Ieri ho calzato gli scarponi. Dopo due mesi. Un tempo non così lungo dall'ultima volta in cui sono stata in montagna. Ma la distanza emotiva è stata di gran lunga superiore. Il coronavirus ha segnato uno spartiacque. E' stata la prima uscita con la mascherina: passo dopo passo è diventata una seconda pelle e mi ricordava che non si può abbassare la guardia, nemmeno in mezzo alla natura. I percorsi di montagna solitamente non sono affollati e per correre meno rischi ho scelto una mulattiera di quelle larghe. Ma c'erano comunque altri camminatori e ciclisti, molti senza la mascherina.
Non ho camminato con l'usuale leggerezza d'animo che mi accompagna verso le cime. Sono stati passi guardinghi, in perenne stato di attenzione a captare rumori di passi altrui dai quali tenermi alla larga. Il piacere che, prima della comparsa del virus, solitamente provavo nell'incrociare altri camminatori e nel poter scambiare un fugace buongiorno, é diventato timore che le parole altrui potessero trasmettermi il virus. Sono stati passi faticosi, quasi che la paura, se non l'angoscia, che aleggia ovunque in queste settimane avesse appesantito il mio andare, atrofizzato i muscoli e arrugginito le giunture. Immaginavo sarebbe stato un fluire naturale il riprendermi qualche respiro di libertà dopo due mesi di vita quasi totalmente casalinga. Invece così non è stato. Ho sentito il bisogno di reimparare a camminare. Non solo in montagna ma anche nella vita.
Mai come ieri ho prestato attenzione al mio respiro. Di suo, in salita si piega su se stesso, si fa piccolo corto ed affannoso. Con una vita di camminate in montagna è diventato un automatismo respirare a pieni polmoni, inalare aria assaporandola e traendone un godimento. Ieri è stato diverso. Sebbene io abbia tenuto il naso fuori dalla mascherina, e l'abbia coperto solo quando incrociavo qualcuno, ero timorosa di respirare.
L'aria nelle città si è fatta più pulita e godibile ma paradossalmente l'apertura dei polmoni sembra concessa solo in casa, mentre fuori delle mura domestiche il respiro è represso dentro la mascherina o nell'apnea che cerca di evitare il contagio. Da atto involontario è diventato un'azione consapevole. Il respiro è portatore di vita ma mai come in questi ultimi due mesi la vita l'ha minacciata o l'ha tolta.
Tra i larici e gli abeti del bosco, nei pascoli che la primavera chiama a nuova vita, nel vento che soffiava sulla cima, sentivo il respiro della montagna ed il suo invito a spalancare i polmoni e ad abbandonarmi fiduciosa al respiro perchè c'era lei a tenermi per mano.
Ingredienti per uno stampo da angel cake da 24-26 cm di diametro.
170 g di farina
80 g di mandorle in polvere
250 g di zucchero
6 uova medie
105 g di olio
200 g di latte di cocco o di acqua
10 g di lievito
scorza tritata finemente di tre lime
Preparare in una ciotola gli ingredienti secchi, mescolando con un cucchiaio la farina setacciata con il lievito, la polvere di mandorle ed il sale.
Con uno sbattitore casalingo munito di fruste montare leggermente (per un paio di minuti) i sei tuorli con 130 g di zucchero semolato. Non è necessario montarli al massimo in quanto si ingloberebbe una quantità eccessiva di aria (l'aria necessaria viene già inglobata con la montata di albume e zucchero).
Versare il latte di cocco o l'acqua e l'olio sui tuorli sbattuti e montare lo stretto indispensabile per incorporarli agli ingredienti secchi fino ad ottenere un composto omogeneo. Unire gli ingredienti secchi e montare con le fruste elettriche per un minuto a velocità media. Non serve sbattere più a lungo, anzi è controproducente perché si ingloberebbe talmente tanta aria che, aggiunta a quella che si forma con la cottura per effetto del lievito e dell'aria inglobata dalla montata di albumi, il dolce si gonfierebbe in maniera smisurata...per poi sgonfiarsi repentinamente all'uscita dal forno. Lo dico per esperienza diretta con le prime chiffon !
Nella ciotola con gli albumi, aggiungere i restanti 120 g di zucchero semolato e montare il composto fino ad ottenere una consistenza molto cremosa ma abbastanza densa. Non bisogna montare troppo perchè se si monta eccessivamente nel momento in cui si miscela l'albume ai restanti ingredienti parzialmente si sgonfia
Versare un terzo del primo composto negli albumi montati, incorporando il tutto delicatamente a mano con una spatola con movimenti dal basso verso l'alto. Continuare fino ad esaurire gli ingredienti.
Versare nello stampo non imburrato (lo stampo non va assolutamente imburrato perchè diversamente dopo cottura la torta di affloscerebbe su se stessa) e cuocere a 160 °C per 60 minuti. Un'ora ci vuole tutta !
Appena tolto lo stampo dal forno, capovolgerlo e lasciarlo in quella posizione fino a raffreddamento completo. Asciugandosi si staccherà un po' alla volta dalle pareti. Se così non fosse è sufficiente passare la lama di un coltello.