Eccola qui la nuova frontiera!
Ogni settimana riusciamo a spostare il tutto un passettino più in là.
Oggi con i Jesus and Mary Chain (o chi per loro), che si inventano la ristampa per la prima volta in vinile di cose già edite su cd.
Fantastico, no?
La storia che cammina all'indietro, nientemeno.
Non solo si ristampano su vinile i dischi originariamente usciti così, che in fondo in fondo ci sta anche.
Si stampano su vinile dischi originariamente mai usciti così, cioè registrazioni fatte per il 99% direttamente in digitale.
Ma la ristampa serve a conferire loro la magia dello scricchiolio che aumenta ascolto dopo ascolto, la dinamica limitata e le dimensioni della copertina, dandogli nel contempo un'aurea di verginità musicale primigenia, quella dei dischi che uscivano solo in vinile nei bei tempi che furono, quando noi si aveva ancora vent'anni...
(come sarebbe a dire che il cd non era ancora stato inventato? che scusa puerile...)
E quindi, per la prima in vinile!
La ristampa di due trascurabili concerti dal vivo del 1992 e del 1995, più tutte ma tutte le Peel Sessions, già uscite complete ma solo in cd, disdetta.
Dove metteremo l'asticella la settimana prossima?
Sono ansioso di scoprirlo...
Note e links:
Lo trovate qui, al miserrimo prezzo di 159 eurini.
Naturalmente, ma non c'è bisogno di dirlo, insieme con i soliti ricchi premi e cotillons: libretto fotografico, memorabilia e puttanate varie, scarti di registrazione, etc.
Ma in edizione "numerata e limitata", che così chi se la accaparra può pure immaginare di avere in mano un oggetto che aumenterà di valore nel tempo...
Blog a chiusura estemporanea
("A mio parere, secondo me, io penso che, credo ma potrei sbagliarmi, la mia umile opinione è che, se non è troppo disturbo
mi azzarderei a sostenere che" - distribuire a piacere in ogni cosa da me scritta!)
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martedì 8 ottobre 2013
mercoledì 2 ottobre 2013
The Velvet Underground - White Light/White Heat Mega Super De Luxe Expanded Anniversary Edition
Sui Velvet ho già dato con la ristampa Super De Luxe di VU&N.
L'hoscar... ahem, comprato, ascoltato due volte le Scepter Session e una il live incluso.
Adesso è il turno di WL-WH.
Che poi è bello, eh: c'è Sister Ray, cioè il noise in forma di canzone etc.
Però il primo disco dei Velvet è IL MIO disco rock, questo è solo un ottimo disco: sull'isola deserta non ce lo porterei.
Così, la Mega Expanded Super De Luxe, lascar... ahem, comprerò, come al solito, ma dubito arrivi a totalizzare gli stessi, già scarsissimi, ascolti di VU&N.
Qui ci starebbe il pistolotto su bollette da pagare, marketing e presa per il culo degli anziani fan di musica rock, ma è rintracciabile grosso modo in ogni puntata della serie "De Luxe", quindi evito.
Note e links:
Articolo in italiano su Rockol, il prezioso manufatto è già preordinabile su Amazon a 97 dollari circa, praticamente te lo tirano dietro.
Da notare, per i maniaci delle "dimensioni", che la confezione e il libretto sono di dimensioni quasi doppie rispetto ai CD contenuti.
L'ho
Adesso è il turno di WL-WH.
Che poi è bello, eh: c'è Sister Ray, cioè il noise in forma di canzone etc.
Però il primo disco dei Velvet è IL MIO disco rock, questo è solo un ottimo disco: sull'isola deserta non ce lo porterei.
Così, la Mega Expanded Super De Luxe, la
Qui ci starebbe il pistolotto su bollette da pagare, marketing e presa per il culo degli anziani fan di musica rock, ma è rintracciabile grosso modo in ogni puntata della serie "De Luxe", quindi evito.
Note e links:
Articolo in italiano su Rockol, il prezioso manufatto è già preordinabile su Amazon a 97 dollari circa, praticamente te lo tirano dietro.
Da notare, per i maniaci delle "dimensioni", che la confezione e il libretto sono di dimensioni quasi doppie rispetto ai CD contenuti.
venerdì 27 settembre 2013
Can box set. 17 vinili e materiale fotografico inedito
Ottime notizie per i fan dei Can.[1]
Dopo la pubblicazione dei carbonari Lost Tapes, sia in edizione in triplo cd che in quintuplo vinile, l’etichetta Mute ha annunciato l’uscita del catalogo rimasterizzato della band, che conterrà 17 vinili da 180 g. racchiusi in una scatola di lino.
La release degli LP è attesa per il prossimo 3 dicembre. Ci saranno i 13 classici del gruppo, assieme ad Out Of Reach, fuori catalogo dal 1978, e Can Live, album dal vivo registrato con la line up storica, formata da Holger Czukay (basso), Michael Karoli (chitarra), Jaki Liebezeit (batteria) e Irmin Schmidt (tastiere). Inoltre, gli artwork di copertina verranno riprodotti nella forma originale, e ci saranno anche cinque poster e un booklet di 20 pagine in formato 12”, con fotografie inedite e note scritte da Alan Warner.
Can Vinyl Box:
Monster Movie
Soundtracks
Tago Mago (2LP)
Ege Bamyasi
Future Days
Soon Over Babaluma
Delay
Unlimited Edition (2LP)
Landed
Flow Motion
Saw Delight
Note e links:
[1] Non ho scritto una parola di questo post, è tutto tratto, senza permesso, da Sentireascoltare.
Ho solo evidenziato in grassetto sei parole.
La scatola di lino.
Ohibò.
Prossimamente mi aspetto: una giacca di cartone, gli spaghetti di acciaio, l'automobile di gommapane e i dischi di vinile.
Ah no, scusate: gli ultimi, sembra esistano già.
Dopo la pubblicazione dei carbonari Lost Tapes, sia in edizione in triplo cd che in quintuplo vinile, l’etichetta Mute ha annunciato l’uscita del catalogo rimasterizzato della band, che conterrà 17 vinili da 180 g. racchiusi in una scatola di lino.
La release degli LP è attesa per il prossimo 3 dicembre. Ci saranno i 13 classici del gruppo, assieme ad Out Of Reach, fuori catalogo dal 1978, e Can Live, album dal vivo registrato con la line up storica, formata da Holger Czukay (basso), Michael Karoli (chitarra), Jaki Liebezeit (batteria) e Irmin Schmidt (tastiere). Inoltre, gli artwork di copertina verranno riprodotti nella forma originale, e ci saranno anche cinque poster e un booklet di 20 pagine in formato 12”, con fotografie inedite e note scritte da Alan Warner.
Can Vinyl Box:
Monster Movie
Soundtracks
Tago Mago (2LP)
Ege Bamyasi
Future Days
Soon Over Babaluma
Delay
Unlimited Edition (2LP)
Landed
Flow Motion
Saw Delight
Note e links:
[1] Non ho scritto una parola di questo post, è tutto tratto, senza permesso, da Sentireascoltare.
Ho solo evidenziato in grassetto sei parole.
La scatola di lino.
Ohibò.
Prossimamente mi aspetto: una giacca di cartone, gli spaghetti di acciaio, l'automobile di gommapane e i dischi di vinile.
Ah no, scusate: gli ultimi, sembra esistano già.
giovedì 19 settembre 2013
Yo La Tengo - Fade (Deluxe Edition)
Evvabbè, ma cazzo, ma proprio gli Yo La Tengo dovevano spostare il confine delle "De Luxe Edition" un altro poco più in là?
Non per il trentesimo, non per il venticinquesimo, nè per il ventesimo nè per il decimo o il quinto anniversario.
E nemmeno in contemporanea con l'uscita per la prima volta del disco.
Tutte robe già fatte, pfui.
Ecco il nuovo limite: il quasi primo anniversario del disco.
"Fade" è uscito a gennaio 2013, ora per il 19 novembre 2013 è prevista la deluxe edition, con il consueto contorno di inediti, demo, cover e versioni live (sintetico: "scarti") pubblicati sul secondo cd.
Alcuni dei quali brani (siamo moderni, suvvia) disponibili solo come download aggiuntivi all'acquisto della deluxe edition.
Cioè, aspettiamo una decina di mesi che ormai chi voleva comprarsi il disco se l'è già preso, e i fan più accaniti, che se avessimo pubblicato le due versioni insieme si sarebbero comprati direttamente la deluxe, adesso saranno "costretti" a ricomprarsi anche la nuova versione.
C'è indubbiamente del genio commerciale dietro a tutto ciò, eh.
Però dagli Yo La Tengo una cosa così non me la sarei mai aspettata.
Da tutti gli altri, magari, ma non da loro.
Uno dei pochi gruppi autoironici del rock indipendente.
Uno dei pochi gruppi che ho sempre stimato incondizionatamente per la coerenza se non per la qualità dei loro dischi, comunque costantemente al di sopra della media.
Poi si può capire, il tempo passa per tutti, due lire in più mica ti fanno schifo.
Ma gli Yo La Tengo, ecco: mi sembravano diversi.
Delusione dell'anno.
Non per il trentesimo, non per il venticinquesimo, nè per il ventesimo nè per il decimo o il quinto anniversario.
E nemmeno in contemporanea con l'uscita per la prima volta del disco.
Tutte robe già fatte, pfui.
Ecco il nuovo limite: il quasi primo anniversario del disco.
"Fade" è uscito a gennaio 2013, ora per il 19 novembre 2013 è prevista la deluxe edition, con il consueto contorno di inediti, demo, cover e versioni live (sintetico: "scarti") pubblicati sul secondo cd.
Alcuni dei quali brani (siamo moderni, suvvia) disponibili solo come download aggiuntivi all'acquisto della deluxe edition.
Cioè, aspettiamo una decina di mesi che ormai chi voleva comprarsi il disco se l'è già preso, e i fan più accaniti, che se avessimo pubblicato le due versioni insieme si sarebbero comprati direttamente la deluxe, adesso saranno "costretti" a ricomprarsi anche la nuova versione.
C'è indubbiamente del genio commerciale dietro a tutto ciò, eh.
Però dagli Yo La Tengo una cosa così non me la sarei mai aspettata.
Da tutti gli altri, magari, ma non da loro.
Uno dei pochi gruppi autoironici del rock indipendente.
Uno dei pochi gruppi che ho sempre stimato incondizionatamente per la coerenza se non per la qualità dei loro dischi, comunque costantemente al di sopra della media.
Poi si può capire, il tempo passa per tutti, due lire in più mica ti fanno schifo.
Ma gli Yo La Tengo, ecco: mi sembravano diversi.
Delusione dell'anno.
venerdì 13 settembre 2013
Seashell Records - Pluviôse
Seashell Records è il nuovo progetto di etichetta cassettografica di Claudio Cataldi, musicista palermitano con all'attivo due ep per la - purtroppo defunta - Woolshop Productions e Federico Ghersi.
Esordisce in questi giorni con la prima release, la compilation "Pluviôse".
Che ha un sacco di pregi: ad esempio, ci sono pochi pezzi - nove - per una durata che è grosso modo quella di un Lp di una volta.
Di conseguenza è impossibile annoiarsi durante l'ascolto, come - siamo sinceri - capita nel 99% delle compilation, soprattutto quelle con venti/trenta pezzi di altrettanti gruppi diversi.
I gruppi partecipanti spaziano dall'Italia al Giappone, dalla Polonia agli Stati Uniti, con una bella varietà di zone d'origine che dimostra, una volta di più, quanto sia ormai ininfluente il luogo geografico in cui nasci rispetto alla musica che produci.
La compliation è disponibile in download digitale da Bandcamp, dove è anche possibile ascoltarla in streaming, al prezzo più che accessibile di 5 euro, compresa la spedizione della copia fisica (ci torno tra un momento)
Ma, soprattutto: la musica contenuta è bella, ed è esattamente quella che mi interessa ascoltare in questo momento.
Oltre al sempre ottimo Giampiero Riggio (qui con harmonium e cello, peccato per la voce registrata non benissimo) mi piacciono particolarmente i brani di Chewing Magnetic Tape (tra wave elettronica e krautrock), di Lipan (parte con una chitarra che mi ricorda gli Husker Du di "Too Far Down", poi l'uso della voce mi rimanda a uno dei gruppi italiani più amati da me, i Leanan Sidhe), di In Every Dream A Nightmare Waits (impressionante la somiglianza con la voce di Brendan Perry e con il suo folk medieval/apocalittico).
E soprattutto, Novanta, una rivelazione: un pezzo che parte da un arpeggio di chitarra e arriva a un pieno strumentale postqualcosa mybloodyvalentineggiante.
Non tutto è positivo, eh: la cosa della pubblicazione su cassetta, ne abbiamo già ampiamente parlato nel post dedicato al Cassette Store Day, anche attraverso i commenti lasciati da Claudio.
Anche se, visto che la cassetta è inclusa nel prezzo del download (o il contrario) la spesa è più che affrontabile, e in fin dei conti le considerazioni negative sul formato erano dedicate in particolare alle edizioni solo su cassetta.
Qui c'è la doppia versione, fisica e digitale, e allora va bene così.
In sintesi: esordio ottimo e ampiamente consigliato a chi si interessa di "suoni altri".
Note e links:
Seashell records
Facebook
Bandcamp
Esordisce in questi giorni con la prima release, la compilation "Pluviôse".
Che ha un sacco di pregi: ad esempio, ci sono pochi pezzi - nove - per una durata che è grosso modo quella di un Lp di una volta.
Di conseguenza è impossibile annoiarsi durante l'ascolto, come - siamo sinceri - capita nel 99% delle compilation, soprattutto quelle con venti/trenta pezzi di altrettanti gruppi diversi.
I gruppi partecipanti spaziano dall'Italia al Giappone, dalla Polonia agli Stati Uniti, con una bella varietà di zone d'origine che dimostra, una volta di più, quanto sia ormai ininfluente il luogo geografico in cui nasci rispetto alla musica che produci.
La compliation è disponibile in download digitale da Bandcamp, dove è anche possibile ascoltarla in streaming, al prezzo più che accessibile di 5 euro, compresa la spedizione della copia fisica (ci torno tra un momento)
Ma, soprattutto: la musica contenuta è bella, ed è esattamente quella che mi interessa ascoltare in questo momento.
Oltre al sempre ottimo Giampiero Riggio (qui con harmonium e cello, peccato per la voce registrata non benissimo) mi piacciono particolarmente i brani di Chewing Magnetic Tape (tra wave elettronica e krautrock), di Lipan (parte con una chitarra che mi ricorda gli Husker Du di "Too Far Down", poi l'uso della voce mi rimanda a uno dei gruppi italiani più amati da me, i Leanan Sidhe), di In Every Dream A Nightmare Waits (impressionante la somiglianza con la voce di Brendan Perry e con il suo folk medieval/apocalittico).
E soprattutto, Novanta, una rivelazione: un pezzo che parte da un arpeggio di chitarra e arriva a un pieno strumentale postqualcosa mybloodyvalentineggiante.
Non tutto è positivo, eh: la cosa della pubblicazione su cassetta, ne abbiamo già ampiamente parlato nel post dedicato al Cassette Store Day, anche attraverso i commenti lasciati da Claudio.
Anche se, visto che la cassetta è inclusa nel prezzo del download (o il contrario) la spesa è più che affrontabile, e in fin dei conti le considerazioni negative sul formato erano dedicate in particolare alle edizioni solo su cassetta.
Qui c'è la doppia versione, fisica e digitale, e allora va bene così.
In sintesi: esordio ottimo e ampiamente consigliato a chi si interessa di "suoni altri".
Note e links:
Seashell records
Bandcamp
giovedì 23 maggio 2013
The Clash - Sound System
Era un po' che non si parlava di cofanetti de luxe, quand'eccolo, finalmente: il box dei Clash.
Curato da Paul Simonon e Mick Jones, eh.
Ma anche basta: io li ho già comprati due volte (la rimasterizzazione di un paio di anni fa l'ho saltata), soldi da me non ne prendono più.
Ah, dimenticavo: per chi (ohibò!) non volesse spendere i miseri 290 dollari per il cofanetto, c'è anche la nuova raccolta su 2 cd ("The Clash Hits Back").
33 pezzi tratti dai cd ma, colpo di genio!, messi in sequenza in modo da replicare la scaletta del concerto del 10 luglio 1982 a Brixton.
Disponibile, a differenza del box set, anche in 3 lp, per gli amanti della purezza del suono analogico etc.
Mai più senza, ovviamente...
Curato da Paul Simonon e Mick Jones, eh.
- Che sembra abbiano approvato, nell'ordine:
- la confezione a forma di Ghetto Blaster, fichissima e raffinatissima;
- la nuova rimasterizzazione dei 5 dischi dei Clash quivi inclusi ("Cut the Crap", perfino Simonon si vergogna del fatto che in copertina ci sia scritto "The Clash"?);
- ben tre cd di alternate takes, b-sides, versioni live etc, in una parola sola: "scarti";
- l'inclusione di alcuni fondamentali filmati su DVD che servono a farcire il cofanetto;
- l'inclusione di poster, adesivi, ricchi premi e cotillons. Immagino la felicità di ogni attempato punk tra i 50 e i 60 che si procurerà il cofanetto per la possibilità di appendere il poster nella sua cameretta e di appiccicare gli adesivi sulla copertina del diario scolastico;
- non ultimo, l'accattivante prezzo di soli 290 dollari, che avrà un peso decisivo nello spingere i fan dei Clash a ricomprare per l'ennesima volta gli stessi dischi con su la stessa musica.
Ma anche basta: io li ho già comprati due volte (la rimasterizzazione di un paio di anni fa l'ho saltata), soldi da me non ne prendono più.
Ah, dimenticavo: per chi (ohibò!) non volesse spendere i miseri 290 dollari per il cofanetto, c'è anche la nuova raccolta su 2 cd ("The Clash Hits Back").
33 pezzi tratti dai cd ma, colpo di genio!, messi in sequenza in modo da replicare la scaletta del concerto del 10 luglio 1982 a Brixton.
Disponibile, a differenza del box set, anche in 3 lp, per gli amanti della purezza del suono analogico etc.
Mai più senza, ovviamente...
lunedì 29 aprile 2013
Diaframma: anche in digitale
Poichè ne avevo parlato male quando era uscita la notizia, mi sembra giusto rettificare ora che ci sono novità.
L'etichetta Synthetic Shadows di Pierpaolo de Iulis approda su Bandcamp, per il momento solo con il disco "Demos 1982" dei Diaframma, ma si spera a breve anche con tutte le altre sue interessantissime realizzazioni.
Nel post precedente avevo detto, in sintesi, che molto mi dispiaceva non poter ascoltare questi dischi pubblicati esclusivamente su vinile.
In una conversazione via Facebook Pierpaolo aveva risposto che, qualora fosse stato possibile, avrebbe reso disponibili i dischi anche per il download digitale.
Ha mantenuto la promessa: non posso che applaudire e, coerentemente con quanto già detto, acquistare al più presto il disco in formato digitale: il prezzo di 9,90 euro mi sembra piuttosto equo.
Non parlo qui del disco perchè lo ascolterò nei prossimi giorni, ma come già nel post precedente, la qualità della proposta musicale non è in discussione.
Bello o brutto che sia, nulla ha a che fare con il discorso sui formati nei quali il disco è disponibile.
Ora che c'è la scelta tra formato fisico in vinile e download digitale, ognuno può scegliere liberamente il formato che più gli aggrada, e io ne sono contento.
L'etichetta Synthetic Shadows di Pierpaolo de Iulis approda su Bandcamp, per il momento solo con il disco "Demos 1982" dei Diaframma, ma si spera a breve anche con tutte le altre sue interessantissime realizzazioni.
Nel post precedente avevo detto, in sintesi, che molto mi dispiaceva non poter ascoltare questi dischi pubblicati esclusivamente su vinile.
In una conversazione via Facebook Pierpaolo aveva risposto che, qualora fosse stato possibile, avrebbe reso disponibili i dischi anche per il download digitale.
Ha mantenuto la promessa: non posso che applaudire e, coerentemente con quanto già detto, acquistare al più presto il disco in formato digitale: il prezzo di 9,90 euro mi sembra piuttosto equo.
Non parlo qui del disco perchè lo ascolterò nei prossimi giorni, ma come già nel post precedente, la qualità della proposta musicale non è in discussione.
Bello o brutto che sia, nulla ha a che fare con il discorso sui formati nei quali il disco è disponibile.
Ora che c'è la scelta tra formato fisico in vinile e download digitale, ognuno può scegliere liberamente il formato che più gli aggrada, e io ne sono contento.
mercoledì 13 febbraio 2013
Diaframma: solo su vinile
Ho appena scoperto una grande notizia per i fan dei primi Diaframma (quorum et ego), la prima stampa assoluta di:
1 - Demos 1982
2 - Live 1983
Fantastico: i demo del 1982, periodo del primo singolo "Pioggia/Illusione Ottica".
E due concerti live del 1983, periodo tra "Altrove" e "Siberia".
Roba da nostalgici, eh, ma non me la posso perdere (vedere qui a fianco la mia top ten dei gruppi italiani: chiaro, no?)
E invece no.
L'etichetta, Synthetic Shadows, li pubblica solo su vinile?
Ma cazzo.
Nel 2013.
Lo so che ne ho già parlato, ad esempio qui, a proposito di un'edizione solo su audiocassetta.
Ma lì la cosa era così snob, così settaria ed elitaristica che ci stava anche: non era musica da ascoltare, ma una confezione da comprare.
Al limite con dentro una cassetta vergine, non sarebbe cambiato quasi nulla.
Qui è diverso.
Io li vorrei sentire quei pezzi dei Diaframma.
Ma il mio giradischi s'è rotto più o meno quindici anni fa.
L'amplificatore dello stereo non ho idea se funzioni ancora, devo provare ad accenderlo.
Per ascoltare 'sti due dischi qua dovrei comprarmi un nuovo giradischi, verificare che lo stereo funzioni (se no, comprarne uno per attaccarci il nuovo giradischi) poi collegare l'uscita tape alla scheda audio del computer, registrarlo in digitale e trasformarlo in mp3, copiarlo sull'iPod e finalmente potrei ascoltarlo in macchina.
Mi sembra un pelino troppo complicato.
Mi sa che aspetto che qualcuno faccia quanto detto qui sopra e metta il rip su what.cd, e poi lo scarico gratis.
Non è un vero furto, è più una forma di autodifesa...
1 - Demos 1982
2 - Live 1983
Fantastico: i demo del 1982, periodo del primo singolo "Pioggia/Illusione Ottica".
E due concerti live del 1983, periodo tra "Altrove" e "Siberia".
Roba da nostalgici, eh, ma non me la posso perdere (vedere qui a fianco la mia top ten dei gruppi italiani: chiaro, no?)
E invece no.
L'etichetta, Synthetic Shadows, li pubblica solo su vinile?
Ma cazzo.
Nel 2013.
Lo so che ne ho già parlato, ad esempio qui, a proposito di un'edizione solo su audiocassetta.
Ma lì la cosa era così snob, così settaria ed elitaristica che ci stava anche: non era musica da ascoltare, ma una confezione da comprare.
Al limite con dentro una cassetta vergine, non sarebbe cambiato quasi nulla.
Qui è diverso.
Io li vorrei sentire quei pezzi dei Diaframma.
Ma il mio giradischi s'è rotto più o meno quindici anni fa.
L'amplificatore dello stereo non ho idea se funzioni ancora, devo provare ad accenderlo.
Per ascoltare 'sti due dischi qua dovrei comprarmi un nuovo giradischi, verificare che lo stereo funzioni (se no, comprarne uno per attaccarci il nuovo giradischi) poi collegare l'uscita tape alla scheda audio del computer, registrarlo in digitale e trasformarlo in mp3, copiarlo sull'iPod e finalmente potrei ascoltarlo in macchina.
Mi sembra un pelino troppo complicato.
Mi sa che aspetto che qualcuno faccia quanto detto qui sopra e metta il rip su what.cd, e poi lo scarico gratis.
Non è un vero furto, è più una forma di autodifesa...
mercoledì 6 febbraio 2013
My Bloody Valentine - m b v (recensione a puntate - terza e ultima parte)
My Bloody Valentine - m b v (2013)
Giudizio: C
Quando ho letto del nuovo disco dei MBV ho pensato cazzo! Un nuovo disco dei MBV! Devo averlo subito!
Mentre lo scaricavo ho cominciato ad avere i primi timori: i MBV sono una leggenda del rock degli anni ‘90.
E spesso essere “solo” una leggenda è una cosa scomoda, visto quanti sono quelli che cercano di monetarizzare il loro essere leggenda.
Legittimo eh, mica gli do torto.
Ma legittimo anche non doverli seguire su questa strada.
Siamo alla terza e conclusiva puntata di questa recensione, e devo dire che il disco non ha retto gli ascolti: la prima impressione era stata (o avevo voluto che fosse) più positiva di quanto lo sia adesso.
Questo nuovo “m b v” non è brutto.
Ci sono pezzi belli, pezzi bruttini e pezzi innocui, come sulla maggior parte dei dischi.
Il vero problema è che tutti i brani sono fondamentalmente inutili: non c’è un solo pezzo che aggiunga qualcosa a quello che i MBV sono stati capaci di fare vent’anni fa.
Rubo la battuta a Joyello: da “Loveless” a “Useless”.
A volte il fatto di non dire nulla di nuovo può essere positivo, eh.
Poco tempo fa ho parlato bene dell’ultimo disco dei Breathless proprio per questo motivo.
Ma qui è diverso il contesto: i Breathless, con tutto il rispetto, non se li è mai cagati nessuno.
I MBV sono un mito.
Non avessero fatto ‘sto disco, avrebbero continuato ad esserlo.
Con questo disco sono diventati “solo” un gruppo fra i tanti.
Da mito a gruppo che fa la classica reunion senile, a me sembra un peccato.
Note e links:
Dalla pubblicità: registrato e mixato in analogico (24 piste su 2 pollici, due piste mezzo pollice) senza nessun "passaggio digitale".
Cioè tutti effetti analogici, riverberi e delay compresi?
Anche fosse vero, mi sembra lo sticker dei Queen degli anni '70, "Questo disco è stato fatto senza sintetizzatori", o quello di Phil Collins su “No Jacket Required”: "There is no Fairlight on this record".
E chissenefrega...
(O anche lo sticker che non hanno mai messo ma avrebbero dovuto/potuto mettere i Pink Floyd dopo i primi due LP: “Barrett-free Record”...)
Giudizio: C
Quando ho letto del nuovo disco dei MBV ho pensato cazzo! Un nuovo disco dei MBV! Devo averlo subito!
Mentre lo scaricavo ho cominciato ad avere i primi timori: i MBV sono una leggenda del rock degli anni ‘90.
E spesso essere “solo” una leggenda è una cosa scomoda, visto quanti sono quelli che cercano di monetarizzare il loro essere leggenda.
Legittimo eh, mica gli do torto.
Ma legittimo anche non doverli seguire su questa strada.
Siamo alla terza e conclusiva puntata di questa recensione, e devo dire che il disco non ha retto gli ascolti: la prima impressione era stata (o avevo voluto che fosse) più positiva di quanto lo sia adesso.
Questo nuovo “m b v” non è brutto.
Ci sono pezzi belli, pezzi bruttini e pezzi innocui, come sulla maggior parte dei dischi.
Il vero problema è che tutti i brani sono fondamentalmente inutili: non c’è un solo pezzo che aggiunga qualcosa a quello che i MBV sono stati capaci di fare vent’anni fa.
Rubo la battuta a Joyello: da “Loveless” a “Useless”.
A volte il fatto di non dire nulla di nuovo può essere positivo, eh.
Poco tempo fa ho parlato bene dell’ultimo disco dei Breathless proprio per questo motivo.
Ma qui è diverso il contesto: i Breathless, con tutto il rispetto, non se li è mai cagati nessuno.
I MBV sono un mito.
Non avessero fatto ‘sto disco, avrebbero continuato ad esserlo.
Con questo disco sono diventati “solo” un gruppo fra i tanti.
Da mito a gruppo che fa la classica reunion senile, a me sembra un peccato.
Note e links:
Dalla pubblicità: registrato e mixato in analogico (24 piste su 2 pollici, due piste mezzo pollice) senza nessun "passaggio digitale".
Cioè tutti effetti analogici, riverberi e delay compresi?
Anche fosse vero, mi sembra lo sticker dei Queen degli anni '70, "Questo disco è stato fatto senza sintetizzatori", o quello di Phil Collins su “No Jacket Required”: "There is no Fairlight on this record".
E chissenefrega...
(O anche lo sticker che non hanno mai messo ma avrebbero dovuto/potuto mettere i Pink Floyd dopo i primi due LP: “Barrett-free Record”...)
martedì 5 febbraio 2013
My Bloody Valentine - m b v (recensione a puntate - seconda parte)
Seconda puntata, dopo due ulteriori ascolti.
Confermo la bruttezza del primo e dell'ultimo brano, non mi ero accorto al primo ascolto delle influenze sixties-french-pop-via-Stereolab rintracciabili in "If I Am".
Nel complesso comincio a pensare che sia un disco discreto ma abbastanza inutile, come ha detto Joyello commentando la prima parte della recensione.
Ovvero: prima di ascoltarlo speravo che fosse meglio, ma temevo che fosse peggio.
Invece è solamente una ripetizione di cose già dette.
Loro fanno i MBV e lo fanno bene, ma se sono una leggenda è anche perchè, nei loro dischi "storici", non si erano mai limitati a "fare i MBV".
Dai primi passi a “Isn't Anything”, da questo a “Loveless”, non ci sono due loro dischi uguali per suoni e composizioni: i MBV sono stati un gruppo in continuo progresso e cambiamento.
Dopo “Loveless” evidentemente si sono un po' spaventati (come facciamo ad andare oltre quello che abbiamo fatto qui?) e ci hanno messo vent'anni per decidere di riprovarci.
Ecco, magari gli è passato lo spavento, ma sono diventati un gruppo qualsiasi, di quelli che si limitano a rifare quello che avevano già fatto (meglio)(prima).
Confermo la bruttezza del primo e dell'ultimo brano, non mi ero accorto al primo ascolto delle influenze sixties-french-pop-via-Stereolab rintracciabili in "If I Am".
Nel complesso comincio a pensare che sia un disco discreto ma abbastanza inutile, come ha detto Joyello commentando la prima parte della recensione.
Ovvero: prima di ascoltarlo speravo che fosse meglio, ma temevo che fosse peggio.
Invece è solamente una ripetizione di cose già dette.
Loro fanno i MBV e lo fanno bene, ma se sono una leggenda è anche perchè, nei loro dischi "storici", non si erano mai limitati a "fare i MBV".
Dai primi passi a “Isn't Anything”, da questo a “Loveless”, non ci sono due loro dischi uguali per suoni e composizioni: i MBV sono stati un gruppo in continuo progresso e cambiamento.
Dopo “Loveless” evidentemente si sono un po' spaventati (come facciamo ad andare oltre quello che abbiamo fatto qui?) e ci hanno messo vent'anni per decidere di riprovarci.
Ecco, magari gli è passato lo spavento, ma sono diventati un gruppo qualsiasi, di quelli che si limitano a rifare quello che avevano già fatto (meglio)(prima).
lunedì 4 febbraio 2013
My Bloody Valentine - m b v (recensione a puntate - prima parte)
Ovvero, facciamo un esperimento.
Ieri ho scaricato il disco.[1]
Questa mattina, percorso casa-ufficio, primo ascolto.
Oggi, intervallo di pranzo, butto giù le prime impressioni.
Questa sera e nei prossimi giorni riascolterò sicuramente il disco e ne riparlerò, voglio vedere se e quanto si modificheranno i giudizi col procedere degli ascolti.
Prime impressioni, dunque.
Il disco inizia male, con un pezzo confuso anche dal punto di vista dei suoni.
Procede con un paio di pezzi discreti, più "Isn't Anything" che "Loveless", bello il riff di "Only Tomorrow".
Si ascolta qualcosa di nuovo con "Is This and Yes", tutto basato su un organo acidulo e mai sentito su un disco dei MBV.
Poi un paio di pezzi più tradizionalmente "rock", con la ritmica in evidenza.
Ultimo pezzo, "Wonder 2", brutto e fastidioso, mi ha fatto venir voglia di usare il pulsante skip...
Nel complesso, direi discreto: il suono è grosso modo quello, tra "Isn't Anything" e "Loveless" (più dalle parti del primo), le idee ci sono ma sono grosso modo le stesse di vent'anni fa: melodia + rumore, con poche novità.
Il giudizio qui sopra quindi dipende quasi esclusivamente dalla qualità delle nuove canzoni.
La statura mitica del gruppo non si discute, ma se dovessimo giudicare l'operazione (reunion dopo vent'anni, concerti, rimasterizzazione dell'opera omnia e nuovo disco), come dire: al di là dell'ottima opportunità commerciale per i quattro MBV non è che ci sia molto di cui essere fieri.
E' la solita operazione in cui, grosso modo, cade chiunque abbia avuto un po' di successo nel mondo della musica.
I pochi che riescono a evitarla crescono inevitabilmente nella mia considerazione.
Ma deve essere difficile resistere: ci erano cascati anche i Velvet Underground...
Note e links:
[1] Sì, lo so, è un furto etc
Ne avevamo già parlato qui, un bel po' di tempo fa, e ultimamente se ne è parlato un po' sul blog di Lucien.
E' un discorso che forse vale la pena di riprendere, prima o poi.
Ieri ho scaricato il disco.[1]
Questa mattina, percorso casa-ufficio, primo ascolto.
Oggi, intervallo di pranzo, butto giù le prime impressioni.
Questa sera e nei prossimi giorni riascolterò sicuramente il disco e ne riparlerò, voglio vedere se e quanto si modificheranno i giudizi col procedere degli ascolti.
Prime impressioni, dunque.
Il disco inizia male, con un pezzo confuso anche dal punto di vista dei suoni.
Procede con un paio di pezzi discreti, più "Isn't Anything" che "Loveless", bello il riff di "Only Tomorrow".
Si ascolta qualcosa di nuovo con "Is This and Yes", tutto basato su un organo acidulo e mai sentito su un disco dei MBV.
Poi un paio di pezzi più tradizionalmente "rock", con la ritmica in evidenza.
Ultimo pezzo, "Wonder 2", brutto e fastidioso, mi ha fatto venir voglia di usare il pulsante skip...
Nel complesso, direi discreto: il suono è grosso modo quello, tra "Isn't Anything" e "Loveless" (più dalle parti del primo), le idee ci sono ma sono grosso modo le stesse di vent'anni fa: melodia + rumore, con poche novità.
Il giudizio qui sopra quindi dipende quasi esclusivamente dalla qualità delle nuove canzoni.
La statura mitica del gruppo non si discute, ma se dovessimo giudicare l'operazione (reunion dopo vent'anni, concerti, rimasterizzazione dell'opera omnia e nuovo disco), come dire: al di là dell'ottima opportunità commerciale per i quattro MBV non è che ci sia molto di cui essere fieri.
E' la solita operazione in cui, grosso modo, cade chiunque abbia avuto un po' di successo nel mondo della musica.
I pochi che riescono a evitarla crescono inevitabilmente nella mia considerazione.
Ma deve essere difficile resistere: ci erano cascati anche i Velvet Underground...
Note e links:
[1] Sì, lo so, è un furto etc
Ne avevamo già parlato qui, un bel po' di tempo fa, e ultimamente se ne è parlato un po' sul blog di Lucien.
E' un discorso che forse vale la pena di riprendere, prima o poi.
martedì 29 gennaio 2013
Ascolti recenti - gennaio 2013 (seconda parte)
Syd Barrett - Crazy Diamond (1993)
Giudizio: A
Cioè il cofanetto completo: i due lp ufficiali (“The Madcap Laughs” e “Barrett”), il terzo di "inediti" pubblicato alla fine degli anni ‘80 (“Opel”) e in ognuno cinque/sei bonus track (take alternative delle versioni ufficiali, di massima, interessanti e curiose perchè non tagliate: ci sono sprazzi di conversazione con il fonico, errori, ripartenze, etc.)
L'ho comprato nella versione fisica una ventina di anni fa ormai.
Di tanto in tanto lo riascolto, e mi meraviglio.
Mi meraviglio di quante idee ci siano qui dentro, in queste canzoni registrate da uno mica tanto presente a sè stesso con solo chitarra e voce, con il resto degli strumenti sovraincisi a posteriori.
E mi meraviglio di come sia possibile prendere “sul serio” i dischi di quelli che, dopo il suo allontanamento, divennero poco più della versione inglese dei Pooh.
Widowspeak - Widowspeak (2011)
giudizio: D
Letto bene su SentireAscoltare del nuovo disco (“Almanac”), ho recuperato nel frattempo l’omonimo debutto del 2011.
Ora, va bene che ti piacciono i Mazzy Star.
Se li rifai pari pari, al netto di un piccolo sapore tex-mex in un paio di pezzi ma con una cantante esteticamente e vocalmente inferiore a Hope Sandoval e due chitarristi che messi insiemi non fanno la metà di David Roback, perchè dovrei perdere tempo a riascoltare un disco che si può definire solo carino e inutile?
(Da tenere presente: a me i Mazzy Star piacevano così tanto che sono riuscito a comprare e a farmi quasi piacere una serie di imitatori di serie B come i Drugstore (che han fatto qualche disco negli anni ‘90, il primo quasi ascoltabile, gli altri francamente no) e gli scialbi lavori solisti di Hope con i Warm Invention.
Però ecco, basta. Le imitazioni contemporanee ancora, ma le fotocopie sbiadite 20 anni dopo, davvero: no)
This Mortal Coil - Box Set (2011)
giudizio: B
Esistono due “raccolte complete” dei TMC: il Box Set del titolo contiene i tre dischi originali e un cd di singoli/b-sides/partecipazioni a compliation (superfluo).
L’altra raccolta si intitola “1983-1991”, è del 1993 e contiene, oltre ai tre dischi originali, un quarto cd con le “versioni originali” di molte delle cover suonate dai TMC.
TMC era il progetto musicale di Ivo Watts-Russell, il proprietario della 4AD, che si avvaleva della collaborazione di diversi musicisti della sua etichetta (Dead Can Dance e Cocteau Twins per citare i più famosi)
Il primo disco (“It’ll end in tears”, 1984) è più una raccolta di singoli artisti che a volte incrociano qualche collaborazione, bello ma senza esagerare, anche se contiene la celeberrima interpretazione di “Song to the Siren” di Tim Buckley cantata da Liz Fraser.
Il terzo disco (“Blood”, 1991) è ancora oggi attuale, più ambient e rarefattto degli altri due, ma anche con meno grandi canzoni rispetto al vero capolavoro, ”Filigree and Shadows” (1986),
Un disco ancora oggi perfetto, invecchiato pochissimo, giusto in alcuni suoni di batteria elettronica "enorme", molto anni '80.
Per il resto, arrangiamenti impeccabili e grandi voci per una quantità impressionante di belle canzoni, ottimamente interpretate dai numerosi ospiti.
Il voto qui sopra è solamente “B” perchè è una media tra la C che si merita il primo disco, la B del terzo e la A del secondo.
June Miller - EP (2013)
Giudizio: C
Nuovo EP dei June Miller, di cui ho parlato più volte molto bene qui nel blog.
Due versioni acustiche di brani dell'ultimo lp (“I couldn't be with you even if I wanted”), che anticipano un futuro ep completamente acustico, e due inediti che faranno parte della versione giapponese del disco, il tutto in download gratuito da Rockit.
E' la prima volta che non mi convincono: nei pezzi acustici c'è troppa batteria (e l'effetto acustico si perde quasi del tutto), i due pezzi inediti sono piuttosto anonimi.
Nel complesso un lavoro poco riuscito.
Giudizio: A
Cioè il cofanetto completo: i due lp ufficiali (“The Madcap Laughs” e “Barrett”), il terzo di "inediti" pubblicato alla fine degli anni ‘80 (“Opel”) e in ognuno cinque/sei bonus track (take alternative delle versioni ufficiali, di massima, interessanti e curiose perchè non tagliate: ci sono sprazzi di conversazione con il fonico, errori, ripartenze, etc.)
L'ho comprato nella versione fisica una ventina di anni fa ormai.
Di tanto in tanto lo riascolto, e mi meraviglio.
Mi meraviglio di quante idee ci siano qui dentro, in queste canzoni registrate da uno mica tanto presente a sè stesso con solo chitarra e voce, con il resto degli strumenti sovraincisi a posteriori.
E mi meraviglio di come sia possibile prendere “sul serio” i dischi di quelli che, dopo il suo allontanamento, divennero poco più della versione inglese dei Pooh.
Widowspeak - Widowspeak (2011)
giudizio: D
Letto bene su SentireAscoltare del nuovo disco (“Almanac”), ho recuperato nel frattempo l’omonimo debutto del 2011.
Ora, va bene che ti piacciono i Mazzy Star.
Se li rifai pari pari, al netto di un piccolo sapore tex-mex in un paio di pezzi ma con una cantante esteticamente e vocalmente inferiore a Hope Sandoval e due chitarristi che messi insiemi non fanno la metà di David Roback, perchè dovrei perdere tempo a riascoltare un disco che si può definire solo carino e inutile?
(Da tenere presente: a me i Mazzy Star piacevano così tanto che sono riuscito a comprare e a farmi quasi piacere una serie di imitatori di serie B come i Drugstore (che han fatto qualche disco negli anni ‘90, il primo quasi ascoltabile, gli altri francamente no) e gli scialbi lavori solisti di Hope con i Warm Invention.
Però ecco, basta. Le imitazioni contemporanee ancora, ma le fotocopie sbiadite 20 anni dopo, davvero: no)
This Mortal Coil - Box Set (2011)
giudizio: B
Esistono due “raccolte complete” dei TMC: il Box Set del titolo contiene i tre dischi originali e un cd di singoli/b-sides/partecipazioni a compliation (superfluo).
L’altra raccolta si intitola “1983-1991”, è del 1993 e contiene, oltre ai tre dischi originali, un quarto cd con le “versioni originali” di molte delle cover suonate dai TMC.
TMC era il progetto musicale di Ivo Watts-Russell, il proprietario della 4AD, che si avvaleva della collaborazione di diversi musicisti della sua etichetta (Dead Can Dance e Cocteau Twins per citare i più famosi)
Il primo disco (“It’ll end in tears”, 1984) è più una raccolta di singoli artisti che a volte incrociano qualche collaborazione, bello ma senza esagerare, anche se contiene la celeberrima interpretazione di “Song to the Siren” di Tim Buckley cantata da Liz Fraser.
Il terzo disco (“Blood”, 1991) è ancora oggi attuale, più ambient e rarefattto degli altri due, ma anche con meno grandi canzoni rispetto al vero capolavoro, ”Filigree and Shadows” (1986),
Un disco ancora oggi perfetto, invecchiato pochissimo, giusto in alcuni suoni di batteria elettronica "enorme", molto anni '80.
Per il resto, arrangiamenti impeccabili e grandi voci per una quantità impressionante di belle canzoni, ottimamente interpretate dai numerosi ospiti.
Il voto qui sopra è solamente “B” perchè è una media tra la C che si merita il primo disco, la B del terzo e la A del secondo.
June Miller - EP (2013)
Giudizio: C
Nuovo EP dei June Miller, di cui ho parlato più volte molto bene qui nel blog.
Due versioni acustiche di brani dell'ultimo lp (“I couldn't be with you even if I wanted”), che anticipano un futuro ep completamente acustico, e due inediti che faranno parte della versione giapponese del disco, il tutto in download gratuito da Rockit.
E' la prima volta che non mi convincono: nei pezzi acustici c'è troppa batteria (e l'effetto acustico si perde quasi del tutto), i due pezzi inediti sono piuttosto anonimi.
Nel complesso un lavoro poco riuscito.
martedì 15 gennaio 2013
Ascolti recenti - gennaio 2013
Jerome R. Alexander - Moments EP (2012)
giudizio: A
Jerome Alexander è più conosciuto (ahem...) con lo pseudonimo di Message to Bears. e questo è il primo lavoro pubblicato a suo nome.
Scoperto e ordinato, mentre aspetto la copia del cd dalla Grecia mi sento gli mp3 scaricati da Bandcamp.
Se avete un minimo di fiducia nei mie giudizi, fatelo anche voi.
E’ la solita edizione limitata in 300 copie, quindi fate in fretta...
Le canzoni di “Moments” sono la versione appena appena più “elettronica” dei MtB, nel senso che c’è una traccia ritmica sempre presente, ma lo spleen delle musiche è sempre quello.
In pratica è uno sviluppo nella direzione già accennata in un pezzo come “Found You and You’re Safe”, già presente nel primo lavoro dei MtB, EP1 del 2007.
David Sylvian & Stephan Mathieu - Wandermüde (2012)
Giudizio: C
Lavoro nato come remix delle basi strumentali di “Blemish”, ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa, allo scopo di creare una colonna sonora per una app per iOS, una raccolta delle foto digitali di Sylvian.
Nell’ultimo brano del disco, “Deceleration”, è ospite Christian Fennesz.
In sintesi, lavoro anche interessante qui e là, genere ambient/drone non fantastico ma superiore alla media.
E’ anche vero che se non ci fosse il nome di Sylvian in ditta, avrei tranquillamente ignorato il disco: Mathieu è uno di quelli che hanno una discografia sterminata, solo su what ho trovato tipo 20 album e ho rinunciato.
Note e links:
[1] E' un periodo un po' così, il lavoro mi assorbe troppo tempo e la voglia di scrivere su questo e altri blog, per fare da zimbello alla solita cricca di idioti anonimi e non, latita alquanto.
Tiremm innanz, ma che stanchezza.
giudizio: A
Jerome Alexander è più conosciuto (ahem...) con lo pseudonimo di Message to Bears. e questo è il primo lavoro pubblicato a suo nome.
Scoperto e ordinato, mentre aspetto la copia del cd dalla Grecia mi sento gli mp3 scaricati da Bandcamp.
Se avete un minimo di fiducia nei mie giudizi, fatelo anche voi.
E’ la solita edizione limitata in 300 copie, quindi fate in fretta...
Le canzoni di “Moments” sono la versione appena appena più “elettronica” dei MtB, nel senso che c’è una traccia ritmica sempre presente, ma lo spleen delle musiche è sempre quello.
In pratica è uno sviluppo nella direzione già accennata in un pezzo come “Found You and You’re Safe”, già presente nel primo lavoro dei MtB, EP1 del 2007.
David Sylvian & Stephan Mathieu - Wandermüde (2012)
Giudizio: C
Lavoro nato come remix delle basi strumentali di “Blemish”, ma potrebbe essere qualsiasi altra cosa, allo scopo di creare una colonna sonora per una app per iOS, una raccolta delle foto digitali di Sylvian.
Nell’ultimo brano del disco, “Deceleration”, è ospite Christian Fennesz.
In sintesi, lavoro anche interessante qui e là, genere ambient/drone non fantastico ma superiore alla media.
E’ anche vero che se non ci fosse il nome di Sylvian in ditta, avrei tranquillamente ignorato il disco: Mathieu è uno di quelli che hanno una discografia sterminata, solo su what ho trovato tipo 20 album e ho rinunciato.
Note e links:
[1] E' un periodo un po' così, il lavoro mi assorbe troppo tempo e la voglia di scrivere su questo e altri blog, per fare da zimbello alla solita cricca di idioti anonimi e non, latita alquanto.
Tiremm innanz, ma che stanchezza.
martedì 8 gennaio 2013
Topo Gigio - Gigio Twist (1962)
Come molti, anch'io ascoltavo punk, post-punk, noise, post-rock ed ero dell'idea che la musica, in quanto espressione creativa e quindi artistica, dovesse rifiutare l'idea dell'intrattenimento fine a sè stesso, del divertimento stupido, della musica da ballo, della discoteca.
Poi, dopo tutti questi anni, finalmente ho aperto gli occhi: c’è di meglio che fare il punk anti-sociale con la faccia cattiva.
Con un po’ di sarcasmo puoi sembrare a tuo agio dentro il sistema, anche se, scavando un po’ più a fondo, è subito chiaro che non lo sei.
Se il mondo è fatto di plastica, dimostriamo anche noi di avere un’anima di plastica, anzi: diventiamo i più perfetti uomini di plastica.
Proprio perchè è solo apparenza, la nostra versione sarà così perfetta che nessun impostore potrà fare altrettanto.
Qui poi, dalla plastica generica si passa alla speciale plastica morbida con la quale era realizzato il pupazzo originale di Topo Gigio.
Che, in quanto pupazzo, è plastica all’ennesima potenza.
E, in quanto pupazzo animato, è inequivocabilmente perfetto nella sua parte: quando fa Topo Gigio, lui è Topo Gigio.
La differenza tra il pupazzo animato e un eventuale vero Topo Gigio è irrilevante.
Se poi hai cinque anni, non c’è nessun dubbio: Topo Gigio è vero.
E ha una voce stupenda e divertentissima, come i suoi occhioni e gli orecchi enormi, misto di tenerezza e ironia.
Quando Topo Gigio cantava quel pezzo, lui in quel momento era, inequivocabilmente, Topo Gigio: nessun dubbio al proposito.
Certo, era un pupazzo animato: ma lo era in modo così perfetto che la differenza tra il pupazzo animato e un eventuale vero Topo Gigio era irrilevante.
E se avevi cinque anni, ci credevi senz'altro: Topo Gigio era vero.
E aveva una voce stupenda e divertentissima.
Che funzionava perfettamenta quando era accoppiata alla musica dei 45 giri.
Perchè Gigio Twist è musica - per l’epoca in cui è stata pubblicata - di pura avanguardia.
E’ un pezzo del 1962.
I Beatles non hanno ancora pubblicato “She loves you”, che è dell’Agosto 1963.
Nel 1962 il twist è la musica che i Beatles suonano ad Amburgo, vestiti di pelle e con chitarre rumorose.
E Topo Gigio ne da la sua interpretazione “contemporanea”, non a distanza di qualche decennio, quando il tempo ha ormai assorbito e normalizzato tutto, anche il punk e il noise industriale.
La sua è un’interpretazione che rinnova il pop, assemblata da gente che evidentemente conosce la musica d’avanguardia: è impossibile non riconoscere nei dettagli, nei suoni, nel ritornello memorabile, una cura maniacale per l’arrangiamento perfetto.
Ancora più significativo: Gigio Twist era in realtà un lato B.
Sul lato A del 45 giri c’era “Cosa dici mai” (quella canzone con l’irresistibile ritornello “cosa mi dici, cosa mi dici, cosa mi dici muaaai”), grande pezzo ma oggettivamente una spanna sotto al capolavoro Gigio Twist.
Lo stesso Topo Gigio si rendeva conto che il pezzo era troppo in anticipo sui tempi per poter reggere il peso di un lato A, e ha dovuto acconsentire a "nasconderlo" sul retro del disco.
Pensateci bene: le canzoni di Topo Gigio erano la quintessenza dell'hit per bambini: le progressioni armoniche, i suoni calibrati in mini-orchestrazioni, il timbro e le rtimiche esuberanti ma di ottimo gusto, tutto risulta così sopra la tipica mediocrità delle produzioni da Zecchino d'Oro, che solo il pregiudizio o la malafede assoluta potranno non rendere giustizia a quest'opera artefatta e fatta-ad-arte al tempo stesso, che si trasforma nell' archetipo del prodotto confezionato elevando gli standard tipici del genere, facendo passare per pura spazzatura la concorrenza: una bomba, innocua, piazzata dal sistema al suo interno.
Altro che primo disco dei Velvet Underground: chiunque abbia ascoltato da bimbo Gigio Twist da grande ha formato un gruppo musicale, tanta era la potenza di questa bomba piazzata all’interno del sistema. Come non rimanerne influenzati per sempre?
Sono passati, per me, quasi quarant’anni da quando ho ascoltato Gigio Twist per la prima volta, e non ho certo bisogno di cercarlo su Youtube: me ne ricordo perfettamente.
Nonostante la critica tutta, per decenni, abbia congiurato contro di lui: dai critici rock degli anni ‘60 ai punk degli anni ‘80, dalla kritika militante degli anni ‘70 alla critica indie pseduo-intellettuale post-rock degli anni ‘90.
Ma anche la critica appassionata di musica classica, yodel, liscio, cori alpini, west-coast pop rock, jazz, pop-soul di classe, industrial-minimal-drone: avete mai letto articoli sull’arte di Topo Gigio? No, perchè è stata una congiura globale.
Un tentativo di rimozione culturale che sfiora le caratteristiche del genocidio.
Ma Topo Gigio, lui, se ne fa un baffo (eheh!)
Batte il piedino, scuote le orecchie e vi invita a ballare con lui il Gigio Twist.
Ballare, certo.
Perchè Gigio Twist è musica per la mente e per il corpo, da ascoltare e da ballare.
Di', perchè, non balli con me?
Parappapera pa, parappappa.
Aaahh!
Parappapera papa
Parappapera papa
Parappapera perapera perapera perapera pa
Note e links:
[1] Due doverosi ringraziamenti per l'ispirazione di questo pezzo: AndBot con il suo pezzo sugli Aqua (dal quale ho copiato interi paragrafi) sul blog di Tony-Face e il grandissimo Harmonica per il video con la cover cantata da Topo Gigio di "Raindrops keep falling on my head"
[2] Il sito ufficiale di Topo Gigio, e la discografia su Discogs.
Poi, dopo tutti questi anni, finalmente ho aperto gli occhi: c’è di meglio che fare il punk anti-sociale con la faccia cattiva.
Con un po’ di sarcasmo puoi sembrare a tuo agio dentro il sistema, anche se, scavando un po’ più a fondo, è subito chiaro che non lo sei.
Se il mondo è fatto di plastica, dimostriamo anche noi di avere un’anima di plastica, anzi: diventiamo i più perfetti uomini di plastica.
Proprio perchè è solo apparenza, la nostra versione sarà così perfetta che nessun impostore potrà fare altrettanto.
Qui poi, dalla plastica generica si passa alla speciale plastica morbida con la quale era realizzato il pupazzo originale di Topo Gigio.
Che, in quanto pupazzo, è plastica all’ennesima potenza.
E, in quanto pupazzo animato, è inequivocabilmente perfetto nella sua parte: quando fa Topo Gigio, lui è Topo Gigio.
La differenza tra il pupazzo animato e un eventuale vero Topo Gigio è irrilevante.
Se poi hai cinque anni, non c’è nessun dubbio: Topo Gigio è vero.
E ha una voce stupenda e divertentissima, come i suoi occhioni e gli orecchi enormi, misto di tenerezza e ironia.
Quando Topo Gigio cantava quel pezzo, lui in quel momento era, inequivocabilmente, Topo Gigio: nessun dubbio al proposito.
Certo, era un pupazzo animato: ma lo era in modo così perfetto che la differenza tra il pupazzo animato e un eventuale vero Topo Gigio era irrilevante.
E se avevi cinque anni, ci credevi senz'altro: Topo Gigio era vero.
E aveva una voce stupenda e divertentissima.
Che funzionava perfettamenta quando era accoppiata alla musica dei 45 giri.
Perchè Gigio Twist è musica - per l’epoca in cui è stata pubblicata - di pura avanguardia.
E’ un pezzo del 1962.
I Beatles non hanno ancora pubblicato “She loves you”, che è dell’Agosto 1963.
Nel 1962 il twist è la musica che i Beatles suonano ad Amburgo, vestiti di pelle e con chitarre rumorose.
E Topo Gigio ne da la sua interpretazione “contemporanea”, non a distanza di qualche decennio, quando il tempo ha ormai assorbito e normalizzato tutto, anche il punk e il noise industriale.
La sua è un’interpretazione che rinnova il pop, assemblata da gente che evidentemente conosce la musica d’avanguardia: è impossibile non riconoscere nei dettagli, nei suoni, nel ritornello memorabile, una cura maniacale per l’arrangiamento perfetto.
Ancora più significativo: Gigio Twist era in realtà un lato B.
Sul lato A del 45 giri c’era “Cosa dici mai” (quella canzone con l’irresistibile ritornello “cosa mi dici, cosa mi dici, cosa mi dici muaaai”), grande pezzo ma oggettivamente una spanna sotto al capolavoro Gigio Twist.
Lo stesso Topo Gigio si rendeva conto che il pezzo era troppo in anticipo sui tempi per poter reggere il peso di un lato A, e ha dovuto acconsentire a "nasconderlo" sul retro del disco.
Pensateci bene: le canzoni di Topo Gigio erano la quintessenza dell'hit per bambini: le progressioni armoniche, i suoni calibrati in mini-orchestrazioni, il timbro e le rtimiche esuberanti ma di ottimo gusto, tutto risulta così sopra la tipica mediocrità delle produzioni da Zecchino d'Oro, che solo il pregiudizio o la malafede assoluta potranno non rendere giustizia a quest'opera artefatta e fatta-ad-arte al tempo stesso, che si trasforma nell' archetipo del prodotto confezionato elevando gli standard tipici del genere, facendo passare per pura spazzatura la concorrenza: una bomba, innocua, piazzata dal sistema al suo interno.
Altro che primo disco dei Velvet Underground: chiunque abbia ascoltato da bimbo Gigio Twist da grande ha formato un gruppo musicale, tanta era la potenza di questa bomba piazzata all’interno del sistema. Come non rimanerne influenzati per sempre?
Sono passati, per me, quasi quarant’anni da quando ho ascoltato Gigio Twist per la prima volta, e non ho certo bisogno di cercarlo su Youtube: me ne ricordo perfettamente.
Nonostante la critica tutta, per decenni, abbia congiurato contro di lui: dai critici rock degli anni ‘60 ai punk degli anni ‘80, dalla kritika militante degli anni ‘70 alla critica indie pseduo-intellettuale post-rock degli anni ‘90.
Ma anche la critica appassionata di musica classica, yodel, liscio, cori alpini, west-coast pop rock, jazz, pop-soul di classe, industrial-minimal-drone: avete mai letto articoli sull’arte di Topo Gigio? No, perchè è stata una congiura globale.
Un tentativo di rimozione culturale che sfiora le caratteristiche del genocidio.
Ma Topo Gigio, lui, se ne fa un baffo (eheh!)
Batte il piedino, scuote le orecchie e vi invita a ballare con lui il Gigio Twist.
Ballare, certo.
Perchè Gigio Twist è musica per la mente e per il corpo, da ascoltare e da ballare.
Di', perchè, non balli con me?
Parappapera pa, parappappa.
Aaahh!
Parappapera papa
Parappapera papa
Parappapera perapera perapera perapera pa
Note e links:
[1] Due doverosi ringraziamenti per l'ispirazione di questo pezzo: AndBot con il suo pezzo sugli Aqua (dal quale ho copiato interi paragrafi) sul blog di Tony-Face e il grandissimo Harmonica per il video con la cover cantata da Topo Gigio di "Raindrops keep falling on my head"
[2] Il sito ufficiale di Topo Gigio, e la discografia su Discogs.
sabato 29 dicembre 2012
Classifica di fine anno - 2012
Per la prima volta, una classifica di fine anno!
Ho ripreso tutti i post di quest'anno che parlavano di dischi e ho assegnato ad ognuno di essi una valutazione secondo la scala usata a partire dalle ultime recensioni.
Questa la sintesi di quest'anno di ascolti, composta di dischi pubblicati nel 2012 e dischi da me ascoltati per la prima volta nel 2012 (al netto quindi di ristampe e riascolti vari).
Sono tutti i dischi che hanno meritato una "A", eccoli in ordine di preferenza:
Khonnor - Handwriting (2004)
Ilyas Ahmed - With Endless Fire (2012)
Giampiero Riggio - Separations (2012)
Giardini di Mirò - Unluck ep (2012)
Message to Bears - Folding Leaves (2012)
Breathless - Green to Blue (2012)
Giardini di Mirò - Good Luck (2012)
Lilith and the Sinnersaints - A Kind of Blues (2012)
Ilyas Ahmed - The Vertigo of Dawn (2008)
Yo la Tengo - Fade (2013)
June Miller - I couldn’t be with you even if I wanted (2012)
Dresda - Diluvio (2012)
Howth Castle - Rust of Keys (1990)
Note e links:
A margine, un paio di considerazioni.
Ho letto svariate classifiche di fine anno su diversi blog in questi giorni, ce n'è una su molti di quelli linkati qui di fianco.
La cosa veramente curiosa è che non conosco/non ho ascoltato la stragrande maggioranza dei dischi che sono nelle diverse classifiche, anche in quelle fatte da persone con gusti musicali non troppo diversi dai miei.
La frammentazione degli ascolti è ormai altissima, e ognuno è davvero unico e autonomo nelle proprie scelte.
Se questo sia un bene o un male, non ne sono sicurissimo, ma direi un bene: da una parte il numero delle uscite ormai è sicuramente tale per cui è impossibile ascoltare tutto, dall'altra è possibile però ascoltare qualsiasi cosa, e questo permette a ognuno di scegliere in modo sempre più autonomo e consapevole.
Riporto qui alcune delle classifiche lette in giro:
Joyello
Dirty Projectors - Swing lo Magellan
Calexico - Algiers
Grizzly Bear - Shields
Beach House - Bloom
Afterhours - Padania
Neneh Cherry & The Thing - The Cherry Thing
The XX - Coexist
Fausto Rossi - Blank Times
Jimmy Cliff - Rebirth
Patti Smith - Banga
Lucien
Calexico - Algiers
The Shins - Port of Morrow
Pinback - Information Retrieved
Tre Allegri Ragazzi Morti - Nel giardino dei fantasmi
Resto in Ascolto
Langhorne Slim - The Way We Move
Menomena - Moms
Solos - Beast Of Both Worlds
Sycamore Age - Sycamore Age
Dirty Projectors - Swing Lo Magellan
Shearwater- Animal Joy
Tu Fawning - Monumento
Alt-J - An Awsome Wave
The Mountain Goats - Transcendental Youth
Joshua James - From the Top of Willamette Mountain
TonyFace
Secret Affair - Soho Dreams
Neneh Cherry and The Thing - Cherry thing
Macy Gray - Talking book
Martha High and the Speedometers - Soul overdue
Patti Smith - Banga
Motorpsycho - The death defying unicorn
Paul Weller - Sonik Kicks
Jimmy Cliff - Rebirth
Goat - World music
Jessica Lauren Four - s/t
In sintesi: ci sono solo tre dischi nominati più di una volta (Calexico, Dirty Projectors e Neneh Cherry) e sono tutti nella classifica di Joyello e in una sola delle altre classifiche (e nemmeno uno nella mia...)
Dei dischi nelle altre classifiche, ne ho ascoltati esattamente 4, di almeno 20 non sospettavo nemmeno l'esistenza.
Ho ripreso tutti i post di quest'anno che parlavano di dischi e ho assegnato ad ognuno di essi una valutazione secondo la scala usata a partire dalle ultime recensioni.
Questa la sintesi di quest'anno di ascolti, composta di dischi pubblicati nel 2012 e dischi da me ascoltati per la prima volta nel 2012 (al netto quindi di ristampe e riascolti vari).
Sono tutti i dischi che hanno meritato una "A", eccoli in ordine di preferenza:
Khonnor - Handwriting (2004)
Ilyas Ahmed - With Endless Fire (2012)
Giampiero Riggio - Separations (2012)
Giardini di Mirò - Unluck ep (2012)
Message to Bears - Folding Leaves (2012)
Breathless - Green to Blue (2012)
Giardini di Mirò - Good Luck (2012)
Lilith and the Sinnersaints - A Kind of Blues (2012)
Ilyas Ahmed - The Vertigo of Dawn (2008)
Yo la Tengo - Fade (2013)
June Miller - I couldn’t be with you even if I wanted (2012)
Dresda - Diluvio (2012)
Howth Castle - Rust of Keys (1990)
Note e links:
A margine, un paio di considerazioni.
Ho letto svariate classifiche di fine anno su diversi blog in questi giorni, ce n'è una su molti di quelli linkati qui di fianco.
La cosa veramente curiosa è che non conosco/non ho ascoltato la stragrande maggioranza dei dischi che sono nelle diverse classifiche, anche in quelle fatte da persone con gusti musicali non troppo diversi dai miei.
La frammentazione degli ascolti è ormai altissima, e ognuno è davvero unico e autonomo nelle proprie scelte.
Se questo sia un bene o un male, non ne sono sicurissimo, ma direi un bene: da una parte il numero delle uscite ormai è sicuramente tale per cui è impossibile ascoltare tutto, dall'altra è possibile però ascoltare qualsiasi cosa, e questo permette a ognuno di scegliere in modo sempre più autonomo e consapevole.
Riporto qui alcune delle classifiche lette in giro:
Joyello
Dirty Projectors - Swing lo Magellan
Calexico - Algiers
Grizzly Bear - Shields
Beach House - Bloom
Afterhours - Padania
Neneh Cherry & The Thing - The Cherry Thing
The XX - Coexist
Fausto Rossi - Blank Times
Jimmy Cliff - Rebirth
Patti Smith - Banga
Lucien
Calexico - Algiers
The Shins - Port of Morrow
Pinback - Information Retrieved
Tre Allegri Ragazzi Morti - Nel giardino dei fantasmi
Resto in Ascolto
Langhorne Slim - The Way We Move
Menomena - Moms
Solos - Beast Of Both Worlds
Sycamore Age - Sycamore Age
Dirty Projectors - Swing Lo Magellan
Shearwater- Animal Joy
Tu Fawning - Monumento
Alt-J - An Awsome Wave
The Mountain Goats - Transcendental Youth
Joshua James - From the Top of Willamette Mountain
TonyFace
Secret Affair - Soho Dreams
Neneh Cherry and The Thing - Cherry thing
Macy Gray - Talking book
Martha High and the Speedometers - Soul overdue
Patti Smith - Banga
Motorpsycho - The death defying unicorn
Paul Weller - Sonik Kicks
Jimmy Cliff - Rebirth
Goat - World music
Jessica Lauren Four - s/t
In sintesi: ci sono solo tre dischi nominati più di una volta (Calexico, Dirty Projectors e Neneh Cherry) e sono tutti nella classifica di Joyello e in una sola delle altre classifiche (e nemmeno uno nella mia...)
Dei dischi nelle altre classifiche, ne ho ascoltati esattamente 4, di almeno 20 non sospettavo nemmeno l'esistenza.
giovedì 27 dicembre 2012
Breathless - Green to Blue
Breathless - Green to Blue (2012)
giudizio (confermato): A
Nuovo disco dei Breathless, è la classica uscita che voglio che mi piaccia ancora prima di ascoltarla.
Questa volta è andata bene e mi piace davvero.
Anche se è un disco molto in bilico tra presente e passato, e pende pericolosamente dalla parte del passato: ma i Breathless hanno qualcosa di atemporale, ce l’avevano anche trent’anni fa, e quindi è giusto che ce l’abbiano ancora oggi.
Gruppo quasi sconosciuto in patria, hanno sempre avuto lo status di piccolo culto qui in italia, fin dagli esordi (1984) se ne è sempre parlato ampiamente su giornali come Rockerilla.
E’ possibile parlare dei Breathelss senza nominare i due numi tutelari del gruppo, Joy Division e Pink Floyd?
No, e infatti non lo faccio.
La loro new wave è sempre stata mischiata con la psichedelia romantica inglese, facendone un qualcosa che non ha mai avuto imitatori, e che suona perciò sempre molto personale.
In qualche modo hanno anticipato di alcuni anni musiche come lo sheogaze e il post-rock, con i loro crescendo strumentali più emozionali più che banalmente fatti di chitarre smandolinate di troppi gruppi di post-rock in carta carbone.
“Fade” aggiorna il suono dei Breathless al 2012, risultando molto più “naturale” di quello dei primi album (per altro, capolavori assoluti, sia “The Glass Bead Game” che “Three Times and Waving”), in cui c’era una batteria veramente “enorme”, annegata nel riverbero, così tipicamente anni ‘80 per suono e missaggio.
E lascia un ruolo molto più equilibrato agli altri strumenti, dalla chitarra di Gary Mundy, sempre misurato e lontanissimo da sterili esibizioni tecniche (anzi, quasi si sente una certa scarsità tecnica di fondo, cui sopperisce con le idee: ogni sua parte è “costruita” col solo scopo di risultare funzionale alla canzone) al basso di Ari Neufeld, bassista grandissima, i cui giri di basso mi hanno ossessionato per anni per la loro perfezione “newwavica” (se così si può dire).
Giri di basso come quello di “All My Eye & Betty Martin” sono a mio parere più rappresentativi di quel modo di suonare il basso dei giri di Peter Hook, che quel modo l’ha inventato.
E poi c’è Dominic Appleton, che è un grande cantante, come testimonia ad esempio il fatto di essere l’unico artista ad aver cantato su due episodi del "supergruppo 4AD" This Mortal Coil (il secondo e il terzo, cioè due dei dischi più interessanti prodotti dalla new wave tutta, e dalla 4AD in particolare)
Rileggo quanto scritto fin qui, e insomma: che accozzaglia di luoghi comuni.
Ho scritto solo cose che chiunque apprezzi già i Breathless conosce di certo.
Però il disco è bello.
Ci sono le classiche ballate alla Breathless, e ci sono i classici crescendo emozionali alla Breathless.
Ci sono anche canzoni che osano qualcosa di nuovo, ma senza esagerare
In sintesi, questo disco mi piace per lo stesso motivo per il quale normalmente non mi piacciono altri dischi: perchè ripete un clichè.
Forse perchè questo dei Breathless è un clichè poco sfruttato, o forse perchè lo ripete bene, con canzoni che mi fa piacere ascoltare.
E che rimandano senz’altro a sensazioni provate quasi 25 anni fa, con l’inevitabile effetto nostalgico.
In sovrappiù, il packaging è quello che di solito odio: doppio cd e doppio lp in vinile, con copertina apribile a fare da specchietto per i gonzi.
Copertina stupenda eh, come tutte quelle dei Breathless: mi piacciono tutte, e sì che di solito non me ne può fregare di meno della copertina...
Insomma, la chiudo qui: è una recensione che spero sia risultata, se non altro, onesta: è un disco che a me piace molto, ma per i motivi per cui di solito non mi piace un disco.
Note e links:
Post dedicato a Enrico (enri1968)
giudizio (confermato): A
Nuovo disco dei Breathless, è la classica uscita che voglio che mi piaccia ancora prima di ascoltarla.
Questa volta è andata bene e mi piace davvero.
Anche se è un disco molto in bilico tra presente e passato, e pende pericolosamente dalla parte del passato: ma i Breathless hanno qualcosa di atemporale, ce l’avevano anche trent’anni fa, e quindi è giusto che ce l’abbiano ancora oggi.
Gruppo quasi sconosciuto in patria, hanno sempre avuto lo status di piccolo culto qui in italia, fin dagli esordi (1984) se ne è sempre parlato ampiamente su giornali come Rockerilla.
E’ possibile parlare dei Breathelss senza nominare i due numi tutelari del gruppo, Joy Division e Pink Floyd?
No, e infatti non lo faccio.
La loro new wave è sempre stata mischiata con la psichedelia romantica inglese, facendone un qualcosa che non ha mai avuto imitatori, e che suona perciò sempre molto personale.
In qualche modo hanno anticipato di alcuni anni musiche come lo sheogaze e il post-rock, con i loro crescendo strumentali più emozionali più che banalmente fatti di chitarre smandolinate di troppi gruppi di post-rock in carta carbone.
“Fade” aggiorna il suono dei Breathless al 2012, risultando molto più “naturale” di quello dei primi album (per altro, capolavori assoluti, sia “The Glass Bead Game” che “Three Times and Waving”), in cui c’era una batteria veramente “enorme”, annegata nel riverbero, così tipicamente anni ‘80 per suono e missaggio.
E lascia un ruolo molto più equilibrato agli altri strumenti, dalla chitarra di Gary Mundy, sempre misurato e lontanissimo da sterili esibizioni tecniche (anzi, quasi si sente una certa scarsità tecnica di fondo, cui sopperisce con le idee: ogni sua parte è “costruita” col solo scopo di risultare funzionale alla canzone) al basso di Ari Neufeld, bassista grandissima, i cui giri di basso mi hanno ossessionato per anni per la loro perfezione “newwavica” (se così si può dire).
Giri di basso come quello di “All My Eye & Betty Martin” sono a mio parere più rappresentativi di quel modo di suonare il basso dei giri di Peter Hook, che quel modo l’ha inventato.
E poi c’è Dominic Appleton, che è un grande cantante, come testimonia ad esempio il fatto di essere l’unico artista ad aver cantato su due episodi del "supergruppo 4AD" This Mortal Coil (il secondo e il terzo, cioè due dei dischi più interessanti prodotti dalla new wave tutta, e dalla 4AD in particolare)
Rileggo quanto scritto fin qui, e insomma: che accozzaglia di luoghi comuni.
Ho scritto solo cose che chiunque apprezzi già i Breathless conosce di certo.
Però il disco è bello.
Ci sono le classiche ballate alla Breathless, e ci sono i classici crescendo emozionali alla Breathless.
Ci sono anche canzoni che osano qualcosa di nuovo, ma senza esagerare
In sintesi, questo disco mi piace per lo stesso motivo per il quale normalmente non mi piacciono altri dischi: perchè ripete un clichè.
Forse perchè questo dei Breathless è un clichè poco sfruttato, o forse perchè lo ripete bene, con canzoni che mi fa piacere ascoltare.
E che rimandano senz’altro a sensazioni provate quasi 25 anni fa, con l’inevitabile effetto nostalgico.
In sovrappiù, il packaging è quello che di solito odio: doppio cd e doppio lp in vinile, con copertina apribile a fare da specchietto per i gonzi.
Copertina stupenda eh, come tutte quelle dei Breathless: mi piacciono tutte, e sì che di solito non me ne può fregare di meno della copertina...
Insomma, la chiudo qui: è una recensione che spero sia risultata, se non altro, onesta: è un disco che a me piace molto, ma per i motivi per cui di solito non mi piace un disco.
Note e links:
Post dedicato a Enrico (enri1968)
venerdì 21 dicembre 2012
Ascolti recenti - dicembre 2012
Breathless - Green to Blue (2102)
giudizio: A
Bellissimo. Ne riparliamo quando ho finito di ascoltarlo.
Mimes of Wine - Memories of the Unseen (2012)
giudizio: B
Gruppo o solista, non ho capito bene, basato su voce e pianoforte dell’emiliana Laura Loriga.
Grande voce, molto espressiva, arrangiamenti pregevoli di pianoforte, atmosfere oscure e sognanti.
Ma questi stessi pregi sono anche i difetti del disco: dopo tre/quattro pezzi diventa interpretativamente manieristico e ripetitivo, tra reminiscenze di Tori Amos (non è un complimento) e della PJ Harvey periodo “White Chalk” (non è un complimento nemmeno questo).
Sarebbero, credo, un gruppo fantastico sulla distanza dell’ep: la sequenza iniziale dei primi pezzi è davvero ottima.
Melampus - Ode Road (2012)
giudizio: B
Sono un duo, ma non sembra.
Nel senso che non sono noiosi come i White Stripes e tutti i loro figli “chitarra e batteria”.
Musiche interessanti, voce in secondo piano.
Genericamente alternative anni '90 direi, ma c’è almeno un capolavoro (“Double Room, bellissima) e diverse parti strumentali sono veramente ben fatte.
Mickeranno - Mickeranno (1985)
giudizio: C
Ma dai, me ne ricordavo abbastanza bene: i Durutti Column milanesi (forse).
E pensare che all'epoca li avevo recensiti per Vm, ma siccome non avevo ancora sentito niente dei Durutti Column avevo sparato una marea di cazzate.
C'è qui un brano però, "", che è uno dei migliori brani di Nick Drake non scritti da lui che abbia mai ascoltato.
Soprattutto perchè hanno evitato di cantarci sopra.
Mushy - Breathless (2012)
giudizio: C
Brava è brava.
Suoni filologicamente perfetti: un verod disco di coldwave/minimal synth anni '80
Cioè due generi che in Italia negli anni '80 non esistevano.
Chi non ci credesse, può venire a casa mia: gli presto la collezione completa di Rockerilla dal 1979 al 1989 e se trova, anche una sola volta, una delle due espressioni (coldwave e minimall synth) gli regalo dieci cd a sua scelta.
Mi disturba un po’ questa cosa del “minimal synth”, come mi distubano quelli che ne fanno il revival: è un po’ come fare il revival di una cosa che non è mai esistita. Boh.
Poi, a scanso di equivoci: il disco è bello, ben suonato e con un atmosfera molto "pink" (leggi Pink Military e Pink Industry)
E’ il senso che mi sfugge.
Gaznevada - Gaznevada (1979)
giudizio: D
E’ la ristampa della prima, mitica cassetta pubblicata da Harpo’s Bazar, che non avevo mai sentito all’epoca, ristampata come “Mamma dammi la benza” dalla benemerita Shake Edizioni.
Tolti “Telepornovisione” e “Criminale”, due punkettoni sloganati urlati carini, il resto mi fa venire un dubbio, ma come hanno fatto solo un anno dopo a registrare un capolavoro come “Sick Soundtrack”?
Perchè sembrano due gruppi diversi, punto.
Roy Harper - Stormcock (1971)
giudizio: C
Scoperto sul sito di Webbaticy che è bello (il sito, non Webbaticy...) e merita.
Disco niente male, folk con qualcosa di Nick Drake e quattro pezzi lunghissimi che riescono a tenere desta lo stesso la mia attenzione.
Yo la Tengo - Fade (2013)
giudizio: A
Uno dei gruppi nella mia top ten, nonostante siano parecchi anni che non fanno più un disco che mi convinca dall’inizio alla fine.
Però il tris “May i sing with me/Painful/Electr-o-Pura” è ancora oggi una roba da non credere.
Prima, album acerbi con grandi canzoni sparse in mezzo a roba trascurabile.
Dopo, boh.
Son cambiato io o son cambiati loro, nessun album successivo mi ha più dato le stesse emozioni di quei tre lì.
Nonostante abbiano continuato a fare canzoni bellissime, hanno ricominciato a mettere in mezzo cose sempre più trascurabili.
Poi certo: hanno l’immagine più nerd/indie/alternativa possibile, e ci scherzano su, tipo il video in cui vanno a scuola di rock, o quell’altro in cui dovrebbero fare da supporto ai Beatles.
Sono i tre rocker meno cool del mondo, da quella versione sfigata di Lou Reed che è Ira Kaplan a quella paciarotta della moglie Georgia Hubley (due rocker sposati, poi? Per davvero, da anni e nello stesso gruppo?)(che lei è la figlia del creatore di Mr. Magoo, per di più), e il bassista ciccione, James McNew.
E i loro concerti infarciti di cover di “classici” del rock, nella loro versione della cover-band da birreria: come si fa a non amarli?
Questo nuovo disco è diviso in due: prima parte veloce, rock indie con kraut e psychedelia tra l’eccellente e l’ottimo, e una seconda parte lenta, ballate rock indie kraut con psichedelia tra l’eccellente e l’ottimo.
Ovvero il primo disco degli Yo la Tengo dopo la triologia di cui sopra che mi è venuta voglia di riascoltare più volte.
Stefano Pilia - Strings (2012)
giudizio: E
Questo è il classico disco che mi fa ringraziare il cielo dell'esistenza del download.
Perchè è un disco di cui leggi buone recensioni e pensi che possa essere interessante, e allora cerchi di ascoltarlo, e quando lo ascolti ti domandi perchè.
Perchè hai sprecato quasi un'ora della tua vita ad ascoltare musica (?) concreta (?) fatta di rumori ambientali casuali.
Poi ti chiedi anche perchè qualcuno pubblica questa roba, e perchè qualcuno ne parla bene, e come diavolo si fa a mixare un disco così, e come cazzo si fa a pensare un disco così.
E ringrazi il cielo di non averci speso dei soldi: puoi limitarti a un comodo "canc" (o "del" a seconda della tua tastiera) e non ci pensi più.
Agata and Me - There are songs about you (2012)
giudizio: C
Duo siculo-balcanico che incide per etichetta danese, per fortuna l'amtosfera è molto più nord-folk-tronica che balcanica: parola che in musica mi fa venire i brividi, tra complessini tzigani, bozouki e marcette alla Bregovic, mediterraneismo d'accatto e violini stonati.
Qui nulla di tutto ciò, grazie alla Sopa Records.
Disco non stratosferico, ma si fa ascoltare.
giudizio: A
Bellissimo. Ne riparliamo quando ho finito di ascoltarlo.
Mimes of Wine - Memories of the Unseen (2012)
giudizio: B
Gruppo o solista, non ho capito bene, basato su voce e pianoforte dell’emiliana Laura Loriga.
Grande voce, molto espressiva, arrangiamenti pregevoli di pianoforte, atmosfere oscure e sognanti.
Ma questi stessi pregi sono anche i difetti del disco: dopo tre/quattro pezzi diventa interpretativamente manieristico e ripetitivo, tra reminiscenze di Tori Amos (non è un complimento) e della PJ Harvey periodo “White Chalk” (non è un complimento nemmeno questo).
Sarebbero, credo, un gruppo fantastico sulla distanza dell’ep: la sequenza iniziale dei primi pezzi è davvero ottima.
Melampus - Ode Road (2012)
giudizio: B
Sono un duo, ma non sembra.
Nel senso che non sono noiosi come i White Stripes e tutti i loro figli “chitarra e batteria”.
Musiche interessanti, voce in secondo piano.
Genericamente alternative anni '90 direi, ma c’è almeno un capolavoro (“Double Room, bellissima) e diverse parti strumentali sono veramente ben fatte.
Mickeranno - Mickeranno (1985)
giudizio: C
Ma dai, me ne ricordavo abbastanza bene: i Durutti Column milanesi (forse).
E pensare che all'epoca li avevo recensiti per Vm, ma siccome non avevo ancora sentito niente dei Durutti Column avevo sparato una marea di cazzate.
C'è qui un brano però, "", che è uno dei migliori brani di Nick Drake non scritti da lui che abbia mai ascoltato.
Soprattutto perchè hanno evitato di cantarci sopra.
Mushy - Breathless (2012)
giudizio: C
Brava è brava.
Suoni filologicamente perfetti: un verod disco di coldwave/minimal synth anni '80
Cioè due generi che in Italia negli anni '80 non esistevano.
Chi non ci credesse, può venire a casa mia: gli presto la collezione completa di Rockerilla dal 1979 al 1989 e se trova, anche una sola volta, una delle due espressioni (coldwave e minimall synth) gli regalo dieci cd a sua scelta.
Mi disturba un po’ questa cosa del “minimal synth”, come mi distubano quelli che ne fanno il revival: è un po’ come fare il revival di una cosa che non è mai esistita. Boh.
Poi, a scanso di equivoci: il disco è bello, ben suonato e con un atmosfera molto "pink" (leggi Pink Military e Pink Industry)
E’ il senso che mi sfugge.
Gaznevada - Gaznevada (1979)
giudizio: D
E’ la ristampa della prima, mitica cassetta pubblicata da Harpo’s Bazar, che non avevo mai sentito all’epoca, ristampata come “Mamma dammi la benza” dalla benemerita Shake Edizioni.
Tolti “Telepornovisione” e “Criminale”, due punkettoni sloganati urlati carini, il resto mi fa venire un dubbio, ma come hanno fatto solo un anno dopo a registrare un capolavoro come “Sick Soundtrack”?
Perchè sembrano due gruppi diversi, punto.
Roy Harper - Stormcock (1971)
giudizio: C
Scoperto sul sito di Webbaticy che è bello (il sito, non Webbaticy...) e merita.
Disco niente male, folk con qualcosa di Nick Drake e quattro pezzi lunghissimi che riescono a tenere desta lo stesso la mia attenzione.
Yo la Tengo - Fade (2013)
giudizio: A
Uno dei gruppi nella mia top ten, nonostante siano parecchi anni che non fanno più un disco che mi convinca dall’inizio alla fine.
Però il tris “May i sing with me/Painful/Electr-o-Pura” è ancora oggi una roba da non credere.
Prima, album acerbi con grandi canzoni sparse in mezzo a roba trascurabile.
Dopo, boh.
Son cambiato io o son cambiati loro, nessun album successivo mi ha più dato le stesse emozioni di quei tre lì.
Nonostante abbiano continuato a fare canzoni bellissime, hanno ricominciato a mettere in mezzo cose sempre più trascurabili.
Poi certo: hanno l’immagine più nerd/indie/alternativa possibile, e ci scherzano su, tipo il video in cui vanno a scuola di rock, o quell’altro in cui dovrebbero fare da supporto ai Beatles.
Sono i tre rocker meno cool del mondo, da quella versione sfigata di Lou Reed che è Ira Kaplan a quella paciarotta della moglie Georgia Hubley (due rocker sposati, poi? Per davvero, da anni e nello stesso gruppo?)(che lei è la figlia del creatore di Mr. Magoo, per di più), e il bassista ciccione, James McNew.
E i loro concerti infarciti di cover di “classici” del rock, nella loro versione della cover-band da birreria: come si fa a non amarli?
Questo nuovo disco è diviso in due: prima parte veloce, rock indie con kraut e psychedelia tra l’eccellente e l’ottimo, e una seconda parte lenta, ballate rock indie kraut con psichedelia tra l’eccellente e l’ottimo.
Ovvero il primo disco degli Yo la Tengo dopo la triologia di cui sopra che mi è venuta voglia di riascoltare più volte.
Stefano Pilia - Strings (2012)
giudizio: E
Questo è il classico disco che mi fa ringraziare il cielo dell'esistenza del download.
Perchè è un disco di cui leggi buone recensioni e pensi che possa essere interessante, e allora cerchi di ascoltarlo, e quando lo ascolti ti domandi perchè.
Perchè hai sprecato quasi un'ora della tua vita ad ascoltare musica (?) concreta (?) fatta di rumori ambientali casuali.
Poi ti chiedi anche perchè qualcuno pubblica questa roba, e perchè qualcuno ne parla bene, e come diavolo si fa a mixare un disco così, e come cazzo si fa a pensare un disco così.
E ringrazi il cielo di non averci speso dei soldi: puoi limitarti a un comodo "canc" (o "del" a seconda della tua tastiera) e non ci pensi più.
Agata and Me - There are songs about you (2012)
giudizio: C
Duo siculo-balcanico che incide per etichetta danese, per fortuna l'amtosfera è molto più nord-folk-tronica che balcanica: parola che in musica mi fa venire i brividi, tra complessini tzigani, bozouki e marcette alla Bregovic, mediterraneismo d'accatto e violini stonati.
Qui nulla di tutto ciò, grazie alla Sopa Records.
Disco non stratosferico, ma si fa ascoltare.
venerdì 30 novembre 2012
Ascolti recenti - novembre 2012 (parte 2)
Sylvain Chauveau - Abstractions (2012)
giudizio: B
Bello, più "facile" dell'ultimo album: sono tutti remix di cose collegate a uno dei vari progetti musicali di Chauveau.
Brano migliore, il suo "A_".
Oren Ambarchi - Audience of One (2012)
giudizio: C
Lui è uno che mi piace: chitarra e laptop, fa musiche quasi sempre interessanti.
Ha anche pubblicato tre dischi in meno di un anno, e questa è una cosa che mi piace meno.
E' un modo di fare piuttosto comune in alcuni ambiti, ne avevo già accennato parlando dei Nadja, che hanno prodotto qualcosa tipo 50 dischi in 5 anni: una specie di sfida all'incomunicabilità totale.
Quale fan potrà mai ascoltare e amare 50 dischi di uno stesso gruppo?
E in qualsiasi lasso di tempo, eh, figuriamoci in 5 anni...
Per quanto riguarda Ambarchi, i tre dischi di quest'anno sono tre dischi notevoli, che hanno pochissimo in comune e testimoniano una grande vivacità compositiva.
Ma a questi ritmi si fa in fretta a cominciare a pubblicare roba ignorabile...
Library Tapes - Sun Peeking Through (2012)
giudizio: C
Ci sono tutti gli elementi che in questo momento mi interessano di più: pianoforte, archi, chitarre via laptop.
La musica si colloca tra post rock, ambient e modern classical.
I pezzi sono però carini e nulla più.
Scolasticamente parlando, hanno le possibilità ma non si applicano abbastanza.
MV & EE - Space Homestead (2012)
giudizio: D
Me li aspettavo più ostici, e invece sono molto "rock", chitarre e batteria, con qualche divagazione folk/sperimentale, ad eccezione del devastante ultimo pezzo, “Porchlight>Leaves”.
Non male, ma basta.
Nils Frahm & Anne Muller - 7Fingers (2012)
giudizio: C
Nils Frahm in versione "mista", modern classical in alcuni pezzi e glitch/elettronico in altri.
Più facile di altri suoi lavori, ma anche meno interessante.
Julie’s Haircut - The Wildlife Variations (2012)
giudizio: D
Ep con quattro brani, ho cercato ripetutamente di farmelo piacere.
Comincia con un brano vagamente kraut, prosegue con una ballata barrettiana, poi ci sono due pezzi anonimi. Peccato, perchè mi piacciono diverse cose dei Julie’s e soprattutto il loro modo di essere gruppo. Sto disco, mah.
Barbara de Dominicis & Julia Kent - Parallel41 (2012)
giudizio: D
Modern classical più ambient più voce che recita in inglese/tedesco/italiano, per un paio di brani può essere interessante, tutto l’album no.
Brian Eno - Lux (2012)
giudizio: C
Eh...
Boh.
Ambient di classe?
Cioè sempre la solita zuppa fatta da uno che conta e di cui non si può dire male, tipo Donald Fagen, diciamo, o i Sonic Youth degli anni 2000?
Grazie, faccio senza volentieri.
Dirty Projectors - Swing Lo Magellan (2012)
giudizio: C
E' più che evidente: il massimalismo non fa per me.
Ho ascoltato Sweet Lo Magellan dei Dirty Projectors.
Non è male, ma sono quelle cose che difficilmente riascolto.
Come, per dire, gli Akron Family.
C'è dentro tanto: tante cose diverse, forse troppe per i miei gusti.
Troppi ingredienti, come in quei piatti troppo ricchi di contrasti.
Preferisco cose più semplici.
Sia in cucina che in musica, sono tendenzialmente uno che apprezza il minimalismo.
Che non vuol dire banalità, ma un modo di fare le cose diverso da quello dei Dirty Projectors.
Garth Stevenson - Flying (2012)
giudizio: C
Modern classical, tra Sylvian Chauveau e Nils Frahm (non neo-classical, eh, per quello mi vengono in mente i Dead Can Dance che qui non c’entrano nulla).
Bello.
Magari sarà difficile che lo riascolti, ma bello e interessante, nel suo mescolare archi e glitch in maniera non banale.
Joe Meek And The Blue Men - I Hear a New World (1959)
giudizio: E
Ne avevo letto bene da qualche parte su Facebook, come di musica in anticipo sui tempi.
Boh.
Non sono andato oltre il terzo pezzo, e non mi capita spesso di abbandonare un disco senza ascoltarlo tutto almeno una volta.
Max Richter - Vivaldi’s Four Seasons Recomposed by Max Richter (2012)
giudizio: D
Ah, qui sono in difficoltà: Vivaldi
Delle 4 stagioni “originali” conosco praticamente solo il maledetto pappà-parapà-pàppàppà che ci tormenta da innumerevoli centralini telefonici e publicità televisive.
Questa di Max Richter non è un’esecuzione, ma una riscrittura della partitura, secondo la sua sensibilità.
Non essendo in grado di paragonarla a un originale che non ho mai sentito, posso dire che mancano quasi tutte le parti zumpappeggianti che nel mio immaginario associo da sempre alla musica classica, e spesso c’è un accenno di drone in sottofondo che rende la cosa piuttosto moderna.
Interessante, anche, ma è un ascolto che sicuramente non riaffronterò: troppe sono le parrti che non mi dicono nulla.
Vanessa Rossetto - Exotic Exit (2012)
giudizio: E
Dove cazzo ne ho letto bene? non ricordo, malediz.
Per segnarmi il nome e non seguirne mai più il parere.
Disco inutile di non-musica.
Troppo anche per me.
Note e links:
Novità a partire da questa puntata: il giudizio sintetico.
A - Sicuramente lo riascolterò più volte.
B - Prima o poi lo riascolterò.
C - Lo lascio sull'iPod, ma difficilmente lo riascolterò.
D - Cancellato dall’iPod.
E - Cancellato dall’iPod e dal disco rigido.
giudizio: B
Bello, più "facile" dell'ultimo album: sono tutti remix di cose collegate a uno dei vari progetti musicali di Chauveau.
Brano migliore, il suo "A_".
Oren Ambarchi - Audience of One (2012)
giudizio: C
Lui è uno che mi piace: chitarra e laptop, fa musiche quasi sempre interessanti.
Ha anche pubblicato tre dischi in meno di un anno, e questa è una cosa che mi piace meno.
E' un modo di fare piuttosto comune in alcuni ambiti, ne avevo già accennato parlando dei Nadja, che hanno prodotto qualcosa tipo 50 dischi in 5 anni: una specie di sfida all'incomunicabilità totale.
Quale fan potrà mai ascoltare e amare 50 dischi di uno stesso gruppo?
E in qualsiasi lasso di tempo, eh, figuriamoci in 5 anni...
Per quanto riguarda Ambarchi, i tre dischi di quest'anno sono tre dischi notevoli, che hanno pochissimo in comune e testimoniano una grande vivacità compositiva.
Ma a questi ritmi si fa in fretta a cominciare a pubblicare roba ignorabile...
Library Tapes - Sun Peeking Through (2012)
giudizio: C
Ci sono tutti gli elementi che in questo momento mi interessano di più: pianoforte, archi, chitarre via laptop.
La musica si colloca tra post rock, ambient e modern classical.
I pezzi sono però carini e nulla più.
Scolasticamente parlando, hanno le possibilità ma non si applicano abbastanza.
MV & EE - Space Homestead (2012)
giudizio: D
Me li aspettavo più ostici, e invece sono molto "rock", chitarre e batteria, con qualche divagazione folk/sperimentale, ad eccezione del devastante ultimo pezzo, “Porchlight>Leaves”.
Non male, ma basta.
Nils Frahm & Anne Muller - 7Fingers (2012)
giudizio: C
Nils Frahm in versione "mista", modern classical in alcuni pezzi e glitch/elettronico in altri.
Più facile di altri suoi lavori, ma anche meno interessante.
Julie’s Haircut - The Wildlife Variations (2012)
giudizio: D
Ep con quattro brani, ho cercato ripetutamente di farmelo piacere.
Comincia con un brano vagamente kraut, prosegue con una ballata barrettiana, poi ci sono due pezzi anonimi. Peccato, perchè mi piacciono diverse cose dei Julie’s e soprattutto il loro modo di essere gruppo. Sto disco, mah.
Barbara de Dominicis & Julia Kent - Parallel41 (2012)
giudizio: D
Modern classical più ambient più voce che recita in inglese/tedesco/italiano, per un paio di brani può essere interessante, tutto l’album no.
Brian Eno - Lux (2012)
giudizio: C
Eh...
Boh.
Ambient di classe?
Cioè sempre la solita zuppa fatta da uno che conta e di cui non si può dire male, tipo Donald Fagen, diciamo, o i Sonic Youth degli anni 2000?
Grazie, faccio senza volentieri.
Dirty Projectors - Swing Lo Magellan (2012)
giudizio: C
E' più che evidente: il massimalismo non fa per me.
Ho ascoltato Sweet Lo Magellan dei Dirty Projectors.
Non è male, ma sono quelle cose che difficilmente riascolto.
Come, per dire, gli Akron Family.
C'è dentro tanto: tante cose diverse, forse troppe per i miei gusti.
Troppi ingredienti, come in quei piatti troppo ricchi di contrasti.
Preferisco cose più semplici.
Sia in cucina che in musica, sono tendenzialmente uno che apprezza il minimalismo.
Che non vuol dire banalità, ma un modo di fare le cose diverso da quello dei Dirty Projectors.
Garth Stevenson - Flying (2012)
giudizio: C
Modern classical, tra Sylvian Chauveau e Nils Frahm (non neo-classical, eh, per quello mi vengono in mente i Dead Can Dance che qui non c’entrano nulla).
Bello.
Magari sarà difficile che lo riascolti, ma bello e interessante, nel suo mescolare archi e glitch in maniera non banale.
Joe Meek And The Blue Men - I Hear a New World (1959)
giudizio: E
Ne avevo letto bene da qualche parte su Facebook, come di musica in anticipo sui tempi.
Boh.
Non sono andato oltre il terzo pezzo, e non mi capita spesso di abbandonare un disco senza ascoltarlo tutto almeno una volta.
Max Richter - Vivaldi’s Four Seasons Recomposed by Max Richter (2012)
giudizio: D
Ah, qui sono in difficoltà: Vivaldi
Delle 4 stagioni “originali” conosco praticamente solo il maledetto pappà-parapà-pàppàppà che ci tormenta da innumerevoli centralini telefonici e publicità televisive.
Questa di Max Richter non è un’esecuzione, ma una riscrittura della partitura, secondo la sua sensibilità.
Non essendo in grado di paragonarla a un originale che non ho mai sentito, posso dire che mancano quasi tutte le parti zumpappeggianti che nel mio immaginario associo da sempre alla musica classica, e spesso c’è un accenno di drone in sottofondo che rende la cosa piuttosto moderna.
Interessante, anche, ma è un ascolto che sicuramente non riaffronterò: troppe sono le parrti che non mi dicono nulla.
Vanessa Rossetto - Exotic Exit (2012)
giudizio: E
Dove cazzo ne ho letto bene? non ricordo, malediz.
Per segnarmi il nome e non seguirne mai più il parere.
Disco inutile di non-musica.
Troppo anche per me.
Note e links:
Novità a partire da questa puntata: il giudizio sintetico.
A - Sicuramente lo riascolterò più volte.
B - Prima o poi lo riascolterò.
C - Lo lascio sull'iPod, ma difficilmente lo riascolterò.
D - Cancellato dall’iPod.
E - Cancellato dall’iPod e dal disco rigido.
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mercoledì 28 novembre 2012
Nick Drake - Pink Moon Deluxe Vinyl Box Set (secondo tentativo)
C'è un limite al peggio?
Perchè questo è molto peggio del box dei Velvet Underground.
Eticamente, voglio dire.
Riproduzione della prima stampa del 1972 di "Pink Moon", su vinile vergine da Audiofili, con copertina apribile, rimasterizzato dall'originale produttore/ingegnere del suono John Wood presso gli studi di Abbey Road.
Cotillons: il poster promozionale dell'epoca per i negozi e la riproduzione del manoscritto dei testi di quattro canzoni.
Il tutto inserito in un box di cartone che riproduce la confezione del master-tape.
In omaggio, il codice per scaricare una versione digitale a 24 bit.
Ora.
Anche senza voler considerare che l'ultima versione rimasterizzata è quella del 2003, e che forse una rimasterizzazione ogni 10 anni è un po' eccessiva.
Sapere che la musica di Nick Drake è disponibile in ben due "formati audiofili" per una cricca di coglioni che ascolta il suono dei piedini del giradischi, mi mette adosso una tristezza infinita.
Sarò fatto male io.
Ma questa volta, credo proprio di no.
Note e links:
[1] Prentazione in inglese, per chi credesse che mi sto inventando qualcosa:
"Deluxe/Heavyweight Box Set with an authentic reproduction of the 1972 first pressing, Includes digital download voucher redeemable from the label, with various formats including 24 bit** On February the 25th 1972 Island Records released Nick Drake's third, and what was to be his final, album Pink Moon to a largely disinterested press and public. 40 years on since its birth, Universal re-presents the album in an exactly replicated vinyl pressing, re-mastered by the original co-producer and engineer; John Wood at Abbey Road and pressed on Audiophile virgin vinyl with the original gatefold sleeve, inner sleeve, paper labels, the promotional shop-poster and a facsimile of Nick's handwritten lyrics to four of the songs, all gathered together in a box showing the original master tape box from which the vinyl was mastered. Purchasers also get access to a free electronic downloadable version in 24 bit digital."
L'originale lo trovate qui.
[2] Secondo tentativo, il primo ha generato una discussione davvero poco interessante... per la prima volta ho deciso di censurarla completamente.
Perchè questo è molto peggio del box dei Velvet Underground.
Eticamente, voglio dire.
Riproduzione della prima stampa del 1972 di "Pink Moon", su vinile vergine da Audiofili, con copertina apribile, rimasterizzato dall'originale produttore/ingegnere del suono John Wood presso gli studi di Abbey Road.
Cotillons: il poster promozionale dell'epoca per i negozi e la riproduzione del manoscritto dei testi di quattro canzoni.
Il tutto inserito in un box di cartone che riproduce la confezione del master-tape.
In omaggio, il codice per scaricare una versione digitale a 24 bit.
Ora.
Anche senza voler considerare che l'ultima versione rimasterizzata è quella del 2003, e che forse una rimasterizzazione ogni 10 anni è un po' eccessiva.
Sapere che la musica di Nick Drake è disponibile in ben due "formati audiofili" per una cricca di coglioni che ascolta il suono dei piedini del giradischi, mi mette adosso una tristezza infinita.
Sarò fatto male io.
Ma questa volta, credo proprio di no.
Note e links:
[1] Prentazione in inglese, per chi credesse che mi sto inventando qualcosa:
"Deluxe/Heavyweight Box Set with an authentic reproduction of the 1972 first pressing, Includes digital download voucher redeemable from the label, with various formats including 24 bit** On February the 25th 1972 Island Records released Nick Drake's third, and what was to be his final, album Pink Moon to a largely disinterested press and public. 40 years on since its birth, Universal re-presents the album in an exactly replicated vinyl pressing, re-mastered by the original co-producer and engineer; John Wood at Abbey Road and pressed on Audiophile virgin vinyl with the original gatefold sleeve, inner sleeve, paper labels, the promotional shop-poster and a facsimile of Nick's handwritten lyrics to four of the songs, all gathered together in a box showing the original master tape box from which the vinyl was mastered. Purchasers also get access to a free electronic downloadable version in 24 bit digital."
L'originale lo trovate qui.
[2] Secondo tentativo, il primo ha generato una discussione davvero poco interessante... per la prima volta ho deciso di censurarla completamente.
mercoledì 14 novembre 2012
Ascolti recenti - novembre 2012
Belong - Common Era (2011)
giudizio: C
Ascoltati su consiglio di Pericle.
Bravi eh.
Però i Cure ci sono già stati, come ci sono già stati i gruppi che suonavano come loro in quegli stessi anni, ed erano la serie B dei Cure.
Questi cosa sono, la serie C?
Alcuni pezzi son anche carini, ma qual è lo scopo di questo disco?
Domando scusa, ma io non riesco ad accontentarmi della serie C...
The Black Angels - Passover (2006)
giudizio: B
Gli Spacemen 3 suonavano così, però senza il cantante che voleva essere Jim Morrison (a volte in maniera quasi imbarazzante).
Buon gruppo derivativo, con pezzi superiori alla media.
Senza infamia e senza lode.
Dresda - Diluvio (2012)
giudizio: A
Ottimo ep, tra post rock e noise.
Sono di Genova e incidono per Marsiglia Records, il che è garanzia di qualità.
Scaricato da Bandcamp, ordinata anche la copia fisica...
Fabrizio Paterlini - Autumn Stories (2012)
giudizio: C
Un disco di pianoforte solo, con rari interventi di synth e di field recordings.
Bello, ma dopo tre/quattro pezzi scende inesorabile una noia profonda e sonnifera, e visto che, come al solito, ascolto in macchina, non posso che passare ad altro.
Giardini di Mirò - Unluck ep (2012)
giudizio: A
Da ascoltare: tre brani ottimi, uno completamente inedito e due che erano già sulla versione iTunes di "Good Luck".
Niente smandolinate, ma una deriva fatta mix di drone, ambient, post-punk e anni '90, batteria affogata nel riverbero e suoni impeccabili: sono il mio gruppo preferito di adesso, punto.
In download anche gratuito da Bandcamp.
Khonnor - Handwriting (2004)
giudizio: A
L'ho scoperto per caso.
Sembra avesse 17 anni quando ha inciso questo disco, preceduto e seguito da alcuni EP.
Non c'è molto da dire: è un CAPOLAVORO ASSOLUTO, e l'ho scritto in lettere maiuscole.
Tra folk, glitch, ambient, elettronica e molto altro, un disco che da un senso compiuto all'espressione "folktronica".
Indispensabile come pochi altri.
Paper Cranes - Oh, Love! (2012)
giudizio: E
Delle volte mi trovo sull'iPod dei gruppi che non mi ricordo come e perchè ci sono finiti sopra.
Questi ne sono un esempio: devo averne letto bene da qualche parte e scaricato il loro lavoro da Bandcamp, ma è un folk-pop carino ed innocuo.
Ascoltato una volta, rimosso.
Tame Impala - Lonerism (2012)
giudizio: C
Primo ascolto: sono i Beatles, versione John Lennon zuccherosa.
Psichedelia beatlesiana impeccabile, la batteria suona come quella di Ringo e il basso spesso sembra quello di Paul.
Nel complesso, un gruppo troppo derivativo per i miei gusti attuali.
twoas4 - In Pain English (2012)
giudizio: B
Gran bel disco, lo trovate su Bandcamp in download a 2 euro, ma c'è anche la copia fisica.
Certo, la voglia di essere i Sonic Youth è grande, ma siccome ce l'ho avuta anch'io mi tocca essere più buono del solito.
Loro lo fanno molto bene, con alcune canzoni al limite del capolavoro.
E poi sono prodotti da Paolo Mauri, che suona anche il basso, e così ho DOVUTO ordinare anche il cd...
Umberto Maria Giardini - La dieta dell'imperatrice (2012)
giudizio: C
Non è male, ma boh, di questo disco non mi piace mai niente fino in fondo.
The Velvet Underground & Nico - De Luxe Mega etc. (1967/2012)
giudizio: B
E va bene, l'ho scaricato: lo sapevo che non avrei resistito.
Togliamo subito di mezzo le due versioni mono e stereo, e il disco di Nico: roba bellissima, ma non ho nè voglia nè tempo di fare il paragone con gli originali oppure tra le due diverse versioni mono e stereo precedenti.
Suonano bene, tanto mi basta.
Le Scepter Sessions: i pezzi sono grosso modo indistinguibili dagli originali, a parte alcune variazioni davvero minime (alcuni mix leggermente diversi, alcune takes alternative, una voce con più o meno riverbero, etc.)
La variazione più grossa in assoluto è l'inizio di "Heroin": in tutte le versioni qui presenti diverse da quella ufficiale, Lou canta "I just know where I'm going" invece di "I don't know just where I'm going".
Volendo stare a menarsela, lo spostamento di senso del testo è notevole, visto l'argomento: nella prima versione Lou Reed sa solamente dove sta andando, in quella pubblicata non sa davvero dove sta andando.
La realtà però (secondo me etc.) è che metricamente la versione pubblicata rende meglio.
C'è una cosa "strana", ma non avendo il libretto del cd non so se magari lì è spiegato.
Alcuni dei pezzi delle Scepter Sessions sono indicati come "tape sourced", altri come "vinyl sourced".
I primi si sentono molto meglio dei secondi, come è ovvio: quelli vinyl sourced hanno rumorini vari ed eventuali: fruscii, click e pop.
Però io avevo capito che le Scepter Sessions originali erano "perdute", e l'unica testimonianza fosse il vinile "ritovato" qualche anno fa (la storia è in giro ovunque sul web, non la ripeto)
O avevo capito male io, o sono stati ritrovati anche i nastri (ma non tutti?), boh.
Seguono le prove alla Factory, e queste sono piuttosto interessanti, soprattutto "Miss Joanie Lee", che è una specie di prova generale per Sister Ray.
Divertente la prova con Nico che tenta di cantare "There she goes again" ("I have to learn that!") che sembra esattamente quello che è, un nastro di quelli che ogni gruppo registra in sala prove per riascoltare quello che sta facendo.
Bellissimo il punto in cui Nico sbaglia, gli altri si fermano ma non tutti insieme e batteria e basso continuano con il riff - ho decine di cassette in sala prove in cui facciamo le stesse identiche cose!
Il che può voler dire due cose: noi eravamo uguali ai Velvet (ahem), oppure i Velvet erano un gruppo come tutti gli altri - solo molto più bravi.
Direi buona la seconda.
Il live al Valleydale Ballroom, Columbus, Ohio, esticazzi!
Comincia con "Melody Laughter", che c'era già sul cofanetto con la banana di qualche anno fa, ed è ancora un pezzo che sembra avanguardia 45 anni dopo.
Poi c'è Nico dal vivo, ma si sente appena appena cosa succede: la qualità sonora migliora con i pezzi seguenti.
A parte "Nothing song", pallosa, ma forse era la base per un'esibizione/balletto/cazzo-ne-so, il resto è un vero documento sonoro dei Velvet pre-primo disco.
giudizio: C
Ascoltati su consiglio di Pericle.
Bravi eh.
Però i Cure ci sono già stati, come ci sono già stati i gruppi che suonavano come loro in quegli stessi anni, ed erano la serie B dei Cure.
Questi cosa sono, la serie C?
Alcuni pezzi son anche carini, ma qual è lo scopo di questo disco?
Domando scusa, ma io non riesco ad accontentarmi della serie C...
The Black Angels - Passover (2006)
giudizio: B
Gli Spacemen 3 suonavano così, però senza il cantante che voleva essere Jim Morrison (a volte in maniera quasi imbarazzante).
Buon gruppo derivativo, con pezzi superiori alla media.
Senza infamia e senza lode.
Dresda - Diluvio (2012)
giudizio: A
Ottimo ep, tra post rock e noise.
Sono di Genova e incidono per Marsiglia Records, il che è garanzia di qualità.
Scaricato da Bandcamp, ordinata anche la copia fisica...
Fabrizio Paterlini - Autumn Stories (2012)
giudizio: C
Un disco di pianoforte solo, con rari interventi di synth e di field recordings.
Bello, ma dopo tre/quattro pezzi scende inesorabile una noia profonda e sonnifera, e visto che, come al solito, ascolto in macchina, non posso che passare ad altro.
Giardini di Mirò - Unluck ep (2012)
giudizio: A
Da ascoltare: tre brani ottimi, uno completamente inedito e due che erano già sulla versione iTunes di "Good Luck".
Niente smandolinate, ma una deriva fatta mix di drone, ambient, post-punk e anni '90, batteria affogata nel riverbero e suoni impeccabili: sono il mio gruppo preferito di adesso, punto.
In download anche gratuito da Bandcamp.
Khonnor - Handwriting (2004)
giudizio: A
L'ho scoperto per caso.
Sembra avesse 17 anni quando ha inciso questo disco, preceduto e seguito da alcuni EP.
Non c'è molto da dire: è un CAPOLAVORO ASSOLUTO, e l'ho scritto in lettere maiuscole.
Tra folk, glitch, ambient, elettronica e molto altro, un disco che da un senso compiuto all'espressione "folktronica".
Indispensabile come pochi altri.
Paper Cranes - Oh, Love! (2012)
giudizio: E
Delle volte mi trovo sull'iPod dei gruppi che non mi ricordo come e perchè ci sono finiti sopra.
Questi ne sono un esempio: devo averne letto bene da qualche parte e scaricato il loro lavoro da Bandcamp, ma è un folk-pop carino ed innocuo.
Ascoltato una volta, rimosso.
Tame Impala - Lonerism (2012)
giudizio: C
Primo ascolto: sono i Beatles, versione John Lennon zuccherosa.
Psichedelia beatlesiana impeccabile, la batteria suona come quella di Ringo e il basso spesso sembra quello di Paul.
Nel complesso, un gruppo troppo derivativo per i miei gusti attuali.
twoas4 - In Pain English (2012)
giudizio: B
Gran bel disco, lo trovate su Bandcamp in download a 2 euro, ma c'è anche la copia fisica.
Certo, la voglia di essere i Sonic Youth è grande, ma siccome ce l'ho avuta anch'io mi tocca essere più buono del solito.
Loro lo fanno molto bene, con alcune canzoni al limite del capolavoro.
E poi sono prodotti da Paolo Mauri, che suona anche il basso, e così ho DOVUTO ordinare anche il cd...
Umberto Maria Giardini - La dieta dell'imperatrice (2012)
giudizio: C
Non è male, ma boh, di questo disco non mi piace mai niente fino in fondo.
The Velvet Underground & Nico - De Luxe Mega etc. (1967/2012)
giudizio: B
E va bene, l'ho scaricato: lo sapevo che non avrei resistito.
Togliamo subito di mezzo le due versioni mono e stereo, e il disco di Nico: roba bellissima, ma non ho nè voglia nè tempo di fare il paragone con gli originali oppure tra le due diverse versioni mono e stereo precedenti.
Suonano bene, tanto mi basta.
Le Scepter Sessions: i pezzi sono grosso modo indistinguibili dagli originali, a parte alcune variazioni davvero minime (alcuni mix leggermente diversi, alcune takes alternative, una voce con più o meno riverbero, etc.)
La variazione più grossa in assoluto è l'inizio di "Heroin": in tutte le versioni qui presenti diverse da quella ufficiale, Lou canta "I just know where I'm going" invece di "I don't know just where I'm going".
Volendo stare a menarsela, lo spostamento di senso del testo è notevole, visto l'argomento: nella prima versione Lou Reed sa solamente dove sta andando, in quella pubblicata non sa davvero dove sta andando.
La realtà però (secondo me etc.) è che metricamente la versione pubblicata rende meglio.
C'è una cosa "strana", ma non avendo il libretto del cd non so se magari lì è spiegato.
Alcuni dei pezzi delle Scepter Sessions sono indicati come "tape sourced", altri come "vinyl sourced".
I primi si sentono molto meglio dei secondi, come è ovvio: quelli vinyl sourced hanno rumorini vari ed eventuali: fruscii, click e pop.
Però io avevo capito che le Scepter Sessions originali erano "perdute", e l'unica testimonianza fosse il vinile "ritovato" qualche anno fa (la storia è in giro ovunque sul web, non la ripeto)
O avevo capito male io, o sono stati ritrovati anche i nastri (ma non tutti?), boh.
Seguono le prove alla Factory, e queste sono piuttosto interessanti, soprattutto "Miss Joanie Lee", che è una specie di prova generale per Sister Ray.
Divertente la prova con Nico che tenta di cantare "There she goes again" ("I have to learn that!") che sembra esattamente quello che è, un nastro di quelli che ogni gruppo registra in sala prove per riascoltare quello che sta facendo.
Bellissimo il punto in cui Nico sbaglia, gli altri si fermano ma non tutti insieme e batteria e basso continuano con il riff - ho decine di cassette in sala prove in cui facciamo le stesse identiche cose!
Il che può voler dire due cose: noi eravamo uguali ai Velvet (ahem), oppure i Velvet erano un gruppo come tutti gli altri - solo molto più bravi.
Direi buona la seconda.
Il live al Valleydale Ballroom, Columbus, Ohio, esticazzi!
Comincia con "Melody Laughter", che c'era già sul cofanetto con la banana di qualche anno fa, ed è ancora un pezzo che sembra avanguardia 45 anni dopo.
Poi c'è Nico dal vivo, ma si sente appena appena cosa succede: la qualità sonora migliora con i pezzi seguenti.
A parte "Nothing song", pallosa, ma forse era la base per un'esibizione/balletto/cazzo-ne-so, il resto è un vero documento sonoro dei Velvet pre-primo disco.
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