Dispense Corso Acustica Parte1
Dispense Corso Acustica Parte1
Dispense Corso Acustica Parte1
1 Fondamenti di acustica
L'acustica è la scienza del suono, inteso sia come fenomeno fisico che, pro-
dotto da vibrazioni meccaniche, si propaga per onde in un mezzo elastico, sia come
sensazione psicologica che queste onde producono sull'uomo.
Il suono è una perturbazione, prodotta da una sorgente sonora, che propagan-
dosi in un mezzo elastico provoca una variazione di pressione e uno spostamento
di particelle, tale da poter essere rilevata da una persona o da uno strumento acu-
stico. Da questa definizione deriva che il fenomeno acustico dal punto di vista tec-
nico prevede la presenza contemporanea della sorgente sonora, del mezzo di tra-
smissione e del ricevitore.
Il fenomeno ondulatorio, connesso con il suono, fa sì che le varie particelle
del mezzo, in cui esso si trasmette, vibrino propagando la perturbazione alle parti-
celle vicine. Mentre questa perturbazione, che trasporta sia l'informazione che l'e-
nergia, si propaga a distanza, le singole particelle, anche nel caso di fluidi, riman-
gono sempre in prossimità della loro posizione originale. Tali vibrazioni locali
(compressione e rarefazione) nel caso di gas o liquidi sono sempre parallele alla
direzione di propagazione dell'onda, per cui si parlerà di onde longitudinali, mentre
nel caso di solidi, che possono trasmettere sforzi di taglio, vi saranno anche onde
trasversali.
Nel fenomeno sonoro oltre alla velocità di propagazione, che misura la rapi-
dità con cui il segnale si sposta da un punto all'altro del mezzo di trasmissione,
occorre attentamente considerare anche alcune proprietà fisiche caratteristiche delle
onde, quali la frequenza, il periodo e la lunghezza d'onda.
La frequenza, legata alla rapidità con cui le particelle oscillano in ogni singolo
punto, è la misura fisica del numero di oscillazioni nell’unità di tempo; il suo sim-
bolo è f, la sua unità di misura il ciclo per secondo, internazionalmente chiamata
Hertz [Hz]. Alla frequenza, che nel caso di individui adulti normal-udenti risulta
essere percepibile nel campo di valori che si estende approssimativamente dai 20 ai
16.000 Hz, è collegata l'altezza soggettiva del suono.
Livelli in decibel e valori della pressione sonora per alcuni suoni tipici
2 1 ∂ 2p
∇ p= 2 2
c ∂t
Le relazioni precedenti esprimono l'equazione delle onde in coordinate carte-
siane e sono molto utili per lo studio della propagazione delle onde piane. Nel caso
Acustica 6
e
∂p ∂p
F ( x + dx) = p + dx dA = p + dx ⋅ dy ⋅ dz
∂y ∂y
Corrispondenti ad una forza netta:
∂p ∂p ∂p
F = p ⋅ dy ⋅ dz − p + dx ⋅ dy ⋅ dz = − dx ⋅ dy ⋅ dz = − dV
∂y ∂x ∂x
A tal punto, detta m la massa dell’elementino (m=ρ⋅dx⋅dy⋅dz), e v la velocità
di oscillazione della singola particella (d’ora innanzi denominata velocità di parti-
cella) si può esprimere la legge di Newton e ottenere l’equazione del moto:
dv ∂p ∂p ∂v
F = ρ ⋅ dx ⋅ dy ⋅ dz =− dV → − =ρ
dt ∂x ∂x ∂t
Avendo trascurato il differenziale del second’ordine nell’equazione:
Acustica 7
dv ∂v ∂v ∂x
= + ⋅
dt ∂t ∂x ∂t
A questo punto, possiamo procedere a scrivere l’equazione dei gas. Poiché i
processi oscillatori sono molto rapidi è possibile ritenere che le trasformazioni ter-
modinamiche che avvengono siano sostanzialmente adiabatiche e, pertanto, rette
dall’equazione
cp
PV k = const. con k = = 1.4
cv
Con cp e cv calori specifici rispettivamente a pressione e a volume costante.
Differenziando l’equazione si ottiene
d(PVk ) = 0
E, dopo aver posto l’equazione in forma logaritmica PVk = log P + klogV
dP dV dP dV
+k =0→ = −k
P V P V
A questo punto, come per P = p0 + p, si può scrivere V = V0+τ , con τ pari
alla variazione di volume, piccola rispetto a V. Se p e τ sono piccoli rispetto ai valori
di riferimento ne consegue, pertanto, che P≈p0 e V≈V0:
p τ
+k =0
p0 V0
Infine, derivando rispetto al tempo si ottiene:
1 ∂p k ∂τ
=−
p0 ∂t V0 ∂t
Ovviamente, nella propagazione per via solida, l’equazione precedente non può
essere applicata e le cose si complicano un po’.
Acustica 8
Non resta che scrivere l’equazione della conservazione della massa. Riconsi-
deriamo l’elemento di volume precedente, prendendo in considerazione lo sposta-
mento subito dalle due facce perpendicolari alla direzione di propagazione. La va-
riazione di volume può essere espressa come:
∂ξ x ∂ξ ∂ξ
τ = ξ x + dx − ξ x dy ⋅ dz = x dx ⋅ dy ⋅ dz = x V0
∂x ∂x ∂x
è una funzione di x e t data dalla somma di due funzioni generali nella seguente
forma:
( , )= ( − )+ ( + )
F e G sono due funzioni generiche la cui unica caratteristica deve essere di-
pendere da t e x, rese dimensionalmente coerenti moltiplicando il tempo per la gran-
dezza c che ha le dimensioni di una velocità. Per comprendere meglio il suo signi-
ficato fisico, però, osserviamo la funzione F e immaginiamo di prenderla a un
istante 0 e in una posizione 0, la sua equazione sarà:
(t0,x0) =( 0 − 0)
=
ρ
= 20.04√
Per cui c dipende solo dalla temperatura dell’aria. La c per l’aria è all’incirca
uguale a 340 m/s e più elevata sarà la temperatura maggiore sarà la velocità di pro-
pagazione.
1
La formula di Eulero, infatti, stabilisce che eiγ = cos γ + i sen γ
Acustica 12
Una volta acquisiti gli strumenti matematici per manipolare i fenomeni ondu-
latori è possibile procedere nella definizione di quelle che sono le grandezze ener-
getiche atte a descrivere i fenomeni sonori. Il primo aspetto su cui focalizziamo
l’attenzione è quello di pressione efficace PQQ , una grandezza indispensabile per
sopperire all’impossibilità di definire correttamente un valore medio per le funzioni
periodiche, le quali potendo assumere valori sia positivi, sia negativi, restituireb-
bero valori non rappresentativi della reale “intensità” del fenomeno, o addirittura
Acustica 13
1 T
PQQ = R S( )%
Ci riferiamo solo al tempo perché diamo per scontato che stiamo effettuando
l’integrazione in un punto ben preciso e quindi la dipendenza da x viene meno.
Vediamo come nel caso di una funzione sinusoidale semplice la pressione
efficace possa essere espressa in funzione di quelle che sono le grandezze che ca-
ratterizzano la funzione armonica
1 T
"
PQQ = R "S #$ S (1 − )% = → "= PQQ √2
√2
Quindi nel caso di una funzione armonica la pressione efficace è direttamente
proporzionale all’ ampiezza.
Adesso vogliamo trovare una relazione che leghi la velocità di particella
(che ricordiamo essere una grandezza vettoriale, di cui al momento consideriamo
la sola componente nella direzione x), alla pressione acustica per capire in che
modo variano le due grandezze, e per farlo andiamo a scomodare l’equazione del
moto:
V V
− =W
V V
da cui, integrando, si ottiene:
1 V 1
( , )=− R % = − R −) " & :(?@ABC) %
W V W
Quella che vediamo sotto il segno di integrale è la derivata fatta rispetto ad x
della pressione, di cui diamo per scontato che andremo sempre a prendere la parte
reale. Abbiamo detto che integrando dobbiamo dividere per ")1", pertanto:
" ) " :(?@ABC)
( , )= "& :(?@ABC) % = &
W )1 W 1
Ricordandoci che:
2. 2. 2. 1
1= & = = → =
7 1
Risulta:
1 1
( , )= "& :(?@ABC) = ( , )
W W
Acustica 14
Supponiamo di avere un’onda piana che si muove in una certa direzione ca-
ratterizzata dal vettore velocità Y e dalla pressione p. Se tale onda attraversa una
superficie piana di area dA, avente come normale %-jY determinerà uno spostamento
%k nella direzione di propagazione. Il lavoro compiuto durante tale spostamento
sarà dato dal prodotto della forza (ottenuta moltiplicando la pressione p per l’area
dA) per la componente dello spostamento in direzione normale alla superficie. Per-
tanto se lo spostamento è %k, la sua componente rispetto a %-jY sarà %k cos F. Quindi
possiamo esprimere l’energia come %l = %" %k cos F e conseguentemente l’in-
tensità acustica come:
Acustica 15
%l %" %k #$F
m( , F) = =
%" % %" %
%k
Ma poiché
=
%
Ne consegue che
m( , F) = ⋅ cos F
Da cui consegue che l’intensità assumerà valore massimo quando l’onda si
muove perpendicolarmente alla superficie, mentre se il moto avviene parallela-
mente l’intensità sarà nulla. A tal punto, richiamando il concetto di impedenza acu-
stica caratteristica si ha anche che, sempre per l’onda piana:
S
m( , F) = #$F
X
Il valore così determinato è evidentemente istantaneo. Se volessimo ricavare
un valore medio misurato nel punto, si dovrebbe procedere integrando l’espressione
precedente:
1 T S S
m (̅ F) = R m( , F)% = cos F = cos F
PQQ PQQ
X W
V o V
W =−
V V-
Da cui, se conosco la pressione in due punti sufficientemente vicini e distanti d
1 @
= − R ( q (r) − S (r))%r
o
W %
Su questo semplice principio si basa l’intensimetria, ovvero la misura dell’inten-
sità acustica.
Lp
p eff = p effrif 10 20 Pa
Nel caso in cui due o più suoni, dei quali si conoscono i livelli Li, si sovrap-
pongono, per calcolare il livello totale, LT, occorre ricordare che le grandezze che
si sommano sono quelle energetiche, quindi in generale si avrà:
Li
L T = 10 log10 ∑i10 10 dB
Per sommare o sottrarre due livelli espressi in dB si può anche procedere gra-
ficamente utilizzando opportuni grafici che forniscono in funzione della differenza
in dB tra i due livelli da sommare o sottrarre la correzione da apportare al valore
più alto per ottenere il risultato voluto.
Dall’esame dei grafici, riportati nelle figure precedenti, si può notare tra l’al-
tro che:
- nel caso di somma dei livelli di due sorgenti l’incremento del livello totale
rispetto al livello più alto è al massimo ∆L = 3dB quando i due livelli da sommare
sono eguali, mentre è trascurabile quando i due livelli differiscono per più di 10 dB;
- nel caso di differenza, se il livello totale differisce dal livello di una sorgente
di 3 dB, i livelli delle due sorgenti saranno eguali; se la differenza, invece, è infe-
riore a 3 dB significa che il livello della sorgente da sottrarre è inferiore all’altro. In
questo caso diventa difficile valutare con buona approssimazione il contributo di
questa sorgente per la ripidità dell’andamento della curva, considerando che la pre-
cisione con cui si fanno normalmente le misure acustiche è di ±0,5 dB.
Le sorgenti sonore reali difficilmente emettono suoni puri vibrando con oscil-
lazione sinusoidale di ben definita frequenza. Il più delle volte, invece, l’andamento
temporale della pressione in un punto si presenta come una funzione complessa e il
Acustica 19
suono, ivi rilevato, può essere considerato come composto da un insieme di suoni
puri di diverse frequenze, variabili discretamente o con continuità.
Il teorema di Fourier consente di sviluppare sotto certe condizioni, peraltro
sempre verificate nei casi di interesse fisico, una funzione x=x(t), periodica di pe-
riodo T e di frequenza f=1/T, in una somma di infiniti termini armonicamente cor-
relati, ciascuno dei quali è caratterizzato da una frequenza multipla di fondamentale,
f. Pertanto un suono periodico può sempre essere scomposto in un insieme di suoni
puri di diversa frequenza (armoniche).
Rappresentazione nel dominio del tempo e della frequenza (spettro) di un suono puro, di
un suono complesso periodico e di un suono aperiodico
Spettro del livello di potenza di un ventilatore centrifugo misurato in bande di ottava (sini-
stra) e di terzi di ottava (destra)
f c = f1 f 2
Le bande di frequenza utilizzate in acustica hanno la ragione della progres-
sione geometrica pari ad una potenza di 2. Pertanto tra la frequenza finale e quella
iniziale della banda si avrà:
Acustica 21
f2 = 2 n f1
Per n=1 si ottengono le bande di ottava per le quali risulta:
fc
f 2 = 2 f1 f1 = f2 = fc 2
2
Le bande di ottava possono costituire campi di frequenze troppo larghi per
alcune rilevazioni per le quali è preferibile usare bande più strette.
Per n=1/3 si ottengono le bande di terzi di ottava per le quali risulta:
f
f2 = 3 2f1 f1 = 6 c f2 = fc 6 2
2
Il campo udibile può essere suddiviso in bande di ottava o di terzi di ottava
contigue fissate con convenzione internazionale, come riportato nella tabella se-
guente.
Suddivisione dello spettro di frequenze udibile in bande di ottava e di terzi di ottava.
ottava terzi di ottava
banda frequenza frequenza frequenza frequenza frequenza frequenza
inferiore centrale superiore inferiore centrale superiore
12 11 16 22 14,1 16 17,8
13 17,8 20 22,4
14 22,4 25 28,2
15 22 31,5 44 28,2 31,5 35,5
16 35,5 40 44,7
17 44,7 50 56,2
18 44 63 88 56,2 63 70,8
19 70,8 80 89,1
20 89,1 100 112
21 88 125 177 112 125 141
22 141 160 178
23 178 200 224
24 177 250 355 224 250 282
25 282 315 355
26 355 400 447
27 355 500 710 447 500 562
28 562 630 708
29 708 800 891
30 710 1.000 1.420 891 1.000 1.122
31 1.122 1.250 1.413
32 1.413 1.600 1.778
33 1.420 2.000 2.840 1.778 2.000 2.239
34 2.239 2.500 2.818
35 2.818 3.150 3.548
36 2.840 4.000 5.680 3.548 4.000 4.467
37 4.467 5.000 5.623
38 5.623 6.300 7.079
39 5.680 8.000 11.360 7.079 8.000 8.913
40 8.913 10.000 11.220
41 11.220 12.500 14.130
42 11.360 16.000 22,720 14.130 16.000 17.780
43 17.780 20.000 22.390
Acustica 22
LW1 Lw 2 LWn
LW = 10 log10 10 + 10 + ⋅⋅⋅ + 10 10
10 10
Sommando con le relazioni precedenti i livelli determinati nelle singole sot-
tobande, si ottiene il livello globale di un suono in tutta la banda acustica.
Spesso però, soprattutto nella valutazione dei rumori, i livelli, determinati
nelle singole sottobande, prima di essere sommati vengono opportunamente cor-
retti. Si ottiene così un valore del livello globale pesato secondo la scala di pesatura
definita dai valori di correzione utilizzati. La scala di pesatura più usata è la scala
“A”, che raggruppa valori di correzione determinati in modo tale da tener conto
della sensibilità dell’orecchio umano alle varie frequenze.
Il livello di pressione sonora pesato in scala “A” sarà contraddistinto dal pe-
dice A, per cui si indicherà con il simbolo LpA [dB]. Analogamente per i livelli di
Acustica 23
fattore correttivo
frequenza banda in terzi banda di
50 -30,2
63 -26,2 -26,2
80 -22,5
100 -19,1
125 -16,1 -16,1
160 -13,4
200 -10,9
250 -8.6 -8.6
315 -6,6
400 -4,8
500 -3.2 -3.2
630 -1,9
800 -0.8
1000 0,0 0,0
1250 +0,6
1600 +1,0
2000 +1,2 +1,2
2500 +1,3
3150 +1,2
4000 +1,0 +1,0
5000 +0,5
6300 -0,1
8000 -1,1 -1,1
10000 -2,5
Per una migliore comprensione di quanto prima esposto può essere utile ri-
portare un esempio numerico. Si supponga che l’analisi in frequenza del livello di
pressione sonora abbia dato i seguenti risultati:
85 83 86 84 81 76 73 71
L p = 10 log 10 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 + 10 10 = 91,3dB
2
drato della pressione sonora in valore efficace, peff , misurata in un punto indivi-
2
duato dalle coordinate sferiche r, ϑ e ϕ, e il quadrato della pressione efficace, peffs
che nello stesso punto prima individuato si avrebbe se la sorgente, pur continuando
ad emettere la stessa potenza W, fosse non direttiva. Per la direttività Q si può quindi
scrivere la seguente relazione:
2
= 10
L p − L ps
p eff 10
Q= 2
p effs
Dalla definizione di direttività deriva che nello spazio libero per una sorgente
omnidirezionale Q=1. La presenza di superfici riflettenti, invece, modifica la diret-
tività della sorgente, che è costretta ad irradiare energia secondo alcune direzioni
preferenziali. Nel caso, ad esempio, di una sorgente omnidirezionale posta in pros-
simità di un piano riflettente, nel semispazio che contiene la sorgente si ha in ogni
punto un valore della pressione efficace al quadrato doppio di quello che la stessa
sorgente produrrebbe nello spazio libero e quindi la direttività assume il valore
Q=2.
Quanto detto per le sorgenti omnidirezionali non può essere esteso a tutte le
sorgenti. Nel caso di sorgenti direzionali occorre considerare caso per caso l’in-
fluenza sulla direttività della presenza di superfici riflettenti. Ad esempio per le
Acustica 26
Valori della direttività e dell’indice di direttività per una sorgente sonora omnidirezionale.
posizione direttività indice di direttività
Q DI[dB]
spazio libero 1 0
(al centro di un grande ambiente)
al centro di una grande superficie piana riflet-
tente 2 3
(al centro di una parete)
all’intersezione di due grandi superfici piane
riflettenti 4 6
all’intersezione di tre grandi superfici piane ri-
flettenti 8 9
Acustica 27
Figura 2 – Schematizzazione dell’orecchio, con enfatizzazione delle parti più importanti per
l’ascolto e con la coclea “srotolata”.
Acustica 29
È importante osservare che se si “srotola” la coclea (v. Figura 2), si può os-
servare che la membrana basilare è stretta e rigida vicino alla base (cioè alle due
“finestre”), mentre diventa più ampia e meno rigida in corrispondenza dell’apice
(cioè dell’helicotrema). Ciò fa si che le alte frequenze riescano ad eccitare solo la
parte della membrana prossima alla base per poi smorzarsi in misura significativa
verso l’apice. Al contrario, per le basse frequenze le vibrazioni cominciano alla
base, ma raggiungono il loro picco di ampiezza in prossimità dell’apice (v. Figura
3). Dal momento che nella coclea il suono si propaga in un liquido, la perilinfa, si
può ritenere che tanto i suoni di bassa che quelli di alta frequenza raggiungano la
membrana basilare nello stesso momento, quindi ciò lascia supporre che l’azione
della membrana basilare sia simile a quella di un banco di filtri, in cui ogni zona è
sensibile ad una diversa frequenza o meglio, come si vedrà in seguito, ad un diverso
intervallo di frequenze. A conferma di ciò si è osservato anche che le cellule cigliate
che ricoprono la membrana basilare sono differenziate in funzione della diversa
posizione.
L’orecchio umano non percepisce suoni che abbiano una intensità troppo
bassa, come pure non è in grado di rispondere a suoni che abbiano una tonalità
troppo bassa o troppo alta. La zona di maggiore sensibilità risulta infatti compresa
fra le frequenze di 2 e 6 kHz, mentre il campo di udibilità si estende indicativamente
fra i 20 Hz ed i 20 kHz.
Per quanto riguarda l’intensità è opportuno tenere presente che il valore di
riferimento dell’intensità acustica (pari a 10-12 W/m2), corrispondente ad un livello
di 0 dB dovrebbe essere il più debole che il nostro orecchio è in grado di percepire.
Tuttavia, la maggior parte dei soggetti richiede livelli di almeno 10, 20 dB relativa-
mente alle frequenze di maggiore sensibilità, e valori sensibilmente più alti alle altre
frequenze.
Acustica 30
Per quanto riguarda la diversa sensibilità alle diverse frequenze va detto che,
anche in questo caso, si assume l’intervallo che va dai 20 Hz ai 20 kHz perché è più
facile da ricordare, tuttavia le differenze individuali sono grandissime. Per un gio-
vane in buona salute la massima frequenza percepibile si aggira sui 17-18 kHz,
mentre andando avanti con l’età questo limite tende ad abbassarsi fino ad arrivare
ai 12 kHz per le donne, e ai 5 kHz per gli uomini. Analogamente per le basse fre-
quenze è raro riuscire a percepire suoni che abbiano una frequenza minore di 30
Hz, anche se, in particolari condizioni, è possibile riuscire a percepire onde sinu-
soidali che abbiano frequenze di 20-15 Hz. Al di sotto dei 20 Hz la sensibilità
dell’orecchio è così bassa che è più facile “sentire col corpo” che “sentire con le
orecchie”. Infatti quando l’intensità del suono supera i 100 dB e, in maniera distinta,
quando si superano i 120 dB tutto il corpo riesce a percepire le vibrazioni sonore.
Un tipico caso in cui si può sentire il suono “con tutto il corpo” è
quando ci si trova in prossimità di grossi altoparlanti (da discoteca)
che, per le loro dimensioni, riescono a riprodurre bene anche suoni
di bassa frequenza. È opportuno tenere conto che una esposizione
prolungata a suoni continui aventi frequenze minori di 20 Hz (infra-
suoni) può dar luogo a nausea (per via di disturbi nei canali semi-
circolari) e, nei casi più gravi, ad emorragie interne.
basilare. Un moto più intenso della membrana basilare si traduce in una stimola-
zione maggiore delle cellule cigliate e, quindi, in più impulsi nervosi trasmessi al
cervello. Le cellule nervose, infatti, non sono i grado di trasmettere un segnale “ana-
logico”, cioè proporzionale allo stimolo, ma solo “impulsi” tutti della stessa inten-
sità, per cui una stimolazione più intensa si traduce nella emissione di un numero
maggiore di impulsi da parte di un maggior numero di terminazioni nervose. È poi
il cervello che “interpreta” la quantità di impulsi che arrivano nell’unità di tempo
traducendoli in termini di sensazione di intensità del suono.
Numerosi esperimenti hanno mostrato che è possibile definire una ragione-
vole corrispondenza fra intensità acustica ed intensità soggettiva, quest’ultima
viene misurata in son e, per convenzione, si assume un valore unitario in corrispon-
denza di un tono puro a 1000 Hz avente un livello di 40 dB. Approssimativamente
si ha un raddoppio dell’intensità soggettiva ogni 10 dB di incremento nel livello di
pressione.
In virtù della diversa sensibilità dell’orecchio alle varie frequenze si avrà che
la stessa intensità soggettiva di 1 son sarà prodotta da suoni di livello più basso alle
frequenze fra 2 e 6 kHz e da suoni di livello più alto nelle zone di minore sensibilità,
come sarà chiarito meglio di seguito.
S =2 10 , (1)
basata sulla approssimazione secondo cui l’intensità soggettiva raddoppia ad ogni
incremento di 10 phon nel livello di intensità soggettiva.
1
Questa parte è da intendersi informativa, non costituendo parte del programma del corso.
2
Per “rumore bianco” si intende un rumore avente una densità di potenza spettrale costante al variare
della frequenza, pertanto maggiore sarà l’ampiezza della banda, maggiore sarà l’energia comples-
sivamente associata al rumore in esame. Se l è il livello di densità di potenza spettrale e ∆f è la
larghezza di banda del rumore, il livello di pressione complessivo L è dato da:
L = [l + 10 log ∆ f ] (dB).
Acustica 34
di un certo valore critico. Oltrepassato tale valore il tono puro diventa invece udi-
bile a livelli sempre più bassi man mano che l’ampiezza di banda del rumore bianco
si riduce.
L’esperimento può poi essere ripetuto con toni di diversa frequenza andando
a definire l’ampiezza delle bande critiche relativamente all’intero spettro delle fre-
quenze udibili.
La conclusione degli esperimenti di Fletcher è che nell’ascolto di un tono di
una data frequenza l’ascoltatore applica un filtro psicologico la cui larghezza di
banda è approssimativamente quella del valore critico trovato. Questo filtro ignora
qualsiasi segnale si trovi al di fuori della banda in esame. Conseguentemente la
decisione sulla presenza o assenza del tono si basa solamente sul rapporto se-
gnale/rumore (S/R) all’interno della banda. La Figura 5 schematizza il rapporto
S/R apparente ed effettivo per questo tipo di esperimento. Si vede che al crescere
della larghezza di banda del rumore il rapporto S/R prima cresce per poi rimanere
costante. Il gomito della spezzata individua quindi la larghezza di banda critica oltre
la quale il rapporto S/R apparente rimane invariato, per effetto del “filtro psicolo-
gico”, anche se quello effettivo continua a diminuire.
ritenere che l’ampiezza delle bande sia costante e pari a 100 Hz, mentre per fre-
quenze superiori a 500 Hz si può ritenere con buona approssimazione che l’am-
piezza delle bande critiche sia pari al 20% della frequenza centrale.
Tenendo conto di ciò è possibile suddividere lo spettro delle frequenze udibili in bande
critiche adiacenti, in modo tale che il limite superiore della banda critica inferiore corri-
sponda al limite inferiore della banda critica superiore adiacente. Così facendo, e tenendo
conto della ampiezza crescente delle bande, lo spettro da 0 a 16 kHz può essere suddiviso
in 24 bande critiche individuate univocamente da un indice numerico (
Tabella 1). L’insieme di questi indici numerici definisce una nuova scala per
la valutazione della frequenza, che può così essere espressa in base all’indice di
banda critica che si misura in Bark.
La corrispondenza fra la frequenza f e il corrispondente indice di banda critica
z è esprimibile mediante le seguenti relazioni:
f / 100 , f < 500 Hz
z= (2)
9 + 4 log 2 ( f / 1000 ), f > 500 Hz
Tabella 1 – Indici di banda critica z, limiti di frequenza inferiori (f1) e superiori (fu), e am-
piezza (∆fG) delle bande critiche centrate in fc.
Acustica 36
Figura 6 – Larghezza delle bande critiche in funzione della frequenza. Le rette tratteggiate
definiscono le approssimazioni per le basse ed alte frequenze.
2.7 Mascheramento
3 L’interazione onda-superficie
Nello studio della propagazione del suono, sia in ambiente esterno, sia in am-
biente interno (e quindi confinato) gioca un ruolo fondamentale l’interazione fra
l’onda sonora che si propaga e gli elementi (oggetti, superfici, ecc.) con i quali essa
interagisce. In funzione delle caratteristiche materiche degli elementi, nonché delle
loro dimensioni possono derivare situazioni assai differenziate.
I materiali possono intervenire nella propagazione contribuendo a dissipare
una parte dell’energia trasportata dall’onda sonora per effetto di fenomeni di attrito
interno oppure entrando essi stessi in vibrazione con il mezzo nel quale il suono si
propaga sottraendogli così una parte dell’energia posseduta. Tutti questi fenomeni
fanno sì che l’energia acustica posseduta dall’onda dopo l’interazione con l’ele-
mento sia in genere minore di quella posseduta inizialmente, pertanto si dice che
essi influenzano il comportamento fonoassorbente del materiale, quantificabile me-
diante il coefficiente di assorbimento α definito come il rapporto fra l’energia acu-
stica assorbita (ossia non riflessa) e quella incidente. Per essere più precisi va detto
che una parte dell’energia non riflessa può anche essere trasmessa al mezzo che
lambisce l’altra faccia dell’elemento (come sarà meglio chiarito nel prossimo capi-
tolo). Tuttavia, quando si parla di propagazione del suono si è molto più interessati
a capire quanta energia continua a propagarsi dopo l’interazione e non ci si preoc-
cupa perciò di distinguere che fine faccia l’energia che non ritorna nell’ambiente da
cui proviene.
Le dimensioni, invece, giocano un ruolo altrettanto importante nella propaga-
zione in virtù della considerevole estensione del campo di frequenze alle quali il
nostro orecchio è sensibile (da 20 Hz a 20 kHz), a cui corrisponde una variazione
altrettanto grande della lunghezza d’onda del fenomeno ondulatorio (da 17 m a 1,7
cm). Quando l’onda sonora è caratterizzata da una lunghezza d’onda piccola ri-
spetto alle dimensioni dell’elemento su cui incide l’interazione è schematizzabile
in maniera assai semplificata seguendo le leggi della cosiddetta acustica geome-
trica. In base a questa è possibile schematizzare la sorgente sonora come l’origine
di infiniti raggi acustici normali al fronte d’onda, ciascuno dei quali segue un per-
corso perfettamente rettilineo e trasporta un pacchetto di energia proporzionale
all’intensità acustica irradiata nella direzione di propagazione. Quando uno di que-
sti raggi interagisce con una superficie piana molto più grande della lunghezza
d’onda (Figura 1.1) si verifica la cosiddetta riflessione speculare secondo cui: 1) il
raggio incidente, quello riflesso e la normale alla superficie riflettente si troveranno
nello stesso piano; 2) l’angolo di riflessione sarà eguale a quello di incidenza. Il
Acustica 41
tutto avviene come se i raggi riflessi fossero emessi da un sorgente immagine, spe-
culare della sorgente reale.
Se le superfici riflettenti non sono piane ma concave, come riportato nella
figura si ha la concentrazione dei suoni riflessi con effetti quasi sempre negativi per
l’acustica dell’ambiente, mentre se le superfici riflettenti sono convesse si ha una
dispersione dei raggi riflessi con il risultato positivo di una migliore diffusione del
suono nell’ambiente.
Figura 1.2 - Diffrazione del suono in presenza di una superficie di dimensioni comparabili
con la sua lunghezza d’onda.
Figura 1.3 – A sinistra: diffusione totale del suono incidente secondo la legge di Lambert.
A destra: diffusione parziale del suono incidente, con il suono riflesso prevalentemente
secondo un angolo uguale a quello di incidenza.
Acustica 43
Figura 1.4 – Onda incidente e riflessa nel caso di incidenza normale (sinistra) e incidenza
obliqua (destra).
Con l’ovvio significato dei simboli, già definiti in precedenza. Si è pure visto
che, grazie all’equazione del moto,
V V
− =W
V V
Posso ottenere per integrazione anche l’equazione della velocità di particella:
1 V 1 1
( , )=− R % = "& :(?@ABC) = ( , )
W V W W
Immaginiamo che la pressione suddetta descriva l’onda che si propaga verso
una superficie piana normale alla direzione di propagazione. In proposito si indi-
cheranno col pedice “i” le grandezze p e v che connotano l’onda incidente sulla
superficie, e col pedice “r” quelle riflesse dalla superficie. In particolare, detto R il
coefficiente di riflessione complesso (ovvero dotato di ampiezza e fase), e definito
= | |& :v = w / :
come
Acustica 44
Pertanto se si conosce l’impedenza acustica di parete Zw, che nel caso più
generale è sempre una grandezza complessa, è possibile ricavare il coefficiente di
riflessione complesso R. Infatti:
Z| − X
=
Xz + X
Da cui si comprende che il modo in cui il suono viene riflesso da una super-
ficie dipende in larga parte dal valore dell’impedenza acustica di parete.
Acustica 45
-L 0
Tramite un microfono in grado di scorrere lungo l’asse del tubo si può misurare
in ogni ascissa il valore della pressione totale Ptot data dalla somma dell’onda pro-
gressiva P+ e di quella riflessa regressiva P–. L’andamento che si osserva in fun-
zione delle x è del tipo di quello raffigurato di seguito.
Pmax
Pmin
-L 0
In esso si possono riconoscere dei punti in cui la Ptot sarà massima e punti in cui
sarà minima; sulla parete del campione (x = 0) viene solitamente raggiunto un va-
lore prossimo al massimo. I punti di massimo si hanno dove l’onda incidente e
l’onda riflessa sono in fase e i punti di minimo quando le stesse sono sfasate di
180°. Se l’onda riflessa ha la stessa ampiezza di quella incidente (il tubo termina
con una parete rigida) allora il valore minimo di Ptot è nullo , r = 1, α = 0. Tuttavia
in generale ciò non avviene e anche quando P+ e P- sono in opposizione di fase si
osserva una Pmin diversa da 0.
Ci si chiede come ricavare i valori di P+ e P- dalle grandezze che si possono
misurare nel tubo di Kundt, ovvero Pmax e Pmin,.
Come precedentemente detto nel tubo si creano punti di modulo di pressione
minima e massima, rispettivamente per concordanza e opposizione di fase delle due
onde incidente e riflessa, quindi quantitativamente:
P max = P + + P −
P min = P + − P −
nel caso ideale di assorbimento nullo α=0, sarebbe P+ =P- e Pmin =0.
Sostituendo tali valori si ha
2
P max P max
+1− 2
P min P min
α = 1− 2
P max P max
+1+ 2
P min P min
Esistono tecniche più moderne che si basano su misure in banda larga, cioè che
non analizzano una singola frequenza alla volta, ma una banda (intervallo) di fre-
quenze. Gli strumenti matematici che si utilizzano in questi casi sono più complessi
della descrizione fasoriale alla quale si è fin qui fatto riferimento.
Tecniche recenti si basano sull’analisi intensimetrica (intensità incidente e ri-
flessa misurate direttamente); questo metodo permette di prendere in considera-
zione anche onde non piane.
Il tubo di Kundt rimane a tutt’oggi utile a fini didattici poiché costituisce uno
dei pochi casi in cui si utilizza la soluzione analitica dell’equazione di D’Alembert.
Figura 2.3 - Materiali fonoassorbenti porosi: valori del coefficiente di assorbimento acustico
αSab .
Dall’esame della fig.2.3 si può notare che valori elevati di αSab si raggiungono
alle alte frequenze, mentre alle medie e alle basse frequenze l’assorbimento au-
menta con lo spessore dei pannelli, per cui per avere valori elevati di assorbimento
in un campo di frequenze sufficientemente esteso verso le basse frequenze occorre
impiegare spessori adeguati di materiali fonoassorbenti porosi.
Un aumento dell’assorbimento alle medie e basse frequenze si ottiene anche
interponendo uno strato d’aria (intercapedine) tra il materiale fonoassorbente e la
superficie da trattare. Questo effetto può essere spiegato ricordando che l’assorbi-
mento acustico dei materiali fonoassorbenti porosi è dovuto alla dissipazione
dell’energia vibrazionale posseduta dalle molecole dell’aria per attrito con le super-
fici delle cavità, fenomeno che è massimo laddove si verificano le velocità più ele-
vate.
Acustica 51
Con riferimento alla fig.2.4 supponendo che la parete da trattare possa essere
considerata perfettamente rigida, in corrispondenza di questa la velocità delle par-
ticelle d’aria sarà nulla e quindi l’efficienza del materiale fonoassorbente poroso
minima. Allontanandosi dalla parete la velocità delle particelle d’aria aumenta e
con essa l’efficienza del materiale fonoassorbente poroso; nel caso di onda sinusoi-
dale, entrambe diventano massime, ad una distanza dalla parete pari a λ/4. Volendo
impiegare spessori ridotti di materiali fonoassorbenti porosi, sarà utile che questi
vengano installati non in diretto contatto con la parete ma a conveniente distanza
da questa.
Frequenza (Hz)
125 250 500 1k 2k 4k
Tenda leggera non drappeggiata 0.03 0.04 0.11 0.17 0.24 0.35
Olio su tela a 5 cm dal muro 0.05 0.08 0.20 0.30 0.35 0.40
Dall’esame della fig. 2.2 si può notare l’assorbimento acustico αSab di un pan-
nello vibrante è massimo per frequenze intorno alla frequenza di risonanza, che
dipende dalla massa del pannello per unità di superficie, dalla sua rigidezza in rela-
zione anche al suo supporto e dalla rigidezza dell’intercapedine d’aria. All’aumen-
tare della massa del pannello, m [kg m-2], e dello spessore dell’intercapedine d’aria,
d [m], diminuisce il valore della frequenza di risonanza, che può essere calcolata
con buona approssimazione con la seguente relazione:
1 ρ0c0 2 50
fr = ≈ Hz (2.2)
2π md md
Frequenza (Hz)
125 250 500 1k 2k 4k
Figura 2.7 – Pannelli forati risonanti assorbenti con diversa percentuale di foratura: assor-
bimento acustico αSab.
Acustica 57
3.3 La diffusione
Prima di concludere questa sezione dedicata alle proprietà dei materiali è op-
portuno dedicare un po’ di spazio alla diffusione o scattering. Si è visto in prece-
denza che quando un materiale è caratterizzato da irregolarità superficiali che sono
di dimensione confrontabile con la lunghezza d’onda (in realtà già 1/4 della lun-
ghezza d’onda è sufficiente a indurre significative variazioni) il suono non viene
più riflesso specularmente ma per effetto della diffrazione può essere diffuso in
modo più o meno marcatamente diffuso. Il paragone più immediato è con la luce
che, su superfici lisce ma non perfettamente levigate (come gli specchi) viene ri-
flessa in maniera diffusa secondo il modello schematizzato da Lambert. Lo stesso
vale quindi per il suono e il risultato acustico è molto simile a quello luminoso. Un
suono diffuso è più “sfumato” e caratterizzato da “meno ombre”.
Figura 11.13 Esempi di pannelli diffondenti. In senso orario a partire da destra, in alto:
pannelli Ceraflector della Jocavi; pannello Multifuser Wood della Vicoustic; pannello Har-
monix G della RPG; pannello Omniffussor della RPG
- = 0,1,2, …
$o = -S (#%}+# ~
= -}(&3# 3)(# %)$ '3)
L’ordine p può essere determinato come rapporto fra la massima frequenza in cui
si vuole che il diffusore sia efficace (fh) e la minima (fl), con la sola condizione
che tale numero deve essere un numero primo dispari. A tal punto, è possibile in-
dividuare la larghezza dei pozzi (w) in modo che sia più piccola della semi lun-
ghezza d’onda della frequenza più alta (w<c/(2fh)), e la profondità massima in
modo che sia pari a alla semi lunghezza d’onda della frequenza più bassa
(dmax=c/(2fl)), da cui consegue che la profondità di ciascun pozzo sarà pari a:
%ۥC
%o = / 0 $o
Acustica 59
Acustica 60
dove r[m] è il cammino percorso dal suono, coincidente con la distanza tra
sorgente e ricevitore, e a è il coefficiente di assorbimento acustico dell’aria in dB/m.
Il coefficiente di assorbimento a, mentre dipende fortemente dalla frequenza
del suono, dalla temperatura e dall’umidità relativa dell’aria, è poco influenzato
dalla pressione atmosferica, come si può notare dai valori riportati nella tabella se-
guente.
Nel caso di condizioni atmosferiche non contemplate dalla tabella, i valori di
a possono essere determinati con il metodo di calcolo riportato nella ISO UNI 9613-
1.
Acustica 62
Valori del coefficiente di assorbimento acustico dell’aria a in dB/km (ISO 9613-1) in fun-
zione della frequenza per alcune combinazioni di temperatura ed umidità relativa
dell’aria.
T U.R. frequenze centrali delle bande di ottava[Hz]
[°C] [%] 63 125 250 500 1000 2000 4000 8000
10 70 0,12 0,41 1,04 1,93 3,66 9,66 32,8 117
15 20 0,27 0,65 1,22 2,70 8,17 28,2 88,8 202
15 50 0,14 0,48 1,22 2,24 4,16 10,8 36.2 129
15 80 0,09 0,34 1,07 2,40 4,15 8,31 23,7 82,8
20 70 0,09 0,34 1,13 2,80 4,98 9,02 22,9 76,6
30 70 0,07 0,26 0,96 3,14 7,41 12,7 23,1 59,3
Individuazione della zona della sorgente, della zona del ricevitore e della zona interme-
dia.
L’estensione di queste zone dipende oltre che dalla lunghezza della proie-
zione al suolo del percorso, rp, anche dalla quota della sorgente, hs, e del ricevitore,
hr. In particolare si avrà che:
1) la zona della sorgente individua un’area estesa dalla sorgente verso il rice-
vitore per una lunghezza pari 30 h s ≤ d p ;
2) la zona del ricevitore individua un’area estesa dal ricevitore verso la sor-
gente per una lunghezza pari a 30 h r ≤ d p ;
3) la zona intermedia individua un’area intermedia tra le due zone precedenti,
da considerare solo se rp > (30hs + 30hr ) .
Queste tre zone intervengono nell’attenuazione del suono attraverso le loro
caratteristiche acustiche che sono sintetizzate nel parametro G, per il quale si ha:
Acustica 63
1) G=0 nel caso di suolo duro, zone pavimentate, acqua, ghiaccio, calce-
struzzo ed altre superfici con bassa porosità;
2) G=1 per suolo poroso, zone coperte di erba, alberi o altro tipo di vegeta-
zione, terreni coltivati;
3) 0<G<1 per suolo misto, stimando la frazione della superficie totale che
può essere considerata come suolo poroso.
Determinati i valori di G per le varie zone, note hs, hr e rp, si possono deter-
minare per bande di ottava le attenuazioni As, Ar, Am, prodotte dalla zona della sor-
gente, del ricevitore ed intermedia con le relazioni riportate nella tabella seguente,
per cui l’attenuazione totale dovuta al suolo sarà:
Att3=As+Ar+Am dB
Relazioni per calcolare nelle varie bande di ottava i contributi As, Ar, e Am all’attenuazione
del suolo Att3.
rp
−0,09 h 2
−
b' ( h) = 15
, + 8,6e 1 − e
50
rp
−0, 46 h 2
−
c' ( h) = 1,5 + 14e 1 − e
50
rp
−0, 9 h 2
−
d' ( h) = 15
, + 5e 1 − e 50
q=0 quando rp≤30(hr+hs)
30( h r + h s )
q =1−
rp
quando rp>30(hr+hs)
se q<0, porre q=0
Acustica 64
2π N
A tt 4 = 5 + 10 log 10 dB per N ≥ −0,2
tanh 2 π N
Tale relazione può essere altresì impiegata per mettere in conto il contributo
della trasmissione laterale nel caso di barriere di lunghezza finita.
Attenuazione della barriera acustica in funzione dell’indice di Fresnel: risultati teorici (equa-
zione di U.J. Kurze e G.S. Anderson) e sperimentali (Z. Maekawa).
Attenuazioni dovute alla propagazione del suono attraverso zone di denso fogliame.
frequenze centrali delle bande di ottava [Hz]
63 125 250 500 1000 2000 4000 8000
attenuazione [dB] per
rf da 10 a 20 m 0 0 1 1 1 1 2 3
attenuazione [dB/m]
per rf da 20 a 200 m 0,02 0,03 0,04 0,05 0,06 0,08 0,09 0,12
turbolenze. Infatti, mentre la nebbia, la pioggia, la neve incidono molto poco sulla
propagazione del suono nell’aria tanto da poter essere trascurate, non altrettanto si
può dire per i gradienti di temperatura nell’aria e per il vento.
Di giorno in condizioni di bel tempo la temperatura dell’aria decresce con
l’aumentare della quota per effetto del riscaldamento della superficie terrestre da
parte del sole (gradiente negativo). Di notte o durante le giornate nuvolose il gra-
diente si inverte. Poiché la velocità del suono aumenta con la temperatura i raggi
sonori tendono ad incurvarsi, per cui di giorno si avranno zone d’ombra, in cui il
suono è praticamente non udibile, anche a non grande distanza dalla sorgente in
prossimità del suolo; mentre nel caso di inversione termica (gradiente positivo) i
suoni risultano udibili anche a grande distanza dalla sorgente.