Odorico Da Pordenone

25 years after the publication of Folker Reichert’s pivotal Begegnungen mit China. Die Entdeckung Ostasiens im Mittelalter (1992) (and 20 years since the appearance of the Italian translation in 1997), this essay provides an account of the state of the art of the research on Odoric of Pordenone, the Franciscan monk who travelled across the Mongolian Empire between 1318 and 1330 (at the time of the Yuan dynasty) and who dictated the story of his peregrination (scil. Relatio) to Wilhelm of Solagna once he returned to Italy. To better define the ‘Odorician affair’, the second part of the article is dedicated to an interview with one of Odoric’s finest scholars, Giulio Cesare Testa. The scholar helps us summarize the results obtained so far by researchers and suggests possible directions for studies yet to be undertaken.

This paper is a part of my research of the fourteenth-century Itinerarium (or Relatio) associated with the name of Franciscan friar and possibly missionary in Mongolian China, Odoric of Pordenone. The numerous copies of Odoric’s narrative that have come down to our time, chiefly from the fourteenth century, show how speedily and widely it acquired popularity. Five Latin manuscripts of the fourteenth and fifteenth centuries are also in the libraries of the Czech Republic. Odoric’s account has come a valuable source for the most up-to-date cartographical work of the fourteenth century, the so called Catalan Atlas 1375. Odoric of Pordenone (1280/85 – 1331), a Franciscan missionary of presumed Czech origin, born (according to the tradition) at Villanova near Pordenone (Friuli, Italy), ranks among the most important persons travelling in the thirteenth and fourteenth centuries to Mongolian China. He has widely promoted knowledge of the Southeast and East Asia in Europe.

Updated and revised version of the appendix to
"Po stopách bratra Odorika. Styky Evropy a mongolské Číny ve 13. a 14. století" [On the footsteps of brother Odoric. Relations between Europe and Mongolian China in the 13th and 14th centuries (2014)

Il tempo e gli interventi dell’uomo hanno concorso a più riprese nell’operare una immotivata damnatio memoriae della figura del beato Odorico da Pordenone nella chiesa di San Francesco a Udine. Solo le scene superstiti del ciclo pittorico quattrocentesco attestano ancora in loco, nonostante la diversa collocazione, il legame tra il frate missionario e il convento in cui tornò a morire nel 1331, circondato dalla venerazione dei fedeli, catalizzando da subito l’attenzione delle maggiori autorità civili e religiose dell’epoca.
Trasferimenti e dispersioni hanno segnato le sorti degli altri manufatti: traslata nella chiesa della Beata Vergine del Carmine, smembrata e in seguito ricostruita con alcune significative modifiche, rispetto alla disposizione originaria di rilievi e figure angolari, l’arca marmorea che ne custodisce il corpo, calcinato e demolito l’altare di gusto rococò, infine abbattuta la cappella dedicata al francescano.
Il contributo ricostruisce le vicende conservative dello spazio sacro odoriciano e delle opere d'arte che vi erano conservate, proponendo inediti indizi documentari sul giuspatronato della cappella e sul cantiere degli affreschi.

Ukázka z připravované publikace pro nakladatelství  Academia. Součástí bude i obrazová příloha, rozsáhlá bibliografie více než 800 prací o Odorikovi (k září 2017).
A sample from the upcoming publication for the Academia Publishing House (in Czech). Its part will be a photographic supplement, an extensive bibliography more than 800 works on Odoric (in September 2017) etc.

O Relatio de Odorico de Pordenone (1330) foi uma das narrativas de viagem mais copiadas durante a Idade Média, mas não obteve um impacto semelhante na literatura medieval que outros viajantes menos reproduzidos . Baseado nesta aparente contradição, esta dissertação pretende investigar a difusão de ideias nos séculos XIV e XV a partir deste livro. A pesquisa é dividida em duas partes de dois capítulos cada. Na primeira parte, analisamos os aspectos internos do texto em suas contingências de sua elaboração, características formais, opções retóricas e diálogos que estabelece com a escolástica, hagiografias e outros textos de viagem. Nos capítulos da segunda parte, buscamos o impacto que o friuliano exerceu sobre seu público, examinando a distribuição e anotações de suas reproduções, e, finalmente, a forma com que é aceito, refutado ou usado sem o devido crédito em quatro obras posteriores. Em nossa conclusão, tecemos as diferentes estratégias de apropriação dos conteúdos observados e a forma com que modificaram as ideias iniciais de nosso objeto de estudo.

The Relatio Odorico of Pordenone (1330) was one of the most copied travel narratives during the Middle Ages, but his impact on medieval literature has not achieved the same success of other less copied travelers. Based on this apparent contradiction, this research aims to investigate the diffusion of ideas in the fourteenth and fifteenth centuries based in the case of this book. We divided this study into two parts of two chapters each. In the first part, we analyze the internal aspects of the text in its contingencies of design, formal features, rhetorical choices and its dialogues with Scholastic, hagiographies and other travel texts. In the chapters of the second part, we seek the impact that the friulian’s text had over its audience, examining the distribution of paratexts and reproductions, and, finally, how it is accepted, rejected or used without the due credit in four later works. In our conclusion, we weave the different strategies of appropriation as observed on those works and the way that they modified the initial ideas of our subject of study.

Su Santidad el Karmapa es el cabeza del linaje Kagyu, el más extenso de las cuatro familias que componen el budismo tibetano actual. El Karmapa de nuestros días está en su decimoséptima reencarnación. Es reverenciado como Buda Viviente desde los últimos ochocientos años. Es la emanación directa de Vajradhara, el aspecto tántrico de Buda. Su nombre significa «Señor del Karma Acción» (no es del todo exacta la equivalencia pero valga por concisa falta de algo mejor) es el máximo representante en vida del ocultismo tántrico tan inaccesible en la realidad presente como en la pasada. Su larga historia ha llegado nuestros días en su mayor parte bajo transmisión oral. En este artículo trataremos, en primer lugar, de identificar Odorico de Pordenone, en tanto primer europeo que visita el Tíbet, introducir lo que dejó escrito al respecto así como otras referencias al Tíbet los tibetanos en los textos de viajeros europeos India, China Asia Central principalmente en la segunda mitad del siglo XIII primer tercio del XIV. A continuación analizaremos con más detenimiento la figura del Karmapa, su origen, su importancia dentro de las principales sectas budistas del Himalaya (Kagyu, Gelug, Sakya Nigmá), así como en el conjunto de la vida espiritual política del Tíbet en la época de los viajeros medievales. Finalmente se trata de demostrar que tanto Odorico en primera persona, así como otros viajeros de oídas, se refieren en sus escritos al Karmapa, a su persona,sus seguidores su fama más allá del propio Tíbet.

I viaggiatori e i mercanti veneti che nei secoli passati visitavano i lontani paesi dell’Oriente per trovare nuovi sbocchi ai loro traffici ci hanno lasciato un ricco patrimonio di scritti, di diari, di resoconti, di memorie, anche personali, che oltre ad essere un insostituibile materiale di studio, si sono rivelati una lettura spesso interessante e talvolta anche affascinante. Dalle vivaci e spesso fantasiose relazioni dei viaggiatori veneziani in India dal Duecento al Settecento, Alessandro Grossato ha tratto un interessante volume, che traccia un preciso e sovente anche pittoresco panorama delle storie locali, delle tradizioni, delle usanze, dei costumi dei popoli della penisola indiana. Questi viaggiatori, da Marco Polo ad Angelo Legrenzi, attraverso le notizie attinte nelle loro relazioni, ci tramandano l’immagine di una antichissima civiltà e, indirettamente, dell’atteggiamento e della mentalità dei cittadini della Serenissima Repubblica nei confronti di essa.

1 ANNA PEGORETTI «Fines terrae» Viaggi e letteratura fra Due e Trecento iev, 1247. Fra lo stupore dei mercanti italiani ed europei lì presenti, frate Giovanni di Pian di Carpine, ambasciatore papale presso l"imperatore dei Tartari, fa ritorno dal suo viaggio in Mongolia a due anni di distanza dal suo primo arrivo nella città di Kiev.

I protagonisti moderni della missione, preoccupati dal problema di superare le barriere, si impegnano nella trasmissione dei contenuti, mentre i medievali, nel caso specifico i francescani, sono concentrati sul tema della presenza nello spazio. In estrema sintesi, per i francescani il contenuto coincide con il luogo: essi infatti concepiscono l'attività evangelizzatrice non come trasmissione di contenuti, bensì come presenza negli spazi, quelli estremi, i 'fines terrae'. Alla Cina - 'finis terrae', connotante l'universalità di una presenza, il frate Minore attribuisce un valore spirituale, quasi mistico, così come spirituale e mistico è il rapporto con l'Oriente, che rimane il 'finis terrae', al quale il francescano aspira anche in seguito all'approdo nelle Indie occidentali, meta temporanea ed accidentale. L' 'Oriens', cioè la luce, vero nome della città natale di Francesco secondo il poeta, costituisce il perno della riflessione sull'identità missionaria del frate Minore, la stessa che Giotto si impegna a riprodurre nella basilica superiore di Assisi, mediante la scena di Beniamino, il fratello minore, prigioniero in Egitto. Nel regno dei faraoni, Beniamino è presenza nascosta e subalterna, così come la coppa della saggezza, appartenente al sapiente Giuseppe, giace nascosta nel suo sacco. Il frate Minore John of Wales, interprete coevo del medesimo brano biblico, spiega infatti: «Cosa significa che Beniamino scende in Egitto, se non che egli è chiamato a portare nel mondo delle tenebre la luce della contemplazione delle cose celesti, la luce trascendente nel mondo temporale, il cielo alla terra?»

From major part of Latin manuscripts of the travel report of Odoric of Pordenone, a Franciscan friar and pilgrim to the court of the Great Khan in the beginning of the 14th century, we learn that he was personally present at an encounter of the Franciscan friars with the Great Khan. Odoric spent three or four years, in the 1320s, in Khanbalik (also Qanbaliq, ᠻᠠᠨᠪᠠᠯᠢᠺ, 汗八里, “City of the Khan”, known also as Dadu 大都, 元大都, “Grand Capital”, in contemporary sources Cambalech, Ghanbalau, Cabellec etc.; now in Beijing), the capital of the Yuan Empire (ᠳᠠᠢ ᠦᠨ ᠦᠯᠦᠰ Dai-ön Ulus, 元朝, 1271–1368). In the text known as De reverentia magni Chanis (On the respect of the Great Khan, 《大汗尊禮》) is described the esteem, which Yesün Temür Khan (元泰定帝, ᠶᠢᠰᠦᠨᠲᠡᠮᠦᠷ ᠬᠠᠭᠠᠨ Yesüntemür qaɣan, reigned 1323–1328) showed to the Christian faith repre-sented by the cross. The event allegedly occurred during the Great Khan’s journey from Khanbalik to his Summer Palace in Shangdu (ᠱᠠᠨᠲᠤ, 上都, “Upper capital”). Only a very small part of the Latin manuscripts, which originated in the central-southern Germany (recensio Germanica, 德國校訂本) in the second half of the 14th century, contain the passage, commonly known as De prædicatione magno Chani (On the preach-ing before the Great Khan,《偉大汗說教》). It records, as the only source in Latin, Odoric’s predication before the Khutughtu Khan (元明宗和世㻋, ᠬᠦᠰᠡᠯᠡᠨ ᠬᠠᠭᠠᠨ Küsele qaɣan, or ᠬᠤᠲᠤᠭᠲᠤ ᠬᠠᠭᠠᠨ Qutuɣtu qaɣan, reigned 1328–1329).

Edizione di due raccolte inedite di miracoli del beato Odorico da Pordenone (+1331), entrambe redatte nel 1331 per mano del notaio Guecello di Damiano da Portogruaro. E' ricostruita anche la figura del beato Odorico sulla scorta delle testimonianze documentarie, delle informazioni estraibili dal suo "Itinerarium" in Oriente e dall'elaborazione di una esile tradizione agiografica.

Le franciscain Odoric de Pordenone part pour l’Extrême-Orient après 1318. La première partie du voyage se déroule le long de la route qui traversait l’Arménie et la Perse jusqu’au Golfe Persique. S’étant embarqué à Hormuz, il arrive à Thana, dans l’île de Salsette, où, en 1321, quatre missionnaires avaient été tués par les autorités musulmanes.  Entre 1324 et 1326, il parvient à la résidence de l’empereur mongol, près de Pékin. Après avoir séjourné trois ans à la cour du Khan, il prend le chemin du retour. Cette fois-ci, il voyage par voie terrestre, se dirigeant vers la Chine intérieure. Les indications relatives à cette partie de l’itinéraire sont peu précises. Le dernier renseignement que l’auteur nous donne concerne la vallée du flumen deliciarum.
L'ouvrage d’Odoric est un rapport véridique d'un voyage réel, mais aussi une apologie des missions franciscaines en Orient. Le voyageur consacre une ample section de sa relation au récit du meurtre des confrères à Thana. Il devient lui-même témoin direct de leur sainteté quand, tandis qu’il transporte leurs reliques en Chine, il réussit à surmonter toute une série de mésaventures qui débouche sur les chapitres représentant la traversée de l’Océan Indien.  La section où Odoric franchit l’obstacle du calme plat a été fortement remaniée dans la famille de manuscrits latins qui constitue le modèle de la traduction française par Jean le Long (1351).
La célébration de l'ordre franciscain culmine dans l’épisode de la traversée de la vallée du Fleuve des Délices.  L’action se focalise entièrement sur Odoric qui, grâce à sa foi, peut échapper aux maléfices de ce lieu mystérieux. Il s’agit d’un passage obscur qui a résisté à tous les essais d’interprétation littérale. La seule lecture possible est celle qui lui attribue une valeur symbolique: le voyage concret à travers des territoires fascinants et dangereux devient figura du chemin qui mène le chrétien à travers les séductions du monde à la béatitude céleste.

Mostra delle produzioni editoriali sei settecentesche friulane sulla vita e viaggio del beato Odorico (nel VII centenario dell'inizio del suo Itinerarium) e sulle figure dei santi medioevali friulani (Benvenuta Boiani, Bertrando di Saint-Geniès, Elena Valentinis).

(ITALIANO)
Folta è la tradizione di studi incentrati sul ruolo del bosco come “scenografia” e luogo deputato di complessi rituali iniziatici implicanti lo scontro tra eroi umani e figure demoniache; silenzio pressoché totale, invece, sulla possibilità di rileggere nella medesima prospettiva episodi affini stagliati sullo sfondo dello spazio desertico, gemello orientale dell’ambiente silvestre europeo. Identificati i canali – culturali e di genere – lungo i quali tale motivo si è propagginato, abbiamo radunato e sottoposto ad analisi un corpus di testi (apparentemente) disparati, dal Nuovo Testamento al Milione, anzitutto con l’intento di isolare il tema e le sue strutture iniziatiche, quindi di contestualizzarne il rimodellamento ideologico entro le singole opere, con lo scopo ultimo di riconoscere il nucleo di senso e i simbolismi arcaici soggiacenti al tópos. Affiancando agli strumenti classici della ricerca letteraria gli strumenti dell’antropologia, l’indagine è approdata a ravvisare, nell’attraversamento del paesaggio desertico, un percorso d’identità tracciato attraverso un vero e proprio locus probationis.
* Con prefazione di Alvaro Barbieri. *

(ENGLISH)
There is a strong tradition of critical studies on the wild wood seen as the ideal setting for complex initiation rituals involving human heroes and demonic presences; yet this line of research almost totally forgot to take into account similar literary initiation episodes that take place in the desert, which is the Oriental spatial twin of the Western wood scenography. After tracing the cultural and genre-related channels of literary propagation with regard to the desertic initiation setting itself, this study focused on the analysis of many (apparently) heterogeneous texts, ranging from the Gospels to The Million [Marco Polo's Il Milione]. This research maps the desert theme as well as its initiation patterns, so that their modeling processes can be easily recognised and contextualised within each literary work in exam; the ultimate aim is to find the core meaning and the ancient symbolism hidden behind this theme. Thanks to an interdisciplinary approach, rooted in both literary criticism and anthropology, the study explains how the passage in a desertic landscape actually represents the inner journey through a ‘locus probationis’,  in search of identity.
*  With a preface by Alvaro Barbieri. *

【The file cannot be uploaded here due to copyright.】“Le Feste del Gran Qa’an nei Resoconti di Marco Polo e Odorico da Pordenone”, La strada per il Catai. Contatti tra Oriente e Occidente al tempo di Marco Polo, a cura di Alvise Andreose, Milano: Guerini e Associati, 2019, pp. 115-130.

Presentazione della tesi di laurea triennale in Filologia Romanza (poi pubblicata nel libro "Locus probationis" del 2014) durante una conferenza organizzata, dietro selezione per concorso, dalla Rete Nazionale delle Scuole di Eccellenza (attività svolta in qualità di studentessa della Scuola Galileiana di Studi Superiori di Padova)

An in-depth analysis of the oriental terms contained in 13th- and 14th-century travel accounts may contribute to assessing the familiarity of medieval Western travellers with the languages of the Asian peoples they came into contact with. It may also enhance the understanding of the composition process of their texts. Furthermore, such an investigation may provide important information about the circulation and integration of Far-Eastern words into Latin and the vernacular languages of late-medieval Europe. The first step of this research involves correctly identifying the oriental source words. The second phase consists in evaluating the degree of approximation with which Asian terms were reproduced by Western authors. The third level of analysis concerns the semantic component, and aims at verifying whether foreign forms are accompanied by translations and, if so, whether these translations are correct. The travel accounts by Marco Polo and Odoric of Pordenone offer a wide variety of oriental terms. They not only give us invaluable information about Mongol China, where several cultures and languages interacted, but also provide us with very useful details on the various peoples these travellers encountered in the Middle East, in Central and South Asia on their way to and from Cathay.

"Argumentaire: Selon un proverbe bien connu, « les voyages forment la jeunesse ». Forment-ils aussi la géographie ? Autrement dit, pour poursuivre le jeu étymologique, les voyages permettent-ils d’informer, de réformer – voire de déformer – les connaissances géographiques ?
La question qui est posée est celle du rôle joué par les voyages et les récits qui en sont faits dans l’évolution, l’enrichissement et l’adaptation des connaissances géographiques au cours du Moyen Âge. On s’intéressera donc à la façon dont les informations transmises par les voyageurs, en particulier au sujet de contrées lointaines et peu connues, ont été reprises et intégrées dans des traités de géographies ou des cartes. Mais, plus largement, il s’agira de voir comment les récits de voyages médiévaux participent à la constitution d’un savoir géographique, que ce soit par les utilisations et les lectures qui en sont faites, ou en eux-mêmes. En effet, de nombreux récits, bien qu’issus de l’expérience d’un voyageur, adoptent la forme et les procédés d’un traité théorique, se présentant finalement davantage comme une somme que comme un journal de voyage. Dans ce cas, le contenu du texte déborde généralement l’horizon du parcours réellement effectué par le voyageur. Par ailleurs, on considère souvent que les récits de voyage fictifs sont en réalité des traités de géographie « déguisés » sous l’aspect d’un voyage, afin de les rendre plus attractifs ou plus faciles à mémoriser pour leurs lecteurs.
Souvent séparés dans l’historiographie et les études actuelles, récits de voyage et traités de géographie appartiennent cependant à des domaines conjoints, voire ne forment qu’un seul et même ensemble. On peut en effet considérer que, sous bien des aspects, les récits de voyage constituent un élément de la littérature géographique médiévale, l’un et l’autre n’étant pas encore codifiés et classés comme des genres spécifiques, mais pouvant adopter des contenus et des formes variables. Si des voyageurs ont souhaité rendre compte de leur expérience, c’est, dans bien des cas, pour faire en quelque sorte œuvre de géographes, afin de livrer à leurs contemporains les connaissances nouvelles qu’ils avaient acquises, ayant conscience d’être allés là où aucun ne s’était aventuré avant eux. De même, les géographes – si tant est que ce terme puisse s’appliquer à un savant au Moyen Âge – font fréquemment référence à des voyages ou à des voyageurs dans leurs argumentations et s’appuient sur l’expérience visuelle d’autrui.
Les études porteront aussi bien sur des récits de voyages que sur des traités de géographie ou des cartes, ou bien sur une confrontation de ces différents types de documents. De même, il sera intéressant de prendre en compte les différents états des textes ou des documents (traductions, adaptations, remaniements, réécritures…), qui peuvent témoigner d’usages et de réceptions diverses. Quel(s) que soi(en)t le (ou les) type(s) de document envisagé(s), cette journée tentera de répondre à la question de la participation des récits de voyage aux connaissances géographiques au Moyen Âge et des modalités de cette participation, qu’il s’agisse de contenus, de formes d’écriture, de lectures, d’usages, de citations ou de justification.""

Contenuto

Il Libro delle nuove e strane e meravigliose cose è una traduzione dell'Itinerarium di Odorico da Pordenone nella stesura di Guglielmo da Solagna, realizzata con ogni probabilità a Venezia attorno alla metà del secolo XIV. Viene qui presentato il testo edito criticamente in una versione di tale volgarizzamento di area toscana leggermente più tarda. Odorico da Pordenone (1270? - 1331), beato, è noto tra gli studiosi per il resoconto del suo viaggio in Estremo Oriente, viaggio di poco posteriore a quello di Marco Polo. Le memorie di questa esperienza sono custodite nell'Itinerarium, rapporto veridico e dettagliato di un viaggio reale attraverso paesi sconosciuti e affascinanti, un diario di viaggio e assieme un trattato geografico e commerciale.

This volume represents a new intervention by Alvise Andreose, the young and promising scholar in the field of Romance philological studies on The book of new, strange and wonderful things, a translation of the Itinerarium by the Franciscan monk Odorico of Pordenone (+1331) in the version of his companion, friar Guglielmo da Solagna, which in all probability was published around the middle of the XIV century in Venice. The curator of the edition carried out an indirect analysis on the text and history of the Itinerarium during its various vicissitudes throughout the centuries, creating an accurate biographical and bibliographical note on Odorico and a careful comparative analysis of the language and syntax among the eight witnesses who helped in the reconstruction, which has now been sufficiently approximated, of the original text. Odorico of Pordenone died in the convent of Saint Francis of Udine on January 14, 1331. He was seen by many as a follower of Marco Polo, who travelled in India and China, and who was the first to arrive in Borneo. Besides being a traveller, he was above all an indefatigable missionary, who left for the Orient to convert infidels, thus contributing to the work of evangelisation that the Inferior friars were carrying out in those lands, and showing a sufficiently complete picture of the state of Franciscan missions in the great Empire of the Yuan Dynasty. The description of his travels, which was widely diffused in medieval times, symbolically became the "image" of the time, in the public eye, of the itinerary Christians follow through the seductions of the world, to reach heavenly blessedness.