LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
Eccesso, limite, soglia. Verso un’ecologia del tecnologico?
di CRISTINA COCCIMIGLIO
Abstract
In Jacques Ellul’s texts around technique, there are at least two important implicit
declensions of the theme of excess or about the risks connected to a systematic avoidance
of the limit and limits: one is related to the potential loss of capacity of symbolization in the
technical environment and the other concerns the consequences of the affirmation of the
accelerationism paradigm on the human perception of time. Both aspects can be analyzed
in the light of his wish to achieve an ethic of non-power in the technological society, which
he theorized starting from the early 1980s. In fact, the author bases the essential traits of
the criticism he addresses to the technical system, on the myth of efficiency and the
sacralization of technology, which he described characteristics and peculiarities already in
the mid-sixties. The central theme of this article is postmodernism and its relationship with
the paradigm offered by Jacques Ellul. The distinctive and most interesting aspects of Ellul’s
thought, which are well suitable for a reflection in relation to other currents of
contemporary thought, lie in the ambivalent nature of technique, in its autonomy linked to
efficiency, in the core value of the concept of both; technical environment and the limit, in
the visionary anticipations on the ideological domination of (computer) data and in the
reflections on cybernetics.
Premessa
«Volevamo essere più efficienti. (…)
Rimuovendo la singolarità si guadagna in
efficienza ma anche in fragilità».
Bernard Stiegler, 1952-2020
La mia proposta di riflessione sul tema dell’eccesso si sviluppa a partire dal contributo di Jacques Ellul (Bordeaux 1912 – Pessac 1994), pensatore definito inclassificabile1, protestante anarchico, seguace della non-potenza. Sul mito dell’efficienza
e della sacralizzazione della tecnica egli fonda i tratti essenziali della critica che rivolge al sistema tecnico (Ellul 1977), di cui descrisse caratteristiche e peculiarità, già
a partire dalla metà degli anni settanta del XX secolo. L’ideologia tecnica sarebbe
1
Un “pensatore atipico, inclassificabile, che è andato oltre i limiti delle discipline” (cit. François
Dosse).
121
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
dunque una sorta di corsa permanente all’innovazione, alimentata dalla propaganda2. Non è immediatamente la tecnica, intesa come ricerca della soluzione più
efficace ed efficiente in ogni ambito, a minacciare la libertà ma l’affermazione di essa
come una vera religione condivisa da tutta la società nel suo complesso3.
Negli scritti di Jacques Ellul sono presenti almeno due importanti declinazioni
implicite del tema dell’eccesso e dei rischi connessi a una sistematica elusione del
limite e della responsabilità di auto-limitarsi: uno relativo alla potenziale perdita di
capacità di simbolizzazione nell’ambiente tecnico e l’altra relativa alle conseguenze
della affermazione del paradigma dell’accelerazione sulla percezione umana del
tempo. Entrambi gli aspetti sono analizzabili alla luce del suo auspicio che si realizzi
un’etica della non-potenza per la società tecnologica, teorizzata a partire dai primi
anni ottanta.
Per quanto Jacques Ellul fosse un pensatore estraneo alla impostazione del postmoderno, la mia tesi è che esistono delle connessioni tra il suo pensiero e la pars
destruens dello spirito che permea quest’ultimo. Non è certo un rappresentante del
cosiddetto pensiero debole ma condivide con i postmoderni l’identificazione di alcune discutibili direttrici della modernità: tra tutte egli discute la propensione a
identificare sempre ciò che è nuovo con ciò che è migliore e la tendenza a concepire
la storia sempre in termini di emancipazione.
Alcuni elementi presenti in modo distinto nei suoi scritti di etica e politica, in relazione alla questione della tecnica, fanno dell’autore francese un precursore4 di una
prospettiva che propongo di sintetizzare nei termini di ecologia del tecnologico5, per
abitare tecnologicamente6 il mondo. Un’ecologia non più reticolare ma connettiva
2
3
4
5
6
In relazione alla nozione di inflation technicienne si veda Patrick Chastenet: https://www.revuefarouest.fr/linflationtechnicienne/?fbclid=IwAR1lxEfVUWTHS9WLsVmXEt4p25iFMaaJ6PMndWOnUff25bAPxg6XGWciPE.
Il principio guida, “agisci localmente e pensa globalmente”, che Jacques Ellul enunciò in una nota
intervista va letto proprio nei termini di superamento di una logica dell’efficienza e della concorrenza e nel recupero di un progetto comune a partire dalla responsabilizzazione di ciascun essere
umano.
Ellul, con la sua analisi in alcuni frangenti catastrofista, in ogni modo, contribuisce a porre le basi
per una analisi sintomatologica del sistema tecnico, sebbene non gli appartenga una proposta farmacologico-costruttiva come quella presente nella riflessione di filosofi contemporanei come Bernard Stiegler.
La nozione di “ecologia della tecnologia” di Willem H. Vanderburg, invece, affronta il seguente
aspetto: l’economia della tecnologia allontana i contesti della vita umana, della società e della biosfera, lasciando solo gli input e gli output che collegano questi contesti alla tecnologia. L’ecologia
della tecnologia include la considerazione di output indesiderati, il significato e il valore di tutti
gli input e output per mezzo dei quali la tecnologia è integrata, dipende e interagisce con i suoi
contesti, nella misura in cui ciò è rilevante per il particolare problema di volta in volta indagato
(Vanderburg 2000: 16). Cfr. Wha-Chul 2004: 518–533.
È utile richiamare la differenza tra tecnica e tecnologia. La prima non è un discorso ma è una
azione nel mondo reale, un gesto. Le filosofie della tecnica, cercando di comprendere altra cosa
che la scienza, appartengono alle filosofie dell’azione più che alle filosofie della conoscenza: si
interessano di relazioni mezzi-fini, uso degli oggetti, rischi e benefici. Se l’oggetto è tecnico, il gesto
è tecnologico (Puech 2018: 40). Per esemplificare: la scrittura è una tecnica, la stampa è una tecnologia. Sulla storia del termine tecnologia si vedano Jean-Jacques Salomon (1992: 70) e Carl Mitcham (1994: 128).
122
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
che preveda di prendere in carico il pensiero della/sulla tecnica e non di rimuoverlo
assumendo un atteggiamento tecnofobo. Solo passando attraverso ciò che ho definito una ecologia del (discorso) tecnologico e un’analisi degli effetti negativi, i sintomi
di un sistema tecnico controverso si fanno generazione e creazione e, aggiungerei,
la tecnica si può far cura.
Proprio l’aspetto della connettività caratterizza in modo esemplare la definizione
elluliana di sistema tecnico. Tra le più illuminanti anticipazioni ad esso collegate vi
è la tematizzazione del concetto di ambiente tecnico, inteso in linea di continuità con
il concetto di ambiente associato elaborato da Gilbert Simondon, inteso come insieme di reti che producono diversità attraverso dinamiche autopoietiche, dunque
da intendersi nel senso di un ambiente che si origina contestualmente all’individuo
durante la sua individuazione psichica e collettiva e ne garantisce le sue future dinamiche, la “vitalità” e il sorgere di “nuove fasi” all’interno del sistema. Il concetto di
vitalità è però estraneo a Ellul che utilizza, in realtà, il concetto di essenza dell’uomo
e dell’umano, a suo avviso messa in discussione, nel XX secolo, dall’avvento di una
sistema tecnico fondato su autonomia, propaganda e efficienza.
Con la critica alla retorica novecentesca dell’uomo misura di ogni cosa, egli denuncia il compimento dello spirto dell’umanismo nel trionfo dell’individualismo tecnico;
l’uomo si fa capitale umano, fattore di produzione di una tecnica che non ha sempre
necessariamente causato disastri ma ne ha reso possibile l’estensione. Per Jacques
Ellul quella che comunemente viene definita “postmodernità” ha un limite: sostituisce alle grandi narrazioni tante piccole narrazioni frammentate. La tecnica e l’ambiente tecnico (Ellul 1954; 1977) possono produrre una varietà di piccoli racconti,
piccole narrazioni che si rivelano superficiali. In linea con la filosofia postmoderna,
egli rifiuta di identificare la ragione con la ragione tecno-scientifica e di concepire
l’uomo come padrone incontrastato di ambiente e natura. A questo proposito,
Lyotard ci ricorda che la postmodernità non è un’epoca nuova ma la riscrittura di
alcuni dei tratti rivendicati dalla modernità e, innanzitutto, della pretesa di fondare
la sua legittimità sul progetto di emancipazione dell’umanità intera grazie alla
scienza e alla tecnica; né la modernità, né la postmodernità possono dunque essere
in fondo identificate e definite come entità storiche chiaramente circoscritte.
L’autore bordolese, sul piano etico, condivide l’esigenza dei postmoderni di una
ragione tollerante nemica di forme di dispotismo pratico e, influenzato da Bernard
Charbonneau, una spiccata sensibilità per i temi ecologici. Sulla questione dei media
e delle tecnologie tuttavia Jacques Ellul è più vicino ai francofortesi, i quali nei mezzi
di comunicazione di massa scorgevano degli strumenti di mistificazione.
Tuttavia il concetto filosofico di postmoderno non può essere dilatato oltre misura
e in modo inappropriato. Va ricordato che negli anni ’60, la Francia stava passando
da un lungo periodo di stabilità istituzionale e culturale a un periodo di crisi e da
un’atmosfera intellettuale di umanesimo critico a una di ascesa della popolarità
dello strutturalismo. Ellul si confrontò con Les mots et les choses di Michel Foucault
(1966), offrendo una critica sociologica allo strutturalismo e una proposta che lo
123
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
studioso J.M. Rollison ha definito un’etica teologica dei media e della comunicazione
per l’età postmoderna.
Nonostante la forte presenza della fede protestante e il richiamo alla trascendenza, il nostro autore condivide però le preoccupazioni e le matrici dell’atmosfera
postmoderna (rimanendo molto distante da coloro che ne hanno contribuito all’elaborazione, Vattimo e Lyotard tra tutti) e l’incredulità nei confronti delle narrazioni
mistificatrici a giustificazione dello status quo socio-politico. Tra tutte, in modo particolare, quella sul bluff dell’efficienza della tecnica al quale dedica il volume Le bluff
technologique (Ellul 1988). La precisazione sulla distanza e alla vicinanza di Ellul
rispetto all’atmosfera culturale e socio-politica dell’Europa della seconda metà degli
anni settanta del Novecento aiuta a comprendere in che modo, a partire da queste
premesse, nei suoi scritti egli abbia, a mio avviso, implicitamente preso in carico il
tema dell’eccesso, affrontando questione ecologica e questione della tecnica in modo
osmotico.
Va premesso che, in tutta la sua produzione, sin dai primi lavori, è presente una
attenzione all’analisi della società tecnicizzata in relazione al bisogno di riflettere
sulle modalità di gestione delle problematiche ecologiche, intese nel modo in precedenza descritto. A partire dagli anni trenta del Novecento, nell’ambito della corrente
personalista, con l’amico Bernard Charbonneau (Morillon-Brière 2014), pioniere
dell’ecologia in Francia (Charbonnier 2015), fu «all’origine della fazione più individualista, più anti-autoritaria e regionalista del movimento personalista, ma anche
quella con le tendenze più ecologiche». Lo studioso Christian Roy (1999) descrive
questo gruppo come la Scuola di Bordeaux7. Il “personalismo guascone”8 che aveva
le sue radici nelle discussioni condivise tra Bernard Charbonneau e Jacques Ellul,
sebbene abbia riguardato solo una prima fase della vita intellettuale di quest’ultimo,
ne ha segnato tutte le opere successive e l’attenzione verso l’ecologia politica.
La tecnica sconvolge la relazione tradizionale tra Teoria e Pratica. L’errore
dell’interpretazione marxista della relazione tra Teoria e Pratica in relazione
alla società tecnica è stato validamente messo in luce da Charbonneau (Le Système et le chaos, cit.): «Come passare dalla teoria alla realtà, in un mondo in cui,
mentre la teoria diviene monopolio della scienza, la pratica diviene quello dello
Stato?9 (Ellul 1954: 64)
La consapevolezza “ecologica” di Jacques Ellul precede il suo impegno militante all’interno del
Comitato di difesa della Costa dell'Aquitania, presieduto dall’amico Bernard Charbonneau dal
1973 al 1977.
8
L’impostazione di Ellul e Charbonneau condivide con Ordre Nouveau il dibattito sulla decentralizzazione della politica ma presto se ne distanzia e promuove principalmente l’attenzione alla dimensione della comunità. Si tratta di una corrente meno nietzscheana di quella legata alla rivista
Ordre Nouveau e con radici protestanti (Loubet de Bayle 2004). Jacques Ellul riconosce il suo debito intellettuale e spirituale verso Bernard Charbonneau in termini inequivocabili: «è stato l’elemento decisivo nello sviluppo della mia personalità come nella mia vita intellettuale, ha avuto
un’influenza decisiva su di me, è stato l’innesco di tutta la mia evoluzione».
9. Si veda anche Charbonneau 1987; 2000 e 1983.
7
124
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
All’interno del movimento personalista fondato da Emmanuel Mounier attorno
alla rivista Esprit, Ellul e Bernard Charbonneau sviluppano una visione significativa
e atipica della tecnologia, nel tentativo di definire, secondo le linee cristiane, una
terza via tra il marxismo e il liberalismo.
Jacques Ellul affronta indirettamente il tema dell’eccesso valorizzando il concetto
di limite nell’ambito della questione (in cui è chiara la matrice filo-ecologista) del
rapporto tra non potenza e tecnica. Ad esso dedica in particolare due articoli (Ellul
1980b; 1980c). Non solo il tema dell’ambiente si rivela centrale: a partire da questi
lavori, è infatti in particolare analizzabile una prospettiva che ridisegna la necessità
della costruzione di un limite, di una soglia oltre la quale è in questione quello che
egli ha definito l’enjeu du siècle, cioè la posta in gioco del secolo, ovvero il destino
dell’essere umano nel sistema tecnico. Questi rischia di essere espropriato di se
stesso e della capacità di simbolizzare, a causa dell’azione autonoma e automatica
della tecnica. I termini limite e soglia ricorrono in particolare nei passaggi nei quali
Jacques Ellul fa riferimento a Ivan Illich (Ellul 1980b: 206)10, pertanto la sua riflessione viene presa a modello in seguito da alcuni teorizzatori della teoria della decrescita (Latouche 2014).
Il tema della non-potenza è declinato nei termini di messa in discussione di un
tipo di progresso che non si cura di una ragionevole limitazione e apre a un esercizio
di una capacità di azione che non si pone il problema di farsi carico della possibilità
che esso implichi una messa in questione dell’essenza dell’essere umano. Su
quest’ultima Lyotard aveva affermato
l’adulto può a sua volta aspirare alla piena umanità, alla realizzazione effettiva
dello spirito come coscienza, conoscenza e volontà. Il fatto che gli resti sempre
da affrancarsi dalla oscura selvatichezza della sua infanzia effettuandone così la
promessa, è precisamente la condizione dell’uomo. (Lyotard, 2001: 20)
Jacques Ellul intende l’essenza dell’essere umano come intimamente connessa al
divino ma riconosce anche la tecnica come un tratto costitutivo imprescindibile
dell’umano e non sottovaluta l’aspetto della carne, esaltando unicamente lo spirito.
Nei testi in cui l’autore tratta di questioni11 strettamente connesse all’esigenza di
una proposta per un’etica per una società tecnologica, il tema quindi si presenta controverso quanto il concetto di limite che esso implica.
10
11
Jacques Ellul immaginava inevitabile la proletarizzazione in una società tecnologica produttivista.
Insiste sull’impatto strutturale della tecnica mentre Ivan Illich (che si definì debitore del pensiero
di Ellul) insiste sulla sua dimensione politica, in termini di dominio di alcuni gruppi sociali su altri.
La tematizzazione del concetto di limite risulta, tra l’altro, quanto mai opportuna anche nella individuazione dello statuto della proposta di Ellul nel panorama dei pensatori della tecnica del
Novecento: la sua è una riflessione transdisciplinare. E questo fa di lui un pensatore del limite, dei
margini. Difficile definirlo o etichettarlo. La questione della tecnica è ambivalente e in quanto tale
va indagata così ed è tra l’altro questa la cifra distintiva della filosofia francese della tecnologia.
L'esistenza di quest’ultima è ancora discutibile, non ha esistenza istituzionale nell'accademia
francese come in Germania, Paesi Bassi e Stati Uniti.
125
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
Per Jacques Ellul il limite si fonda su un atto libero dell’uomo, una decisione che
non è imposta né dalla coercizione oggettiva né dai risultati di un’azione. Esso12 è
ciò che l’uomo decide di non oltrepassare. Non è il risultato di un calcolo o di un
bilancio, o di una valutazione delle opportunità. È un giudizio etico ed è ciò che rende
l’uomo responsabile. L’essere umano si dimostra tale dal momento in cui ha stabilito
questa regola, questo principio, questo limite, affermando sia la natura “sacra” della
vita che l'auto-limitazione di ciò che normalmente sarebbe possibile per lui. Questa
decisione di impostare un limite fa parte di un aspetto artificiale che è specifico
dell’uomo. Si tratta di un artificiale che tende a misurare, per limitare azioni invasive
o pericolose. Jacques Ellul ritiene espressamente che tutta l’etica vada costruita tenendo conto del principio evangelico del “non uccidere” e del non nuocere ad altri o
ad altro.
Si può ipotizzare che riecheggi qui una suggestione che anima anche un passaggio
di Anima Minima del filosofo Lyotard. Qui si sottolinea che affinché ci sia una morale
deve sussistere una sorta di interesse disinteressato; la legge morale esige il suo proprio interesse e non quello dell’io (Lyotard 2001: 66): il concetto di bene e male non
vengono prima di questa legge morale. Data la legge morale che pone cosa è bene e
cosa è male, si auspica la rinuncia all’interesse personale, perché l’essere umano ottenga un accreditamento come essere razionale. Sul tema del limite Lyotard richiama il concetto di “reale”, in senso psicoanalitico da intendersi come ciò che
sfugge alla maglia dei simboli e dell’immaginario: un fondo costituito dall’irrappresentabilità, un residuo, uno scarto del pensiero. La mia ipotesi è che in Ellul sia possibile far coincidere questo concetto con la parola, con la Speranza cristiana, da un
lato, e con il corpo del vivente (Leib), dall’altro lato. Mentre il reale in Lyotard è inteso come residuo, come ciò che determina una sorta di godimento, in Ellul invece è
dato dalla possibilità di metter fine al senso di abbandono attraverso l’accesso a una
dimensione altra, come risulta esplicito nella sua opera La speranza dimenticata
(1975).
Quella del limite resta una nozione quanto mai attuale oggi, in un momento in cui
si ripresentano con urgenza i dibattiti sull’accelerazionismo e un rilancio dei temi
ecologici. Come sostiene anche la studiosa Isabelle Lamaud nel saggio Against Environmental Protection? Ecological Modernization as “Technician Ecology” (in Jerónimo, Garcia, & Mitcham 2013), la gestione ambientale vista da una prospettiva elluliana si colloca agli antipodi rispetto alla teoria della modernizzazione ecologica13,
12
13
Su questo tema, la rivista protestante francese Réforme ha appena pubblicato un testo inedito
tratto da un manoscritto di prossima pubblicazione a cura del figlio di Jacques, Yves Ellul. Qui
l’autore bordolese metteva in luce come il limite non può essere imposto dalla natura, da Dio o da
qualsiasi forza esterna, ma unicamente dall’essere umano capace di limitarsi.
La modernizzazione ecologica è una corrente di pensiero integrabile nel quadro post-industriale
moderno come studiato da Latour (1997), in cui la scienza e la tecnica sono strettamente separate
dalle preoccupazioni sociali e politiche, e non più messe in discussione per come si sviluppano e
progrediscono. Proponendo che i problemi ambientali vengano trattati come oggetti con soluzioni
tecniche, questo paradigma scoraggia l’interrogazione delle convinzioni moderniste che sostengono il mito del progresso tecnico. Come sostiene anche Lamaud, essa può dunque essere analizzata come un'ideologia la cui caratteristica principale è consentire il perseguimento dello
126
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
frutto di un’ideologia che non riesce a mettere in discussione il progresso tecnico.
La filosofia di Jacques Ellul14 preferisce invece fare lo sforzo di comprendere la tecnica e renderne visibili le conseguenze socio-politiche ed esistenziali, in contrasto
con la tendenza dominante a omettere la questione dell’autonomia tecnica. Per Jacques Ellul, è solo quando gli esseri umani rinunciano a mettere in discussione lo sviluppo tecnico che allora esso diventa autonomo e ingovernabile.
Il diffuso entusiasmo tecnologico degli ultimi venti anni nasconde la rilevanza di
questa visione. Jacques Ellul ha sottolineato la natura ambivalente del fenomeno tecnologico. Trattare di protezione dell’ambiente e di ecologia senza mettere in discussione il progresso tecnico, la società dei tecnici e la preminenza del principio di efficienza si sarebbe, in effetti, storicamente presto rivelato inutile e dannoso. Se l’ecologia riguarda il rapporto degli esseri umani con la natura o il modo in cui gli esseri
umani gestiscono i loro mezzi di esistenza e sussistenza (e la tecnica costituisce un
medium e un milieu fondamentale tra gli esseri umani e i loro mezzi di esistenza),
allora è opportuno leggere con spirito critico il potenziamento della tecnica e soprattutto la sua eventuale esaltazione fino a un eccesso distruttivo.
Mentre la modernizzazione ecologica ha effettivamente permesso – come temeva
l’autore bordolese – di ignorare le principali questioni sollevate dal movimento ecologico, le analisi riguardanti lo sviluppo autonomo della tecnica offrono una prospettiva diversa. Come precisa ne Il Sistema tecnico, la tecnica non si sviluppa secondo
specifici fini da perseguire ma a partire dalle esistenti possibilità di crescita. Nel sistema tecnico, di fronte allo sviluppo tecnico, l’espansione e l’ascesa della tecnica
appare sempre come l’unica possibilità rimasta15.
Il paradigma offerto da Jacques Ellul consente di riesaminare le premesse della
teoria della modernizzazione ecologica. Il fattore costante dell’approccio della modernizzazione16 rimane la convinzione nella capacità di una forma di gestione tecnica di fronte a problemi ambientali. Questa corrente di pensiero si presenta come
un approccio inteso a risolvere un problema tecnico nel modo più efficiente
(Blühdorn 2000) ma questo processo di razionalizzazione della gestione ambientale
implica che il problema ecologico si riduca a uno di gestione delle sempre scarse
risorse naturali, facendo della natura un’entità che potrebbe quindi essere obiettivamente studiata e controllata scientificamente; d'altra parte, l'idea di una
14
15
16
sviluppo tecnico e la conservazione della credenza nella gestione tecnica di fronte al movimento
ecologico che la ha invece messi in discussione.
Jacques Ellul viene spesso liquidato come tecno-catastrofista e ha effettivamente prodotto un’analisi della tecnologia contemporanea come potenzialmente portatrice di catastrofe.
Per una analisi sintetica del concetto di sistema tecnico in Jacques Ellul si veda Coccimiglio 2017.
Secondo Lamaud, le idee di Ellul aprono la possibilità di sviluppare una posizione non necessariamente anti-tecnologica o tecnofobica, ma collocabile in un contesto di riconosciute preoccupazioni sociali e politiche. Lamaud sostiene che la teoria della modernizzazione ecologica su spinta
capitalistica è una sorta di “ecologia tecnica”, una risposta tecnica a un problema che è stato a sua
volta definito tecnico, basato sulla convinzione che la tecnica sia neutra e l’idea che lo sviluppo
tecnologico sia l’unico modo di affrontare il crisi ambientale. Ellul sottolinea in particolare, invece,
il carattere ambivalente della tecnica e le condizioni legate all’affermazione del suo carattere di
autonomia, che renderebbero concrete e giustificabili le previsioni catastrofiste.
127
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
razionalità distaccata da fattori socio-ideologici implica un tipo di gestione diversa
da quella adottata da esperti che si basano su un criterio di efficienza17. Per Ellul, in
ogni modo, va evitata una narrazione mitizzante.
All’origine dell’eccesso
La limitazione della velocità18in ogni ambito governato dalla tecnica e la necessità
della riappropriazione di un tempo più umano19, in senso lato, rappresentano una
questione cruciale per Ellul perché siamo creature fisiche, biologiche e psicologiche
per le quali l’accelerazione si rivela spesso distruttiva. Gli individui nel sistema tecnico sono stati sempre più costretti ad adattarsi a un ritmo accelerato della vita e
alle aspettative sociali; il tempo sembra essere una delle risorse più scarse nelle società postmoderne20.
Sul tempo Lyotard ci ricorda che:
Lo sviluppo impone che si guadagni del tempo. Andare alla svelta significa dimenticare alla svelta, ricordarsi solo dell’informazione utile per proseguire.
(Lyotard 2001: 19)
17
18
19
20
Concettualmente la modernizzazione ecologica si basa fortemente su scienza, tecnologia e processi di cambiamento guidati da esperti, ed è caratterizzata da una rinnovata convinzione nella
possibilità di padronanza e controllo (Hajer 1995: 35). Si nega l’idea che la natura possa suscitare
in noi sorprese e sfidare la gestione umana (Dryzek 2005: 170). Essa lascia comunque il fattore
tecnico non esaminato sotto la maschera della sua neutralità, e passa l’idea allo stesso tempo la
tecnica possa far parte del problema e della soluzione.
Il filosofo francese Bernard Stiegler (1952-2020) per esemplificare l’aspetto di questa corsa veloce all’ottimizzazione parla di disruption (perturbazione-disgregazione), facendo riferimento ad
una strategia che mira all’accelerazione e genera una automazione diffusa. Si tratta di un movimento fulmineo per accelerare l’innovazione industriale basata sulla tecnologia digitale che accelera una società che arriva sempre troppo tardi per coglierla, creando vuoti giuridici, teorici e
politici molto destabilizzanti. Egli evidenzia che questo porta alla distruzione delle strutture sociali e ad accelerare qualsiasi deliberazione attraverso l’ottimizzazione delle tecnologie computazionali in quasi tutti i settori – e senza alcun calcolo sui loro effetti collaterali, che alla fine possono
rivelarsi in grado di generare delle calamità: questo stabilisce il dominio di un capitalismo predatorio, che cattura il valore, e che non consente il mantenimento delle condizioni di riproduzione
di questo valore. Per Stiegler l’innovazione tecnologica e l’efficienza non devono necessariamente
essere respinte (egli stesso lavorò allo sviluppo delle tecnologie digitali) ma ritenne problematico
il modello libertario che governa queste tecnologie senza permettere che rimanga virtuoso lo sviluppo sociale di cui hanno bisogno.
La riflessione di Paul Virilio (1932-2018) in particolare contribuisce a definire quella contemporanea come una società dell’accelerazione, caratterizzata cioè dalla predominanza di tutto ciò che
risulta rapido. Il filosofo francese, esperto di nuove tecnologie, ha indagato la velocificazione complessiva dei modi di vivere, con attenzione soprattutto alla nostra sensibilità, alla nostra intelligenza e alla capacità di comprensione della realtà.
La convivialità (1974) dello scrittore, pedagogista e filosofo austriaco Ivan Illich (1926-2002) e la
velocità di fuga teorizzata da Jean Baudrillard (1929-2007) rappresentano approcci diversi a questo problema. Anche la riflessione di Paul Virilio torna pertinente, a cominciare dal suo concetto
di dromologia relativo al rapporto tra velocità e politica (cfr. Virilio 1977).
128
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
Lo sforzo richiesto dall’adattamento umano per spezzare il cambiamento oggi implica un confronto con il fenomeno dell’obsolescenza programmata, con l’aumento
dei consumi, gli improvvisi cambiamenti ambientali, ecc. Fermarsi un attimo e riflettere è l’antitesi della velocità ed è sullo sfondo di questi sconvolgimenti che acquista
pienamente senso l’appello di Jacques Ellul alla coltivazione di una dimensione “contemplativa” che aiuti a distinguere tra informazione e cultura. In Autopsia della rivoluzione leggiamo:
Si tratta dunque di prendere coscienza della situazione, di calcolare coscientemente ciò che questo implica come azione rivoluzionaria, di essere coscienti di
ciò che questo implica come prezzo da pagare, come conseguenze, di non illudersi sulle possibilità di successo, di utilizzare tutto ciò che il rigore della coscienza può dare e infine di superare tutto ciò. […] Ora, questa presa di coscienza, nella misura in cui è atto dell’individuo, deve accompagnarsi a un altro
atteggiamento: la contemplazione. Infatti il punto estremo di rottura nei confronti della società tecnologica, l’atteggiamento veramente rivoluzionario, sarebbe l’atteggiamento della contemplazione al posto dell’agitazione frenetica.
La contemplazione colma il vuoto della nostra società di solitari. […] L’arte della
contemplazione produce degli oggetti, ma li considera come segni e non come
cose… (Ellul 1974: 240-244)
Sebbene quella di Ellul sia una filosofia che fa dell’azione responsabile di ogni singolo individuo un elemento imprescindibile, il ruolo della dimensione contemplativa
si configura nei suoi lavori come essenziale per salvaguardare e coltivare l’essenza
dell’umano ma non è mai separata dalla necessità dell’ascolto, del dialogo e
dell’azione (Ellul 1981). La velocità propria della logica del sistema tecnico significa
vantaggio e denaro ma significa anche che nessun essere umano può competere con
la velocità delle macchine. L’autore sa che questioni come i cambiamenti climatici
globali, l’inquinamento ambientale, i crolli finanziari e la diffusione capillare e globale di epidemie in un mondo globalizzato offrono opportunità di riscatto ma spesso
minacciano un livello precario di benessere nelle società postindustriali.
Jacques Ellul sottolinea quanto sia difficile mettere in atto la vera libertà in tale
contesto ma offre una prospettiva che apre alla speranza: il sistema [tecnologico]
esiste in tutto il suo rigore, ma esiste all’interno della società, vive dentro e fuori la
società e vi si innesta. C’è una dualità qui esattamente come c’è tra natura e
macchina. La macchina funziona a causa di prodotti naturali, ma non si trasforma la
natura in una macchina. Anche la società è, per alcuni aspetti, un prodotto naturale:
ad un certo livello, cultura e natura si sovrappongono, formando una totalità che
diventa una natura per l’uomo. E in questo complesso arriva un corpo estraneo,
invadente e insostituibile: il sistema tecnico.
129
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
Il bluff dell’efficienza e la precarietà del capitale simbolico
Con la sua critica al mito dell’efficienza e della sacralizzazione della tecnica Jacques Ellul smaschera una delle tante narrazioni della contemporaneità. Molti dei
problemi che considerava cruciali – come utilizzo dell’energia, la propaganda, le
questioni legate alla comunicazione informatizzata – continuano ad esserlo su scala
globale, producendo nuove forme di rischio. Come hanno notato successivi autori
come Bernard Stiegler, con opere tematiche dedicate (es. De la misère symbolique)
la vita moderna ha assunto una serie di caratteristiche che contribuiscono all’erosione del nostro capitale simbolico (Stiegler 2013). L’inflazione moderna di segni e
immagini, i rapidi cambiamenti in atto nell’infrastruttura tecnica e il ruolo della
tecno-scienza come operatore sociale fortemente de-simbolizzante significano che
nulla rimane intangibile e tutto è soggetto a cambiamenti attraverso i calcoli delle
operazioni tecniche. Lo studioso e allievo di Ellul, Daniel Cérézuelle, ribadisce ancora oggi il bisogno urgente di demitologizzare questo spirito o immaginario tecnico
produttivista.
Il concetto di tecnologia autonoma, che è spesso considerato il tratto distintivo
della filosofia di Jacques Ellul, può essere riproposto in termini di principio di efficienza. Come l’autore ha ben chiarito già dal primo volume della trilogia sulla tecnica
intorno alla metà degli anni cinquanta, alla base dell’autonomia della tecnica ci sono
la completa separazione dell’obiettivo dal meccanismo, la limitazione del problema
ai mezzi e il rifiuto di interferire in alcun modo con il principio di efficienza. La riflessione che suggerisce, ricca e variegata nel suo prodursi lungo un trentennio,
fonda la possibilità di ridiscutere questo principio.
La questione dell’efficienza nelle società occidentali è centrale: venuti meno i
grandi racconti, nasce il problema di un nuovo criterio di legittimità. In questo vuoto
è ben messo in luce da Jacques Ellul che, scartato il criterio di performatività, ossia
della pura efficienza delle prestazioni, la scienza postmoderna procede nella legittimazione “per paralogia” (ossia tramite una libera o anarchica invenzione di nuove
“mosse” del sapere). Egli dunque giunge a una conclusione, per certi versi opposta,
ma non lontana (perché complementare) da quella di un Lyotard che notava che il
sapere postmoderno è un tipo di sapere che, partendo dalla eteromorfia dei giochi
linguistici, si concretizza in una razionalità plurale, mirante a legittimazioni parziali
e reversibili: legittimazioni che presuppongono un consenso esclusivamente locale
e temporaneo e che implicano la massima comunicazione e trasmissione del sapere,
ovvero, oggi, ad esempio l’accesso dei cittadini alle memorie e alle banche di dati
open access.
Il progresso tecnico fino ad oggi non è più condizionato da nient’altro che dal suo
stesso calcolo di efficienza, ma oggi ciò che giustifica i mezzi sono i mezzi stessi, poiché ai nostri giorni tutto ciò che “riesce”, tutto ciò che è efficace, è in sé “efficiente” e
in quanto tale, giustificato.
Nel suo primo lavoro sulla questione della tecnica, nel 1954, Jacques Ellul sosteneva che se l’efficienza diviene l’unico criterio per la scelta tecnica, il più profondo
130
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
istinto dell’umanità viene violato. La famosa sezione relativa alla “caratterologia
della tecnica” lì presentata non può essere spiegata senza il principio di efficienza.
L’efficacia è l’unico criterio per la scelta tecnica definita automatica, eppure la vaghezza del termine efficienza è un’arma a doppio taglio: esso è responsabile dell’accettazione cieca e della giustificazione dell’attuale sviluppo tecnologico. Come notano molti studiosi e allievi di Jacques Ellul, il problema non è che egli abbia usato il
termine in modo impreciso, ma che fosse stato usato un concetto impreciso per giustificare e perpetuare l’attuale tendenza della società tecnologica. L’autore descrive
come un paradosso il problema cardine della moderna società tecnologica: da un
lato, la ricerca dell’efficienza caratterizza il successo; d’altra parte, tutto il successo
viene reiterato come efficace. Tuttavia, questa cornice di successo o efficienza sembrano non lasciare spazio alla libertà umana. Quest’ultima presenta dei tratti che ne
rendono difficile la realizzazione perché l’uomo non è affatto appassionato di libertà,
non è in lui un bisogno innato. Molto più costanti e profondi sono i bisogni di sicurezza, conformità, adattamento, felicità, economia dello sforzo:
il vero pericolo per l’uomo infatti non è quello di essere eliminato dal ‘mostro’
della tecnica, ma quello di accettare se stesso come secondario, superfluo, votato all’inutile, all’infantile, all’irrazionale, con capricci […]. Ciò che è in pericolo
non è la libertà dell’uomo globalmente intesa, ma per esempio la sua capacità
di simbolizzazione, la sua attitudine a prendere le distanze dai fenomeni, la sua
possibilità di una presa di coscienza. (Ellul 1984)
Jacques Ellul giunge dunque a propugnare la necessità di ricercare in modo sistematico una forma di non-potenza, che non va però confusa con un atteggiamento
passivo di fronte all’esistente. È in quest’ottica che egli accenna all’importanza del
valore del legame tra individui all’interno di una vita associata: se la conquista della
macchina statale è un’illusione, bisogna, innanzitutto, pensare a resistere sia individualmente sia attraverso forme di solidarietà libere e costruite dal basso (Ellul
2013: 45). La sua osservazione dello sviluppo tecnologico giustificata in nome
dell’efficienza accoglie giustamente il fatto che è impossibile calcolare l’efficienza di
una determinata tecnologia, a causa della imprevedibilità dei suoi effetti a lungo termine. Dal momento che l’uomo non può mai prevedere la totalità delle conseguenze
di una determinata azione tecnica, è assolutamente impossibile definire quale sia il
risultato finale di una determinata tecnologia e quale gli elementi dovrebbero essere
inclusi nel suo calcolo. Le conseguenze inaspettate, a lungo termine e non meccaniche della tecnologia moderna vanno oltre l'immaginazione umana.
Jacques Ellul respinge i suggerimenti volti a costruire un nuovo calcolo dell’efficienza, perché presuppongono la possibilità di misurare l’incommensurabile. Essa,
nella sua forma tecnica, era uno strumento di controllo e gestione del consenso. La
Storia ce la svela come uno strumento progettato per rendere i mondi naturali e
umani conformi al modo in cui sono compresi intellettualmente (Alexander 2008:
169).
131
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
In The mantra of efficiency: From waterwheel to social control (Alexander 2008),
si nota come la nozione di efficienza sia strettamente legata all’idea moderna
dell’umanità come autrice del proprio destino, ma esiste il rischio, per ciascun
vivente, di diventare oggetto di un’effettiva manipolazione. Questi presupposti di
efficienza sono esattamente ciò che l’autore ha discusso e ha trovato abominevole:
nascondono la realtà della società tecnologica e conducono a una situazione di non
libertà.
Il principio di efficienza si svela dunque, nella sua essenza, come prototipo di un
bluff. Diverse attività sono spiegate come efficienti senza prove o supporto chiari: le
persone sono pronte ad aderirvi, senza preoccuparsi di calcolare o misurare, anche
quando è possibile, e, a quel punto, l’autonomia della tecnologia diviene completa e
compiuta. In Le bluff technologique (1988), Ellul affermerà che l’accettazione acritica
del principio di efficienza indica direttamente il fatto che il moderno sviluppo tecnologico, nelle modalità in cui lo conosciamo, potenzialmente non ha fine (telos): si
insegue un obiettivo che è diventato ridondante e, in questo modo, l'efficienza
stessa, non il suo obiettivo, diviene il motore principale dello sviluppo tecnologico.
La metanarrativa ambientale-umana di Jacques Ellul
Jacques Ellul, come già accennato, riconosce il pericolo del mito e del sacro
nell’opera Les nouveaux possédés (1973)21: la postmodernità, con il suo insieme di
piccole narrazioni, ha rivelato una nuova tendenza alla sacralizzazione e ha reso
possibili il dominio dell’efficienza e l’affermazione dell’autonomia della tecnica. In
Ce que je crois (1987) egli descrive il sacro come un orientamento allo spazio, al
tempo e alla società, come una “vera topografia del mondo” (Ellul 1987). Il mito22
viene descritto come categoricamente spiritualmente distruttivo e la postmodernità
come un periodo della storia umana che affoga nella sua stessa glorificazione: ogni
individuo gode apparentemente di maggiore libertà di scelta ma di fatto il potere
resta accuratamente mascherato, la tecnica crea necessariamente una profonda uniformità ambientale e, in questo modo, il sacro e i suoi miti diventano impossibili da
resistere e contestare (Ellul 1962). Sappiamo che il potere distrugge sempre valori
e significato, soprattutto se rivestito con gli abiti della legittimazione narrativa: è
così apparentemente democratizzato ma, come nota Jacques Ellul, ci possono essere
pochi atti più pericolosi della giustificazione della necessità23.
21
22
23
In Les nouveaux possédés (1973), citando Roger Caillois (2001), Jacques Ellul definisce il sacro
come condizione della vita e porta di accesso alla morte.
I miti favoriscono elementi specifici di una narrazione storica che servono uno scopo giustificativo
temporaneo. Sarebbe un errore presumere che il mito sia legato solo all’integrazione sociale e ai
fini della costruzione dell’identità. Quindi, «come nel caso del sacro, il dominio del mito è spostato.
Non si riferisce più alla natura (cosmogonia) ma ai reali problemi della cultura dei nostri giorni»
(Ellul 1973).
Lo afferma in modo evidente in Ethique de la Liberté (I), sostenendo che spiritualmente l’atto più
distruttivo e ingannevole è quello di fare una virtù della necessità.
132
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
Il sistema tecnico agisce omogeneizzando, mentre con la postmodernità siamo
entrati in un periodo in cui non esistono valori che possono conferire criteri di unitarietà. La tecnica e l’ambiente tecnico possono infatti produrre una varietà di piccoli racconti ma la diversità delle credenze e delle narrazioni non sono, a suo avviso,
una caratteristica di una nuova e libera umanità ma ironicamente la prova di
un’umanità radicalmente integrata. Tuttavia quella di Jacques Ellul non è una visione semplicisticamente anti-tecnica:
la ricerca dell’etica contemporanea dovrebbe riguardare la tecnica, senza tuttavia essere anti-tecnica. Dunque non possiamo dichiaraci anti-tecnici, siamo profondamente coinvolti dalla tecnica e non potrebbe essere altrimenti. (Ellul
1980c: 245, traduzione mia)
Nel recente saggio Postmodernity, the Phenomenal Mistake: Sacred, Myth and Environment, lo studioso Gregory Wagenfuhr (in Jerónimo, Garcia, & Mitcham 2013)
sostiene che alle narrazioni esemplari della postmodernità Jacques Ellul contrappone una meta narrazione che troviamo introdotta nel primo volume della trilogia
della tecnica, ma anche in Le bluff technologique e in Ce que je crois.
Le metanarrazioni, spesso pericolose per l’ordine nella misura in cui offrono la
capacità di determinare i limiti e quindi perseguire una definizione, sono limitazioni
autocoscienti. In particolare, quattro capitoli di Ce que je crois sono dedicati alla descrizione di una grande narrazione di tutta la storia umana, che Jacques Ellul chiama
“L’avventura umana”, caratterizzata da epoche che definisce “preistorica”, “storica”
e “post-storica”. Ognuna di esse si distingue per il dominio di un certo tipo di fattore
ambientale: natura, società e tecnica, rispettivamente. La tesi di Wagenfuhr è che la
metanarrativa ambientale di Ellul fornisca una critica radicale alla narrativa postmoderna da una prospettiva transtorica: piuttosto che un momento di transizione,
la postmodernità sarebbe dunque un periodo di grande integrazione. La critica
dell’ambiente tecnico in sé è irrilevante: viviamo in quell’ambiente, l’abbiamo sacralizzato. Ci nutre, ci protegge e crea condizioni della vita. Non possiamo criticarlo
dall’interno, usando i suoi termini, ma Jacques Ellul offre una prospettiva e un quadro meta-narrativo da cui è ancora possibile criticare l’ordine sacrale giustificato dal
mito. Da un lato, troviamo nel nostro ambiente tutto ciò di cui abbiamo bisogno per
vivere e in relazione ad esso abbiamo occasione di esercitare una delle funzioni più
elementari della vita, cioè la possibilità di simbolizzazione. L’ambiente ci dà la possibilità di creare simboli, ma se vogliamo capire l’ambiente nella sua totalità, dobbiamo prendere in considerazione quello che Wagenfuhr chiama “il fattore contraddittorio”, cioè che l’ambiente è anche ciò che ci mette in pericolo. È utile quanto
ostile. Tutti i fattori della vita sono mediati dall’ambiente tecnico. Pertanto, l’ambiente tecnico è la condizione della vita, la fonte della morte e ciò che media tutti gli
aspetti della vita e fornisce quindi il contenuto ai simboli. La narrazione di Ellul inizia con la preistoria, epoca in cui l’ambiente dell’umanità era la natura. La società e
la tecnica esistevano simultaneamente, ma furono sottomesse e mediate attraverso
133
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
la natura. Con l’insediamento nei centri abitati, l’ascesa dell'agricoltura e l’emergere
dal periodo neolitico, l’umanità entra nell’ambiente sociale dove la natura e la tecnica sono mediate dalla società. Infine viene superato lo stato dell’ambiente sociale
con l’ingresso nell’ambiente tecnico.
Questo ingresso, quindi, rappresenta l’oggetto della valutazione di Jacques Ellul
sulla situazione umana contemporanea. Come nota Wagenfuhr, le tecniche umane
non rappresentano nuovi fenomeni: ciò che è radicalmente nuovo e diverso è il loro
ruolo nel mediare e infine nel formare la materia prima dell’esperienza umana.
La forza di questa grande narrativa ambientale starebbe nella sua capacità di
identificare che i fenomeni di cambiamento sono, in effetti, piuttosto superficiali e
apparenti. Lyotard, per esempio, suggerisce come l’informatizzazione potrebbe influenzare ed essere meglio utilizzata per motivi di giustizia (Lyotard 1984: 67). C’è
un forte bisogno percepito di giustizia di fronte al possibile terrore suscitato dalla
tecnologia. Tuttavia l’umanità non è più principalmente un’entità sociale nella visione di Jacques Ellul. Pertanto, come nota Wagenfuhr, la domanda da porre non è
come possiamo usare la tecnologia per la giustizia perché non ci sono più fini possibili in una società dominata dalla tecnica in cui si è affermato un sistema tecnico. La
domanda da porsi, in ottica elluliana, è quale sia l’ordine sociale e naturale richiesto
dalla tecnica; questione alla quale egli dedica volumi di risposte.
L’ambiente tecnico divenne sempre più dominante nel ventesimo secolo. Jacques
Ellul lo descrive e, negli anni, sviluppa le sue analisi in modo dinamico. Tuttavia tiene
ben distinte la società sotto gli effetti della tecnologia e la tecnica come il fattore di
un’epoca storica radicalmente nuova. Questo è il punto cruciale della proposta che
stiamo esaminando, poiché tiene conto di questa prospettiva ambientale. L’ambiente tecnico è una prospettiva specifica in cui le persone operano e fornisce il contenuto simbolico necessario per una costruzione linguistica del mondo. Quella che
offre il nostro pensatore di Bordeaux è una visione del mondo nel senso letterale del
termine.
Desimbolizzazione e condizione umana
Numerosi studiosi concordano nel sostenere che la relazione tra desimbolizzazione e sistema tecnologico rappresenti uno degli aspetti più interessanti ma meno
sviluppati della teoria di Jacques Ellul. Si tratta anche di uno dei più innovativi e anticipatori se si pensa ad alcuni lavori più recenti di filosofi della tecnologia, come
Bernard Stiegler, che trattano questo aspetto in modo tematico (Stiegler 2013).
Commentando la relazione tra il sistema tecnologico e i rituali, Jacques Ellul ne Il
sistema tecnico propone che la funzione della simbolizzazione sia subordinata a un
ordine diverso, una funzione diversa, entrambi già creati dall’uomo, ma sostiene che
proprio la nostra capacità di simbolizzare sia messa in pericolo dalla tecnica moderna. I simboli sono innanzitutto un oggetto di scambio, di circolazione, mediano
anche tra se stessi e gli esseri umani, i loro impulsi, desideri, azioni e sentimenti e,
134
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
nel sistema tecnico, essi cessano di essere solo rappresentazioni e contribuiscono
invece al controllo funzioni del sistema, in cui l’uomo e le macchine sono circuiti interconnessi. Ciò che accade nel fenomeno della desimbolizzazione – che egli ascrive
all’epoca novecentesca con l’affermazione totalizzante del sistema tecnico – non è
solo la perdita di significati o riferimenti, ma l’alterazione dei significati, ora prodotti
dai nuovi circuiti.
Lo studioso Yuk Hui, nel saggio Technological System and the Problem of Desymbolization (in Jerónimo, Garcia, & Mitcham 2013), riconosce che il merito della teoria
di Jacques Ellul sia il suo tentativo di delineare i cicli tecnologici che trasformano la
nostra cultura e l’ontogenesi degli esseri umani.
L’essere umano è un animale simbolico, un essere che abita simbolicamente lo
spazio e il tempo: ogni mondo simbolico e ogni cultura producono una rete di forze
soggettive e intersoggettive, ma i simboli sono anche la condizione della libertà: gli
umani possono scegliere solo perché possono simbolicamente considerare le diverse possibilità alle quali sono sottesi significati e valori diversi. La simbolizzazione
può quindi essere emancipatoria per gli esseri umani sotto due aspetti: rispetto a se
stessi e rispetto agli altri (Hottois 1996). Numerosi autori riconoscono che il cambiamento tecnologico contribuisce alla devitalizzazione del capitale simbolico ereditato dalle prime fasi dello sviluppo umano, ma sostengono che la tecnologia sia ora
dotata di un suo potente valore simbolico.
Jacques Ellul ha denunciato in molti dei suoi libri il potere de-simbolizzante della
tecnica24. Numerosi sintomi suggeriscono che il mondo simbolico specifico della società tecnologica sia una causa di disorganizzazione: non negativamente a causa di
un default di produttività, ma positivamente, a causa dei suoi orientamenti e valori
o non-valori impliciti. Si origina un mondo simbolico che dunque differirebbe da
quelli storicamente precedenti perché ha una dimensione autodistruttiva.
Qui la chiave di questa riflessione sul tema dell’eccesso: respingendo il principio
stesso del limite, lo spirito tecnico ostacola il processo di costruzione del sé autonomo, di cui la società tecnologica ha però, in fondo, effettivamente bisogno. Lo sviluppo del mondo simbolico, che corrisponde al processo della tecnologizzazione, potrebbe indebolire le basi antropologiche che rendono possibile la tecnologizzazione
medesima25. Come sostiene Cornélius Castoriadis, più volte citato da Ellul, il sistema
può riprodursi solo nella misura in cui può fare affidamento su individui i cui valori
non sono i valori del sistema.
Il nostro autore mette in evidenza un paradosso: la tecnica moderna, se si costituisce in termini di sistema tecnico, proprio come l’economia moderna, distrugge il
mondo dei valori simbolici necessari per la produzione sociale di agenti di cui però
non può fare a meno. Indubbiamente in questo tratto di ambivalenza della tecnica,
nel suo carattere di autonomia legato all’efficienza, nel valore del concetto di
24
25
Anche la tecnoscienza è un potente agente di de-simbolizzazione: sembra che lo sviluppo del potere operativo contribuisca all'indebolimento dei punti di riferimento simbolici.
Questa è la tesi di autori come Jean Brun (1970), Alain Supiot (2005) e Jacques Généreux (2006).
135
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
ambiente tecnico e di limite, nelle sue anticipazioni visionarie sulla datacrazia risiedono gli aspetti distintivi più interessanti individuabili negli scritti di Jacques Ellul,
i quali ben si prestano a confronti con correnti di pensiero contemporanee. Da queste si tiene a distanza ma con esse inevitabilmente condivide la matrice storico-culturale e, verosimilmente, un presupposto:
La postmodernità non è un’epoca nuova, è la riscrittura di alcuni dei tratti rivendicati dalla modernità e, innanzitutto, della pretesa di fondare la sua legittimità sul progetto di emancipazione dell’umanità intera grazie alla scienza e alla
tecnica. (Lyotard 2001: 55)
Il pensiero di Jacques Ellul è in fondo, suo malgrado, parte dello spirito e dell’atmosfera culturale che permea il postmoderno in quanto partecipa a questa riscrittura. Sembra avere ben chiaro ciò che sostiene Lyotard in questo passaggio:
[…] bisogna dire che il postmoderno è già implicato nel moderno poiché la modernità, la temporalità moderna, in sé comporta una tensione ad eccedersi in
uno stato altro da se stesso. E non solamente ad eccedersi, ma a decidersi in una
sorta di stabilità ultima, quella che tende per esempio al progetto utopico, ma
anche al semplice progetto politico implicato nelle grandi narrazioni emancipative. Per costituzione, e senza tregua, la modernità è gravida della sua postmodernità. (Lyotard 2001: 44)
Torna pertinente notare che un autore rappresentativo del postmoderno come
Lyotard tematizzava la questione del limite trattando di estetica: la sua è un’estetica
del limite, un’estetica che chiama del presque rien, del quasi nulla. Estetica del limite,
dell’assenza di forma, nell’assenza della natura e dell’impossibile presentazione
dell’impresentabile. Quest’impossibile da presentare, è ciò che in Ellul indossa le vesti della trascendenza. Il Tout Autre Absent in Jacques Ellul è il Dio cristiano, conoscibile solo nella forma della Speranza cristiana. Ciò che è evidente è che il tema
dell’eccesso – inteso nel senso di “ciò che eccede”, ciò che non può essere ricondotto
ad una forma – in Jacques Ellul coincide con l’impensato dalla tecnica e anche con un
rischio (enjeu), connesso alla perdita di vista della capacità di autolimitarsi o di
porre limiti, aspetto che si rivela vitale per l’uomo e per la sua sopravvivenza come
specie.
Conclusioni
Cosa resta? Jacques Ellul trasformerebbe in questi termini la questione: cosa resta quando non tutto è assorbito dal sistema tecnico? La conversione dell’eccesso in
desiderio, in Jacques Ellul, assume la forma della Speranza, tema a cui dedica un’intera opera (1975). Ciò che resta e che va recuperato per Jacques Ellul è l’umano.
136
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
Certo, a suo avviso, un umano che cerca una relazione con il divino ma costituisce
un tutto inscindibile con la propria carne ed è cosciente di doversi incarnare in
azione responsabile. In Lyotard, che per “umano” intende quell’alternarsi tra indeterminazione innata e ragione costituita o costituentesi (Lyotard 2001: 21), l’interesse degli umani «è subordinato a quello della sopravvivenza della complessità»
(Lyotard 2001: 24), per quanto l’uomo conservi un debito verso la propria infanzia.
«Senza parola, incapace di posizione eretta, esitante sugli oggetti di suo interesse,
inadatto al calcolo del proprio vantaggio, insensibile alla ragione comune, il bambino
è in modo eminente l’umano poiché la sua destrezza annuncia e promette i possibili»
(Lyotard 2001: 20).
Nonostante i due pensatori viaggino su binari inconciliabili, il ruolo della testimonianza è inoltre in entrambi centrale: contiene una contraddizione ugualmente insolubile. Per Lyotard:
la […] sofferenza di dover inscrivere ciò che non può inscriversi senza resto è la
sola pesante testimonianza. […] Attestati, la sofferenza, l’indomabile sono già
come distrutti. Voglio dire: testimoniando, si stermina. Il testimone è un traditore. (Lyotard 2001: 253)
Ma allo stesso tempo il presente non può fare a meno del testimone:
Il testimone del torto e della sofferenza, generate dal dissidio del pensiero con
ciò che non arriva a pensare, questo testimone, lo scrittore, la megalopoli lo
vuole: la sua testimonianza potrà servire. (ibidem)
Entrambi gli autori riservano un ruolo dirimente all’arte e all’esperienza che l’incontro con essa genera. Per Lyotard non a caso
Il sublime richiede piuttosto una ontologia negativa. Il che non impedisce che
dalle arti ci si aspetti quest’assurdità: che esse testimonino nel sensibile (nel
visibile, nel letterario, nel musicale…) che al sensibile manca qualcosa o che
qualcosa lo eccede – e il nome non ha importanza, perché si tratta dell’in-nominabile. (Lyotard 1995: 121)
Sia in Lyotard che in Jacques Ellul il tema della testimonianza è tematizzato in
occasione della riflessione sull’arte, seppure declinato, nel primo caso, in senso laico
e, nell’altro, segnato da una visione fortemente permeata dalla fede protestante. Indubbiamente in Ellul la critica all’arte moderna e contemporanea, che egli definisce
arte dell’assurdo è più netta e, a tratti, quasi reazionaria. In Empire du non sens. L’art
et la société technicienne (Ellul 1980) egli critica l’instabilità di gran parte della pratica artistica novecentesca. Pubblica con esso uno tra i primi lavori in Francia dedicato alle derive delle avanguardie nel campo della letteratura, delle arti visive e della
musica. La presenza pervasiva della tecnica, insieme al suo carattere totalizzante e
inglobante, nel Novecento, avrebbe, a suo avviso, cancellato la profondità simbolica
137
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
dell’arte, destinandola a una sorta di vuoto metafisico: quella del XX secolo si rivela
un’arte incoerente e, in quanto tale, un epifenomeno del sistema tecnico. Nella sua
essenza, non è altro che un insieme disparato di maschere sovrapposte a una realtà
– quella tecnica – più originaria. L’unica testimonianza possibile e in quanto tale rivoluzionaria è quella che istituisce una distanza, portando così a considerare il
mondo dal punto di vista dell’altro, che va inteso proprio come un “Interamente Altro” (Tout Autre). Un altro la cui essenza, precisa Ellul, non dev’essere necessariamente di natura divina ma deve essere ciò che sfugge alla logica dell’ideologia della
tecnica, ciò che la mette in discussione. L’autore si interroga sulla centralità
dell’eventus e del ruolo del testimone come condizioni imprescindibili affinché si dia
testimonianza.
La riflessione del filosofo francese fa luce sul concetto di incontro, sottolinea
l’importanza dell’ascolto e di quell’atto oramai residuale che è la parola (a discapito
delle immagini tecniche di cui denuncia l’invasività) e si serve, in modo
esemplificativo, dell’episodio della resurrezione di Cristo e del suo significato per la
fede cristiana. Testimoniare è sempre un atto individuale: la testimonianza dipende
dall’ambiente d’origine e introduce nel sistema un turbamento, in quanto il
testimone rinvia a ciò che è necessariamente “altro” dal sistema. Per Jacques Ellul si
tratta di un atto che non può essere un semplice mito, né un mezzo per spiegare ciò
che hanno provato i discepoli di fronte a un fatto inspiegabile. La resurrezione di
Cristo, che possiamo conoscere solo attraverso le testimonianze dei discepoli, non è
riducibile a mera prova del fatto, né si risolve nel suo racconto. La “ricreazione
corporea” non è la totalità e neanche la cosa più importante della resurrezione. Il
centro è l’evento, la sola esperienza di cui i discepoli possono testimoniare. Se vi è
testimonianza è dunque perché c’è stato l’incontro con questo evento concreto ma
nella società tecnica le condizioni (che garantiscono gli eventi e gli incontri) mutano.
Essa infatti tollera meno di tutto i margini, le lacune, le incoerenze, benché per
progredire abbia bisogno di introdurre una dimensione differenziale. Ciò implica un
possibile riferimento all’“Interamente Altro” dalla tecnicità, a una dimensione non
assorbibile dalla tecnica. Un eccesso che sfugge a ogni tentativo di essere contenuto
in una forma. L’ideologia della tecnica spoglia la testimonianza del suo significato ed
essa si vede costretta, se vuole avere una realtà, a passare tramite i nuovi media di
massa e dunque a perdere autenticità. La crescita dei mezzi tecnici dell’informazione
e la costituzione di un sistema tecnico non garantiscono che il prossimo possa essere
riconosciuto come tale. L’ideologia tecnica mette a rischio la presa di distanza e si
presenta come immediata all’uomo: non c’è testimonianza possibile senza considerazione delle cose da un punto di vista altro, senza possibilità di interpretazione garantita da una distanza.
Mentre negli scritti maturi di Jacques Ellul l’evento è principalmente l’evento
cristiano che ci rivela la nostra natura di esseri spirituali e incarnati, la nozione di
evento in Lyotard assume le vesti dell’aistheton
138
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
L’aistheton è un evento; l’anima esiste soltanto se ne è stimolata; quando
manca, essa si dissipa nel nulla dell’inanimato. Le opere hanno il compito di
onorare questa condizione miracolosa e precaria. (Lyotard 1995: 125)
Questo perché l’anima non esiste se non in quanto affetta dal sensibile:
Non si affetta da sola, solo l’altro la affetta, “dal di fuori”. […] Esistere significa
essere risvegliati dal nulla della disaffezione attraverso un là sensibile. (Lyotard
1995: 123)
In questa riscoperta centralità del sensibile, riecheggia il tema della centralità del
corpo e della dimensione della corporeità in Ellul, ben sviluppato da uno dei suoi
allievi, Daniel Cerezuelle, nel saggio La technique et la chair (2005).
Stando alle premesse antropologiche della riflessione di Jacques Ellul, il rifiuto
della tecnica equivarrebbe al rifiuto dell’uomo. Egli inviterebbe infatti a non sottoporsi docilmente all’imperativo dell’ideologia della tecnica e pone una condizione
imprescindibile per una crescita costruttiva anche in senso tecnico-scientifico.
Ellul ritiene necessario sapere ripensare l’essenza dell’uomo interminabilmente,
individuando ogni volta quei canali privilegiati (arte, etica della non potenza, speranza cristiana) che consentono lo sviluppo di un essere che ha il dovere-diritto di
non venire assorbito da una realtà che sembra volerlo ridurre a quella che definisce
un’apparenza integrata in una realtà cifrata.
È questa una lettura che sembra in sintonia con l’auspicio del filosofo Bernard
Stiegler di tener presente le importanti opportunità ma anche i limiti dell'intelligenza artificiale, dei big data e del deep learning. Come ci ricorda il filosofo francese
recentemente scomparso in una intervista a Le temps:
Emmanuel Kant, nella Critica della Ragione Pura, ha mostrato alla fine del XVIII
secolo che il pensiero è costituito da facoltà che sono intuizione, comprensione,
immaginazione e ragione. La comprensione è facoltà analitica. Può essere automatizzato. Questo è ciò che fanno i Big Data. Ma la comprensione da sola, secondo Kant, non è in grado di prendere alcuna decisione, se non ripetere e rafforzare ciò che c’è già. È incapace di creatività. È una condizione di intelligenza,
ma non è sufficiente. L’intelligenza è analitica e sintetica. Una sintesi è una decisione in una situazione reale in cui è necessario decidere al di là del reale. Tale
decisione presuppone ciò che Kant chiama le idee della ragione. Oggi, l’intelligenza artificiale, i big data, il deep learning sono puramente analitici e computazionali. (Stiegler 2020).
139
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
BIBLIOGRAFIA
Alexander, J.K. (2008). The mantra of efficiency: From waterwheel to social control.
Baltimore: Johns Hopkins University Press.
Blühdorn, I. (2000). “Ecological modernization and post-ecologist politics”. In Spaargaren, G., Mol, A.P.J., & Buttel, F.H. (eds.), Environment and global modernity. London: Sage Publications, 209-228.
Brun, J. (1970). Le retour de Dionysos. Paris: Desclée.
Cérezuélle, D. (2005). “La techinque et la chair”. Revue européenne des sciences sociales. XLIII-132, 5-30.
Charbonneau, B. (1983). “La nature et la liberté, fondements du mouvement
écologique”. Combat nature, n.54, 14-15.
Charbonneau, B. (1987). L’Etat. Saguenay-Lac-Saint-Jean, Québec: Classiques de sciences sociales.
Charbonneau, B. (2000). Je fus, Essai sur la liberté. Pessac: Opales.
Charbonnier, P. (2015). “Ellul ou l’écologie contre la modernité”. Ecologie & politique, n.50, 127-146.
Coccimiglio, C. (2017). Sistema, testimonianza, immagine. Jacques Ellul. Saggi sulla
tecnica. Milano-Udine: Mimesis.
Dryzek, J. S. (2005). The politics of the earth: Environmental discourses. Oxford: Oxford University Press.
Ellul, J. (1954). La technique ou l’enjeu du siècle. Paris: Armand Colin.
Ellul, J. (1962). Propagandes. Paris: Armand Colin.
Ellul, J. (1973). Les nouveaux possédés. Paris: Fayard.
Ellul, J. (1974). Autopsia della rivoluzione. Torino: SEI.
Ellul, J. (1980). Empire du non sens. L’art et la société technicienne. Paris: PUF.
Ellul, J. (1980b). “The Ethics of Nonpower”. In Kranzberg, M. (ed.), Ethics in an Age
of Pervasive Technology. Boulder, CO: Westview Press, 204-212.
Ellul, J. (1980c). “The Power of Technique and The Ethics of Non-Power”. In Woodward, K. (ed.). The Myths of Information: Technology and Postindustrial Culture.
Madison, WI: Coda Press, 242-247.
Ellul, J. (1984). “Tecnica”, in Enciclopedia del Novecento. Disponibile online:
http://www.treccani.it/enciclopedia/tecnica_%28Enciclopedia-del-Novecento%29/.
Ellul, J. (1987). Ce que je crois. Paris: Grasset.
Ellul, J. (1988). Le bluff technologique. Paris: Hachette.
Ellul, J. (2009). Il sistema tecnico. Milano: Jaca Books.
Généreux, J. (2006). La dissociété. Paris: Le Seuil.
Hajer, M. A. (1995). The politics of environmental discourse: Ecological modernization
and the policy process. Oxford: Clarendon Press.
Hanks J. (2000). Jacques Ellul: An Annotated Bibliography of Primary Works. Stamford: JAI Press.
140
LA DELEUZIANA – RIVISTA ONLINE DI FILOSOFIA – ISSN 2421-3098
N. 12 / 2020 – SULL’ECCESSO: RUDIMENTI DI FILOSOFIA PRATICA
Hottois, G. (1996). Entre symbole et technoscience, un itinéraire philosophique. Seyssel: ChampVallon.
Illich, I. (1974). La convivialità. Milano: Mondadori.
Jerónimo, H.M., Garcia, J.L., & Mitcham, C. (2013). Jacques Ellul and the Technological
Society in the 21st Century. London: Eds Springer.
Latouche, S. (2013). Ellul. Contro il totalitarismo tecnico. Milano: Jaca Book.
Loubet de Bayle, J.L. (2004). “Aux origines de la pensée de Jacques Ellul? Technique
et Société in the réflexion des mouvements personnalistes des années 30”. Cahiers Jacques Ellul, n. 1, Bordeaux: Pixagram, 33-43.
Lyotard, J.F. (1984). The postmodern condition. A report on knowledge. Manchester:
Manchester University Press.
Lyotard, J.F. (1995). Anima Minima. Sul bello e il sublime. Parma: Pratiche.
Lyotard J.F. (2001). L’inumano. Divagazioni sul tempo. Milano: Lanfranchi.
Morillon-Brière, S. (2014).L'influence de Bernard Charbonneausur la pensée de Jacques Ellul, in P. Troude-Chastenet (a cura di), Commentpeut-on (encore) être ellulien au XXI siècle? Paris: La Table Ronde. 286-306.
Puech, M. (2018). Homo sapiens technologicus. Roma: Nuova Cultura.
Roy, C. (1999). Ecological Personalism: The Bordeaux School of Bernard Charbonneau
and Jacques Ellul, in «Ethical Perspectives» 6 (1). 33-44.
Stiegler, B. (2013). De la misère symbolique. Paris: Flammarion.
Stiegler, B. (2020). «Toute technologie est porteuse du pire autant que du meilleur».
Entretien avec Frédéric Koller. Le Temps, 22 mars 2018 (modificato e ripubblicato 2020). https://www.letemps.ch/opinions/bernard-stiegler-toute-technologie-porteuse-pire-autant-meilleur.
Supiot, A. (2005). Homo juridicus, essai sur la fonctionanthropologique du droit. Paris:
Le Seuil.
Vanderburg Willem, H. (2000).The labyrinth of technology.Toronto: UTP.
Virilio, P.(1977).Vitesse et politique.Paris: Galilée.
Wha-Chul, S.(2004).Reading Jacques Ellul’s The technological bluff in context, in Bulletin of Science, Technology & Society 24(6), 518–533.
141