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Sciarrino fra Britten e James

2013

La Fenice prima dell’Opera 2012-2013 6 Sommario 4 La locandina 7 Sciarrino fra Britten e James di Michele Girardi 11 Gianfranco Vinay Aspern e i fantasmi dell’immaginazione 21 Giorgio Pestelli Aspern di Sciarrino (1978) 23 Luci di uno spirito sottile. Conversazione con Salvatore Sciarrino a cura di Anna Maria Morazzoni 37 Aspern: libretto e guida all’opera a cura di Emanuele Bonomi 87 Aspern in breve a cura di Tarcisio Balbo 89 Argomento – Argument – Synopsis – Handlung 95 Emanuele Bonomi Bibliografia 101 Dall’archivio storico del Teatro La Fenice Venezia: canali e Campi Elisi per Sciarrino a cura di Franco Rossi 107 Biografie Sciarrino fra Britten e James L’inventiva di Henry James ha nutrito abbondantemente le drammaturgie moderne: la sua prosa elegante, imbevuta di psicologia, l’uso raffinato del monologo interiore, il dono di saper maneggiare con maestria la suspense e, più in generale, il suo metodo di raccontare adottando il punto di vista di un personaggio esteriorizzandone le reazioni profonde, gli hanno guadagnato un posto d’onore fra gli scrittori tardo ottecenteschi e fin de siècle. Nessun melomane potrà mai scordare l’inquietudine sottile che permea le pagine di The Turn of the Screw, per citare uno dei suoi titoli più famosi e meglio adattati per la scena lirica. Sciarrino allude al capolavoro di Benjamin Britten mediante riferimenti formali (forma con variazione e Singspiel) e timbrici (orchestra da camera), come notava Giorgio Pestelli nella sua esemplare recensione della première (che ripubblichiamo in questo volume), ma anche per nessi intertestuali voluti, come la presenza di due bambini nel cast della prima assoluta fiorentina, i fratelli Georgia e Davide Lepore, la prima (scelta di gran peso drammatico) nel ruolo della decrepita Giuliana, il secondo in quello dell’ermafrodito. Come nota Tarcisio Balbo nell’In breve, Si aggiunga che la prima rappresentazione di The Turn of the Screw avviene, nel 1954, nella Venezia in cui è ambientato anche The Aspern Papers dello stesso James, e che in entrambe le opere sono impegnati, accanto agli adulti, un bambino e una bambina, e diventa sin sin troppo facile creare, a scopo esplicativo, un multiplo gioco di specchi che rimanda da Britten a James ad Aspern di Salvatore Sciarrino, che, manco a farlo apposta, fu rappresentato per la prima volta nel 1978 a Firenze: la stessa città in cui James concepì e terminò il proprio racconto nel 1887. Non solo inquietudine, ma anche orrore circola nell’opera di Sciarrino, a cominciare dall’immagine di Giuliana che il narratore recepisce come una «reliquia» che «portava sopra gli occhi un orrendo schermo verde» (I.4). Vi si aggiunga un parallelo che sorge spontaneo nell’appassionato d’opera, fra la scena del tentato furto in cui il protagonista, invaso dalla sua passione, causa la morte di Giuliana (II.15), e quella in cui Hermann, nella Dama di picche, provoca il decesso dell’incartapecorita Contessa, roso dalla pazzia, per rubarle il segreto delle tre carte. Scelte drammatiche raffinate, che assecondano magnificamente il carattere della musica di Sciarrino. The Aspern Papers è forse una delle novelle più celebri e riuscite di James, ed è forse tra le sue vicende quella che ha incontrato maggior favore di musicisti e registi, tea- 8 MICHELE GIRARDI trali, cinematografici e televisivi. Dal 1947 a oggi quattro pellicole, tra cui The Lost Moment (in italiano Gli amanti di Venezia), un thriller di Martin Gabel con molti tratti dell’horror, e un film per la televisione italiana diretto da Sandro Sequi nel 1972, protagonista Nando Gazzolo, fratello maggiore di Virginio interprete del narratore nella première di Aspern di Sciarrino sei anni dopo (solo un caso?). E se l’adattamento più celebre per il teatro di parola vide impegnata Vanessa Redgrave nel ruolo di Tita al Theatre Royal Haymarket di Londra, un’altra opera è stata ricavata dal racconto: oltre a quella di Sciarrino (1978), The Aspern Papers di Dominick Argento presentata dall’Opera di Dallas dieci anni dopo. In quest’ultimo lavoro il luogo dell’azione passa da Venezia al Lago di Como, e ancora la storia trasmigrerà una volta nelle Baleari (nel film Els papers d’Aspern di Jordi Cadena, 1991) e una persino nella foresta venezuelana (nel film di Mariana Hellmund, 2010). Strano, perché Venezia sembra proprio una sede ideale dove ambientare la fosca vicenda, e venne scelta proprio per il suo fascino cupo da James, che scrisse gran parte del racconto ospite di un’amica americana in un palazzo veneziano, nel febbraio 1887. Sciarrino valorizza questa scelta affidando al timbro del complesso strumentale un ruolo di primo piano, visto che l’opera, in realtà, è prevalentemente recitata dai tre attori. Una sola voce, di soprano, interviene intonando versi di Lorenzo Da Ponte: scelta emblematica, che inspessisce il tessuto simbolico della drammaturgia, pur rimanendo l’interprete quasi sempre assente dalla scena. Come nota Gianfranco Vinay nel saggio iniziale Introducendo, nel corso di cinque scene, frammenti di celebri testi di Da Ponte tratti dalle Nozze di Figaro, Sciarrino realizza in Aspern uno scarto ironico della stessa natura, ma ben più accentuato per l’importanza che esso assume nella struttura formale dell’opera. Il soprano fuori scena (nella loggia reale, lo ricordiamo, in mezzo agli strumentisti in occasione della première fiorentina) sminuzza il testo in vocalizzi basati su figure musicali del tipo: messe di voce trillate seguite da salti intervallari preceduti da acciaccature. Si viene così a realizzare un doppio straniamento: fra il canto e la scena, e fra il testo di Da Ponte e la musica di Sciarrino. Un altro tipo di straniamento consiste nel fatto che i frammenti realizzano una sorta di commento ironico nei confronti dell’azione in corso. In questo volume pubblichiamo anche un’intervista che Salvatore Sciarrino ha espressamente rilasciato a Anna Maria Morazzoni. Il lettore scoprirà in questa conversazione un uomo colto e curioso, attento a ogni sfumatura del reale, e ben consapevole del suo ruolo nel panorama musicale di oggi (e si legga la ricca bibliografia curata da Emanuele Bonomi in proposito). Con questa ripresa di Aspern, tappa importante del suo teatro, La Fenice riprende un discorso fattosi discontinuo, dopo aver offerto un posto al sole all’enfant prodige siciliano fin dal 1969: come auspica Franco Rossi, valutando il rapporto tra il compositore e le istituzioni musicali veneziane, ora si apre una nuova storia. Michele Girardi