2
Collana Immaterialesimo
Adamus, Guglielmo Colombi, Guido Contessa,
Guy Fawkes,Ektor Georgiakis, Vanessa Gucci,
Mircea Meti, Eva Zenith,
a cura di Margherita Sberna
L'IMPERO IMPERDONABILE
© Copyright 2018 Edizioni Arcipelago
Edizioni Arcipelago
Via Brescia 6
25080 Molinetto di Mazzano
www.edarcipelago.com
Prima edizione elettronica giugno 2018
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e
adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i
microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i Paesi.
Suggerimenti per la stampa
Per stampare il presente volume si consiglia di procedere come
segue:
attivare la finestra di stampa
alla voce “pagine per foglio” scegliere l’opzione “2 pagine".
In tal modo si otterrà un formato molto simile a quello dei volumi
cartacei della collana “Immaterialesimo”. Allo stesso tempo si
ottimizzerà il consumo di carta e di inchiostro in rapporto
all’impostazione che le pagine hanno nella versione elettronica.
3
IMMATERIALESIMO
Collana diretta da Guido Contessa
La psicologia politica si occupa di studiare e cambiare, a
partire da paradigmi e strumenti psicologici, la polis e cioè una
delle concause del disagio della convivenza. Oggi la psicologia
attraversa una stagione irripetibile, per il concomitante declino
di due paradigmi scientifici e politici che hanno dominato
l'Occidente negli ultimi tre secoli: il materialismo fisico e
quello economico.
La visione materialista del mondo, inteso come regno delle
cose oggettive e reali, è stata messa in crisi dal principio di
Indeterminazione, dalla fisica quantistica, dalla teoria della
relatività, dalla matematica fuzzy. Nessuno scienziato è oggi
disposto a giurare senza dubbi che fuori del Soggetto (l’Uomo
indagatore) esista una materia solida definita, obbiettiva,
conoscibile e misurabile con precisione. La fisica sta
contaminandosi con la psichica. Ciò che è già avvenuto nella
medicina sta verificandosi anche nella fisica, nella zoologia,
nella biologia e persino nelle scienze informatiche. Sono già
stati creati computers che imparano, che pensano per forme e
che ragionano in modo “fuzzy” cioè non binario, ma sfumato e
chiaroscurale. Macchine che operano, come la psiche, senza i
vincoli del principio aristotelico di non contraddizione e liberi
dalla schiavitù del tempo, come l'inconscio, quanto ci
metteranno ad avere sentimenti?
Per secoli abbiamo cercato di concepire l'uomo e la psiche
come deterministici, nella speranza di comprenderne i segreti,
e oggi la robotica, la caotica, la fisica e la biologia ci fanno
scoprire che occorre concepire il mondo come indetermistico,
se vogliamo capirlo. Per secoli la psichica è stata asservita
dalla fisica e ora scopriamo che è questa a seguire le leggi di
quella.
www.psicopolis.com
4
Adamus1, Guglielmo Colombi2,
Guido Contessa,3
Guy Fawkes, Ektor Georgiakis4, Vanessa Gucci5,
Mircea Meti6, Eva Zenith7,
a cura di Margherita Sberna8
L'IMPERO
IMPERDONABILE
1
2
3
4
5
6
7
8
www.psicopolis.com/webmasters/adamus/index.htm
www.psicopolis.com/webmasters/gugcol/index.htm
www.psicopolis.com/SINGErgopolis/gc/index.htm
www.psicopolis.com/webmasters/ektorgeorgiakis/index.htm
www.psicopolis.com/webmasters/vgucci/index.htm
www.psicopolis.com/webmasters/mirceameti/index.htm
www.psicopolis.com/webmasters/evazenith/index.htm
www.psicopolis.com/SINGErgopolis/mS/MS.htm
5
INDICE
9- Presentazione (Margherita Sberna)
12-COSI' VA IN ITALIA
13- Aporìe del made in Italy (Eva Zenith)
16- La modernità cronofaga (Adamus)
19- Vecchi xenofobi e nuovi schiavisti (Vanessa Gucci)
24- Il sistema non si cambia: si può solo azzerare, ogni 50 o
100 anni (Guido Contessa)
27- La tecnologia ci divora la vita (Ektor Georgiakis)
33- Appalti legalmente truccati (Eva Zenith)
44- La bufala dei concorsi (Guglielmo Colombi)
47- Le mani sulla nazione (Mircea Meti)
51-LA SOCIETA' INTERNAZIONALE
52- Rivoluzione e innamoramento (Mircea Meti)
54- I benefici che non abbiamo colto (Mircea Meti)
57- Ritorno al medioevo (Guglielmo Colombi)
65- La società stupefacente: perchè il circo Barnum è morto?
(Vanessa Gucci)
68- Terapia e cura: la società malata (Guido Contessa)
71- Ipse dixit (Vanessa Gucci)
76- Quantità e qualità: il numero è il Dio dell'impero (Ektor
Georgiakis)
78- Paradossi della diversità (Guido Contessa)
80- Mercato e politica internazionale (Adamus)
83- Democrazia e poker (Guy Fawkes)
86- Proibizionismo idiota, criminale e perdente (Ektor
Georgiakis)
91-LA GUERRA IN ALCUNE SUE MANIFESTAZIONI
92- Terza guerra mondiale senza fine (Mircea Meti)
95- La beneficenza che uccide il welfare e foraggia il
commercio delle armi (Guido Contessa)
6
97- Domande sull'ISIS (Guido Contessa)
100- Perdite umane in alcune guerre dal 1500 e il 1945 (Eva
Zenith)
101- Guerre, migrazioni e sviluppo occidentale (Guglielmo
Colombi)
104- Breve compendio del terrorismo cristiano ed ebraico
(Guglielmo Colombi)
112- Il regime senza memoria (Mircea Meti)
127- Stato e violenza (Mircea Meti)
130-LE SCIENZE SOCIALI OGGI
131- La psicologia dei films, dei serial e dei reality shows - Il
grande influenzatore (Guido Contessa)
135- Le persone non interessano più - Psicologia del lavoro
nell'evo immateriale (Guido Contessa)
139- Gli psicologi della domenica (Ektor.Georgiakis)
142- Psicosociologia del velo islamico (Eva Zenith)
147- Psicosociologia dell'immigrazione (Eva Zenith)
154- L'autostima al grado zero (Guido Contessa)
158- Illusioni compensatorie (Vanessa Gucci)
161- Aggressivi mascherati (Adamus)
165- Dono e potere (Guido Contessa)
167- Le scienze umane e sociali: c'erano una volta (Eva
Zenith)
170- Le pratiche sociali oggi (Guido Contessa)
175- Cambiamento catastrofico o progressivo? (Guido
Contessa)
179- Il Gigante Kurt Lewin (Guido Contessa)
182-SULLA POLITICA e SULL'AMMNISTRAZIONE
PUBBLICA
183- Come si valuta un politico o un governo? (Mircea Meti)
187- Meccanismi di difesa in politica (Mircea Meti)
192- Perchè ci asteniamo (Vanessa Gucci)
195- Globalizzazione vs protezionismo (Guglielmo Colombi)
200- Timbratori e picchiatori degli uffici e servizi pubblici
7
(Adamus)
203- Quando qualcuno comincerà a pagare? (Mircea Meti)
206- La responsabilità penale è individuale - La
responsabilità morale è collettiva (Adamus)
208- Il welfare è stato ucciso dai contabili (Ektor Georgiakis)
212- Dal Welfare al Selfare (Vanessa Gucci)
217- Welfare, beneficenza e volontariato (Adamus)
222-INFINE, PARLIAMO DI SESSO......
223- La prostituzione è una professione (Guglielmo Colombi)
227- La sessuofobia di puritani, vetero-cattolici e neovittoriani (Vanessa Gucci)
230- Personalizzazione vs competenza (Eva Zenith)
237- Dal primo bacio all'amore eterno (Eva Zenith)
243- La domanda crea l'offerta o viceversa? (Ektor
Georgiakis)
246-.....E DI EDUCAZIONE
247- Quanti anni aveva Edipo quando ha ucciso Laio? (Eva
Zenith)
250- Educare alla diversità (Vanessa Gucci)
255- Show business e star system: i nuovi educatori
(Guglielmo Colombi)
258- Bambini educati con la storia del crimine (Mircea Meti)
8
PRESENTAZIONE
Forse è tipico di tutte le epoche di passaggio non vedere
la fine del peggio. Si arriva ad un punto che pare il
massimo della regressione, l'espressione di una crudeltà
inimmaginabile, l'incapacità totale di prendere coscienza
dell'esito delle proprie azioni, e l'unico conforto è la
convinzione di aver toccato il fondo: d'ora in poi si potrà
solo risalire dal baratro. E invece no!
Va detto che essere immersi in una certa situazione non
consente la lucidità e l'acutezza di vederne tutti gli
elementi neppure ai ricercatori più raffinati. Non esistono
campanili abbastanza alti per avere una visione oggettiva
del territorio. Anche dai satelliti, che da tempo ormai
osservano la terra, non si ha una buona visuale. O troppo
vicini, o troppo lontani.
Dunque meglio lasciar perdere e non parlare di quanto
accade? Lasciare ai documenti ufficiali il compito di
ricostruire la storia?
Gli Autori non sono d'accordo con queste scelte e
ritengono che l'aspetto umano, pur di parte perchè intriso
di emozioni, sia essenziale per poter capire.
Non sono i soli nei secoli ad aver fatto questa scelta e
come altri coltivano l'ambizione di dare un contributo alla
comprensione di quanto testimoniano. Non solo per le
9
generazioni future. Piuttosto nella speranza che prima o
poi il passato serva per imparare .
E' vero che dalla comparsa dell'uomo sulla terra alcuni
comportamenti sono rimasti e se mai si sono "perfezionati
in peggio". Il famoso detto "homo homini lupus" rimane
la caratteristica che più distingue l'uomo dagli animali. Se
nelle caverne gli uomini si assalivano con la clava, ora
usano i gas nervini e sganciano bombe con i droni. Ma
sono arrivati fino a noi i graffiti scolpiti in alcune di
quelle caverne e ci sono monumenti ed opere d'arte in
ogni angolo del Pianeta. Dunque permane la speranza che
l'uomo impari prima o poi a fare una sintesi creativa di
questi aspetti così da valorizzare sempre più la sua
umanità restringendo lo spazio occupato dalle tendenze
distruttive.
Occorre fare una scelta.
Le situazioni descritte dagli Autori sono di facile
comprensione. Così come le considerazioni, le riflessioni,
i suggerimenti. A volte la semplicità del ragionamento è
tale da far pensare che sia addirittura ovvio. E dunque,
come mai a "nessuno" viene in mente? La risposta non
può che essere: "perchè questo nessuno ha fatto altre
scelte, ha altre priorità ed interessi!". In piccolo come
cttadino o in grande come potente del mondo.
Però nel corso dei secoli, molto lentamente è vero, si sono
visti dei cambiamenti, più raramente scelti dagli uomini o
10
imposti dal caso, dalla natura, dal passare del tempo.
Così i nostri Autori, benchè paiano pessimisti, non
smettono di sperare e, come scrittori di fantascienza,
suggeriscono scenari alternativi e ipotizzano ragionamenti
e soluzioni forse non nuove, ma che potrebbero rivelarsi
efficaci. E nella peggiore delle ipotesi, offrono un punto
di vista utile per la comprensione.
In questo volume i testi sono stati raggruppati per tema,
indipendentemene dall'autore e dal momento in cui il
contributo è stato scritto. Il riferimento storico è agli anni
2016/2017 e chi volesse approfondire gli eventi che
hanno stimolato la stesura di queste pagine potrà
facilmente ritrovarli nelle cronache cartacee e digitali
dell'epoca. Come in altre occasioni, gli articoli possono
essere letti nell'ordine preferito dal lettore e non
necessariamente un blocco dopo l'altro. Gli Autori
seguono sempre di più le tendenze attuali della
comunicazione che preferiscono la sintesi e la concisione
alla prolissità. Ma senza omissioni che limitino la
comprensione.
Margherita Sberna
El Quseir, maggio 2018
11
COSI' VA IN ITALIA
12
Aporìe del made in Italy
Eva Zenith
Da qualche anno i mass media ripetono il peana del
made in Italy, la cui definizione è talmente vaga da
ricordare la vecchia autarchia fascista. I più rigorosi
qualificano come made in Italy solo i prodotti che:
vengono lavorati in una fabbrica o laboratorio
con sede in Italia
escono da imprese di proprietà a maggioranza
italiana
sono lanciati da imprese la cui sede centrale sia
in Italia
sono il risultato
dell'abilità di maestranze
italiane
vengono assemblati con materie prime italiane
(cioè in possesso dei primi tre caratteri di questa
lista).
Il problema è che con una definizione di questo tipo, il
made in Italy risulta molto circoscritto. Riguarda pochi
prodotti, in bassa quantità, ad alto costo destinati
soprattutto all'esportazione. Il vero made in Italy se lo
possono permettere solo pochi italiani: quindi, perchè ne
parliamo tanto?
Il carattere di una sede in Italia rende poco made in Italy
ogni prodotto che viene creato in stabilimenti esteri,
europei o no. Ogni delocalizzazione dovrebbe far perdere
ai prodotti la qualifica di made in Italy. Per esempio, non
sembra ragionevole continuare a definire made in Italy i
capi di Missoni, costruiti su misura per via telematica in
laboratori situati in estremo oriente.
13
La richiesta di una proprietà a maggioranza italiana
rende poco made in Italy ogni prodotto che esce da
un'impresa quotata in Borsa, o da un impresa (come
quelle del lusso) da tempo acquistata da capitali stranieri.
E' paradossale sentir magnificare il made in Italy di quei
prodotti che escono da organizzazioni da anni proprietà
di francesi, arabi, tedeschi.
Una impresa come la FIAT che ha la sede centrale in
Olanda, produce auto negli Usa e in altri Paesi non può
continuare a fregiarsi del titolo di made in Italy.
Il made in Italy dovrebbe essere frutto del lavoro di
maestranze italiane, almeno in maggioranza. Sono
almeno 500.000 gli immigrati clandestini che raccolgono
e lavorano i prodotti della campagna, nelle stesse
condizioni in cui lavoravano i neri nelle piantagioni di
cotone (o i cinesi nelle ferrovie) americane. E'
un'assurdità continuare a definire made in Italy i prodotti
di molta campagna italiana.
Infine c'è il problema delle materie prime. La bresaola
made in Italy viene fatta con la carne argentina. I salumi
vengono creati coi maiali rumeni. I prodotti da grano
dipendono dal mercato statunitense o canadese. Per le
marmellate viene usata la frutta egiziana, marocchina o
vietnamita. L'olio spacciato come made in Italy viene
prodotto con le olive spagnole, tunisine o greche.
D'altro canto è vero che il made in Italy, senza
esportazioni, non sfamerebbe nemmeno un quarto della
polazione italiana. La scarsità del vero made in Italy
spinge in alto i prezzi e questo invita all'esportazione
verso economie più forti. Il tonno mediterraneo lo
mangiano solo i giapponesi.
E allora? Smettiamola col mantra del made in Italy, e
14
limitiamoci a controllare che il cibo sia sano a
prescindere dalla sua provenienza.
15
La modernità cronofaga
Adamus
Il tempo è creazione, o non è niente
H.Bergson
Uno dei vanti della modernità è l'allungamento della vita
media. L'aspettativa di vita in Italia dal 1960 al 1969 era
di 67,2 per gli uomini e di 72.3 per le donne. Nel 2014 la
stima e di 79,40 per gli uomini e 84,82 per le donne. La
modernità, la democrazia, l'industrialesimo, e il
benessere ci hanno fatto guadagnare circa 12 anni di vita.
Queste sono le statistiche della quantità.
Purtroppo nessuno ci fa sapere le statistiche relative alla
qualità. Nessuno ci dice come passiamo gli ultimi anni.
Magari reclusi in qualche lager, o attaccati alle macchine
per respirare. Ma soprattutto nessuno ci fa sapere quanto
è il tempo di vita che la modernità ci ruba in tutto il
corso della vita. Non è infondato il sospetto che la
modernità ci sottragga più anni di quelli che ci regala.
Vediamo le situazioni più "cronofaghe":
Infinite sono le ore sono che passiamo in coda .
Davanti agli sportelli degli uffici pubblici per lo
smisurato numero di certificati e documenti
obbligatori, dalle segreterie scolastiche alle
pratiche cimiteriali.
Non possiamo considerare "vita" quella che
passiamo nelle code automobilistiche o in treno
per andare al lavoro e tornare a casa, o
accompagnare i figli in giro per la città, o le ore
passate alla spasmodica ricerca di un parcheggio:
e sono decine di giornate rubate.
16
Le ore sprecate nella maledetta "raccolta
differenziata" dei rifiuti, diventano giornate nel
corso di una vita.
Nella vita di un frequentatore di concorsi
pubblici arrivano a centinaia le ore sottratte, per
concorsi inutili o truccati.
Gli obblighi nella compilazione di moduli,
formulari, modelli, questionari, bollettini,
stampati, schede e registri sono veri furti delle
giornate di vita.
Sono tantissime le giornate che buttiamo,
costretti a vedere o leggere pubblicità in
televisione, in strada, nella casella di posta reale
o virtuale.
Quante ore siamo costretti a passare negli
ambulatori e negli ospedali per visite mediche,
analisi, check-up, ricette farmaceutiche e piccole
o grandi operazioni?
Chiavi di casa, della cantina, della scrivania,
dell'ufficio, dell'auto: nel corso di una vita sono
tante giornate sottratte dal bisogno di sicurezza.
Ognuno può fare il conteggio per sè, ma non sembra
assurdo affermare che gli anni di vita regalatici dalla
modernità corrispondono agli anni che ci ruba, come una
specie di tributo obbligatorio sulla vita. Resta evidente il
perchè i regimi della modernità siano così avidi del
tempo dei sudditi.
"Come mostra Castoriadis (in "L'institution imaginaire
de la societé"), due punti situati in uno spazio sono
diversi per ciò che non sono: il loro luogo. Il tempo è, al
contrario, ciò che altera l'essere: fra ciò che era e ciò che
17
è non esiste nessun legame di deduzione, derivazione,
determinazione nè causalità nè finalità. Il tempo è
creazione. Ora, il totalitarismo,......., si basa sull'idea che
esiste un luogo centrale - luogo del potere, luogo della
ragione - da cui è possibile accedere al senso globale,
ovvero al dominio e al controllo totale della società. Di
conseguenza, non vi è posto per nessun imprevisto,
nessuna inadempienza rispetto alle necessità della storia:
il senso è definitivamente fissato."9
Il dominio sul tempo e il controllo del tempo dei sudditi
è una costante dei regimi totalitari, e quindi anche della
democrazia totalitaria. Qualsiasi azione sottoposta al
dominio del potere trascura il costo del tempo sottratto
alla vita dei sudditi: tempo che non ha alcun valore.
9
(J.P.Dupuy "Ordini e disordini" Hopefulmonster, EST edizioni, Torino, 1986, pag.71)
18
Vecchi xenofobi e nuovi schiavisti
Perchè non c'è nessun traghetto di linea
fra Italia e Africa?
Vanessa Gucci
La xenofobia riguarda i neri, i gialli, i caffelatte, i
pellerosse, gli islamici, i cristiani, gli indù. Ma anche i
quartieri, le città, le regioni, ed anche i redditi. Lo
"straniero, l'estraneo, il foresto, il diverso" è da sempre il
soggetto inferiore o il soggetto nemico. Solo gli indigeni,
gli aborigeni, con la stessa storia, lingua/dialetto,
ricchezza e religione sono amici. A volte neppure tutti. A
volte anche le famiglie vicine sono il nemico da
osteggiare o sottomettere. Le faide familiari sono una
forma primitiva di guerra al diverso. In Italia, chiunque
vada a lavorare in una città, anche piccola, che non sia la
sua, si sente dire che dovrebbe "tornarse a casa". Il
matrimonio endogamico è applicato da secoli in tutto il
pianeta, ed è ancora oggi diffusissimo anche nei Paesi
più evoluti. I matrimoni fra diversi per razza,
nazionalità, religione, ceto, cultura sono anche possibili,
ma
sempre
accompagnati
da
mormorii
di
disapprovazione sociale. Se non funzionano, tutti
"l'avevano detto". Le xenofobìa non ha mai impedito
l'ospitalità, al contrario, l'ha rafforzata: l'ospite è
temporaneo. Nè ha mai impedito i commerci, anzi, li ha
resi possibili: gli scambi sono fruttuosi solo fra diversi.
La xenofobìa ha molte funzioni. La prima è quella di
rafforzare l'identità ed i legami fra simili. L'ostilità verso
il "fuori", riduce l'aggressività verso il "dentro". La
seconda è quella di rafforzare l'autostima: il "noi" è
sempre migliore del "loro". La terza, per certi versi più
19
importante, è quella di mantenere inalterati gli equilibri
sociali, economici e di potere. L'estraneo minaccia
sempre lo status quo.
La xenofobìa ha però una grande debolezza. E' un'onda
contrastata da un tifone. Il tifone è costituito dagli stati
che hanno reso "connazionali" gli abitanti di città e
contrade da sempre in conflitto. Il tifone è il sistema
economico-industriale moderno che rende gli Stati
interconnessi. Perchè non si scambiano solo merci, ma
anche servizi, persone, culture. Il tifone è il turismo da e
per l'estero; il tifone è Internet che azzera le distanze e
quindi le culture: il tifone è l'impero, con le Confederazioni, le Unioni, le Alleanze fra Stati, che hanno reso
sempre più vicino quello che era lontano. In sintesi, la
xenofobìa combatte con quella forza inarrestabile che
chiamiamo globalizzazione.
Anche la schiavitù ha le sue radici nella notte dei tempi.
L'impero romano è prosperato sulla schiavitù. La nobiltà
medievale ha avuto come base la servitù della gleba. La
colonizzazione ha camminato sulla schiavitù per tre
secoli. La prosperità americana è partita dalla schiavitù
dei neri nelle piantagioni di cotone. L'Australia è stata
costruita sul lavoro forzato dei galeotti. Si può dire che
tutta la storia umana si è sviluppata ed è economicamente cresciuta sfruttando la schiavitù.
Dopo l'abolizione legale della schiavitù (nella
Dichiarazione universale dei diritti umani, 1948, l'
articolo 4 vieta la schiavitù in tutte le sue forme), il
fenomeno non è sparito: in parte continua in forme
criminali (per esempio, per le schiave sessuali), ma in
gran parte continua sotto la bonaria definizione di
"immigrazione".
20
L'immigrazione si presenta in due forme. La prima è una
immigrazione organizzata che prevede un vero
inserimento degli stranieri alle stesse condizioni degli
"aborigeni": lavoro legalmente retribuito, abitazione
dignitosa, diritti civili, cure mediche. In genere questo è
il tipo di immigrazione riguarda le professioni
"intellettuali", ma non di rado riguarda anche il lavoro
manuale o tecnico. Questa immigrazione non si connota
come schiavitù ma come libero scambio.
La forma moderna della schiavitù è invece
l'immigrazione "disorganizzata". Milioni di persone che
si spostano clandestinamente e alla ventura, senza soldi,
lavoro, casa, diritti legali. Questi sono i "nuovi schiavi"
si cui si fonda una parte della ricchezza dei Paesi
ospitanti. Di solito un Paese che non vuole o non può
permettersi un'immigrazione organizzata, è ben lieto di
"accogliere" l'immigrazione disorganizzata. Non è un
caso che gli imprenditori italiani, tradizionalmente
conservatori e protezionisti, si sono sempre mostrati
favorevoli all'immigrazione selvaggia. Questa costituisce
un vecchio sogno, che già Marx aveva segnalato: un
esercito del lavoro di riserva, meno costoso, meno
sindacalizzato, più sottomesso. I famosi "lavori che gli
italiani rifiutano" perchè sporchi o malsani, mal pagati e
peggio organizzati, invece di essere riorganizzati
civilmente, sono dati pari pari ai "nuovi schiavi".
Centinaia di imprese agricole non vivrebbero senza
schiavi stagionali. La quasi totalità del tessile di Prato
sarebbe morta senza gli schiavi cinesi. Tutto il comparto
illegale delle contraffazioni prospera sul lavoro nero
degli schiavi. Una grande mano dagli schiavi viene data
all'industria del sesso e della droga. Nessuno ha mai
21
calcolato quante "badanti" lavorano in nero.
L'immigrazione-schiavitù offre anche un certo sostegno
ai proprietari di immobili che riescono a guadagnare da
porcilaie trasformate in alloggi.
Anche la schiavitù, come forma di sfruttamento, ha la
sua debolezza. Gli schiavi hanno la tendenza a
emanciparsi.
Gradualmente chiedono legalità, diritti, garanzie
avvicinandosi sia pure con lentezza alla condizioni di
vita degli ospitanti.
Oppure cercano una via d'uscita nell'illegalità. Nessuno
si chiede come mai le pizzerie "Vesuvio" chiudono e i
ristorantini "Fior di loto" prosperano? Quanti di noi,
dopo aver dormito sotto un ponte, saltati i pasti, ed essere
quasi morto di freddo senza alcuna prospettiva di
miglioramento a breve termine si farebbero problemi a
vendere qualcosa di illegale o rubacchiare qua e là ?
L'illegalità è scomoda sia per chi la esprime sia per chi
la subisce. Alla lunga, la schiavitù ha un costo sociale
molto alto, ma sul breve termine offre grandi vantaggi a
molti.
L'Italia, con la consueta creatività, ha trovato il modo di
superare il conflitto fra vecchi xenofobi e nuovi
schiavisti ricorrendo alle parole magiche "solidarietà" ed
"accoglienza", ed allargando a dismisura i vantaggi
dell'immigrazione disorganizzata o selvaggia.
Il primo passo è stato quello di rendere molto difficile
l'immigrazione legale dai Paesi africani o medio-orientali
La più evidente prova di questa scelta è che non risultano
cinesi o sudamericani dispersi nelle acque del
Mediterraneo. Significa che da questi Paesi arrivano
clandestini in modo piuttosto facile con altri mezzi.
22
La seconda prova più evidente è che non esistono
traghetti di linea che collegano l'Italia all'Africa o al
Medio-Oriente. Sembrerebbe l'operazione più semplice,
se davvero fossimo interessati ad evitare stragi in mare.
Invece no, gli africani ed i medio-orientali devono
rischiare la vita per diventare schiavi, perdipiù grati per
essere stati salvati.
Il secondo passo è stato quello di confondere i termini fra
"rifugiati politici" ed "emigranti in cerca di benessere"
definendoli tutti "povere vittime". Il tradizionale senso
di colpa cattolico italiota scatta di fronte alle "povere
vittime" ed azzera ogni sentimento xenofobo. Nessuno
sta a vedere se fra i clandestini c'è qualche ex-turturatore
di Gheddafi, qualche aspirante terrorista, qualche
rapinatore di banche in fuga o qualcuno che ha seppellito
moglie e suocera prima di partire: se viene dal mare è
una "povera vittima" e va non solo salvata, ma anche
ospitata. In teoria, gli sbarcati dovrebbero essere censiti e
controllati. In pratica, il colabrodo Italia offre a tutti un
passaggio facile per la schiavitù.
Il terzo passo è stato quello di allargare a molti i benefici
dell'immigrazione selvaggia.
Anzitutto la Marina italiana, di cui nessuno conosce la
funzione, ha trovato uno spazio di gloria e carriere con la
mitica operazione Mare Nostrum. Poi i Comuni degli
sbarchi, per metà disastrati dall'invasione dei clandestini,
ma per un'altra metà beneficiati da finanziamenti fuori
controllo. Infine, le finte cooperative dei finti volontari,
che sono cresciute a dismisura (Mafia Capitale docet).
La schiavitù non è più qualcosa di disonorevole: è un
business dell'accoglienza.
23
Il sistema non si cambia:
si può solo azzerare, ogni 50 o 100 anni
Gestaltismo, strutturalismo e olismo
Guido Contessa
Una delle persone più criticate e odiate in Italia è l'attuale
Presidente del Consiglio. Moltissimi pensano che
cacciarlo sarebbe la soluzione di tutti i mali, allo stesso
modo in cui si è pensato che eliminato Mussolini il
fascismo sarebbe sparito. Il fatto evidente è che al posto
di Renzi non arriverebbero J.F.Kennedy, W. Churchill o
A.De Gasperi. Come è del tutto evidente che nemmeno
Gesù riuscirebbe a migliorare un'Italia sottomessa ad un
sistema inemendabile.
Il pensiero individualista e soggettivista, che attribuisce
ai singoli meriti e responsabilità politici, trascura la
lettura gestaltica, strutturalista e olistica del mondo.
1. Gestaltismo: l'insieme è diverso dalla somma delle
parti
Quando si critica la casta dei politici, la corporazione dei
magistrati o dei medici, il corpo di polizia, c'è sempre
qualcuno che sdegnato giura che "lui e molti altri" sono
onestissimi e competentissimi. Questo è sicuramente
vero. Purtroppo la Gestalt Theory ci insegna che
"l'insieme è diverso dalla somma delle parti", il che fa sì
che un soggetto onesto e competente inserito in un
insieme critico ed inquinato non può che arrendersi ed
omologarsi. Se questa omologazione non avviene, il
singolo viene emarginato, isolato e in certi casi lasciato
in balìa dei rischi di ritorsione. I casi del generale Dalla
Chiesa, Falcone e Borsellino sono emblematici.
24
2. Strutturalismo: un insieme di ruoli/ regole tra loro
collegati
Qualsiasi soggetto voglia comportarsi onestamente, in
modo competente ed umano all'interno di una istituzione
o di una organizzazione,non può.
.
L'istituzione/organizzazione è un sistema fondato sulla
sostituzione delle relazioni e della razionalità, con
regole, ruoli regolati e legami vincolati. Nessuno può
"essere se stesso" e operare all'interno di una istituzione
o organizzazione: quindi nessuno può essere giudicato
come individuo slegato dalla struttura. L'esempio più
eclatante è quello dei nazisti, in grande maggioranza
assolti perchè "non facevano che obbedire" agli ordini.
E' la struttura a dominare gli individui che ne fanno
parte. Per rendere un edificio antismico non basta
ridipingere i muri o ricollocare i mobili: occorre
modificarne la stuttura. Per innovare una organizzazione,
una corporazione, un'istituzione (e a maggior ragione
uno Stato) non basta comportarsi al suo interno con
onestà, uumanità e razionalità: occorre cambiarne la
struttura.
3. Olismo: i sistemi complessi sono irriducibili alla
mera somma delle loro parti, in modo tale che le leggi
che regolano la totalità non possano mai essere
riducibili alla semplice composizione delle leggi che
regolano le parti costituenti
La società è un sistema di sistemi e i sistemi si
influenzano l'un l'altro. L'insieme dei sistemi è diverso
dalla somma delle parti, e l'insieme dei sistemi è a sua
volta un sistema di regole e ruoli interconnessi. Il sistema
sport non si può cambiare se si pensa ai suoi legami col
25
sistema culturale, il sistema dei media, il sistema
economico. Il sistema dei media è legato
inestricabilmente col sistema politico, il sistema culturale
dominante, e il sistema delle corporazioni.
E così via per ogni organizzazione e istituzione, che
somo
sistemi
collegati
a
tutti
gli
altri.
La lettura gestaltica, strutturalista e olistica del mondo
spiega le enormi difficoltà del cambiamento,
l'insignificanza del singolo individuo di fronte alle megastrutture, l'inutilità di demonizzare i leaders che sono
sempre solo capri espiatori. E spiega anche che il
riformismo è sempre conservatore, mentre il vero
cambiamento è affidato solo ai "salti" alle rotture
drammatiche che si verificano ogni 50 o 100 anni.
26
La tecnologia ci divora la vita
Quante ore al giorno buttiamo intorno alla
tecnologia ?
Ektor Georgiakis
La rivoluzione informatica e telematica ci ha promesso
una vita più veloce, più facile, più efficiente. In astratto
questo si è avverato, ma in concreto la diffusione dei
computer e dei dispositivi mobili si è appropriata della
nostra vita rendendocela più lenta, più difficile e forse
anche meno efficiente. Come con le perline regalate agli
Incas, non ci chiediamo più a cosa serve e perchè ne
facciamo uso, ma siamo assuefatti a considerare la
tecnologia parte centrale della vita senza fare caso a cosa
e quanto ci ruba.
Quando comperiamo tecnologia
"Con soli 99€ hai 25GB di Internet per 1 anno di
navigazione alla velocità del 4G". Questa è l'offerta
tipica di un servizio telematico. Ma ce ne sono a decine
fra le quali scegliamo dopo 2/3 ore di lettura della
pubblicità. Dobbiamo decidere fra sistemi diversi e
offerte diverse per lo stesso sistema, nessuno dei quali ti
spiega mai i pro e i contro. Parlano solo dei pro. Adsl,
wi-fi, fibra, flat, giga, mega, router, tablet, laptop, smartphone, ram: tutto un vocabolario da imparare, senza
capirlo veramente. Parliamo qui solo dei normali
consumatori di computer o cellulari, non dei disgraziati
che si buttano nella creazione di un sito o un blog.
Questi, se non hanno almeno un giorno alla settimana da
buttare solo per i problemi tecnologici, sono dei suicidi.
27
Facciamo finta di sapere cosa significa quello che
leggiamo, poi firmiamo un contratto scritto in corpo 8 e
in un linguaggio tecn-inglese, che ci legherà per la vita.
Siamo liberi infatti di cambiare quando vogliamo, ma
dobbiamo essere pronti ad effettuare manovre che ci
ruberanno ore ed ore.
Abbiamo comprato un servizio che ci offre "25GB di
Internet per 1 anno" facendo finta di sapere a quante ore
di navigazione corrispondano 25 giga, e accettando di
fidarci al buio del fornitore che sarà l'unico a sapere se e
quando avremo superato la fatidica soglia. Abbiamo
anche comprato un servizio che promette "navigazione
alla velocità del 4G" scoprendo (se siamo abbastanza
bravi da controllare) che avere una velocità media di 4
mega è già una fortuna. Esiste qualche modo di discutere
con il fornitore del servizio qualora sia i 25 giga che i 4
giga si rivelino una panzana? No. Se telefoni al numero
dedicato, non risponde o è occupato. Poi risponde un
kosovaro che in italiano stentato, ti dice che devi
chiamare un altro numero. Alla fine arrivi a parlare con
un gentile pakistano che ti giura che se i giga non sono
quelli promessi il problema è del tuo dispositivo, che
devi o aggiornare o cambiare. Di ritoccare il costo
dell'abbonamento non se ne parla. Ciò che è sicuro è il
tempo che hai buttato.
Quando impariamo ad usare tecnologia
Abbiamo già perso 2/3 giorni di vita senza neppure aver
cominciato ad usare le centiniaia di "meravigliose
funzioni" che il dispositivo comprato offre. Se siamo
laureati in info-telematica (meglio con lode) possiamo
leggere le istruzioni. Compilate da sadici che parlano
28
solo tecnichese e inglese, scritte in corpo tipografico
leggibile solo con una lente, le istruzioni di hardware,
software, e dispositivi mobili richiedono giorni di lettura
e garantiscono la depressione. I bravissimi produttori
offrono anche l'opportunità di cercare online le risposte
che servono, consultando le pagine del loro sito dedicate
alla "domande frequenti". Basta avere la pazienza di
leggere 7-800 risposte in tecni-inglese per trovare (sei
hai molta fortuna) quella che ti serve. Solo per iniziare
perdi non meno di 2/3 giorni.
Pochi hanno il coraggio e il tempo da sprecare per
imparare ad usare appieno lo strumento comprato. I più
si buttano sfruttando l'intuito e si limitano ad usare il
10% delle "meravigliose funzioni" fornite, che
comunque richiede giorni per essere appreso. D'altronde,
anche questo 10% diventa presto inutile perchè dopo 2/3
mesi che hai comprato qualcosa, il produttore mette sul
mercato la versione successiva "aggiornata". Si fa per
dire: per i produttori, il termine aggiornamento significa
sempre novità sperimentale. Tutto quello che hai
imparato è da buttare. Ma non basta. L'aggiornamento di
una parte del tuo sistema info-telematico (sia hardware o
software) renderà incompatibili numerose altre parti del
sistema, che sarai costretto ad aggiornare. Siccome
l'aggiornamento è sperimetale, dopo una settimana ce ne
sarà un altro. In un ciclo quasi infinito di aggiornamenti
e apprendimento obbligati, che ti rubano gionate intere.
Qualcuno, che a fatica ha trovato un modo parziale di far
funzionare quello che ha comprato, potrebbe essere
tentato di non aggiornare, pensando che l'aggiornamento
sia un'offerta opzionale del produttore. Con le auto
funziona così. Quando esce un nuovo modello, non sei
29
obbligato a comprarlo, se quello che hai ti soddisfa. Nel
settore info-telematico invece è come se, uscito un nuovo
modello di auto, i distributori di benzina cessassero di
rifornire il modello precedente. Per un po' sei
bombardato da avvisi perentori che ti ingiungono, con la
stessa grazia di Equitalia, di aggiornare. Dopo un po' ti
avvisano che se ti ostini non avrai più nè la consulenza
telefonica, nè le utilissime pagine sulle "domande
frequenti". Infine, cominciano a non funzionare più nè
quello che hai comprato, nè i pezzi di sistema che ne
sono collegati. Ci sono siti che nemmeno si aprono se
non hai il browser aggiornato ieri.
Desolato, ti risolvi a aggiornare/ricomprare il dispositivo,
di cui userai solo il 10%: .....e investi altri giorni per
imparare tutto daccapo.
Quando usiamo la nostra "facile" tecnologia
Il cellulare è fantastico. Però richiede tempo per la carica
delle batterie, e la ricarica da pagare. Poi, quando serve,
non c'è campo. Siccome ha un fantastico sistema "touch
screen" se lo metti in tasca frettolosamente chiama i
numeri da solo; se lo prendi in mano sbadatemente si
spegne da solo. Se sei sotto il sole, non vedi lo schermo,
a meno che tu non abbia un cellulare che costa più di
un'auto.
Il computer è meraviglioso. In teoria, ti permette di
viaggiare per il mondo e restare sempre connesso. In
pratica, se cambi Paese, devi cambiare o rifare le
credenziali (ID e password) di tutti i siti cui accedi
abitualmente. Infatti il sito che vuoi raggiungere
riconosce che hai cambiato IP e ti chiede di controllare e
verificare le tue credenziali, perchè, si sa, un hacker
30
thailandese è sempre in agguato per leggere i tuoi post su
Facebook. Intanto spendiamo ore per "riverificare" le
passwords dei dieci siti che vogliamo raggiungere. Ore
buttate.
La questione sicurezza è un'altra macchina per rubare il
tuo tempo. I gestori di antivirus, ti tartassano con decine
di avvisi perchè tu aggiorni il "sistema di difesa" dai
virus che loro stessi inventano (in perfetto stile mafioso).
Spendiamo ore e soldi per difenderci e poi ogni giorno
leggiamo che i database, i siti, i clouds (e tutti i tuoi
dispositivi) vengono regolarmente "bucati" e hackerati.
Qualcosa non va nel tuo cellulare o nel tuo pc? Devi
mettere in conto almeno una settimana di "lavoro" a
tempo pieno. La risposta più frequente che ottieni dai
negozi dove l'hai comprato, dai servizi di assistenza del
produttore (il solito indiano ignaro o le "domande
frequenti"), e da sedicenti tecnici esperti che paghi a peso
d'oro è questa: buttalo e comprane uno più nuovo. I più
criptici ti ordinano di "resettare" che significa buttare via
tutti i tuoi dati e rifarti una nuova vita telematica.
A proposito di "tecnici esperti". Ti vengono suggeriti
spesso, come se potessi trovarli a ogni angolo di strada.
In concreto, non ne trovi mai uno. Se lo trovi, è esperto
in qualcosa che non ha nulla a che fare col tuo problema.
Se trovi quello giusto, ti costa come se avessi comprato
un cellulare o un pc nuovo. Fra la ricerca dell'esperto
giusto e la soluzione del problema sei fortunato se te la
cavi in meno di un mese.
I siti e i blog privati ne inventano di tutti i colori per
rubarti tempo. Oltre ai già citati, che non aprono se non
hai il browser giusto, ci sono quelli che per farti
accedere ti chiedono di iscriverti, il che è paradossale
31
visto che chiedi di accedere per conoscere il sito. I più
modesti si limitano a invocare che li segnali su un social
network prima ancora che tu sappia cosa contengono.
Naturalmente, se la vuoi fare, la segnalazione richiede
che tu sia già iscritto al social network, altrimenti basta
buttare una mezz'ora per farlo.
La pubblica amministrazione ha fatto passi da gigante,
informatizzandosi. In teoria, puoi smettere di fare code
negli uffici e seguire ogni pratica online. In pratica, sono
pochissimi i siti pubblici aggiornati, per cui puoi solo
avere le informazioni dell'anno scorso. Quelli aggiornati,
mettono online pagine per leggere le quali devi avere
Word, oppure Acrobat o QuickTime o un Flash player:
tutte cose che devi pagare o passare ore a scaricare gratis
(non sempre legalmente) e installare. Appena installato il
nuovo software, scopri che confligge col tuo sistema
operativo, oppure ti arriva il messaggio.....aggiorna ora!
La tragedia si presenta quando un sito della P.A ti chiede
di compilare qualcosa online: la pagina non si apre, se si
apre - dopo avere messo le tue credenziali - non prende
ciò che scrivi nelle caselle obbligatorie, se prende..... non
funziona il tasto "invia".
In conclusione: Quante ore al giorno buttiamo intorno
alla tecnologia ?
32
Appalti legalmente truccati
10
Eva Zenith
Da almeno 20 anni, esistono solo appalti truccati
"legalmente". Non esitono appalti sostanzialmente
regolari, ma solo appalti formalmente regolari. Lo sanno
tutti coloro che hanno partecipato ad un appalto
pubblico. Qualche volta la magistratura se ne accorge e i
media fingono di scandalizzarsi.
Esistono cinque categorie di vincitori di appalti
legalmente truccati: quelli legati alle mafie, quelli
collegati alle cooperative rosse, quelli di appartenenza
cattolica, quelli legati all'appaltatore, quelli che pagano il
pizzo. Non di rado i vincitori appartengono a tutte e
cinque le categorie insieme.
L'ipotesi che un appalto sia vinto da qualcuno che sa fare
il lavoro bene e con onestà è remota. Capita solo quando
mafie, organizzazioni rosse e cattoliche, cordate
dell'oligarchia locale, e appaltatore sono talmente in
conflitto da non trovare un accordo. Prima che il sistema
degli appalti dilagasse, i politici affidavano i lavori a chi
gli pareva. Se le cose andavano male, era sempre chiaro
ed evidente chi fosse il politico responsabile. Capitava
anche che qualche politico, per evitare grane, affidasse
un lavoro a un'organizzazione competente. Oggi, grazie
agli appalti, a meno di truffe smaccate e davvero idiote,
nessun politico risponde mai degli appalti, perchè sono
quasi sempre formalmente legali.
Capitolo 1 - L'informazione
Un appaltatore che desidera avere il meglio al minor
10
queste riflessioni sono tratte dall'esperienza in appalti del settore sociale, ma è
altamente probabile che gli appalti in altri settori siano dello stesso tipo
33
prezzo facilita l'accesso al maggior numero possibile di
concorrenti. Basta creare un database cui ogni impresa
interessata agli appalti del settore può iscriversi
liberamente: ogni bando può essere inviato a tutti via
mail. Un appaltatore che vuole far vincere qualcuno fa il
contrario. Invita a partecipare gli "amici" in largo
anticipo e direttamente, mentre crea per gli altri una
corsa a ostacoli.
Il bando viene reso pubblico pochi giorni prima della
scadenza, meglio se in prossimità di feste, ponti,
vacanze. In questo modo gli "estranei" hanno pochissimo
tempo per partecipare. Ma come viene reso pubblico?
Solitamente viene appeso alla bacheca dell'ente
appaltatore, in un sottoscala buio.
A volte può anche essere richiesto, purchè si sappia
quando esce. Ma dopo la richiesta non viene inviato:
deve essere ritirato a mano in orari fantasiosi (il
mercoledi dalle 9 alle 10 oppure il venerdi dalle 16 alle
18). Ma, una volta raggiunto, non viene dato gratis: va
fotocopiato a pagamento.
Gli appaltatori più innovativi arrivano a mettere il bando
sul loro sito istituzionale. Peccato che quasi sempre il
sito sia off line, oppure il link al bando sia nascosto. Una
volta trovato il link si scopre che funziona a giorni
alterni, e quando riesci a raggiungerlo, il bando è in un
formato illeggibile o non scaricabile.
Un'altra furbata è l'uso di qualche appaltatore di
ammettere all'appalto solo quelli che vengono invitati.
Per essere invitati, raramente basta chiedere. Per ricevere
il bando bisogna avere dei requisiti, che poi sono quelli
già in possesso del vincitore designato. Non si arriva ad
esigere che il responsabile dell'ente sia biondo/a ma ci si
34
va molto vicino. Per esempio, alcuni esigono che
l'invitato abbia una sede nella stessa regione o provincia
dell'appaltante; altri chiedono che la ragione sociale sia
una cooperativa o una srl; altri ancora arrivano a
pretendere che i lavori pregressi del concorrente siano
uguali a quello messo in bando. Ma qui viene il bello.
Chi pensate che decida se il concorrente è degno di
essere invitato? L'appaltatore, ovviamente, e senza diritto
di appello.
Mentre i "non amici" fanno la caccia al tesoro, gli
"amici" stanno già da tempo preparando l'offerta e la
documentazione.
Capitolo 2 - I requisiti e il controllo
Nella scelta dei requisiti per partecipare all'appalto, i
"truccatori legali" raggiungono vette artistiche. Una
prima scrematura avviene con la ragione sociale.
All'appaltatore non interessa sei bravo ed onesto, ma
devi avere la stessa ragione sociale dell'ente che dovrà
vincere. Gli appalti sono vincolati alla ragione sociale
degli interessati a partecipare. Cooperative, onlus,
associazioni no profit, srl, spa: ogni appalto è riservato
ad una categoria specifica Questo riduce molto i rischi di
concorrenza.
Una seconda scrematura deriva dal bilancio. Ogni bando
richiede che per partecipare devi avere un certo bilancio
(in uno o anche tre anni precedenti), ma i più astuti
chiedono che il bilancio deve essere basato su lavori
simili o addirittura identici a quelli messi in bando. Nei
bandi di una certa entità, è richiesta una fidejussione,
35
cioè la garanzia di una banca, che naturalmente la fa
pagare: questo, prima di sapere se vincerai o no.
La terza scrematura si basa sull'organico. Non è previsto
che tu assuma i collaboratori dopo l'eventuale vittoria.
Per partecipare devi avere X dipendenti o collaboratori,
ma non basta. Bisogna che abbiano particolari lauree o
diplomi ed è obbligatorio allegare i curricula di tutti. Non
importa se il lavoro inizierà fra un anno o più. Devi dire
ora chi ci lavorerà: non sono previsti decessi,
licenziamenti o semplici impegni in altri lavori futuri.
Se il lavoro in bando prevede una sede per i futuri utenti,
questa deve essere "a norma" e restare a disposizione
fino alla decisione sul vincitore perchè se vinci e cambi
la sede, rischi di non essere pagato.
Molti bandi richiedono che il progetto sia preceduto da
una "ricerca sui bisogni", che devi fare a tue spese. Non
importa se questa ricerca è fatta oggi, mentre le risposte
a questi bisogni saranno date fra uno, due o anche tre
anni. I tempi fra l'emissione del bando, la partecipazione,
i ricorsi, la scelta del vincitore, l'avvìo del lavoro e la sua
ultimazione sono spesso di svariati anni. Il progetto deve
essere descritto nei dettagli, senza alcun interesse per i
bisogni degli utenti (che non conosci e che fra 2/3 anni
saranno del tutto cambiati). Cambiare un progetto in
corso, sulla base di diversi bisogni emersi è il primo
motivo di sospensione dei pagamenti.
L'ultima scrematura si basa su elementi formali. Se
manca una firma su un foglio (tutti vanno firmati), la
partecipazione è annullabile. Se manca un timbro la
partecipazione è annullabile. Se la consegna avviene sei
minuti dopo la scadenza, la partecipazione è annullabile.
E' successo che sia stato eliminato un candidato perchè
36
aveva scritto sul costo finale "quarantatremila
trecento50" mentre il bando chiedeva la somma in
lettere: "quarantatremila trecentocinquanta".
Sui requisiti l'appaltante si scatena, ma il trucco non sta
solo nel porre requisiti bizzarri quanto ultimativi. Il vero
godimento dell'appaltante sta nel controllo di questi
requisiti. Chi controlla se i partecipanti al bando
hanno o no i requisiti inderogabili richiesti? Qualche
tirapiedi dell'appaltante, che verso gli estranei sarà
severissimo, mentre per il candidato vincitore si mostra
molto possibilista. Ogni requisito richiesto richiederebbe
un'apposita indagine, che nessuno si mette a fare, specie
verso chi è designato a vincere. I requisiti formali
difettosi possono essere sanati con una telefonata, dopo
la scadenza per le presentazioni: chi può sapere che
prima non c'erano? La ricerca sui bisogni è fatta con un
"copia e incolla" di ricerche fatte anni prima: ma chi lo
viene a sapere? La sede per gli utenti non esiste o non è
"a norma"? Se sei un "amico" non importa: basta una
dichiarazione di "lavori di adeguamento in corso".
Nessuno saprà se questi lavori dureranno anni. Il bilancio
e la fidejussione sono opzionali o addirittura falsi, ma
come farà a controllare il Fantozzi preposto al controllo?
Se qualche funzionario onesto si accorge per caso di
anomalìe, cosa deve fare? Segnalare al dirigente, che gli
dice di "farsi i c....suoi", oppure che va dall'appaltante,
che gli dice di "farsi i c....suoi".
CAP.3 - La Commissione e i risultati
Per essere proprio sicuri che il vincitore designato vinca
l'appalto, nel settore sociale gli appaltanti evitano di fare
bandi basati solo sulla cifra offerta. Questo renderebbe
37
troppo poco discrezionale la decisione. Ecco dunque
l'ideona: una Commissione che decide una certa parte del
punteggio finale. Chi sceglie e designa questa
Commissione è ovviamente l'appaltatore. I commissari
vengono scelti fra i parenti dell'appaltatore, i suoi
tirapiedi, qualche funzionario ricattabile. I più arditi
mettono nella Commissione anche una "foglia di fico".
Qualche sedicente esperto o addirittura un accademico.
Tanto la Commissione voterà e se c'è un membro non
allineato sarà in minoranza. Le riunioni della
Commissione sono segrete, come anche i suoi criteri di
decisione. Se per caso le cose non vanno come da
programma e la commissione sceglie un candidato
sgradito, non c'è problema. Il peso della decisione della
Commissione viene bilanciato dal peso del restante
punteggio, deciso dall'appaltatore.
Una volta che i conteggi sono fatti, salta fuori il nome
del vincitore. Il quale viene formalmente avvisato
(informalmente lo sapeva già). Qualche volta i trombati
vengono cortesemente avvisati, ma non è detto: devono
chiedere con insistenza. Se poi questi chiedono verbali,
punteggi e motivazioni, la cosa si fa drammatica. I
risultati di un appalto sono più secretati dei documenti
del controspionaggio. I più cialtroni dicono chiaro e
tondo che non sono tenuti a dirti niente. I più audaci
giurano che ti manderanno tutto, ma non si sa quando (e
passano mesi). Altri ti mandano documenti incompleti,
lacunosi, illeggibili.
Certo, chi perde può fare anche un ricorso
amministrativo. Siamo tutti per la legalità ! Dopo 5 anni
e 20.000 euro buttati, può anche vincere. Cosa vince?
Niente, perchè i lavori appaltati sono finiti da un pezzo.
38
Chi vince dovrebbe ricevere un anticipo, come da
capitolato. Se chi vince è un "amico" l'anticipo viene
inviato il giorno stesso. Se il vincitore è un altro (caso
rarissimo) il giorno stesso deve cominciare il lavoro, ma
l'anticipo arriva dopo mesi e decine di solleciti.
CAP.4 - Il controllo sul campo e le variazioni
Se per caso hai vinto un appalto, senza aver pagato
nessun pizzo o tangente, e cerchi di fare al meglio il tuo
lavoro.....ti fanno morire! Tanto per scoraggiarti la
prossima volta. Ogni controllo, tipo gestapo, che trova
una pur minima variazione dal capitolato, si traduce nella
riduzione o sospensione dei pagamenti.
Il primo problema sta nel numero dei partecipanti/utenti.
Due o tre anni prima, quando è stata fatta la rilevazione
dei bisogni, molte persone sembravano interessate al
progetto. Se si trattava di adolescenti, oggi sono tutti
impegnati per la maturità. Se si trattava di anziani, la
metà è passata a miglior vita. Se si trattava di piccole,
imprese, la maggioranza ha chiuso i battenti. Se si
trattava di utenti provenienti da istituzioni o
organizzazioni (scuola, comunità terapeutica, centro
informagiovani, ecc.) il dirigente con cui due anni prima
hai fatto un accordo, oggi è cambiato e quello nuovo non
ha tempo da dedicare al tuo progetto.
D'altronde, se il capitolato prevedeva un numero preciso
di utenti, è prevista la riduzione o sospensione dei
pagamenti. Questo naturalmente non capita mai se chi ha
vinto è chi era stato designato. Siccome ogni respiro
durante il progetto prevede, firme, timbri e ricevute sono
molti quelli che danno vita al "mercato truccato" dei
partecipanti.
39
La cosa più semplice è mettere sui registri le firme di
parenti, affini, amici. I più raffinati arrivano a dare dei
soldi in più a coloro che partecipano. Così è nata la
professione di "partecipante a progetti appaltati".
Sono parecchi i giovani che firmano i registri di varie
iniziative prendendo due o tre diarie . Tanto, nessuno
controlla.
Non c'è progetto sociale nè appalto che non dichiari a
gran voce la necessità di "seguire i bisogni degli utenti".
In pratica, i cambiamenti vanno autorizzati
dall'appaltante uno per uno, ma spesso le autorizzazioni
arrivano qualche settimana o mese dopo le necessità.
Ogni cambiamento di sede, orario, contenuto o organico
è ufficilmente motivo di riduzione o sospensione dei
pagamenti.
A nessuno interessa se il progetto raggiunge o meno i
risultati richiesti dal bando. Per gli "amici" i controlli
non vengono fatti. per gli "estranei" i controlli sono
fiscalissimi ma solo sul piano formale. I registri, la
contabilità, la sede della attività, il calendario, i nomi
degli operatori vengono sottoposti ad un vaglio
implicabile e ogni errore o deroga è motivo di riduzione
o sospensione dei pagamenti.
CAP.5 - I pagamenti e i rendiconti
Circa i pagamenti e i rendiconti abbiamo personalmente
assistito alla differenza fra "amici" ed estranei. Il famoso
capo di una onlus si è presentato dall'appaltante a fine
progetto, portando con sè una decina di scontrini per
giustificare l' ammontare dei due miliardi del bando.
L'appaltante gli ha fatto un modesto rimprovero verbale
ed ha pagato. Un'associazione di estranei che aveva vinto
40
"per caso" un appalto, dopo dodici anni dalla fine del
lavoro, riceve una lettera con una richiesta perentoria
dell'invio di tutta la documentazione che l'appaltante
aveva smarrito, pena l'obbligo di restituire la somma
incassata.
Ogni bando richiede un'offerta economica, scomposta a
pacchetti: per gli operatori, per la segreteria, per i
materiali, ecc. In fase di rendicontazione, non basta una
fattura unica, e nemmeno per pacchetti. L'appaltante agli
"estranei" richiede che tutte le spese vengano giustificate
da fatture regolarmente pagate: pena l'annullamento del
rimborso. Questo significa che il vincitore dell'appalto
deve prima pagare tutte le spese e poi, mesi dopo,
riceverà il compenso (se non c'è un impedimento da
cavilli formali). Chi anticipa questi pagamenti? Il
vincitore dell'appalto o una sua banca. Chi paga gli
interessi? Il vincitore "casuale" dell'appalto.
Nessuno pensi che l'ente vincitore si rifaccia ampiamente
di queste spese, mediante la percentuale di ricavo sul
totale dell'appalto. Nel settore sociale è proibito indicare
che l'appaltatore tratterrà un 5-10% come utile. Gli
appalti richiedono che le spese di ricerca, progettazione,
segreteria, di partecipazione alla gara, interessi bancari
siano tutte a carico del vincitore. Cioè, chi partecipa ad
un appalto e vince, dovrebbe fungere da semplice
trasferitore di danaro dall'appaltante al progetto.
Tutto questo non vale per gli "amici", che vengono
saldati quasi in toto a metà lavoro. Chi può controllare ?
L'appaltante ha un'altra arma potente per "punire"chi
vince un appalto senza essere un vero "amico". Il ritardo
sine die nei rimborsi. Questo consente anche
all'appaltatore di far maturare gli interessi bancari a suo
41
favore. Su decine di progetti, si tratta di milioni di euro.
L'anticipo non viene dato, come specificato nel bando,
all'inizio del lavoro, ma due, tre e anche sei mesi dopo.
La seconda rata non viene data, come specificato nel
bando, a metà del lavoro, ma due, tre e anche sei mesi
dopo.
Il saldo non viene versato, come specificato nel bando, al
termine del lavoro, ma due, tre e anche sei mesi dopo. Le
scuse per questi ritardi sono infinite. Non abbiamo
ricevuto la documentazione, il funzionario è in vacanza,
la documentazione non è completa o precisa, aspettiamo
l'OK del dirigente, abbiamo passato la pratica all'ufficio
amministrativo, al momento l'ente non ha liquidità...
Il contenzioso è causidico. A volte si basa su cavilli
formali: "manca una firma a pagina 7, vi rimandiamo
tutto e poi provvederemo". Fra la prima spedizione, la
scoperta del cavillo, l'avviso della necessità di
correggere, la spedizione e la ri-spedizione con firma
esatta, passano due o tre mesi, nel corso dei quali i
rimborsi sono sospesi.
A volte si basa su questioni più corpose, che aprono
spesso guerre fra consulenti amministrativi che danno
interpretazioni della legge in modo diverso. Secondo
alcuni appaltatori devi pagare l'Iva due volte: quando fai
una spesa (per esempio, un viaggio) paghi l'Iva, e quando
invii il rendiconto di quella spesa devi fare una fattura in
cui ripaghi l'Iva. Secondo le norme fiscali ogni ente deve
conservare per almeno 5 anni gli originali di tutte le
fatture emesse o pagate. Secondo i contabili di molti
appaltatori, i rimborsi vengono dati solo dietro invio dei
documenti originali. Queste "guerre" interpretative
possono durare anche uno o due anni, nel corso dei quali
42
i rimborsi sono sospesi.
Questo formalismo contabile fa sì che i progetti sociali
non siano più diretti dai professionisti competenti, ma
dai ragionieri, contabili, burocrati dell'appaltante e dai
ragionieri, contabili, burocrati, consulenti fiscali e
amministrativi dell'appaltante. La conseguenza è che i
progetti appaltati, nel migliore dei casi servono solo ad
offrire paghe e stipendi a operatori precari. I bisogni
degli utenti e la qualità dei progetti non interessano a
nessuno.
43
La bufala dei concorsi
Guglielmo Colombi
E' cronaca quotidiana la follìa di concorsi per 6
infermieri con 2500 partecipanti, per 4 bidelli con 1800
partecipanti, per 2 postini con 1000 partecipanti. I
concorsi vengono spacciati per un sistema oggettivo di
selezione e assunzione, mentre sono un mero business
per chi li gestisce e una vera truffa (nonchè salasso) per
gli aspiranti. A proposito di chi gestisce le selezioni è
sospetto il mistero che aleggia sui selezionatori. Non si
sa sulla base di quali criteri vengono scelti. Nessuno
controlla se vi siano conflitti di competenze. Il che lascia
una vistosa ombra sulle bufale chiamate concorsi.
Qualsiasi operatore esperto di selezione del personale sa
che il processo (domanda, titoli, curriculum, esame
scritto o orale, colloquio individuale o di gruppo)
funziona solo se la figura da cercare è particolare, cioè
caratterizzata da competenze speciali e rare da trovare.
Se la figura professionale da cercare ha una bassa
configurazione di competenze è tecnicamente
impossibile selezionare il candidato perfetto fra cento
aspiranti.
In questo caso, su 100 candidati, almeno 50 sono
equivalenti.
Stando così le cose, la disamina a tavolino del materiale
inviato per posta è sufficiente a fare una prima
scrematura. Si eliminano per prime le domande scritte in
italiano selvaggio. Non sono poche le domande che
presentano le parole "squola", "dipploma", "ò studiato".
Poi si eliminano i candidati con titoli inadatti,
insufficienti o discutibili: lauree prese per posta o presso
44
università attive solo sul web, diplomi ottenuti col
minimo dei voti, certificati eccentrici. Infine si eliminano
i curricula che non presentano altro che il minimo
indispensabile, senza alcuna formazione o esperienza
accessorie. Anche se non si tratta di competenze
indispensabili alla figura da selezionare, è ovvio che un
curriculum che offre esperienze di lavoro o volontariato
nel settore, conoscenza di una lingua straniera, abilità
certificata nell'uso del computer (competenze trasversali)
vale più di uno che presenta solo i titoli obbligatori.
Dopo questa scrematura, resta la metà dei candidati, o
meno. Si possono poi mettere in campo altri criteri di
selezione di carattere più politico, cioè discrezionale.
Dare priorità ai candidati residenti nella Regione del
posto di lavoro, o privilegiare quelli provenienti da altre
Regioni. Assegnare più valore a chi ha figli da
mantenere o a chi non ne ha. Aumentare il punteggio di
coloro che hanno già partecipato a concorsi simili, o
diminuirlo. Privilegiare o meno chi ha qualche disabilità;
o chi ha più anni o meno anni. Aumentare o diminuire il
punteggio ai candidati che non hanno titoli per
partecipare a selezioni per altri posti di lavoro.
Con uno solo di questi criteri resta meno del 30% dei
candidati. E tutti questi sono perfettamente equivalenti,
cioè hanno esattamente i caratteri richiesti dalla
mansione in concorso.
A questo punto, chi afferma di riuscire a fare una seria
graduatoria fra 300-500 candidati equivalenti, mente.
Trovare i 2 o 6 vincitori è del tutto arbitrario, e una mera
finzione. Oppure c'è qualche raccomandazione da
soddisfare.
Allora le opzioni ragionevoli sono due.
45
La prima è di ammettere al concorso "de visu" solo i
candidati rimasti dopo le varie scremature. Il rischio di
questa scelta è quello che almeno 100 candidati risultino
ancora equivalenti, dopo le prove scritte e orali.
La seconda opzione è più drastica, meno costosa per tutti
e più onesta, anche se meno vantaggiosa per i
selezionatori. Affidare la scelta dei vincitori a un
sorteggio fra tutti i candidati rimasti in campo dopo le
scremature.
46
Le mani sulla nazione
Quando il cancro del regime arriva alla
metastasi, la Giustizia non basta
Mircea Meti
Le vicende delle grandi opere per il G7, degli impianti
sportivi per i mondiali di nuoto, del Mose, dell'Expo e di
Mafia Capitale mettono in evidenza il fatto che la
corruzione non è più solo un affare fra ladri di partito
(come è stato per Mani Pulite), nè solo l'espressione di
avide oligarchìe ispirate al modello organizzativo della
mafia. Ormai si tratta di un regime canceroso giunto alla
metastasi, che coinvolge migliaia di individui e che
nessuna legge, nessun giudice, nessun organo inquirente
è in grado di fermare. La confusione legislativa, la
lentezza dei procedimenti giudiziari, l'impotenza e
l'incapacità delle forze dell'Ordine rendono impossibile
l'intervento chirurgico su una metastasi così estesa. Al
massimo si arriva a trovare qualche colpevole qua e là,
che 3 gradi giudizio, la cui durata è raramente inferiore
ai dieci anni, portano a punizioni irrisorie. Nel frattempo,
la metastasi si allarga con gli stessi o con nuovi soggetti
emergenti fra le migliaia che sono passati indenni dalle
bufere periodiche.
Per fare quello che hanno fatto a Roma, a Venezia, a
Milano, a Torino e in Sardegna sono inquisiti un
centinaio di soggetti, dei quali una metà se la caverà e
l'altra metà riceverà lievi condanne. Questo è forse
curare il cancro, ma non la metastasi. Quello che è stato
fatto ha necessariamente richiesto la complicità e
l'omertà di migliaia di persone che non sono nemmeno
47
scalfite dalle inchieste.
Cominciamo dalle cooperative. Queste hanno una
legislazione precisa che prevede uno statuto registrato
presso un notaio, un consiglio direttivo, magari anche dei
probiviri, i soci, l'assemblea annuale, un consiglio
direttivo, dei bilanci controllabili, impiegati contabili e
amministrativi. Una cooperativa è raro che abbia meno
di dieci persone coinvolte. Una cooperativa che fa affari
è iscritta ad associazioni di categoria, alla Camera di
Commercio, agli elenchi pubblici per gli appalti.
Se il Presidente ruba, truffa, corrompe, tutti questi
soggetti non possono esserne all'oscuro. Mettere sotto
inchiesta il Presidente significa forse colpire il cancro ma
non la metastasi. Per ogni indagato ci sono dieci
complici pronti a prenderne il posto. Una legislazione
che volesse curare la metastasi dovrebbe prevedere che,
se il Presidente di una cooperativa è condannato per un
reato, tutti coloro che ne sono coinvolti non possano più
avere a che fare nè con le cooperative nè con gli appalti
pubblici. Non servono verdetti giudiziari: basterebbe un
elenco simile a quello degli insolventi che le stazioni
appaltanti possano consultare per escludere a priori dalle
gare questi nominativi.
Poi gli enti locali. Ogni tanto prendiamo con le mani nel
sacco un consigliere o un assessore comunale,
provinciale o regionale che prende la mazzetta. Queste
però non sono figure operative: sono soggetti decisori.
Le loro decisioni non potrebbero assere attuate senza la
complicità attiva o passiva di decine di dirigenti,
funzionari di alto o medio livello, segretarie e quanti altri
devono far marciare una pratica. Anche qui, è
impossibile per la giustizia condannare tutti ed estirpare
48
la metastasi.
Anche se possiamo condannare per associazione mafiosa
l'ultimo picciotto di una cosca camorristica, e quindi
potremmo inventare qualcosa di simile per l'ultimo
funzionario comunale o regionale che si è reso complice
del politico corrotto. Ma tant'è.
In assenza di una legislazione che non verrà mai,
dovrebbe essere tuttavia possibile punire i "complici
morali" con i normali strumenti di gestione del
personale: con la eliminazione del famigerato "premio di
produzione", coi trasferimenti, col rallentamento della
carriera.
I Comuni hanno sempre un Segretario (o un "project
manager") strapagato e onnipotente, una specie di
direttore generale che in un'impresa privata sarebbe
cacciato se sotto il suo naso i dipendenti rubassero. E'
impossibile pensare che un Comune faccia appalti
truccati (e lo fanno quasi tutti) senza che il Segretario lo
sappia. E se non lo sa, va cacciato per manifesta
stupidità. Eppure non abbiamo mai sentito di un
Segretario comunale indagato insieme agli amichetti
"politici", nè abbiamo mai sentito di remunerazioni
ridotte per evidente incompetenza.
Comuni, Provincie e Regioni sono largamente afflitti da
un fenomeno che ogni sera la tv ci segnala:
l'assenteismo. Ogni tanto qualcuno viene filmato a
timbrare per i colleghi, mentre questi sono al bar o al
supermercato. Magari la giustizia riesce anche a dare
qualche buffetto sulla guancia ai colpevoli. Ma che dire
dei loro capi ? Decine di dipendenti pubblici evadono dal
lavoro e i loro capi ufficio o capi dipartimento non ne
sanno nulla? Perchè li paghiamo? I colleghi di lavoro
49
sono all'oscuro? Non risulta di carriere di dipendenti
pubblici rallentate per complicità od omertà verso gli
assenteisti. Il cancro degli assenteisti è niente di fronte
alla metastasi del sistema.
Infine i Partiti. Qui la negazione della metastasi è vicina
al delirio. La frase più corrente è "Se ci sono delle mele
marce, vanno punite". Oppure "La maggioranza dei
politici del mio partito è onesta (degli altri non si è mai
certi)". Giuridicamente magari è così, ma che dire
dell'ottica politica o morale? Ogni partito del regime è
organizzato con un segretario, una direzione nazionale e
dei funzionari. Il modello è più o meno replicato ai livelli
periferici. Un politico o un mega burocrate locale ruba,
malversa, corrompe, ricatta e nessun segretario, nessun
membro della direzione, nessun funzionario del partito
ne sa nulla. Non ne sanno nulla a nessun livello:
comunale, provinciale o regionale. Non ne sanno nulla a
livello nazionale. C'è da chiedersi a cosa servano i partiti,
strafinanziati per decenni dai sudditi.
Di fronte a scandali come quelli di Venezia, Milano e
Roma qualche ingenuo si aspetta che vengano allontanati
dalla politica (non dalla giustizia, ma dagli stessi partiti)
tutti i politici locali e nazionali che, nel migliore dei casi,
non sono stati capaci di vedere quello che i "fedelissimi"
combinavano sotto il loro naso. Invece no, sono tutti in
tv a dire: "Se ci sono delle mele marce, vanno punite"
oppure "Non facciamo di ogni erba un fascio".
50
LA SOCIETA'
INTERNAZIONALE
51
Rivoluzione e innamoramento
Mircea Meti
Giudicare la rivoluzione degli Anni Sessanta coi seguenti
anni di piombo e siringhe è come giudicare la
rivoluzione francese dalla ghigliottina, la rivoluzione
russa dai gulag staliniani e la rivoluzione cinese dalle
deportazioni di massa. Una rivoluzione è come
l'innamoramento, non si valuta per le conseguenze ma
solo per gli effetti immediati e gli effetti culturali di
lunga durata. La rivoluzione francese voleva liberarsi dal
medio evo, e ci è riuscita. La rivoluzione russa voleva
emancipare contadini ed operai dal giogo feudaleimperiale, e ci è riuscita. La rivoluzione cinese voleva far
fare alla Cina un salto di due secoli nella
modernizzazione, e ci è riuscita.
Gli anni Sessanta volevano un' emancipazione antiautoritaria dei giovani e delle donne, della cultura e delle
minoranze, e l'hanno ottenuta. Lo Statuto dei Lavoratori,
il divorzio e l'aborto, la Scuola dell'Obbligo e gli organi
Collegiali scolastici, l'emancipazione delle donne,
l'attenzione per le disabilità sono i veri frutti degli anni
sessanta. Il processo di modernizzazione della Chiesa e
del comunismo sovietico, nonchè la critica al capitalismo
belligerante americano, sono iniziati durante la
rivoluzione degli anni sessanta. Tutto ciò malgrado il
sistema nel suo complesso abbia resistito e il sistema
politico-istituzionale sia addirittura peggiorato.
Inoltre, la rivoluzione degli anni sessanta è stata l'unica
rivoluzione non sanguinosa dell'era moderna. Questa
caratteristica è stata la sua forza. Gli anni sessanta
puntavano ad una rivoluzione culturale, senza chiedere la
52
sostituzione del potere politico. Quando questa finalità si
è raggiunta (dopo il '68) è cominciato a scorrere il
sangue.
Il problema è che i rivoluzionari sanno fare bene le
rivoluzioni ma non sono adatti a gestirne le conseguenze.
Come gli amanti raramente sanno diventare sposi felici,
anche i rivoluzionari raramente sanno diventare i gestori
del nuovo ordine. Come ha scritto F.Alberoni nel suo
miglior libro, la rivoluzione è uno "stato nascente" come
l'innamoramento, un vortice rigeneratore, una
interruzione della routine, e va valutata per quello che
produce nelle menti e nei cuori. Un innamoramento
rende felici a prescindere che sfoci o no nel matrimonio.
E lascia negli animi degli innamorati un tesoro di ricordi
che riempiono tutta la vita.
Le conseguenze politiche o istituzionali di una
rivoluzione, come di un innamoramento, non dipendono
dagli attori, ed essi non se ne curano.
53
I benefici che non abbiamo colto
Mircea Meti
Dagli anni novanta il pianeta sta registrando una
trasformazione epocale, simile a quella avvenuta con la
scoperta dell'America o l'invenzione della stampa.
Intorno al 1990 hanno cominciato a svilupparsi gli effetti
della globalizzazione e dell'immaterialesimo. Con la
prima si è contratto lo spazio, con la seconda il tempo:
due dimensioni cruciali per la vita e le società umane.
Per decenni l'Occidente ha sopportato la maledizione
della fatica e del lavoro-merce a basso contenuto di
senso e basso costo. Per decenni abbiamo decantato
l'utopìa della liberazione dal lavoro. L'insieme di
globalizzazione e smaterializzazione, andando a
braccetto, ha dato l'avvìo alla fine del lavoro nel Primo
Mondo.
Per decenni l'Occidente illuminato ha maledetto il
colonialismo e invocato per il Terzo Mondo il diritto ad
uno
sviluppo
economico
favorito
dalla
industrializzazione e da un equo commercio. La
globalizzazione e la smaterializzazione hanno favorito
questo sviluppo portando nei Paesi poveri capitali e
imprese e importando da essi manodopera. Oggi, il
continente africano e quello asiatico stanno sicuramente
meglio di 50 anni fa.
La globalizzazione non ha solo significato vedere nella
stessa strada un ristorante tailandese, un chiosco di kebab
e un negozio cinese di borse. Ha voluto dire anche
migrazioni di massa dal Terzo al Primo Mondo, che
hanno fornito un esercito di riserva del lavoro-merce a
basso contenuto di senso e basso costo.
54
Ha anche favorito la delocalizzazione di migliaia di
imprese, alla ricerca di legislazioni più favorevoli e
manodopera a costi più bassi e senza diritti. Ha
immediatemente moltiplicato le opportunità della
finanza, che da tempo considera il pianeta un unico
mercato. Lo spazio si è contratto e le distinzioni fra qui e
là sono evaporate. Come stanno evaporando i confini, le
dogane, le lingue e le diversità nazionali
La smaterializzazione ha consentito alle imprese
californiane l'impiego di imprese contabili indiane.
L'organizzazione del lavoro della moda italiana e della
elettronica americana ha potuto controllare in tempo
reale le filiere produttive di fabbriche delocalizzate in
Cina o in Thailandia. La fatica e la ripetitività di molte
mansioni è stata assorbita dalle macchine.
Informazione e comunicazione sono diventate planetarie.
Il tempo si è contratto e le distinzioni temporali sono
state azzerate dalla velocità. Passato, presente e futuro
sono adesso, tutti insieme su uno schermo costituito da
puntini luminosi.
Perchè ci lamentiamo dunque, per la "fine del lavoro" e
per l'emancipazione del terzo Mondo, sognate da almeno
un secolo? Perchè la politica italiana ha sbagliato tutte le
scelte possibili.
Il lavoro-merce, materiale e faticoso, che iniziò a sparire
25 anni fa doveva essere sostituito dal lavoro-senso,
immateriale e iper-qualificato. Ma non è stato così.
Perchè il nuovo lavoro doveva essere supportato da un
pluriennale piano formativo con investimenti massicci
nella riqualificazione dei processi di adeguamento
professionale. Doveva essere facilitata da infrastrutture
telematiche d'avanguardia. Doveva essere accompagnato
55
da significativi spostamenti di risorse pubbliche e private
dai settori obsoleti a quelli immateriali o di alta qualità.
Doveva essere favorito con una legislazione del lavoro
che aumentava salari e diritti dei lavoratori operanti nei
settori immateriali e innovativi. Soprattutto la transizione
doveva andare di pari passo con un welfare rinvigorito
verso i ceti con più difficoltà.
Nulla di questo hanno fatto i governi che si sono
succeduti dagli anni novanta ad oggi, e l'Italia è avviata a
passare dal Primo al Terzo Mondo.
56
Ritorno al medio Evo
Guglielmo Colombi
E' del 1970 il libro di R.Vacca "Il medioevo prossimo
venturo". Un testo allora definito apocalittico, oggi è da
considerare ottimista, perchè la realtà è più medievale
della previsione di Vacca. L'Illuminismo è sembrato
segnare la fine dell'oscurantismo medievale in nome
della ragione, della scienza, della laicità, della libertà
individuale. Due guerre mondiali e il trionfo del più
sfrenato capitalismo ci stanno rimandando indietro di 6/7
secoli. L'illusione di una storia progressiva che
prometteva ogni epoca migliore -più libera e più riccadella precedente, deve essere sostituita dalla teoria
vichiana dei corsi e ricorsi storici: il XXI secolo imita il
XIV secolo.
Guerre di religione
Il medioevo (ma anche il Rinascimento) è stato
caratterizzato da conflitti e guerre, la cui vera
motivazione era il potere o il danaro, spacciati però da
guerre di religione. Gli europei invadevano il
medioriente in nome di Dio. I musulmani occupavano la
Spagna nel mome di Allah. Il papato ammazzava intere
popolazioni per garantire l'ortodossia cattolica.
Ogni contendente compiva massacri al grido "Dio è con
noi!". Oggi si continua a fingere che guerre e terrorismo
siano un conflitto fra islam e cristianesimo. E il grido è
diventato "Allah u akbar" o "In God we trust".
Imperi e vassalli
Tutta la storia è un conflitto fra regni e imperi, ma anche
57
fra imperi e nobiltà (vassalli, valvassori, valvassini) per
la supremazia.
Il medioevo segna il periodo di maggiori conflitti locali
per la debolezza di re ed imperatori non ancora
saldamente insediati. Il XXI secolo è segnato dal
conflitto fra imperi, regni e democrazie e
burocorporazioni planetarie che mirano a controllare o
sostituire i governi. Gli Stati sono in via di estinzione
prodotta dalla globalizzazione e dall'economia
immateriale, e sempre più potere acquisiscono i grandi
vassalli.
Regimi ereditari
Regni ed imperi hanno vissuto tragedie per il problema
dell'ereditarietà del potere. Matrimoni, nascite, sesso
della prole, sono stati elementi decisivi per i destini di
regimi ereditari. Lo Stato come bene privato
appartenente al "dominus" veniva tramandato per via
ereditaria. Poi sono arrivate le democrazie, che hanno
restituito la proprietà dello Stato ai cittadini e reso
elettivo il potere. Dal secondo dopoguerra, l'elettività del
potere è stata minata, specie dall'impero statunitense. Il
dominio viene passato da fratelli a fratelli, da genitori a
figli, e (evitato per poco) da mariti a mogli. La patetica
invenzione della "first lady", della "premiére dame", del
"principe o re consorte", è un vistoso tentativo di
ripristinare l'ereditarietà del potere per via venerea.
Censura delle idee
Col XXI secolo torna in voga l'ipse dixit di medievale
memoria. L'ipse non è più Aristotele, ma i mass media,
la statistica, le burocorporazioni, e la scienza. 11
11
vedi successivo articolo “Ipse dixit” di V.Gucci
58
Criticare il presidente della Repubblica o il Papa, non
porta ancora al rogo, ma solo all'ostracismo mediatico.
Come nel medioevo, invocare il diavolo era motivo per
la tortura e lo squartamento, oggi c'è la gogna o galera
per chi inneggia alla pedofilìa, parla male degli ebrei, fa
il tifo per l'ISIS, ammira la mafia, ha nostalgìa per il
nazi-fascismo, disprezza il militarismo e il nazionalismo,
odia una razza diversa dalla propria. Non sono le azioni
ad essere punite (il che sarebbe giustissimo), ma i
pensieri e le dichiarazioni, come nel medioevo. Come
Dio, anche Voltaire è morto.
Servitù della gleba e cittadinanza
I servi della gleba coltivavano i terreni che erano dati in
concessione dal re ai nobili, pagando un fitto. Inoltre
dovevano pagare le decime (qualora il proprietario
facesse parte del clero o fosse un ente ecclesiastico) ed
erano obbligati a determinate prestazioni di lavoro
(corvées). I servi della gleba erano tali per nascita, e non
potevano (lecitamente) sottrarsi a tale condizione senza il
consenso del padrone del terreno..... Dai doveri rurali, in
molte zone d'Europa, ci si poteva sottrarre anche col
trasferimento in città, come avvenne in Italia con la
formazione dei liberi comuni12.
I servi della gleba attuali sono i cittadini. La cittadinanza
degli Stati moderni è la forma evoluta della servitù, con
la differenza che non consente alcuna fuga in nessuna
città. Teoricamente, il cittadino può viaggiare e persino
cambiare cittadinanza. In pratica ciò è reso arduo perchè
il movimento ha un costo elevato e ferree restrizioni in
tutti gli Stati. Chi vuole scappare dalla cittadinanza
12
voce “servitù della gleba” in www.wikipedia.org
59
natale ha solo la prospettiva di diventare un profugo di
guerra.
Lavoro servitù
Il lavoro per secoli è stato considerato vicino alla
schiavitù e disprezzato. Nel medioevo il lavoro era
assimilato alla servitù e trattato come tale. Poi è arrivata
l'era industriale, costretta a rendere il lavoro obbligatorio.
Infine è arrivato il welfare state che ha reso il lavoro
dignitoso, regolato e protetto. Nel XXI secolo è evidente
il ritorno alla concezione medievale del lavoro. La
precarietà, il lavoro nero senza tutele, il ricorso alla
schiavitù degli immigrati, l'indebolimento delle
professioni liberali, la svalutazione del lavoro sociale e
intellettuale sono tutti segni del progressivo ritorno al
medioevo.
Il crimine, mendicità e vagabondaggio
Il medioevo è stato fortemente caratterizzato dal crimine,
il brigantaggio, l'insicurezza. Viaggiare e trasportare
valori era pericoloso. Vivere isolati era pericoloso. Le
città di notte erano dominate da ladri e tagliagole.
Vagabondi e mendicanti erano una presenza abituale. La
Chiesa e i monasteri erano il solo rimedio alla mancanza
di casa e di cibo.
Il mondo moderno occidentale è cresciuto sulla promessa
di legalità e sicurezza. Forze dell'ordine e magistratura,
insieme a una legislazione garantista, hanno mantenuto
per qualche decennio la promessa. Il welfare state ha per
mezzo secolo garantito il lavoro e la pensione, quindi la
casa e l'alimentazione.
Il XXI secolo offre un panorama di tipo medievale.
60
I vagabondi e i mendicanti si moltiplicano a vista
d'occhio, fra cittadini che perdono lavoro e casa, e
immigrati cui vengono offerte solo discariche. La Chiesa
(Caritas e simili) torna ad essere l'unica opportunità di
nutrimento. Le rapine violente nelle case proliferano. Le
strade di notte sono tornate inagibili.
Pellegrinaggi, reliquie e memorabilia
Il medioevo è stata la stagione dei pellegrinaggi e delle
reliquie. Andare verso luoghi considerati sacri era uno
stile di vita. Migliaia di ossa, pezzi di stoffa, legno, ferro
diventarono reliquie da visitare in pellegrinaggio e
adorare. Statue e chiese richiamavano masse di fedeli. Le
storie dei santi e i libri sacri, erano narrazioni che
riempivano il quotidiano. La fede, e i luoghi e gli oggetti
che la richiamavano, erano al centro della vita e la
razionalità era ancora da scoprire.
La modernità ha continuato la tradizione con il cammino
di Santiago o con le folle oceaniche che assitono alla
esibizioni papali. Ma con la rarefazione della religiosità,
ha affiancato a questa lo star system. Cantanti, musicisti,
attori stanno sostituendo gradualmente i santi. I concerti
e i festival stanno prendendo il posto dei santuari. I
pellegrinaggi per motivi religiosi lasciano il passo a
quelli per motivi "mondani". La proliferazione delle
"memorabilia" ha preso il posto delle reliquie. Per la
chitarra di Jimi Hendrix, l'abito della Monroe, la
copertina autografata di un disco dei Beatles si spendono
cifre esorbitanti e poi ci si costruisce attorno un museosantuario, meta di nuovi pellegrinaggi. La casa di Michel
Jackson o di Elvis, la Cave dei Beatles, i luoghi di
Montalbano sono meta di pellegrinaggio. Le case che nel
61
medioevo (fino alla tarda modernità) erano piene di
santini, statuette religiose, libri sacri sono oggi invase,
con la stessa funzione, dai posters, i cd, e i vinili dei
nuovi santi: gli eroi dello star system. Le medagliette dei
santi che si appendevano al collo, oggi sono magliette
con la faccia o le frasi dei nuovi santi. E' cambiato il
modo, ma la razionalità è tornata nell'ombra.
Decime e corvées
La decima è il tributo di un "decimo" dei reddito, che è
esistito fin dall'antichità. Nell'antica Roma, era la decima
parte del reddito che l'agricoltore doveva all'erario come
imposta. Spesso la decima andava pagata due volte: allo
Stato e alla Chiesa. L'abolizione della decima è apparsa
in Europa alla fine del XVIII secolo (v.nota). Poi è
arrivata la rivoluzione americana contro la tassa inglese
sul the; la rivoluzione francese contro la tassa sul pane;
la rivoluzione indiana contro la tassa sul sale. Decine di
lotte contro le tasse in decine di Paesi, hanno reso l'obolo
verso la Chiesa volontario, e più razionale quello verso
lo Stato.
Oggi però la decima è moltiplicata per 6 e la
farraginosità di tasse, accise, licenze, patenti, balzelli,
tickets (e tasse occulte) è vistosamente simile a quella
medievale.
Corvée è un termine francese, utilizzato nelle società
feudali per indicare un tipo di prestazione dovuta da
parte del vassallo o schiavo al signore feudale tramite
giornate di lavoro gratuito, solitamente destinato alla
coltivazione delle terre padronali. La storia ha
ufficialmente abolito questa barbarie, ma l'ha sostituita
con la leva militare obbligatoria. Abolita anche questa, il
62
XXI secolo sta ripristinando le corvées, attraverso
modalità subdole ma simili. La prima è il volontariato
che, quando non è lavoro nero, serve a far risparmiare al
"signore" (potere locale o nazionale) le spese di
personale. La seconda è l'obbligo per il cittadino di
richiedere al "signore" (comune, provincia, regione,
stato) documenti già in possesso dello stesso, con le
conseguenze di tempo e soldi buttati. La terza è
l'invenzione della "raccolta differenziata" che costringe i
cittadini a fare quello che il "signore" non sa o non vuole
fare (diferenziare i rifiuti dopo la raccolta).
NOTA
Nel medioevo esistevano queste tasse, che non possono
ricordare quelle odierne chiamate licenze, patenti, accise,
permessi.
abbeverata: per dissetare gli animali nei fontanili; in latino
medioevale ius beverandi
acquatico: per attingere acqua da fonti o sorgenti; in latino
medioevale ius aquandi
adiutorio: gabella una tantum in occasione di eventi
straordinari
decima: la grande decima era costituita dalla decima parte del
grano prodotto, mentre la piccola decima si applicava sul vino,
sulla canapa e su altri prodotti
erbatico: per falciare l'erba in un prato; detto anche erbaggio
ghiandatico: per raccogliere ghiande o condurre maiali nei
querceti; anche escatico e glandatico
legnatico: per tagliare e raccogliere legna di alto fusto; in
latino medioevale ius lignandi; altro sinonimo boscatico
livello (contratto): per l'utilizzo agricolo dei terreni
macchiatico: per raccogliere legna di basso fusto, arbusti
63
pantanatico: per pescare anguille e rane negli stagni
pascolatico: per condurre greggi al pascolo (ius pascendi); più
diffuso il diritto di fida
pedatico o jus passi: per attraversare o percorrere a piedi
strade, sentieri o proprietà private; sulle vie, sui confini del
feudo, nei passi montani, ai ponti, ai guadi anche pedaggio
piscatico: per catturare pesci in acqua dolce o salata; anche
pescatico
plateatico: per occupare il suolo pubblico su cui esporre la
merce nei mercati
polveratico: tassa per il danno arrecato dalla polvere sollevata
dal passaggio di carri e carrozze
pontatico: per transitare sui ponti doganali o di proprietà
privata
portatico: dazio doganale o pedaggio riscosso alle porte della
città in occasione dell'entrata di merci
pro indumentis relevio: una sorta di imposta di successione
pagata dal feudatario al re o dagli eredi del feudatario al Re per
ottenere il possesso del feudo
ripatico: per approdare o sostare su rive di acque interne
scalatico: per caricare e scaricare merci nei porti
siliquatico: per raccogliere carrube ed altri baccelli
spicatico: per raccogliere spighe dopo la mietitura; in latino
medioevale ius spicandi; inoltre spicilegio e spigaggio
64
La società stupefacente:
perchè il circo Barnum è morto?
Vanessa Gucci
"Quante persone ci sono in questa strada, un centinaio?
Quante sono le persone intelligenti, sette, otto? Bene, io
lavoro per le altre novantadue.»13
Dopo 146 anni di successi ha chiuso quest'anno il circo
Barnum. Nel 1835 presentò una donna afro-americana,
come la ex nutrice del presidente George Washington,
ancora in buona forma nonostante i suoi 161 anni
dichiarati. Tra le altre sue attrazioni, si ricordano lo
scheletro di Cristoforo Colombo, il Gigante di Cardiff e
la sirena della isole Figi. A questi si aggiungevano una
decina di freaks (fenomeni da baraccone) come la donna
barbuta, l'uomo con tre gambe, l'uomo-scimmia.
Barnum ha inventato e diffuso lo spettacolo del
meraviglioso, dello straodinario, del mostruoso. Non
solo con artisti abili ma replicabili, Barnum ha stupito
l'America con soggetti unici al mondo, non visibili in
nessun altro posto. L'evasione offerta da Barnum era a
poco prezzo e senza pericoli. L'uomo medio, anonimo
membro di una folla solitaria trovava nel circo (e più
tardi nel cinema) lo stupore, il magico, l'eccezionale
evadendo, sia pure per poco, dall'ordinario e dal
quotidiano.
"La società dello spettacolo", del filosofo francese Guy
Debord (1967), ha segnalato per primo lo slittamento
della società verso un mondo dominato dall'irruzione
dello stupore nel quotidiano, in dosi sempre maggiori.
13
Barnum citato in Curzio Maltese, "Come ti sei ridotto", Feltrinelli, Milano 2006
65
Oggi, il circo Barnum non serve più perchè siamo
immersi e sommersi dallo stupefacente che sbalordisce,
eccita e stordisce, dall'eccezionale inimitabile,
dall'esotico e vertiginoso.
Molti giovani viaggiano in estremo oriente o in
Australia, senza avere mai visto Firenze o Napoli. Si
vestono con la divisa del capitalismo (jeans e t-shirt)
ogni giorno, ma la sera si travestono per stupire e stupirsi
nelle discoteche. Non mangiano più la zuppa di fagioli o
la cotoletta, ma il sashimi o lo zighinì. Preferiscono
chattare con un coetaneo californiano, che parlare con un
compagno di classe. La ricerca dello straodinario e dello
stupefacente è sempre più di massa.
L'alcol, le droghe, il gioco d'azzardo, l'iperconsumo di
farmaci sono mezzi diffusissimi quanto dannosi di
eccitazione, stordimento, evasione, stupore. Malgrado la
loro notoria pericolosità l'imperativo dello "stupefacente"
impedisce a molti di rinunciarvi.
La società stupefacente trova nella Rete un veicolo di
facilissimo accesso. Sono migliaia i "nuovi circensi" che
si esibiscono in azioni idiote, pericolose e dannose. Da
quelli che si tatuano l'intero corpo e lo riempiono di
piercing (nuovi freaks) a quelli che si fanno i selfie
appesi a una gru a 100 mt. di altezza (nuovi acrobati). Da
quelli che si gettano su un cactus spinoso a quelli che
ingoiano etti di polvere di peperoncino (nuovi fachiri).
Non contano i pericoli, i danni, la stupidità. La sola cosa
che conta è eccitarsi ed eccitare, stupirsi e stupire. Gran
parte della Rete è un nuovo circo Barnum, alla portata di
chiunque.
Infine, ci sono l'enorme diffusione di attività sportive
pericolose, e la spasmodica ricerca del primato.
66
Fare qualcosa che fanno in pochi è il nuovo
comandamento. Il calcetto, il bigliardino e la biciclettata
sono attività ricreative troppo ordinarie. I veri membri
della società stupefacente cercano le onde di 10 metri per
fare surf; vanno in bike (non in bicicletta) sul ciglio dei
burroni alpini; si lanciano dai dirupi col parapendìo;
esplorano le grotte e gli abissi marini; fanno climbing
(non arrampicate) sui costoni di montagna o sui palazzi;
non corrono in monopattino, fanno evoluzioni
acrobatiche con lo skate; le corsette nei giardinetti sono
diventate maratone o corse da "runner" di almeno 25
chilometri; lo sci si pratica preferibilmente "fuori pista" e
"sotto valanga". Non importa se si può morire in
montagna, in fondo al mare o per aria, per mero
divertimento. Quello che importa è eccitarsi con la
vertigine e stupire chi guarda.
Superare i propri limiti è il mantra degli eroi della società
stupefacente. Il Guiness dei primati è alto come la
vecchia guida telefonica. Attraversare il deserto di Gobi,
l'oceano Atlantico, il Polo Nord in solitaria; scalare tutte
le vette del Nepal, senza respiratore; mangiare 80
hamburger in 15 minuti; vivere nella jungla nudi per due
settimane; farsi ricoprire il corpo da 3.000 api, senza
protezione; partecipare alle gare di sleddog (slitte
trainate da cani) in Alaska; buttarsi da 3.000 metri con
solo un costume alare.
L'ordinario sembra insopportabile, e lo stupore che si
può provare nella normalità che ci circonda, si smarrisce.
La vita non è se non è stupefacente. Il circo Barnum non
poteva sopravvivere in una società stupefacente, dove il
meraviglioso,
il
vertiginoso,
lo
straordinario,
l'eccezionale, l'eccitante avvolgono il quotidiano, fino a
prenderne gradualmente il posto.
67
Terapia e cura: la società malata
Guido Contessa
Il vizio è stato sostituito dalla malattia.
Non esistono più soggetti che hanno il vizio del bere,
solo malati di alcolismo. Non esistono più individui col
vizio del gioco: solo ludopatici. Non esistono più
persone col vizio di drogarsi, ma solo tossicodipendenti
da curare. Non esistono più sessuomani e viziosi del
sesso: solo malati da curare con un'adeguata sex-therapy.
Bere giocare, drogarsi, fare sesso sfrenato non sono più
scelte ma malattie del destino, come il cancro o le
cardiopatie.
Anche il piacere è diventato una malattia.
Non è più normale, alimentarsi per il puro piacere di
farlo. Oggi l'alimentazione è dominata dalla funzione
curativa. Si mangia per dimagrire, per purificarsi, per
digerire bene e per evacuare senza problemi. I massaggi
fatti per puro piacere sono assmilati al sesso e quindi
malvisti. I massaggi accettati sono quelli curativi,
preventivi,
riabilitativi,
anti-obesità
e
antiinvecchiamento. Fumare marijuana è proibitissimo in
quasi tutto il pianeta. Però sta diffondendosi la droga a
scopo curativo. Dopo che si è scoperto il potere
terapeutico del "fumo", ciò che è proibito come piacere
diventa legale come cura. Cavalcare, danzare, dipingere,
lavorare la creta e coltivare l'orto sono attività praticate
per "piacere" da secoli. Ma oggi sono spesso viste come
attività inutili, eccentriche, per benestanti o perdigiorno.
A meno che, dopo il nome dell'attività venga aggiunto il
termine -terapia. In questo modo l'ippo-terapia, la tangoterapia, l'arte-terapia e l'orto-terapia diventano pratiche
68
socialmente accettate, con ammirazione ed entusiasmo (e
magari finanziamenti pubblici). Ogni attività viene
applaudita se dopo il suo nome pospone quello di terapia.
La sostituzione del vizio con la malattia è parte del
processo più generale di deresponsabilizzazione degli
individui. Nessuno è più responsabile di niente. Persino
quelli pizzicati mentre prendono mazzette, si presentano
come "vittime" di un sistema. Gli scippatori, i ladri e i
rapinatori sono vittime della loro povertà. Le migliaia di
immigrati irregolari sono vittime del loro sogno di
integrazione nella società dei consumi. Anche i mariti e i
padri violenti si nasconodno dietro le loro esperienze di
violenza subita nell'infanzia. Le madri infanticide sono
povere vittime della depressione.
La sottrazione di responsabilità è collegata
all'infantilizzazione: i bambini, oltre che i malati di
mente, non sono responsabili delle loro scelte.
Deresponsabilizazione e infantilizzazione sono l'esito
della degenerazione di un Welfare State che prometteva
di prendersi cura dei cittadini "dalla culla alla tomba". La
società che si presentava come nutrice, è diventata un
vampiro che ha la necessità di trasformare gli individui
in bambini e malati, per autoalimentarsi.
La sostituzione del vizio e del piacere con la malattia e la
cura è anche parte del processo di sanitarizzazione
globale, dove le professioni della cura, dell'aiuto e
dell'assistenza hanno preso il sopravvento su tutte le
altre. La terapia ha preso non solo il posto della
prevenzione, della formazione e dell'educazione, ma
anche della politica. Sono i sanitari a decidere se prendi
l'ergastolo o dieci anni. Sono i servizi sociali a decidere
69
se sei un buon padre o una buona madre. Sono gli
operatori dell'assistenza a decidere se il tuo percorso in
una comunità terapeutica è finito o no.
Lo
Stato
vive
sulla
deresponsabilizzazione,
l'infantilizzazione e la sanitarizzazione perchè i cittadini
considerati irresponsabili, infantili e malati possano
accettare di essere sudditi impotenti. A nulla vale
osservare che è lo Stato a produrre i sintomi che si offre
di curare.
70
Ipse dixit
Vanessa Gucci
La locuzione Ipse dixit, tradotta letteralmente, significa
"l'ha detto egli stesso". Di fatto viene per lo più intesa e
usata nel senso che, avendolo detto egli stesso, vale a
dire una persona famosa e autorevole, non si può più
discutere. Il detto compare nel «De natura deorum» (I,
5, 10) di Marco Tullio Cicerone, il quale, parlando dei
pitagorici, ricorda come fossero soliti citare la loro
somma autorità, Pitagora, con la frase Ipse dixit, per poi
criticare tale formula in quanto elimina la capacità di
giudizio dello studente. Nel medioevo la somma autorità
in questione non è più Pitagora, ma Aristotele: il detto,
infatti, è attribuito ad Averroè, il più importante studioso
arabo del filosofo. Secondo una sua interpretazione,
Aristotele afferma in forma scientifica le stesse verità
esposte nel Corano e, pertanto, il pensiero aristotelico
non va interpretato ma accettato, perché Ipse dixit.
(fonte14)
La modalità Ipse dixit è il più evidente sintomo di una
cultura autoritaria, oscurantista, repressiva. Serve a
occultare l'eredità illuministica, cioè la ragione, il
dubbio, il confronto; a promuovere l'adesione di massa al
pensiero dominante; a manipolare la verità senza il
rischio di confutazioni.
Mass media
E' famosa l'asserzione "L'ha detto la tv". Con peso
minore si usa anche "come dice il giornale".
14
definizione tratta da www.wikipedia.org
71
Oggi qualche sprovveduto arriva a dire "lo dicono tutti in
Rete". Questa frasi hanno lo scopo di azzerare il
dibattito, annichilire le obiezioni, sottomettere all'autorità
di una fonte. Se c'è una fonte screditata, ingannevole,
manipolatrice è proprio quella dei mezzi di
comunicazione di massa: tv, radio, giornali, rete. Salvo
qualche rarissima eccezione, i mass media seguono
sempre e solo l'interesse dei giornalisti, degli editori,
delle inserzionisti di pubblicità, del regime dominante,
delle potenze imperiali. Nessuno ci fa più caso, perchè
tutto in tv diventa un ammasso di bufale e sghignazzi,
ma una delle trasmissioni maggior successo si basa sulle
"veline". Le quali non sono ragazze coi veli, ma fogli
leggeri che il fascismo mandava ogni giorno ai giornali
per indirizzarne gli articoli.
Oggi le veline le mandano i vescovi, il governo, la CIA,
l'UE. Ma spesso non servono perchè giornalisti,
mezzibusti, dirigenti, editori sono selezionati fra quelli
che sono "velinati" a priori. Il recente dibattito contro le
"fake news" (notizie bufala) della Rete è paradossale e
grottesco, perchè proviene da giornali e tv che vivono da
sempre di sole notizie bufala. Quelli che ancora oggi
dicono "lo dice la tv, il giornale, la Rete" sono pericolosi:
o sono troppo ingenui o vogliono zittirci.
Statistiche
Più raffinato e più recente dell'autoritarismo mediatico,
c'è quello statistico. Su ogni argomento è un pullulare di
ricerche e statistiche che ambiscono ad avere la parola
definitiva su ogni argomento. Tirare fuori una
percentuale nel mezzo di un serio dibattito è una mossa
che ha lo scopo di zittire tutti e chiudere il confronto.
72
I numeri sono una divinità che pochi si sentono di
confutare. "I dati statistici dicono....." vorrebbe essere la
frase sostitutiva dell'autorità di Aristotele.
Nessuno si allarga a dire quale è la fonte dei dati
statistici usati come "ipse dixit", come vengono raccolti e
trattati i dati, quali sono le possibili letture alternative dei
numeri elencati. Primo: perchè sarebbe troppo noioso.
Secondo: perchè nemmeno chi si appella ai dati conosce
queste informazioni. Terzo: perchè non serve (nessuno
controlla se i dati sono veri o inventati). Basta la frase: "I
dati statistici dicono.....", e non serve altro.
L'affollamento dell'autoritarismo statistico assume
aspetti tragicomici. Una buona parte delle statistiche è
vistosamente inventato, allo scopo di dimostrare una tesi
preconcetta. Per dimostrare che fa molto caldo salta fuori
una "temperatura percepita" che nessuno sa spiegare
come viene misurata: forse il parlante mette il dito fuori
dalla finestra e butta su una cifra a caso.
Un'altra buona parte è raccolta con artifici metodologici
tali da far apparire come scolpito nella pietra un dato che
è fragile come vetro. Per dimostrare che l'occupazione
sale, basta fare i conti prima dell'estate e inserire fra gli
occupati tutti i bagnini, le guide turistiche, i camerieri
che lavorano 2 mesi l'anno. Il grottesco arriva quando un
giorno il dato è positivo, mentre il giorno dopo è
negativo. I fenomeni sociali trattati come quelli della
Borsa.
Infine c'è una parte di dati statistici che è vera ma
ambigua nell'interpretazione (che può dare un senso o un
altro). Dire che ha votato il 60% della popolazione, può
essere vero ma sorvola sul dato che 4 elettori su dieci
non hanno votato.
73
L'ipse dixit statistico è la versione evoluta del "lo dice la
tv, il giornale, la Rete".
Burocorporazioni
I nuovi feudatari degli imperi planetari sono quelle
organizzazioni che Ivan Dobre15 ("Detriti sul delta",
Ed.Arcipelago) ha chiamato burocorporazioni. Questa
definizione comprende organizzazioni pubbliche e
private, dal potere autogenerato o incontrollato, spesso
con nome incomprensibile, attive su scala nazionale o
addirittura planetaria.
Le burocorporazioni sono centrate sull'allargamento
della loro influenza, aldilà dei compiti che dovrebbero
espletare. A tale scopo emettono a getto continuo
bollettini, statistiche, decaloghi, circolari e libri. ONU,
WB, OMS, OCSE, FMI, UE, ITC, G4-7-8, WWF,
UNESCO, FAO sono solo le sigle più famose delle
burocorporazioni. A queste se ne aggiungono centinaia
di competenza nazionale (Consob, Cipe, Acli, Anci,
CGIL, CISL, UIL) e migliaia di meno famose ma non
meno fameliche di soldi e potere.
L'ipse dixit per gli amanti delle burocorporazioni
diventa: "Come dice......" oppure ".....ha detto". E il
popolo dovrebbe inginocchiarsi. Chi ha raccolto i dati,
come li ha raccolti, chi li ha interpretati; chi ha scritto il
documento; chi garantisce che non siano tutte bufale,
non è dato sapere. Basta il nome della sigla per
accreditare la verità del messaggio, del dato statistico o
del decalogo.
Scienza
L'ultima nata degli ipse dixit è la scienza, che ha il
15
I.Dobre “Detriti sul delta” Ed.Arcipelago
74
vantaggio di richiamare l'illumismo, per una retorica che
resta medievale. "Gli scienziati dicono....", "Tutta la
scienza afferma...." possono diventare, per la proprietà
transitiva, "L'Università di ...ha scoperto...". Università e
scienza vengono spesso arbitrariamente collegate, fino a
produrre effetti comici. L'università di Fluxmat in
Groenlandia ha scoperto che quelli che si mettono le dita
nel naso sono più aggressivi di quelli che si toccano
continuamente le pudenda. L'affermazione non può che
essere degna di fede visto che proviene da scienziati
univeristari!
La scienza e l'università vengono utilizzate come nuove
fonti di verità indiscutibili, come ha dimostrato il recente
dibattito sui vaccini. Si dimentica che la scienza, e ancor
più l'università, sono fonti di errori, bufale, imbrogli
come tutte le altre attività umane. Tralasciamo i 1600
anni nei quali la scienza giurava sul sole che si muoveva
intorno alla terra. Più recentemente, omettiamo che
furono gli scienziati prima statunitensi e poi tedeschi a
sfornare le teorie razziali. Che solo una dozzina di
docenti universitari hanno rifiutato di firmare i decreti
anti-razziali del fascismo. Che gli psichiatri russi furono
fra i più attivi fornitori del gulag. Che solo pochi anni fa
c'erano scienziati che promettevano di estrarre energìa
dall'acqua. Che fino a ieri la scienza metteva
l'omosessualità fra i disturbi psichiatrici. Facciamo finta
di non sapere tutto questo e prendiamo come oro colato
tutto quello che affermano la scienza e l'università: ipse
dixit!
75
Quantità è qualità:
il numero è il Dio dell'impero
Ektor Georgiakis
Sette ragazze che muoiono insieme su un bus spagnolo, e
subito si mobilita la nazione. Sono oltre 3.000 i morti
individuali sulle strade italiane: e per ciascuno ci
limitiamo ad un trafiletto sui giornali o 1 minuto di tv.
L'artista ha venduto milioni di dischi, quindi è meritevole
aldilà di ogni possibile critica. Il filmatino su YouTube
ha ricevuto milioni di visualizzazioni, quindi non può
essere insignificante o stupido.
Cinquecento operai della stessa fabbrica perdono il
lavoro. E allora via agli scioperi, i cortei, le lamentazioni
televisive. Cinquecento pizzerie e ristoranti chiudono e
lasciano per strada 2.000 dipendenti: silenzio generale.
Lo show è stato visto da una grande platea di
telespettatori (ottimo share!), quindi la critica tace e non
importa se la metà degli spettatori è stata disgustata.
Il premier riceve la fiducia del 30% degli intervistati,
quindi va tutto meglio visto che ieri era solo al 28%.
Nessuno segnala che questo dato indica che il 70% degli
italiani non ha nessuna fiducia.
Fai un filmetto porno casalingo? Vergogna!. Fai cento
film porno? Sei una pornostar. La ricerca medica si
occupa delle malattie più diffuse, per quelle rare c'è
Telethon.
Un paese che ha un PIL più alto è sicuramente meglio di
quello che ha il PIL più basso: non importa analizzare su
come viene impiegato o distribuito il surplus di
ricchezza.
La democrazia stabilisce che se una forza ha 1 solo voto
76
in più, ha il diritto di comandare, a prescindere da quasi
tutto. L'impero, la mentalità dominante, ha fatto del
numero la sua divinità. La quantità è ipso facto qualità.
Con la divinità del numero la qualità e l'etica diventano
superflue, come la ricerca, il dubbio, la critica. Se la
quantità è una divinità non ha senso riflettere sul bene e
il male, dubitare sui valori, criticare la maggioranza.
Persino nel crimine, la quantità fa qualità. Se uccidi la
moglie, sei un assassino; se uccidi 20 persone sei un
serial killer o uno stragista; se ammazzi 1.000 cittadini
con una bomba dall'alto sei un combattente per la
democrazia, che fa il suo dovere.
La divinità del numero elimina i valori etici ed estetici,
inglobandoli. Etico diventa quello che il numero decreta.
Estetico è quello che la maggioranza apprezza. I
sondaggi, il processi mediatici, le statistiche diventano
ancelle della quantità e portano dritti ad un sistema di
democrazia plebiscitaria, e spesso truccata. I dibattiti e i
Parlamenti servono sempre meno, di fronte alla dittatura
del numero. Cosa è bene? Quello che fanno tutti.
Democrazia e populismo diventano la stessa cosa. Le
minoranze non sono solo perdenti, ma anche colpevoli.
Dire no è considerato un peccato. L'opposizione è il
nemico della prosperità.
77
Paradossi della diversità
Guido Contessa
La società è costituita da migliaia di gruppi, uno diverso
dall'altro. L'identità di ciascuno è definita da un
perimetro più o meno ampio. Se è più ampio, comprende
e accetta molte diversità. Se è ristretto, le rifiuta quasi
tutte. Nessun gruppo può accettare tutte le diversità,
perchè ciò significherebbe la perdita dell'identità. Nessun
gruppo può rifiutare tutte le diversità, pena la
frantumazione fino alla singola unità.
Gruppi che accolgono con empatìa la diversità dei malati
e dei disabili, ma tendono a rifiutare la diversità dei
migranti. Gruppi che adorano la diversità della cucina
multietnica, ma mostrano una certa repulsione per i
tossicodipendenti. Gruppi uniti nel sostenere il valore
dello sport, che non accettano la diversità della tifoseria
avversa. Gruppi che inneggiano alla diversità delle scelte
politiche, ma sono ostili alla differenza delle scelte
sessuali.
In questo arcobaleno di gruppi aperti, semi-aperti o semi
chiusi, spiccano i gruppi "estremi". Da una parte ci sono
i gruppi che puntano all'apertura a tutte le differenze, e
teorizzano una società totalmente aperta; dall'altra i
gruppi che praticano la chiusura verso quasi tuttte le
differenze, e auspicano una società fatta di gruppi
omogenei al loro interno ma separati fra loro.
Il paradosso che colpisce i gruppi che dichiarano di
accettare ogni differenza come una ricchezza, è che
rifiutano vistosamente la diversità degli oppositori.
Costoro inneggiano a ogni differenza fuorchè a quella
che respinge le differenze. I sostenitori di una società
78
aperta sono i primi irridere, osteggiare, criminalizzare la
diversità dei sostenitori di una società chiusa.
Il paradosso che colpisce i gruppi che considerano le
differenze come indegne, pericolose o dannose per la
società, è che sono essi stessi una minoranza. Coloro che
rifiutano qualsiasi apertura alla diversità, negano di fatto
ogni legittimità a sè stessi. Anche essi sono una
minoranza che minaccia la società, almeno tanto quanto
ogni altra minoranza "diversa".
I gruppi "estremi" riescono a superare le proprie
contraddizioni e ad assumere una pesante visibilità
mediatica, mediante un profondo lavoro allucinatorio.
Con un balzo psicologico che si situa fra il parnoico e il
maniacale, questi gruppi si convincono di essere non
solo uno dei tanti gruppi sociali, ma il gruppo di
maggioranza che rappresenta l'intera società.
Gli adoratori della società aperta a ogni differenza, non
prendono nemmeno in considerazione la legittimità della
esistenza dei gruppi che sostengono una società chiusa. I
primi sono la società "buona e giusta", mentre i secondi
sono i nemici "sporchi e cattivi".
I sostenitori di una società compartimentata, chiusa,
ostile verso ogni differenza, considerano i gruppi della
società aperta dei meri "traditori" dei valori tradizionali,
della storia, dell'intera società di cui solo essi
rappresentano la continuità, purezza e la bontà.
79
Mercato e politica internazionale
Adamus
Viviamo in un mondo di capitalismo concorrenziale e
globalizzato. Ogni azienda compete contro ogni altra e in
ogni parte del pianeta. Il "mercato" è sovrano e
lavoratori, salute, ambiente, sono fattori sacrificabili al
profitto. Le guerre sono oggi, più che nei secoli
precedenti, guerre commerciali e finanziarie dove i morti
sono solo insignificanti "danni collaterali". La politica è
a volte una pallida foglia di fico che serve a coprire
l'oscenità del dio danaro, più spesso è il "comitato
d'affari" dell'industria e della finanza. Governi,
Presidenti e dittatori, nonchè terroristi, sono burattini e
marionette animati dalle multinazionali e dalle burocorporazioni. Il tragico è che tutto ciò non è (come nel
secolo scorso) una interpretazione costruita da gruppi
eversivi o rivoluzionari. E' ciò che viene pubblicamente
asserito ogni giorno dai mass media anche più asserviti e
benpensanti.
Il fatto curioso è che tutto ciò viene dimenticato, quando
si parla di politica internazionale e rapporti fra gli Stati.
Qui saltano fuori parole ireniche come alleanza,
amicizia, solidarietà, cordialità. Gli shows televisivi che
mostrano gli inutili e dispendiosi incontri internazionali
fra gerarchi (come se nessuno di loro conoscesse le
videoconferenze) si soffermano sulle strette di mano, i
sorrisi, gli abbracci. Sembrano raduni di ex compagni di
scuola. Come è possibile che in un pianeta tormentato da
crudeli guerre commerciali e finanziarie, nonchè armate,
i capi di Stato vengano mostrati come "amiconi" ?
Evidentemente i media sono solo i gazzettieri del
80
consenso.
Ci fanno credere che gli Usa siano interessati ad
un'Europa forte e unita, quando è evidente che gli
interessi economici di queste due entità sono in oggettivo
conflitto. E' come dire che Apple desidera una Microsoft,
forte e in salute. Se il pianeta è un solo mercato, le
"bancarelle" degli Usa e dell'Europa vendono gli stessi
prodotti e sono concorrenti sul piano globale. Lanciare
una bella guerra armata in qualche parte del mondo è
essenziale per il complesso industrial-militare americano,
che così resta la prima stampella dell'economia Usa.
Poco importa se gli Stati "amici (parola usata al posto di
"servi") poi devono affrontare un terrorismo dilagante.
Gheddafi aveva come primo partner commerciale l'Italia,
il che spiega il gusto dei francesi nell'accopparlo. Fare un
embargo per punire Putin è facile per gli Usa, visto che i
peggiori danni li subirà l'economia europea.
Ci fanno credere che la Germania vuole un 'Europa forte,
mentre è evidente che i tedeschi vogliono un'Europa
forte solo se sono loro a controllarla. E' essenziale per la
Germania che la FIAT vada peggio della Wolkswagen.
E' ovvio che la Germania faccia di tutto perchè l'Europa
importi le arance dal Marocco (che ammazzano una parte
dell'agroalimentare italiano), se il Marocco si impegna a
comprare macchinari industriali tedeschi concorrenti di
quelli francesi o italiani. Quando la Cina o gli arabi
comprano pezzi del "made in Italy" tutti esultano come
se ricevessino i regali di Natale. Nessuno segnala che in
un mercato globale, comprare un'impresa comporta la
libertà di spostarla in altre parti del mondo, fonderla con
altre imprese, chiuderla.
Molte aziende offrono gadgets col loro logo, a scopo
81
promozionale. Le impresefarmaceutiche regalano viaggi
a Barbados ai medici compiacenti. Gli Stati usano le
"missioni umanitarie" e gli "aiuti internazionali" per
vendere i loro prodotti ai Paesi aiutati.
La "solidarietà" verso l'immigrazione selvaggia, non è
altro che un sistema di reclutamento di manodopera
sfruttabile a prezzi più bassi e senza garanzie.
Insomma, in un pianeta dominato da speculatori,
borseggiatori e tagliagole, perchè i capi degli Stati
vengono dipinti come boy-scout in cerca di affetto? O è
una finzione o è pura stupidità.
82
Democrazia e poker
Guy Fawkes
Una delle regole auree del poker è quella di non giocare
mai con persone che danno ai soldi un valore troppo
diverso da quello che gli dai tu. Se giochi con un
milionario e tu sei un semplice operaio, il peso dei suoi
rilanci e dei suoi bluff è alla lunga insostenibile per te.
La politica internazionale è una partita a poker
obbligatoria fra diseguali.
Facciamo un esempio simulato di ciò che avviene
quando un Impero, l'equivalente del pokerista riccone, e
uno staterello africano che chiameremo Miseria,
l'equivalente del pokerista operaio, si siedono allo stesso
tavolo di "negoziato". Questo cosiddetto negoziato può
solo finire con l'Impero che guadagna tutta la posta del
Miseria.
Miseria è guidato da un regime dittatoriale, per cui la
partita è semplice e breve. L'Impero ha risorse illimitate
e lo staterello Miseria è un territorio di pecorai e tessitori
semi-analfabeti suddivisi in tribù, ancora vicino al suo
assetto medievale. Tutto inizia con una grande
operazione di marketing imperiale: aiuti gratuiti con
grandi somme di danaro, vendite a debito di lunga
scadenza di materie prime e armamenti, fiumi di
mazzette e privilegi a tutta l'oligarchia dominante. In
cambio di tanta generosità l'Impero chiede "solo"
l'insediamento di una o più basi militari, la totale libertà
degli scambi commerciali, e infine i diritti "sine die" di
estrazione di materiali preziosi (che Miseria non è in
grado di estrarre).
Dopo questo inizio folgorante, Miseria diventa a tutti gli
83
effetti, una colonia dell'Impero. La sua politica estera
diventa un'appendice di quella imperiale, la sua politica
interna viene diretta a tutela degli interessi dei
colonizzatori e dei gerarchi locali. Intanto Miseria viene
inondata di beni e servizi imperiali e il suo debito si
impenna fino allo strangolamento. Il concetto di "libero
scambio" si traduce come quello fra spagnoli e incas:
vetri colorati in cambio di oro. Miseria vende all'Impero
formaggiio di capra, e l'Impero vende a Miseria (con
debiti a lunga durata) tutto quello che può, droga
compresa. Per pagare questi debiti, Miseria è costretta ad
un sempre maggiore assoggettamento politico, a ulteriori
concessioni di diritti commerciali all'Impero, fino alla
vendita di sempre più grandi porzioni di territorio,
compresi i tradizionali residenti. Il cappio del debito e
della corruzione è la forma moderna della schiavitù e
della colonizzazione che per secoli ha seguito
l'intervento bellico.
A questo punto è possibile che qualche tribù locale si
ribelli ed inizi una guerra civile. Niente paura. L'Impero
si impegna a difendere lo satus quo con l'invio di
"istruttori militari", la vendita a debito di sempre
maggiori armamenti, e magari con l'intervento diretto di
corpi speciali.
In qualche caso, può essere il dittatorello a tentare
qualche resistenza, con gesti di inaudita autonomia. La
soluzione più semplice in questi casi è l'assassinio del
"ribelle", oppure la sua sostituzione tramite un colpo di
Stato con qualcuno di più malleabile.
In qualche altro raro caso il dittatorello è appoggiato
dall'esercito e dalla oligarchia locale. Qui entrano in
campo prima una campagna di diffamazione orchestrata
84
tramite tutti i media internazionali controllati dall'Impero
(la quasi totalità), poi una campagna per la "esportazione
della democrazia" sostenuta da qualche attentato di
matrice sospetta e dal sostegno ad un' opposizione
interna foraggiata (e magari anche creata) dall'Impero.
Segue guerra civile col sostegno all'opposizione da parte
dell'Impero o addirittura col suo intervento militare
diretto. L'Impero gioca "all-in" e Miseria registra un
ricambio della classe dirigente, che ripristina i rapporti di
subalternità precedenti. In qualche raro caso la guerra
civile dura anni, ma gli affari continuano con la vendita
di armamenti ad entrambe le fazioni in campo.
Questa simulazione sembra fantascienza? Chiedetelo ai
popoli del centro e sud-america. Chiedetelo ai popoli del
medio ed estremo oriente. E chiedetelo anche agli
europei che possono testimoniare sulla Storia
dell'immediato secondo dopoguerra.
85
Proibizionismo idiota, criminale
e perdente
Al Capone, i cartelli della droga e i mercanti di
schiave
Ektor Georgiakis
Il paradosso è che i proibizionisti di solito accusano gli
anti-proibizionisti di ideologismo, utopìa e ingenuità.
Mentre i proibizionisti hanno trascinato e tutt'oggi
trascinano il pianeta in continue "guerre", tutte
regolarmente perse: a dimostrazione che è il
proibiziosmo ad essere ideologico, utopico e ingenuo.
1. Proibizionismo verso l'alcool: guerra persa
Con il termine proibizionismo s'intende per antonomasia
il periodo fra il 1919 e il 1933 in cui negli Stati Uniti,
tramite il XVIII emendamento e il Volstead Act, venne
sancito il bando sulla fabbricazione, vendita,
importazione e trasporto di alcool.
Il Proibizionismo e i "ruggenti anni venti" furono
indissolubilmente collegati alla nascita del fenomeno
noto come gangsterismo, periodo la cui figura di spicco
fu Al Capone. La sua fortuna infatti, così come quella di
molti altri criminali, fu raggiunta tramite i proventi del
traffico di alcol, sfruttando la proibizione e la
conseguente crescita esponenziale del prezzo.
Oltre a ciò, essendo la sostanza in questione non
controllata e illecita, era possibile utilizzare metodi
estranei al comune mercato per imporre il proprio
prodotto e/o ottenere condizioni più favorevoli in
generale.
86
Inutile ricordare che saggiamente, dopo solo 15 anni, il
proibizionismo verso l'alcol è cessato e oggi riguarda
solo la cultura musulmana. La sanguinosa "guerra
all'alcol", dopo aver causato centinaia di morti e aver
sviluppato il crimine organizzato, è stata la prima guerra
vistosamente persa dalla modernità contro i suoi
problemi interni.
2. Proibizionismo verso la droga: guerra persa
La messa al bando di ogni narcotico fu dovuta in gran
parte a Harry Jacob Anslinger (1892 - 1975), funzionario
governativo negli anni ’30, che riteneva l’uso della
cannabis appannaggio di “negri, ispanici, filippini e
artisti”, che generava musiche come il jazz e lo swing e
che spingeva le donne a fare sesso con le suddette
minoranze etniche. Richard Milhous Nixon (1913-1994)
legò la droga a comunismo e omosessualità, nemici della
forte società americana e quindi tesi alla sua distruzione.
Ronald Wilson Reagan (1911-2004) si spinse oltre, ma
solo perché nel frattempo comparve l’aids. Quindi se la
droga portava all’omosessualità, questa di conseguenza
causava il contagio dell’HIV.
Oggi l'Onu ha stimato in 250 mila i morti annuali
dovuti al consumo di droghe nel mondo. I decessi da
abuso di stupefacenti in Italia nei solo tre lustri 19902006 è stimato in 16.173. Nel 2014 in Italia sono morte
313 persone a causa delle droghe assunte. Ma la droga
dilaga nel Belpaese dagli anni sessanta e oggi comprare
droga è più facile che comprare il pane: ci sono più punti
di distribuzione. In queste stime non rientrano i morti
nelle sparatorie per droga fra spacciatori, trafficanti,
poliziotti e passanti innocenti. In Messico, la stima totale
87
è di citca 83.000 omicidi dal 2007 al 31 ottobre 2012: più
di sedicimila decessi l'anno.
Si stima in circa 24 miliardi di euro il fatturato del
mercato della droga in Italia e di oltre 300 miliardi nel
mondo. Con questi fatturati il traffico di droghe è la
quinta impresa nazionale. E l'ottava impresa mondiale.
Significa che i signori della droga sono proprietari di una
buona fetta dell'economia italiana e planetaria. Negli
ultimi 40 anni sono stati spesi oltre 1.000 miliardi di
dollari (un trilione) solo nel Nord America per
combattere la droga: il che forse spiega il pessimo stato
dei servizi sociali in quel Paese. Una Relazione Annuale
al Parlamento su droga e dipendenze evidenzia che, tra il
2008 e il 2013, sono stati spesi in media circa 180
milioni di euro l'anno in attività di contrasto legate alla
droga: più di un miliardo in sei anni, di soldi sottatti al
welfare.
Nel 1973 vi erano 328.670 arresti registrati negli USA
dall’FBI per violazioni delle leggi sulle droghe.
Nel 2007 1.841.182 arresti, ovvero un incremento del
460,2% in 34 anni. Nel 2008 gli arresti sono stati
1.702.537, e di questi 847.863, ovvero il 49,8%, per reati
collegati alla sola cannabis, di cui 754.224 per semplice
possesso (traffico e vendita di cannabis 93.640 arresti).
Gli Stati Uniti d'America hanno la più numerosa
popolazione carceraria del mondo. Con meno del 5%
della popolazione mondiale, gli USA hanno circa il 25%
della popolazione carceraria mondiale. Secondo un
rapporto del Dipartimento di Giustizia USA del 2006,
oltre 7,2 milioni di persone erano in quel momento in
prigione o sotto varie forme di custodia, ossia circa 1
americano su 32. In Italia, abbiamo 1 persona su 1000
88
nelle stesse condizioni. Secondo l'International Centre of
Prison Studies presso il King's College London, di questi
7,2 milioni, 2,3 sono effettivamente in prigione.
La "guerra alla droga" è una delle più clamorose e
costose sconfitte delle società moderne.
3. Proibizionismo verso la prostituzione: guerra persa
La New York Society for the Suppression of Vice,
tramite il fondatore Anthony Comstock (1844 -1915) ,
dopo anni di pressioni al Congresso degli Stati Uniti
riuscì a far promulgare una legge che proibiva la
spedizione a mezzo posta di stampe erotiche di ogni
tipo (libri, riviste, foto, giornali, perfino pubblicazioni
riguardo al controllo delle nascite e testi di biologia che
mostrassero rappresentazioni accurate del corpo umano)
e addirittura di corrispondenza epistolare privata con
accenni o riferimenti di natura sessuale; vi fu persino un
tentativo di vietare nei musei le statue e i quadri di nudo.
Oggi il mercato della prostituzione in Italia genera un
giro d’affari stimato in 3,6 miliardi di euro annui (tutti
esentasse), coinvolgendo in modo attivo circa 90.000
operatori del sesso per un numero di clienti che
raggiunge i 3 milioni di cittadini. Il giro d'affari della
prostituzione negli Usa è calcolato attorno ai 14 miliardi
di dollari all'anno.
Dai dati dell'Unodc (United Nations Office on Drugs and
Crime) e dell'Icmpd (International Centre for Migration
Policy Development) emerge che la tratta di schiavi
sessuali ha fatto in Europa 52.340 vittime in soli 5 anni
(dal 2003 al 2007) e nel mondo, secondo la IOM l'Organizzazione Mondiale per le Migrazioni - dai 2
ai 4 milioni. Ma tutti gli osservatori concordano sulla
89
pesante sottostima di questi dati.
La prostituzione in Italia non è illegale solo se selvaggia,
mentre lo è se è organizzata. Il proibizionismo, cioè la
mancata legalizzazione della prostituzione come una
qualsiasi professione sanitaria o d'aiuto. favorisce i
fatturati in nero dei trafficanti, l'evasione delle tasse, la
riduzione in schiavitù di molti esseri umani, la diffusione
di violenze e malattie. Malgrado ciò, la prostituzione è
sempre più diffusa, anche come secondo lavoro di
casalinghe e studentesse (o giovani disoccupati)
La "guerra" alla prostituzione è la terza guerra, interna
all'Occidente, vistosamente persa.
90
LA GUERRA
IN ALCUNE SUE
MANIFESTAZIONI
91
Terza guerra mondiale senza fine
Mircea Meti
"Avete inteso che fu detto: “Occhio per occhio e dente
per dente”. Ma io vi dico di non opporvi al malvagio;
anzi, se uno ti dà uno schiaffo sulla guancia destra, tu
pórgigli anche l’altra, e a chi vuole portarti in tribunale
e toglierti la tunica, tu lascia anche il mantello. E se uno
ti costringerà ad accompagnarlo per un miglio, tu con
lui fanne due. Da’ a chi ti chiede, e a chi desidera da te
un prestito non voltare le spalle.
Avete inteso che fu detto: “Amerai il tuo prossimo e
odierai il tuo nemico”. Ma io vi dico: amate i vostri
nemici e pregate per quelli che vi perseguitano, affinché
siate figli del Padre vostro che è nei cieli; egli fa sorgere
il suo sole sui cattivi e sui buoni, e fa piovere sui giusti e
sugli ingiusti. Infatti, se amate quelli che vi amano, quale
ricompensa ne avete? Non fanno così anche i
pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli,
che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i
pagani? Voi, dunque, siate perfetti come è perfetto il
Padre vostro celeste".
Discorso delle Beatitudini
«Occhio per occhio e il mondo diventa cieco"»
(Mahatma Gandhi)
Watzlawick dice che ogni relazione è definita dalla
punteggiatura.
"La moglie beve, il marito la picchia". Qual è il
comportamento causante?
92
La cavia da laboratorio dice: “Ho addestrato bene il mio
sperimentatore. Ogni volta che io premo la leva lui mi dà
da mangiare”; quest’ultima non accetta la punteggiatura
che lo sperimentatore cerca di imporgli, secondo la quale
è lo sperimentatore stesso che ha addestrato la cavia e
non il contrario. Il figlio: “È inutile che parlo con la
mamma perché tanto urla sempre e non mi lascia
esprimere i miei pensieri e le mie motivazioni, quindi sto
in silenzio, non faccio niente, non dico niente e ho
risolto”. La mamma: “È così silenzioso e passivo che mi
fa arrabbiare, non mi racconta mai nulla, non si sforza di
avere idee sue e, spesso, devo gridare per fargli fare le
cose!” Qual è la causante e il causato?
La faide barbaricine hanno per secoli registrato assassinii
fra famiglie, senza che gli attori sapessero come e perchè
la tragedia era iniziata. Invece cosa fanno i folli leaders
europei? Sfoggiano atteggiamenti di machismo texano,
parlano di ritorsioni e bombardano a tappeto. Quante
vittime civili fanno ogni giorno i droni e i
bambardamenti dal cielo? Il papa ha giustamente
mostrato la sua solidarietà e la sua riprovazione contro il
terrorismo parigino, ma non l'abbiamo mai sentito
sdegnarsi contro le stragi di civili provocate dalle azioni
di guerra europee o americane. Il leader francese parla
esplicitamente di guerra, senza rendersi conto che questa
parola implica un riconoscimento di Stato all'ISIS e
l'attivazione della Convenzione di Givevra, per cui i
terroristi diventano soldati.
Dalla psicologia sappiamo che il solo modo di uscire da
questi circuiti suicidarii è quello di comunicare sulla
93
relazione. In politica, questo significa negoziare. Dopo
una guerra mondiale che dura da 25 anni, e dopo
centinaia di migliaia di morti, non sembra prematura una
trattativa fra l'Occidente e l'estremismo islamico.
Abbiano trattato con gli Asburgo, abbiamo trattato con i
nazisti, hanno trattato gli americani e i vietnamiti, hanno
trattato le due Coree. Ogni conflitto termina con una
trattativa: il punto è solo se la trattativa viene fatta prima
o dopo che si arrivi ai milioni di morti.
94
La beneficenza che uccide il welfare
e foraggia il commercio delle armi
Guido Contessa
Non passa ora in tv senza che vengano chiesti soldi in
beneficenza, per gli scopi più disparati.
Un gran parte di questi ha il solo obiettivo di mantenere
organizzazioni e operatori che lasciano le briciole agli
utenti in stato di bisogno. Una parte di questi riguarda
problemi di cui dovrebbe occuparsi lo Stato italiano, e
cui la beneficenza consente di non impiegare fondi per il
welfare dirottandoli sulle auto blu, i vitalizi, le forze
navali, l'iscrizione ai club della Ue e della NATO. La
maggioranza delle richieste riguardano invece Paesi
stranieri, come se l'Italia non avesse abbastanza cittadini
da "beneficiare".
La sigla BRICS indica i paesi del mondo a maggiore
sviluppo economico: Brasile, Russia, India, Cina e
Sudafrica. Quasi tutti questi Paesi sono più ricchi
dell'Italia. Dare soldi per curare le malattie o gli orfani di
questi Paesi significa incentivarli a non investire nel
benessere dei loro popoli.
Il caso più eclatante è quello della Romania che finanzia
il welfare con le vendita dei suoi bambini. Ecco come
funziona. Lo Stato rumeno non investe nulla per gli
orfani, ma li fa gestire da organizzazioni private. Queste,
tramite le adozioni internazionali, si fanno pagare (e
molto) dalle famiglie adottanti, dopo aver accantonato un
lauto profitto. La Romania ha un welfare a spese degli
adottanti.
95
Un caso simile è quello dell'Ukraina. La quale non si
preoccupa della salute dei suoi bambini dopo Chernobil.
Preferisce che se ne occupino altri Paesi europei, in
modo da poter avere i soldi per una bella guerra civile.
Il caso più scandaloso riguarda gli Stati africani. La
beneficenza si occupa dei loro problemi sociali, mentre i
loro politici investono i fondi statali in armamenti. Il
vecchio mantra del "dobbiamo aiutare l'Africa" ha per
decenni dominato il vocabolario politico europeo ed ha
creato le ONG, il cui solo scopo è quasi sempre di dare
lavoro a giovani disoccupati europei. Ma questo è il
frutto migliore. Il peggiore è che la maggior parte degli
"aiuti" finisce in acquisti di armi europee e in tangenti ai
politici locali. Col risultato che l'Africa è il continente
col più alto tasso di corruzione, emigrazione e tragedie
militari locali.
96
Domande sull' ISIS
Dall'esportazione della democrazia
all'importazione del terrorismo
Guido Contessa
Quando i falsi profeti osannavano l'attacco del mondo
all'Iraq e all'Afghanistan, in parecchi misero in guardia
dal rischio di importare il terrorismo. Quando l'Occidente
osannava le "primavere arabe" non pochi espressero
dubbi e ventilavano il rischio che diventassero
"primavere terroristiche". Ma tant'è. Abbiamo con
incoscienza fatto scoppiare il bubbone del mondo
islamico ed ora siamo atterriti dal pus che cola su tutta la
mezzaluna araba.
Non vogliamo qui lanciarci in una requisitoria
complottistica ed arrivare a dire, come fanno alcuni, che
l'ISIS è stata ideata e finanziata dall'impero d'Occidente,
per destabilizzare il Medio Oriente e mettere in difficoltà
per decenni l'Europa. Tuttavia, ogni volta che vediamo
l'ISIS marciare nel deserto o nelle città occupate, nelle
minacciose divise nere tipo ss-ninjia, non possiamo non
farci qualche domanda.
La prima domanda è: chi paga? L' ISIS non sembra
affatto un'accozzaglia di beduini, ma un vero esercito,
addestrato, armato fino ai denti, dotato di luccicanti
mezzi di trasporto, e tecnologie informatiche. Dove
trovano le armi? Dove trovano i soldi per espandersi?
Depredare i poverissimi villaggi occupati non sembra
sufficiente per mantenere un esercito.
97
La seconda domanda è: come ha fatto l'ISIS a
mettere in piedi una potenza militare senza che ce ne
accorgessimo? Viviamo in mondo ipercontrollato dove
l'impero registra ogni email e ogni telefonata, dove i
satelliti ci spiano 24 ore su 24 e leggono fino alle targhe
delle auto, dove i droni possono entrare persino nelle
camere da letto, dove le spie di tutti i Paesi (chiamate
benevolmente "intelligence") operano in ogni angolo del
Medio ed Estremo Oriente. Qualcuno ha messo in piedi
un esercito ed è arrivato a conquistare territori dall'Iraq
alla Libia, senza che nessuno Stato nè occidentale nè
arabo potesse intervenire tempestivamente. Come
minimo, oggi dovremmo assistere alla cacciata di tutti i
capi dello spionaggio di ogni Stato dell'impero, dagli Usa
all'Arabia saudita, dall'Europa all'Italia. Invece no. Le
stesse organizzazioni di "intelligence" che non ci hanno
avvisato delle "primavere arabe", non ci hanno informato
della nascente ISIS, sono ancora lì a spiegarci cosa fare
ora per fronteggiare la minaccia nera.
La terza domanda è: come mai quando ci sono i
dittatori o i militari a governare i Paesi arabi, il
terrorismo è controllato e limitato, mentre quando c'è
la democrazia la guerra civile e il terrorismo
dilagano? E' successo con Tito e la Jugoslavia; con
Saddam e l'Iraq; con Gheddafi e la Libia. E' successo in
Algeria e in Egitto. Forse è arrivato il momento di
pensare che ogni popolo ha il regime che è adatto per sè
e che è in grado di funzionare nella specifica situazione.
Che la democrazia non è la "fine della storia", cui tutto il
pianeta deve adeguarsi, ma uno dei possibili modelli di
regime. Che la democrazia funziona in determinate
98
condizioni sociali ed economiche, e che ogni Paese ha
tempi diversi per arrivarci.
La quarta domanda è: l'ISIS è una minaccia più per
l'Europa o più per i Paesi arabi? Dal momento che
l'ISIS ha scelto di occupare territori, la prima minaccia è
per i Paei arabi cui i territori vengono sottratti. Resta la
minaccia di un terrorismo anti-occidentale, ma sembra
più una guerra di conquista territoriale nei Paesi arabi,
che si rivolge contro l'occidente nella misura in cui
interferisce. Dimostrazione evidente che la questione non
sia solo una spinta anti-occidentale e anti-cristiana, sono
i recenti attentati in tre moschee dello Yemen. Se questa
interpretazione è vera, l'Occidente deve solo controllare
bene le minacce interne, ma non fare alcun intervento
diretto nei Paesi arabi. Limitandosi ad aiutarli, senza
coinvolgimenti armati, nella guerra con chi minaccia i
loro confini. Saranno l'Egitto, l'Algeria, la Tunisia, la
Siria, l'Iraq e gli altri Paesi arabi a combattere sul terreno
gli attacchi dell'ISIS.
99
100
Guerre, migrazioni e sviluppo occidentale
Guglielmo Colombi
Dal '600 al '900 l'enorme sviluppo economico
dell'Occidente è stato favorito dalle macchine, ma si è
basato sulla violenza dello schiavismo e del
colonialismo. Il furto di uomini (migrazioni coatte di
circa 10 milioni di africani) e di interi territori in tutto il
pianeta, è alla radice dell'industrializzazione e delle
democrazie.
Diminuite le possibilità di ridurre in schiavitù Paesi ed
esseri umani, lo sviluppo ha trovato sostentamento in due
altri tipi di crimine: le guerre e le migrazioni economiche
(coatte senza forza, ma con la miseria).
Secondo Gaston Bouthoul la guerra è un infanticidio
differito, un sistema darwiniano di controllo della
popolazione. Tutta la Storia è costellata da guerre ma è il
Novecento che ha reso industriale il crimine di massa.
Circa 80 milioni di morti in due guerre mondiali. Dalla
fine della seconda guerra i massacri non sono cessati, ma
sono stati decentrati. L'Occidente (barbari Usa esclusi)
ha smesso di partecipare direttamente alle guerre,
preferendo favorirle con "operazioni coperte" come gli
omicidi politici o il commercio di armi. Le guerre
consentono sempre un forte sviluppo del PIL ai Paesi che
non vengono distrutti.
Un altro forte sostegno allo sviluppo è derivato dalle
migrazioni economiche, nel XX come nel XXI secolo.
101
Le migrazioni "moderne" non si basano più sui rapimenti
e la violenza fisica, ma sulla forza della miseria.
Affamare un popolo è il miglior mezzo per spingerlo a
migrare.
Nei secoli XIX e XX, quasi 30 milioni di italiani hanno
lasciato l'Italia con destinazioni principali le Americhe,
l'Australia e l'Europa occidentale. Nel 1946 fu firmato il
Protocollo italo-belga che prevedeva l'invio di 50.000
lavoratori in cambio di carbone. Nel 1956 fra i 142.000
minatori impiegati, 63.000 erano stranieri e fra questi
44.000 erano italiani. A Marcinelle ne sono morti 262.
Nel ventennio 1951-1971 oltre 10 milioni di italiani sono
stati protagonisti di migrazioni interregionali.
Il fenomeno migratorio caratterizza anche l'alba del XXI
secolo. I primi schiavisti e colonizzatori giustificavano i
loro crimini con la salvezza delle anime e la diffusione
della civiltà. Quelli odierni giustificano gli stessi crimini
con la salvezza dei corpi e la distribuzione del benessere.
La sostanza però non è cambiata. Le migrazioni hanno lo
scopo di sfruttare un "esercito industriale di riserva", che
esonera gli Stati più ricchi dal remunerare
adeguatamente la manodopera e dal riorganizzare il
lavoro sulla base dei diritti.
"Esercito industriale di riserva" è l'espressione con la
quale Karl Marx indicava la massa dei disoccupati in
un'economia capitalistica e la sua funzione. La presenza
di un gran numero di disoccupati è funzionale
all'esistenza stessa del sistema capitalistico, poiché,
alimentando la concorrenza tra i lavoratori, garantisce un
basso livello di salari. Le badanti straniere, i 500.000
102
immigrati che lavorano in nero nell'agricoltura, i
lavoratori edili a giornata e gli addetti ai lavori più
sporchi e sgradevoli (o criminali) svolgono tuttora la
funzione di esercito di riserva. Non è un caso se il
numero degli immigrati che lavorano corrisponde quasi
esattamente al numero di cittadini senza lavoro.
La seconda decade del XXI secolo ha visto riapparire un
fenomeno migratorio che era quasi sparito: la nuova
emigrazione di massa degli italiani. Migliaia di anziani
emigrano per sopravvivere con pensioni da fame, che
all'estero riescono invece ad offrire tre pasti al giorno.
Migliaia di giovani emigrano in cerca di un'occupazione
negata loro in Italia. Il paradosso evidente è che gli
immigrati africani vengono in Italia in cerca di un
benessere, che gli italiani vanno a cercare all'estero.
Parafrasando il dimenticato K.Marx, il potere statale non
è che un comitato di affari della "classe" al potere. Tutta
la politica del XXI secolo è una conferma di questa tesi.
La tutela dei banchieri e dei finanzieri; le guerre diffuse
in tutto il pianeta; la politica del lavoro e quella delle
migrazioni; lo smantellamento del welfare state; il
controllo dei media; sono una prova lampante della
perdurante verità dell'asserzione marxiana.
103
Breve compendio
del terrorismo cristiano ed ebraico
Guglielmo Colombi
Il terrorismo è il più odioso dei crimini. Perchè colpisce
soggetti inermi e incolpevoli, presi di sorpresa. Perchè
ha come solo scopo il terrore. Perchè sparare su
passanti e mettere una bomba sotto il banco della frutta
al mercato, non richiede nè coraggio nè abilità.
Inorridiamo quando il terrorismo colpisce, ma non
possiamo non ricordare di avere il copyright su questa
pratica barbarica, vile e crudele. Gli inventori del
terrorismo siamo stati noi bianchi, cristiani o ebrei, e
tutto il Novecento è stata una grande scuola per il
terrorismo islamico.
1. Zeloti (I secolo d.c.)
Gli Zeloti erano un gruppo politico-religioso giudaico
apparso all'inizio del I secolo. Partigiani accaniti
dell'indipendenza politica del regno ebraico, nonché
difensori dell'ortodossia e dell'integralismo ebraici.
Considerati dai Romani alla stregua di terroristi e
criminali comuni, si ribellavano con le armi alla presenza
dei romani in Palestina. Questi venivano considerati
idolatri e quindi nemici dell'ebraismo. Gli zeloti
venivano chiamati anche Sicarii, dal momento che
andavano in giro con i pugnali (sicae) nascosti sotto la
cappa e che venivano utilizzati per ferire o persino
104
uccidere chiunque fosse colto a compiere sacrilegi, atti
offensivi o anche omissioni nei confronti della fede
giudaica. Secondo alcune fonti Giuda Iscariota, Simone
detto Pietro e Simone il Cananeo erano o erano stati
zeloti.
2. Haganah, Irgun e banda Stern (1920-48)
Haganah è il nome dato a un'organizzazione paramilitare
ebraica in Palestina durante il Mandato britannico dal
1920 al 1948. Ne hanno fatto parte Yitzhak Rabin
(Premio Nobel per la pace), Ariel Sharon e Moshe
Dayan. Tra il 1944 e il 1947 furono oltre 20 gli attentati
dinamitardi segretamente supportati dall'Haganah.
L'Irgun, abbreviazione di Irgun Zvai Leumi, ebraico per
"Organizzazione Militare Nazionale", è stato un gruppo
paramilitare sionista formato da una costola dell'Haganah
(giudicato terrorista dal Regno Unito) che operò nel
corso del Mandato britannico sulla Palestina dal 1931 al
1948.
Nel febbraio del 1944, sotto la nuova leadership di
Menachem Begin (futuro primo ministro di Israele),
l'organizzazione riprese le ostilità contro le autorità
britanniche. Lo scopo dichiarato degli attacchi terroristici
condotti era quello di accrescere il costo politico e
umano del governo mandatario e influenzare la pubblica
opinione, sì da incoraggiare lo sgombero britannico. Ciò
incluse
attacchi
contro
importanti
simboli
dell'amministrazione britannica, con attentati come
quello (22 luglio 1946) perpetrato ai danni della
direzione centrale militare, civile e delle forze di polizia
105
ospitati in un'ala del King David Hotel (91 morti, tra i
quali 17 civili ebrei).
Il 31 ottobre 1946, tre giovani terroristi dell'Irgun
condussero uno spettacolare attentato contro l'ambasciata
britannica a Roma, una villa appartenuta alla famiglia
Torlonia sita presso Porta Pia. Due potenti ordigni
esplosivi a tempo, occultati in altrettante valigie, furono
lasciati presso l'ingresso della missione diplomatica.
I terroristi si dileguarono e, alle 2:46, due violente
esplosioni causarono la totale distruzione dello storico
edificio, uccidendo due cittadini italiani che si trovavano
a passare per caso nei pressi.
La Banda Stern, un gruppo deviazionista dell'Irgun, colpì
con determinazione ed audacia tanto alti ufficiali ed
esponenti britannici e della comunità internazionale,
quanto
cittadini
arabi
ed
ebrei
giudicati
"collaborazionisti", mentre prendeva attivamente contatti
con i nazisti, considerati come un "persecutore
preferibile" al nemico britannico, visto come ostacolo
alla nascita dello stato ebraico.
3. Fascisti e Anti-fascisti (1928 - 1930)
Furono parecchi gli attentati dinamitardi agli albori del
fascismo. Come in tutta la storia d'Italia, non è mai stato
chiarito se i responsabili fossero gli anti-fascisti o gli
stessi fascisti. Resta il fatto che l’eccidio alla Fiera di
Milano (12 aprile 1928), un attentato che doveva
uccidere il re, ha ucciso all’istante quattordici persone
(altre nei moriranno nei giorni successivi) e ferito decine
di persone.
106
4. IRA e Provisionals (1919 - 2005)
Tra la fine degli anni '60 e la fine degli anni '90 in
Irlanda del Nord il terrorismo dei cattolici e dei
protestanti ha fatto oltre 3000 morti.
5. Euskadi Ta Azkatasuna (1959 - 2011)
Euskadi Ta Azkatasuna ("Paese basco e libertà"), anche
nota con l'acronimo di ETA, è un'organizzazione armata
terroristica basco-nazionalista separatista d'ispirazione
marxista-leninista il cui scopo è l'indipendenza del
popolo basco. L'ETA è stata responsabile dell'uccisione
di oltre 800 persone, ed è considerata un'organizzazione
terroristica da diversi Stati, tra cui la Spagna, la Francia e
gli Stati Uniti d'America, oltre che dall'Unione europea.
Creata nel 1959, dalla scissione degli Ekin dal Partito
nazionalista basco, come associazione studentesca
clandestina per sostenere l'indipendentismo basco, si
accosterà alla lotta armata verso la metà degli anni
sessanta per poi cessare la propria attività armata (ma
non quella politica e di pacificazione del conflitto) il 20
ottobre 2011.
5. OAS (1961 - 1962)
L'Organisation de l'armée secrète (OAS) era
un'organizzazione clandestina francese, creata il 20
gennaio 1961 dopo un incontro a Madrid, al riparo del
regime franchista, da Jean-Jacques Susini e Pierre
Lagaillarde. La sigla OAS comparve sui muri di Algeri il
16 marzo 1961. Lo slogan era "L'Algérie française".
All'indomani del putsch militare di Algeri (aprile 1961),
107
l'organizzazione fu presa in mano dal generale Raoul
Salan, e perpetrò sia in Francia che in Algeria
numerosissimi attentati ed assassinii: alla fine di
settembre 1961 si contavano più di 1.000 attentati con 15
morti e 144 feriti firmati OAS.
Le violenze si moltiplicarono nel febbraio del 1962 e poi
al momento della firma degli accordi di Evian per il
cessate il fuoco (18 marzo 1962): il 13 marzo l'OAS
cercò di organizzare l'insurrezione dei coloni dal
quartiere europeo di Bab El-Mandeb, e la repressione
costò più di 20 morti. Altri morti vi furono il 26 marzo,
in una manifestazione di sostegno alla protesta dei Piedsnoirs. Tra il maggio 1961 ed il settembre 1962, l’OAS
aveva ucciso 2.700 persone, di cui 2.400 Algerini.
6. Sud-Tirolo (1956 - 1988)
Il Befreiungsausschuss Südtirol (abbreviato BAS,
letteralmente: Comitato per la liberazione del Sudtirolo)
fu un'organizzazione terroristica fondata nel 1956 da
Sepp Kerschbaumer. Scopo del movimento era
l'autodeterminazione dell'Alto Adige, attraverso la
secessione dall'Italia e l'annessione all'Austria al fine di
ottenere, sotto la sovranità di quest'ultima, l'unificazione
politica della regione storica del Tirolo.
Dal 20 settembre 1956 al 30 ottobre 1988 ci sono stati
361 attentati con dinamite, mitra, mine antiuomo. 21
morti, tra cui 15 appartenenti alle forze dell'ordine, 2
privati cittadini e 4 terroristi, deceduti per lo scoppio
prematuro delle cariche che stavano predisponendo. 57
feriti: 24 membri delle forze dell'ordine, 33 civili.
108
7. Italia: Terrorismo rosso, nero e di Stato (1969 - 84)
Da piazza Fontana all'Italicus, da Ustica a Piazza della
Loggia, alla stazione di Bologna ci sono almeno 378
morti in Italia che ancora aspettano di sapere se li ha
uccisi il terrorismo rosso, quello nero o quello statale.
8. Corsica (1976 - 2001)
Nel 1976 è creato l'FLNC (Fronte di liberazione
nazionale corso). Movimento che si sciolse ufficialmente
nel 1983, ma che ha continuato fino ad oggi l’esercizio
delle sue attività anche illegali. Il partito rivendica un
"nazionalismo corso" che ambisce all’ indipendenza
della Corsica dalla Francia da perseguire con attacchi a
prefetture, stazioni polizia ecc. Negli anni 1976-1989,
infuria una guerra sporca tra i nazionalisti e degli
elementi fautori dello Stato francese. A contrastare
l’FLNC appare l’organizzazione FRANCIA, composta
da membri dei servizi segreti desiderosi di "piegare"
l’FLNC effettuando rapimenti di militanti nazionalisti.
Da entrambe le parti si susseguono delitti sanguinari e
efferati: l’assassinio del parrucchiere Schochn per non
aver voluto pagare delle cosiddette tasse rivoluzionarie,
la morte di Guy Orsoni nel 1982 e la morte dei suoi
presunti assassini in carcere nel 1984 ad Ajaccio. Nel
1986 Charles Pasqua, allora ministro degli interni,
promette di "terrorizzare i terroristi". Nel 1987 il FLNC
uccide 2 tunisini presentati come spacciatori di droga,
quando sono solo due lavoratori comuni. Nel 1988 vi fu
l’omicidio di Paolo Prudente (ex FLNC ritiratosi nel
1984) a Calvi. Nel 1981 il parlamento francese approva
il nuovo statuto dell'isola, redatto dal parlamentare
109
Gaston Defferre. Ma la soluzione non accontenta
nessuno. Da allora, oltre 22 persone tra cui un prefetto in
Corsica, Claude Erignac sono stati assassinati in
connessione con i nazionalisti corsi.
9. McVeigh ed altri stragisti Usa (1990 - 2014)
Timothy James McVeigh è stato un terrorista e militare
statunitense, condannato per l'attentato di Oklahoma City
del 19 aprile 1995. Tale gesto è stato eseguito, secondo
quanto affermato dallo stesso Timothy, come ritorsione
per i fatti di Waco (avvenuti esattamente due anni prima)
e per fomentare una rivolta contro un governo federale
da lui ritenuto tirannico. L'attentato uccise 168 persone,
di cui 19 bambini. McVeigh fu condannato a morte e
giustiziato l'11 giugno 2001 mediante iniezione letale.
Dal 1990, sono state più di 250 le vittime di sparatorie
nelle scuole americane. Quasi 180 dal 2000, una trentina
dopo la strage di Newtown, il massacro nella Sandy
Hook School. Questo è l'elenco dei più gravi massacri
degli ultimi 24 anni nelle scuole americane:
1) Virginia Tech - 16 aprile 2007 - 33 morti - 25 feriti
2) Sandy Hook Elementary School - 14 dicembre 2012 28 morti - 2 feriti
3) Columbine High School - 20 aprile 1999 - 15 morti 21 feriti
4) Red Lake - 21 marzo 2005 - 10 morti - 7 feriti
5) Oikos University - Oakland - 7 aprile 2012 - 7 morti 3 feriti
110
6) Isla Vista - California - 23 maggio 2014 - 7 morti - 13
feriti
10. Norvegia (2011)
Con la locuzione "attentati del 2011 in Norvegia" ci si
riferisce a due attacchi terroristici coordinati, volti ad
attaccare il governo della Norvegia, un seminario
politico estivo e la popolazione civile avvenuti nella città
di Oslo e sull'isola di Utaya il 22 luglio 2011, che
causarono in totale 77 vittime. Il responsabile degli
attentati, Anders Behring Breivik è un 32enne norvegese
simpatizzante dell'estrema destra, bianco e cristiano. .
12. Cecenia: Beslan e teatro Dubrovka (1999 - oggi)
Nell'agosto 1999, riprende la guerra russo-cecena.
Shamil Basayev, indipendentista ceceno, è l'autore del
sequestro del Teatro Dubrovka nel 2002 e della Strage di
Beslan nel 2004.
111
Il regime senza memoria
Mircea Meti
Mass media, politici, opinionisti, conduttori di talk
shows, di fronte ai fatti tragici della cronaca hanno
l'atteggiamento stupefatto e indignato di chi sembra
venire sorpreso. In genere, lo stupore e l'indignazione
riguardano fatti causati dagli "altri", cioè dai nemici del
momento. Tutti diventano psicologi, economisti,
politologi ma dimenticano totalmente la storia. Tutti
sembrano nati ieri. Sembra che non fossero vivi dieci,
venti, trenta anni fa e che non abbiano mai letto un libro
o visto un film. Sembra che siano del tutto all'oscuro di
quello che noi (l'Occidente) abbiamo fatto nel corso della
storia. Cercano di vendere al "popolo bue" una visione
perbenista per la quale i nemici scandalizzano l'anima
immacolata della nostra civiltà.
Ecco allora qualche memorandum, che dovrebbe farci
capire che l'orrore, i genocidi, gli stupri di massa, i
crimini di guerra, i massacri di civili, le distruzioni di
opere d'arte, non sono un'invenzione contemporanea e
non sono (purtroppo) un'invenzione di criminali in abiti
simil-ninja.
1. Combattenti stranieri: dov'è la novità?
Si fa un gran parlare dei "combattenti stranieri" che
militano nell'ISIS, combattono in Siria contro Assad o in
Ucraina per l'una o l'altra parte. I media mostrano
stupore e indignazione, come se il fenomeno fosse una
novità. Nella sua storia, più di sessantamila italiani
112
hanno combattuto nella Legione straniera francese. E
migliaia hanno combattuto nelle Brigate Internazionali
durante la guerra civile spagnola. Migliaia sono anche i
mercenari che, come lavoro, combattono per un Paese
che non è il loro.
Possiamo discutere sul fatto che alcune scelte siano
accettabili ed altre molto meno. Che certi "foreign
fighters" combattano per cause che condividiamo ed altri
no. Naturalmente i primi li arrestiamo, gli altri no. Ma
resta il fattore comune che lega tutti coloro che dedicato
la vita alla guerra, per il proprio o per altri Paesi, senza
essere obbligati da coscrizioni forzate.
La povertà e la mancanza di prospettive di lavoro è stata
per decenni la prima motivazione della scelta militare.
Alcuni sceglievano la carriera ecclesiastica, altri quella
del "guerriero". Accanto a questa motivazione c'era
quella dell'avventura, del mito eroico, del machismo.
Non a caso i bambini maschi hanno sempre giocato coi
"soldatini" e non con le miniature di medici, filosofi o
scienziati. D'altronde, la storia spacciata agli alunni fin
dalle elementari, non è la storia della scienza, della
tecnologia o del costume alimentare, ma la storia dei re,
dei generali, delle battaglie. Fucili e pistole giocattolo
sono regali di Natale molto più frequenti dei libri e del
"piccolo chimico". La maggioranza dei video games alla
moda propone scenari bellici cruenti: sviluppati
dall'esercito americano come strumenti di addestramento.
In ogni epoca non sono mai mancati giovani senza
futuro, disadattati ed esaltati da qualche "eroe guerriero",
o da qualche ideale romantico e ineluttabile. Oggi, queste
113
figure sono diffuse a dismisura a causa dell'evidente stato
di liquefazione della società, della progressiva
insignificanza degli individui, e della totale sottrazione
del futuro.
Come a dismisura è diffuso il senso di morte. E' ormai
pratica abituale fra gli adolescenti e i giovani l' iperconsumo di alcool e droghe, la ricerca ossessiva di
attività estreme e pericolose, il culto dilagante per le
modificazioni corporee. E' in continuo aumento il tasso
di adolescenti che si suicidano. Tutti sintomi di un
disperato disprezzo per il corpo e per la vita.
Come a dismisura è diffuso il senso di apocalisse
planetaria, alimentato dai disastri ambientali, dalla
proliferazioni di epidemie e malattie simili alla peste,
dalla moltiplicazione di guerre e stragi ad ogni latitudine.
Ci sono sempre stati e sempre ci saranno giovani che
preferiscono la morte alla vita, il mito dell'eroe guerriero
e l'ideologia del martirio. Giovani che scelgono
l'avventura e il rischio, anche della vita, al posto di una
conformistica e quieta esistenza che si consuma nel
quotidiano. Per giovani menti confuse e incapaci di
vivere speranze e progetti, diventa una soluzione
combattere e fare un'esperienza bellica, non importa
dove e per chi. Imparare a morire è più facile che
imparare a vivere.
Distruzione delle opere d'arte: dov'è la novità?
L'ISIS è sicuramente composto da criminali sanguinari e
ingnoranti, il cui giusto destino è quello della tomba o
della galera. La distruzione che fanno di preziose
114
antichità di cruciale importanza storica è una specie di
genocidio della bellezza e della cultura. Però non
possiamo non ricordare che l'iconoclastìa è
un'invenzione tutta occidentale.
Non conosciamo il numero di templi pagani, abbattuti
dai romani. Nè possiamo ricostruire il numero di templi
romani azzerati per farli diventare chiese cristiane.
Anche i musulmani hanno dato il loro contributo alla
follìa, distruggendo le chiese per farle diventare
moschee. I cristiani poi non hanno mancato di abbattere
moschee per sostituirle con chiese. L'impero romano ha
costruito molto, ma ha raso al suolo intere città insieme
alle opera d'arte che contenevano. Il tempio di Salomone
e la città di Alessandria, non sono spariti per eventi
naturali. I tombaroli egiziani hanno sfregiato migliaia di
sepolcri e templi. I tombaroli italiani hanno depredato e
distrutto quasi tutta la storia etrusca.
Da Wikipedia16: "Numerosi riformatori protestanti, fra i
quali Huldrych Zwingli, Giovanni Calvino e Andrea
Carlostadio, incoraggiarono la distruzione delle
immagini religiose appellandosi alle proibizioni del
Pentateuco e ai dieci comandamenti; la venerazione
delle immagini era considerata alla stregua di un'eresia
pagana, una superstizione. Oggetto di tale azione furono
i dipinti e le statue ritraenti santi ma anche le reliquie, le
pale o retabli e i simboli. ...
Le prime distruzioni iconoclaste comparvero in
Germania ed in Svizzera, soprattutto a Zurigo (1523),
Copenaghen (1530), Münster (1534), Ginevra (1535), e
Augusta (1537). Con la predicazione di riformatori
16
www.wikipedia.org
115
calvinisti quali John Knox l'iconoclasmo raggiunse
anche l'intera Scozia nel 1559.
La Francia non fu risparmiata. La grande crisi
iconoclasta francese ebbe luogo durante le prime guerre
di religione nel 1562. Nelle città conquistate dai
protestanti, come Rouen (1560), Saintes e La Rochelle
(1562), gli edifici religiosi furono sistematicamente
saccheggiati e le decorazioni al loro interno distrutte. La
violenza fu tale che intere chiese andarono distrutte.
Monumenti prestigiosi come la basilica di San Martino a
Tours o la cattedrale della Santa Croce di Orléans
furono seriamente danneggiate e distrutte. L'abbazia di
Jumièges, la cattedrale di San Pietro di Angoulême e la
basilica di Santa Maddalena a Vézelay furono
saccheggiate."
In epoche più moderne, Napoleone ha derubato l'Europa
e l'Egitto di tutto quello che poteva. Hitler ha fatto lo
stesso, ma in più dava fuoco alle biblioteche ed a tutta
l'arte "degenerata". Si potrebbe osservare che il furto non
equivale alla distruzione, ma non sono poche le opere
sparite a seguito dei furti delle "civili" nazioni di Francia
e Germania.
Sempre Hitler ha fatto di tutto (senza riuscirci, per
fortuna) per bombardare la Cattedrale di Londra, e i
"liberatori" americani non hanno esitato a radere al suolo
l'Abbazia di Montecassino, fondata nel 525 da San
Benedetto da Norcia.
Donne rapite e violentate dai soldati: dov'è la novità?
L'orrore delle bande criminali nigeriane che rapiscono e
116
stuprano donne per poi farle diventare musulmane è
l'apice della disumanità. Ma non c'è niente di nuovo sotto
il sole. Basta ricordare quello che gli italiani delle
"colonie" facevano alle "faccette nere", o quello che gli
americani hanno fatto ad Abu Graib. Ma il ricordo che
dovremmo considerare incancellabile è quello delle
truppe franco-marocchine, durante la "liberazione"
dell'Italia dal nazi-fascismo. Il film "La ciociara" non è
solo una fantasia artistica.
Da Wikipedia17: "Il termine "marocchinate" viene usato
per indicare lo stupro di massa attuato dai goumier
francesi, inquadrati nel corpo di spedizione francese in
Italia (CEF), ai danni di alcune centinaia di individui di
ambo i sessi e di tutte le età durante la campagna
d'Italia della seconda guerra mondiale, avvenute in
particolare dopo la battaglia di Montecassino.......Le
stime ammonterebbero a circa 3.100 casi, come
riportato in una inchiesta italiana sottostimata per
difetto fino ai dati probabilmente inverosimili delle
50.000 denunce presentate entro la fine del
conflitto.....Nella seduta notturna della Camera del 7
aprile 1952 la deputata del PCI Maria Maddalena Rossi
(presidente dell'UDI) denunciò che solo nella Provincia
di Frosinone vi erano state 6.000 violenze da parte delle
truppe "Magrebine" del generale Alphons Juin.....
Lo scrittore Norman Lewis, all'epoca ufficiale britannico
sul fronte di Montecassino, narrò gli eventi: « Tutte le
donne di Patrica, Pofi, Isoletta, Supino, e Morolo sono
state violentate... A Lenola il 21 maggio hanno stuprato
cinquanta donne, e siccome non ce n'erano abbastanza
per tutti hanno violentato anche i bambini e i vecchi.
17
www,wikipedia.org
117
“I marocchini di solito aggrediscono le donne in due uno ha un rapporto normale, mentre l'altro la
sodomizza.” (Norman Lewis "Napoli '44")
Diverse città laziali furono investite dalla foga dei
goumier (truppe marocchine): si segnalano nella
Provincia di Frosinone le cittadine di Esperia, Castro
dei Volsci, Vallemaio, Sant'Apollinare, Ausonia,
Giuliano di Roma, Patrica, Ceccano, Supino, San
Giorgio a Liri, Coreno Ausonio, Morolo e Sgurgola,
mentre nella Provincia di Latina si segnalano le
cittadine di Lenola, Campodimele, Sabaudia, Spigno
Saturnia, Formia, Terracina, San Felice Circeo,
Sabaudia, Roccagorga, Priverno, Maenza e Sezze, in cui
numerose ragazze e bambine furono ripetutamente
violentate, talvolta anche alla presenza dei genitori.
Numerosi uomini che tentarono di difendere le proprie
congiunte furono uccisi o violentati a propria volta. Su
tutti, il caso del parroco di Esperia don Alberto Terrilli,
il quale cercò invano di salvare tre donne dalle violenze
dei soldati: fu legato e sodomizzato tutta la notte,
morendo due giorni dopo per le sevizie riportate."
Quanti magrebini e quanti francesi hanno pagato per
questo?
Uccisione di civili: dov'è la novità?
Fanno giustamente scandalo le carneficine che i
belligeranti di tutto il pianeta fanno dei civili. Nella
mente dei cittadini, le guerre si dovrebbero combattere
fra soldati. Nella realtà tutto il Novecento è stata una
118
macelleria indiscriminata di soldati, civili, e persino
operatori sanitari. Durante l'occupazione di Nanchino
(1937) l'esercito nipponico commise numerose atrocità,
come stupri, saccheggi, incendi e l'uccisione di
prigionieri di guerra e civili. Nonostante le uccisioni
fossero iniziate con la giustificazione di eliminare soldati
cinesi travestiti da civili, si ritiene che un gran numero di
innocenti siano stati intenzionalmente identificati come
combattenti nemici e giustiziati man mano che il
massacro cominciava a prendere forma. Tra le 300.000
vittime accertate, decine di migliaia furono bambini
innocenti, uccisi per divertimento, e gli stupri di donne e
gli omicidi divennero in breve la norma.
Il benpensantismo guerrafondaio ha inventato l' ipocrita
locuzione di "danni collaterali" per indicare gli
sgradevoli massacri dei non belligeranti. La seconda
guerra mondiale ha fatto 48 milioni di vittime civili fra
tutte le nazioni coinvolte, di cui 130.000 in Italia.
Nessuno può dimenticare Marzabotto, Sant'Anna di
Stazzema, le Fosse Ardeatine; nè le foibe. E' stato solo
l'odio verso il nazi-fascismo e la guerra che ha spinto gli
italiani ad applaudire i "liberatori" che fino a qualche
giorno prima radevano al suolo interi quartieri urbani,
con scuole, ospedali, chiese e case d'abitazione.
Secondo "Il libro nero dell’umanità" di Matthew White
del quasi mezzo miliardo di esseri umani uccisi nei cento
massacri più rilevanti, 315 milioni dipendono dalle
guerre, che assommano 49 milioni di soldati uccisi
contro i 266 milioni di civili. La media dei civili morti
durante le guerre è dell’85 per cento.
119
Sono famosi i massacri di My Lai in Vietnam e di Sabra
e Chatila, alla periferia di Beirut. Quelli in Cecenia e
quelli in Afghanistan. La guerra in Bosnia-Erzegovina ha
fatto vittime 31.270 soldati e 32.723 civili. Il massacro di
Srebrenica è stato un atto di genocidio e crimine di
guerra avvenuto durante la guerra in Bosnia ed
Erzegovina. Migliaia di musulmani bosniaci furono
uccisi l'11 luglio 1995 da parte delle truppe serbobosniache, nella zona di Srebrenica che si trovava al
momento sotto la tutela delle Nazioni Unite. I
bombardamenti della Nato su Belgrado e tutta la Serbia
(1999) durarono 11 settimane e uccisero 2.500 civili, con
la incostituzionale partecipazione dell’aviazione italiana.
Ma più recenti sono i massacri di civili in Ucraina e in
Siria. Numerosi incidenti con massacri di civili, sono
avvenuti in Afghanistan, Yemen, Iraq, Libia, Somalia,
Pakistan e Gaza. In Pakistan il “rapportateur” delle
Nazioni Unite si e’ sentito dire da fonti ufficiali che 330
attacchi di droni dal 2004 nelle aree tribali del nord ovest
del paese hanno provocato 2.200 morti, di cui 400 civili.
Secondo la New America Foundation di Washington, dal
2004 sono stati effettuati 350 raid, soprattutto sotto la
presidenza Obama. Il bilancio delle vittime sarebbe
compreso tra i 1.963 e i 3.293, di cui tra i 261 e i 305
civili. Un’altra organizzazione, la britannica Bureau of
Investigative Journalism, fornisce un bilancio tra i 3.072
e i 4.756 morti, di cui tra 556 e 1.128 civili, in Pakistan,
Yemen e Somalia.
Mutilazioni genitale femminili: dov'è la novità ?
La clitoridectomia era una pratica diffusa in Europa e
120
negli Stati Uniti, soprattutto durante la seconda metà
dell'Ottocento. Il dottor Isaac Baker Brown, fra i più
prestigiosi chirurghi-ginecologi d'Inghilterra, sembra
averne introdotto l'uso in quel paese, principalmente per
«curare» la masturbazione.
Dopo aver scoperto l'infondatezza delle sue
affermazioni, la maggior parte dei medici britannici
abbandonarono l'operazione dopo il 1867. Ma i medici
statunitensi continuarono a praticarla e vi acclusero
l'ovarectomia (ablazione delle ovaie). E. Wallerstein
scrive che migliaia di donne subirono questa operazione
fino al anni 1870. I dottori affermavano che l'escissione
curava le «deviazioni sessuali» quali la masturbazione e
la «ninfomania» (era impensabile che una donna perbene
potesse trovare piacere nei rapporti sessuali).
Dichiaravano che «l'eccitazione sessuale suscitata
dall'avviamento della macchina da cucire a pedale»
poteva far ammalare le donne. (Trovavano
probabilmente pericoloso anche il fatto che le donne
montassero a cavallo a gambe larghe.)
Dopo il 1880 l'ablazione chirurgica delle ovaie diminuì,
ma la clitoridectomia veniva ancora largamente praticata,
soprattutto per eliminare il lesbismo, sia che fosse reale,
oppure sospettato come tendenza, o che si trattasse
soltanto di un'avversione per gli uomini. Nel 1897,
affermando che «la sessualità della giovane donna non
risiede nei suoi organi sessuali», un chirurgo di Boston
dichiarava che l'orgasmo femminile era una malattia e
l'ablazione degli organi erettili quale la clitoride una
necessità.
Venne spesso eseguita negli ospedali
psichiatrici fino al 1935. Ancora nel Novecento i
medici
121
americani erano disposti a praticare persino
l'infibulazione per impedire alle femmine di masturbarsi.
Il libro di Holt, Diseases of Infancy and Childhood
(Malattie della prima e della seconda infanzia, 1936)
consigliava la cauterizzazione o l'ablazione della
clitoride per curare la masturbazione nelle ragazze. Fran
Hosken, che è stata la prima a rivelare le dimensioni del
fenomeno della mutilazione genitale femminile, cita un
numero del 1982 del «New National Black Monitor», un
supplemento domenicale in cui l'editoriale proponeva di
utilizzare la clitoridectomia e l'infibulazione per
eliminare l'attività sessuale prematrimoniale delle
adolescenti negli Stati Uniti. La studiosa Lilian Passmore
Sanderson scrive che entrambe le operazione sono
tutt'ora praticate negli Stati Uniti e in Europa.18 "In primo
luogo, alcuni medici hanno eseguito la circoncisione
femminile e/o la clitoridectomia ben al di là del
19°secolo, come trattamento per la masturbazione: a
dimostrazione, l’ultimo rapporto clinico che ho trovato
riguardante l’uso della clitoridectomia per il trattamento
della masturbazione nelle ragazze viene pubblicato negli
anni 1960." (Sarah Rodriguez19)
Si cadrebbe in errore se si pensasse che la MGF non sia
mai stata praticata nell’evoluto Occidente nell’era
moderna. Infatti un primo caso riportato in Europa dalla
letteratura medica risale al 1825, quando la prestigiosa
rivista medica LANCET segnalò che nel 1822 il chirurgo
tedesco Graefe aveva curato con la clitoridectomia un
18
19
www.kelebekler.com
www.tlaxcala-int.org/article.asp?reference=17435
122
caso di eccessiva masturbazione e ninfomania. In pieno
XIX secolo, dopo la segnalazione di questa episodio, si
ebbe un’ondata di escissioni clitoridee in Germania,
Francia, Inghilterra nella convinzione che alcune
deviazioni sessuali come la ninfomania e l’eccessiva
masturbazione con le conseguenti isteria, epilessia,
catalessi, malinconia fino alla pazzia, potessero venire
curate in quel modo.
Armi chimiche: dov'è la novità ?20
"...gettare veleno in forma di polvere sulle galee. Gesso,
solfuro d'arsenico triturato, e verderame in polvere si
possono lanciare sulle navi nemiche per mezzo di piccoli
mangani, e tutti coloro che respirando inaleranno la
polvere nei polmoni saranno asfissiati."(Leonardo da
Vinci)
"....Si considera condotta di guerra legittima riempire
proiettili con rottami di ferro che schizzano in tutte le
direzioni e uccidono nelle maniere più spaventose.
Perché un vapore velenoso che dovrebbe uccidere gli
uomini senza sofferenze deve essere considerato invece
illegittimo rimane incomprensibile. La guerra è
distruzione, e quanto più distruttiva la si rende con le
minori sofferenze, tanto prima terminerà quale barbaro
metodo di proteggere gli interessi nazionali. Non c'è
dubbio che col tempo la chimica verrà usata per
alleviare le sofferenze dei combattenti, e anche dei
criminali condannati a morte." (Lyon Playfair, 1854)
20
www.wikipedia.org
123
Un interesse generalizzato sull'uso dei gas velenosi si
manifestò nel 1899 alla conferenza dell'Aia con la
proposta di proibire i proiettili riempiti di gas asfissianti.
La proposta fu approvata, nonostante il solo voto
contrario degli Stati Uniti. Il rappresentante statunitense,
il capitano di marina Alfred Thayer Mahan, giustificò il
proprio voto col fatto che «L'inventiva degli americani
non può essere limitata nello sviluppo di nuove armi».
Il primo impiego su vasta scala avvenne nella Seconda
battaglia di Ypres (22 aprile 1915), quando i tedeschi
attaccarono le truppe francesi, canadesi e algerine con
gas di cloro. I morti furono pochi, ma gli intossicati
furono relativamente numerosi. Un totale di 50.965
tonnellate di agenti polmonari, lacrimogeni e vescicanti
furono impiegati dalle due parti su questo fronte, tra cui
cloro, fosgene e iprite. I rapporti ufficiali dichiararono
circa 1.176.500 casi di intossicazione non letale, e
85.000 vittime direttamente causate da agenti chimici
durante la guerra.
Nel 1920 gli arabi e i curdi della Mesopotamia si
ribellarono all'occupazione britannica; quando la
resistenza guadagnò forza i britannici ricorsero a
crescenti misure repressive, e lo stesso Winston
Churchill, nella sua veste di Segretario per le Colonie,
autorizzò l'uso di agenti chimici, specie iprite, sui ribelli.
Consapevole dei costi finanziari di una repressione,
Churchill confidava che le armi chimiche si potevano
impiegare con poca spesa contro le tribù mesopotamiche,
dicendo «Non capisco perché fare tanto gli schizzinosi
riguardo l'uso del gas. Sono fortemente a favore dell’im-
124
piego di gas velenosi contro tribù non civilizzate. Nel
1925 sedici delle maggiori nazioni del mondo firmarono,
nell'ambito della Terza Convenzione di Ginevra, un
protocollo inteso a vietare l'utilizzo dei gas tossici; gli
Stati Uniti lo ratificarono solo nel 1975.
Durante la guerra del Rif, nel Marocco occupato dalla
Spagna, fra il 1921 e il 1927 forze congiunte francospagnole lanciarono bombe all'iprite nel tentativo di
sedare la ribellione berbera.
Nel 1928 l'Italia fascista utilizzò gas asfissianti come il
fosgene e bombe caricate ad iprite per reprimere i ribelli
in Sirtica (Libia). Nel 1935 usò l'iprite ed altre armi
chimiche durante l'invasione dell'Etiopia nella guerra
d'Etiopia. Ignorando il Protocollo di Ginevra firmato il
17 giugno 1925 l'aviazione militare italiana, autorizzata
da Mussolini, ha utilizzato ingenti quantità di l'iprite,
fosgene, arsine.
Anche l'Unione Sovietica impiegò gas velenosi nel
periodo fra le due guerre: il comandante sovietico
Mikhail Tukhachevsky ricorse alle armi chimiche nel
1921 per sopprimere una rivolta di braccianti vicino
Tambov.
Durante la Seconda guerra sino-giapponese e la seconda
guerra mondiale, l'Impero giapponese utilizzò iprite e
lewisite contro le truppe cinesi. Durante questi attacchi, i
giapponesi utilizzarono anche armamenti batteriologici,
diffondendo intenzionalmente colera, dissenteria, tifo,
peste bubbonica ed antrace. Agli ordini del generale
125
Shiro Ishii, l'unità 731 fu incaricata di studiare e testare
armi chimiche e biologiche, violando il protocollo di
Ginevra che il Giappone aveva firmato nel 1925, nel
quale tali armi vennero messe al bando.
L'impiego dell'agente arancio contro il Vietnsm venne
approvato
durante
l'amministrazione
Kennedy,
l'amministrazione Johnson e quella di Nixon. Un
rapporto dell'aprile 2003, finanziato dalla National
Academy of Sciences, giunse alla conclusione che,
durante la guerra del Vietnam, 3181 villaggi erano stati
direttamente irrorati con erbicidi.
Il Vietnam fu bombardato con il napalm, sostanza
incendiaria che si incolla alla pelle e la ustiona; con il
fosforo bianco, che corrode i tessuti sino alle ossa; con
bombe a frammentazione, le cui schegge esplodono in
ogni direzione; e con 73 milioni di litri di agenti tossici,
tra cui 43 milioni di litri del diserbante. L'Associazione
Vietnamita delle Vittime dell'Agente Arancio e della
Diossina (Vava) ha dichiarato che oltre 4,8 milioni di
persone nel Paese sono state contaminate dall'erbicida e
che, fra queste, tre milioni circa sono morte a causa degli
effetti dell'Agente Arancio.
126
Stato e violenza
Mircea Meti
Quasi tutti gli stati nazionali sono nati con la violenza. I
legami territoriali naturali sono sempre nati in territori di
piccole o medie dimensioni. Nella maggioranza dei casi
(Italia compresa) gli stati nazionali hanno visto
l'aggregazione progressiva di territori limitrofi mediante
guerre, violenze, espropri, o matrimoni gestiti da poteri
forti guidati da condottieri, re, imperatori, papi.
La violenza è la cifra decisiva del potere degli Stati. Non
è un caso se ad accogliere i capi degli altri Stati, ci sono
sempre i plotoni di militari armati fino ai denti, invece
che gli artisti e gli artigiani. Non è un caso, se ogni
occasione è buona per fare sfilare nelle città i reggimenti
e i carri armati, invece che i medici, gli insegnanti e i
pompieri. Non è un caso, se gli Stati che possiedono le
armi atomiche se le tengono strette e fanno di tutto per
impedire che altri Stati se ne dotino. Non è un caso, se le
graduatorie degli Stati si basano sulla violenza del potere
economico (il famigerato PIL) e non sulla decrescita dei
crimini, l'aumento della scolarità, la riduzione delle
malattie e la felicità dei cittadini.
Pochi stati moderni sono nati da federazioni scelte
liberamente; e nessuno Stato prevede procedure semplici
per la rescissione del patto federativo. L'indipendenza di
regioni interne ad uno Stato è universalmente considerata
illegale. E lo è, dal momento che nessuno Stato dispone
di leggi che consentano l'indipendenza. Gli Stati
diventano cantori della legalità, quando la loro unità è
messa in discussione. Malgrado il fatto che essi sono
127
sempre i primi trasgressori della legalità che impongono
ai sudditi (con al violenza o con le omissioni).
Nessun contratto è legale se non prevede una clausola
rescissoria. Il matrimonio prevede il divorzio. Il
sacerdozio può essere abbandonato. Non esiste
associazione volontaria che non preveda una qualche
modalità di dissociazione. Il solo patto che non è
estinguibile legalmente è quello che lega i territori e i
cittadini allo Stato.
L'unità nazionale è la versione legale del colonialismo
territoriale. La cittadinanza è la formula moderna della
medievale servitù della gleba. La chiamano cittadinanza,
ma è mera sudditanza. Per un cittadino è impossibile
rinunciare ad una cittadinanza se non assumendone (con
enormi difficoltà) un'altra. Nell'epoca moderna,
possiamo abdicare da ogni ruolo, ma non a quello di
suddito.
Tutti gli Stati detengono il monopolio legale della
violenza. La violenza dello Stato è a priori sempre
legale, e deve esserne provato l'abuso; la violenza dei
sudditi è sempre illegale, e deve esserne provato l'uso
legittimo. La legalità è ciò che lo Stato impone ai
cittadini con la violenza; lo Stato è al di sopra delle sue
stesse leggi.
In Europa, in Africa, in Asia e persino in America del
Nord sono centinaia i territori che sognano
l'indipendenza. In Medio-Oriente, la Palestina combatte
da quasi un secolo. Il Tibet lotta da 90 anni. La Cecenia
ha affrontato 20 anni di guerra, come Timor Est. Il
popolo Tamil ha combattuto per 25 anni. Il sud-Tirolo,
l'Irlanda del Nord, i Paesi Baschi non hanno esitato a
128
ricorrere al terrorismo per il loro progetto
indipendentista. Il Sudan del sud c'è riuscito dopo una
guerra civile micidiale. La Cecoslovacchia è l'unico Stato
che si è diviso in due senza colpo refire.
Questi movimenti sono la prova vivente del peccato
originale degli Stati costruiti sulla violenza. E sono
l'annuncio del tramonto prossimo venturo degli Stati
nazionali. Come gli Stati sono nati da aggregazioni
forzate con la violenza, il loro futuro sarà sottomesso alla
violenza degli imperi o delle federazioni sovra-nazionali.
Già se ne vedono i segnali nella giovane Unione
Europea.
129
LE SCIENZE SOCIALI
OGGI
130
La psicologia dei films, dei serial e dei
reality shows
Il grande influenzatore
Guido Contessa
I films, i serials e i reality shows sono finzioni. Non
rispecchiano necessariamente la realtà, ma il modo di
vedere il mondo del regista, dello sceneggiatore, degli
attori. O meglio, il modo di vedere il mondo che il
regista pensa appartenga allo spettatore. In ogni caso, la
finzione rappresenta una parte del mondo e influenza
indirettamente il modo di pensare e vivere dei fruitori. In
questo senso, lo spettacolo è uno dei più potenti
influenzatori della storia. Sottoposti a centinaia di ore di
spettacolo in tv, sul computer, al cinema o a teatro, lo
spettatore tende a riprodurre i comportamenti, i
sentimenti, i caratteri che vede. Naturalmente l'offerta di
spettacoli è talmente vasta che è impossibile considerarli
a senso unico. Ci sono moltissime eccezioni, ma esiste
anche una corrente maggioritaria che può essere
considerata come l'influenzatore sociale dominante.
Donne, uomini e adolescenti
Le serie di CSI, Law and Order, e Criminal Minds sono
da anni il paradigma del genere poliziesco. Godono di
sceneggiature impeccabili e ottimi attori, ma da più di
vent'anni fanno circolare una immagine di donna, uomo
e adolescente molto discutibile. In centinaia di episodi è
raro vedere qualcuno che ride, comunque mai nessuno
dei personaggi principali. I personaggi femminili sono
131
sempre solo duri, violenti, depressi. I personaggi
maschili tormentati e problematici. Quelli adolescenti
solo bizzosi, ribelli, volgari. Nessuno può essere debole
o superficiale o di buon umore. La presunzione di
innocenza per i nostri eroi non esiste: maltrattano
chiuque sia solo sospettato di qualcosa. Se il sospettato
non commette reati, viene comunque disprezzato per i
suoi gusti non convenzionali. I testimoni sono apprezzati
solo se accettano di rischiare la vita. Essere una vittima
invece, per gli investigatori, non è possibile. In ogni
caso, quasi mai nessuno segue gli ordini o le regole:
l'imperativo dell'obbedienza e della legalità vale solo per
gli altri.
Dopo cento puntate di questi serials tutti siamo pronti a
fare i giustizialisti, gli individualisti, i moralisti. E ad
essere perennemente "incazzati" o depressi.
Relazioni interpersonali
Quasi tutti i personaggi hanno pesanti problemi
relazionali e affettivi. Di solito a causa di famiglie
disastrate o odiatissime. Gli unici familiari per i quali
l'eroe si sbatte davvero sono i famigliari morti
prematuramente. Le relazioni abituali nei servizi di
famiglie affidatarie sono basate sulla violenza, lo strupro
e la pedofilia. Nelle carceri tutti violentano tutti, in barba
alla legalità che viene sempre citata come una dea.
Il dialogo fra i sessi è generalmente bandito. Un partner
dice qualcosa di sgradevole, e l'altro non discute: se ne
va. E' raro che un battibecco superi le 2/3 battute.
Le relazioni devono puntare alla fedeltà o al matrimonio
132
fin dal primo bacio. In genere, se è lui che dopo un bacio
cambia aria è perchè è un puttaniere; se è lei invece è
perchè è fragile e "curiosa della vita". La gelosia è un
sentimento sano e normale, che giustifica quasi ogni
comportamento.
Il sesso si pratica rigorosamente nella sola posizione del
"missionario". Dopo gli anni novanta, i nudi sono spariti
dallo spettacolo, se non in specifiche nicchie come i
locali di lap dance. Quando la lap dance viene fatta per
uomini, l'atmosfera è viscida e peccaminosa; quando
viene fatta per donne è sempre una festa gioiosa. Il
matrimonio non è quasi mai un asciutto gesto in
Comune, ma uno tsunami di doveri e tradizioni. Gli unici
matrimoni semplici sono quelli fra ubriachi a Las Vegas.
Viste cento ore di questi tipi di relazioni amorose, ogni
spettatore è pronto per una infelice vita relazionale.
Dialoghi
Di cosa si parla, nello spettacolo? I protagonisti parlano
di sè, dell'uno dell'altro o del nulla. Quindici persone
stanno su un'isola deserta per mesi e neppure per sbaglio
capita che si mettano a discutere di politica, di arte, di
musica, di sport o di attualità. I dialoghi raramente
superano le 300 parole. Si possono fare films di 90
minuti, polizieschi di 100 puntate, mesi di reality shows
con un vocabolario che sta tutto in 5 pagine. Nei reality
shows la frase clou è sempre la stessa: "...vivo una
grande emozione". Detta decine di volte a puntata e in
decine di varianti.
133
Cento ore di queste "torture" spingono la platea ad una
vita nell'analfabetismo.
Divertimento
Droghe, alcol e sghignazzi sono l'unica, vera forma di
divertimento che viene rappresentata. Per i giovani
studenti, ma anche per adulti. Quando appare la voce
"divertiamoci" non ci si riferisce mai alla visita a un
museo, o ad una partita di scopetta. C'è sempre di mezzo
un'orgia (che però si intuisce solo), un tiro di coca o un
fiume di birra: il tutto condito con battutacce da caserma.
Negli spettacoli americani è difficile che un attore dica
una battuta senza sorseggiare una birra o del whisky:
però non può fumare perchè si sa, il fumo è dannoso.
Negli spettacoli europei o italiani è invece normale il
fumo collettivo di cannabis. Altri "divertimenti"
frequenti? Quelli a rischio mortale o quelli dove
qualcuno viene pestato o violentato. Il massimo per un
matrimonio è la festa di addio al celibato o nubilato. Un
rito idiota che, insieme ad Halloween, ha colonizzato il
pianeta.
Dopo 100 ore di questi divertimenti ogni persona sana
inizia a desiderare la solitudine del deserto.
134
Le persone non interessano più
Psicologia del lavoro nell'evo immateriale
Guido Contessa
Nell'Era dell'Occidente vittorioso e dello sviluppo
dell'idea europea, dobbiamo constatare una tragica
verità: le persone non interessano più. Anzi, sono un
fastidioso ostacolo alla soluzione della crisi economica.
I bambini vengono stritolati da città per loro invivibili. I
giovani sono relegati nel limbo di Fonzie fino ai 35 anni.
Gli anziani vengono rinchiusi nei lager. I malati cronici
gravi e le loro famiglie sono lasciati al destino delle
apparizioni televisive, di protesta o di raccolta fondi.
Tutti gli utenti delle buro-corporazioni (grandi imprese
ed enti pubblici) sono trattati come servi, vessati,
ignorati, maltrattati, spennati.
Naturalmente, se certe categorie di soggetti non
interessano, poco interessano le organizzazioni e gli
operatori che se ne occupano. I servizi educativi e gli
spazi ludici per i i minori sono delegati alla Chiesa o ai
simil-Gardaland. Le scuole e le università sono l'ultima
preoccupazione della politica e dell'opinione pubblica,
che si allarma solo quando cade un soffitto o due maestre
d'asilo picchiano i bambini. Le cosiddette "case di
riposo" o "comunità alloggio" subiscono molti meno
controlli delle gelaterie e dei caldarrostai. Per i malati
cronici e le loro famiglie lo Stato delega ai simil
Telethon.
Di conseguenza, coloro che lavorano nelle strutture, nei
servizi, nelle organizzazioni per le persone sono un misto
135
di eroici martiri, pseudo-volontari sfruttati, nevrotici
sfibrati dal burn-out e cinici speculatori. I professionisti ?
Una minoranza, sottopagata, svalutata e maltrattata. Due
esempi per tutti.
1. Qualcuno stima in circa 800.000 gli assistenti familiari
o badanti (altri elevano il dato a 1.600.000). Si tratta di
un lavoro perlopiù in nero e senza garanzie, affidato in
maggioranza a operatori stranieri. Aggiungendo a questa
cifra i collaboratori familiari (colf) e le baby sitters, gli
operatori con qualche contratto e quelli in nero,
arriviamo facilmente a 2.000.000 di persone che si
occupano per lavoro di persone. Molte di queste sono
brave donne dell'est europeo o del sudamerica, che
magari sanno cucinare bene solo la zurek (minestra di
farina di segale acida) o il ceviche (ricetta a base di pesce
o/e frutti di mare crudi e marinati nel limone, con
peperoncino e coriandolo), e conoscono tre parole
d'italiano. Magari nel loro paese sono ingegneri nucleari
o architetti, ma qui si curano di bambini ipercinetici o
anziani con l'alzheimer. Molte baby sitters sono
sedicenni brufolose, innamorate della rokstar di turno, e
attaccate al telefonino. Altre sono studentesse di
matematica, con la mente sul teorema di Fermat, e le
prossime vacanze a Ibiza. Intanto si occupano di minori
di ogni età.
Per fortuna in Italia le persone non interessano più,
quindi due milioni di lavoratori stranieri o precari
possono aiutare le loro famiglie o pagarsi i vizietti.
2. Dalla Rete sappiamo che in Italia esistono 395 agenzie
di animazione censite e si stima che ve ne siano un altro
136
centinaio ‘sommerse’. Ci sono anche le grandi catene
turistiche e le compagnie navali, che raccolgono
animatori direttamente. Poi ci sono quelli dei campeggi e
centri estivi di enti locali, parrocchie e dopolavoro
aziendali. Possiamo stimare che gli animatori in servizio
stagionale siano intorno alle 50.000 unità, la maggior
parte dei quali si occupa di relazioni interpersonali e di
gruppo, e una discreta percentuale di bambini e
adolescenti (perlopiù donne). Chi sono queste animatrici
per minori? In parte le stesse persone che fuori stagione
fanno le baby sitters, oppure aspiranti attrici, studentesse
di educazione fisica o del liceo artistico, brave ragazze
che si distribuiscono fra il recinto chiamato non a caso
"baby parking" e le prove degli agghiaccianti spettacolini
notturni -tipo rivista oratoriana-, cui sono obbligate per
contratto. Cosa sanno fare ? Niente di particolare. Le più
attente riescono ad evitare che qualche bambino si faccia
male, le altre arrivano ad insegnare le canzoncine "da
falò". Indirettamente e inconsapevolmente educano e si
prendono cura di bambini a loro affidati, con obiettivi
ignoti che nessuno saprà mai.
I due casi non sono i soli. Qual è la qualità degli
operatori nei centri per immigrati? E nelle comunità per
tossicodipendenti ? Nelle case-famiglia dei minori in
difficoltà? E nei centri per disabili?
In Italia, se vuoi vendere coni gelato devi avere una
licenza, fare un patentino, iscriverti alla Camera di
commercio, subire i controlli dei NAS, osservare orari e
norme igieniche incise sulla pietra. Se invece vuoi
occuparti di bambini, a casa o in vacanza, malati cronici
o anziani, basta che tu abbia buona volontà.
137
Nessun diploma obbligatorio, nessuna organizzazione
garante, nessun controllo igienico, mentale o di qualità.
Nessuna associazione professionale, nessun codice
deontologico, nessuna formazione permanente o
superivisione. Ovviamente, nessuna assicurazione se ti
ammali, nessuna pensione, nessuna vacanza garantita.
Ogni tanto, una badante deruba l'anziano affidatole. Una
baby sitter o un'animatrice fa addormentare i bambini
con una goccia di sonnifero. Una "volontaria" lega i
degenti di una casa di riposo al letto e lo riempie di
insulti. Una "maestra" d'asilo pesta il disabile. Un
operatore insulta un disabile.
Nessuno pensa al burn-out, recrimina sui sistemi di
selezione, sul'assenza di controlli assidui, sull'inesistenza
di organizzazioni professionali di garanzia per gli
operatori e tutela per gli utenti. Ma tant'è. le persone non
interessano più.
138
Gli psicologi della domenica
Ektor Georgiakis
Nessuno può uccidere nessuno. Mai. Nemmeno per
legittima difesa.
Il dibattito sulla difesa armata dei cittadini ha messo in
luce una serie di argomenti che attengono alla psicologia
dilettantistica, tipica dei mass media. Non parliamo qui
della ragione o del torto. Parliamo piuttosto dei
ragionamenti che sembrano buoni ma sono
semplicemente infondati. Invece di discutere su cosa
possiamo fare per azzerare gli attacchi a case e negozi e
l'autodifesa armata, magari con nuove leggi su pene certe
e veloci, più forze dell'ordine, più controllo del territorio,
più benefici verso i sistemi anti-intrusione gli psicologi
della domenica pontificano sulla irrazionalità delle
percezioni, arrivando di fatto a colpevolizzare le vittime.
Il primo argomento usato da quelli che deplorano la
difesa armata è che essa deriva da una "percezione di
insicurezza" che non trova fondamento nei dati statistici,
i quali dimostrerebbero che le "rapine", i "furti" e gli
"omicidi" sono diminuiti negli anni.
La prima obiezione a questo ragionamento è che solo la
riduzione vicina allo zero dei delitti potrebbe diminuire
la "percezione", perchè è irrazionale dire a chi ha subito
28 rapine in pochi anni o a chi è morto ammazzato in
casa che non deve allarmarsi perchè il fenomeno è in
diminuzione. La seconda obiezione riguarda l'ambiguità
dei dati statistici utilizzati. Quando le rapine avvenivano
139
nelle banche, contro i furgoni blindati, alle poste o nei
villoni dei miliardari, impaurivano meno la popolazione
perchè le considerava reati diretti ad aree circoscritte,
quasi a soggetti "addetti ai lavori" che avevano i mezzi
per difendersi. Sarebbe utile sapere se negli ultimi anni
sono o no aumentate le rapine contro poveracci, nelle
case di lavoratori, pensionati o della piccola borghesia.
Questa categorie si allarmano, anche perchè non
dispongono di mezzi come antifurti, telecamere, guardie
armate e allarmi in collegamento diretto con le forze
dell'ordine.
Le statistiche relative alla diminuzione dei furti semplici
o degli scippi sono fatte sulla base delle denunce? Forse
sì, ma allora non tengono conto delle centinaia di furti,
borseggi, scippi che non vengono più denunciati. Perchè
le denunce, quando non sono obbligate dalla perdita di
documenti, non portano ad altro che a una perdita di
tempo: i colpevoli non vengono quasi mai arrestati, il
bottino mai restituito.
Ma, per amore di discussione, ammettiamo pure che si
tratti "solo" di una questione di "percezione". Gli
psicologi della domenica hanno perso il primo capitolo
di ogni libro di psicologia, dove avrebbero imparato che
tutto il comportamento umano deriva dalle "percezioni" e
dalle "emozioni", non dall'analisi razionale.
La retorica politica e dei mass media si fonda sulle
percezioni: nessuno vota sulla base di argomenti
razionali. Il tifo calcistico, la fede religiosa, gli affari
della finanza si basano su percezioni ed emozioni. Come
mai i dilettanti psicologi non definiscono "percezioni
140
irrazionali" il voto dato o negato ai partiti? Come mai
non stigmatizzano le percezioni dei tifosi sportivi, dei
fedeli del Papa, di quelli che comprano o vendono in
Borsa? Evidentemente questi "esperti" non hanno mai
sentito parlare nè dell'effetto placebo nè degli
ipocondriaci in medicina: la prima "percezione" fa
guarire anche da disturbi seri; la seconda porta alla
malattìa.
Basti per tutti un esempio eclatante. Ipotizzo che le
statistiche, se ci fossero, dicano che le aggressioni e gli
omicidi di politici, giudici e imprenditori sono molto
diminuite dagli anni settanta ad oggi. E allora come mai
tutti i membri dell'oligarchìa girano con frotte di guardie
del corpo, spesso armate fino ai denti? Secondo gli
psicologi dilettanti, anche loro sono eccitati da
"percezioni irrazionali", ma non hanno il coraggio di
dirglielo.
141
Psicosociologia del velo islamico
Guido Contessa
La questione del velo islamico è la più palese
dimostrazione del razzismo, dell'intolleranza e
dell'ipocrisia occidentale. Quando si discute della moda
femminile islamica è tutto un lamento sulla "mancanza di
libertà", sulla "mortificazione", sulla "umiliazione" delle
donne.
Quando si tratta di discutere della moda occidentale,
l'opinione prevalente è che ogni donna ha diritto di
vestirsi "come vuole" e di fronte a scelte piuttosto
stravaganti le donne rivendicano la libertà di abbigliarsi
in un certo modo perchè "è così che si piacciono".
Le donne occidentali considerano se stesse "libere" di
abbigliarsi a piacere, e non pensano di essere asservite
alla "moda"; mentre considerano le donne islamiche
"asservite" a regole religiose di abbigliamento, e non
pensano che si vestono a modo loro per scelta.
L'influenza del mercato e della moda è considerata
libertà, mentre l'influenza religiosa e culturale è
considerata schiavitù. Il prevalere della razionalità sul
razzismo, l'intolleranza e l'ipocrisia si fonda sulla ricerca
di argomenti storici e psicosociali, come i seguenti.
1. Le donne educano i figli
In tutte le culture l'educazione della prole grava
primariamente sulle donne. Le quali educano figli e
figlie non solo con regole dirette di abbigliamento, ma
142
anche con giudizi sui modi di abbigliarsi e comportarsi
visti in strada, su riviste e sui mass media. L'accusa alla
cultura "maschile" che governerebbe la moda islamica,
ignora il ruolo della donna nell'educazione delle
femmine come dei maschi. Ma anche riconoscendo il
ruolo maschile come limitatore della libertà della donna
islamica, non possiamo negare che i modi abbigliarrsi,
truccarsi e muoversi della donna occidentale siano molto
influenzati dal mercato della moda, dai modelli
mediatici, come dal desiderio maschile.
2. Il copricapo occidentale
Molte donne occidentali ancora oggi indossano un velo
quando entrano in una chiesa. E nessuno definisce questo
atto una "umiliazione" della donna. La gran parte delle
suore ha il capo coperto da un velo o una cuffietta e
nessuno pensa a questa condizione come una
"mortificazione" della femminilità. Le hostesses di volo,
le operatrici della ristorazione, le addette alla sala
operatoria, le donne soldato indossano foulards, cappelli,
bustine ed altri copricapo senza che nessuno parli di
"mancanza di libertà".
Fino agli anni cinquanta, specie ma non solo in
Meridione, era normale vedere donne con velo e vestito
nero. Negli anni sessanta, la maggior parte delle donne
non considerava la minigonna come un segno di
liberazione, ma come un indizio di "prostituzione".
3. Libertà o influenza del contesto
Il razzismo è evidente quando si assegna alle donne
143
occidentali una presunta "libertà", e alle donne arabe una
presunta "soggezione" nello scegliere come abbigliarsi,
truccarsi e comportarsi. Le donne occidentali sarebbero
liberate, le donne musulmane sarebbero povere vittime
asservite. Possiamo invece affermare che le donne, ad
ovest come ad est, siano in parte libere di scegliere e in
parte influenzate o sottomesse al contesto, macro e
micro-sociale, in cui vivono?
Il contesto macro-sociale in occidente è costituito
dall'industria della moda, dai mass media e dallo star
system; nel medio-oriente prevale invece il contesto
tradizionale, culturale e religioso. Il contesto microsociale in occidente è dato dalla scuola, dal gruppo dei
pari, dalla competizione; nel medio.oriente è dato
piuttosto dalla famiglia e dal territorio. E' possibile che
una donna islamica vestita all'occidentale in medio
oriente venga mal giudicata, criticata, emarginata dalla
famiglia o dai vicini di casa. Allo stesso modo in cui una
ragazza del liceo vestita da educanda sarebbe mal
giudicata, irrisa, emarginata dai compagni di classe e
dagli amici di discoteca.
4. La bellezza e la comodità del mistero
Le donne occidentali espongono vistosamente viso e
corpo, e danno grande importanza al trucco, agli
accessori, all'abbigliamento. Il prezzo di questa libertà è
una gran quantità di nevrosi legate ai difetti fisici, al
mostrarsi in disordine, al non possedere capi firmati, al
peso e alle forme. Viso e corpo sono mostrati, e
diventano un incubo quando non sono belli o addirittura
perfetti. La proliferazione della chirurgìa estetica e del
144
fitness, e l'enormità dei fatturati dell'industria cosmetica
e della moda, sono una prova evidente delle nevrosi
dovute alla visibilitàdel viso e del corpo.
Le donne musulmane preferiscono, in pubblico, coprire
il corpo con tuniche informi, il capo con veli e in alcuni
casi (minoritari) anche il viso o addirittura gli occhi. I
vantaggi di questa "mortificazione" sono tanti. Nessuno
sa se una donna ha brutti lineamenti, capelli non curati,
cellulite, seni cadenti, peli o chili di troppo: quindi
nessuna donna può sentirsi socialmente inadeguata.
L'industria della moda è marginale e assume importanza
solo per i ceti più abbienti ed emancipati. Nessuna donna
musulmana si può sentire "fuori moda".
Una donna "chiacchierata" non può essere segnata a vista
quando fa la spesa, perchè nessuno la può vedere. Gli
uomini vivono di immaginazione e tutte le donne
possono essere abbellite nella fantasia.
145
146
Psicosociologia dell'immigrazione
Adamus
Il contesto influenza gli individui
Nessuno si sogna di entrare in una chiesa in costume da
bagno o in topless.
Nessuno si permette di inziare un dibattito ad alta voce,
durante un concerto di musica sinfonica.
Nessuno si mette a leggere un testo religioso in
discoteca.
Nessuna coppia si bacia e si lancia in effusioni
sessuali, all'interno di un supermercato.
Nessun tifoso urla di entusiasmo quando la squadra, i cui
sostenitori lo circondano, subisce un gol.
Non è necessario che ci siano cartelli ammonitori. Lo
sappiamo intuitivamente. Ce lo dice una voce dentro, e
se non basta, ce lo dicono gli osservatori che esprimono
svalutazione, biasimo e riprovazione, o arrivano ad
azioni repressive.
Il comportamento individuale è evidentemente
influenzato dal contesto ambientale (l'ambiente fisico),
culturale (le credenze e conoscenze dominanti),
relazionale (la trama dei legami affettivi).
Esenti da questa influenza del contesto sono solo i
bambini molto piccoli e gli psicotici: coloro che si
comportano totalmente "a prescindere". Gli individui
normali adulti oscillano fra un atteggiamento alloplastico
(cambiare il contesto secondo i propri bisogni) ed uno
autoplastico (adattarsi alle richieste del contesto).
147
La socialità e le relazioni seguono la stessa ricerca di
equilibrio fra adattare o adattarsi.
Ci sono contesti più rigidi, meno mutevoli, più
tradizionalisti, meno disposti a sopportare le eccezioni
individuali, e contesti più aperti al nuovo ed al diverso,
più elastici, più propensi ad accettare e stimolare la
divergenza. Ci sono soggetti del tutto conformati al
contesto (in genere, la maggioranza) e soggetti
tendenzialmente refrattari, che appartengono a
minoranze o restano isolati.
La politica è in sostanza la lotta per il controllo del
contesto: agire perchè vada dove spero, in modo da
trovarmi al suo centro o meglio, al suo vertice.
L'insieme è diverso dalla somma delle parti
Proprio perchè il contesto influenza l'individuo,
possiamo dire che l'insieme è diverso dalla somma delle
parti. Se togliamo il soggetto dal suo contesto abituale, lo
vediamo diverso. Se cambiamo il contesto in qualche
componente (magari con una riforma o una rivoluzione)
osserviamo gli individui cambiare.
Tutti sanno che due amici/amiche smettono di esserlo
quando nei loro contesti entra un o una partner. Ogni
coppia cambia, quando nasce un erede. Molte famiglie si
sfasciano, dopo la morte di uno dei membri.
Legare una sostanza o un soggetto A con una sostanza o
soggetto B, significa creare un miscuglio, un ibrido, un
mix che mantiene qualche carattere di A e B, ma è nuovo
148
e diverso rispetto a entrambi. Un insieme è sempre un
processo di cambiamento dei componenti. La bontà e la
bellezza dell'insieme dipendono dal tipo di legame che si
instaura fra i componenti. Creare un insieme fra soggetti
equivale a trasformarli. Ogni insieme è simultaneamente
una perdita e una nascita. L'insieme getta nel ricordo il
passato di ogni componente e lo concentra sul futuro.
Entrare in un insieme o uscirne; creare, scindere o
distruggere un insieme: si tratta di eventi che influenzano
il destino dei componenti e richiedono coscienza,
conoscenza e sapienza. Se non si vogliono catastrofi e
tragedie, devono essere eventi liberamente e
consapevolmente scelti, gestiti con tutte le possibili
conoscenze e con la massima saggezza.
Un esempio semplice e noto a tutti è la gastronomia.
Praticamente non c'è ricetta che non sia un insieme. Ogni
ingrediante può essere in sè perfetto, ma la bontà dipende
dal contesto in cui si inserisce: tipo di pentola, sistema e
tempo di cottura, percentuali di ciascun componente,
sapori aggiunti, presentazione. Realizzata la ricetta, gli
ingredienti lasciano solo una traccia: l'insieme è diverso
dalla somma delle parti. Può essere diverso e ottimo, ma
può essere diverso e pessimo. Può essere sbagliato il
contenitore di cottura oppure il modo di cottura (fuoco,
vapore, crosta, forno elettrico) oppure il tempo (stracotto
o semicrudo). Possono essere sbagliati la presentazione,
le percentuali dei componenti: troppo o poco sale, troppo
o poco olio, troppo panna o farina, poca carne e troppo
pepe. pochi gamberi e troppa maionese. Un insieme
trasforma i suoi componenti, ma richiede una grande
149
dose di coscienza, conoscenza e sapienza per diventare
un successo.
Soluzioni diverse al problema degli insiemi
Nella storia, abbiamo inventato molti strumenti per
gestire gli insiemi umani, con componenti molto
differenti fra loro. Sia a livello di comunità e società, sia
a livello di coppia.
Il primo è l'ospitalità amicale o solidale (pellegrini). Il
suo carattere è la breve durata e la massima attenzione
fra ospite e ospitante. L'ospitante non fa dormire l'ospite
per terra o all'addiaccio, gli offre il meglio da mangiare e
da bere, lo tratta con rispetto. L'ospite non si comporta
come a casa sua, non esige, non disturba e magari
ricambia in qualche modo.
Nei rapporti di coppia esiste qualcosa di simile, dove
l'insieme temporaneo è centrato solo sulla massima
soddisfazione reciproca.
Il secondo strumento di gestione di un insieme fra diversi
è il commercio/turismo. Il carattere principale è lo
scambio economico: soldi contro merci o servizi. Il focus
di questo insieme è la corrispondenza e l'equità dello
scambio: ogni soggetto deve vedere soddisfatte le sue
esigenze. Nei rapporti di coppia questo insieme
corrisponde alla prostituzione esplicita (sesso contro
soldi) o implicita (sesso contro trattamento generoso).
Il terzo strumento è quello del ghetto o dell'apartheid.
Questo insieme non miscela ma affianca. I componenti
150
stanno nello stesso territorio ma vivono separati. E' stato
usato a Venezia, a Praga, negli Usa, in Russia, in
Sudafrica: cioè dalla cultura occidentale. Poco sappiamo
di ghetti a Bagdad, al Cairo, a Nuova Dehli o a Pechino.
Negli insiemi di coppia questo strumento è usato negli
ambienti separati come spiagge, moschee, scuole, bagni
pubblici.
Il quarto strumento, antichissimo, è la schiavitù. Tutte le
civilizzazioni sono cresciute su insiemi schiavo-padrone.
Lo schiavo è posseduto dal padrone che lo usa per lavori
faticosi o sgradevoli, lo paga pochissimo o niente del
tutto, lo tratta come un oggetto. In epoche precedenti la
schiavitù nasceva da atti di forza, come guerre o
rapimenti. In epoca moderna (cioè dal Novecento ad
oggi) la schiavitù nasce da migrazioni volontarie. I
migranti vengono attratti con promesse a volte vere (più
spesso false) per alimentare un esercito di riserva del
lavoro, che rimpiazzi i lavoratori autoctoni a costi minori
e minori diritti; oppure per foraggiare l'impresa illegale
in agricoltura, nel commercio e nei servizi; oppure
ancora per sostenere le organizzazioni criminali
(prostituzione, spaccio, furto).
Negli insiemi di coppia la schiavitù assume l'aspetto
della servitù, dove un componente, solitamente la donna,
è trattata come come cameriera.
Il quinto strumento è l'assimilazione, che consiste
nell'obbligare alcune componenti dell'insieme a diventare
come quelle che detengono il potere. L'idea è: stiamo
insieme, ma tu devi diventare come me. L'assimilazione
è il paradigma dell'impero attuale d'Occidente,che chiede
151
a tutti i Paesi di diventare uguali ad esso. E' lo stesso
paradigma espresso a gran voce da molti italiani: gli
stranieri che vengono da noi devono diventare come noi.
Nelle coppie lo strumento è quello che spinge i membri a
diventare uguali nell'abbigliamento, nella cura del corpo,
nei gusti alimentari, nei passatempo, nelle fedi sportive e
politiche.
Il sesto strumento è il più difficile: l'integrazione.
L'insieme si sforza di creare un propria nuova cultura,
rispettando le diversità ma lasciando nel passato molte
peculiarità. In questo insieme i componenti devono
cambiare, accettando che il legame possa produrre molte
novità. I gruppi che si integrano non perdono i loro
caratteri ma accettano di farli evolvere insieme, per
creare un nuovo insieme.
A livello di coppia questo è quello che si chiama amore.
Qui 1+1 non fa mai 2 ma 3. L'io e il tu restano, ma
vengono assorbiti da un noi che espande entrambi.
I DIVERSI MODI DI RELAZIONE
OSPITALITA' - Vieni a casa nostra durante il weekend:
sarai trattato come un re.
TURISMO - Vieni questa estate nella nostra villa al
mare: 50 euro a notte.
APARTHEID - Possiamo affittare la stessa casa: basta
che ciascuno usi solo i suoi spazi.
SERVITU' - Ti ospito a casa mia: in cambio devi fare le
pulizie, cucinare e rifare i letti.
152
ASSIMILAZIONE - Sei il benvenuto a casa: basta che
voti per il mio partito e fai il tifo per la mia squadra.
INTEGRAZIONE - Vieni a vivere da noi: troveremo
insieme i modi per stare bene, anche cambiando le nostre
abitudini.
153
L'autostima al grado zero
Guido Contessa
La società liquida degli uomini ad "una dimensione",
controllata dall'impero turbo-capitalista, sopravvive
anche grazie al fatto che mantiene gli individui in un
perenne stato di autostima al grado zero. La maggioranza
degli esseri umani non si stima, non ha una buona
opinione di sè ed è alla spasmodica caccia di conferme
da parte della società. Sono tanti gli indizi di questa
condizione.
L'esplosione della chirurgìa estetica è esplicitamente
motivata come una soluzione ai problemi di persone che
"non stanno bene con sè stesse". Corpi che non piacciono
a chi li possiede e che vengono manipolati, tagliati,
gonfiati, truccati nel tentativo illusorio di raggiungere
una impossibile stima di sè. Simile causa ha la
palestromania. Ore spese alla modellazione di corpi che,
così come sono, non sono degni di stima sociale.
A un livello più grave si collocano i disturbi alimentari,
sintomo di una stima talmente bassa da portare i soggetti
a pratiche degradanti, quando non al suicidio per fame o
illimitato sovrappeso.
Anche il fenomeno del femminicidio è un sintomo di
un'autostima al grado zero, di uomini che di fronte a un
no si vedono frantumati al punto da arrivare al crimine
più odioso. Purtroppo, sono ancora molte le donne che
non riescono a denunciare i molestatori, i picchiatori, i
violentatori perchè pensano di "essere colpevoli", tanto è
154
bassa la loro autostima. E sono ancora molti i giovani
vittime di bullismo che non si ribellano, perchè temono
di perdere la stima del gruppo sociale dominante.
L'autostima è talmente al grado zero che milioni di
giovani pensano di non esistere se non sono visti in Rete.
E producono filmati sempre più folli al solo scopo di
farsi visualizzare (e stimare) dalla società planetaria.
Perchè l'autostima generale è al grado zero? Possiamo
fare diverse ipotesi ma quella più realistica è che
l'impero funziona solo se gli individui non hanno stima
di sè e accettano qualsiasi condizione di vita pensando di
non meritare altro. La società imperiale comincia presto
a picconare l'autostima degli individui.
I bambini vengono a parole idolatrati mentre gli spazi
per loro spariscono sotto coltri di cemento; le scuole
dell'infanzia scarseggiano e spesso mancano di
manutenzione o presentano maestre sadiche. Sempre più
dilagante è l'uso di educare il bambino, non a sentirsi un
valore in sè, ma a sentirsi degno di stima solo se possiede
il telefonino più moderno, veste con capi firmati, e fa
sport con divise d'autore.
Molti adolescenti, per sostenere la propria autostima, si
dedicano al bullismo, quando non alla violenza per le
strade; vivono in mondi virtuali che confondono con
quelli reali; si dedicano allo "sballo" nei campi di
concentramento della trasgressione (le discoteche);
deridono gli amici che si impegnano in qualcosa e si
vantano della loro ignoranza e assenza di progetti. Tutto
ciò è considerato talmente irrilevante da non meritare nè
155
punizioni nè prassi di rieducazione.
I giovani che cercano lavoro si sentono dire che per loro
non ce n'è, cioè che non hanno alcun valore per la
società. Non importa se hanno studiato, la loro autostima
è uccisa da offerte di lavoro nero, a paga risibile e di
senso demenziale.
Gli adulti vengono storditi dalla retorica della
cittadinanza e della legalità, mentre da decenni slittano
nel ruolo di sudditi sempre più vicini alla condizione di
"servi della gleba", taglieggiati da una casta vampiresca.
Se hanno un qualsiasi contatto con organi pubblici o con
grandi corporazioni, ricevono continui messaggi di
svalutazione, insignificanza, inutilità.
Per i disabili è prevista l'elemosina del Telethon, ma il
messaggio dello Stato è che il loro valore è marginale:
ogni anno si tagliano i fondi per l'assistenza. E' difficile
avere un'alta autostima quando lo Stato preferisce
spendere i soldi per le navi da guerra invece che per i
disabili; quando molti uffici pubblici e quasi tutti i mezzi
di trasporto sono privi di sistemi di accesso facilitato.
Coloro che sono espulsi dal lavoro nell'età matura, gli
esodati, gli sfrattati, gli imprenditori falliti per crediti che
lo Stato non onora non hanno motivo per sostenere la
loro autostima. Lo Stato dice loro che sono dei "rifiuti",
lasciandoli vivere in macchina con la famiglia,
lasciandoli rovistare nella spazzatura per mangiare
oppure lasciandoli suicidare in silenzio. Parecchi anziani
vengono di preferenza reclusi in lager, ma anche i più
156
fortunati vengono relegati al ruolo di mummie
polversose la cui vita passata non ha alcun valore,
nemmeno come racconto.
Non possiamo stupirci se l'autostima generale è sempre
più vicina al grado zero.
157
Illusioni compensatorie
Vanessa Gucci
La voce del mondo ogni giorno ti urla: "non sei nessuno,
non conti niente, non vali niente, non esisti". Droghe,
farmaci, violenza, alcol, gioco d'azzardo, social networks
sono modi illusori di compensare il perpetuo
azzeramento dell'individuo. C'è chi si droga per
dimenticare che non è nessuno. Chi si stordisce di
farmaci, come una stampella chimica per superare il
senso del nulla. Chi pesta -o peggio- qualcun altro, per
sentirsi qualcosa di più della vittima. Chi si ubriaca per
volare in un limbo in cui tutti sono "nessuno". Chi gioca
d'azzardo per fingere di essere un nessuno che controlla
il destino. Infine, chi si tuffa in un social network per
vivere in un mondo finto che sembra assopire la
straziante voce interiore che ripete: "non sei nessuno,
non conti niente, non vali niente, non esisti".
La cultura dominante dell'impero democratico si
fonda sulla negazione della soggettività individuale.
Solo chi ha un ego oceanico e un grande amore, può
evitare le compensazioni illusorie e resta un autentico
soggetto.
La ballata del signor nessuno
Tutto comincia alle elementari quando qualche
amichetto o addirittura la maestra ti dicono di continuo,
con le parole o con le mani, "tu non vali niente".
L'amichetto che lo dice a te se lo è sentito dire per anni
dalla famiglia. La maestra se lo sente dire ogni giorno
158
dal Ministero, dal direttore didattico, dai colleghi o dai
genitori.
"Tu non sei nessuno" è quello che ti dicono alle scuole
superiori i compagni sbruffoni, che sanno da tempo di
"non essere nessuno"; e i professori frustrati che se lo
sentono dire ogni giorno dalle loro famiglie e da quelle
degli allievi, dal preside e dal Ministero.
Arrivato alla soglia del lavoro non importa quanto hai
studiato e imparato: tutti ti dicono "non hai alcun
valore", "non ci servi". A sua volta il selezionatore si
sente dire quotidianamente che "non conta", perchè
valgono solo le raccomandazioni.
Poi arriva la famiglia. Se sei madre "non esisti" se non
come cuoca, lavatrice, e donna delle pulizie. Se sei padre
e marito "non servi", se non come bancomat. Se sei figlio
"non conti niente" fino alla maggiore età, quando a dirti
che non "sei nessuno" ci pensano l'università e il mondo
del lavoro.
Se sei un cittadino adulto a dirti che "non conti nulla" ci
pensano le grandi corporazioni aziendali, gli uffici
pubblici, gli ospedali, i prodotti che consumi. Mega
strutture fatte da uomini che da sempre hanno sentito di
" non essere nessuno" e "non contare nulla" da parte dei
loro capi, della legislazione, delle loro famiglie.
Se il messaggio non ti fosse chiaro, a ribadire che "non
esisti" ci pensano i referendum e le elezioni, dove se voti
o non voti non conti nulla.
159
Quando finalmente arrivi alla terza età, ci pensano i figli
a dirti che sei inutile e pesante come un fardello di
nessun valore. Nessuno ti parla. Puoi dire la tua, ma
nessuno ti ascolta.
Se alla fine della vita, ti ammali gravemente, sono i
medici a dirti che "non conti nulla" e sono loro a
decidere per te.
160
Aggressivi mascherati
Quelli i cui messaggi sembrano innocui o neutri,
ma riescono a farti sentire una merda
Adamus
"Ogni comunicazione ha un aspetto di contenuto e un
aspetto di relazione di modo che il secondo classifica il
primo ed è quindi metacomunicazione."
P.Watzlawick, J. Helmick Beavin e D.D. Jackson
"Pragmatics of Human Communication. A Study of
Interactional Patterns, Pathologies, and Paradoxes" (1967)
Siamo abituati a considerare aggressivi o offensivi i
comportamenti minacciosi o violenti, gli epiteti osceni,
gli insulti, le affermazioni denigratorie. Afferriamo
immediatamente il messaggio ed i meta-messaggi che
contengono: sei un verme, ti disapprovo, ti odio. Non si
tratta di comunicazioni piacevoli, ma hanno un lato
positivo. Ci consentono di reagire in modo appropriato.
Con una replica o con una fuga. Possiamo difenderci da
un'aggressione se è esplicita.
Siamo meno abituati a riconoscere quelle comunicazioni
(verbali o comportamentali) che nascondono la loro
aggressività dietro un'apparenza innocua e neutrale. E
siamo in grande difficoltà nel difenderci. Si tratta di
comunicazioni non esplicitamente aggressive, ma
contenenti una meta-comunicazione molto violenta. Può
sembrare strano, ma questo tipo di aggressività implicita
o mascherata è molto più diffusa di quella esplicita.
La comunicazione aggressiva classifica chi la emette fra
161
gli ostili, gli avversari, i nemici: il che rende più
semplice la difesa.
Quando invece ad essere aggressiva è la metacomunicazione, chi la emette viene facilmente scambiato
per innocuo, amichevole, addirittura intimo. E questo
rende difficile difendersi.
Le meta-comunicazioni aggressive appartengono a due
categorie, spesso fra loro intrecciate: la svalutazione o
disconferma, e il potere. Entrambe le categorie sono
spesso aggravate da sfumature di colpevolezza. I metamessaggi sono decodificabili in sintesi come "tu non
esisti", "non sei nessuno", "io sono importante, tu no",
"io comando, tu ubbidisci", "in ogni caso, è colpa tua".
Possiamo anche classificare le meta-comunicazioni
aggressive per grado di gravità. Al livello più lieve
possiamo inserire le "disconferme". Quelli che non ti
salutano mai per primi; quelli che alle tue mail si
guardano bene dal rispondere; quelli che ti fanno sempre
aspettare; quelli che entrano nella stanza e ti chiedono
"c'è nessuno?"; quelli che ti invitano a cena, poi non ti
rivolgono la parola e anche dopo dieci anni non sanno
niente di te; e quelli che ti dicono "Non puoi capire".
Quelli che ti danno consigli non richiesti su tutto. A
questi aggiungiamo quelli che parlano in dialetto, in
burocratese, in tecni-inglese, in gergo: cioè quelli che
non parlano per farsi capire (comunicare, mettere in
comune) ma per farti sentire idiota e marcare le distanze.
Apparentemente non fanno nulla di aggressivo contro di
te, ma ti stanno mandando un messaggio implicito: non
162
sei importante, non esisti, non hai alcun valore o
significato.
E' un meta-messaggio cui non facciamo quasi più caso,
talmente siamo abituati a riceverlo da uffici e servizi
pubblici. E' il meta-messaggio corrente della casta ai
sudditi.
A livello medio di aggressività possiamo elencare le
meta-comunicazioni di "potere e sottomissione". Si tratta
di messaggi impliciti che tendono a sottomettere
l'interlocutore, sottolineando che l'emittente vale di più.
Quelli che "scusami, ma ho molto da fare", come se tu
fossi un pensionato; quelli che ti telefonano a mezzanotte
per qualcosa di molto importante per loro; quelli che ti
seppelliscono coi loro problemi, ma non fanno mai lo
sforzo di chiederti dei tuoi; quelli che ti vedono
volentieri, ma solo se vai a casa loro; quelli che si
dichiarano delusi, se non ti ricordi il loro compleanno,
ma non sanno nemmeno quando è il tuo; quelli che ti
chiedono di prestargli qualcosa ma non si sentono in
dovere di venire a prendersela, devi portarglierla a casa;
quelli che ti fanno continui regali, ma non ne accettano
mai; quelli che ti invitano a cena da loro, ma hanno
semrpe un impegno quando li inviti da te.
Questi meta-messaggi aggressivi sono abbastanza
difficili da recepire, e spesso sono talmente equivoci da
spingerci alla gratitudine. Dall'essere grati all'essere servi
è un passo, e ci caschiamo spesso.
Al livello massimo di aggressività, inseriamo quelle
meta-comunicazioni che contengono insieme disconfer-
163
me, dichiarazioni di potere e colpevolizzazione. Il metamessaggio occultato è del tipo "tu non esisti, se esisti è
per servirmi, e comunque è colpa tua". I classici sono
quelli che ti rimproverano "Non ti fai mai vivo", ma non
ti chiamano mai. Poi ci sono quelli che ti giudicano
accusandoti di essere "troppo giudicante"; quelli che che
ti accusano perchè "non vuoi ascoltare", dove ascoltare
significa fare quello che vogliono loro; quelli che "tu non
mi capisci", ma si guardano bene dallo spiegarsi; quelli
che "sei insensibile al mio problema", ma se ne sbattono
del tuo.
Queste meta-comunicazioni non solo disconfermano e
sottomettono, ma tendono anche a farti sentire in colpa,
il che le mette al massimo grado di aggressività
mascherata.
164
Dono e potere
Guido Contessa
La "richiesta d'aiuto competente" è qualcosa di diverso
dalla richiesta di soldi, o dalla richiesta d'aiuto generico
per cambiare una ruota, apparecchiare la tavola, fare un
trasloco. Questo secondo tipo non prevede
necessariamente una relazione, si può rivolgere ad un
ignoto passante, al portinaio o alla cugina di terzo grado.
La "richiesta d'aiuto competente" è una richiesta che si
rivolge a qualcuno di cui si riconosce una competenza,
che si basa su una relazione o che vuole avviarne una.
Questa richiesta ha l'apparenza della richiesta di un dono,
ma è anche un dono a sua volta. Chi presta l'aiuto
competente fa un dono, ma nello stesso momento ne
riceve uno: il riconoscimento della sua competenza.
Il dono, come ci ha segnalato M.Mauss per lo scambio
dei beni, è alla base delle relazioni interpersonali e
sociali. Chi dona esprime il suo potere, ma riconosce
anche il potere del ricevente che merita il dono. A sua
volta, il ricevente accetta il potere del donatore, ma si
aspetta una imminente reciprocità.
Quando la reciprocità non si verifica, il dono resta una
espressione del potere del donatore. Il ricevente
è nella condizione del beneficiario, se il dono non
diventa scambio. Così si crea una relazione asimmetrica,
non paritaria. Se la "richiesta d'aiuto competente" non
diventa reciproca, il donatore resta in posizione di potere
e il ricevente non trova riconosciute le sue competenze.
165
Resta da domandarsi perchè avviene l'asimmetria fra
donatore e ricevente. I casi possono essere due.
Il primo è legato al mero controllo. Il donatore, col dono,
mantiene il potere, il controllo, la posizione dominante
su chi ha fatto la "richiesta d'aiuto competente". E' per
questo che l'aiuto psicosociale deve essere pagato:
equilibrare il rapporto fra operatore e utente. Quando non
lo è, raramente funziona, e l'utente entra in una spirale di
dipendenza. Ed è anche per questo che molti si dedicano
al volontariato sociale: per godere di relazioni
asimmtriche e posizioni di potere.
Il secondo caso è legato alla bassa autostima e all'invidia.
Un soggetto con bassa autostima trova facilmente oggetti
di invidia. Individui cui vorrebbe assomigliare perchè
possiedono cose, caratteristiche, potenzialità che
l'invidioso considera inarrivabili per se stesso. Il soggetto
invidiato può diventare oggetto di culto (come capita alle
stars), oppure odiato, se è vicino ma ugualmente
inarrivabile.
Un modo di esprimere l'odio per l'invidiato e creare con
esso una relazione asimmetrica, è basato su potere del
dono e sulla non reciprocità nella "richiesta d'aiuto
competente". L'invidioso fa volentieri regali, e risponde
con solerzia alle "richieste d'aiuto competente", solo che
non accetta mai regali e non fa mai a sua volta "richieste
d'aiuto competente" all'invidiato. Il modo dell'invidioso
di esprimere ostilità per l'invidiato è rifiutare di
riconoscerne l'esistenza, l'importanza e l'utilità.
166
Le scienze umane e sociali:
c'erano una volta......
Eva Zenith
Con l'inizio del XXI secolo e dell' Evo immateriale
stiamo verificando un fenomeno curioso e triste. Le
scienze umane e sociali, che hanno avuto tanto peso nel
secolo scorso, stanno eclissandosi a favore della scienze
della materia, della natura, dei numeri. I problemi degli
essere umani e dei gruppi sociali, vengono studiati
(molto poco) come problemi chimici, elettrici, statistici,
economici.
Le scienze umane lasciano il posto a quelle non-umane:
economia, statistica, chimica, neurologia, fisica
sostituiscono psicologia, sociologia, antropologia,
pedagogia. Nella letteratura delle scienze umane e sociali
sempre più raramente vengono citati Freud o Jung,
Piaget o Lewin, Durkheim o Pareto, Adorno o Fromm.
Un secolo di ricerche, teorie, esperienze, dibattiti è
relegato
nella
polverosa
soffitta
dell'oblìo.
L'epistemologia è quasi scomparsa, per cui cosa sia la
scienza è diventato un interrogativo obsoleto. E' scienza
quella che praticano quelli che si definiscono scienziati.
La quasi scomparsa delle scienze umane e sociali va di
pari passo con la quasi scomparsa delle professioni
umane e sociali. I pedagogisti sembrano spariti, gli
psicologi sono sostituiti dai neuropsichiatri, i sociologi
lasciano il passo ai giornalisti o ai sondaggisti.
L'educazione, la prevenzione e l'assistenza sono affidate
167
ai "volontari"; la formazione è gestita da addestratori,
informatori o contabili; la psicoterapìa è sostituita dalla
chimica; la psicoanalisi è quasi sparita.
Possiamo fare almeno due ipotesi per spiegare questa
decadenza.
La prima ipotesi è di tipo psicologico. Il XX secolo è
stato centrato sull'umano e sul sociale, grazie alle lotte
civili e sindacali ed alla conquista del welfare state. E
grazie anche ad un progressivo benessere diffuso, in
Occidente, che ha reso possibile il "lusso" di mettere
l'uomo e la società civile al centro. Il XXI secolo è
caratterizzato da cambiamenti epocali (globalizzazione e
smaterializzazione dell'economia) accompagnati da una
impietosa crisi economica. Questa drammatica
regressione ha prodotto un oscuramento dell'umano e
del sociale, ed uno spostamento in periferia di valori
prima centrali. La scala dei bisogni di A.Maslow nel
secolo precedente era percorsa in salita (verso il bisogno
di autorealizzazione), nel secolo attuale corre in discesa,
alla sola ricerca della soddisfazione di bisogni primari e
di sicurezza. Il trauma della crisi ha provocato la
rimozione dell'umano e del sociale, con le conseguenti
ineluttabili nevrosi. Le scienze considerate "dure" e la
pratiche "magiche" offrono un' alienata sicurezza che le
classiche scienze umane e sociali non offrono.
La seconda ipotesi è di ordine politico. Il trionfo del
capitalismo selvaggio ha prodotto l'indebolimento delle
autorità politiche e la spinta ad una minore sensibilità per
l'uomo e il sociale. Le esigenze ecomiche hanno prevalso
su ogni altra. In questo cammino le scienze e le
168
professioni umane e sociali erano non solo un costo, ma
anche un disturbo. I professionisti tradizionali sono meno
malleabili dei "volontari", dei contabili, dei farmacisti e
dei sondaggisti. Quindi si è reso necessario restringerli,
coartarli, eliminarli. Prima si sono compresse e
minimizzate le professioni: "volontari" preferiti a
educatori e pedagogisti professionali; formatori sostituiti
da contabili; farmacisti al posto di psicoterapeuti e
psicoanalisti; sociologi messi da parte per funzionari e
sondaggisti; antropologi azzerati dai giornalisti. Poi, di
conseguenza, si sono messe in ombra le scienze
corrispondenti. La pedagogia, le psicologie, la
sociologia, l'antropologia che per oltre un secolo hanno
studiato l'uomo e la società e le pratiche per il loro
benessere, sono relegate nella cantina polverosa della
storia.
169
Le pratiche sociali, oggi
Guido Contessa
In un'era di welfare gravemente compromesso, nella
quale le scienze umane e sociali stanno scomparendo,
non possiamo non chiederci se esista e quale sia il futuro
delle pratiche sociali. Con questo termine indichiamo
tutte le tecniche e le professioni dei settori culturale,
educativo, assistenziale, ricreativo. Le pratiche sociali
riguardano l'immateriale e le persone. Il lavoro sociale è
quello del formatore, dell'educatore, dell'animatore,
dell'operatore culturale. La tentazione di considerare
chiuso il Novecento e moribonde tutte le sue scoperte
nelle scienze e nelle professioni umane e sociali, è alta.
Ma esiste anche l'ottimismo che segnala i bisogni delle
persone come comprimibili, ma mai sopprimibili. Può
morire il welfare, possono morire le scienze umane e
sociali, ma non possono morire i bisogni che ogni essere
umano continua ad avere, oltre le nefandezze della storia,
consapevolmente o no.
Disoccultare le contraddizioni.
L'impero e il regime si fondano sull'omologazione. Tutti
devono essere uguali, non equivalenti. La potenza del
totalitarismo, supportata dalla forza e dai mass media
non si limita ad imporsi, vuole convincere, appiattire,
omogeneizzare. Le contraddizioni vengono occultate,
sorvolate, represse. La "folla solitaria", non il cittadino
soggetto e individuo, è il terreno ideale dell'impero
d'Occidente. Così, ogni pratica sociale ha senso solo se si
distingue, si distacca, si oppone non con strategie e
170
tattiche militanti, ma con la logica, la razionalità, la
messa in luce delle contraddizioni. Smascherare ciò che
viene presentato come ovvio e naturale, dare valore
all'alterità, al potenziale e al divergente.
Occuparsi di chi non c'è.
Le pratiche sociali, nei casi migliori, si appiattiscono
sull'utenza. Occuparsi di chi è presente, di chi si
avvicina, di chi "fruisce" è solo una parte (e non la più
importante) del lavoro sociale. Il compito primario delle
pratiche sociali è quello di occuparsi di chi non c'è, di chi
è assente e lontano, di chi non è nemmeno consapevole
del bisogno di fruirne. La biblioteca deve preoccuparsi
dei non lettori. La scuola deve concentrarsi su quelli che
non la frequentano. La sanità deve dedicarsi ai non
pazienti. Il centro culturale e sociale deve impegnarsi
verso i soggetti solitari ed emarginati che non
partecipano.
Rievocare il dimenticato.
La memoria è una delle difese dall'omologazione. Non
quella selettiva offerta ogni giorno dai mezzi di
comunicazione di massa, asserviti all'omologazione del
regime. Non quella scritta dai vincitori, creatori
dell'impero. La memoria che ci difende è quella delle
storie individuali e quella di tutti gli eventi e i personaggi
che sono stati sconfitti, dimenticati, sepolti. La memoria
degli eventi scomodi, capaci di contraddire la "verità"
quotidianamente inventata per asservire e manipolare.
Ciò che è dimenticato e negletto, va rievocato e
rivalutato. La storia in ombra è quella che deve ispirare
171
le pratiche sociali.
Frequentare il senso del possibile.
Musil diceva che se esiste il senso della realtà, deve
esistere anche il senso della possibilità. Nel contesto
storico attuale, che è il meno libero della Storia,
individuare il possibile, oltre le costrizioni, le catene
fisiche e cartacee, gli stereotipi e i luoghi comuni, è la
missione di tutte le pratiche sociali. La domanda non può
essere solo "perchè fare qualcosa", ma anche "perchè
non farla". Vivere secondo il permesso e consentito, è un
tipo di schiavitù. Sperimentare tutto il possibile che non
è espressamente proibito, è libertà.
Stimolare l'emersione del sommerso.
Reale non è solo ciò che si vede e si tocca. E' reale tutto
ciò che produce conseguenze. Il sommerso, l'invisibile, il
non detto hanno la stessa dignità e importanza del loro
contrario. L'esplicito, l'emerso, il tangibile è la strada
maestra della makkina imperiale che lo decide, lo
cristallizza e lo diffonde come sola realtà e verità. Fare
emergere ciò che non si vede e non si tocca, è il compito
principe delle pratiche sociali.
Consegnare il silenzio alla parola.
Chi non parla, non grida, non marcia, non appare, non è
privo di valore. Ha perlomeno lo stesso valore di chi
appare, parla, marcia e grida. Ma questi ultimi sono già
attori della scena imperiale. I primi sono solo ombre,
anonime comparse, figuranti in rappresentanza dei quali
172
il potere finge di decidere. Bastano 500 oligarchi o
500.000 mila urlatori in piazza per parlare "a nome di"
chi non ha la parola. Invece 5 milioni di cittadini che non
votano per esprimere il loro distacco, sono reclusi nel
muro del silenzio inascoltato. Ascoltare i non detti e
consegnare il silenzio alla parola è un altro compito delle
pratiche sociali.
Disarticolare pacificamente l'ordine.
Non esiste l'ordine. Nella dialettica continua fra ordine e
disordine, il primo è solo il punto di equilibrio stabilito
da chi detiene il potere. L'ordine stabilito si regge
sull'adesione passiva di chi non sa o non vuole
contestarlo. Pacificamente (ogni violenza è reazionaria),
l'ordine va disarticolato con azioni divergenti, con
l'emersione delle contraddizioni, coi comportamenti
eccentrici ma possibili, con la resistenza passiva e il
rifiuto di ogni concessione e complicità. Ogni ricerca
dell'ordine è una sottomissione all'esistente, e ogni
pratica sociale che sia istituzionale e ordinata è destinata
alla superfluità.
Concentrarsi sulla critica e sul no.
Dire no è l'ultimo spazio di libertà concesso dal potere.
La testimonianza del dissenso è la più alta forma di
educazione. La critica è la sola forma di individuazione e
sovranità soggettiva, e, a pieno diritto, una nobile forma
di partecipazione politica. Il sì e il consenso sono le armi
dell'impero, il viatico dell'omologazione e della
robotizzazione. Le pratiche sociali o sono critiche e
stimolatrici della critica, o non sono che forme della
subalternità.
173
Far prevalere il fare sul guardare.
La società dello spettacolo ha messo il guardare prima
del fare. Lo star e lo sport system mettono in scena le
vite che altri vivono per noi. Invece di vivere l'uomo
della "folla solitaria" guarda la vita che viene recitata sul
palcoscenico dei mass media. Giustizia, sport, arte, sesso
sono proprietà dello show business invece che attività da
praticare. Ogni pratica sociale ha il compito di "far fare",
non di "far guardare".
Lavorare sempre sul noi, qui, ora.
La cultura è il senso della vita in un certo luogo e in un
certo momento, diceva Kant. Oggi, la cultura è ciò che
facciamo noi, in questo posto e in questo momento: noi,
qui, ora, non loro, là e allora. L'altrove e l'altro tempo,
sono le dimensioni dell'estraneità che "loro" (il potere
mercificante e cosifiante) vogliono imporci. Le pratiche
sociale non hanno altro soggetto, altro tempo o altro
luogo che "noi, qui, ora".
174
Cambiamento catastrofico o progressivo?
Guido Contessa
Sono molti gli irenici ottimisti che credono che il
cambiamento sociale e politico avviene per gradi, a
piccoli passi, attraverso pacifiche riforme. Molti storici,
psicologi, fisici e matematici hanno da tempo dimostrato
il contrario. Il cambiamento avviene per rotture
conflittuali e dolorose. Lo sanno bene anche coloro che
soffrono di dipendenze, che solo con sofferenza e
rivoluzionando la loro vita possono sperare di liberarsi.
Kurt Lewin
Il modello di Lewin per la gestione del cambiamento è
uno dei più semplici. Il modello comprende tre fasi,
denominate "unfreeze, change, refreeze".
Unfreeze: In questa fase è necessario ridurre le forze che
si oppongono al cambiamento e vogliono mantenere lo
status quo.
Change: Questa è la fase in cui sono sviluppati i nuovi
comportamenti e le nuove attitudini.
E' anche la fase in cui i risultati di uno o più progetti
sono adottati e i risultati finali raggiunti.
Refreeze: I benefici possono essere realizzati nel lungo
termine soltanto se i cambiamenti entrano a far parte
dell’organizzazione e diventano il modo normale di
operare.
175
Renèe Thom, Ilya Prigogine e Paul Watzlawick
R.Thom ha suggerito che il cambiamento avviene per
catastrofe, cioè all'improvviso e in modo inprevedibile.
Esempi significativi di cambiamenti improvvisi causati
da piccole alterazioni nei parametri del sistema sono le
transizioni di fase, i movimenti tellurici, i cedimenti
strutturali, i crolli dei mercati finanziari.
Un sistema tende a rimanere in equilibrio se non c'è
nessun agente disequilibrante, e nel caso ci sia, il sistema
perturbato poi evolverà di nuovo spontaneamente verso
lo stato di equilibrio. Mentre il sistema assume sempre di
più uno stato caotico, arriva un momento in cui
raggiunge quello che Prigogine denomina il “punto di
biforcazione”. Come indica il nome, è un punto dove il
sistema può evolvere verso una tra due possibilità: o
ritorna allo stato di equilibrio originale, così come
prevede la termodinamica classica, oppure abbandona il
caos, incomincia ad auto-ordinarsi o auto-organizzarsi
fino a costituire una nuova struttura, denominata struttura
“dissipativa”, poiché consuma una quantità maggiore di
energia rispetto allo stato di organizzazione anteriore che
ha· sostituito. Si ha una biforcazione quando una piccola
variazione dei valori dei parametri (i parametri di
biforcazione) causa un cambiamento 'qualitativo' o
topologico del sistema, ovvero un cambiamento del
numero di punti di equilibrio o della loro natura. Tali
cambia menti possono anche portare ad una catastrofe. I
valori per cui si hanno modifiche qualitative al sistema
sono detti ' valori critici '.
P.Watzlawick scrive: “Una persona che ha un incubo
può
176
fare molte cose neI suo sogno: correre, nascondersi,
lottare, strillare, saltare da un dirupo, ecc., ma nessun
cambiamento da uno qualunque di tali comportamenti a
un altro porrebbe mai fine all’incubo....D'ora in poi ci
riferiremo a questo tipo di cambiamento come al
cambiamento1.
L ’unico modo di uscir fuori da un sogno implica il
cambiamento dal sognare all’esser desti. L’esser desti,
evidentemente, non fa parte del sogno, ma é un
cambiamento a uno stato completamente diverso. D’ora
innanzi ci riferiremo a questo tipo di cambiamento come
al cambiamento2”(Change,p.27).
Il cambiamento è un salto, un passaggio di stato dal
sonno alla veglia, da un equilibrio ad un altro.
"Natura non facit saltus", societas facit
La locuzione latina "natura non facit saltus", significa
che la natura non fa salti. E' stata usata da Leibniz, che
negava l'esistenza degli atomi, cioè di quantità discrete
indivisibili. Anche se nemmeno oggi crediamo
all'indivisibilità dell'atomo, possiano affermare che la
natura "facit saltus" perchè nel microcosmo atomico
esiste il vuoto. Ma a maggior ragione possiamo
affermare che "societas facit saltus" da una
confugurazione ad un'altra. Possono aiutarci alcuni
esempi storici.
La repubblica romana durava da secoli, e Cesare venne
ammazzato perchè in odore di dittatura. Seguirono anni
di sanguinose guerre civili, e il risultato fu l'impero.
177
L'impero dura 4 secoli, poi cominciano 10 secoli si
invasioni, guerre, tragedie, e infine arriva il
Rinascimento.
La rivoluzione francese butta all'aria il vecchio regime,
decapitando mezza nobiltà e il risultato è l'imperatore
Napoleone. Costui provoca 4-5 milioni di morti, e il
risultato è la restaurazione del vecchio regime.
Ci vuole la "rivoluzione industriale" non la riforma
industriale, per arrivare alla modernità.
Le attuali democrazie sono figlie di due guerre mondiali,
con decine di milioni di morti.
Conclusione
Il cambiamento vero è solo rivoluzionario, mai
riformista. E' catastrofico, non graduale. Ed è solo ad alto
costo, mai indolore.
178
Il gigante Kurt Lewin
Guido Contessa
“Non c'è niente di più concreto di una buona teoria”
“E' reale ciò che produce conseguenze”
Il 2017 segna il 70° anniversario della morte di Kurt
Lewin. Il suo contributo alla storia della psicologia, alla
formazione e all'intervento psicosociale è straordinario.
Lewin appartiene alla famiglia della Gestalt Theory, ma
applicata alla prassi invece che solo alla percezione
(come i predecessori Kurt Koffka, Wolfgang Köhler e
Max Wertheimer). Per la pratica psicosociale nessun
autore è stato tanto generativo. Kurt Lewin ha lasciato un
pensiero significativo a tre diversi livelli: teorico,
metodologico e tecnico.
Livello teorico - Teoria del campo ("L'insieme è
diverso dalla somma delle parti")
Lewin ha posto al centro del suo lavoro insiemi, totalità,
comunità,
rete,
strutturalismo,
olismo
contro
frantumazioni, arcipelaghi, parzialità e solitudini che
costituiscono il nucleo delle nevrosi occidentali. Ha
messo al centro le relazioni interdipendenti contro
l'individuo e i moloch impersonali; la sovranità condivisa
contro la gerarchìa.
Per Lewin, la parte e il tutto sono diversi ma equivalenti
(psico-sociologia). Non esiste l'individuo, non esiste l'insieme: l'individuo è l'insieme. Questa equivalenza consente una legittima escursione teorica dal micro al
179
macro, dall'intrapsichico al relazionale, dal gruppale
all'organizzativo, dal comunitario al politico.
Livello metodologico - Action-Research
conoscere qualcosa, prova a cambiarla")
("Se vuoi
L'osservatore modifica l'oggetto osservato. Questo
concetto, basilare in psicologia, è stato sviluppato da
Lewin come metodo per promuovere cambiamenti. La
conoscenza di sè modifica il sè. Conoscere il mondo è il
primo passo per cambiarlo. La ricerca-intervento è il
metodo introdotto da Lewin per promuovere
cambiamenti individuali, gruppali, organizzativi e
comunitari. Nella ricerca-intervento soggetto e oggetto
cambiano insieme. Gli individui partecipano allo studio
del "campo di forze" in cui sono inseriti (gruppo,
famiglia, lavoro, città), e facendolo, cambiano sè stessi e
il campo.
Livello tecnico - T-Group ("La più potente tecnica delle
scienze sociali del XX secolo" -Carl Rogers)
La regola base del T-Group è: noi, qui, ora. Tutto il resto
è libero ed ignoto, purchè resti nella griglia dell'umano,
del tempo e dello spazio presenti.
Noi, significa io, tu, coppia o gruppo. La centralità è
sulle sensazioni e i pensieri individuali emergenti "qui ed
ora", i legami, l'appartenenza, la pluralità, l'insieme, la
squadra, il team, l'équipe.
Qui, significa spazio presente, confini, intimità/
estraneità, potere e sovranità, movimento o staticità,
cooperazione e responsabilità.
180
Ora, significa tempo presente, non ricordi o speranze ma
realismo; azione e reazione; immediatezza.
Per approfondire leggi: AA.VV. a cura di G..Contessa
“Attualità di Kurt Lewin” ed. Arcipelago
181
SULLA POLITICA E
SULL'
AMMINISTRAZIONE
PUBBLICA
182
Come si valuta un politico o un governo?
Mircea Meti
I dibattiti televisivi pro o contro i governi sono beceri,
isterici e irrazionali. Gli oppositori segnalano che il PIL
aumenta solo dello 0,8% invece che dell'1%. I
governativi si vantano di avere finanziato per x milioni
di euro il tal comparto problematico. Il culmine
dell'idiozia si registra quando una parte ricorda che
quando governava l'altra le cose andavano peggio.
Siccome negli ultimi 25 anni hanno governato tutti, si
crea una ripetizione infinita su chi ha lasciato il Paese
nelle peggiori condizioni. Il fatto è che nessuno fa uno
sforzo per usare criteri ragionevoli di valutazione
politica. Proviamo qui.
Il primo criterio di valutazione è che le parole sono
retorica, e sono i risultati concreti quelli che contano.
Non importa quello che un politico dice, ma solo quanto
riesce a incidere sulle condizioni di vita della
maggioranza della popolazione. I "predicatori" non
hanno titolo per stare in un governo democratico, ma
solo in uno totalitario. Importa poco anche se i politici
operano "onestamente". I cittadini di una democrazia
accetterebbero volentieri un politico che ruba o favorisce
figli e nipoti, ma riesce a migliorare concretamente le
loro condizioni di vita. Importa ancora meno quello che
un politico fa nel privato. Un politico avviato alla santità,
ma che non migliora in niente la vita dei cittadini, è solo
un prodotto della retorica. Un politico che dimezza la
disoccupazione, raddoppia l'occupazione, favorisce
183
l'aumento sensibile del PIL, riduce vistosamente le
diseguaglianze, fa funzionare la giustizia e garantisce la
pace e la sicurezza, può anche essere puttaniere o
ninfomane, gay, fedifrago o tossicodipendente, di
qualsiasi religione o colore della pelle.
Il secondo criterio di valutazione è la soluzione dei
problemi. Un governo ha il solo compito di migliorare la
vita del popolo negli aspetti che esso (popolo) considera
negativi. Un governo deve dunque saper cambiare alcuni
indicatori dal livello in cui li trova al suo insediamento,
ad un livello giudicato soddisfacente dal popolo, dopo 5
anni. Se la legislatura è fissata in 5 anni significa che il
governo deve offrire cambiamenti degli indicatori
intorno al 20% ogni anno . Siccome in certi casi si può
puntare ad un effetto "massa critica", le variazioni del
primo e del secondo anno possono essere inferiori.
Tuttavia i cambiamenti dello 0, o anche del 2-3% l'anno
non si possono considerare tali. Un governo non deve
dare segnali o fare piccoli passi, deve dare evidenze di
una veloce (in 5 anni) soluzione dei problemi. Meno
ancora vale l'affermazione per cui il governo "ha
stanziato ben x milioni per un certo problema". Un
governo non è un bancomat. Lo stanziamento di fondi è
la premessa per la soluzione dei problemi, ma non vale
nulla se non è accompagnato da una legislazione
efficace, una riorganizzazione burocratica e azioni
mirate. Il governo non deve dare prova di "buona
volontà" (come un alunno delle elementari): deve fornire
risultati.
Il terzo criterio di valutazione è il consenso della
184
maggioranza. Dicendo popolo intendiamo la larga
maggioranza della popolazione. Il fatto che oggi i
governi si basano sul consenso del 20-30% (solo il 60%
vota, e nessun partito prende più del 30% dei votanti) va
bene per la democrazia formale, niente affatto per quella
sostanziale. Un governo che non si basa sul consenso
non solo formale ma sostanziale, di almeno il 60% della
popolazione è un governo destinato a fallire.
Se l'obiezione a questa affermazione è che nessuna
democrazia oggi ha il consenso sostanziale di almeno il
60% della popolazione, allora significa che questa
democrazia è diventata inutile e va cambiata
radicalmente.
Il quarto criterio è la considerazione della
maggioranza. Un governo che promuove azioni positive
verso esigue minoranze (segmenti di popolazione sotto
l'1%) è sicuramente lodevole, ma non avrà mai la
"promozione" della maggioranza. Un governo che
considera "populista" ogni istanza della maggioranza,
non è democratico ma oligarchico o peggio, totalitario.
Un governo (o un politico) può anche condurre battaglie
di principio care alle minoranze, ma deve anche
convincere la maggioranza ottenendone il consenso
attraverso un lavoro culturale.
Il quinto criterio è il rispetto dell'opposizione.
L'opposizione non può dirsi tale solo se critica il governo
perchè qualche ministro ruba, o perchè qualche
sottosegretario passa le serate coi trans. Per opposizione
intendiamo una parte della popolazione che propone
modi alternativi a quelli del governo, per migliorare
185
sensibilmente la vita della maggioranza. La democrazia è
un sistema dialettico per il quale governo e opposizione
hanno un ruolo ugualmente decisivo, nella ricerca dei
risultati migliori, attraverso la critica, il controllo, il
dialogo, il conflitto, la mediazione. L'opposizione non è
solo un ostacolo al governo, ma un fattore indispensabile
alla democrazia. Tutti i regimi che tendono a svalutare,
comprimere,
eliminare
l'opposizione
sono
tendenzialmente totalitari. Come lo sono i regimi che
richiamano all'unità, intendendo con questo termine il
silenzio dell'opposizione. L'opposizione non è la
minoranza, ma la possibile futura alternativa al governo.
186
Meccanismi di difesa in politica
Mircea Meti
In psicologia chiamiamo "di difesa" tutti i meccanismi
psichici, consci e inconsci, messi in atto dall'individuo
per proteggersi da situazioni ambientali, esistenziali e
relazionali dolorose o potenzialmente pericolose. Uno
dei meccanismi di difesa più usato in politica è lo
"spostamento": investimento di sentimenti inaccettabili
su un oggetto "sostitutivo". Questo interviene spesso
nella genesi delle fobie, per cui si sposta il sentimento
inaccettabile sull'oggetto detto "fobigeno" (creatore di
paure)..
Soldi
Quando un politico viene investito di un problema che
non può o non vuole risolvere, è immediata la risposta
"non ci sono abbastanza soldi", "mancano i fondi", "la
crisi non permette altre spese". Sia in buona o cattiva
fede, sia conscia o inconscia, questa risposta nega il fatto
che è la classe politica a decidere come spendere i fondi
statali. La classe politica si comporta come quel padre di
famiglia che dilapida soldi al gioco, si veste solo con
abiti firmati, viaggia nei Paesi esotici, paga l'iscrizione al
club del golf, poi dice alla famiglia che non ci sono soldi
per mangiare tre pasti al giorno.
I politici che usano questo meccanismo di difesa fingono
di non essere loro i responsabili della spesa. Trovano
sempre i soldi per comprare armamenti; iscriversi a
costosissimi club come la UE, la Nato, l'ONU; viaggiare
in lungo e in largo per il mondo invece che usare Skype;
187
strapagare politici e tirapiedi della tv, delle
municipalizzate, delle imprese statali; finanziare giornali
e banche, nonchè fondazioni di partito. Ma per i
problemi dei cittadini "non ci sono abbastanza soldi".
Europa
Un altro evidente spostamento è l'Unione Europea, che
"non permette...", "impone le regole....", "non dà la sua
approvazione". Come se la UE fosse un organo estraneo,
un impero di cui siamo solo sudditi impotenti.
Prodi è stato Presidente della UE per 5 anni. L'attuale
Presidente del Consiglio della UE è stato eletto nel 2014
da tutte le forze del centro-destra (anche italiane). Prodi,
Dini, Agnelli nel 1996, Berlusconi e Frattini nel 2003,
Renzi, Mogherini e Gentiloni nel 2014 sono stati
Presidenti di turno o ministro degli esteri della UE. Il
Presidente del Parlamento europeo oggi è Tajani. Il
parlamento europeo ha 750 membri con una
maggioranza di membri del centro-destra (216) e del
centro-sinistra (189). Il PD ha 31 rappresentanti, il
centro-destra ne ha 21; altri 21 sono di 5stelle e partiti
minori. Gli italiani sono il 10% dell'UE ma fingono di
non esistere.
Quando viene detto che "l'Unione Europea proibisce...."
si occulta il fatto che i politici italiani in Europa o sono
corresponsabili e/o sono incapaci. Tutto ciò senza
drammatizzare il dettaglio che l'adesione dell'Italia ai
vari Trattati capestro della UE è sempre stata decisa da
questa classe politica, senza la minima consultazione
popolare.
188
Burocrazia
Il più patetico meccanismo di difesa (spostamento) usato
in politica, è quello della burocrazia. Questa è segnalata
come colpevole di ogni ritardo, disservizio, crudeltà
verso i cittadini. La burocrazia viene dipinta come un
invasore straniero che si muove in base solo in base a
incompetenze e interesse personale.
Invece è la classe politica che regola, gestisce, controlla
la burocrazia. I burocrati, specie al vertice, sono scelti
dalla classe politica. Sono le leggi dei parlamenti e dei
governi (di una classe politica che è la stessa da quasi 30
anni) che mantengono la burocrazia nello status quo. A
parte i disonesti e i lazzaroni professionali, nessun
burocrate farebbe o non farebbe qualcosa senza che una
legge glielo imponga o consenta. Se una pratica richiede
30 passaggi non è la burocrazia a deciderlo, ma la
legislazione (che esiste grazie ai politici o che non viene
cambiata dalla politica).
Il cattivo o il nemico esterno
Una variante del semplice "spostamento" è
l'identificazione di un "cattivo" interno o di un "nemico
esterno", che diventa il caprio espiatorio di ogni crisi
politica. Gli Usa sono maestri nell'identificazione del
nemico esterno: mettono il pianeta in crisi perenne
scegliendo a caso un qualche Stato "canaglia". Ma anche
i politici italiani sono abili nel meccanismo di difesa del
"cattivo".
Il problema dell'immigrazione non è legato agli
schiavisti che sfruttano una manodopera illegale per
pagarla di meno; o ai governi colabrodo che fanno
189
passare i confini a chiunque, relegandolo poi nelle
condizioni degli homeless. Non è nemmeno colpa di una
classe politica che non sa attivare le ambasciate per la
cessione dei visti; non vuole attivare traghetti di linea dai
Paesi nord-africani; perde di vista migliaia di minori che
spariscono dopo gli sbarchi. Il problema dell'immigrazione è a carico esclusivo degli scafisti.
Il problema dei 500.000 immigrati che lavorano in nero
nei campi italiani, non riguarda gli imprenditori agricoli
che li sfruttano; non è attribuibile alle forze dell'ordine,
sindacali e sanitarie che non controllano; non è colpa dei
politici che non fanno leggi adeguate al caso. Il lavoro
nero agricolo è solo colpa del caporalato.
Il problema della droga è solo degli spacciatori. Non è
nelle dissoluzione dei sistemi educativi (scuola e
famiglia) prodotta da una classe politica disattenta; non è
di una legislazione proibizionista che da decenni e in
ogni Paese fallisce; non è dei consumatori che
solitamente scelgono di comprare droghe; non è di
medici o farmacisti che danno ricette e farmaci come
caramelle; non è della pubblicità che proibisce un seno
nudo, ma non le promozioni di droghe chimiche o alcol.
I cattivi per la droga sono gli spacciatori.
Razzismo
Non solo i mestieranti della politica presentano vistosi
meccanismi di difesa. Lo "spostamento" è anche una
modalità usata dai semplici cittadini di fronte a fenomeni
e problemi sociali sgradevoli. Questo "spostamento"
piace molto alla classe politica che grazie ad esso esce
dall'occhio della critica. Il più diffuso è il razzismo.
190
Il disordine nelle città è associato agli immigrati, dunque
gli immigrati (specie quelli di colore scuro) sono il
nemico. Non i politici che fingono accoglienza e fanno
dormire i migranti nelle discariche; non i politici che
dimenticano di attrezzare le forze dell'ordine per un serio
controllo delle città; non i politici che difendono le
organizzazioni che sfruttano gli immigrati. I nemici sono
i neri, che diventano addirittura causa di una fobìa.
Molti zingari rubano e borseggiano? Tutti i rom
diventano il nemico. Colpevole non è una legislazione
che favorisce l'immunità; non sono i servizi sociali che
evadono i loro compiti di sorveglianza sui minori; non è
la classe politica che produce questa legislazione e non
potenzia i servizi sociali. I nemici sono tutti i rom, che
diventano causa di una fobìa.
191
Perchè ci asteniamo
Vanessa Gucci
1. Perchè non vogliamo essere complici, nella guerra
per bande da saccheggio che è in corso da decenni. E
quando fra trent'anni i nostri bisnipoti si chiederanno
cosa abbiamo fatto, per salvare l'Italia dal degrado in cui
sarà caduta, troveranno una sola risposta. Abbiamo
accettato l'emarginazione, l'insignificanza e l'impotenza
perchè contrari ad una guerra civile sanguinosa, e
derubati di ogni speranza di cambiamento, ma siamo
rimasti con le mani pulite. Questa è l'Italia che ha
voluto il regime e dalla quale ci siamo dimessi anni fa.
L'Italia non è più degli italiani, perchè il regime l'ha
svenduta. Se la tengano. Noi cerchiamo solo vie di fuga,
anche se torneremo sempre nel più bel paese del mondo,
ma come turisti.
2. Perchè tutti i politici del regime sono uguali.
Abbiamo avuto ogni tipo di amministrazione locale e
ogni tipo di governo nazionale, ma gli unici che si sono
accorti dei cambiamenti sono solo gli amici degli amici.
Per noi gente comune è stata solo una lenta discesa
all'inferno. Sempre meno soldi, sempre meno diritti,
sempre meno libertà, sempre meno dignità: solo uno
tsunami di retorica.
3. Perchè chi non è uguale è complice. I pochi politici e
amministratori onesti che non rubano, non fanno voto di
scambio, non speculano sui benefici della casta, hanno la
responsabilità politica di essere vissuti fianco a fianco,
magari per anni, con parlamentari venduti e amministra-
192
tori o sodali di partito disonesti, senza mai alzare la voce
e delegando alla magistratura il compito di intervenire
(ogni tanto). O è complice per malafede o è complice per
stupidità.
4. Perchè chi non è complice (magari perchè eletto ieri)
sarà eliminato per via giudiziaria o per via criminale. La
legislazione nazionale è pensata affinchè tutti i cittadini
siano in libertà vigilata e possano essere incercerati
appena diventano scomodi. In Italia non esistono
innocenti, ma solo colpevoli non ancora accusati. Se la
legislazione non basta, c'è sempre la via criminale con le
pistole e le bombe.
5. Perchè l'astensionismo non è letto come dissenso
ma come pigrizia. I sindaci e il governo rappresentano il
20% della popolazione ma si comportano come fossero
vincitori di un plebiscito. La farsa di questa democrazia
"pseudo-rappresentativa" è tale che anche quando
voteranno in tre, chi avrà due voti governerà fingendo di
rappresentare tutti i cittadini.
6. Perchè un elettore di sinistra o centro-sinistra non
può votare i "democratici" che, oltre ad avere un capo
che fa il testimonial di Apple e della Coca-Cola, si
comportano come un"comitato d'affari della borghesia" e
si impegnano con tutte le forze per liquidare lo stato
sociale.
7 Perchè un elettore di destra o centro-destra non può
votare una improbabile coalizione invocata in ogni
193
comparsata televisiva, sapendo bene (da Fini a Verdini a
Salvini) che metà degli alleati, il giorno dopo le elezioni,
passeranno all'avversario.
8. Perchè un elettore simpatizzante di una qualunque
forza non tradizionale (CinqueStelle, Arancioni vari,
Liste autonome, ecc.) sa che se voterà per farla vincere,
la condannerà a soccombere al carcere cartaceo con lo
sputtanamento, la galera, o peggio (una bomba mafiosa o
un crimine politico).
194
Globalizzazione vs. protezionismo
Guglielmo Colombi
Noi amiamo le alternative. Come nel caso dell'euro: a
favore o contro. Non si sente mai nessuno elencare
partitamente quali vantaggi e quali svantaggi avremmo
uscendo dall'euro, e quali abbiamo restando. O cosa
dobbiamo fare per restare o uscire dall'euro riducendo al
minimo i danni: solo slogans e atti di fede. L'elezione di
Trump sta portando in voga un dibattito simile e
altrettanto inutile: globalizzazione o protezionismo.
L'idea che la globalizzazione sia il nuovo idolo della
post-modernità è idiota come quella che il protezionismo
sia l'unica salvezza. Come idiota è l'idea che si debba
scegliere fra le due opzioni. Non ci vuole un premio
Nobel per capire che la globalizzazione, come tutti i
fenomeni epocali, andava e andrebbe governata, e che un
protezionismo mirato può essere una delle leve per
attenuarne gli effetti negativi. Per esempio, anche i ciechi
laudatori della globalizzazione converranno che
proteggere il "made in Italy" è imperativo.
In dodici anni il mondo ha iniziato a cambiare
drasticamente, ma non ce ne siamo accorti. Ci sono
alcune svolte storiche che la politica italiana ha osservato
passivamente o ha affrontato scegliendo sempre la strada
peggiore. Tanti punti di biforcazione nei quali i nostri
soloni politici hanno preso sempre la direzione sbagliata.
1. Caduta del muro di Berlino (1989)
La caduta del muro è stata la prima data cruciale, che ha
195
dato la stura al predominio del capitalismo sull'intero
pianeta senza il contraltare del potere sovietico.
Avremmo dovuto capire subito che il capitalismo
sarebbe dilagato con le delocalizzazioni industriali e la
finanziarizzazione dell'economia. Avremmo dovuto
capire subito che tutto il manufatturiero di bassa qualità
si sarebbe spostato nei Paesi del terzo mondo e che la
finanza avrebbe eroso sensibilmente le sovranità
nazionali. Cosa ha fatto la politica italiana? Per mettere
sotto controllo la finanza: niente. Per compensare le
delocalizzazioni: contrazione dei diritti e delle paghe dei
lavoratori, e immissione selvaggia di un esercito di
riserva composto da migranti disperati disposti a lavorare
senza diritti e a bassissimo costo.
Cosa avrebbe dovuto fare e ancora aspettiamo che
faccia, la politica? Instaurare nuove norme per il
controllo del capitalismo finanziario; fare un piano di
riconversione industriale e della forza lavoro (dal
materiale all'immateriale); aumentare diritti e paghe dei
lavoratori più pregiati; aumentare il welfare per i
lavoratori espulsi o meno pregiati.
2. Smaterializzazione (1990 e seguenti)
Possiamo datare al 1990 la nascita della rete, anche se
era in incubazione da oltre un decennio. Tim BernersLee sviluppa proprio nel '90 il primo browser per
navigare in Rete.
I beni immateriali hanno iniziato ad avere lo stesso o più
valore di quelli materiali. Spazio e tempo hanno subìto
una mutazione epocale. Informatica, telematica, robotica
196
era ovvio che avrebbero drasticamente espulso la forza
lavoro di basso e medio livello. Era ovvio che avrebbero
dato una accelerazione agli scambi finanziari. Era ovvio
che avrebbero richiesto una seria trasformazione delle
competenze sociali e professionali. Cosa ha fatto la
politica italiana? Una struttura digitale da terzo mondo,
nessun progetto di acculturazione informatica di massa,
le istituzioni scolastiche e formative abbandonate al
progressivo degrado.
Cosa avrebbe dovuto fare e ancora aspettiamo che
faccia, la politica? Attivare una seria informatizzazione
del Paese; privilegiare gli investimenti nei settori di
produzione immateriale, materiale avanzata, e non
facilmente delocalizzabile; mettere in campo un grande
piano di istruzione e formazione, teso a convertire le
competenze della forza lavoro.
3. Torri gemelle (2001)
L'attacco alle Torri gemelle di New York è il punto di
svolta della terza guerra mondiale, iniziata con la
complicità italiana e sulla base di bugìe della CIA. Fino
ad allora il mondo islamico aveva perlopiù subìto
restando in difesa, e le sue minoranze terroristiche
avevano un spazio contenuto. Le Torri hanno sofferto
una sorta di contrattacco. Da allora, il terrorismo
islamico ha dilagato ed oggi la vita di tutto l'Occidente è
cambiata in peggio. Era ovvio che un terrorismo
all'attacco non sarebbe mai stato fermato da forze che
stavano in altri continenti, anche se soverchianti. Era
ovvio che il terrorismo sarebbe potuto essere controllato
solo da regimi islamici forti e sostenuti dall'Occidente.
197
Cosa ha fatto la politica italiana? Ha seguito servilmente
l'imperatore americano nei suoi deliri di onnipotenza, e
ha contribuito ad abbattere gli unici potenziali regimi
baluardo del terrorismo: prima in Iraq, poi in Tunisia, poi
in Libia, poi in Egitto e infine in Siria e Yemen. Dietro lo
slogan delle "primavere arabe" il Medio Oriente e il
Nord Africa, con la collaborazione attiva o
l'acquiescenza dell'Italia, sono diventati il terreno di
coltura del terrorismo che guarda all'Europa come meta.
Cosa avrebbe dovuto fare e ancora aspettiamo che
faccia, la politica? Sganciarsi dai deliri di ogni
imperatore vecchio e nuovo; riprendere la sovranità in
politica estera; negoziare e commerciare con tutti i
regimi stabili del Medio Oriente e del Nord Africa;
favorire le delocalizzazione industriali in quei Paesi in
cambio di un controllo del terrorimo e dell'emigrazione
selvaggia.
4. Sciagura euro (2002)
L'euro al posto della lira è stata la più grossa calamità
dell'Italia nel nuovo secolo. Ha raddoppiato i costi della
vita mentre i salari restavano inalterati. Ha quasi azzerato
il ruolo della Banca d'Italia. Ma soprattutto ha regalato la
sovranità del Paese. E non solo la sovranità economica,
ma anche quella giuridica, legislativa e commerciale. Gli
stesso ciechi laudatori dell'euro ammettono che non si
doveva creare una moneta senza uno Stato; che non si
dovevano far aumentare i prezzi senza aumentare dello
stesso tasso i salari; che non si doveva fare una Unione
fra Stati dal peso specifico enormemente diverso; che
non si doveva unificare una moneta senza unificare le
198
regole salariali. Cosa ha fatto la politica italiana? Carte
false per farsi accettare nel club; nessun contrappeso
all'aumento del costo della vita; nessuno spazio di
manovra a difesa della sovranità nazionale; pochissimo
protezionismo al "made in Italy".
Cosa avrebbe dovuto fare e ancora aspettiamo che
faccia, la politica? Uscire dall'euro e magari anche
dall'UE è forse chiedere troppo, ma non lo è la richiesta
di rinegoziare tutti i patti firmati che si sono mostrati
solo una trappola per l'Italia; nè l'impegno a portare
avanti una politica estera autonoma; nè la scelta di
proteggere seriamente tutti i camparti del "made in
Italy".
In conclusione, la globalizzazione è ormai inarrestabile
ma può essere governata da un Paese che si riprende la
sua sovranità, protegge la sua autonomia e le sue
peculiarità
produttive,
adeguando
alla
sfida
dell'immaterialesimo le proprie leggi finanziarie, le
condizioni di vita e lavoro dei Cittadini, la politica
estera, la cultura.
199
Timbratori e picchiatori degli uffici e
servizi pubblici
Quando inizieremo a punire i quadri intermedi, i
dirigenti e i managers ?
Adamus
Si fa sempre un gran parlare di assenteisti, timbratori
seriali e sadici picchiatori nei servizi pubblici. Il tema
viene affrontato con moralismo e giustizialismo
normativo. I "cattivi" vengono messi alla gogna e tutti
invocano drastiche misure punitive. Poco si dice dei
primi gestori dei servizi pubblici (Parlamento e Governo)
e dei secondi: i manager, i dirigenti e i quadri intermedi.
I primi gestori delle organizzazioni pubbliche di lavoro
sono il Parlamento che legifera e il Governo che
amministra. Sono questi due enti che hanno la
responsabilità di creare regole e prassi che servono a
motivare, valorizzare, supportare, controllare ed
eventualmente (in casi estremi) punire i lavoratori. Tutte
le organizzazioni sono costituite da una catena di
comando che rappresenta il secondo gestore. Questa,
parte dai top manager o amministratori, poi scende ai
dirigenti generali e di settore, e si chiude coi quadri
intermedi (capi ufficio o reparto). In genere, questa
catena di comando gode di privilegi perchè ha la
maggiore
responsabilità:
quella
di
gestire
quotidianamente l'organizzazione, nel quadro delle
regole previste, e di realizzarne gli obiettivi.
La catena di comando non può avere come prima
200
funzione quella del controllo e della punizione, bensì
quella della motivazione, della valorizzazione, e del
supporto. Una organizzazione sana non è quella che
scopre e denunzia le irregolarità o le truffe, ma quella
che le rende rarissime. In una organizzazione seria,
quando le irregolarità e le truffe si allargano, viene per
prima punita la catena di comando non tanto perchè non
ha saputo fare da gendarme, ma perchè ha consentito che
la falla si creasse e si estendesse.
Timbratori seriali e picchiatori sadici sono solo i casi
eclatanti di una malattia organizzativa, di cui la catena di
comando è responsabile. Ci sono migliaia di lavoratori
puntualissimi che spendono 2 ore al giorno nella lettura
dei quotidiani. Altre migliaia passano la giornata
lavorativa giocando ai solitari sul pc, o navigando nei siti
di appuntamento o porno. Ci sono migliaia di lavoratori
dei servizi socio-sanitari che non picchiano o insultano
gli utenti, ma li trattano ugualmente malissimo. Questa
malattia si traduce inevitabilmente in servizi e prodotti
scadenti, obiettivi mai raggiunti, spazi per relazioni
simil-mafiose. E' possibile arrivare a 13 morti sospette in
un reparto ospedaliero, è normale registrare come assenti
la metà degli operatori, e che ci si rivolga alla
magistratura, senza che la catena di comando intervenga
prima ?
La funzione di controllo, denuncia e punizione è la più
banale fra quelle affidate alla catena di comando, tanto
da poter essere svolta anche da macchine. Siamo
controllati dappertutto da telecamere, e la legge non
permette di mettere telecamere nelle macchinette timbracartellino o alla porta di uscita dell'ufficio pubblico? La
201
legge non permette di mettere spie audio-video nelle
classi o nelle camere dei disabili? Cambiate la legge.
Il motivo per cui paghiamo (e non poco) le catene di
comando sono altri. Anzitutto i risultati, seriamente
tradotti in obiettivi, posti e controllati da enti esterni e
superiori. Poi la motivazione e la valorizzazione, che si
raggiunge con incentivi anche non monetari, riunioni di
gruppo, variazioni mansionarie. Poi il supporto, che si
basa sull'affiancamento, il colloquio, il rafforzamento
formativo.
Da oltre vent'anni21 sappiamo che gli addetti alla persona
(insegnanti, operatori sociosanitari, guardie carcerarie,
ecc.) sono soggetti al "cortocircuito", in inglese burnout,
che può portare alla disaffezione al lavoro, alla
depressione o al sadismo. Da vent'anni sappiamo come
diagnosticare prontamente questo fenomeno, e
conosciamo gli strumenti per combatterlo: primo fra tutti
la supervisione.
La catena di comando che non sa gestire queste pratiche
preventive, va sostituita o trasferita o punita con la
sospensione degli incentivi, l'arresto della carriera, il
biasimo pubblico.
21
vedi AA.VV. “L’operatore cortocircuitato” ed. Arcipelago
202
Quando qualcuno comincerà a pagare?
Mircea Meti
In Italia nessuno paga mai, politicamente, per i suoi
errori. Qualche volta interviene la magistratura, ma solo
quando si tratta di veri e gravi reati. La memoria degli
italiani dura lo spazio di un telegiornale, e ciò facilita da
sempre il camuffamento, il trasformismo, il riciclo della
casta. Non si tratta di chiedere la galera per tutti quelli
che sbagliano, ma il buon gusto di togliersi dalla scena
dopo gli errori più marchiani.
Abbiamo cominciato con la mancata "epurazione" del
dopoguerra. Il famigerato Graziani venne inserito
dall'ONU nella lista dei criminali di guerra (per l'uso di
gas tossici e i bombardamenti degli ospedali della Croce
Rossa) su richiesta dell'Etiopia, ma non venne mai
processato. Fu invece processato e condannato a 19 anni
di carcere per collaborazionismo, ma, scontati quattro
mesi, fu scarcerato.
Il giuramento di fedeltà al fascismo - imposto ai
professori universitari nel 1931- ha visto solo 12
oppositori su oltre 1200 accademici. Nessuno nel
dopoguerra è stato retrocesso.
Sono ben 10 gli "scienziati" italiani firmatari del
manifesto della razza: nessuno ha perso il posto nel
dopoguerra, anzi, qualcuno ha fatto carriera. Quasi tutti i
"quadri" dirigenti, gli alti burocrati, i vertici delle forze
dell'Ordine e dell'esercito, i membri della casta fascista
sono rimasti dove erano trasformandosi in democristiani,
203
missini o comunisti. Insomma, quasi 30 milioni di
fascisti si sono riciclati come antifascisti, restando al loro
posto.
Poi è arrivato l'intervento "di pace", cioè la guerra, in
Iraq. A quel tempo ci fu una minoranza che profetizzava
che l'"esportazione della democrazia" avrebbe solo
prodotto l'esportazione del terrorismo. Profezia avverata,
ma nessuno dei sostenitori di quella follìa ha perso il
posto. Anzi ancora oggi vengono a spiegarci come si
combatte il terrorismo.
Poi è sono arrivati la UE e il famigerato euro. Tutti quelli
che l'hanno promosso, sono gli stessi che ci dicono ogni
sera dai penosi talk shows politici, che la Ue e l'euro così
come sono non funzionano e vanno cambiati. Come se
non fossero loro che hanno creato e gestito la UE e l'euro
in tutti questi anni.
Poi è arrivata l'immigrazione selvaggia, osteggiata dagli
xenofobi e favorita dagli schiavisti. Anche qui, coloro
che invitavano alla riflessione e alla prudenza furono
inascoltati ma i favorevoli alla "tratta degli schiavi" sono
quelli che oggi ci allarmano sulla possibità che sui
"barconi" passino i criminali dell'ISIS.
Infine è arrivata la "primavera araba" che alcuni
vedevano con diffidenza, mentre i più osannavano come
se si trattasse di una nuova rivoluzione francese o russa.
L'Egitto è finito con un'elezione vinta dai Fratelli
Musulmani e un seguente colpo di stato. La Libia è
passata dall'essere il Paese africano con il PIL più alto al
massacro di tutti contro tutti e l'ISIS che passeggia sul
204
Mediterraneo. Ci sarebbe da pensare che i guerrafondai
che osannavano i bombardamenti dei francesi su Tripoli
e le armi italiane date ai ribelli (ora in mano dei
massacratori), si sarebbero cosparso il capo di cenere e
andassero a coltivare agrumi. Invece. Sono tutti qui, al
loro posto, a spiegarci che la situazione è grave e siami
vicini all'"ora suprema" di un bell'intervento bellico. Alla
faccia dell'art.11 della Costituzione.
205
La responsabilità penale è individuale
La responsabilità morale è collettiva
Adamus
Di fronte alle decine di catastrofi che ogni anno si
abbattono sull'Italia, si verifica uno sdegno generale
unito alla voglia di trovare il o i colpevoli.
Contemporaneamente, si lanciano penose campagne
retoriche tendenti a difendere i territori come mere
vittime. Non c'è dubbio che sia giusto cercare e punire i
colpevoli diretti, dal momento che la responsabilità
penale è individuale. Non viene però mai fatto cenno alle
responsabilità morali che sono collettive e che
riguardano le stesse vittime.
Bastino tre esempi per tutti. L'Ilva di Taranto, la Terra
dei Fuochi e il recente caso di Viggiano. I cittadini
soffrono, piangono e si lamentano per il lavoro e la
salute perduti. Chiedono a gran voce che sia fatta
giustizia da parte della Magistratura. E hanno ragione,
sul piano giuridico. Ma sul piano morale?
Decenni di inquinamento a Taranto erano sotto gli occhi
di tutti. Autorità comunali, provinciali, regionali; forze
dell'Ordine; vigili urbani; tecnici sanitari e ambientali;
operai e sindacati dell'Ilva: tutti in quasi silenzio e per
decenni. Nella terra dei Fuochi hanno per anni visto
centinaia di camion passare davanti ai loro occhi i
cittadini, i proprietari dei campi, i vigili urbani, i tecnici
sanitari e ambientali, i politici comunali....e tutti hanno
guardato dall'altra parte. Se è vero che a Viggiano le
206
scorie venivano sversate nelle falde acquifere, dovevano
saperlo gli operai, gli impiegati, i sindacati, i dirigenti,
oltre che le autorità locali, sanitarie e ambientali e le
autorità regionali. Cosa hanno fatto le collettività locali
in tutti questi anni?
Unanime è lo sdegno e il lamento per una classe politica
irresponsabile, corrotta e avida. E' aperta la caccia al
politico della mazzetta, dei parenti, e delle mafie.
Sdegnati sono gli intellettuali delle università, che
omettono di condannare i meccanismi dei sistemi
baronali. Sdegnati sono i magistrati, che tralasciano di
spiegarci i sistemi (segreti) dei loro concorsi, delle loro
assegnazioni, e delle loro promozioni. Sdegnati sono i
pennivendoli dei mass media, che passano sopra ai loro
percorsi di carriera.
Soprattutto sdegnati sono i semplici cittadini che fanno
finta di non sapere che i politici ladri e corrotti li hanno
votati loro.
207
Il welfare è stato ucciso dai contabili
Ektor Georgiakis
Prima del disastro di fine secolo e prima della catastrofe
dei Trattati UE, c'era qualcosa che le nuove generazioni
non conoscono: il welfare state. Inteso non solo come
pensioni, ma come intervento pubblico finalizzato al
benessere dei cittadini "dalla culla alla tomba". Il welfare
state interpretava il benessere dei cittadini non come un
fatto individuale, nè come un favore clientelare nè come
un'elemosina, ma come un diritto sociale per tutti e come
il principale obiettivo di ogni Stato democratico
moderno. Il welfare state è stato un'invenzione del
socialismo nord-europeo, che l'Italia ha adottato (con
molte storture) dopo sanguinose lotte politiche, sindacali,
extraparlamentari durate trent'anni (dal 1960 al 1990
circa).
Lo Stato italiano, ispirato al welfare, (direttamente o
attraverso gli enti locali - Comuni, Province, Regioni)
ha lanciato la Scuola dell'Obbligo e le 150
ore
ha allargato gli accessi all'università
ha creato gli asili nido e le scuole materne
pubbliche
ha chiuso gli ospedali psichiatrici
ha approvato il divorzio e l'aborto
208
ha lanciato i Centri di Aggregazione, gli
Informagiovani e i progetti di prevenzione
primaria
ha sperimentato il tempo pieno scolastico
ha moltiplicato le biblioteche di quartiere
ha organizzato la sanità pubblica locale con
servizi sociosanitari per le donne, i
tossicodipendenti,i pazienti psichiatrici
ha dato una forte spinta alla formazione degli
insegnanti, dei presidi, degli operatori
sociosanitari, degli educatori
ha creato case di riposo, centri per anziani,
centri socio-assistenziali per disabili
Per realizzare tutto ciò, lo Stato e gli enti locali,
seriamente impegnati a perseguire l'obiettivo del
benessere universale, hanno dovuto formare e poi
utilizzare nuovi professionisti, quasi assenti fino al
secondo dopoguerra. Questi professionisti discendevano
dalle scienze umane e sociali che per tutto il XX secolo
hanno occupato lo scenario culturale, accademico e
scientifico. La pedagogia, la sociologia, l'antropologia, le
psicologie hanno dato vita a nuove figure professionali
formate attraverso università o centri studi para e postuniversitari, organizzate in associazioni e Ordini. Lo
scopo di questo percorso era il tentativo di fare del
welfare un fenomeno di qualità, produttore di risultati e
dalla moralità controllata. Sono così stati impegnati nel
209
welfare laureati in pedagogia e diplomati in educazione;
laureati in psicologia e specializzati in psicoterapia, in
psicoanalisi, o in altre delle tante branche della
disciplina; laureati in sociologia e statistica; laureati in
antropologia; diplomati in animazione socio-culturale o
in biblioteconomia; formatori specializzati, per masters o
corsi post-diploma o post-laurea.
Quello che lo Stato cercava e questi professionisti
offrivano
erano
qualità,
soddisfazione,
etica,
partecipazione e risultati. In primis veniva il benessere
dei cittadini, poi venivano i controlli e i rendiconti.
Intorno agli anni Novanta è iniziato il declino del
welfare. Con la caduta del muro di Berlino e la fine della
guerra fredda, il turbocapitalisto ha iniziato a mettere il
danaro prima delle persone. La battuta d'arresto decisiva
è venuta col trasferimento all'Europa dei fondi e del
potere relativi al welfare e la rinuncia della sovranità
italiana sulle politiche sociali. Il famigerato Fondo
Sociale Europeo (FSE) ha distribuito tutti i soldi che gli
Stati hanno sottratto al welfare nazionale, ma è diventato
il monopolista di controllo di tutte le attività sociosanitarie, educative, culturali e socio-assistenziali
italiane. Questo monopolio non solo ha sostituito
l'impianto culturale di "qualità, soddisfazione, etica,
partecipazione e risultati" con l'impostazione culturale
"progettazione, programmazione, controllo, rendiconto".
Le esigenze di metodo, le regole e l'etica professionali, le
scelte su base qualitativa sono state azzerate, a favore
delle esigenze contabili.
I professionisti del sociale, ispirati alle scienze umane e
210
sociali, sono stati sostituiti da contabili e burocrati, che
hanno preso la prima e l'ultima parola su ogni progetto di
welfare; da volontari fuori controllo; da faccendieri abili
solo nell' ottenere e gestire i fondi europei.
La sepoltura del welfare è poi avvenuta con la riduzione
del FSE e il suo ri-orientamento verso il lavoro invece
che sul benessere, e col "Patto di stabilità" che ha privato
tutti gli enti locali di disponibilità per il benessere dei
cittadini.
Oggi, l'elenco di voci che costituivano il welfare è
dimezzato. Molti servizi sono morti, quelli che restano
boccheggiano e sopravvivono grazie al lavoro nero e al
"volontario". I professionisti aspettano la pensione, le
loro associazioni di categoria, gli Ordini, le riviste di
settore sono già morti o in coma.
211
Dal Welfare al Selfare
Ovvero dallo Stato che si occupa del cittadino
dalla culla alla tomba, allo Stato "paga e
arrangiati, schiavo!"
Vanessa Gucci
Fino al Novecento lo Stato chiedeva sottomissione e una
modesta tassazione (prima la decima poi il focatico), in
cambio di solo due servizi essenziali: la sicurezza e la
giustizia.
Col Novecento, anche per tamponare le tensioni
rivoluzionarie di ispirazione comunista, si è imposto lo
Stato socialdemocratico del "benessere": il Welfare
State. L'idea di questa forma statale è che la
sottomissione è accompagnata da una tassazione dal 30%
al 50%, giustificata dall'impegno dello Stato a fornire
servizi tendenti al benessere "dalla culla alla tomba":
trasporti, sanità, assistenza, istruzione, pensioni, casa e
lavoro.
L'interpretazione italiana del Welfare è stata inizialmente
quello dello "Stato assistenziale": non più benessere
generalizzato, ma elemosine ai meno abbienti. La
tassazione è arrivata gradualmente intorno al 60%, ma
con la giustificazione dell'impegno pervasivo dello Stato
verso i bisogni dei cittadini più deboli. A cavallo fra il
XX e il XXI secolo lo Stato assistenziale ha subito una
graduale mutazione. La tassazione è in continuo aumento
(ìn certi casi arriva al 70% del reddito, fra balzelli diretti,
indiretti e occulti), mentre i servizi dello Stato verso i
cittadini in generale e verso i meno abbienti in
particolare scemano di anno in anno. "Paga e arrangiati,
212
schiavo!" è il messaggio dello Stato post-moderno ai
suoi cittadini.
I servizi essenziali come la sicurezza e la giustizia sono
forniti saltuariamente. Furti e violenze sono impuniti al
punto che vengono denunciati solo i più gravi. Per la
sicurezza i cittadini devono pagarsi antifurti, guardie
notturne, telecamere, assicurazioni, armi. La giustizia
civile ha milioni di cause arretrate, che portano i processi
a tempi biblici; e costa ai ricorrenti quasi sempre più di
quanto ottengono se vincono. La giustizia penale è
concentrata solo sugli omicidi e i grandi scandali: per
tutti gli altri reati il crimine paga, eccome.
La salute è un diritto, ma devi comunque pagare i tickets.
Se hai un malanno che richiede soluzioni veloci, ti
conviene pagare perchè il mitico "servizio pubblico" ha
liste di attesa di sei mesi per quasi ogni malattia. Se sei
disabile, devi affidarti alla carità pubblica. Se hai una
malattia strana devi morire, oppure affidarti a Telethon.
L'istruzione è un valore portante dello Stato. Ma lo Stato
"Paga e arrangiati, schiavo!" lascia alle famiglie l'onere
di dotare le scuole di carta igienica. Lo Stato si guarda
bene di fare una legge che imponga il rinnovo dei testi
solo per "fondati motivi": preferisce lasciare alle famiglie
il costo di dotare i pargoli ogni anno di libri "nuovi", il
cui costo è pari allo stipendio di un mese. Lo Stato non
crea collegi o ostelli per giovani universitari fuori sede:
quelli che hanno questo problema devono arrangiarsi
presso locali privati, costosi e totalmente "in nero".
Sei un terremotato o un inondato e hai perso la casa?
213
Con molta fortuna, ti aspettano 5-10 anni di container.
Sei stato sfrattato ? O occupi un appartamento
abusivamente (magari già occupato), oppure ti accomodi
in qualche macchina abbandonata, sotto i portici o in
tenda. Naturalmente le tasse devi continuare a pagarle,
direttamente oppure indirettamente: ogni pezzo di pane
che compri tu è tassato come quello che compra un
banchiere.
In Italia non ci sono strade su cui si può viaggiare oltre i
130 km. orari. Lo Stato, invece di vietare la messa in
circolazione di auto che arrivano a 200-300 all'ora, si
apposta per pizzicare quelli che superano il limite di
velocità e multarli. E' noto a tutti che le auto a benzina
inquinano moltissimo e contribuiscono al riscaldamento
del pianeta, ma lo Stato, invece di mettere al bando la
benzina, si inventa sistemi (peraltro truccati dalle case
produttrici) che dovrebbero attenuare il problema,
naturalmente a spese dei cittadini consumatori.
In Italia non è possibile fare alcunchè senza un qualche
documento o certificato dell'amministrazione pubblica,
locale o nazionale. Ti chiedono di fare un certificato, per
ottenere il quale devi recuperare almeno 5 altri
documenti, ognuno dei quali può essere ottenuto con altri
documenti. Tutti i certificati sono in possesso
dell'amministrazione pubblica, ma non saremmo degli
schiavi se non fossimo costretti a recuperali
personalmente in dieci uffci pubblici dislocati in dieci
aree diverse della città. Lo slogan della "e-governance" è
urlato dall'oligarchia, ma non prevede che gli uffici
pubblici si parlino. Uno Stato del Benessere non
dovrebbe mai chiedere al cittadino certificati o
214
documenti in possesso delle sue amministrazioni: ma
l'Italia ormai è uno Stato "paga e arrangiati, schiavo!".
Lo smaltimento dei rifiuti è un vero problema, ma lo
Stato si guarda bene dal trovare soluzioni tecnologiche
pulite. Preferisce imporre il giogo della "raccolta
differenziata" che ruba ad ogni cittadino 1 ora al giorno,
oltre a impegnarlo nello studio dei materiali.
Naturalmente, non è previsto nessuno sgravio fiscale per
il cittadino impegnato come "operatore ecologico": al
contrario, i costi per la raccolta e lo smaltimento
aumentano ogni anno, per i cittadini.
I siciliani sono perfetti sudditi dello Stato "paga e
arrangiati, schiavo!". Smotta una strada che collega due
capoluoghi: i bravi siciliani si fanno una strada
campestre a loro spese. Messina resta senz'acqua per un
mese? I catanesi non assaltano il Municipio, ma si
dotano di botti e fiaschi e vanno a prendersi l'acqua alle
fonti di montagna. I più benestanti inziano a farsi il
bagno con la minerale.
Fare acquisti alimentari e cucinare non è più per
casalinghe, protette da uno Stato attento controllore
dell'industria dell'alimentazione. Occorrono chimici e
fisici del cibo, disposti a spendere ore per leggere
etichette scritte in corpo 8, e valutare caso per caso cosa
acquistare. Lo Stato "paga e arrangiati, schiavo!" non
garantisce che gli alimenti importati dai Paesi poveri
siano prodotti in modo salutare: siamo noi che dobbiamo
leggere bene, ponderare e poi scegliere carne di bue
italiano, alimentato con mangime italiano, prodotto con
materie prime italiane. E sperando che non sia ingrassato
215
con ormoni italiani. Oggi lo Stato, atrraverso i Tg, ci dice
che un olio serio deve costare almeno sei euro. E non si
vergogna.
Gli americani hanno fatto una rivoluzione contro
l'Inghilterra per l'aumento del costo del te. I francesi
hanno decapitato una classe intera di nobili partendo
dall'ira causata dall'aumento del costo del pane. Gandhi
ha dato il via all'emancipazione indiana contestando
l'aumento del costo del sale. Noi italiani non battiamo
ciglio di fronte al fatto che lo Stato non si interessa al
rincaro di un bene di prima necessità come l'olio. I
telegiornali ci hanno ormai troppo assuefatti allo Stato
"paga e arrangiati, schiavo!".
216
Welfare, beneficienza e volontariato
Adamus
"Welfare state (ingl. «Stato del benessere»
Espressione entrata nell’uso in Gran Bretagna negli
anni della Seconda guerra mondiale, indica il complesso
(detto anche Stato sociale) di politiche pubbliche messe
in atto da uno Stato che interviene, in un’economia di
mercato, per garantire assistenza e benessere ai
cittadini, modificando e regolamentando la distribuzione
dei redditi generata dalle forze del mercato. Fino alla
Rivoluzione industriale gli interventi di protezione
sociale si manifestarono come assistenza alla povertà,
mentre nel corso del 19° sec., a seguito del processo di
industrializzazione e del sorgere della «questione
sociale», si definì un sistema di assicurazioni sociali per
fronteggiare le situazioni di disagio dei lavoratori e
costruire il consenso sociale. Fino alla metà del 20° sec.
gli interventi vennero indirizzati a determinate categorie
sociali. I primi provvedimenti a carattere universale
(anticipati negli anni Trenta dal New deal negli USA e
dai governi socialdemocratici in Svezia) furono attuati
in Gran Bretagna con il piano Beveridge (1942), che
estendeva la protezione a tutti i cittadini
indipendentemente dai contributi versati, e con
l’introduzione (1946-48) del sistema della sicurezza
sociale, affermatosi negli anni Sessanta e Settanta anche
negli altri Paesi industriali. Dagli anni Ottanta del 20°
sec. il w.s. si è ridimensionato, poiché la sua
universalizzazione e l’allungamento della vita media
hanno provocato un’eccessiva espansione della spesa
217
pubblica. Gli obiettivi del w.s. sono: assicurare un
tenore di vita minimo a tutti i cittadini, dare sicurezza a
individui e famiglie in presenza di congiunture
sfavorevoli, garantire a tutti i cittadini l’accesso ai
servizi fondamentali, come per es. istruzione e sanità. I
suoi strumenti sono corresponsioni in denaro, in
particolare nelle fasi non occupazionali del ciclo vitale
(vecchiaia, maternità ecc.) e nei casi di incapacità
lavorativa (malattia, invalidità, disoccupazione ecc.);
erogazione di servizi in natura (per es., istruzione,
sanità, abitazione ecc.); concessione di benefici fiscali
(per carichi familiari, acquisto di un’abitazione ecc.);
regolamentazione di certi aspetti dell’attività economica
(per es., locazione di abitazioni a famiglie a basso
reddito, assunzione di invalidi ecc.). Da un punto di vista
teorico-speculativo, si distinguono due possibili modelli
di protezione sociale: il modello «bismarckiano», che
prende il nome dal cancelliere tedesco O. von Bismarck,
il quale introdusse (1883-89) la prima forma di
assicurazione sociale per i lavoratori dell’industria, e
quello «beveridgiano», dal nome di W.H. Beveridge,
l’economista inglese che, come si è detto, teorizzò un
sistema di sicurezza sociale esteso a tutti i cittadini dello
Stato. Nel primo modello è centrale il principio per cui
le
prestazioni
previdenziali
sono
finanziate
esclusivamente mediante la contribuzione versata dai
lavoratori (che ne saranno poi i destinatari) e sono
proporzionate ai livelli di reddito raggiunti; invece il
secondo modello prende a riferimento come soggetto
protetto non il lavoratore ma il cittadino, attraverso la
predisposizione
di
un
sistema
di tutela universalistico finanziato mediante la fiscalità
generale. Nella realtà politica degli Stati europei si
218
riscontrano, piuttosto,
modelli."(fonte22)
differenti
ibridi
di
tali
Il welfare può essere considerato la maggiore conquista
delle moderne democrazie occidentali avanzate. Il fatto
che lo Stato si impegni a fornire a tutti i cittadini che non
possono farlo da soli, i servizi necessari ad un livello
minimo di esistenza è il più alto livello di civiltà
raggiunto dalla società umana in tutta la storia. Prima del
welfare, per secoli, tutti i cittadini dovevano cavarsela da
soli e semmai sperare nella "carità". Il welfare è stato per
la seconda metà del XX secolo, il fattore distintivo dei
regimi civili e di quelli barbarici. Usa, Urss e Cina (per
citare i casi più vistosi) possono essere considerati regimi
semi-barbarici non solo per scarsa attenzione ai diritti
civili o la bellicosità, ma anche per la esigua presenza di
un welfare nella sanità e nell'assistenza. L'Europa del
secondo dopoguerra è stata l'alfiere planetario del
Welfare, diventando per questo un faro di civiltà per tutti
i popoli. Siamo con fatica usciti dall'elemosina offerta
dalle Confraternite, dalle Dame della Carità di San
Vincenzo de' Paoli, dall'Esercito della Salvezza perchè
avevamo capito che pensioni, casa, sanità, assistenza e
istruzione non erano elargizioni dello Stato e dei ceti
benestanti, ma diritti dei cittadini.
.
Con la caduta del muro di Berlino, il capitalismo
finanziario è straripato. Approfittando della globalizzazione e della smaterializzazione della produzione della
ricchezza, nonchè delle mire imperiali americane, ed
ha assunto il governo del pianeta. Dagli Anni Novanta è
22
www.treccani.it/enciclopedia/welfare-state_(Dizionario-di-Storia)/
219
iniziato il declino del Welfare, ed ora siamo nelle mani
della carità (Caritas, Telethon e volontariato). In un
quarto di secolo abbiamo perso quello che avevamo
ottenuto nel quarto di secolo precedente.
Oggi, i malati hanno sempre meno il diritto di essere
curati: devono confidare nelle raccolte di fondi promosse
dalla tv. I disabili hanno sempre meno il diritto
all'assistenza, ma devono contare sulla dedizione di
parenti e volontari. I senzatetto non hanno più diritto alla
casa, ma devono trovarsi giacigli caldi sulle grate delle
strade, e mense della carità. Il diritto allo studio è
minacciato dai riscaldamenti spenti, i crolli dei tetti, il
balletto di docenti e supplenti precari. Catastrofi come
alluvioni, terremoti, frane e slavine sono sempre meno
un "affare" dello Stato, ma sempre di più un problema
affidato al "buon cuore" delle collette televisive e dei
volontari. Il soccorso non è più un diritto delle vittime
ma un affare di "carità", per cui le vittime devono
ringraziare.
Il volontariato è nato come benefica forza di
affiancamento ai professionisti, per situazioni o servizi
eccezionali. Oggi è diventato un sostituto delle risorse
professionali. Il volontariato non è più "a fianco" ma "al
posto". Lo Stato non sente più il dovere di assumere
pompieri, portantini o soccorritori: conta sui volontari.
Non sente più il bisogno di stanziare fondi adeguati per
la prevenzione delle catastrofi, preferisce spenderli
nell'acquisto di navi e aerei da guerra, per difenderci
dalla insidiose minacce di Cipro e Malta. Quando arriva
la catastrofe, ci devono pensare la beneficienza e il
volontariato. Negli ospedali e nei lager per anziani non
220
servono operatori socio-assistenziali: bastano i parenti e i
volontari. Per il tempo libero dei bambini non si
impiegano più educatori, animatori, assistenti
all'infanzia. Quelli che possono permetterselo vadano
nelle sale gioco, a Disneyland, o ai corsi privati di danza,
musica, karatè. Gli altri possono stare in strada, nelle
mani dei "volontari" della camorra. Persino la sicurezza
urbana è sempre meno una preoccupazione dello Stato:
devono pensarci le ronde dei volontari. L'accoglienza dei
profughi e dei migranti non è affidata a professionisti,
ma a cooperative di rapinatori o volontari.
Presto avremo anche collette per rifare le strade, che lo
Stato non ha più soldi per riparare, e volontari al posto
dei giudici e dei chirurghi, che costano troppo.
221
INFINE,
PARLIAMO DI SESSO
222
La prostituzione è una professione
Guglielmo Colombi
Se vuoi fare il caldarrostaio devi avere un certificato di
sanità, una licenza, un permesso di sosta. Devi essere
iscritto alla Camera di Commercio e/o ad una
associazione di ambulanti. Devi pagare l'iva e le tasse. Se
fai il caldarrostaio senza una di queste condizioni,
arrivano i vigili che ti multano, ti sospendono l'attività o
ti sequestrano il carrettino. Se poi si scopre che qualcuno
ti tiene legato al carrettino con una catena, questo
qualcuno viene arrestato e carcerato.
Se vuoi fare l'infermiere devi avere un diploma e un
cerificato di sanità. Puoi fare l'infermiere in un ospedale
o come libero professionista o in cooperativa. Se lavori
in una struttura, pubblica o privata, questa deve essere in
regola con le norme sanitarie e di sicurezza. Devi essere
iscritto a qualche Albo o Elenco comunale. Devi pagare
l'Iva e le tasse. Se fai l'infermiere senza una di queste
condizioni ti multano, ti radiano o ti denunciano per
esercizio abusivo della professione. Se la Guardia di
Finanza scopre che l'organizzazione cui appartieni ti
paga in nero, o ti obbliga a fare operazioni illegali, la
struttura viene chiusa e i responsabili sono arrestati.
Se vuoi fare il taxista devi avere una patente speciale e
una licenza, devi sottostare alle tariffe e agli orari
imposti dal Comune, puoi parcheggiare solo in appositi
spazi assegnati. Puoi fare il taxista solitario o far parte di
una cooperativa o di un'impresa. Devi pagare l'Iva e le
tasse. Se fai il taxista senza una di queste condizioni
223
prendi una multa, ti viene sospesa la licenza o la patente,
e magari vieni anche denunciato. Se si scopre che lavori
per un'organizzazione che opera illegalmente, c'è anche
il rischio di una denuncia di associazione per delinquere,
per te e per i tuoi capi.
Non esiste mestiere, professione, lavoro che per essere
praticato non richieda obbligatoriamente una patente,
una licenza, un diploma, un certificato. Tutti i lavori che
mettono a contatto con alimenti o con persone, esigono
certificati medici periodici. Già previsto per autisti di
mezzi pubblici e piloti di aereo, il test antidroga sarà
presto esteso anche a medici, infermieri e ostetriche.
Tutti gli sportivi sono sottoposti a controlli periodici
contro le sostanze dopanti. Anche la localizzazione di
un'attività è sottoposta ad autorizzazioni: gli ambulanti
dei mercati devono operare in posti assegnati, i macelli e
i laboratori di fuochi d'artificio devono stare lontani dai
centri abitati.
Tutti gli operatori che non seguono queste regole
vengono puniti con multe, la sospensione o anche la
chiusura e il sequestro dell'attività. Nei casi più gravi
arriva la galera. Se queste infrazioni sono commesse da
immigrati, si procede all'espulsione.
La prostituzione in Italia è legale ma non è
regolamentata come tutte le altre professioni simili, e
come in quasi tutti i Paesi europei. Il dibattito
periodicamente si infiamma con le proposte più
fantasiose: dalle multe ai clienti ai "quartieri del sesso",
dalle campagne di redenzione alla riapertura della
224
"case chiuse". Tutto per evitare la regolamentazione
professionale cui si oppongono da sempre i benpensanti.
Come ogni altra professione legale, chiunque decida di
prostituirsi, potrebbe avere un patentino, essere inserito
in un registro, sottoporsi a periodici controlli sanitari,
operare in aree o zone assegnate dal Municipio,
segnalare in quale abitazione o albergo i servizi vengono
forniti, rilasciare scontrino/ricevuta e pagare le tasse.
Tutto ciò avviene già per decine di mestieri e non si
capisce perchè l'applicazione di queste regole alla
prostituzione sarebbe disdicevole. La professione
dovrebbe poter essere esercitata individualmente, o in
organizzazioni cooperative o imprese legalmente
condotte come avviene per ogni altra attività. Questo
farebbe sparire i reati di favoreggiamento o sfruttamento
e i conseguenti fenomeni di anonimato e clandestinità.
Chi opera per favorire o organizzare la prostituzione
verrebbe sottoposto alle stesse regole imposte a chi opera
per favorire o organizzare il commercio ambulante, le
mense o i centri estetici.
Certamente, questa regolamentazione richiede uno Stato
organizzato e non un teatrino di burattini. In Italia, le
regole del commercio ambulante sono ignorate da
migliaia di immigrati e migliaia di italiani abili
falsificatori di marche famose. In Italia, le regole contro
lo sfruttamento e la riduzione in schiavitù sono ignorate
in centinaia di tenute agricole e di fabbriche di
abbigliamento. In Italia, pullulano i medici abusivi, i
falsi invalidi, gli sportivi dopati e gli evasori fiscali: cioè
coloro che "truccano" le carte. Sarà anche per tutto
225
questo che i benpensanti sono contro la regolamentazione della prostituzione: sanno che lo Stato non
saprebbe farla rispettare.
226
La sessuofobia di puritani, vetero-cattolici
e neo-vittoriani
Vanessa Gucci
Il puritanesimo è un movimento sorto nell'ambito del
protestantesimo calvinista inglese durante il XVI secolo.
La spiritualità dei puritani era basata sulla valorizzazione
dell'interiorità e della morale; essi si opponevano alle
feste e alle rappresentazioni teatrali che avevano
caratterizzato l'epoca elisabettiana (sotto il protettorato di
Oliver Cromwell in Inghilterra vennero chiusi tutti i
teatri e i luoghi di divertimento).
Il vetero-cattolicesimo è quello uscito dal Concilio di
Trento (1545-1563) e durato fino agli anni Sessanta.
L'era vittoriana coincide col regno della regina
Vittoria: dal 1837 al 1901. Ciò che accomuna queste tre
grandi correnti religiose e di pensiero è la sessuofobia,
cioè la paura e il disgusto pubblici (nel privato le cose
erano diverse) per ogni aspetto sessuale.
Mostrare i piedi, i polpacci, il collo era una
provocazione. Imbarazzanti le cosce di pollo nel piatto,
uno scandalo se la tovaglia non copriva le gambe del
tavolo.
Nell'epoca vittoriana era considerato peccaminoso
persino provare piacere durante l'atto sessuale. Risultato?
La prostituzione era diffusissima. Durante l'epoca
vittoriana le ragazze avevano atteggiamenti di modestia
esasperati: ballare quattro volte con un giovanotto dava
227
adito a chiacchiere, rimanere sola con lui in una stanza
era uno scandalo. L'unica deroga era quando il
gentiluomo doveva chiederla in sposa, ma anche questo
spesso era fatto di fronte a un pubblico che doveva
attestare che non le fosse saltato addosso durante la
dichiarazione.
Se una poveretta veniva violentata era costretta a
sposarsi su due piedi, perchè ormai compromessa.
Quando andava bene le appioppavano un partito
mediocre disposto a passare oltreil "peccatuccio" per
soldi, quando andava male le toccava sposare l'uomo che
l'aveva stuprata. Nel caso il futuro sposo avesse avuto
dubbi circa la castità della sposa, poteva richiedere un
"esame dell'imene". La ragazza era visitata da alcuni
medici che ne controllavano l'integrità. Sottoporsi a
questo esame era estremamente umiliante perchè si
presumeva colpevolezza e in ogni caso, la donna era
tacciata di comportamenti lascivi solo per il fatto che
altri uomini, oltre al futuro marito, ne avessero esaminato
o visto i genitali.
Risale a quel periodo la dicitura ancora oggi invoga di
carne bianca, per indicare la carne proveniente da
pollame e pesce. In origine questa descrizione era però
riservata solo al lascivo petto di pollo, per sostituire la
parola "petto" che era troppo osè per i canoni del tempo.
La gamba di un tavolo scoperta era un sacrilegio.
Coprire, coprire tutto: zampe di leone dei mobili, i
pomoli e gli appoggi di poltrone, tavolini, supporti e
angoliere tutto camuffato affinchè le menti degli ospiti
228
non indugiassero in pensieri sconci.
-
Ma erano tempo di grandi cambiamenti sociali. Le donne
inneggiavano all'uguaglianza dei sessi, spuntarono le
suffragette e si parlò per la prima volta di
femminismo.Non solo: i moti per le costituzioni in tutta
l'Europa, l'abolizione della schiavitù, il diritto di voto,
sono solo alcune delle battaglie che si combatterono in
quel secolo, affinchè i diritti non rimanessero solo sulla
carta. Anche l'allargamento degli orizzonti (la stampa, il
telefono, la radio) sono una conquista di quei tempi, così
come quella del cielo e del mare.
Un orizzonte così vasto può essere una mèta ambita ma
può anche far paura. I vittoriani, messi di fronte a simili
cambiamenti si trovarono spiazzati, spaventati, tentarono
di rimanere aggrappati a valori e comportamenti obsoleti
per quei tempi. Si opposero perchè spaventati a morte
specialmente i più conservatori (e all'epoca essere
progressisti non era di moda). Per questo motivo molti
comportamenti vennero estremizzati nella speranza che,
codificando gli aspetti dell'esistenza, questa rimanesse
immutata.
Quanti di questi comportamenti sono ancora in voga
oggi, nell'Occidente post-moderno ossessionato dal
"politicamete corretto"?
229
Personalizzazione vs. competenza
Sessuofobia puritana, vetero-cattolica e neovittoriana
Eva Zenith
La tempesta che si abbattuta su Trump, Weinstein,
Spacey, Tornatore e Brizzi (ma che tempo fa ha colpito
anche alcuni calciatori) assume sempre più toni
grotteschi. Chi ha commesso reati sessuali va giudicato e
carcerato, ma con lo stesso livello di garanzie che si
danno agli assassini. Se dici a qualcuno in pubblico che è
un ladro o un killer, vieni condannato per diffamazione,
anche se l'accusa è vera. Se invece accusi un uomo (mai
una donna) di usare il suo potere per fare sesso, di sedurti
in modo volgare, di allungare le mani....allora l'accusa è
sempre vera e ci mette un attimo a passare da molestia,
ad aggressione e a violenza carnale. Dire a una donna (o
a un uomo) che ha un "bel lato B" è commettere uno
stupro. Alla faccia delle vittime stuprate davvero con
ricatti, minacce fisiche e armi. I talebani neo-vittoriani
targati Usa, arrivano a dichiarare molestia, penalmente
perseguibile, tutto ciò che le donne "percepiscono"
soggettivamente come tale. L'uomo che appende sopra la
scrivania una foto di nudo femminile è condannabile per
molestie. Il prossimo passo sarà quello di arrestare le
donne in minigonna, perchè considerate moleste dai
bacchettoni.
Anche il ricatto viene equivocato. Dire a un dipendente
che se non fa sesso, non sarà pagato o sarà licenziato;
dire a una paziente che non sarà curata se non fa sesso
230
col medico; dire a una allieva che sarà bocciata se non fa
sesso col professore: queste sono minacce criminali da
punire severamente. Ma è molto diverso dire a qualcuno
che se non fa sesso, non avrà la Ferrari in regalo; non si
godrà una vacanza ai Caraibi a spese tue; non otterrà il
ruolo di protagonista in un film. Come è diverso da
quando un'allieva promette sesso in cambio di una
promozione immeritata; una dipendente promette sesso
al capo in cambio di una promozione non dovuta; una
paziente offre sesso al medico in cambio di una
mastoplastica additiva.
Si può dare un giudizio morale o estetico su questi
comportamenti, affermando che esprimono volgarità,
cinismo, arroganza, superficialità, maleducazione,
ineleganza , ma non ha senso tirare invocare l'ostracismo
sociale, la gogna mediatica o il tribunale. La teoria che
qualcuno (in genere l'uomo) usando ricchezza, potere e
status come seduzione faccia violenza, è ridicola.
Ridicola, come la teoria che considerasse violenza
finalizzata alla seduzione l'uso che qualcuno (in genere la
donna) fa della bellezza, della sensualità, del trucco e
dell'abbigliamento. Da migliaia di anni uomini e donne si
seducono a vicenda usando le armi non violente che
hanno.
La storia
1. Per secoli la pederastia greca ha svolto un ruolo
sociale accettato tra le classi dei cittadini agiati
dell'antica Grecia; questa prescriveva che un erastes (un
maschio di età compresa tra i 20 e i 40 anni) intrattenesse
una relazione sentimentale (di amoroso accudimento)
231
con un eromenos (un maschio di età compresa tra i 12 e i
18 anni), assumendo un ruolo fondamentale ed attivo
nella
sua
educazione
e
istruzione.
Tale
istituzionalizzazione sociale della pederastia non era
estranea anche alla cultura romana (la bisessualità era di
fatto la norma nelle alte sfere sociali durante i primi
secoli dell'Impero). Nessuno si è però mai sognato di
sminuire il valore delle civiltà greca e romana per
questi "vizietti".
2. Giulio Cesare, “marito di tutte le mogli e moglie di
tutti i mariti". Quando questa battuta prese a circolare per
Roma, lanciata da Curione e ripetuta da Cicerone con il
cruccio di non esserne l’autore, il primo a riderne fu
proprio lui, Caio Giulio Cesare (100-44 a. C.), né, pare,
l’impressionarono le malignità di Dolabella, secondo il
quale era stato “rivale della moglie di re Nicomede e
sponda interiore della lettiga del re”, e di Bibulo, che lo
definì “rivale della regina di Bitinia”. Le voci avevano
un fondamento: all’età di sedici anni Cesare, mandato in
missione militare in Bitinia, secondo lo storico Svetonio
sarebbe diventato l’amante del re Nicomede. Le
maldicenze venivano però bilanciate dai quattro
matrimoni e dal numero di amanti che Cesare ebbe, fra le
quali troviamo Postumia, Lollia, Tertulla, Muzia, Eunoe
regina di Mauritania, Cleopatra regina d’Egitto, oltre che
l’amatissima Servilia, madre di Bruto, alla quale
succederà nei suoi favori la figlia Terzia, di Bruto
sorella, tanto che, durante i trionfi, i legionari cantavano:
“E’ tornato il pelato sporcaccione, romani rinchiudete le
mogliere”. Malgrado tutto ciò, Giulio Cesare è
esaltato come un grande da secoli, e viene proposto
232
come modello ai nostri bambini fin dalle elementari.
3. L'imperatore Adriano ebbe una famosa relazione
omosessuale con Antinoo, conosciuto a 12 anni.
Ciononostante, Adriano viene considerato ancora
oggi il più saggio e nobile fra gli imperatori romani.
4. L'unico documento storico sulla vita sessuale del
giovane Leonardo è un'accusa di sodomia attiva
intentatagli nel 1476, quando aveva cioè 24 anni ed era
ancora lavorante presso la bottega di Andrea del
Verrocchio. Il 9 di aprile viene sporta una denuncia
anonima, che accusa un orafo adolescente (17 anni) e
dedito alla prostituzione maschile, un tal Jacopo
Saltarelli (a volte indicato anche come modello di artisti)
di essere "parte di cose assai miserabili compiute per
compiacere le persone che ne fanno richiesta". Si faceva
quindi il nome di quattro persone che avrebbero
commesso atti di sesso anale col ragazzo: un sarto di
nome Baccino, un certo Bartolomeo di Pasquino, tale
Leonardo Tornabuoni ed il precoce artista di talento
Leonardo da Vinci. Non è però mai apparso nessun
matto che chiedesse la messa in cantina delle opere
del Maestro.
5. Caravaggio non solo ha fatto delle sue conoscenze
postribolari, modelle per capolavori. Si è anche
macchiato di omicidio. Eppure nessuno si sogna di
togliere dai musei le sue opere.
6. Lolita è un romanzo di Vladimir Vladimirovic
Nabokov pubblicato a Parigi nel 1955. Il romanzo
233
suscitò scandalo per i contenuti scabrosi che vertevano
su un rapporto pedofilo e incestuoso. Infatti esso parla di
un professore di letteratura di trentasette anni che rimane
letteralmente ossessionato da una dodicenne, con la
quale viene coinvolto sessualmente dopo essere
diventato il suo patrigno. Il lavoro di Nabokov però
non ha mai smesso di essere incensato, e riprodotto
sullo schermo.
7. "La morte a Venezia" è un racconto lungo dello
scrittore tedesco Thomas Mann pubblicato nel 1912.
Considerata come una delle opere più significative di
Mann, è certamente una delle più note al grande pubblico
anche grazie all'omonimo film del 1971 per la regia di
Luchino Visconti e al melodramma Morte a Venezia
(1973) del compositore Benjamin Britten. È opinione
diffusa che il personaggio di von Aschenbach si ispiri in
parte al compositore Gustav Mahler. La storia narra di
tale Gustav von Aschenbach, famoso autore
cinquantenne, che si innamora e diventa stalker del
13/14enne Tadzio, vestito alla marinara. Thomas Mann,
Luchino Visconti, Benjamin Britten e Gustav Mahler,
oggi sarebbero messi all'indice e vedrebbero le loro
opere sui falò.
8. La passione di Charlie Chaplin per le adolescenti
(oltre che per le aspiranti attrici e le donne già sposate)
gli ha rovesciato addosso molte aspre critiche
dell'america puritana, che l'hanno spinto in esilio per
anni. Tuttavia prima della sua morte gli Usa si
scusarono tributandogli onori, e nessuno mai ha
pensato di togliere dalla circolazione i films del
234
maggiore genio comico della storia.
.
9. John Fitzgerald Kennedy è famoso per essere stato un
puttaniere impenitente, col tacito consenso della moglie.
Non si perdeva una stagista, maggiorenne o no, saltava
su ogni segretaria, ed è finito nel letto della Monroe.
Eppure a più di 50 anni dalla morte, il suo mito non è
minimamente incrinato.
10. La osannatissima Lady Diana, si è fatta una folla di
amanti che non si vergognava di descrivere in pubblico.
E' lecito dubitare che il suo appeal fosse più dovuto alla
intelligenza che al potere e allo status di "quasi" regina.
Ma i bastonatori del produttore porcino
hollywoodiano, sono vicini a chiedere a gran voce
lady D "santa subito".
11. Pier Paolo Pasolini è addirittura morto per la sua
passione verso i markettari minorenni. Fortunatamente
nessun solone sessuofobico ha messo in discussione il
ruolo di Pasolini, come uno dei pochi intellettuali e
artisti veri d'Italia.
Conclusioni
Il problema più grave della dilagante sessuofobia veterocattolica e neo-vittoriana è la confusione fra
personalizzazione e competenze. Le persone non
vengono giudicate per la qualità delle loro prestazioni,
ma per il perbenismo e conformismo sessuale che
mostrano. Non si guarda se uno sia o no un bravo
calciatore, ma se cambia troppo spesso partner sessuale..
235
Non conta se uno è bravo come attore, ma se fa proposte
sessuali a chi capita a tiro, indipendentemente dal sesso o
dall'età. Non si valuta se un regista o un produttore faccia
o no buoni films: si valuta la sua pudicizia verbale o
corporea.
La tragedia è che questo modo di ragionare finisce per
valere anche al contrario. Non importa se un chirurgo sia
bravo o meno: basta che sia onesto. Non conta se un
politico è inetto o guerrafondaio: è sufficiente che non
dica o faccia cosa che hanno a che fare col sesso.
Nessuno considera la bravura o meno di un insegnante:
puchè sia una "brava persona".
Non importa se uno canta bene o ha fatto un film da
schifo: basta che faccia beneficienza e sia fedele alla
fidanzata.
Eppure, se mi devo operare ai polmoni, voglio che il
chirurgo sia bravo: non mi importa che rubi alla Sanità.
Per i miei figli voglio in cattedra insegnanti
professionali: la sera possono andare a trans o prostitute,
e fumare crack. Se vado al cinema o a treatro, voglio
vedere un bello spettacolo: non mi interessa se la star si
ubriaca, e gira fra i camerini completamente senza
vestiti.
E infine, conosco un sacco di uomini e donne disposti
farsi palpare il lato B da un politico che garantisse un
lavoro vero, una giustizia equa e una sanità efficiente.
236
Dal primo bacio all'amore eterno
Sessuofobia puritana, vetero-cattolica e neovittoriana
Eva Zenith
Dalla makkina dei mass media (tv, cinema, pubblicità e
stampa) emerge una concezione dei rapporti fra i sessi
che esprime chiaramente una sessuofobia puritana,
vetero-cattolica e neo-vittoriana. Ogni giorno e ogni
minuto del giorno i mass media predicano ricette per
l'infelicità relazionale, sotto forma di moralismo
benpensante.
Il primo contatto deve finire nel matrimonio
Due persone si incontrano, si interessano a vicenda,
escono per una cena e conversano tranquillamente. Si
scambiano i numeri tefonici. Magari ci scappa anche un
bacio. Se il giorno dopo lui non telefona, è un puttaniere
che gioca coi sentimenti delle donne. Se è lei che non
telefona, è una poco di buono, superficiale e malfidata.
Nessuno dei due è sfiorato dall'idea di non essere
piaciuto, per qualche motivo. Se poi uno dei due vede
l'altro, dopo una settimana, baciare una terza
persona....apriti cielo ! E' un tradimento che merita
immediate ritorsioni. Un bacio fra i puritani, i veterocattolici e i neo-vittoriani deve portare al matrimonio,
altrimenti vuol dire che l'altro/a non è una persona seria.
Uno dei due telefona, e la coppia si accorda per un
secondo/terzo
incontro.
Altra
cena,
cinema,
conversazione. Magari ci scappa del petting o un
accoppiameno in macchina. Da qui in poi, almeno uno
237
dei due pensa di essere legato indissolubilmente.
Nessuno prende in considerazione che l'approccio
corporeo possa non avere incontrato i gusti dell'altro/a.
Nessuno dei due considera che, in assenza di un legame
formale, è normale che gli esseri umani esplorino
relazioni diverse alla ricerca della persona giusta.
L'aspetto corporeo e sessuale è centrale nella conoscenza
di un potenziale partner. Non è possibile un legame
duraturo fra persone che non si "conoscono"
mentalmente, caratterialmente e sessualmente. Tuttavia,
dopo un primo scambio sessuale il pensiero puritano,
vetero-cattolico e neo-vittoriano conclude che il futuro
sia deciso: fidanzamento, convivenza e matrimonio. Se
la donna sparisce dopo il primo scambio sessuale, lui si
sente autorizzato a pensare che sia una quasi-prostituta.
Se è l'uomo che sparisce, lei ha la licenza di urlare ai
quattro venti che è un verme, un traditore, uno
sfruttatore, un violentatore.
A nessuno dei due viene in mente che la prima
esperienza sessuale sia stata deludente. I due pensano di
possedersi, e una relazione con un terzo soggetto viene
già definito "tradimento", passibile delle peggiori
punizioni. La questione diventa anche più tragica nei casi
di fidanzamento o convivenza. Dopo che fra i due è
avviata una routine di incontri e scambi, verbali e
sessuali, la possibilità di un mutamento di idee di lui o di
lei è considerata una catastrofe. Nessuno dei due pensa
che c'è una bella differenza fra l'incontro a una cena,
qualche sporadico scambio sessuale e la routine del
quotidiano. Una persona può apprezzare la compagnia di
238
un'altra a frequenza saltuaria, ma considerare
insopportabile una relazione abituale e routinaria.
Eppure il pensiero puritano, vetero-cattolico e neovittoriano identifica tout court il fidanzamento e la
convivenza con il matrimonio o l'unione civile. I due
sono certi di possedersi, e una relazione con un terzo
soggetto viene definito "tradimento". Pedinamenti,
controlli telefonici, scenate, ricatti, ritorsioni, maldicenze
sono l'aspetto "leggero" di questa situazione, che
purtroppo a volte arriva anche allo stalking e alla
violenza.
Non bastano queste concezioni catastrofiche del pensiero
unico post-moderno, instillato giorno dopo giorno dai
mass media, a rendere la vita relazionale-sessuale un
carcere pericoloso. Ci sono i tabù e le proibizioni.
Tabù e proibizioni
Il pensiero puritano, vetero-cattolico e i neo-vittoriani
arriva a intrappolare gli esseri umnai in una rete di tabù e
proibizioni che rendono la infelicità ineluttabile e la
libertà impossibile. Queste regole naturalmente si
applicano ai cittadini comuni. I membri dello star system
ne sono esenti.
Niente relazioni con soggetti accoppiati, fidanzati,
conviventi o sposati
Non solo è considerata infame una relazione con un
partner sposato (il che avrebbe una qualche giustificazione), ma anche con una persona solo convivente,
239
fidanzata
e
addirittura
solo
accoppiata.
Il
grottesco è che spesso non è la persona sposata,
convivente, fidanzata o accoppiata ad essere più
stigmatizzata. E' chi "si mette con" a rischiare
maggiormente il linciaggio. Se è una donna diventa una
puttana, una sciacquetta, una rovinafamiglie. Se è un
uomo, viene definito vizioso, libertino, profittatore. Non
potendo ricorrere ai metodi del Califfato, è esclusa la
lapidazione, ma i "traditi" ricorrono a tutti i mezzi di
ritorsione legali o illegali d'uso occidentale (fino al
femminicidio o al "delitto d'onore").
Niente relazioni con parenti (fino al terzo grado) o
amici del partner, anche dopo la separazione
Quando due si lasciano, dovrebbero disinteressarsi delle
vicende sentimental-sessuali dell'altro. Invece no. Il
pensiero puritano, vetero-cattolico e neo-vittoriano si
nutre di proibizioni barbariche. Chi si mette con l'ex non
può essere un amico o un parente (fino al terzo grado e
oltre), come se la rottura creasse un cerchio invalicabile
per l'intera tribù. In questi casi solitamente non si arriva a
vendette sanguinose, ma si ricorre all'ostracismo e alla
rottura dei rapporti fra i due clan, accompagnati dalla
riprovazione dell'intera comunità.
Niente relazioni con partners che hanno 5 anni in più
o in meno
Cinque anni di differenza fra i partners è il limite
massimo dell'accettazione sociale. Se lui è più vecchio di
5 anni (per esempio, lei 18 e lui 28), richia l'accusa di
pedofilo e violentatore. Se lei è più vecchia di 5 anni (per
240
esempio, lui 21 e lei 31), passa subito come vampiro,
plagiatrice, e cacciatrice di dote.
Niente relazioni con sottoposti, allievi, pazienti,
personale di servizio, candidati a un lavoro (anche se
maggiorenni)
Le relazioni con sottoposti, allievi, pazienti, personale di
servizio, candidati a un lavoro (anche se maggiorenni)
sono considerate malissimo e rasentano sempre l'accusa
di molestie e violenza. L'idea è che non sia permessa una
relazione fra due persone che hanno diversi livelli di
potere. Il potere non può essere fonte di desiderio, per
chi non ne ha.
Stranamente, il potere della ricchezza non viene
cosiderato elemento di tabù, e nemmeno il potere della
bellezza. Se un soggetto ricco (lui o lei) ne sposa uno
povero, si tratta di una "bellissima favola" (al massimo,
lui vivrà col sospetto di arrivista). Se un soggetto
bellissimo ne sposa uno brutto, "i gusti sono gusti" (al
massimo lei -se è bella- vivrà col sospetto di essere stata
comprata).
Invece il potere "psicologico" è sempre un tabù. L'amore
è sempre escluso a priori. La segretaria col capo: lei è
un'arrivista, lui un maiale. Il professore con l'allieva
maggiorenne: lui è un pedofilo, lei una plagiata.
Medico/terapeuta e paziente non possono che esere legati
da una forma di plagio e sfruttamento di incapace.
Cameriere o cameriera e datori di lavoro: i sottoposti
sono vittime o arrivisti, i "padroni" sempre sadici
profittatori (unica eccezione: i badanti sempre vampiri e i
241
badati sempre vittime). Chi cerca lavoro (da
maggiorenne) e chi lo offre, non possono avere una
relazione: è a priori considerato ricatto. Non viene
nemmeno presa in considerazione l'ipotesi che sia chi
cerca lavoro ad offrire una prestazione sessuale in
cambio del lavoro: anche in questo caso si tratta di
ricatto del datore di lavoro.
Niente relazioni con "stranieri"
In Italia sono stranieri tutti quelli che abitano nel paese,
nella provincia, nella regione limitrofa. Nordisti e sudisti
sono stranieri. Poi ci sono quelli più stranieri di tutti: che
hanno pelle di colore diverso dal bianco, lingua diversa
dall'italiano, religione diversa da quella cattolica. Infine
ci sono gli "stranierissimi": che hanno un sesso diverso
da quello abitualmente accettato (omosessuali e
transgenders).Qui avviene uno strano capovolgimento.
La makkina dei mass media (tv, cinema, pubblicità e
stampa) descrive queste relazioni con stranieri come cosa
bella e buona, mentre la cultura popolare, ormai
impregnata dalla sessuofobìa puritana, vetero-cattolica e
neo-vittoriana, considera queste relazioni in modi che
vanno dal sospetto, alla riprovazione, al disgusto (non di
rado arrivando all'ostracismo o alla violenza).
Tutto questo, come nelle buone tradizioni della
sessuofobìa puritana, vetero-cattolica e neo-vittoriana, è
accompagnato da una realtà nella quale la prostituzione
maschile e femminile è dilagante; la pornografia è una
delle industrie più ricche del pianeta; la pedofilìa e la
violenza carnale sono reati più frequenti dei furti e delle
rapine.
242
La domanda crea l'offerta o viceversa?
La debolezza logica e la sessuofobia del
benpensantismo
Ektor Georgiakis
La debolezza logica e la sessuofobia del benpensantismo
risultano evidenti nel trattamento del problema del
disagio, del vizio e del male. Per la prostituzione lo
schema è semplice: è la domanda che crea l'offerta. Sono
i clienti viziosi e cattivi che spingono donne e uomini a
prostituirsi. Al punto che se punissimo tutti quelli che
vanno con prostitute/i, il fenomeno sparirebbe. Ancora
più cattivi sono i papponi, i mezzani e i gestori di
postriboli, che lucrano sulle povere vittime. E non
parliamo solo di quelli che rapiscono e obbligano con
violenza ad affittare il corpo. Di questi criminali non è il
caso di discutere. Vanno messi in carcere per un periodo
appena inferiore a quello degli assassini. Per i
benpensanti sono cattivi anche quelli che accompagnano
le vittime al lavoro e che guadagnano organizzando la
prostituzione.
Il fatto che migliaia di persone guadagnino sulla morte
coi funerali, sui malati negli ospedali e sui tossici nelle
comunità, è ritenuto normale e meritorio. Al contrario, è
criminale il guadagno sulla prostituzione.
Un caso simile è quello della pornografia. Anche qui
vale il principio che è la domanda a creare l'offerta. I
veri viziosi da disprezzare e stigmatizzare sono i
consumatori di pornografia. Gli attori di pornografia
243
sono vittime ma in qualche caso anche
star,
come Cicciolina, Eva Henger, Moana Pozzi, Rocco
Siffredi. Diversamente che nel caso della prostituzione,
chi guadagna sulla pornografia è considerato un
operatore dello star system, apprezzato dai media (come
Riccardo Schicchi) e premiato con statuette simili agli
Oscar.
Ora usciamo dalla zona sesso, per esaminare altre
situazioni di disagio o vizio.
Nel caso della droga il principio di colpa è ribaltato. Qui
non è più la domanda a creare l'offerta, ma il contrario. I
consumatori di droghe sono povere vittime non viziose,
mentre i venditori, i commercianti e i produttori sono
il male. Chi guadagna con la droga è un criminale, chi la
consuma è una vittima. Con qualche eccezione. Sono
vittime anche i poveri contadini andini, afghani, birmani
e colombiani che producono droga per sfamarsi. Gli
spacciatori di strada che vendono droga per sfamarsi o
per drogarsi, sono invece solo criminali da incarcerare.
Anche nel caso dell'immigrazione, non è la domanda a
creare l'offerta di gommoni. I clienti sono vittime delle
guerre, delle economie arretrate, del sogno di riscatto e i
veri demòni sono gli scafisti e i loro organizzatori.
Non importa se gli scafisti sono lavoratori morti di fame,
come criminali vanno incarcerati. Il paradosso di questa
concezione è che i benpensanti non solo tollerano, ma
incoraggiano, il consumo (cioè la domanda di passaggi
clandestini). Tuttavia si guardano bene dal soddisfare la
domanda, che considerano legittima, con un'offerta
legalizzata di voli, traghetti, treni sicuri e a basso costo.
244
Preferiscono i "salvataggi" in mare, non importa se al
costo di 30-40mila vittime.
I casi del gioco d'azzardo e dell'alcolismo sono trattati in
modo simile a quello della droga, ma più benevolo. I
consumatori sono povere vittime da aiutare, ma non
ci sono viziosi. La domanda e l'offerta sono legittime e
(non si capisce perchè) i consumatori non sono affatto
viziosi, ma vittime. I costruttori e distributori di giochi
d'azzardo, gli spacciatori e produttori di alcolici sono
onesti imprenditori promossi dai media, tassati con
favore, e invidiati per i loro fatturati. Col plauso
entusiasta dello Statao che incassa miliardi.
Infine c'è il caso dei bracconieri (specie in Africa) e dei
cacciatori di balene. Qui è sicuramente la domanda che
crea l'offerta, ma sia i venditori che i compratori sono
criminalizzati. Non importa se i bracconieri africani e i
balenieri fanno quello che fanno per fame (come i
coltivatori di coca), sono cattivi e colpevoli come e più
dei compratori di pezzi di animali per finti scopi
terapeutici o per cene raffinate. Infatti i compratori
vengono multati, i bracconiari arrestati.
P.S:
Al di fuori del disagio, del vizio e del male c'è il caso
della pubblicità. Dove il principio è ufficialmente
ribaltato: qui l'offerta è legittimata a creare la domanda.
Attori, registi, imprenditori, e mass media "spacciano"
messaggi che spingono ai consumi, e da questo
guadagnano, facendo carriere e profitti. Per i
benpensanti, qui non c'è nessun cattivo/vizioso e
nessuna vittima.
245
......E DI
EDUCAZIONE
246
Quanti anni aveva Edipo
quando ha ucciso Laio?
Eva Zenith23
I recenti crimini di minori contro i familiari fanno
giustamente scalpore. Tuttavia le riflessioni circolanti
sembrano più esorcismi che analisi. Si accusa la generale
caduta dei valori, l'assenza della famiglia e della scuola,
il deserto culturale della comunità, il materialismo
dilagante, l'influenza dei media vecchi e nuovi.
Riflessioni che non spiegano come mai, malgrado tutti
questi fattori (che pure esistono), non registriamo
massacri quotidiani di padri e madri.
Tutti trascurano la spiegazione più ovvia, cioè che esiste
il male e che i criminali sono fra noi come lo sono i
benefattori. Il bene non ha un perchè e nemmeno il male
ne ha. La negazione del male si accompagna spesso ad
una sottile forma di giustificazionismo, che sembra
essere riconosciuto sia alle madri che ai figli. I padri che
uccidono i figli sono sempre animali. Le madri che
uccidono i figli (casi recentissimi) sono sventurate. I figli
che uccidono la madre, il padre, i due genitori o l'intera
famiglia sono giovani disadattati, per i quali progettare
un veloce recupero.
Nel caso oggi in cronaca abbiamo un figlio che vuole
23
In margine al fatto di cronaca avvenuto il giorno 11-1-2017, quando sono
stati uccisi Salvatore Vincelli, 59 anni, e sua moglie Nunzia Di Gianni, 45,
ristoratori, ad opera del figlio sedicenne, aiutato da un complice
diciassettenne»
247
morti i genitori perchè non lo valorizzano abbastanza. Il
che lo rende un criminale pericoloso, che poteva fare
strage di insegnanti, colleghi di lavoro, o fidanzata (altri
soggetti potenzialmente svalutanti).
Ma abbiamo anche un "amico" (di cui tutti i compagni di
scuola parlano benissimo) che ammazza a colpi d'ascia i
genitori altrui, forse per soldi forse per amicizia. Se è per
soldi, significa che è pronto per una carriera di killer a
pagamento. Se è per l'amicizia invece è pronto a
diventare il membro di un "gruppo di fuoco" della mafia
o dell'ISIS: gruppi nei quali i legami amicali hanno
grande peso.
La storia e la mitologia sono piene di omicidi e stragi
familiari, da Caino a Edipo, da Medea a Nerone, al
grande Costantino che uccise figlio, moglie e nipote.
Perchè il male, il crimine sanguinoso, la strage
famigliare sono intrinseci alla storia umana come il bene,
la carità e l'amore. La banalità del male è come la
banalità del bene. Ci accompagnano entrambi
quotidianamente e sono sempre il frutto di una scelta,
grazie alla libertà che Dio ci ha dato.
Il giustificazionismo serve a negare la "naturalità" del
male, che fatichiamo a sopportare e che ci spaventa. Se il
male è così onnipresente può essere accanto a noi, o
anche dentro di noi. Così, la negazione del male si
esprime nel giustificazionismo delle figure più
idealizzate dalla nostra società: le donne, i minori, le
famiglie.
La presunta santità e debolezza delle donne ci porta a
248
stupirci quando una donna dirige una banda mafiosa, a
compatire una madre che uccide i figli, a sorvolare sulle
donne terroriste.
I minori, specie gli adolescenti e i giovani, sono una
"invenzione sociale" del XX secolo. Prima di allora i
bambini erano adulti incompleti, che diventavano presto
maturi, senza passaggi intermedi. L'invenzione di queste
nuove categorie sociali è stata accompagnata da una
specie di santificazione che vede nei minori solo
purezza, ingenuità e innocenza. Questa idealizzazione
non è scalfita dalle frequesti crudeltà degli adolescenti e
dei giovani verso i coetanei, o verso gli animali o verso
la famiglia; dai minori che delinquono, rubando,
scippando o sparando. E quando uccidono ci deve essere
una causa esterna perchè non possono essere cattivi. I
minori sono santi per definizione, e contro ogni prova
contraria.
La illusione della sacralità della famiglia ci fa sorvolare
che molto spesso è nella famiglia che tutti uccidono tutti:
padri che uccidono le madri, genitori che uccidono i
figli, figli che uccidono i fratelli e i genitori....da secoli.
E ci stupiamo sempre, quando accade.
249
Educare alla diversità
Vanessa Gucci
L'arma più efficace della società industriale è
l'omologazione. Il sistema ha bisogno di consumatori
tutti uguali, per fare prodotti tutti uguali, in confezioni
tutte uguali. Il consumo è solo la parte finale e visibile
del processo di omologazione, ma perchè si sviluppi, il
sistema richiede che anche i bisogni, i pensieri, le
aspirazioni, i valori siano omologati. La condizione per
comportamenti uguali è che esistano anime uguali. Il
sistema punta a omologare le anime. I mass media e le
legislazioni lavorano in sintonia per omologare,
equalizzare, smussare, levigare i corpi, i comportamenti
e le anime.
Il primo passo che ci ha portato al mondo che viviamo è
stato il depotenziamento della famiglia e la prevalenza
della scuola pubblica. In nome del "benessere" dei figli e
delle donne, lo Stato ha reso la famiglia una mera entità
di mantenimento, sottraendole la funzione di
trasmissione culturale che ha avuto per secoli. In nome
della "diffusione" dell'istruzione, lo Stato ha sottratto alla
famiglia il primato dell'educazione.
Il secondo passo è stato l'azzeramento delle comunità e
delle entità intermedie. Il sistema ha spianato le
differenze locali, i dialetti, le tradizioni culinarie; ma ha
anche portato vicino all'estinzione le appartenenze a
entità intermedie come i partiti, le associazioni culturali,
le attività ricreative non organizzate. In nome della unità
e della coesione nazionale. Non ci sono più cittadini e
250
comunità, ma solo sudditi, consumatori omologati e
Stato.
Le differenze vengono tollerate solo se si presentano
come "normali", solo se hanno un legame col consumo e
solo se non rimandano a valori "alternativi".
L'omologazione inizia presto. Ai bambini delle
elementari compriamo il cellulare per "sicurezza" e
perchè "ce l'hanno tutti". Se i pargoli fanno una qualche
attività sportiva non bastano un calzoncino e una
canottiera: ci vuole una divisa completa, possibilmente
firmata, come quella che hanno tutti. D'altronde anche i
vestitini di ogni giorno devono essere di qualità,
altrimenti i piccoli si sentono emarginati dalla classe e
dagli amici. Un tempo l'omologazione era a basso costo:
un grembiulino e un fiocco. Oggi l'uniformità deve
essere "alla moda". Tutti vestiti uguali con jeans, t-shirt,
sneakers e piumino ma "di marca".
Si continua con le costosissime "gite scolastiche" che
tutti sanno essere inutili (a volte dannose), ma cui non si
può mancare "per non sentirsi diversi". Intanto la qualità
e il prezzo del cellulare aumentano con l'età, perchè
nessun adolescente può avere un telefono che sia solo un
telefono. Allo stesso modo, con l'età aumenta il costo del
conformismo vestiario: tutti in jeans, t-shirt, sneakers e
piumino, ma di grandi firme. L'omologazione arriva al
punto di trasformare minori e adolescenti in promotori
delle grandi aziende, ma a spese dei genitori.
Naturalmente, dalla nascita alla maturità (che arriva per
251
tutti a 36 anni) l'integrazione sociale richiede almeno 4
ore al giorno di tv demenziale, almeno 4 ore al giorno di
Internet (dai social networks ai porno) e almeno un pasto
di cibo-spazzatura, con almeno tre bevande-schifezza.
Ogni adolescente che passa i pomeriggi in biblioteca,
mangia vegetariano e beve solo acqua, viene considerato
un ebete o un pericoloso cripto-terrorista. I genitori che
educano i figli ad evitare tv, discoteca e alimenti
"schifosi" vengono additati come autoritari, schiavisti e
creatori di disadattati, perchè cercano di impedire loro
"di vivere un'infazia e un'adolescenza come gli altri".
L'imperativo è "ascoltare" le inclinazioni e i desideri dei
figli, il che significa ascoltare le inclinazioni e desideri
che i mass media impongono loro. Quando poi i figli
chiedono a gran voce di fumare marjuana, ubriacarsi,
fare sesso libero e smettere di studiare, i genitori devono
saper imporre la loro autorevolezza e guidarli (coi
successi che tutti possiamo osservare).
Anche le feste sono un'occasione ghiotta per il processo
di omologazione. "Tutti" i bambini devono festeggiare
Halloween, perchè col solo Natale i negozi non
sopravvivono. "Tutti" i bambini devono festeggiare il
Carnevale ma con un abito super-confezionato: basta col
cappello del nonno, i baffi dipinti col carbocino e la
vecchia gonna rosa della mamma da lei trasformata in
mantello. Le corporazioni commerciali hanno inventato
le "feste" della mamma e del papà, che devono pagare
per ricevere il canonico regalo "come fanno tutti". Poi la
festa di San Valentino, per sostenere i produttori di
cioccolatini e di bigiotteria. Ed anche la festa della
donna, che stimola l'impresa vivaistica, quella degli
252
spogliarellisti maschili e quella degli alcolici.
Dall'adolescenza alla maturità è un obbligo divertirsi nei
campi di concentramento della trasgressione, chiamati
discoteche. Usare la vecchia cantina di casa per le festine
studentesche è gravemente illegale.
Nessuno parla dell'ipotesi di educare i figli al fatto di
essere originali, diversi, unici. Nessuno sottilinea che
perchè una cosa la "fanno tutti" non necessariamente è
intelligente. Nessuno ricorda che la Scuola Media
dell'Obbligo deve per legge favorire lo "spirito critico".
Nessuno avvisa i giovani che nazismo, fascismo e
stalinismo sono attecchiti proprio grazie al conformismo.
Nessuno segnala che anche la guerra, è un crimine che
compiono "tutti".
Poi arriva il matrimonio, e ormai il lavorìo del sistema
per omologare è completo. La durata brevissima dei
matrimoni corrisponde allo sfarzo dei consumi correlati.
Ci sono interi canali televisivi dedicati alla scelta
dell'abito bianco per il "giorno più importante della vita".
Il virginale abito bianco è d'obbligo anche per le donne
che fanno il terzo matrimonio ed hanno già due figli
(immancabilmente travestiti da "paggetti"). Come fanno
tutti, il matrimonio deve essere preceduto dalla richiesta
formale (meglio con l'uomo inginocchiato), l'anello di
fidanzamento e l'obbrobrio della serata di addio al
celibato/nubilato.
Nel corso della vita vediamo centinia di films, il cui
succo è "diventare come tutti gli altri". Dalla modella
superpagata che vuole vivere "normalmente", alla regina
253
che lotta per "essere come tutti", fino al supereroe che si
definisce "uguale a tutti". Ogni giorno la tv spaccia
campioni miliardari, potenti gerarchi politici, e
imprenditori d'assalto come "persone comuni", e le
presenta nel loro "lato umano". Gli omosessuali, invece
di far valere la loro diversità come un diritto e una
ricchezza, si affannano a definirsi "come tutti gli altri", e
a convivere e sposarsi "come fanno tutti". L'industria
della moda rende "comune" qualunque spazzatura, e,
come fanno tutti, la maggioranza si adegua. Accettiamo
come normali le labbra a canotto, i jeans strappati, le
scarpe da clown, gli ombelichi al vento e i capelli verdi,
ma inorridiamo per la diversità di un velo monacale sulle
testa delle donne musulmane. Giriamo il mondo, ma
scegliamo villaggi uguali ai nostri giardinetti, cibi uguali
a quelli della mamma, e guide/animatori che parlano la
nostra lingua. Soprrattutto, evitiamo ogni comunicazione
con gli aborigeni.
Quando qualcuno parla di educazione alla diversità
intende un'educazione che accetti il diverso, non
un'educazione per essere diversi. Il sistema
dell'omologazione rende tutti intercambiabili e tutti
sostituibili
(specie dalle macchine). "Nessuno è
indispensabile" è una dichiarazione umiliante di
insignificanza individuale, e un inno all'omologazione.
Invece tutti abbiamo il diritto di "fare la differenza",
irrompere nel mondo cambiandolo e andarcene da esso,
dopo averlo cambiato. Perchè ognuno di noi è unico,
originale, diverso e dovrebbe esserne orgoglioso.
254
Show business e star system: i nuovi
educatori
Questo programma può nuocere ai minori e a
gli adolescenti
Guglielmo Colombi
I sistemi educativi tradizionali (famiglia, scuola,
parrocchia, associazionismo, lavoro) sono da tempo in
crisi e sono stati gradualmente sostituiti dal sistema dei
media e dallo star system. Gli esempi di vita dei minori e
dei giovani non sono più i genitori o il maestro, ma il
calciatore, la cantante, la stellina o i patetici partecipanti
agli shows televisivi. I comportamenti quotidiani non si
ispirano più ai modelli reali e vicini, come i familiari, gli
educatori, i sacerdoti, gli anziani ma ai modelli forniti
dalla televisione, dal cinema, dalla musica. Anche i libri,
che nel secolo scorso fornivano ispirazione e modelli,
hanno perso il loro ruolo per la maggioranza dei minori e
dei giovani, sempre meno dediti alla lettura.
I veri educatori oggi sono gli sceneggiatori e i registi
cinematografici, i curatori delle pubbliche relazioni degli
sportivi e dei "vips" in genere, i conduttori di
trasmissioni televisive, i giornalisti di pettegolezzi sulla
carta stampata. Tutti costoro mettono in scena e
valorizzano comportamenti che diventano i soli modelli
per bambini, giovani e adulti mentalmente deboli.
Se si chiede a un bambino o una bambina cosa vuole fare
da grande non è raro sentire rispondere "il calciatore o
l'attrice". Le giovani si vestono e si truccano come la
cantante del momento. I giovani si atteggiano come il
255
divo del cinema più in voga o peggio, come l'ultimo
personaggio sfornato dal reality show del momento. Le
coppie si uniscono e si separano prendendo a modello i
comportamenti dei divi del cinema o delle variopinte
stelline che imperversano sulla stampa. La chirurgia
plastica si è diffusa sul modello in uso nello star system.
I valori più diffusi e condivisi sono quelli appresi dai
film o dai programmi tv.
In sostanza, l'attuale macchina dello show business e
dello star system ha preso il posto per secoli occupato
dalla chiesa, dalla filosofia, dall'arte, dalla letteratura.
Questa macchina è la più potente forza di controllo delle
menti della storia, perchè è la più pervasiva: irrompe
ogni minuto, in ogni persona, su ogni tema, in ogni parte
del pianeta con gli stessi messaggi mascherati da
bonario, asettico e innocuo spettacolo. Influenza,
manipola, annebbia e asservisce, ma senza dichiararlo
esplicitamente.
La Chiesa ha dato per secoli insegnamenti esplicitamente
vincolanti. La filosofia, l'arte, la letteratura hanno fornito
modelli dichiarati. Questa chiarezza ha consentito di
dissentire. L'odierna macchina dell'influenzamento
invece fa di tutto per negare la sua funzione: i films sono
solo films, gli spettacoli tv sono solo divertimento, i
giornali di pettegolezzi sono solo evasione e relax, le star
sono solo esseri umani. Persino i politici nascondono il
loro potere dietro una maschera di umanità.
Di fronte a questa finzione, come arrivare ad un pensiero
critico o antagonista o semplicemente autonomo? Le
famiglie si illudono di poter ancora educare ed orientare i
256
figli: in realtà è il sistema dei media e dello star system
ad educarli. D'altro canto i giovani si illudono di avere
progetti personali e atteggiamenti autonomi: è il sistema
a costruirli in loro, giorno dopo giorno.
257
Bambini educati con la storia del crimine
Mircea Meti
I primi insegnamenti con cui abbiamo educato i bambini
delle elementari sono la storia del fratricidio di Romolo e
Remo e il ratto delle Sabine. Poi è seguita la
mitizzazione di massacratori, serial killers e ladri.
Alessandro detto Magno, forse per la moltitudine di
uomini massacrati dalla Grecia all'India, compresi i suoi
macedoni, che ha trascinato in oltre un decennio di
guerre di conquista. Poco dopo, il grande Giulio Cesare,
che ha sterminato un paio di popoli. Di seguito il
cristianissimo e venerato Costantino, che ha accoppato
metà della sua famiglia. Poi un salto fino a Carlo, anche
lui Magno, che ha unificato una specie di protoeuropa,
dopo aver accoppato a migliaia i Longobardi, i Sassoni, i
Bavaresi e gli Avari.
Da lì siamo passati all'epopea di Colombo e dei
conquistadores, responsabili del genocidio di intere etnie
e della rapine di tutto l'oro e l'argento del sudamerica.
Infine siamo arrivati all'imperatore Napoleone,
responsabile di oltre un milione di morti, oltre che del
furto della metà delle opere d'arte italiane ed egiziane.
Tutti questi miti hanno indottrinato i bambini verso
"eroi" presentati nelle loro grandi imprese, senza il
minimo accenno alla loro discutibile vocazione etica. Le
stragi, i massacri, i genocidi e le razzìe venivano
presentati come tappe decisive verso la luminosa
modernità dell'Occidente. Che l'impero romano fosse
fondato sulla schiavitù è detto, ma solo di passaggio. Che
258
l'industrializzazione e il capitalismo poggiassero sulla
razzìa di tutte le materie prime del pianeta, la schiavitù
degli africani e la colonizzazione viene accennato, ma
come dettaglio. Niente doveva turbare l'apprendimento
del concetto di una storia ocidentale, progressiva e
radiosa. Solo occidentale, appunto. C'è un solo cattivo,
nella storia prima di Hitler: Attila, che non era
occidentale. Nessuno parlava del Medio Oriente,
dell'impero Ottomano, della Cina o del Giappone: per
essere certi che i pargoli crescessero nel brodo
dell'europocentrismo.
Lo spazio dedicato ai massacratori, i serial killers e i
ladri, di cui si dovevano imparare le importanti date di
nascita e morte, è stato talmente ampio che non restava
tempo per insegnare l'altra storia, quella della vita vera.
Sappiamo tutto sulle battaglie, le guerre, i condottieri e i
re, ma non abbiamo la più pallida idea su cosa
mangiavamo, come si vestivamo, come lavoravamo nel
passato. Impariamo a memoria i dettagli dell'omicidio di
Giulio
Cesare,
ma
non
sappiamo
nulla
dell'organizzazione sociale di Atene, di Roma o della
Francia napoleonica. Come si educavano e giocavano i
bambini? Come si curavano i malati? La storia delle
invenzioni, dell'arte, della musica, dello sport e
dell'architettura veniva vagamente raccontata nelle
scuole superiori, ma la scuola dell'Obbligo preferiva
tenerne i bambini all'oscuro. Per loro solo guerre e
rapine, e solo Occidente: forse perchè così si
preparavano alla post-modernità. Non possiamo stupirci
che molti giovani siano violenti, e che molti anziani
siano impauriti e xenofobi: l'hanno imparato a scuola.
259
260