La notte del 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.0 ha colpito duramente l'Italia centroappenninica, nella fascia montuosa che si trova ai confini tra il Lazio, l'Umbria, le Marche e l'Abruzzo. L'epicentro della scossa si trovava...
moreLa notte del 24 agosto 2016 un terremoto di magnitudo 6.0 ha colpito duramente l'Italia centroappenninica, nella fascia montuosa che si trova ai confini tra il Lazio, l'Umbria, le Marche e l'Abruzzo. L'epicentro della scossa si trovava tra due centri dell'alto Reatino, Accumoli e Amatrice. Le due storiche città, e Amatrice in modo sconvolgente, sono state davvero martoriate, ma l'emergenza si è estesa anche oltre, investendo in particolare il limitrofo comune marchigiano di Arquata del Tronto (Ascoli Piceno). L'evento ha suscitato grande clamore per l'elevato numero dei morti e dei feriti. Si sono registrate 299 vittime. Il fatto che il sisma si sia verificato nel pieno della notte ha limitato sensibilmente le capacità di reazione delle persone coinvolte. Per giunta, era proprio quello il periodo culminante delle vacanze estive, quando i paesi di montagna vedono affluire un gran numero di turisti e di residenti stagionali. Non poteva esserci momento peggiore per una simile evenienza. Come accade in questi casi, solo dopo il disastro certi nodi sono venuti al pettine. Ad alimentare il vento della polemica c'è stato il crollo parziale di una scuola, che pure era stata oggetto di una ristrutturazione attenta ai criteri antisismici. E se, al momento, la scuola era naturalmente chiusa, due palazzine di edilizia residenziale pubblica, realizzate negli anni 1974-77, hanno travolto nella loro rovina 22 persone. Si è così asserito che in tanti si sarebbero potuti salvare se si fosse edificato a regola d'arte, e se gli enti locali avessero avuto una più attenta sensibilità per la criticità del territorio. L'eco di queste discussioni ha finito per ispirare due vignette di un giornale satirico francese, che in modo alquanto vago hanno attribuito la responsabilità dei morti al malcostume degli italiani oppure all'intervento della malavita organizzata nella gestione degli appalti. E questo senza tenere conto che i crolli hanno riguardato in massima parte edifici storici, oltre al fatto che non risultano allo stato attuale infiltrazioni mafiose nei centri pedemontani dell'alto Lazio. Dal canto suo, un noto giornalista italiano ha imputato la strage, in prima battuta, agli abusi edilizi, associando Amatrice ai tristi paesaggi dell'illegalità diffusa. Ma, quand'anche l'abuso sia acclarato in diversi casi di ristrutturazione, non basta da solo a motivare un fenomeno di crolli a macchia d'olio, tale da cancellare un intero centro storico, come si è verificato nelle vicine Marche proprio per effetto del sisma, a Pescara del Tronto (frazione di Arquata del Tronto, Ascoli Piceno). In realtà, il tessuto abitativo dei luoghi colpiti era caratterizzato da edifici di bassa lega in massima parte realizzati tra il 1750 e il 1950. Si tratta di aree pedemontane che hanno conosciuto gravi e ricorrenti stagnazioni sin dal XVII secolo, con i connessi fenomeni di spopolamento. Di pari passo si è assistito alla contrazione e all'impoverimento dell'attività edilizia, con la rinuncia inevitabile alla selezione dei materiali e dei metodi costruttivi. Finché erano all'opera maestranze qualificate grazie alla presenza di comunità ricche e operose, fino a buona parte del Cinquecento, gli edifici erano costruiti meglio: più rifiniti e più solidi, grazie ad apparecchi murari in pietra concia con punti di forza ben saldati. Paradossalmente, quindi, più si va indietro nel tempo, più si vede un migliore impiego di risorse e di tecniche in campo edile.