2.struttura Elettronica Della Materia
2.struttura Elettronica Della Materia
2.struttura Elettronica Della Materia
ONDE ELETTROMAGNETICHE
Le onde elettromagnetiche vengono generate dall’azione dei due campi perpendicolari tra loro.
C’è un regolare alternarsi di massimi e di minimi funzione che varia in modo sinusoidale nel
tempo. Questo andamento descrive la propagazione di un’onda elettromagnetica.
Ampiezza massima: Emax ( Bmax).
Lunghezza d’onda: (cm, mm, nm, å), è la distanza tra due punti
consecutivi in fase.
Periodo: (s), tempo impiegato per percorrere una distanza pari a .
1
Frequenza: ¿ (s-1 = hz).
1
Numero d’onda: ❑=
❑
Velocità di propagazione: v=λ=c (nel vuoto)
v
❑= (nel vuoto)
c
velocità della luce nel vuoto: c = 2.9979 10 m s
8 -1
SCOPERTA DI PLANCK
Planck arrivò a dire che era sbagliato considerare che gli oscillatori potessero avere qualsiasi
energia e che l’energia dipendesse dalla frequenza.
Quindi affermò che gli oscillatori non possono vibrare a tutte le frequenze e in particolare: gli
oscillatori che vibrano alla frequenza v possono avere solo energie date da multipli interi del
pacchetto minino hv (quanto di luce) E=nh dove n = 0, 1, 2… h = 6.6210-34 Js
Emin =h
Riporta l’andamento dell’intensità della radiazione in funzione della
lunghezza d’onda e trova un perfetto accordo con i dati
sperimentali. Valuta cosa succede se l’energia assume solo
determinati valori che dipendono dalla frequenza dell’oscillazione.
Il risultato di Planck si può esprimere in questo modo: nel caso di
oscillatori di dimensioni atomiche, l’energia degli oscillatori non
può variare a piacere come per gli oscillatori classici (che possono
vibrare a qualunque frequenza ed emettere energia di qualunque valore).
Nei sistemi microscopici l’energia non è continua ma è quantizzata, cioè organizzata in pacchetti
discreti che sono multipli interi del quanto di luce. Se viene scambiata energia, viene scambiata in
pacchetti. Quanto di luce E=h
2. EFFETTO FOTOELETTRICO
L'effetto fotoelettrico è il fenomeno fisico di interazione radiazione-materia
caratterizzato dall'emissione di elettroni da una superficie (solitamente metallica)
quando questa viene colpita da una radiazione elettromagnetica. L’emissione
avviene quando la radiazione che investe la lastra metallica ha alcune
caratteristiche. Previsioni della meccanica classica:
1. L’energia cinetica degli elettroni emessi non dipende dalla frequenza della radiazione incidente.
2. L’energia cinetica degli elettroni emessi dipende dell’intensità della radiazione incidente.
3. Qualunque radiazione, di qualunque frequenza, può causare l’emissione di elettroni.
Osservazioni sperimentali di Lenard
Il grafico riporta l’energia cinetica dell’elettrone emesso in funzione della
frequenza della radiazione. La retta rossa che esprime l’andamento
dell’energia parte da un valore minimo di soglia della radiazione incidente: è la
soglia fotoelettrica, al di sotto della quale non si ha emissione. Questo smonta
il punto 3) della previsione classica, che diceva che a qualunque frequenza di
radiazione ci sarebbe stata emissione di elettroni.
Guardando la retta si deduce che l’energia cinetica max è direttamente proporzionale alla
frequenza: altra contraddizione rispetto alla fisica classica che smonta il punto 1).
Si verifica poi che cambiando metallo, cambia la frequenza di soglia: questa frequenza è
caratteristica del materiale metallico che viene irraggiato.
L’energia cinetica degli elettroni emessi non è in relazione all’intensità della radiazione incidente,
ma solo alla sua frequenza (la quale non è legata all’intensità).
Dalla sperimentazione si trova che il numero di elettroni emessi aumenta con l’intensità della
radiazione (smonta il punto 2). Quindi c’è proporzionalità diretta tra l’energia cinetica del singolo
elettrone emesso e la frequenza della radiazione che lo irraggia.
Questi risultati non si spiegano se si descrive la radiazione come un’onda. Secondo la fisica classica:
energia trasportata da un’onda è proporzionale alla sua ampiezza (onde di uguale ampiezza ma
diversa frequenza dovrebbero avere la stessa energia).
Nell’effetto fotoelettrico è evidente che l’energia sia legata alla frequenza.
Se si continua a considerare la radiazione elettromagnetica solo come un’onda, non si riesce a
spiegare questo fenomeno.
Planck aveva già suggerito di iniziare a considerare la luce come una grandezza discreta organizzata
in quanti, e non come grandezza continua. Einstein sfrutta la relazione di Planck perché ammette la
proporzionalità diretta tra energia e frequenza, che veniva invece esclusa dalla fisica classica.
Considera quindi l’energia come grandezza discreta detta quanto di luce: introduce la visione
corpuscolare della radiazione. Concepisce la radiazione come un fascio di particelle (quando si
tratta sistemi microscopici): queste particelle sono i fotoni. Ognuno di questi fotoni, essendo un
fascio in movimento, trasporta il quanto di luce E=h.
Il fotone interagisce con gli elettroni attraverso un vero e proprio urto. Quando si verifica un urto,
le due sfere si trasferiscono energia, ovvero il fotone cede energia all’elettrone: se questa energia è
superiore alla energia di attrazione nucleare che e- subisce, allora e- riceve un’energia cinetica
sufficiente per slegarsi dal proprio nucleo. Se invece il fotone che lo urta gli trasmette un’energia
minore, e- subisce una perturbazione ma non abbandona l’atomo.
Questa visione dell’urto corpuscolare tra fotone e elettrone spiega la frequenza di soglia
fotoelettrica, che è legata alla quantità di energia che e- riceve.
La luce ha quindi una duplice natura: ondulatoria e corpuscolare.
La prima spiegazione quantitativa degli spettri atomici si deve allo studio dello spettro
dell’idrogeno, l’elemento più semplice con un solo elettrone. Lo spettro atomico dell’idrogeno è
costituito da diverse serie di righe, una delle quali è nella regione visibile dello spettro
elettromagnetico. Un’altra serie di righe si trova
nell’ultravioletto, mentre le restanti stanno
nell’infrarosso. Nel 1885, Johann Jakob Balmer formulò
un’equazione in grado di descrivere le lunghezze d’onda
delle righe presenti nella regione visibile dello spettro
dell’idrogeno.
( 1 1
Serie di Balmer: ❑=R H 2 − 2
2 n ) RH = 109677.76 cm-1
( 1 1
❑=R H 2 − 2
m n ) m = 1, 2, 3 … ∞
n = m + 1, … ∞
Questa equazione è valida anche per ioni idrogenoidi (He+, Li++, Be+++, ...). Ioni idrogenoidi sono tutti
cationi = elementi diversi dall’idrogeno che hanno perso tutti gli elettroni eccetto uno e vengono in
pratica riportati alla condizione dell’idrogeno. I loro spetti di emissione possono essere descritti
dalla stessa equazione ricavata per l’atomo H.
Il modello atomico di Bohr fu allo stesso tempo un successo e un fallimento. Ebbe pieno successo
nel prevedere la frequenza delle righe dello spettro dell’idrogeno, spiegando l’equazione di
Rydberg. D’altra parte, la teoria non riuscì a dare una spiegazione quantitativa agli spettri degli
atomi contenenti più di un elettrone.
Ha senso parlare di ORBITE di elettroni intorno al nucleo?
Moto nel piano x-y di un punto materiale sottoposto ad una forza F
2 2
d x d y
F x =m a x =m 2 F y =m a y =m 2
dt dt
Da una doppia integrazione si ottiene: x=x ( t ) y= y ( t ) y=f ( x )
La doppia integrazione richiede la conoscenza di x0, vx0, y0, vy0. Cioè è necessario conoscere
posizione e velocità del punto materiale in un dato istante.
Per una particella di piccola massa come l’elettrone non è possibile realizzare un esperimento che
consenta di misurare precisamente e contemporaneamente posizione e velocità.
Si scopre che un fascio di elettroni dà luogo al fenomeno della diffrazione che è tipico delle onde.
Da questa evidenza sperimentale si deduce che gli elettroni sono caratterizzati nel loro movimento
da un moto ondulatorio. Questo fa pensare che abbiano una duplice natura, ovvero che possano
essere interpretati come onda o come fascio di particelle.
Le onde di De Broglie
De Broglie ipotizza a livello generale che al moto di un qualunque corpo si accompagna la
propagazione di onde. Nasce la meccanica ondulatoria che studia la propagazione dell’onda
associata al fascio di elettroni attraverso lo studio di De Broglie.
h
Equazione di De Broglie: λ=
mν
Se la particella ha una massa relativamente grande: λ De Broglie 0
Quindi nel caso di particelle macroscopiche si ricade nella meccanica classica che per i sistemi
macroscopici funziona.
Se si applica l’equazione ad e- si ottiene λ De Broglie =10−8 cm , che corrisponde alle dimensioni
atomiche del diametro atomico, ovvero le dimensioni della ragione di spazio in cui si trova l’e-.
diretto, mentre lo ha |2| che indica la densità di probabilità cioè la probabilità di trovare
l’elettrone in un volume infinitesimo dV = dxdydz.
La meccanica ondulatoria fornisce una descrizione probabilistica della distribuzione degli elettroni
in un atomo.
|2| dV = dP probabilità nel volume infinitesimo di guscio sferico
compreso fra r e r + dr.
Si usano le coordinate polari perché l’atomo è sferico.
Risolvendo l’equazione di Schrödinger per l’atomo di idrogeno si ottengono
funzioni d’onda, ma solo un numero finito sono accettabili per rappresentare
l’onda associata ad un elettrone.
Se l’elettrone viene cercato in un punto qualunque dell’atomo a cui appartiene, esso verrà
3
La probabilità di trovare l’elettrone in tutto lo spazio deve essere uguale a 1 che corrisponde alla
certezza. È una descrizione probabilistica del moto degli elettroni.
La funzione ψ , soluzione dell’equazione detta funzione d’onda deve anche:
o Essere nulla all’infinito (andare oltre i confini atomici vorrebbe dire strappare l’elettrone
dall’atomo e quindi la funzione d’onda sarebbe nulla)
o Essere continua e ad un solo valore in ogni punto dello spazio, insieme alle sue derivate.
All’interno dell’atomo, tolto il nucleo, è possibile trovare l’e- in qualsiasi regione, per cui non ha
senso dal punto di vista statistico dire che all’interno dell’atomo ci siano posizioni più favorite di
altre. Inoltre l’elettrone può occupare una sola posizione alla volta, quindi la funzione d’onda
deve avere un unico valore.
3
o Soddisfare la condizione di ortogonalità ∫ ψ m ψ n dV =1
V =∞
Imponendo queste condizioni si ottengono funzioni che hanno significato fisico solo in
corrispondenza di determinati valori di energia. Questi ultimi vengono chiamati autovalori e le
corrispondenti funzioni d’onda autofunzioni. I valori di energia (autovalori) per i quali
l’equazione di Schrödinger ammette soluzioni che hanno significato fisico sono:
2
−1 2 π m e
4
−costante 13 , 6
En = 2 2 n = 1, 2, 3, …, ∞ En = 2
= 2
n h n n
n = numero quantico principale
Quantizzazione dell’energia
I livelli energetici sono infiniti, ma seguono un’infinità discreta e non continua.
È possibile risolvere in modo rigoroso l’equazione d’onda solo per l’atomo di idrogeno che è l’unico
con 1 solo elettrone.
In seguito agli studi di Schrödinger si abbandona il concetto di orbita perché si arriva a definire un
orbitale come risultato di un approccio probabilistico alla descrizione della posizione degli elettroni
intorno al nucleo.
Numeri quantici
Risolvendo l’equazione di Schrödinger per l’idrogeno, imponendo tutti i vincoli che permettono di
discriminare le soluzioni accettabili, si osserva che queste funzioni d’onda (autofunzioni) sono
determinate in modo univo da una terna di numeri:
o Numero quantico principale n = 1, 2, 3, …∞
È legato alla quantizzazione dell’energia: questo vuol dire che e- ammette solo un’infinità
discreta di livelli energetici. Quindi n è in relazione all’energia di questa regione di spazio in cui
si ha una certa probabilità di trovare l’elettrone.
2 4
−2 π me
En = 2 2 maggiore è il numero n, più elevata è l’energia dell’elettrone: quindi
n h
all’aumentare di n, l’elettrone si trova in orbitali via via più distanti dal nucleo. ????
o Numero quantico secondario o azimutale l = 1, 2, 3, …, n-1
È legato alla quantizzazione del modulo del momento della quantità di moto dell’orbitale. Si
parla di momento perché la particella è carica elettricamente. Questo è quantizzato da l:
1 /2 h
|⃗p|=[ l ( l+1 ) ] l è in relazione con la forma degli orbitali
2π
o Numero quantico magnetico ml = -l, -(l-1), …, 0, +(l-1), +l
È legato alla quantizzazione della proiezione del momento della quantità di moto orbitale
dell’elettrone lungo una direzione predefinita, ad es. la direzione di un campo magnetico
esterno applicato all’atomo. Quindi ml ha a che fare con l’orientazione nello spazio dell’orbitale
e con il numero di orbitali di un certo tipo.
h
p z=ml ml è in relazione con l’orientazione relativa degli orbitali nello spazio
2π
Tipi di orbitali
Ogni autofunzione associata ad una definita terna di valori di numeri quantici n, l, ml viene
chiamata ORBITALE. Ogni orbitale corrisponde ad un determinato stato quantico o energetico
possibile dell’elettrone.
l = 0 Orbitale s l = 1 Orbitale p l = 2 Orbitale d l = 3 Orbitale f
Livelli energetici
Per l’atomo di idrogeno il valore dell’energia di un dato orbitale dipende soltanto dal numero
quantico principale n. Orbitali caratterizzati dallo stesso livello energetico, cioè dallo stesso n, ma di
diverso tipo, cioè diverso l, (2s-2p, 3s-3p-3d, ecc.) sono detti DEGENERI.
Ad ogni valore di n corrisponde un determinato livello energetico
chiamato strato o guscio. Ciascun guscio è individuato da una
lettera maiuscola: ai valori di n = 1, 2, 3... corrispondono gli strati
K, L, M, ...
Simmetria sferica dell’atomo:
coordinate cartesiane ortogonali (x, y, z)
coordinate polari sferiche (r, , )
x = r sen cos
y = r sen sen
z = r cos
L’orbitale s dipende solo dalla coordinata r e non dagli angoli, per cui avrà forma sferica.
Equazione di Schrödinger viene risolta ESATTAMENTE soltanto per l’atomo di idrogeno (estendibile
agli atomi IDROGENOIDI, He+, Li++, Be+++, ecc., utilizzando il corrispondente valore della carica
nucleare). Problema dei tre corpi negli atomi polielettronici come He.
NON RISOLVIBILE ESATTAMENTE: si ottengono soluzioni approssimate, perché occorre
considerare oltre alle
interazioni attrattive di
ciascun elettrone con il
nucleo, anche quelle interazioni
repulsive che si esercitano tra gli elettroni.
L’approssimazione è pesante perché si assume che le terne di valori trovate per descrivere gli
orbitali dell’atomo di idrogeno siano valide anche per gli atomi polielettronici.
Livelli energetici negli atomi polielettronici dipendono, oltre che da n e l, anche dal numero
atomico Z.
Per gli orbitali più interni (n più basso), l’energia non dipende ancora
da Z. C’è una successione di energia che ha un andamento in funzione
di n e di l, ma non di Z: dall’1s fino al 3p.
Per il livello 3d: i pallini rossi rappresentano l’andamento se questo dipendesse solo da n e da l:
cioè dovrebbe essere più basso del livello energetico del 4s. Ma questo non si verifica per ogni
valore di Z, poiché da Z = 19 a Z = 22 l’energia degli orbitali 3d diventa più alta dell’energia degli
orbitali 4s, quindi c’è un’inversione rispetto all’andamento generale.
Considerando gli orbitali ancora più esterni, queste inversioni di andamento si verificano più
frequentemente (all’aumentare di n).
Si è stabilito un ordine di riempimento degli orbitali che è valido per tutti gli
elementi, che è in realtà rappresentativo delle eccezioni nell’andamento, e non
della maggioranza.
1s < 2s < 2p < 3s < 3p < 4s < 3d < 4p < 5s < 4d < 5p < 6s < 4f < 5d < 6p < 7s < 5f <
6d , ecc.
Lo spin dell’elettrone
L’elettrone ruota intorno al proprio asse, questo movimento di rotazione genera un momento
intrinseco della quantità di moto, detto momento di spin.
La proiezione di questo momento lungo una direzione prefissata z di un campo magnetico, è una
proiezione quantizzata attraverso il quarto numero quantico.
Il numero quantico di spin ms ha solo due valori perché le direzioni di rotazione sono 2 (senso
orario o antiorario).
Da quanti numeri quantici è determinato lo stato quantico di un e-? 4
n, l, ml determinano in modo univoco un orbitale
ms indica lo spin
CONFIGURAZIONE ELETTRONICA
Indica come sono distribuiti gli elettroni all’interno dell’atomo.
È necessario rispettare il principio di esclusione di Pauli: in un atomo non vi possono essere due
elettroni caratterizzati dalla stessa quaterna di numeri quantici.
Implicazione: in un orbitale di qualunque tipo possono esserci al massimo 2 elettroni, perché m s ha
due valori.
Implicazione: gli elettroni dello stesso orbitale avranno spin antiparallelo perché devono differire
per il quarto numero quantico.
Regola di Hund
All’interno di un gruppo di orbitali caratterizzati da uno stesso valore di energia (stessi n e l), gli
elettroni in un atomo allo stato fondamentale tendono a distribuirsi in orbitali diversi occupandone
il maggior numero a spin paralleli, piuttosto che a raggrupparsi a due a due a spin antiparalleli, e
tutto questo avviene finché ci sono orbitali vuoti.
Questo perché due elettroni nello stesso orbitale si trovano più vicini e si respingono
maggiormente dal punto di vista elettrostatico. Seguendo la regola di Hund gli elettroni
interagiscono dal punto di vista repulsivo molto meno, garantendo maggiore stabilità all’atomo dal
punto di vista energetico.
L’ordine di riempimento segue l’ordine di crescita di Z: principio di aufbau.
Cromo e Rame fanno eccezione: perché energeticamente l’atomo è più stabile se l’orbitale d è
semipieno o pieno.
Configurazioni elettroniche di atomi appartenenti allo stesso gruppo (4 elettroni livello esterno)
Elementi dello stesso gruppo hanno nell’orbitale più
esterno uguale numero di elettroni, detti elettroni di
valenza.