31 dicembre 2005
La benedizione dei baasii
Laos, Vientiane, Wat Si Muang, agosto 2005
Nella cultura Laotiana, la religione buddista convive naturalmente con quel che rimane di concezioni animiste ancora più antiche. La fede negli spiriti e nel loro potere di proteggere le persone è molto forte e la cerimonia dei Baasii ha proprio queste origini antiche.
L'ho vista compiere nella capitale, Vientiane, nel tempio di Wat Si Muang. Questo tempio è il più frequentato di Vientiane, quello in cui la devozione popolare si esprime maggiormente. In esso si trova il pilastro, il lak méuang, che è considerato la casa dello spirito protettore della città.
Laos, Vientiane, Wat Si Muang, agosto 2005
La cerimonia si impernia su vari simboli; le offerte di frutta e fiori, la ciotola con il fuoco, la corda, che viene preparata accuratamente dai devoti. Si tratta di un sottile filo di cotone, che viene intrecciato più volte su se stesso e annodato.
Il rito è presieduto da un monaco, maestro nelle benedizioni. Le persone che partecipano, sedute per terra, stanno attorno alla ciotola di metallo, retta da piedini, di metallo anch'essi, e chiamata phàakhùan. Il monaco intona delle litanie, un misto di lao e pali, e recita le benedizioni. Ad un certo punto i partecipanti si chinano in avanti per toccare la base della ciotola. Quando il monaco termina di salmodiare, il filo viene legato ai polsi dei partecipanti, o del partecipante per il quale è stata predisposta la cerimonia. I braccialetti devono durare almeno tre giorni perchè il rito abbia effetto, ma secondo altri devono essere portati fino a che non si rompono.
Il bracciale di filo legherà gli spiriti buoni al corpo di chi lo porta e così lo proteggerà nell'impresa che dovrà compiere.
Laos, Vientiane, Wat Si Muang, cerimonia dei bàasii
27 dicembre 2005
Tuc tuc
Cambogia, Phnom Penh, Tuc tuc lungo una strada affollata, settembre 2005
Tuc tuc è il nome onomatopeico di uno dei mezzi di trasporto più diffusi e divertenti dell'Asia. In Sri Lanka il tuc tuc era sostanzialemte un'ape, con dietro sistemati dei sedili, addobbata di fiori e santini di ogni tipo, ma comunque legati alla religione dell'autista. In Cambogia invece era una sorta di carrozzella, trainata da una moto. Comunque il tuc tuc è nato quando la moto ha sostituito i risciò o trisciò. Poichè questi nuovi mezzi, al contrario dei primi, erano rumorosi, hanno preso il nome proprio dal classico rumore dello scoppio del motore.
23 dicembre 2005
Non disturbare
Egitto, Dhab, maggio 2004
Mi sentivo a disagio entrando in questo locale: c'erano solo uomini, nessun turista, neanche un minimo accenno di accoglienza. Però mi piaceva l'atmosfera (forse proprio perchè era quella di un posto dove non avrei dovuto essere) , la luce che entrava dall'esterno, le pipe allineate sulla parete, le sedie spartane, di legno dipinto di azzurro, i tavoli bassi. Ho scattato velocemente, quasi a caso, sentendomi un'intrusa e sono subito uscita.
22 dicembre 2005
Il tè di Ceylon
Sri Lanka, Nuwara Eliya, Agosto 2004
Per chi viene da Kandy, precedente capitale dell’isola di Sri Lanka (Ceylon fino al 1974), la strada che si inerpica sui monti è un susseguirsi di sorprese: monti, laghi, cascate, foreste. Un occidentale potrebbe pensare, ed in effetti io lo pensavo, che per fare circa 80 chilometri in macchina possa bastare un’ora e mezza, ma le strade nell’isola risplendente non rifulgono affatto: ci vogliono 3 ore abbondanti, quasi 4. La strada è poco più di un sentiero di montagna, ma data l’importanza del commercio del tè a Ceylon, i lavori fervono per gran parte del percorso per ingrandire la carreggiata e facilitare i trasporti. Adesso, e fino a che non saranno finiti, non fanno altro che ostacolare ancor più il viaggio. Ma bisogna salire. Il migliore tè di Ceylon si coltiva all’altezza di 2000 metri circa, nella cittadina di Nuwara Eliya, la città della luce, appollaiata in cima ai monti e talmente inglese da farci pensare di essere tornati in Europa. Pure la bruma è europea, quella delle nuvole basse e fredde che già nelle prime ore del pomeriggio avvolgono tutto.
Le prime piantagioni ci appaiono a sorpresa dietro una curva qualunque della strada e ci lasciano senza fiato, ma non c’è tempo ora, perché è quasi buio. La visita è rimandata al mattino, sperando non piova…
Il giorno dopo, ci dirigiamo subito alle piantagioni e i panorami che si aprono davanti ai nostri occhi lasciano sbalorditi.
Lungo la strada notiamo un tempio Indù che emerge con i suoi colori dalle coltivazioni di tè. Questa zona è abitata da popolazioni di origine tamil, che, contrariamente al resto della popolazione dello Sri Lanka, sono di religione Indù.
Ci fermiamo e andiamo a vedere da vicino. Accanto al tempio c'è una scuola piena di bimbi. Alcuni giocano fuori sul cortile davanti al tempio. I bambini ci accolgono con gioia, sia fuori della scuola che dentro, dove i più piccoli con le maestre, battono le mani in segno di benvenuto.
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Lasciamo i bimbi e proseguiamo per la fabbrica: la Labookellie, consigliata sulla nostra Lonley Planet.
Si tratta di un fabbricato in metallo, posto al centro delle piantagioni. Ogni piantagione forma una comunità, chiamata Estate. Ognuna ha un proprio villaggio per i dipendenti, una scuola e un asilo (quello in cui per caso eravamo finiti), un medico. Insomma sono autosufficienti, e non potrebbe che essere così…
Alla fabbrica ci vengono mostrate le fasi della lavorazione. La qualità più esportata in Europa è il Broken Orange Pekoe (BOP), da gustarsi al mattino con latte e zucchero, ma anche il Broken Orange Pekoe fanning (BOPF), sempre delicato, ma un poco più forte, adatto al pomeriggio. Il Dust, forte e intenso è quello più apprezzato dai singalesi, e va bevuto così, senza nulla di aggiunto; infine l’Orange Pekoe è a foglie intere. Le foglie raccolte vengono sminuzzate, lasciate a fermentare, poi essiccate e impacchettate.
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Il tè, poi viene assaggiato, per verificarne il sapore. La stanza silenziosa e piena di finestre, accoglie tazze e varie misture di tè.
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Usciamo dalla fabbrica e riprendiamo la strada. Oggi dobbiamo scendere i monti e dirigerci nuovamente verso il mare. Ma siamo fortunati. Dietro l’ennesima curva le donne raccolgono il tè. Ci fermiamo subito e ci incamminiamo nelle piantagioni. Solo le donne possono raccogliere il tè, e solo le donne Tamil, l’etnia di origine indiana. Sono abili e veloci, colgono solo i primi germogli, le prime tre foglie della Camelia Sinensis. Il tè, in effetti, non è un cespuglio, ma una Camelia, un vero e proprio albero. Arriverebbe anche a 10 metri di altezza se gli arbusti non fossero rigorosamente potati dopo la raccolta. Il tè fu introdotto a Ceylon per puro caso, da James Taylor, uno scozzese intraprendente, che tentò la sorte dopo che la “ruggine del caffè” ebbe distrutto tutte le piantagioni, di caffè, appunto. Ed ebbe intuito. Da subito il suo tè ebbe successo e presto le piantagioni si moltiplicarono su gran parte dell’isola. Ora sono la principale fonte di reddito dell’isola.
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Le donne Tamil raccolgono in fretta e riempiono i cesti che tengono sulla schiena. Hanno gesti automatici e veloci, i volti antichi, scuri e scavati. Chiacchierano mentre si inerpicano sul colle e le loro risate si sentono da lontano. Ci accolgono col sorriso, ci fanno vedere come si colgono le foglie, ci chiamano per essere fotografate.
Proseguiamo per la strada. In alto, altre donne attendono in fila di svuotare le loro ceste. Tutto il raccolto viene deposto a terra e portato alla fabbrica. Gli occhi si riempiono ancora di quella vista, dell’emozione dei colori sgargianti dei sari, contrastanti col verde scuro della foresta e col grigio cupo del cielo, che, di nuovo, copre di nubi le cime dei monti.
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
Sri Lanka, Nuwara Eliya, agosto 2004
20 dicembre 2005
Subacquea
Italia, Genova, Acquario, settembre 2005
Sarà anche Natale, ma del freddo ne ho già abbastanza. Quella neve devo ancora finire di scuotermela di dosso. Così, per tornare al sole, al caldo ai colori, che con la neve spariscono, posto una foto, scattata all'acquario di Genova, che invece è un trionfo di vita. Con questa foto inauguro anche il mio spazio su Flickr.com: quella icona che ho messo sotto a destra, con dentro le miniature delle mie foto che si muovono, è troppo bella per non averla sul mio blog!
19 dicembre 2005
Di giorno e di notte
Italia, Toscana, Mugello, febbraio 2005
Quando a casa mia nevicava, erano guai. Per arrivare in cima al colle occorreva fare circa 4 Km di strada sterrata, piena di buche e sassi, fiancheggiata da strapiombi. Mi ci sarebbe voluto un 4x4, invece avevo, anzi ho, una station wagon scassatissima. Non era il caso di affrontare la neve con quella. Negli ultimi due anni del resto ne è caduta talmente tanta che neppure con le catene era pensabile muoversi (ovviamente nessuno veniva a pulire la strada fin lì). E allora restavo isolata dal mondo, che solo 4 chilometri più giù viveva tranquillamente: a Firenze la neve non dura mai a lungo, ma nel mio bosco ci voleva molto, anche una settimana o più. E in quella settimana non c'erano santi. Dovevo essere autosufficiente, soprattutto per l'acqua potabile e il cibo.
E se tirava troppo vento, cadevano i pali del telefono, o della luce. Se invece la temperatura andava troppo sotto zero, gelavano le tubature dell'acqua, per poi scoppiare e lasciarmi a secco. La mia arte di arrangiarmi e di adattarmi ne ha tratto un gran beneficio.
Italia, Toscana, Mugello, febbraio 2005
18 dicembre 2005
La neve che non vedo più
Italia, Toscana, Mugello, febbraio 2004
In questo bosco ho abitato per alcuni anni. La neve lo rende suggestivo e adatto all'atmosfera prenatalizia. Tuttavia, ricordo ancora troppo bene quanto sia stata dura quella nevicata per sentire la nostalgia della neve. Apprezzo la bellezza della vista che avevo molto più adesso, che la osservo dalla distanza di due anni di tempo.
16 dicembre 2005
Occhi che sanno parlare
Cambogia, Stung Treng, Donna al mercato, agosto 2005
Se guardo questa foto, automaticamente penso alla canzone di Pino Daniele. C' è dolcezza, timidezza, rassegnazione, nello sguardo di quella donna, giratasi verso di me che la stavo fotografando, mentre cercavo di evitare le teste delle persone intorno, che mi stringevano nello stretto corridoio del mercato di Stung Treng. Se non avessi avuto la macchina fotografica già puntata su di lei, la foto sarebbe venuta di schiena, perchè appena mi ha visto si è girata per nascondersi dallo scatto, con un gesto di estremo pudore.
Altri mari
15 dicembre 2005
Il ruggito del mare
14 dicembre 2005
Giochi d'acqua
Laos, Don Khong, agosto 2005
Il Mekong non solo è fonte di vita, ma anche di gioco e di divertimento per questi bimbi. Si tuffano in acqua per giocare e per trovare sollievo dal grande caldo. Purtroppo però l'acqua del Mekong, come quella di molti altri fiumi tropicali, nasconde un grave pericolo, quello della schistosomiasi. Si tratta di un verme parassita che infetta le acque dei laghi e dei fiumi, in grado di penetrare nella pelle con il semplice contatto. In seguito raggiunge le vene intorno all'intestino e lì trova il luogo adatto per il suo sviluppo. Tanto più contatto c'è con l'acqua, tanto più numerosi sono i parassiti e tanto più grave è la malattia. La malattia porta conseguenze gravissime e dolorosissime per chi ne è contagiato. Fino al 17 dicembre è in atto una campagna di solidarietà a favore di questi bambini. Per saperne di più, sul sito di AICU, la fondazione in memoria di Carlo Urbani, è possibile scaricare un file pps, con ulteriori spiegazioni sulla malattia.
05 dicembre 2005
Fra i portici di Dambulla
Sri Lanka, Dambulla, agosto 2004
I portici costruiti all'esterno delle grotte di Dambulla sono una serie di colonne bianchissime che spiccano contro il grigio della montagna. Quel chiarore abbaglia quando si esce dopo essere stati all'interno, dove la luce fioca delle candele illumina appena migliaia di figure dipinte sulla roccia o scolpite nella pietra. Il monaco, molto giovane, visitava anche lui il tempio. La sua tunica arancione contro il bianco dei muri creava un'atmosfera mistica e irripetibile.
04 dicembre 2005
Il bambino della risaia
Cambogia, Battambang, Lungo lo Stung Sangker, agosto 2005
Amo molto questa foto. Dal battello che proseguiva lentamente lungo lo Stung Sangker, avevo visto questo bambino in lontananza. Camminava verso il fiume, con le gambe nell'acqua, attraverso sentieri che solo lui vedeva, in mezzo al verde della risaia. Con gesti da grande portava sulle spalle il fascio di riso e lo consegnava nelle mani dell'uomo che lo aspettava nell'imbarcazione. E' stato un attimo, poi di nuovo è sparito fra l'erba, più alta di lui.
02 dicembre 2005
Nel fumo di una zuppa
Cambogia, Stung Treng, agosto 2005
In ogni città, benchè piccola, siamo andati a visitare i mercati. Alla lunga pensi: "Sono tutti uguali". Ma ogni volta ci tornavamo e trovavamo non solo l'esposizione delle merci colorate e ben disposte, ma soprattutto i volti e la vita delle persone. Così anche a Stung Treng, un villaggio allungato sul Mekong. Con gli occhi e il naso all'erta entrammo nei grandi stanzoni bui al centro del mercato, pieni dei fumi delle pentole dove bolle il brodo, con i raggi di sole che entrano dai buchi nel tetto e il fango in terra. Nell'aria si sentivano mille odori di cibo, le fritture, i caffè. E più forte di tutti mi ritorna alla mente quello di citronella, proveniente dalle zuppe bollenti. C'era gente ovunque, in ogni angolo. Accucciata per terra, quasi nascosta, un'anziana donna preparava sacchetti di plastica, pieni di chissà che cosa.
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