumed the theoretical
elaborations of Romano and Schmitt and considering that various EU countries have
included provisions on the matter in their Charters, in the Italian case the limitation of
exceptional powers to a state of war does not allow the suspension of constitutional rights,
nor the redefinition of internal structures both centrally and peripherally. The question
whether it is appropriate to think of one or more constitutional norms that provide for the
state of exception is therefore legitimate. However, the emergency cannot be dispel
denying it, but by appreciating it as an extraordinary and endogenous phenomenon in
which new and extraordinary skills can be defined to deal with it, also and above all by
enhancing the principle of loyal collaboration between the State and the Regions.
ISSN 2284-3531 Ordine internazionale e diritti umani, (2023).