Chiesa Quirico Giulitta
Chiesa Quirico Giulitta
Chiesa Quirico Giulitta
QUIRICO E GIULITTA
L'attuale chiesa dei SS. Quirico e Giulitta sorge in ricordo e sostituzione della preesistente che era
elencata nel “Liber notitiae Sanctorum Mediolani” ( Libro delle notizie dei Santi di Milano) come
chiesa di San Quirico e risalente all'inizio del 1300, ed era collocata sulla strada che si snodava da
Barza a Barzola.
Nella seconda metà del 1500, al tempo della visita pastorale dell'Arcivescovo San Carlo Borromeo
ad Ispra, nel territorio parrocchiale, oltre alla chiesa di San Martino, esisteva l'oratorio dei SS.
Quirico e Giulitta in Barza.
Il santo Arcivescovo trovò la chiesa cadente e proibì la celebrazione della Messa fino a che non
fosse stata riparata; successivamente riparata e restaurata a più riprese, all'inizio del 1800 venne
abbandonata e andò in rovina, rimanendo un solo muro fino ai primi anni del 1900.
Per opera della vedova del tenore Pietro Mongini, proprietario della villa di Barza, fu costruita la
nuova chiesa verso il 1880, su disegno dell'ing. Luigi Moretti di Milano, posta in posizione più
centrale, di fronte all'ingresso della villa.
Con l'arrivo dei Guanelliani a Barza di Ispra (1934), l'attività della chiesa ebbe un notevole rilancio
sul piano pastorale. Anche dal punto di vista strutturale molti sono stati gli interventi di restauro e
ampliamento da allora ad oggi.
Durante la persecuzione di Diocleziano ad Iconio, città della Licaonia (oggi in Turchia) si trovava
Giulitta, donna ricca e nobile, la quale era rimasta vedova con un figlio in tenera età, Quirico.
Lasciata la sua città e i suoi averi, per sfuggire alla persecuzione, scese con le sue ancelle verso la
Seleucia. Ritenne però prudente proseguire per Tarso, nella Cilicia, dove fu raggiunta e fatta
arrestare col suo bambino dal governatore romano Alessandro, con l'accusa di essere cristiana.
Sottoposta a lunghi interrogatori per farla abiurare, rifiutandosi di sacrificare agli dei, confessò la
sua fede.
Una leggenda narra che Alessandro teneva il fanciullo sulle sue ginocchia. Quirico, vista la madre
sofferente e sentite le sue parole, si disse anch'egli cristiano e morì scaraventato a terra dal
governatore. La madre, pur impietrita dal dolore, restò ferma nella fede. Poi, dopo strazianti torture,
fu consegnata al boia per essere decapitata. un altro racconto, però, dice che i due furono arsi vivi
ma che i loro corpi, miracolosamente si mantennero intatti.
Il martirio del più giovane martire cristiano (preceduto dai SS. Innocenti, trucidati da Erode a
Betlemme) e della madre si colloca intorno al 304.
Giulitta significa appartenente alla 'gens Julia', illustre famiglia romana, e il suo emblema è una
palma.
Quirico sarebbe la forma volgare di Ciriaco. Entrambi derivano da Kyrios (cioè Signore, in greco)
ed equivalgono al latino Dominicus. Il suo emblema è un bambino su un cinghiale.
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DESCRIZIONE DELL'ESTERNO DELLA CHIESA
La pianta è rettangolare, ad una sola navata, con protiro, abside principale, absidiole laterali e
cappelle radiali.
Il pròtiro è una parte del portale, costituito da un breve avancorpo sporgente, sostenuto da più
colonne, a protezione dell’ingresso della chiesa. Si trova nelle chiese paleocristiane e romanica e
spesso le colonne non appoggiano direttamente a terra.
Viceversa, il pronao, che letteralmente significa "davanti al tempio", è uno spazio aperto del tempio
greco e romano, di fronte alla cella templare. Il termine viene utilizzato anche per indicare gli spazi
aperti o colonnati che si trovano davanti agli edifici religiosi.
L'abside è una struttura a pianta semicircolare, coperta da una volta, detta conca o catino absidale,
generalmente con la forma di una semicupola (quarto di sfera). L'abside è circolare perché è
dedicata a Dio mentre la navata, dove sta il popolo dei fedeli, è rettangolare. Il cerchio
rappresentava simbolicamente la perfezione divina.
Le cappelle radiali, dal francese ''chapelle rayonnante'', sono cappelle, generalmente con la forma di
un'abside, che si allineano lungo i raggi sviluppatisi dal centro dell'abside principale della chiesa.
Spesso formano una vera corona di cappelle intorno all'emiciclo dell'abside.
Due absidiole laterali posizionate sui lati della Chiesa, consentono di posizionare all'interno due
Cappelle, dotate di un piccolo altare, una sorta di "chiesa nella chiesa". Nel nostro caso la cappella
di destra per chi entra, contiene le statue dei SS. Quirico e Giulitta, recentemente restaurate, quella
di sinistra, una statua della Madonna coronata da dodici stelle.
La facciata è del tipo “a capanna”, in quanto la copertura presenta solo due spioventi, e contiene il
classico rosone. Il rosone è un elemento decorativo a forma di finestrone circolare applicato alle
facciate delle chiese di stile romanico e gotico, che risulta dalla composizione attorno a un centro di
un sistema di assi radiali e motivi geometrici ispirati alla flora variamente stilizzati, e simboleggia,
secondo la tradizione cristiana, il dominio di Cristo sulla Terra.
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La facciata della Chiesa, rivolta verso occidente
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Il rosone indicava anche, nelle chiese romaniche, la ruota della Fortuna. Dante definisce la Fortuna
una Intelligenza angelica che sta nell'Empireo e che è parte di un progetto divino (Inferno, VII, 73-
96). Essa è raffigurata da Dante con una ruota (Inferno, XV, 95; XXX, 13; Paradiso XVI, 84).
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L'arcata cieca è un arco, generalmente non isolato ma parte di una serie, sovrapposto ad una parete
chiusa, usato come elemento decorativo.
L'arcata cieca fu molto in voga in epoca medievale, soprattutto nell'architettura romanica.
Gli archetti pensili sono un elemento architettonico composto da file di piccoli archi ciechi, poco
sporgenti dalla muratura e poggianti su peducci (molto più raramente su vere e proprie lesene, che
invece si trovano spesso alle estremità degli ordini di archetti).
Sono un elemento puramente decorativo, diffusissimo in tutta Europa e tipico dell'architettura
romanica, e in uso ancora nell'architettura gotica.
Questo elemento derivò probabilmente dalle arcate cieche, presenti fin dall'epoca paleocristiana, ed
fu usato in diverse regioni europee. Sono un elemento tipico del romanico lombardo, tanto che in
inglese si chiamano lombard bands.
La modanatura è una fascia sagomata secondo un profilo geometrico, continuo per tutta la sua
lunghezza, usata in architettura, per evidenziare e decorare la suddivisione in parti dell'oggetto, e
per mediare il passaggio tra due superfici disposte ad angolo, per le parti sporgenti, sugli angoli
dell'edificio.
E' in parte liscia e in parte intagliata con motivi geometrici, con "fusarole" a losanga. Qui è presente
anche la meno frequente decorazione costituita da un "motivo a corda" che imita nella pietra
l'attorcigliamento dei canapi.
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Il doccione è la parte finale del tubo di scarico esterno di una grondaia che canalizza il deflusso
dell'acqua piovana impedendo che, scorrendo lungo i muri, li danneggi o penetri nelle fondazioni.
È stato spesso decorato con figure mostruose o fantastiche che dovevano spaventare gli "spiriti
maligni" e tenerli lontani dall'edificio; in tal caso viene detto “gargolla” o “garguglia” e deriva dai
gocciolatoi a forma di faccia di leone dei templi greci.
In questa Chiesa la moderna tecnologia è stata usata per una forma semplice che si limita ad una
citazione della versione antica.
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Sulle pareti laterali esterne ci sono due modanature, una in alto, subito sotto la fine del tetto, l'altra
più in basso, proprio sopra i tetti delle due absidiole laterali. Esse dividono la parete esterna in tre
parti e nella fascia superiore sono posti, su entrambi i lati, altri tre rosoni, di disegno più semplice
rispetto a quello posto sulla parte frontale.
Le vista laterali.
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Sul lato frontale del protiro è stata
posta questa iscrizione marmorea,
elemento della chiesa primitiva,
conservato e riutilizzato, che dice:
1650
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Il protiro.
E' sostenuto da quattro colonne di pietra in stile ottocentesco, i cui capitelli richiamano le foglie di
acanto dello stile corinzio e le volute dello stile ionico. Le colonne appoggiano non sul suolo ma su
quattro basamenti a forma semplice di parallelepipedo. Le colonne erano utilizzate nell'antico
Lazzaretto di Milano, furono installate già nella chiesa primitiva e riproposte ora.
Il tetto è a più falde con lati a capanna, e porte le modanature dello stesso stile del corpo principale,
con decorazioni a corda che scendono fino ai capitelli.
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I simboli religiosi posti sulla facciata.
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DESCRIZIONE DELL'INTERNO DELLA CHIESA
Nel recente restauro dellla chiesa sono stati collocati: il grande quadro (in olio su tela) sopra la porta
d'ingresso raffigurante San Luigi Guanella; e, a lato della bussola d'ingresso le due statue, alla sua
sinistra, quella di San Carlo Borromeo, vestito di porpora e con il classico libro in mano, e, alla sua
destra, quella di San Giuseppe con Gesù bambino:
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San Luigi Guanella
Questo quadro, in olio su tela, a suo tempo era posizionato all'esterno della cappella interna dello
Studentato Guanelliano di Anzano del Parco (in provincia di Como, all'interno del Parco regionale
della valle del Lambro)
Il quadro ritrae il Santo nell'atto di accogliere e soccorrere coloro che a lui si rivolgono.
L'autore fu il professor Carlo Cocquio.
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San Giuseppe e Gesù bambino San Carlo Borromeo
L'Assunta (a sin. per chi entra) SS. Quirico e Giulitta (a destra per chi
entra)
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Le effigi, di recente fattura, dei santi titolari dell'edificio sacro, (B.V.M. e SS. Quirico e Giulitta),
sono state collocate nei due altari laterali già esistenti, arricchiti di elementi ornamentali, esempi dei
quali sono qui sotto illustrati:
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Statua dei S.SA. Quirico e Giulitta, con la preghiera a loro dedicata
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I candelabri posti sull'altare dei Santi
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L'altare si presenta invariato nelle sue linee essenziali, ma arricchito di luminosità e decoro, grazie
all'aggiunta di elementi pittorici e simbolici atti ad avvalorare lo spazio celebrativo.
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Fregio sotto l'altare, che rappresenta il pellicano.
Fin dal medioevo infatti il pellicano veniva visto come un uccello che pur di nutrire i propri piccoli
si lacerava il petto e li nutriva con il proprio sangue.
Il pellicano quindi nutrendo con il proprio sangue i suoi cuccioli si allinea alla figura di Gesù, che si
sacrifica sanguinante sulla croce ma proprio grazie a quel sangue salverà l’umanità.
La simbologia cristologica del pellicano sembra abbia tratto la sua origine da un antico inno
eucaristico: “Adoro te Devote”, attribuito a San Tommaso d’Aquino, che lo scrisse in occasione
dell’introduzione della solennità del Corpus Domini nel 1264.
L'inno recita: ''Pie pellicáne, Jesu Dómine, /Me immúndum munda tuo sánguine, / Cujus una stilla
salvum fácere, / Totum mundum quit ab ómni scélere.''
''Oh pio Pellicano, Signore Gesù, / Purifica me, immondo, col tuo sangue, / Del quale una sola
goccia può salvare / Il mondo intero da ogni peccato.''
Dante cita questo inno in riferimento all’episodio dell’ultima cena in cui l’apostolo Giovanni
reclinò il capo sul petto di Gesù: “Questi è colui che giacque sopra ‘l petto del nostro Pellicano, e
Questi fue di su la croce al grande officio eletto” (Paradiso, XXV, 112-114).
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L'ALTARE ADORNATO PER LA FESTA DEI SS. QUIRICO E GIULITTA
con le statue dei Santi e la Reliquia
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Panoramica dell'interno della chiesa e alcuni significativi particolari:
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Sulla fascia alta delle pareti interne sono riportate sulla prima e sulla terza campata, quattro stemmi
che indicano le quattro virtù cardinali: prudenza, giustizia, fortezza, temperanza.
Le virtù cardinali definiscono un modo di essere di un uomo e di una donna che agiscono
conformemente al Vangelo. La parola VIRTU’ non compare quasi mai nell'Antico Testamento. La
parola viene dal mondo greco: si trova nei libri della Bibbia scritti in greco, come per esempio il
libro della Sapienza: "Se uno ama la giustizia, le virtù sono il frutto delle sue fatiche. Essa insegna
la temperanza e la prudenza, la giustizia e la fortezza" (Sap 8, 7).
È l'unica citazione delle quattro virtù cardinali nelle Sacre Scritture, virtù che viceversa Platone e
Aristotele avevano reso celebri perché indicano una visione armonica di tutte le qualità umane,
l’uomo ideale secondo la filosofia dei greci. A partire da sant' Ambrogio e poi da sant' Agostino e da
san Tommaso, sono diventate d'uso comune e descrivono i comportamenti del discepolo di Gesù,
che mette in pratica il Vangelo.
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Fascia superiore, lato sud
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Parete laterale interna, lato sud
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