Il testo fa parte della collana Momenti di Architettura Moderna, diretta da Giovanni Denti, per conto dell’editore Alinea di Firenze, nella quale sono stati finora dettagliatamente studiati quasi quaranta esempi di architetture moderne realizzate. In questo volume, il n. 34 della collana, viene analizzata la Facoltà di Storia a Cambridge, costruita nel 1967-68 su progetto di James Stirling. Si tratta di uno dei più noti ed interessanti edifici di architettura moderna. Peraltro costituisce uno dei capolavori dello scomparso architetto inglese, vincitore del Pritziker Prize e della medaglia d’oro del Royal Institute of British Architects. L’edificio, dal forte impianto geometrico, interamente in mattoni rossi e vetro, richiama l’immagine di una serra vittoriana, ma numerose sono le allusioni all’ingegneria industriale. La committenza, guidata da Leslie Martin, scelse il progetto di Stirling per via di uno spregiudicato impianto distributivo che prevede la grande sala di lettura al centro della vita di tutta la Facoltà. Nel testo, a partire dai numerosi commenti che sono stati prodotti, l’edificio viene analizzato criticamente, tenendo conto in particolare della influenza delle situazioni contestuali. A questo proposito si tiene conto dei rapporti che Stirling intrattenne con gli architetti della Cambridge School. Si propone inoltre una interpretazione dell’edificio come risultato della sua particolare ubicazione in un area semirurale della cittadina universitaria. Vengono inoltre individuate alcune scelte di Stirling come parti di una ricerca continua che aveva avuto altre tappe fondamentali nei progetti per il Churchill e per il Selwyn College sempre a Cambridge. Si fa inoltre riferimento al contesto della Londra degli anni ’60 e del ruolo di personaggi come lo scultore Eduardo Paolozzi, il critico Reyner Banham, il fotografo Nigel Henderson. In questo modo la influenza della Pop Art e dell’estetica del “as found” propugnata dagli Smithson viene considerarta nel spiegare alcune delle ragioni che portarono alla genesi di questo singolare edificio. Si analizza l’impianto distributivo considerandolo come un quadrante del Panopticon di Bentham, con tutte le implicazioni che ciò determina. Infine l’atteggiamento spregiudicato con il quale l’architetto mette insieme materiali eterogenei viene analizzato anche in relazione a fatti intimamente biografici come la personale attività di collezionista.