2020, Infosfera e Sistema: cosa resta dell'umano
Infosfera e Sistema: cosa resta dell’umano. Lo sviluppo e, conseguentemente, la diffusione delle tecnologie è attualmente a un tale stato d’avanzamento che persino la riflessione su di esse ne risulta influenzata; lontana da fideismi ingenui, come dai pregiudizi infondati, il pensiero contemporaneo si trova a fare i conti con l’ineliminabilità – quando non la necessità – dei mezzi tecnologici in grado di coordinare e agevolare le prassi quotidiane di tutti gli attori coinvolti nella globalizzazione, ma anche di fronteggiare le emergenze sanitarie che sono entrate, nostro malgrado, a far parte della nostra recente esperienza collettiva. In Virus sovrano?, la speculazione di Di Cesare sulla pandemia di SARS-CoV-2, che ha colpito il mondo dall’inizio di quest’anno, si pronuncia sul governo degli esperti in termini che possono essere facilmente applicati al governo della tecnologia, quando privata della riflessione etica; leggiamo infatti: […] ovunque l’esperto è interpellato […]. Eppure la sua competenza non è una garanzia. Se è un depositario di un sapere specifico, e come tale va ascoltato, non è detto che abbia più esperienza e saggezza di altri. Se conosce alcuni mezzi, non necessariamente vede con lucidità i fini. Può darsi, anzi, che li veda meno di altri. L’esperto è come il timoniere di Agamennone, che riuscì a riportare a casa il suo padrone – dove però fu ucciso. Considerando la tecnologia come un sapere specifico tra gli altri, vale quindi la pena soffermarsi sulle parole di Di Cesare e di riflettere non solo, sulla miopia dei fini intrinseca alla tecnica, ma specialmente sulle conseguenze antropologiche che questa eccedenza dei mezzi provoca nell’umanità. Eppure, a partire dalla connessione aristotelica tra intelligenza umana e uso delle mani, per cui è solo l’uomo ad avere nella mano “lo strumento in grado di utilizzare il più gran numero di altri strumenti” e, conseguentemente, ad essere in grado di impadronirsi – a differenza degli altri animali – del maggior numero di tecniche, molti filosofi – tra cui Adriano Palma – hanno pertinentemente osservato come l’avversione alla tecnica si tradurrebbe in una miopia equivalente a quella della tecnica, andando a criticare quell’animalità di cui l’uomo non riuscirebbe, nemmeno volendo, a liberarsi. È chiaro che, pur rilevando e ammettendo la distanza tra i possibili punti d’osservazione, qualsiasi speculazione che voglia apportare un contributo al tema della mutazione antropologica contemporanea, per effetto della tecnica, debba nutrirsi di una letteratura sempre più specifica, per comprendere la portata delle attuali scoperte e per collocarsi in un territorio di neutralità vigile e cosciente, ricco di interrogativi e al riparo da quelle risposte pronte a dimostrarsi insufficienti, se indagate dal punto di vista dell’operatività collettiva. A tal proposito, il nostro contributo si presenta come una rilettura della relazione tra sistema e ambiente, analizzata da Luhmann in Sistemi sociali, alla luce del concetto di infosfera, elaborato da Floridi. Se infatti, l’ambiente non è una categoria residuale, ma il presupposto dell’identità del sistema – anche quando si costituisce in termini differenziali – e Floridi definisce l’infosfera attuale come “l’intero ambiente informazionale costituito da tutti gli enti informazionali, le loro proprietà, interazioni, processi e reciproche relazioni”, ma anche come “realtà” – a patto che si intenda quest’ultima in termini puramente informazionali – è chiaro fino a che punto un confronto tra i termini ci aiuterà a delineare i tratti dell’individualità contemporanea. Non meno importante: la capacità di auto-osservazione da parte di ogni sistema, ci dimostra la capacità del sistema di analizzare il rapporto che esso intrattiene con l’ambiente; poiché tale rapporto si delinea in termini di differenziazione e ha come finalità sistemica la riproduzione etopoietica, un’indagine sui caratteri dell’infosfera e sulla necessità antropologica di accompagnare eticamente lo sviluppo tecnologico sarebbe coerente alla proceduralità del sistema e, in ultima analisi, funzionale allo sopravvivenza dello stesso.