Visualizzazione post con etichetta Eli. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Eli. Mostra tutti i post

sabato 9 novembre 2013

Volver


"Era mio desiderio rimanere tuo amico: ero diventato un peso?"

Torna così, nell'ulteriore puntata della telenovela virtuale che mi vede protagonista, con quest'afflitto appello inflittomi a mezzo messaggio privato su FaceBook (a cui non risponderò) insieme ad una nuova richiesta di amicizia (che non accetterò), il provolone che a luglio ho accannato.

Torna a casa Aldo, e il fausto evento risolve il mio blocco di scrittura.
Torno, per conseguenza, io, a imbrattare l'etere con un mio post.

Torna con mia grande gioia a salpare, superstite lupo di mare dopo il naufragio, lei.
Torna anche lei: a trovarmi presto, con altrettanta mia grande gioia.
Torna oltralpe lei, dopo avermi fatto passare un sabato pomeriggio pieno di ulteriore grande gioia.

Tornano poi, repentinamente, le mie paturnie: al termine di una seduta di terapia impegnativa, dove ho coperto un nuovo tratto dell'ostico percorso nella giungla della mia psiche facendo un passo avanti e mettendo il piede su un altro serpente a sonagli.
Tornano a ruota - a tradimento, assurdamente cagionate da una frase rivoltami a sorpresa tra il lusco e il brusco che è un uppercut per la mia guardia abbassata a causa delle paturnie del ritorno precedente - le ossessive voci di dentro che ripetono "Vergogna, vergogna, cattiva bambina, cattiva bambina!" costringendomi a nascondere il viso, a coprirmi gli occhi lacrimosi.
Torna simultaneamente indietro il tempo fino ai miei quattro, cinque anni di età. Torna, prepotente, il peso sull'anima, l'insopportabile senso di ingiustizia, il vano e disperato tentativo di difendersi, di reagire gridando le proprie ragioni con smodata inservibile passione, subito smorzata dalla solita coatta desistenza. Torna la confusione mentale, lo smarrimento, lo scoramento per la propria inettitudine, incompetenza, inanità.

Dopo però torna la quiete, la lucidità. Torna il presente. Torna a subentrare la ragione, il distacco, la distanza da quel passato lontano che torna a sdoppiarsi, cessando di sovrapporsi agli eventi attuali.
E poi, in ultimo, torna, a dissipare gli ultimi echi di malessere, il sorriso nel leggere una mail benevola, benedetta, che riconsola, rialza, rimette in moto.

E adesso, tra poche ore, Milano.

Tutto torna e io, finalmente, sono pronta a partire.

venerdì 17 maggio 2013

A spasso con Daisy


Scemenzuola rubata ad un milanese contatto biondo (che non è la 17n Bionda) su FB


E' un tautogramma: usa la prima lettera del tuo nome per rispondere alle domande. Devono essere reali, non inventate!
E' più difficile di quanto non sembri!
Copia in una nuova nota, cancella le mie risposte, inserisci le tue e tagga venti persone (fate conto che l'abbia fatto), tra cui la Bionda, alla quale hai promesso pan per focaccia coi giochini di feisbucche ormai da più di una settimana.
Non puoi usare le parole due volte e non puoi usare il tuo nome per la domanda del nome maschile/femminile.

1. Il tuo nome: Cri
2. Una parola di quattro lettere: caro
3. Un nome maschile : Carlo
4. Un nome femminile : Chiara
5. Una professione : cicisbeo
6. Un colore: celeste
7. Qualcosa da indossare: casacca
8. L'incipit d'una poesia o di un testo letterario: Col mare/mi sono fatto/una bara/di freschezza
9. Un cibo: Coppa Fassi (chi non sa cos'è si documenti)
10. Qualcosa che si trova in bagno: cumuli di calzini zozzi dei maschi di casa
11. Un luogo: Collevalenza
12. Un motivo per essere in ritardo: centinaia
13. Qualcosa che urleresti: cazzo!
14. Il titolo di un film: Centochiodi
15. Qualcosa da bere: Chinotto
16. Un gruppo musicale: Cars, The
17. Un animale: civetta
18. Il nome di una via: Cristoforo Colombo (viale, a Roma, ma vabbé)
19. Un tipo di macchina: Carrera (Porsche)
20. Il titolo di una canzone: Cathedral song, Tanita Tikaram

(E grazie per la luminosa mattinata, Bionda. Alla prossima. Baci! )

giovedì 7 febbraio 2013

Catene, catene, catene

E ora, dopo la Tazza, rispondo alla Eli Diciassettenne Bionda. Poi la Angie mi seguirà a ruota, vero Angie?
1) Qual è l'aspetto migliore dell'avere un blog?
Rileggersi a distanza di tempo.

2) Qual è l'aspetto peggiore dell'avere un blog?
Doversi censurare.

3) Ti piace incontrare i tuoi lettori?
Tu che dici?

4) I tuoi amici sanno del tuo blog?
Sì. Una ci scrive proprio, ogni tanto, pensa.

5) Da chi vorresti ricevere un invito a cena (declinate invito a cena come più vi piace: regalo miliardario, botta e via, proposta di fidanzamento, incontro di boxe per corcarlo di botte)?
Quello per corcarlo di botte l'ho avuto, e gli ho dato buca. Facciamo Nichi Vendola, botta e via. Sedotto e abbandonato.

6) Qual è il discorso/argomento/discussione che ti fa addormentare?
Il calcio.

7) Qual è la cosa peggiore che augureresti a qualcuno?
Di non crescere mai.

8) Reciteresti mai in un film?
Certo!

9) Qual è la canzone più imbarazzante che hai imparato a memoria?
La pappa col pomodoro.

10) Hai mai detto "io non lo farò mai" e poi lo hai fatto? Ovviamente devi dire cosa.
Mi sa di no. Sono un tipo molto possibilista e ci spero sempre di farle, le cose. Ah, una c'è: "Non farò mai pace con costei/costui", "non parlerò mai più con costei/costui" e poi non ho mai retto più di sei mesi. Ridi, ora, va'.

11) Se potessi decidere che giorno sarebbe domani, che giorno sceglieresti?
Mercoledì, il giorno di Edo, il mio maestro jedi. Ma questo solo fino a cinque minuti prima di suonare il campanello del suo studio.


E ora le mie, che sottopongo ai maschietti che si affacciano qui (consapevole che non risponderà nessuno, manco Dan11 meancactus, per esempio):

1) Hai una collezione di omeriche figure di merda?
2) Hai mai scarabocchiato un libro?
3) Come vivi il rapporto con le meteore che attraversano il tuo cielo virtuale e poi, così come sono arrivate, scompaiono?
4) Ti è mai capitato di incontrare psicopatici on line?
5) Se no, ti dispiace?
6) Se sì, come l'hai risolta?
7) Da quando hai un blog, la tua vita è: migliorata/peggiorata/la stessa vita di merda di prima?
8) Ti vengono periodi di nausea del web?
9) Sogni o sei desto?
10) Qual è il primo comandamento del tuo eventuale decalogo personale?
11) E adesso che altro mi invento?

giovedì 24 gennaio 2013

You're beautiful

Questo post è tutto diverso da quello che avrei voluto scrivere stamane.
Stamane, quando mi sono svegliata dopo una notte di sogni agitati in cui ne dicevo di tutti i colori al mio capo e alla mia capa del personale - una sfilza di improperi, una vomitata di ingiurie che manco mi ricordo tutte, tranne l'ultima, che mi è rimasta impressa perché nel sogno a sfuriata ormai chiusa ci sono tornata indietro apposta per lanciarla alla (s)coordinatrice in questione a mo' di colpo di grazia: "ah, dimenticavo: sei una leccaculo!" - e ho visto il malcapitato consorte all'udire i miei mugolii lamentosi aprire la bocca e poi richiuderla immediatamente ricordando come gliene è mal incolto ieri mattina quando ha avuto l'ardire di esclamare per consolarmi "dai, oggi è già mercoledì" beccandosi in risposta una mia abbaiata da mastino: "cosa vuol dire, è già mercoledì? Che facciamo, aspettiamo di cominciare a vivere nel week end, che poi sono sempre i due giorni della settimana peggiori, quelli in cui proprio ti verrebbe da spararti, e in quelli feriali tratteniamo il respiro e restiamo in apnea per sopportare l'insoddisfazione? Che aspettiamo per cominciare ad esistere, che ci piova qualcosa dal cielo, e intanto il tempo passa e l'unica cosa che ci pioverà dal cielo è il sicuro trapasso? Io non voglio aspettare, non voglio trascinarmi pensando che è già mercoledì, fuori un altro, avanti il prossimo, e intanto i giorni passano e non tornano più! Io voglio vivere adesso! Voglio svegliarmi pensando: è mercoledì, che piacere, ho aperto gli occhi e ora mi metto a vivermelo tutto!"; stamane, quando poi il malumore mi è gradatamente passato dopo aver deposto come una chioccia la sua covata rispettivamente la figlia giacobina sul sagrato di Santa Maria Maggiore, da dove ad ampie falcate ha raggiunto il suo liceo, e il figlio rompiballe ("Vuoi guidare tu, Matteo?" "Nonnò, guida tu"; per poi, cancellando in un sol colpo le buone abitudini di anni in cui ha presenziato ad ogni genere di mie imprese banditesche stradali senza battere ciglio, mettersi oggi a sbracare ogni tre minuti: "Mamma, sbrina 'sto vetro! Guarda che se non accendi prima l'aria fredda col cazzo che si sbrina! Mamma, guarda dove vai! Mamma, stai attenta! Teoricamente ora questa macchina è mia, dunque vedi di non distruggermela! Mamma, non ci vedi? Mamma, che cazzo fai?" finché non gli è riuscito di farmi fare il pelo ad un'incosciente Smart sbucata da un parcheggio senza guardare dietro; manco male, io non l'avevo vista per niente) tra le aiuole striminzite di Piazzale Aldo Moro, da dove a passi svagati ha raggiunto la sua facoltà - ambedue oggi impegnati con la matematica, la giacobina alle prese con l'ultimo compito in classe del quadrimestre, l'universitario col secondo esonero dell'esame -, esser rimasta in splendida solitudine, aver acceso la radio nella vecchia Astra di famiglia che sostituisce momentaneamente la Pandina, aver incocciato in "What is love (baby don't hurt me)" di Haddaway e aver visto come tutto pareva pigliare a muoversi prodigiosamente in sincrono con quel ritmo incalzante, compreso il vecchietto che mi stava attraversando davanti, sulle strisce all'uscita di Piazza Indipendenza, talmente a tempo da produrre un bizzarro effetto ottico parecchio divertente, a ricomporsi in un quadro armonico, sinfonico, quasi, e a prendere vita, colore, energia, vigore, voglia, entusiasmo per affrontare la giornata, e allora ho pensato giubilante "vai, anche oggi mi sono rimessa in piedi. E adesso andiamo a vivere!"

No, questo post invece parla di stasera, di quando, uscita dal lavoro, filando nella notte già un po' placida e stanca del trambusto giornaliero e lenta e lustra e scintillante dei sampietrini di Via Carlo Alberto, nascosta nello scuro, confortevole utero dell'auto, sospesa in un breve segmento di tempo tra la fine di un impegno e l'inizio di un altro, un interstizio tutto mio dove ripormi, invisibile e non necessaria ad alcuno, ho sentito uscire dalla radio queste note.



E mentre le ascoltavo mi si è aperto il cuore, e ho cominciato spontaneamente a passare in rassegna nella mia mente, come per associazione di idee, volti di persone a cui rivolgere quel "you're beautiful": per primo quello di Claudio, i suoi occhi ridenti, i suoi capelli dritti sparati sulla testa; poi quello di Robi, la mia bellissima collega impegnata a lottare; poi quello di Edoardo, il mio maestro jedi; poi quello di Angie, e di Martina, e di Aldo, e di Ambra, e di Minerva, e di Mattia, e di Eli, tutti coi loro sorrisi che conosco, che mi hanno regalato nei nostri incontri, che ho respirato in una telefonata... E poi, via via, tutti quelli delle persone che compongono il disegno variopinto della mia anima, amici, figli, gente che mi ha sfiorato la vita senza voltarsi indietro, gente che è tornata, gente che nemmeno ancora conosco, se non da una foto sulle pagine di un blog o di FaceBook, anche quella sorridente, gente, come endi o Bruno, che posso solo immaginare, pure quella munita di uno splendido sorriso; mi pareva che sorrideste tutti, persino i più burberi, come Gap o la Tazza, e allora anche sulla mia faccia si è allargato un sorriso, replica esteriore di quello che mi si era spalancato nel cuore. E ho pensato che niente vale la pena, al mondo, quanto di sentire di amare, di amare le persone, e non le persone in modo generico: proprio quelle persone lì, tante o poche che siano, vere, concrete, definite, quelle e non altre. E non importa se non vivremo mai assieme, come dice la canzone; o, come nel caso dei figli, non vivremo più assieme. Voi siete belli, e tali per me resterete, per sempre.
(Buonanotte)

martedì 22 gennaio 2013

La donna della sera


"Mi vedo i segni sul viso e mi commuovo, mi sembra una cosa così vera, come se dicessi "confesso che ho vissuto": io che finora ho sempre pensato di essere trasparente e inesistente. Invece le mie rughe mi dicono "hai vissuto, te ne sei accorta, e se ne sono accorti anche gli altri. Hai vissuto, e come le rughe hanno lasciato tracce sul tuo viso, così tu hai lasciato tracce nel cuore di chi ti vuol bene. E loro le hanno lasciate per sempre nel tuo."
E' una cosa che rende dolcissima l'esistenza."
(Così ho scritto stasera in risposta ad una persona a me infinitamente cara. Poi sono rimasta a contemplarlo pensando: lo voglio dire a tutti! E per onorare tutte le mie tracce, quelle sul viso e quelle nel mio cuore, lasciate da coloro a cui voglio bene e a cui sempre penso, lei in testa, posto con fierezza la canzone - finalmente posso farlo a buon diritto! - che ho sentito come personale manifesto programmatico sin da quando avevo trentacinque anni, ero ancora una "bella" addormentata e davvero di segni ne avevo pochini, a parte quelli che mi avevano inciso addosso nei primordi della mia esistenza. Anche se lei, la persona da me così tanto amata, è una magnifica ragazza, fresca e giovane. Per cui Angie, ma anche Eli e Tazza, perdonatemi per questo mio piccolo atto di pasionaria della mezza età che in qualche modo sembra escludervi. Sembra solo, eh. Oltretutto nell'esaltare la sensualità delle donne mature la canzone non è molto tenera con le giovani. Abbiate pazienza, l'ha scritta un uomo, ehehe. E un altro uomo la canta alla sua donna. Io invece non me la immagino rivoltami da qualcuno: me la canto con soddisfazione da sola, la dedico a tutte le donne belle come me che transitano sul mio blog e nella mia vita e anche a voi, nonostante decisamente non vi riguardi, perché voi siete l'eccezione che conferma la regola: giovani donne formidabili, nonché bellissime, pure senza rughe.)


Una tua ruga
bella di stanchezza
di più m'intriga
della giovinezza.
Il seno che pende di più mi dà
dei seni ritti di ben altra età.
Io mi addormento
sopra il tuo sedere
memoria e vanto
di battaglie vere.
Meglio la tua pelle
arata terra
di quella liscia
di una giovincella.
C'è nell'inverno tuo
quel che l'estate non ha;
caldo l'autunno tuo
più dell'altrui primavera.
Tutto quel gran mare di gioventù
non vale il letto che prepari tu.
Silenzio ed ombra
mettimi nel cuore
con le tue labbra
che ci sanno fare.
Meglio le tue grasse cosce di pane
dei giunchi acerbi delle ragazzine.
C'è nell'inverno tuo
quel che l'estate non ha;
caldo l'autunno tuo
più dell'altrui primavera.
Tutto quel gran mare di gioventù
non vale il letto che riscaldi tu.
Vince il tuo inverno
sulla primavera
ogni tuo segno
è una mia bandiera.
Vince la rosa
che mi mostri intera
su quella chiusa
prima della sera.


mercoledì 18 gennaio 2012

God only knows

Stasera, a tre quarti di una giornata moderatamente scombussolata, sono commossa, lieve, stordita, piena, calma e melensa.

Ne ho viste, lette, captate tante, oggi.

E mentre penso ai casi miei e a quelli di persone che lasciano segni in me, e di persone che amo, e a quanto è arruffato, setoso e morbido come un piumino di cipria, il batuffolo di cose ineffabili, inespresse e inesprimibili, che serbo nel cuore, nella playlist che sto ascoltando passa God only knows.

E davvero, mi dico, oggi che farei senza di te?

Senza te, che sei la mia tenera, adorata nemica.
Senza te, che sei il mio discreto sole.
Senza te, che sei il mio faro.
Senza te, che sei l'imprescindibile altra me diversa da me che non avrei mai potuto né voluto essere.
Senza te, di cui avrò nostalgia per tutta la vita, anche adesso che non mi manchi più.
Senza te, e te, e te, che date dignità alla mia giornata.
Senza voi, che ne siete la cornice.
Senza te, che sei l'incontro felice che mai mi sarei aspettata.
Senza te e te, che avete contribuito a rendermi capace di amare e di odiare, di farmi amare e di farmi odiare.
Senza voi: te, che ogni volta mi risollevi con lo sguardo sorridente dei tuoi occhi, e te, che hai fatto lo stesso per me in mille occasioni, lasciandomi credere che fossi io a farlo a te, finché non hai gettato la maschera.
Senza te, che mi sostieni ogni mattina passando di qui.
Senza te, che in tante sere qua dentro hai raccolto le mie lacrime e mi hai fatto sorridere.
Senza te, che mi hai fatto scoprire di essere bella e colorata per chi mi sta accanto.
Senza te, che con discrezione mi tieni la mano sul capo, pronto ad accorrere se mi vedi vacillare.
Senza te e te, curiosi di me, e io curiosa di voi.
Senza te, la cui amicizia mi ha aiutata molto più di quanto tu non creda di aver fatto, e che proprio in questo momento m'hai scritto "è tutto il 2012 che non chiacchieriamo, direi che è decisamente troppo :D".
Senza voi, che siete stati la molla di tutta la mia nuova vita.
Senza te, che sento tanto poco ma a cui devo tanto.
Senza te, idem.
Senza te, e te, e te, e te! E voi. Le vostre parole virtuali, i vostri abbracci reali, mi hanno aperto un mondo.
Senza te, che sei diventata vera e mi hai fatto accarezzare i tuoi capelli d'oro.


Senza te, con cui parlo tantissimo, tutti i giorni, a tutte le ore, e non ci mancano mai cose da dire.
Senza te, con cui non mi sazio mai di parlare.



lunedì 26 dicembre 2011

Un anno vissuto pericolosamente

"io so che al tuo posto sarei scappata a gambe levate e mi sarei rifugiata in casa
perché non avrei voluto null'altro a sconvolgermi la vita"

venerdì 23 dicembre 2011

lunedì 19 dicembre 2011

Love actually

Però voler bene alle persone, di quale formidabile scudo protettivo mi dota. Tanto che in certi sublimi, esaltanti momenti arriva a farmi quasi sentire invulnerabile.


Quando amo, davvero, non ho più paura.

lunedì 14 novembre 2011

Le conseguenze dell'amore

Ieri sera si è avverato un paradosso spaziotemporale. Una cosa che se me l'avessero predetta non ci avrei mai creduto.
All'avvento della terza vittoria a mani basse dell'orribile banda B&B ero talmente disperata che per un mese ho smesso di informarmi sulle notizie. Le storie sugli eletti, le reazioni a caldo e a freddo, la composizione del gabinetto, i giuramenti davanti al presidente della Repubblica, l'ottenimento della fiducia nei due rami del Parlamento, sono un buco nero, qualcosa di cui non ho ricordi, come se quei giorni io li avessi vissuti in coma profondo. Ho solo memoria di come, scollegato il cervello dall'attualità politica e sociale, evitando come la peste bubbonica giornali e TV, passassi il tempo a disintossicarmi dalla contemporaneità vedendomi senza soluzione di continuità tutti gli episodi di Nero Wolfe con Tino Buazzelli e Paolo Ferrari.
Poi però la vita quotidiana ha reclamato attenzione. Non potevo continuare a sfuggirla in eterno.
Per fortuna, girellando sul web, sono incappata nel sito di Spinoza. Dove ho incocciato in un gruppo di cazzoni di talento che pigliavano per il culo ogni avvenimento lieto o tragico di cronaca e politica.
Lì è stata la svolta dell'esistenza. Ho scoperto che le notizie le digerivo solo così, mediate e purificate dalla forza satirica delle battute. Qualsiasi follia o illecito ulteriore commessi dall'orrenda e sgangherata compagnia che componeva la compagine governativa e quella parlamentare mi giungeva attutita e depotenziata grazie alla chiave di rilettura dell'ironia.
Mi cito (da un commento che ho postato sul blog di Mr Tambourine a dicembre 2010)
Spinoza è stato, nei suoi momenti migliori, e di sicuro in modo del tutto inconsapevole ed involontario, uno dei pochi antidoti, se non il miglior antidoto, al berlusconismo, inteso non solo come subcultura di massa, ma soprattutto come, diciamo, modello di potere in una società: un sottobosco di anonimi giacobini in fermento, una piccola comunità brulicante di anarchici individualisti irriverenti, genialoidi – alcuni raziocinanti, altri decisamente viranti sullo psicotico, ma tutti indistintamente e aprioristicamente cazzoni – che di fatto cooperava, spontaneamente e senza che i singoli se ne rendessero conto, alla creazione di un “unicum” tematico che era molto più della somma delle sue parti. Un esempio scorrettissimo, scalcinato e del tutto felice, di democrazia diretta. Altro che berlusconismo.
Capitava di tutto, in quei tempi bui, coda immonda di anni ed anni di progressivo impoverimento democratico e culturale. Leggi vergognose, macelleria sociale, duomi in faccia, violenza verbale, bunga bunga, discorsi populisti ai limiti dell'eversione. E io ne potevo ridere, distaccandomene. Ogni giorno portava la sua nuova pena. Però avevo scoperto un modo per fuggire. Tutto quello strame mi avrebbe toccata praticamente, ma non avrebbe influito sul mio umore, i miei sentimenti, le mie emozioni. Spinoza mi aiutava a rimanere libera, e resistente.
Non sarebbe stato solo questo il ruolo di Spinoza per me. Attraverso questa porta virtuale sarebbero entrate via via nella mia vita persone e situazioni che avrebbero rimesso in gioco tanta parte di me stessa.
E' di particolare significato perciò che in uno dei week end più luminosi di sole novembrino e gravidi di emozioni dei miei ultimi anni, degna conclusione di una settimana densa di rimescolamenti emotivi quanto e più di tutte le settimane della mia intera esistenza messe assieme, io mi sia trovata ad assistere alla caduta di Berlusconi seduta ad un tavolo di pub insieme a un piccolo ma ben rappresentativo gruppetto di spinoziani.
Che ora posso chiamare amici.
Con il virtuale che, per lo spazio di un pomeriggio e di una serata, si salda col reale.
E il cerchio si chiude. Nell'ennesima coincidenza, in una circostanza capitata pressappoco per scommessa, la cui minima sfasatura non avrebbe consentito una così esatta corrispondenza negli eventi.
E trovare questa briciola di senso mi conforta nella ricerca del senso più grande, quello che dà senso a tutto quel che io sono oggi, a tutto quel che provo, a tutto quello che prendo e che dono.
Lo piglio come un segno di speranza. Da quell'euforica, ostinata, entusiasta ottimista che sono e che, nonostante tutto, sempre resterò.



giovedì 3 novembre 2011

The wonderful wizard of Oz

Giorni convulsi, caotici. Vado in pezzi minutissimi e mi ricompongo in maniere assortite ogni quarto d'ora. Come una girandola impazzita tutto ha preso a scorrermi intorno a velocità incontrollata. Treni stazioni strade marmi lustri di gelaterie schermi volti e voci e giorni di sole e tramonti e notti e musica e gioia e dolore e lacrime e sorrisi, e rabbia e rancore, angoscia, esaltazione, smarrimento, mi vengono incontro da distanze siderali e mi vorticano attorno sfiorandomi senza toccarmi, senza ch'io riesca a posarmi e riposarmi su alcun dettaglio persistente nella mia memoria, eccetto lo sguardo puro e concentrato di un paio di occhi cristallini che ho avuto più volte, negli ultimi due giorni, fissi nei miei.
Sono sfinita, travolta da un coinvolgimento tanto parossistico da sconfinare in noncuranza e atarassia. Il corpo si difende da una tale valanga semplicemente facendo finta di nulla. Mi sento anestetizzata. E' come quando da bambina imploravo invano l'oblio del sonno come baluardo contro la paura dei fantasmi che vedevo nel buio. Come se addormentarmi avesse potuto valermi da corazza contro le brutte cose che popolavano la stanza. Come se scivolando nell'incoscienza io venissi trasportata in un luogo sicuro lontano da lì.
Stanotte, ad ogni modo, il mio sonno è stato profondo ed ininterrotto, non disturbato nemmeno dalle squille di tromba dei due messaggi che mi son giunti sul cellulare, ai quali ho risposto come in trance ma, ho controllato stamani, in modo appropriato.
Mi è rimasta di stanotte un'immagine sola, sospesa tra sogno e realtà. L'immagine di un paio di scarpe rosse. Un'idea iperurania di scarpe rosse, concetto archetipico, figura evocativa delle scarpette rosse di Dorothy che battono nel rituale che la riporterà a casa, completato dalla formula magica pronunciata con ardore: "nessun posto è bello come casa mia, nessun posto è bello come casa mia..."
Scarpe rosse che forse riporteranno a casa più di qualcuno, nei prossimi giorni. Ciascuno nella sua, di casa. La casa che è là dove si trova il cuore.
E dov'è la mia, di casa? Il mio posto bello come nessun altro? Dov'è il mio cuore?
Spero di trovare anch'io scarpette rosse che ci portino, o riportino, pure me.


lunedì 1 agosto 2011

Per te, Eli

Ho una bella fanciulla
simile nell'aspetto ai fiori d'oro,
la mia Cleide diletta.
Io non la darei né per tutta la Lidia




né per l'amata...