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Il curioso Impertinente

2019, Il curioso Impertinente

Il «Curioso Impertinente» di Alessandro De Stefani, andato in scena, nella traduzione spagnola di Tomás Borrás, al teatro El Español di Madrid nel 1947, quarto centenario della nascita di Cervantes, è la più recente di una ricca serie di riscritture drammatiche della novella che il romanziere spagnolo inseriva all’interno del «Don Chisciotte» del 1605, nei capitoli 32-35. Si tratta di una delle trame secondarie più note e controverse del romanzo, poiché tratta il tema, molto comune nella novellistica europea, della messa alla prova della fedeltà della sposa; per la prima volta però, la causa che scatena la gelosia del marito non è un sospetto di infedeltà o la malignità di un antagonista, bensì il demone della curiosità che abita l’animo stesso dello sposo, smanioso di possedere solo per sé l’intera volontà della sua donna. De Stefani interpreta la trama cervantina, originariamente un discorso controriformista su fede, conoscenza e libero arbitrio, come un dramma psicologico e sentimentale, di lontana influenza pirandelliana, sullo scontro fra essere e apparire, amare e possedere. Tema di spaventosa attualità, la gelosia parossistica del curioso Anselmo porta alla fine tragica di tutti i protagonisti.

In una terra della M An einem Ort der Landschaft Mantzsch Naõ ha muito que Il curioso n’humImpertinente lugar da Manch En un lugar de la Mancha En un lieu de la Ma There lived not long sinc certaine vilage of the M 12 Recreaciones Quijotescas en Europa Alessandro De Stefani con traduzione spagnola di Tomás Borrás saggio introduttivo, edizione e note a cura di Stefania Di Carlo e Iole Scamuzzi Recreaciones Quijotescas en Europa • 12 La colección «Recreaciones quijotescas en Europa» se propone promover y difundir, en ámbito nacional e internacional, ediciones críticas y traducciones de las reescrituras o reelaboraciones de la novela de Miguel de Cervantes Don Quijote de la Mancha, además de estudios e investigaciones de la novela y sus reinterpretaciones desde sus orígenes hasta la época contemporánea. La calidad científica de las publicaciones se garantizará con un proceso de revisión por pares (peer review), y de los Comités internacionales científico y editorial. La colección contempla ediciones en forma impresa o digital con un modelo de difusión de pago o de acceso libre (open access). La collana «Recreaciones quijotescas en Europa» intende promuovere e diffondere, in ambito nazionale e internazionale, edizioni critiche e traduzioni di riscritture o rielaborazioni del romanzo di Miguel de Cervantes «Don Quijote de la Mancha», nonché studi e ricerche sull’opera e le sue reinterpretazioni dalle origini fino alla contemporaneità. La qualità scientifica della collana è garantita da un processo di revisione tra pari (peer review) e dai Comitati internazionali, scientifico ed editoriale. Sono previste edizioni in formato cartaceo e digitale, con accesso a pagamento oppure aperto (open access). Dirección Agapita Jurado Santos Codirección Emilio Martínez Mata Comité editorial Maria Fernanda de Abreu (Universidade Nova de Lisboa); Guillermo Carrascón (Università degli Studi di Torino); María Fernández Ferreiro (Universidad de Oviedo); Agapita Jurado Santos (Università degli Studi di Firenze); Aaron M. Kahn (University of Sussex); Emmanuel Marigno (Université Jean Monnet – Saint-Étienne); Emilio Martínez Mata (Universidad de Oviedo); Iole Scamuzzi (Università di Torino); Raquel Serrano González (Universidad de Oviedo) Comité científico Fabio Bertini (Università degli Studi di Firenze); Anna Bognolo (Università di Verona); Jean Canavaggio (Université París X Nanterre); Begoña Lolo (Universidad Autónoma de Madrid); José Manuel Lucía Megías (Universidad Complutense de Madrid); José Manuel Martín Morán (Università del Piemonte Orientale); Carlos Mata Induráin (Universidad de Navarra); José Montero Reguera (Universidad de Vigo); Pedro Javier Pardo García (Universidad de Salamanca); Donatella Pini (Università degli Studi di Padova); Maria Grazia Profeti (Università degli Studi di Firenze); Laura Riccò (Università degli Studi di Firenze); Aldo Ruffinatto (Università degli Studi di Torino), Caterina Ruta (Università di Palermo) Comité de redacción Luca Baratta (Università degli Studi di Firenze); Pablo José Carvajal Pedraza (Universidad de Oviedo); María Fernández Ferreiro (Universidad de Oviedo); Arianna Fiore (Università degli Studi di Firenze); Elisa Martini (Università degli Studi di Firenze); Alfredo Moro Martín (Universidad de Cantabria); Francisca Torrente Sánchez-Guisande (Università degli Studi di Firenze); Colección ediciones modernas Dirección María Fernández Ferreiro Alessandro de Stefani Il curioso Impertinente con traduzione spagnola di Tomás Borrás saggio introduttivo, edizione e note a cura di Stefania Di Carlo e Iole Scamuzzi Società Editrice Fiorentina La pubblicazione del presente volume è stata realizzata con il contributo dell’Università degli Studi di Torino, Dipartimento di Studi Umanistici. Esta obra forma parte del proyecto “Q.Theatre, Theatrical Recreations of Don Quixote in Europe”, financiado con el apoyo de la Comisión Europea. Esta publicación es responsabilidad exclusiva de su autor. La Comisión no es responsable del uso que pueda hacerse de la información aquí difundida. Cofinanciado por el programa Europa Creativa de la Unión Europea © 2019 Società Editrice Fiorentina via Aretina, 298 - 50136 Firenze tel. 055 5532924 [email protected] www.sefeditrice.it isbn: 978-88-6032-541-9 ebook isbn: 978-88-6032-546-4 issn: 2610-9034 Proprietà letteraria riservata Riproduzione, in qualsiasi forma, intera o parziale, vietata indice stefania di carlo Alessandro De Stefani Narrativa e autonarrazione A teatro Sulla scia di Pirandello Dagli anni ’30 in poi Teatro ‘giallo’ Il teatro in TV La crisi del teatro Alla radio e al cinema Radio Cinema De Stefani giornalista, traduttore e critico teatrale De Stefani e la Spagna Gli anni in Argentina stefania di carlo Tomás Borrás Gli esordi, attività giornalistica e impegno politico Romanzi e racconti Un non avanguardista d’avanguardia Conclusioni iole scamuzzi La novella del «Curioso Impertinente» e il teatro Il «Curioso Impertinente» in Cervantes e il «Curioso Impertinente» in Italia «El Curioso Impertinente» del teatro El Español Fedeltà a Cervantes fra narrativa e teatro De Stefani conoscitore della letteratura spagnola L’Hidalgo e Messer Giovanni: fra Pirandello e Cervantes Il peccato di Anselmo e il peccato di Camila: «curiositas» e adulterio vii vii x xi xiii xvi xvii xviii xx xx xx xxii xxii xxiii xxix xxix xxx xxxiii xxxiv xxxvii xxxvii xl xliv l lii lvii stefania di carlo El curioso impertinente (1953) - 85’ La trama Contesto storico: possibili cause di un insuccesso Concause di un fallimento: una squadra non d’eccezione L’accoglienza della critica e del pubblico alessandro de stefani Parole incrociate lxiii lxiv lxv lxvi lxvii lxix stefania di carlo Nota al testo italiano lxxiii iole scamuzzi Nota al texto español lxxv alessandro de stefani Il Curioso Impertinente / El Curioso Impertinente Atto primo / Acto primero Atto secondo / Acto segundo Atto terzo / Acto tercero 1 4 40 70 stefania di carlo Apparato critico 102 iole scamuzzi Aparato crítico 103 Bibliografia citata 107 Fonti letterarie e documenti d’archivio Fonti emerografiche (in ordine cronologico di pubblicazione) Riviste cartacee ed elettroniche Quotidiani Studi 107 109 109 110 113 Alessandro De Stefani Alessandro De Stefani nasce a Cividale del Friuli, paesino in provincia di Udine, il 1º gennaio 18911 e trascorre l’infanzia nel capoluogo, dove si traferisce con la sua famiglia. Si laurea in giurisprudenza a Torino – qui nel 1919 sposa l’attrice Elisa Caioli da cui avrà due figli: Alessandra, attrice, e Stefano, regista –, ma abbandona la carriera forense per mancato interesse. Giornalista, cronista radiofonico e autore di radiodrammi, romanziere, autore teatrale, sceneggiatore, soggettista e a volte anche regista cinematografico,2 De Stefani è un estimatore e critico di autori teatrali stranieri di cui per anni è stato traduttore, Shakespeare in particolar modo.3 La sua è stata una carriera non tutta in discesa, segnata da alti e bassi che hanno seguito i favori o le condanne della critica del tempo. Narrativa e autonarrazione Alcuni aspetti della sua biografia ed alcuni degli argomenti che caratterizzano i suoi testi si possono desumere da Gente con me (1956), raccolta di racconti pubblicati già parzialmente ne «La Stampa» tra il ’44 e il ’52.4 Qui la sua vita si confonde con una fervida immaginazione, nella speranza di portare il lettore in una dimensione parallela, che è insieme memoria dell’autore e racconto fantastico. È evidente, da quanto scrive, che De Stefani nella sua vita si è dedicato ad attività molto diverse tra loro: da cronista delle corse ippiche5 di cui diventò un esperto, a inviato nelle cave di Iglesias per esaminare le condizioni di lavoro dei minatori.6 1 Dall’atto di nascita, all’anagrafe Mario Alessandro Giuseppe Luigi, sarebbe nato invece il 2 gennaio (Sgroi 2003: 17). 2 Es. L’idiota (1918). 3 Ma traduceva sicuro anche dal francese, dal russo, dall’ungherese – ottenendo il titolo di cavaliere al merito di Ungheria. 4 Trenta in totale, venticinque dei quali verranno poi pubblicati in Gente con me, anche se con qualche revisione e talvolta con un titolo diverso. 5 ‘La puntata’ (De Stefani 1956: 43-47) e ‘Logica, dove sei tu?’ (De Stefani 1956: 71-77). 6 ‘Fotografia macchiata’ (De Stefani 1956: 49-52). viii | Il curioso Impertinente È stato direttore di trasmissioni teatrali alla radio,7 insegnante all’Accademia d’Arte Drammatica8 e di latino a scuola9 e soprattutto è riuscito dove il padre, per paura di deludere la famiglia, ha rinunciato,10 realizzando il sogno di entrambi di «prender la via dei teatri» (De Stefani 1956: 20). Attento osservatore della natura umana, sembra ossessionato da alcuni temi proposti in più racconti e che torneranno poi nei suoi drammi. Attratto dal macabro,11 come Borrás, e dalle situazioni torbide, che si tratti di inganni o di adulteri,12 De Stefani si diverte a giocare sugli equivoci e sulle interferenze che le proprie azioni possono avere sul destino altrui,13 talvolta attratto da pensieri magici14 e fatalisti, ma anche superstiziosi.15 Per queste storie molti spunti gli vengono offerti dai suoi soggiorni all’estero,16 dalle lunghe permanenze in alberghi17 e dai numerosi viaggi. La Spagna, come l’Argentina, ritorna più volte,18 rivelando un particolare interesse nei confronti di entrambe le nazioni. De Stefani offre inoltre approfondimenti sulle condizioni italiane durante il dopoguerra19 ed alcuni scorci di vita teatrale.20 Nella sua attività di narratore troviamo la stessa versatilità per cui l’autore si distingue come drammaturgo: segue le mode, spesso alla ricerca di un facile successo, oscillando ad esempio tra narrazioni storico-mitiche o autobiografiche, tra romanzi gialli o d’ambientazione esotica. Nei suoi racconti possiamo inoltre identificare quegli aspetti tipicamente pirandelliani già presenti nei suoi drammi. In ‘Mi aiuti per carità’ (De Stefani 1956: 129-138), ad esempio, riferendosi al suo ‘Tempo di guerra’ (De Stefani 1956: 195-197). ‘L’innamorata misteriosa’ (De Stefani 1956: 209-212). 9 ‘L’orologio di papà’ (De Stefani 1956: 233-236). 10 ‘Diario della nonna’ (De Stefani 1956: 19-22). 11 ‘Morto dentro la busta’ (De Stefani 1956: 155-157). Qui si percepisce anche un latente senso di colpa da parte dell’autore, che spesso ritorna nei suoi racconti. «Non sono stato forse io ad uccidere quel disgraziato?» (De Stefani 1956: 157). 12 ‘La moglie e l’amante’ (De Stefani 1956: 183-186), o ancora ‘Dramma in gondola’ (De Stefani 1956: 221-224). Il tradimento è perdonabile: «Dov’è la comprensione che una moglie deve pur avere? […] riprendete la vostra vita. Sacrificate un po’ del vostro orgoglio. Anche questo fa parte dei doveri di una buona moglie. […] Spero di aver contribuito alla sua felicità» (De Stefani 1956: 223-224). 13 Es. «Convinto di aver fatto un’opera buona», l’autore ha cambiato il destino di qualcuno causandone, in questo caso, la morte. ‘La rivoltella’ (De Stefani 1956: 179-182). 14 ‘Volare in cielo’ (De Stefani 1956: 187-189). 15 ‘Il portafortuna’ (De Stefani 1956: 113-116). Triste e tetro, ha influenzato il destino altrui o almeno lui pensa che possa essere accaduto e se ne sente in colpa. Succede ripetutamente nei suoi racconti. 16 Es. in Bretagna. ‘La vedova di Bretagna’ (De Stefani 1956: 83-87). 17 Es. ‘Vicino di camera’ (De Stefani 1956: 213-215). 18 Come ne ‘La marchesa di Bermudez’ (De Stefani 1956: 251-255). Ambientato a Madrid, dove era solito frequentare il Museo del Prado. O anche nel racconto ‘Maria de los Reyes’ (De Stefani 1956: 257261), ambientato a Toledo. Da questi racconti desumiamo la sua scarsa competenza in campo pittorico e un buon livello di conoscenza della lingua spagnola. 19 Es. un approfondimento sui problemi abitativi nell’immediato dopoguerra. ‘Cronache del dopoguerra’ (De Stefani 1956: 169-173). 20 ‘Il suggeritore’ (De Stefani 1956: 241-245). Interessante scorcio sul mondo teatrale, una riflessione in merito al teatro contemporaneo e riguardo la contrapposizione vita reale vs palcoscenico. 7 8 Alessandro De Stefani | ix impegno come uomo di teatro e di cinema, racconta un aneddoto fantasioso e metanarrativo. Una ragazza gli si presenta in ufficio affermando di essere un personaggio di un suo racconto e gli chiede aiuto per risolvere la situazione in cui si trova. «Non sono una pazza. E non esco dalle pagine d’un libro di Pirandello. Esco dalle sue pagine; sono la sua creatura» (De Stefani 1956: 130). Grande estimatore dell’eros, nel volume La cortigiana e le altre novelle confidenziali (1926)21 – il cui titolo rimanda all’opera di Pietro Aretino – De Stefani dedica un’intera sezione alle ‘Pagine autobiografiche di Don Giovanni Tenorio’.22 Un inno alla vita in cui però l’autore decide di dedicarsi alle conquiste mancate del famigerato viveur. Il successo di questa formula, basata su audaci allusioni e lunghe descrizioni dalla forte carica erotica, spinse De Stefani a riproporre i medesimi schemi e le stesse situazioni narrative anche nella successiva raccolta di novelle, Venere dormente [De Stefani 1928]. Ancora una volta, la storia diventa una semplice cornice in cui innestare avventure oscene, che hanno spesso per protagonisti personaggi celebri (Sgroi 2003: 182). L’autore propone dunque una sua versione della ‘storia’ come pretesto per raccontare episodi di fantasia. Questa selezione di racconti, o come le definisce l’autore nella prefazione «storielle […] scrupolosamente autentiche» (De Stefani 1928: 9), è sulla stessa lunghezza d’onda di Gente con me, anche se forse dettata da meno remore e più entusiasmo. Ogni novella in questo caso è dedicata a qualcuno, magari come lieve forma di captatio benevolentiae o semplicemente di riconoscenza nei confronti di scrittori, giornalisti, poeti, drammaturghi, critici letterari, registi, avvocati, politici e ministri, tutti filofascisti e vicini all’entourage di Benito Mussolini. Nella fattispecie, in ordine di apparizione: Antonio Beltramelli, Fausto Maria Martini, Giacomo di Giacomo, Cesare Giulio Viola, Massimo Bontempelli, Ermanno Amicucci, Giacomo Torrente, Orio Vergani, Edmondo Rossoni, Luciano Zuccoli, Alessandro Varaldo, Lucio D’Ambra, Guido Milanesi, Giuseppe Bottai, Marco Ramperti, Filippo Tommaso Marinetti, Lorenzo Gigli, Cesarino Giardini, Matsudà Michikazu, Pietro Mascagni e Arnaldo Mussolini. Tra le opere narrative di De Stefani, oltre alle già citate, ricordiamo il primo romanzo del 1921, Malati di passione,23 cui seguono I giardini d’Armida (1925), La cortigiana e altre novelle confidenziali (1926), Lo zar non è morto (I Dieci, 1929),24 Dammi la bocca Recensito nella sezione ‘Libri’ («La Stampa», 02/06/1926). Già ne ‘Il collezionista’ (De Stefani 1956: 145-149). Soprannome scelto per un amico dedito a ‘collezionare’ donne è don Giovanni. 23 Forse preceduto da Canevisio Alessandro (1912) (Sgroi 2003: 242). 24 I Dieci sono Antonio Beltramelli, Massimo Bontempelli, Lucio D’Ambra, Alessandro De Stefani, Filippo Tommaso Marinetti, Fausto Maria Martini, Guido Milanesi, Alessandro Varaldo, Cesare Viola, Luciano Zuccoli. 21 22 x | Il curioso Impertinente (1930), Il flagello di Dio (1930), Maleha (1933), I peccati dell’attrice (1933),25 Noi che aspettiamo l’amore (1935) e Il sentiero per la felicità (1938). Perfettamente in linea con i tempi e con quel ‘disimpegno’ di cui parla Sgroi nel suo volume (2003: 32) e richiesto dall’epoca, De Stefani si dedica anche alla scrittura di romanzi ‘gialli’. Della collana Mondadori ricordiamo La crociera del Colorado (1932), Il pilota della notte e L’isola nella foresta (1935).26 A Teatro L’attività di drammaturgo di De Stefani, come quella di novellista e romanziere, si distingue per la sua fecondità e versatilità. Ha esplorato ambiti e temi molto diversi, nonostante sia spesso rimasto ancorato ad un certo modo, che potremmo definire borghese, di sentire la scena. Solitamente si presenta Il piacere e il peccato (1915),27 scritta insieme a Celso Salvini, come la sua opera d’esordio,28 cui segue un’operetta in tre atti, con le musiche di Giuseppe Petri, tratta dalla commedia di Sandro Camasio e Nino Oxilia, Addio giovinezza! (1916)29 e il dramma in prosa Angeli ribelli (1917).30 Nel successivo Tristano e l’ombra, dramma romantico affidato alla compagnia di Virgilio Talli, annunciato per l’autunno del 1919 («La Stampa», 12/06/1919), l’autore continua ad esplorare nuovi territori: le parti in prosa si alternano ai versi, seguiti e spezzati entrambi da intervalli musicali e canori, calcando un po’ quell’impronta dannunziana di moda in quegli anni. Trasferitosi a Roma, ed entrato in contatto con i più alti rappresentanti del mondo teatrale a lui contemporaneo, De Stefani si cimenta nella scrittura della commedia Salomé, per la regia di Anton Giulio Bragaglia. Ambienta nell’oltretomba e rappresentata al Teatro degli Indipendenti di Roma nell’aprile del 1924 (Sgroi 2003: 28), l’opera verrà poi pubblicata solo nel 25 Annunciato nella sezione ‘Romanzi nuovi’ («La Stampa», 02/10/1933), il romanzo svela i segreti dietro la vita del palcoscenico, specialmente delle prime attrici, attraverso le memorie scritte da una cameriera. 26 Pubblicate in un unico volume. 27 Datato altrove 1913, dove si aggiunge che è stato un fiasco memorabile («Italia Fascista», 19341935: 31). 28 Sgroi inserisce nella Bibliografia (Sgroi 2003: 239) un manoscritto datato Ferrara 1913 - Roma 1919, La disputa dei dottori. Insieme a Celso Salvini scrive anche Il gioco della bambola, 1917, datato altrove 1915 («Italia Fascista», 1934-1935: 31). 29 Pubblicato nel 1919. 30 Questa, insieme a Il piacere e il peccato e Il gioco della bambola, è l’opera con la quale De Stefani spera di vedere accettata la sua richiesta di ammissione a socio effettivo della Società degli Autori nel 1918 (lettera del 9 settembre 1918 alla Direzione Società Italiana degli Autori di Milano, preceduta da una indirizzata a Sabatino Lopez sempre per chiedere di essere ammesso come socio effettivo alla Società degli Autori, datata 20 luglio 1918). Alessandro De Stefani | xi 1933 con il titolo L’ultima avventura di Salomé insieme alla successiva Volpone,31 versione italiana ingentilita della commedia dell’inglese Ben Johnson. Sulla scia di Pirandello Un punto di svolta della carriera di Alessandro De Stefani è stato indubbiamente l’incontro con Luigi Pirandello, tra il ’24 e il ’25, proprio nel momento in cui sta nascendo il Teatro d’Arte a Roma, in via degli Odescalchi. Nell’arco cronologico compreso tra il 1925 e il 1929 lo scrittore compone alcune opere di sicuro pregio sotto il segno del “pirandellismo dialettico” e del “grottesco”, ed è significativo che in questo medesimo lasso di tempo la sua vena creativa sia risultata più controllata e attenta alla “qualità” dei testi, pur nel quadro del consueto eclettismo creativo (Sgroi 2003: 48). Le due opere più rappresentative di questo periodo sono indubbiamente I pazzi sulla montagna e Il calzolaio di Messina. La prima, pubblicata nella rivista «Scene e Retroscene» nel 192332 (febbraio), aspettava da anni un capocomico che la rappresentasse («La Stampa», 29/06/1926.). La sua stesura è dunque antecedente ai rapporti diretti del drammaturgo con Pirandello eppure la pièce, messa in scena dalla Compagnia diretta dal maestro agrigentino con Marta Abba e Umberto Palmarini, sembra quasi uscire dalla penna del regista stesso. Il tema attorno al quale ruota la rappresentazione è lo stesso dell’Enrico IV (1921) pirandelliano: «i veri pazzi […] sono gli uomini immiseriti in una condizione insensata, meccanicamente legata all’angustia quotidiana e a regole che ne imbrogliano e ne soffocano l’autentica libertà» (Sgroi 2003: 51). Il folle, infatti, riesce ad essere felice lontano da quella parvenza di benessere che il sano può solo dissimulare. L’ambientazione, un manicomio isolato su una montagna, diventa in queste pagine un luogo utopico, l’unico posto al mondo dove ognuno è libero di scegliersi il proprio ruolo da rivestire per sempre o da interpretare per un tempo limitato. «Insomma, la follia che nell’Enrico IV è scelta obbligata di un personaggio, qui si frantuma e moltiplica» (Sgroi 2003: 49). La commedia piace al pubblico, ma non ha una vasta eco soprattutto a causa del giudizio della critica che evidenzia, oltre alla fragilità degli ultimi due atti, un «eccessivo indugiare dell’autore su una tesi in fondo ritenuta ormai logora: la supremazia della follia sulla saggezza raziocinante, coniugata ad un’aspra critica contro i pilastri della società borghese» (Sgroi 2003: 57). In scena al teatro Alfieri di Torino, l’adattamento sembra aver perduto quell’aspetto satirico dell’originale («La Stampa», 21/05/1929). 32 Pubblicata in seguito ne «Il Dramma», 15/08/1936: 2-24. Disponibile in Sgroi 2003: 191-237 e online su «Corriere Spettacolo». 31 xii | Il curioso Impertinente Grande successo di pubblico33 e acclamata nelle recensioni è la rappresentazione de Il calzolaio di Messina.34 Scritta tra il ’24 e il ’25 appositamente per la messa in scena della stessa primavera nel teatro diretto da Pirandello e con la sua regia, l’opera debutta l’11 aprile alla presenza di Mussolini. Grazie a questo testo l’autore si guadagna la nomea di ‘promessa’ del teatro italiano, e a sostenerlo è lo stesso capocomico agrigentino (Sgroi 2003: 60). Il dramma resta a lungo nel repertorio della compagnia teatrale e, annoverato fra le commedie più famose del Novecento, verrà rappresentata in seguito prima in versione radiofonica, con la regia di Corrado Pavolini e la voce di De Stefani come protagonista (Sgroi 2003: 60 n.), e poi televisiva negli anni ’60. Nonostante negli anni a seguire, in particolar modo a partire dagli anni Trenta, l’autore si concentri maggiormente su una produzione meno impegnata, all’insegna di commedie leggere, l’ombra di Pirandello sembra riaffiorare in alcuni dei suoi lavori. A confermarlo è la commedia di discreto successo Vecchio bazar («Comoedia», 12/1928-01/1929: 36-45),35 ambienta a Costantinopoli36 («La Stampa», 23/12/1928). Sulla scena un italiano, ultimo discendente di una famiglia storica che, ridotto in miseria, si rifugia a Costantinopoli per aprire una bottega nel vecchio bazar. La vera protagonista è però Maria, sua moglie, personaggio psicologicamente complesso e tormentato, adultera eppur schiava in un ambiente misogino. I «cospicui residui di “pirandellismo” [sono rintracciabili, oltre che nella caratterizzazione dei personaggi,] sia nell’ordito intreccio che nell’impostazione del dialogo, nonché nel soggetto stesso della pièce (la maternità concepita come momento di riscatto per la donna)» (Sgroi 2003: 68). Un simile spessore psicologico dei suoi protagonisti si ritrova nella commedia Metropoli («Il Dramma», 1/11/1938: 4-24),37 tre atti rappresentati da A. Bretone. Negli anni ’50, nei tre atti de Il grande attore («Il Dramma», 15/11/1953: 7-26), riaffiora ancora la lezione pirandelliana. Messa in scena per la prima volta il 23 ottobre 1953 al teatro Augustus di Genova dalla Compagnia Stabile delle Tre Venezie, è una commedia metateatrale in cui l’autore lamenta quelle che ritiene siano ormai diventate le condizioni del teatro e degli attori, intrecciando la finzione con la realtà, abbattendo la quarta parete e coinvolgendo la platea. Sgroi (2003: 78) fa riferimento alla scena come 33 Nella rappresentazione dell’autunno dello stesso anno a Torino il pubblico applaude più l’autore, presente in platea, che gli attori (Compagnia dell’Arte Scenica) («La Stampa», 4/11/1925). 34 Il calzolaio di Messina narra di un calzolaio che si fa giustiziere, punendo con la morte tutti coloro che ritiene peccatori, sostituendosi alla giustizia umana e a quella divina. Solo quando si rende conto di aver commesso un errore e condannato un innocente, punta il proprio coltello contro sé stesso e affonda in un inferno popolato dalle ombre delle sue vittime. 35 Cit. in Sgroi 2003: 68, n. 36 Stessa ambientazione del racconto ‘I gioielli dei sultani’, in cui l’autore parla del suo viaggio ad Istanbul, non più Costantinopoli. Sicuramente siamo nella post europeizzazione ad opera di Mustafa Kemal Atatürk, fondatore e primo presidente della Turchia (De Stefani 1956: 79-82). 37 Disponibile anche online su «Corriere Spettacolo». Alessandro De Stefani | xiii un palcoscenico totalizzante e “multiplo”, che si rivela uno specchio deformante su cui si riflette la vita. “Teatro nel teatro”, dunque, come luogo privilegiato di riflessione, nel quale si approda alla conclusione che se l’epoca del “grande attore” ottocentesco, capace di fare vibrare gli spettatori con la sua recitazione appassionata, è tramontata per sempre, il “nuovo” si è rivelato di gran lunga inferiore alla gloriosa tradizione attorale (Sgroi 2003: 79). De Stefani sembra qui rimpiangere un tempo, lontano dal suo, ma non troppo da dimenticarlo, in cui il teatro dell’attore era totalizzante e soprattutto sufficiente ad appagare il pubblico. Dagli anni ’30 in poi Con la crisi del teatro degli anni ’30, l’attenzione dei drammaturghi del tempo inizia a focalizzarsi altrove. Oscilla cioè tra vecchie pulsioni che strizzano ancora l’occhio al pirandellismo e un nuovo teatro, mirato invece al facile consumo, fatto perlopiù di commedie poco impegnate, «congegnate abilmente seguendo soprattutto i consolidati modelli francesi del pochade e del vaudeville» (Sgroi 2003: 100-101). Lo stesso De Stefani rivolge i suoi sforzi in questa nuova direzione e propone, come primo prodotto riuscito della moderna vena, I capricci di Susanna.38 Qui l’autore, senza «offendere il buon gusto e la moralità di quella classe borghese che assisteva agli spettacoli dei quali era in certo qual modo anche “protagonista”» (Pulce 1991) attenua tematiche ricorrenti nel suo repertorio, come l’adulterio o il peccato inteso in senso più ampio, risolvendole con l’immediato «ripristino dei valori comunemente accettati, con l’implicita inappellabile condanna di tutto ciò che ha potuto metterli in crisi» (Pulce 1991). Grande e prevedibile successo di pubblico, lo spettacolo viene rappresentato per la prima volta al teatro Valle di Roma il 20 gennaio 1932 (Sgroi 2003: 101), e a questo segue, nello stesso anno, l’adattamento della commedia francese di Bousquet e Falk:39 L’amore canta40 («Il Dramma», 15/07/1932: 4-34). Il filone di commedie leggere di De Stefani è interrotto da pièces d’altro genere e ne è un esempio il dramma in quattro atti Brummel («Comoedia», 02/1934: 38 Annunciata insieme a Brummel (1934) tra i ‘lavori in cantiere’ per il ’32 («Stampa Sera», 06/01/1932). Pubblicata in «Comoedia», 02/1932: 29-44, cit. in Sgroi 2003: 101 n. Nello stesso anno De Stefani viene menzionato come uno dei cinque autori del neonato Circolo del teatro «La baracca e i burattini». Lo spettacolo inaugurale consta di 4 atti unici, quello di De Stefani si intitola Il ritorno di Marco Polo («La Stampa», 6/04/1932). 39 Insieme ai quali ha lavorato alla traduzione («Il Dramma», 15/07/1932: 4). 40 Consultabile anche online su «Corriere Spettacolo». Prima rappresentazione a Roma, Teatro Barberini, 11 luglio 1932. Compagnia di Antonio Gandusio e Luigi Almirante. Interpreti e personaggi: Antonio Gandusio (Claudio Malserault), Luigi Almirante (Crepin), Lola Braccini (sua figlia), Anna Magnani (l’adultera), Enzo Cainotti (il marito), Paolo Stoppa (l’amante) (Moscati 2015). xiv | Il curioso Impertinente 41-56),41 scritto insieme a Lucio D’Ambra e Alberto Donaudy.42 Definita dagli autori come una «biografia storica» («La Stampa», 03/01/1934) dell’elegante e raffinato Beau Brummel, considerato il primo dandy d’Inghilterra, l’opera debutta al Manzoni di Milano nel gennaio del 1934. Il focus è sul tormento del protagonista, fragile figura ormai eclissata dietro la maschera che ha deciso di indossare «comporta[ndosi] sempre e comunque come un tombeur de femmes senz’anima, tutto preso dal culto narcisistico di sé» (Sgroi 2003: 32). In alcuni passi De Stefani sembra riprendere qui quel «gusto dannunziano per la rievocazione storicoestetizzante, il culto per la bellezza e il gesto eroico consumato in contrasto con le regole della società borghese» (Sgroi 2003: 34). Un retaggio simile lo troviamo nel copione dattiloscritto La regina di Cipro,43 commedia inedita priva di datazione, e nell’altrettanto inedito atto unico Sardanapalo, tragedia lirica «concepita per essere musicata da Riccardo Pick Mangiagalli» (Sgroi 2003: 38). Nel ’37 torna alla regia di un suo spettacolo il celebre autore Anton Giulio Bragaglia, per il suo Casanova a Parma44 («Stampa Sera», 22/04/1937) e il pubblico sembra apprezzare la nuova commedia romantica ambientata a Budapest, Gli uomini non sono ingrati. Messa in scena dalla compagnia Tofano-Cervi-Maltagliati45 e da altre negli anni a seguire,46 la pièce fu adattata nello stesso anno per il cinema, con la regia di Guido Brignone e poi tradotta e rappresentata in lingua fiamminga nei teatri di Anversa e Gand nel ’42 («La Stampa», 26/05/1942). A questa seguono anni di intensa attività, ma di poca risonanza, con opere come Mattinate d’aprile,47 Lo scrigno degli amanti («Stampa Sera», 27/05/1938) o Non dite che sono troppe («La Stampa», 12/06/1938.). Migliore sembra essere il risultato con la già citata Metropoli («Il Dramma», 1/11/1938: 4-24)48 e Dopo divorzieremo49 («Il Dramma», 15/12/1938: 4-24), commedia quest’ultima che strizza l’occhio alla pirandelliana Ma non è una cosa seria50 (1918) (Pullini 1985). Nel ’42 va in scena inoltre l’opera di Mario Mariotti, Cattedrale,51 su libretto di De Stefani, tratto dal dramma Axel e Valborg del danese Adam Oehlenschläger («Stampa Sera», 20/09/1938.). Seguono le commedie L’amica di tutti e di nessuno («Il Dramma», 01/07/1939: Cit. in Sgroi 2003: 30. La principale fonte a cui si sono ispirati per redigere l’opera sembrerebbe il saggio di Jules Barbey d’Aurevilly, Lord Brummel e il dandismo (Sgroi 2003: 34). 43 Sgroi ipotizza possa trattarsi di una composizione degli anni Venti-Trenta «nei quali De Stefani privilegia la frequentazione di soggetti storici» (Sgroi 2003: 35). 44 Il copione dattiloscritto (probabilmente del 1936 perché lo stesso anno ne viene realizzato un adattamento cinematografico, Arma bianca) è custodito presso il Fondo De Stefani nella Biblioteca del Burcardo a Roma (Sgroi 2003: 39, n.). 45 Nove repliche tra il 1 e il 17 maggio 1937 (Sgroi 2003: 114-115, n.). 46 Es. rappresentata nel ’44 dalla Compagnia Stival al Carignano («Stampa Sera», 13/11/1944). 47 Messa in scena dalla compagnia Foemina e pubblicata ne «Il Dramma», 15/10/1937: 2-25. 48 Accolto molto bene dall’«Olimpia» di Milano («Stampa Sera» 31/08/1938). 49 Adattamento cinematografico nel ’40 («La Stampa», 01/11/1940). 50 Cit. in Sgroi 2003: 117, n. 51 Pubblicato nel 1938. 41 42 Alessandro De Stefani | xv 4-24) rappresentata dalla Compagnia Dina Galli e la più sfortunata («La Stampa», 11/01/1940) Gran Turismo52 («Il Dramma», 15/02/1940: 4-22) messa in scena dalla Compagnia Palmer. Sta scoppiando la Seconda Guerra Mondiale e l’autore sembra reagire per antitesi: più la vita reale diventa complicata ed instabile, più De Stefani si dedica alla drammaturgia disimpegnata, concentrandosi sul divertissement, sul teatro come via di fuga. A differenza degli autori coevi, incluso, come vedremo, Tomás Borrás, egli non è particolarmente propenso nemmeno al teatro con fini propagandistici. Difatti, se si esclude qualche tentativo andato non troppo a buon fine,53 l’unico testo teatrale esplicitamente dedicato alla celebrazione delle virtù italiche, e che comunque non inneggia apertamente al fascismo, è La scoperta dell’Europa, rappresentato dalla Compagnia Tofano-Rissone-De Sica e pubblicata ne «Il Dramma» (15/02/1941: 6-25). Nel ’44 torna al successo con il dramma L’ultimo romanzo di Domenico Barnaba («Il Dramma», 15/06 e 15/07/1944: 9-26), scritto a quattro mani insieme a Mino Doletti. Molto gradita dal pubblico, la commedia in tre atti, in una singolare commistione di ibsenismo e suggestioni pirandelliane […] ripropone […] il tema (pirandelliano) del contrasto lacerante tra l’arte e la vita incarnato nella tragica vicenda del romanziere Domenico Barnaba, emblema della tradizionale condizione dell’artista, e nella sua tormentata storia d’amore con l’attrice Elena Lorenzi. Pirandelliano è perfino l’impianto strutturale dell’opera, che si apre con l’intervento “epico” dell’editore Emiliani, il quale, come l’Hinkfus di Questa sera si recita a soggetto, esplicita le circostanze che hanno portato alla genesi della commedia (Sgroi 2003: 158). De Stefani approfitta di questi aspetti metateatrali, di pirandelliana memoria, per analizzare la «condizione dello scrittore, estromesso suo malgrado dalla scena ed in rapporto conflittuale con chiunque» (Sgroi 2003: 159). Nel secondo dopoguerra l’autore fatica a cambiare rotta e ad adeguarsi ai tempi in cui il teatro non è più mero intrattenimento, bensì un’arte dedita all’impegno politico nel segno dell’antifascismo. Nel drammaturgo infatti riaffiorano, anche se libere dalle censure, temi ricorrenti nelle sue commedie romantiche, come quelle legate all’eros. Ne è un chiaro esempio la commedia Il sabato del peccato («Ridotto», 03/1960: 19-44).54 Nonostante in essa secondo Sgroi «si poss[a]no rintracciare gli elementi tipici che, nei decenni successivi, finiranno per dare vita alla cosiddetta “commedia all’italiana”, che tanta fortuna riscuoterà anche nelle sale cinematografiche», il pubblico non la apprezza come avrebbe Disponibile anche online su «ateatro.info». Una notte a Barcellona, rappresentata dalla Compagnia Gramatica-Benassi («Stampa Sera», 4/11/1936) e pubblicata ne «Il Dramma», 15/08/1937: 2-23 ed Equatore del 1938 che verrà poi adattato per il cinema e pubblicato nel 1943. 54 Cit. in Sgroi 2003: 134, n. 52 53 xvi | Il curioso Impertinente potuto fare anni prima, durante il conflitto mondiale. Nel ’53 scrive le parole per l’opera da camera in un atto e tre quadri Novella,55 basata sulla decima novella della quarta giornata del Decameron di Boccaccio, su musica di Cesare Brero, compositore milanese probabilmente conosciuto durante il periodo di permanenza in Argentina. Torna il tema ricorrente dell’adulterio anche nel ’56 nel dramma Noi due.56 I due soli attori in scena interpretano Doris e Franco, due giovani innamorati, presto sposi e subito dopo genitori. Pur affezionato alla moglie, Franco la tradisce, ma viene perdonato, come è dovere della buona sposa innamorata: è questa la posizione che emerge da più drammi, ma anche dai testi narrativi. Dopo trent’anni i due protagonisti fanno un bilancio delle loro vite, e della loro grande passione resta solo la tenerezza che provano l’uno per l’altro ed è con questa consapevolezza che invecchieranno insieme. Dal testo traspare il riferimento autobiografico dell’autore, quasi un’espiazione dei peccati di fronte alla scomparsa di sua moglie. Tra le ultime commedie di successo segnaliamo l’atto unico La cuoca non può fare i gelati («Ridotto», 06/1957: 50-62)57 e la commedia in tre atti Troppe donne («Ridotto», 03-04/1963: 18-50).58 Teatro ‘giallo’ A più riprese ed in particolar modo negli anni ’30, De Stefani, come in ambito narrativo, si dedica alla composizione di ‘gialli’. Nel 1933 il dramma L’ombra dietro la porta («Il Dramma», 01/09/1934: 4-36), ambientato nella redazione giornalistica dell’immaginaria testata «L’Universel»59 e rappresentato dalla Compagnia degli Spettacoli Gialli, è un grande successo («La Stampa», 28/11/1933). Qui l’autore, tra il primo e il secondo atto, usa un espediente pirandelliano60 facendo crollare la quarta parete con l’interazione tra attori e pubblico: i primi distribuiscono in platea una copia del loro quotidiano. L’anno successivo l’autore scrive insieme a Ferruccio Cerio il fortunato ‘giallo’ in tre atti e sette quadri L’urlo («Il Dramma», 01/04/1935: 4-30):61 nella stessa ambientazione della più famosa pièce I pazzi sulla montagna, ossia in un manicomio, la psicanalisi è avvolta qui da atmosfere noir e accompagnata da altri temi cari all’autore, come l’adulterio e il 55 Prima rappresentazione Bergamo, Teatro Donizzetti, 24 settembre 1953. Testo a stampa De Ste- fani 1958. 56 57 58 59 Pubblicata insieme a Metropoli (De Stefani 1961: 163-238). Cit. in Sgroi 2003: 138, n. Cit. in Sgroi 2003: 138, n. Forse un richiamo al quotidiano francese «Le Moniteur universel» che chiuse i battenti nel 1901. Vedi Ciascuno a suo modo (1924) (Sgroi 2003: 85). «Questa commedia è già stata tradotta e rappresentata a Berlino, Varsavia e Leopoli» («Il Dramma», 01/04/1935: 4). Disponibile anche online su «Corriere Spettacolo». 60 61 Alessandro De Stefani | xvii denaro (Sgroi 2003: 88-90). Nella stagione seguente viene presentato Il triangolo magico («Il Dramma», 15/02/1936: 2-27), tre atti satirici («Stampa Sera», 3/02/1936) a cura della Compagnia di Spettacoli Gialli Romano Calò:62 una rappresentazione per un pubblico borghese che affronta gli stessi argomenti dell’anno precedente, senza particolare originalità né ambizioni, finalizzata al mero intrattenimento. Nel ’56, a distanza di due decenni dal precedente ‘giallo’, De Stefani propone il dramma mai pubblicato63 Trappola per topi, ambientato in una villa nei pressi di Buenos Aires («Stampa Sera», 06-07/08/1956), dove l’autore aveva vissuto per diversi anni dopo la fine del secondo conflitto mondiale. A quest’opera segue, nel ’66, presumibilmente il suo ultimo contributo a questo genere, La camicia del morto, pubblicato su «Ridotto» nello stesso anno (gennaio-febbraio 1966).64 Il teatro in TV Negli anni ’50 e ’60 la televisione italiana sceglie di proporre al grande pubblico molte delle commedie di De Stefani, anche quelle meno conosciute. Nell’ottobre del ’55, ad esempio, va in onda la commedia rosa Il medico e la pazza («La Stampa», 21/10/1955), scritta con Dino Hobbes Cecchini, rappresentata dalla compagnia Adani-Cimara nel 1943 e pubblicata in «Scenario-Comoedia» nello stesso anno.65 Nel settembre 1957 esordisce in video («Stampa Sera», 13-14/09/1957) Ecco la fortuna («Il Dramma», 15/07/1938: 4-24), pièce in tre atti scritta insieme a Gaspare Cataldo nel 1938 per il teatro e rappresentata, con non molto successo, dalla Compagnia Tofano-Maltagliati. Nel marzo del ’5966 invece, va in onda la commedia ambientata in una casa di moda, Tutte bugie, scritta da De Stefani appositamente per la televisione.67 Dal ’57 al ’59 l’autore si occupa di numerose riduzioni televisive, come quella in cinque puntate del romanzo sceneggiato Ottocento di Salvator Gotta, diretta da Anton Giulio Majano («Stampa Sera», 05-06/12/1959), nonché di traduzioni per il piccolo schermo di classici della letteratura, come Le avventure di Nicola Nickleby di Dickens («Stampa Sera», 19-20/04/1958). Nel ’60 dirige la rubrica in Tv «Giallo Club – invito al poliziesco» con Ubaldo Lay («Stampa Sera», 01-02/01/1960) e, nel febbraio del ’62, ispirata ad una novella di Dostojevski, viene proposta Le notti bianche, commedia scritta da De Stefani con Prima rappresentazione al Teatro Lirico di Milano il 9 dicembre 1936 (Sgroi 2003: 91, n.). Esiste il dattiloscritto inedito presso il Fondo De Stefani (Sgroi 2003: 94). 64 Cit. in Sgroi 2003: 95. 65 Cit. in Pulce 1991 e disponibile anche online su «Corriere Spettacolo». 66 Trasmesso il 13 marzo («Stampa Sera», 05-06/03/1959). 67 Di nuovo nel 1960 per la regia di Stefano De Stefani, figlio dell’autore («Stampa Sera», 2021/04/1960). 62 63 xviii | Il curioso Impertinente Monica Vitti e Giulio Bosetti.68 Nello stesso anno uscirà l’adattamento televisivo, su traduzione dello stesso autore, de Il mondo della noia di Pailleron («Stampa Sera», 14-15/09/1962), una delle più fortunate commedie dell’Ottocento francese. Come teatro di prosa viene proposta ancora per la televisione nel 1963 la commedia in tre atti La moglie di papà («Stampa Sera», 17-18/05/1963) scritta insieme a Raffaele Matarasso per il teatro nel 1940 e rappresentata dalla compagnia di Dina Galli. Nel 1965 va in onda Il calzolaio di Messina («La Stampa», 26/03/1965) per un ciclo dedicato al teatro italiano fra il 1900 e il 1930. La crisi del teatro L’impegno di De Stefani in ambito teatrale va indubbiamente oltre la produzione di drammi per il palcoscenico. Si dedica infatti in modo costante ad affrontare le difficoltà che per molti anni hanno afflitto il teatro italiano. Già nel 1921 De Stefani si affannava a rintracciare le cause della crisi del teatro: ne è un esempio la dissertazione che tenne nell’affollatissimo salone dell’Associazione della Stampa, nella quale, prendendo le mosse da una allora recente discussione sulle colonne dei giornali romani, «ha tracciato a grandi linee il quadro del nostro attuale Teatro, povero per ignoranza e avvelenato dalle troppe unzioni critiche» («La Stampa», 11/12/1921). Solo due anni più tardi, nella rivista dalla breve vita «Scene e Retroscene»,69 «libera da ogni legame editoriale [e] di una spregiudicata imparzialità» («Scene e Retroscene», 01/1923: 4),70 De Stefani cura la rubrica Per la riforma del teatro drammatico dal primo numero («Scene e Retroscene», 1/12/1922) per un totale di tre interventi, ma forse l’autore ne prevedeva altri. Sotto forma di lettera aperta all’on. Luigi Siciliani, sottosegretario di Stato per le Belle Arti, in tono a volte scherzoso, nel primo contributo, intitolato Il Labirinto, esordisce con «Caro Siciliani, io oggi comincio a scriverti delle lettere che saranno quasi d’amore…» («Scene e Retroscene», 1/12/1922: 2) e poi affonda: noi non abbiamo che un fantasma di teatro, rovinato dai prezzi che allontanano il pubblico, dagli attori che non sanno recitare, dal repertorio che è scelto balordamente, ma in ispecie da una congiura tra pubblico ed autori, congiura che porta ogni giorno i suoi frutti più nefasti. – Vogliamo roba brutta, dice il pubblico […]. – E noi ve la diamo, sempre più brutta, rispondono gli autori («Scene e Retroscene», 1/12/1922: 2). Un flop se paragonato a quello di Visconti per il cinema (1957) («La Stampa», 10/02/1962). Un totale di cinque numeri pubblicati tra il dicembre 1922 e il maggio 1923. 70 «Scene e Retroscene vuole essere la rivista di cultura e di critica teatrale che manca tra noi. Presentando in ogni numero una commedia originale, tende a far conoscere il teatro straniero e a porre in luce quegli autori che in Italia hanno dell’ingegno, delle idee» («Scene e Retroscene», 01/1923: 4). 68 69 Alessandro De Stefani | xix Dal colpevolizzare il tacito accordo tra autori e pubblico, passa a sottolineare, nel suo secondo intervento, intitolato La nostra malattia, la grande funzione politica internazionale del teatro, incoraggiando, anche se in modo polemico, lo Stato a sovvenzionare le produzioni di un nuovo teatro, da affiancarsi a quello di speculazione già esistente. Il terzo ed ultimo intervento («Scene e Retroscene», 03/1923: 69-70) approfondisce il concetto di teatro, prendendo posizione nell’annosa e irrisolta questione che vede contendersi il teatro tra letterati e teatranti, affermando che esso è da considerarsi un ramo fondamentale nell’ambito della letteratura: nel rapido progredire della vita umana nel senso della velocità, il teatro è divenuto la pressoché unica forma letteraria che possieda ancora una reale e quotidiana sua necessità. Accanto le sopravvive il romanzo, mentre il rimanente – novella compresa – o è già sepolto od agonizza («Scene e Retroscene», 03/1923: 69). Torna qui inoltre sulla funzione politica del teatro, già sottolineata nell’intervento precedente, definendo D’Annunzio «la più potente arma di propaganda e la più invidiata forza politica internazionale, anche se […] non si occupasse direttamente di politica» («Scene e Retroscene», 03/1923: 70). Negli anni a seguire De Stefani non smetterà di impegnarsi attivamente per la risoluzione delle difficoltà del teatro, come dimostra la sua partecipazione alle riunioni degli autori,71 ai convegni del teatro italiano72 o l’ultimo intervento sulla rivista «Ridotto» (11-12/1968: 10-13) a soli due anni dalla sua morte. Dopo quarantasei anni dagli interventi sulla rivista «Scene e Retroscene», l’autore torna ad analizzare le possibili cause delle «sorti sempre più misere di questo teatro di prosa» («Ridotto», 11-12/1968: 10). Colpa del cinematografo? Della televisione? No. Il problema sta nel disinteresse per il pubblico, inizialmente unico sovrano dello spettacolo teatrale e che ora non conta più. Tutto è andato in rovina con la burocratizzazione, con la sistematizzazione delle sovvenzioni ad opera di Mussolini. Caduto il fascismo, il sistema è rimasto invariato, facendo diventare il teatro contemporaneo un teatro «contro il pubblico» («Ridotto», 11-12/1968: 13). È evidente che il punto di vista dell’autore sia qui cambiato rispetto ai suoi esordi. La soluzione suggerita da De Stefani infatti è di abolire le sovvenzioni, che sembrano non aver sortito il risultato che ci si aspettava, ed aprirsi ad una maggiore libertà di repertorio e di genere: forse in questo modo il pubblico tornerebbe a frequentare il teatro, benché non sia scontato che un’offerta drammatica più libera incontri il gusto del pubblico. 71 L’autore è impegnato in riunione di autori presieduta da S.E. Alfieri («La Stampa», 02/06/1938). De Stefani è presente al congresso degli autori a Saint Vincent in cui si discute della crisi del teatro («La Stampa», 16/09/1959). 72 Partecipa tra gli autori al convegno del teatro italiano (convegno dell’IDI. Istituto del dramma italiano) a Saint Vincent («La Stampa», 26/09/1958). xx | Il curioso Impertinente Alla radio e al cinema Radio De Stefani dovrebbe essere ricordato anche per il suo lavoro alla radio sia come cronista sia come autore di radiodrammi, soprattutto negli anni ’30. La radiocommedia in tre atti La dinamo dell’eroismo è in onda nel ’32 («Stampa Sera», 17/02/1932), Il sorriso che verrà nel ’34 («Stampa Sera», 18/12/1934), Olimpiadi nel ’36 («La Stampa», 20/05/1936), Più presso a te, mio dio, commissionata dalla EIAR73 nel ’38 («La Stampa», 12/07/1938), Chiaro di luna in Olanda,74 per la regia di Guglielmo Morandi nel ’39; nello stesso anno seguono Il vestito verde scuro («La Stampa», 07/01/1939), la scena musicale Che cos’è («La Stampa», 07/05/1939) e Terra, terra! per la trasmissione per le scuole elementari a cura dell’E.R.R («La Stampa», 08/11/1939). Nel 1943 va in onda la novità di De Stefani La bella in maschera («Stampa Sera», 08/06/1943) e nel 1955 («Stampa Sera», 26-27/04/1955), ma anche dieci anni dopo, il «dramma contemporaneo di ambiente settecentesco», Il calzolaio di Messina («Stampa Sera», 2122/05/1965). L’autore si dedica inoltre alla conduzione di alcune rubriche come «In teatro e tra le quinte» («La Stampa», 08/09/1932), «La manifestazione cinematografica di Venezia» («La Stampa», 03/09/1940) e «Le prime cinematografiche» («La Stampa», 23/05/1941) e, in occasione della permanenza di Hitler in Italia, nella rubrica ‘Altoparlante’ de «La Stampa» (22/05/1938), viene citato tra i radiocronisti che hanno ben figurato alla presenza del Führer. Cinema Principalmente come soggettista e sceneggiatore,75 De Stefani apporta il suo contributo creativo anche in ambito cinematografico, partecipando, in alcuni casi, anche come scenografo,76 didascalista77 o regista. Nel ’27, costituitosi il Sindacato Provinciale di Roma Autori Drammatici e di Cinematografo, egli è chiamato, in- L’Ente italiano per le audizioni radiofoniche. Tra i personaggi Casanova che, lontano dall’immaginario comune, qui «lavora unicamente per combinare un matrimonio e con successo» («La Stampa», 02/01/1939). 75 De Stefani «scrive il soggetto o la sceneggiatura (o entrambi) di 34 film muti e di 69 film sonori» (Sgroi 2003: 187). 76 De Stefani ha curato lo scenario di Piccola mia, film di Eugenio De Liguoro con attrice anche la piccola Sandra De Stefani («Stampa Sera», 20/10/1933). 77 Nel cartellone del film Nicoletta e la sua virtù, compare al fondo per le didascalie il nome di Alessandro De Stefani («La Stampa», 14/11/1932). 73 74 Alessandro De Stefani | xxi sieme a Lucio D’Ambra e Massimo Bontempelli ad occuparsi della sua direzione (lettera del 12 maggio 1927 alla Direzione della Società degli Autori di Roma). Il suo primo soggetto risale al 1918 e si tratta di L’onestà del peccato, realizzato a Torino, mentre l’ultima sceneggiatura è Frou-Frou (Sgroi 2003: 187), scritta nel 1955 per un film di Genina.78 Il debutto alla regia avviene negli anni ’20 con le sue sceneggiature La testa della Medusa (1921), La lanterna cieca (1921) e Il mistero in casa del dottore (1922), mentre continua a scrivere soggetti come quello de Le memorie del diavolo e La bambola e il gigante («La Stampa», 24/12/1920), diretto da Ermanno Geymonat, guadagnandosi l’appellativo di «uno dei migliori soggettisti per lo schermo» («La Stampa», 06/09/1920). Nel ’21 scrive invece Maciste in vacanza per Luigi Romano Borgnetto, ricalcando, come già accadeva nel teatro, le impronte di un personaggio dannunziano,79 nonché molto apprezzato dal pubblico fascista e diventato ormai di moda. Scrive, oltre che per Genina,80 per altri registi autorevoli dell’epoca, tra i quali ricordiamo Carlo Ludovico Bragaglia,81 Alessandro Blasetti, Mario Almirante, Gennaro Righelli,82 Amleto Palermi, Raffaello Matarazzo, Nunzio Malasomma, Camillo Mastrocinque, Corrado D’Errico, Mario Mattoli ed Eduardo De Filippo,83 distinguendosi anche in questo campo per la varietà degli argomenti trattati: dal cinema dei ‘telefoni bianchi’ ai tentativi documentaristici,84 dai drammi storici ad intricati ‘gialli’.85 De Stefani collabora anche alla stesura di copioni per il cinema spagnolo, come ad esempio il film di Edgar Neville, girato a Roma, La muchacha de Moscú (1940), successivamente conosciuto come Santa María (Sáenz Isidoro 2014: 189). 78 Con il quale lavorò a lungo e per cui scrisse le seguenti sceneggiature/soggetti: Femmina (1918), Il principe dell’impossibile (1918), I due crocifissi (1920), La ruota del vizio (1920), La moglie bella (1924), Miss Europa (Prix de beauté, 1930). 79 Inventato per Cabiria (1914). 80 Con il quale, insieme a Pietro Caporilli, collabora alla stesura del film storico L’assedio dell’Alcazar (1940), distribuito anche in Spagna con il titolo Sin Novedad en el Alcázar (disponibile online su blog gloria.tv: https://gloria.tv/video/JQNXavA69gDP186S4YcZWYSAH). Con Ugo Betti, sempre per Genina, scrive il copione di Bengasi (1942): entrambi i film saranno vincitori della Coppa Mussolini per il miglior film italiano alla Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia. 81 La dinamo dell’eroismo (1932), tratto dall’omonimo dramma radiofonico («La Stampa», 8/10/1932). 82 Al buio insieme (1933), soggetto e sceneggiatura di Alessandro De Stefani («La Stampa», 17/05/1933). Hanno rapito un uomo (1938), con Vittorio de Sica e soggetto di De Stefani. 83 Con De Filippo scrive nel ’43 la commedia, tratta da una farsa di Eduardo Scarpetta, Ti conosco, mascherina! (Sgroi 2003: 187). 84 Es. girato in Africa e nel Mar Rosso, il film con Sophia Loren Africa sotto i mari (1953). «Probabilmente progettato in un primo tempo come semplice documentario […] narra una fragile vicenda sentimentale per collegare alcune pregevolissime sequenze riprese sul fondo sottomarino. I quadri subacquei, a parte l’interesse didattico e scientifico, appaiono di un’inconsueta suggestione, La trama ha [però] scarsissimo rilievo, piena com’è di ingenuità e di cose superflue» (Albertazzi 1953). 85 Tra i ‘gialli’ ricordiamo il film Arma bianca (1936), adattamento cinematografico ad opera dello stesso De Stefani, della commedia Casanova a Parma e Brivido (1941), tratto dalla commedia di De Stefani Il triangolo magico (1936) («La Stampa», 01/05/1941). xxii | Il curioso Impertinente De Stefani giornalista, traduttore e critico teatrale Come giornalista De Stefani collabora con varie testate tra le quali «Il Lavoro d’Italia», «Il Resto del Carlino» e «Il Popolo di Roma». Per «La Stampa», oltre a svolgere il ruolo di corrispondente per diversi anni dall’Argentina, come vedremo in seguito, si occupa della rubrica itinerante ‘In torpedone sulle strade d’Italia’86 e di alcuni approfondimenti sui suoi studi shakespeariani, come ad esempio Shakespeare e i curiosi del 1919 («La Stampa», 03/07/1919). Sullo stesso tema, sempre ne «La Stampa» troviamo alcuni riferimenti che testimoniano la sua dedizione al drammaturgo inglese, come studioso, ma anche, come si è già accennato, come traduttore. Marcello Prati nel 1921 («La Stampa», 9/11/1921) parla della nuova edizione a cura di De Stefani del testo La tragedia di Macbeth87 (1922), quindicesima traduzione italiana del capolavoro di Shakespeare, forse la prima, secondo Petri, finalmente in grado di rendere giustizia al suo ‘magnetismo’. Sullo stesso tema e nello stesso anno l’autore inaugura a Torino un ciclo di serate intellettuali intitolate «Il vero Shakespeare» («La Stampa», 20/01/1921) e, grazie a questa sua affezione, l’anno seguente ottiene il premio della Società degli Autori «per la sua traduzione, e il suo studio sulle fonti e sull’interpretazione del Macbeth di Guglielmo Shakespeare» («La Stampa», 22/02/1922). L’interesse per l’autore britannico non si affievolisce con gli anni: infatti, nel 1964, quarto centenario dalla nascita Shakespeare, De Stefani tiene una conferenza al Circolo della Stampa di Torino intitolata «I sette misteri shakespeariani» («Stampa Sera», 15-16/05/1964). De Stefani e la Spagna Come torneremo a dire, con maggior dettaglio, nel capitolo dedicato al Curioso Impertinente, sappiamo che De Stefani conosceva lo spagnolo88 e la Spagna conosceva lui. Già nel 1927 ne «El Liberal» (25/09/1927) si annuncia la collaborazione di dieci noti scrittori, fra i quali De Stefani, per la stesura del romanzo Lo zar non è morto (1929). Come si evince dalla consultazione dei quotidiani spagnoli dell’epoca,89 l’autore era molto conosciuto e tradotto soprattutto grazie al teatro radiofonico degli anni ’30 e si annovera tra gli autori stranieri già consacrati nei loro paesi come all’estero («Luz», 06/12/1933). Commedie come La piel de cocoUn totale di quattro articoli nell’ottobre del 1931. Con XXIII tavole iconografiche fuori testo. Di Shakespeare seguiranno le traduzioni La tragedia di Amleto: principe di Danimarca, versione italiana conforme all’originale inglese e presentazione di De Stefani (Shakespeare 1945), Coriolano (Shakespeare 1958) – preceduta da La tragedia di Coriolano (Shakespeare 1925) – e i Sonetti (Shakespeare 1964). 88 Scrive il testo del Curioso senza basarsi su alcuna traduzione in particolare. 89 Tutti disponibili nella banca dati della Biblioteca Nacional de España Hemeroteca Digital. 86 87 Alessandro De Stefani | xxiii drilo («Ondas», 08/07/1933), La primera ilusión y la última e El columpio de la felicidad90 vengono trasmesse alla radio nel 1933 e Una velada en el café l’anno seguente («Ondas», 27/01/1934). Fu certamente conosciuto anche il dramma Il calzolaio di Messina «originalísima tragedia, que ha sido traducida a casi todos los idiomas y que constituye uno de los más sólidos documentos del teatro italiano de ideas»91 («Ondas», 02/12/1933). Gli anni in Argentina Molta della scarsa bibliografia su Alessandro De Stefani informa che l’autore, come un gran numero di fascisti, con la fine della Seconda Guerra Mondiale si rifugia in Argentina, ma questo potrebbe non essere un dato certo. Leggiamo nei periodici spagnoli che nel ’47 scriveva il suo Curioso Impertinente in Spagna, come egli stesso afferma in una autocritica dello spettacolo uscita su «Pueblo» a pochi giorni dal debutto («Pueblo», 21/11/1947). Nel ’48 De Stefani pubblica a Buenos Aires, come complemento a «Cortina», la sceneggiatura di In fondo al mare (Sgroi 2003: 241). Sulle cronache italiane, se si esclude la pubblicazione di alcuni suoi racconti su «La Stampa» tra il ’44 e il ’47 – molti dei quali poi raccolti in Gente con me (1956) – e qualche commedia rappresentata in Italia – come Angelo del miracolo nel ’45 a Venezia («Stampa Sera» 31/03-1/04/1945) – non abbiamo notizie che attestino una sua presenza o assenza dal Paese. L’autore mantiene infatti un profilo basso fino al giugno del ’49, quando siamo certi che si trovasse in Argentina come corrispondente del quotidiano «La Stampa». Da qui scrive un totale di settantacinque articoli – dal 3 giugno 1949 al 27 giugno 195192 – la maggior parte da Buenos Aires, ma anche come inviato speciale in diversi angoli del Paese e nel resto del continente.93 Come cronista si occupa principalmente degli affanni e delle esigenze degli italiani emigrati in Argentina. La maggior parte degli articoli riguarda le loro difficoltà,94 la loro quotidianità, e l’importanza di tutelare i loro diritti di 90 Entrambe tradotte da A. Martín Becerra, in onda per la prima volta su Unión Radio e presentate dagli ‘Estudios Talía’ («Luz», 07/12/1933). 91 «Originalissima tragedia, che è stata tradotta in quasi tutte le lingue e che costituisce uno dei più solidi documenti del teatro italiano di idee» (traduzione mia). 92 Anni del Peronismo (1946-1955). 93 Es. Uruguay, Paraguay, Perù e Brasile. 94 Già dai titoli degli articoli è desumibile il tema trattato, es. Vita a Buenos Aires. La tentazione dell’emigrante. «La Stampa», 03/06/1949. xxiv | Il curioso Impertinente lavoratori.95 A toccarlo sono i temi della cittadinanza,96 delle rimesse97 e i diversi accordi economici con l’Italia.98 De Stefani non tralascia però nemmeno le frivolezze, che diventano una vera e propria preoccupazione, come la ricerca di una moglie per questi emigrati che vivono in solitudine: «il problema della donna è quasi altrettanto grave di quello della casa […] un problema grosso, che le commissioni proposte allo studio della nostra emigrazione faranno bene a considerare».99 Elargisce consigli, sia ai conterranei, affinché possano vivere meglio, sia alle istituzioni locali, perché li possano aiutare nello stesso obiettivo, mettendo in discussione il criterio di selezione degli emigranti italiani.100 Riflette anche su quanto questi ultimi abbiano influito nella crescita della nazione argentina, insieme agli spagnoli,101 ed in che modo ne abbiano condizionato la lingua. A questo proposito, in un articolo pubblicato nel 1951, De Stefani analizza la profonda trasformazione della lingua locale e le cause di questa sua evoluzione. Gli italianismi hanno inciso profondamente nell’idioma locale, trasformandolo sostanzialmente. E si è andato anche formando un dialetto argentino che è quasi una lingua e che ha chissà perché preso il nome di cocoliche. È una mescolanza di parole spagnole pronunciate all’italiana, di parole italiane pronunciate alla spagnola, di verbi strani, di innesti bizzarri, nei quali ora affiora un’esclamazione veneziana corrotta, ora un aggettivo siciliano, o un verbo piemontese, con cadenze straniere delle quali sarebbe molto difficile ripescare la fonte. […] Si potrebbe fare tutto un vocabolario di questo cocoliche, e qualcuno lo ha pazientemente tentato, ma è fatica perduta perché è un linguaggio in perpetua quotidiana evoluzione, rinsanguato ad ogni giunger di nave dalle aggiunte che gli sbarcati portano qui dalla patria.102 Si sofferma poi sulla differenza fra i nuovi e i vecchi immigrati, infaticabili braccia per l’agricoltura locale,103 e ne approfitta per raccontare storie indivi- 95 es. Italiani in Argentina. Lavoratori senza tutela. «La Stampa», 2/07/1949. Fa riferimento a due decessi dell’anno precedente per malattie non curate o, meglio, curate in manicomio: dichiarati mentalmente infermi un caso di bronchite e uno di tubercolosi. 96 Un problema attuale in Argentina. Immigrati e cittadinanza. «La Stampa», 5/07/1950. 97 Es. ne Come si vive in Argentina. Denaro e nostalgia, «La Stampa», 6/12/1949, si occupa della svalutazione del peso argentino e di come questa influisca nelle rimesse degli italiani. 98 Es. Firmato a Buenos Aires l’accordo italo-argentino «La Stampa», 9/10/1949. 99 Gli emigranti in Argentina. Difficile per gli italiani anche trovare una moglie. «La Stampa», 27/11/1949. 100 Secondo De Stefani «prevalgono troppo spesso raccomandazioni, interferenze personali» (Emigranti in Argentina. Grossi guai quando si sbarca, «La Stampa», 14/06/1949. 101 Il contributo italiano al rinnovarsi dell’Argentina. «La Stampa», 27/04/1951. 102 L’influenza italiana in Argentina. Spagnuolo con accento torinese. «La Stampa», 28/02/1951. 103 «Gli italiani ora sono abituati a un tenore di vita più elevato e lasciano la Patria proprio perché vedono difficile mantenerlo in Italia, ma mai si rassegnano a sopportare qui le stesse privazioni» (Emigranti in Argentina. Grossi guai quando si sbarca. «La Stampa», 14/06/1949). Alessandro De Stefani | xxv duali.104 In alcuni interventi si addolora per l’eventualità che gli italiani si allontanino definitivamente dalla propria nazione, anche a livello linguistico, vista la scomparsa degli unici due quotidiani italiani esistenti,105 e invoca un intervento da parte dell’Italia affinché non si logori questo sacro vincolo con la madre patria.106 Negli anni da corrispondente emerge inoltre una visione di De Stefani su quel Paese generoso e ricco, grande promessa e rifugio sicuro, che ha aperto le braccia a tanti migranti, fascisti compresi,107 ma che a volte sembra non soddisfarlo appieno. Attraverso i suoi articoli, infatti, oltre all’approfondimento sulla situazione dei migranti, a cui dedica la maggior parte del suo tempo e delle sue parole, si delinea un ampio ritratto di questo Paese, della sua politica108 sistema giudiziario incluso,109 della sua economia,110 dei suoi abitanti111 e delle loro abitudini, di più Es. Da 17 pesos a una fortuna di 30 milioni. L’avventura argentina di un pizzicagnolo piemontese. «Stampa Sera», 29-30 ottobre 1949. 105 «Prima si chiamava ‘Patria degli italiani’ e poi ‘Mattino d’Italia’», ma resistono solo vari settimanali «‘Il vecchio Giornale d’Italia’, ‘L’Italiano del Popolo’, ‘Risorgimento’, che è forse il più diffuso attualmente, di carattere polemico e di nostalgia fascista; ‘Terra d’oltremare’, altro organo di filiazione fascista e infine ‘Il Corriere degli italiani’, di recente nascita, che afferma di essere al di fuori e al di sopra delle competizioni politiche interne che quaggiù non dovrebbero dividere gli italiani» (Milioni di italiani assorbiti dall’Argentina, «La Stampa», 10/08/1949). 106 «Occorre dunque da parte italiana sviluppare un’attività complessa, in profondità, che abbracci tutti i settori, assistenza morale, materiale, ospedaliera, sociale, culturale, che mantenga viva in questi nostri trapiantati la vigile presenza della madre patria» (Milioni di italiani assorbiti dall’Argentina, «La Stampa», 10/08/1949). 107 «Questo paese quasi senza storia, o dalla storia recente, si nutre della storia di tutti questi popoli esotici e travagliati che han mandato qui i loro figli errabondi e qui si sono radicati, ringiovanendo al contatto del mondo nuovo […]. Sotto il mantello variopinto di questa popolazione venuta in mille maniere da mille luoghi, si forma il nuovo ‘Argentino’, figlio della storia e del dolore del mondo». (Buenos Aires rifugio del mondo, «La Stampa», 27/07/1949). L’Argentina aveva già accolto gli antifascisti ed ora accoglie quelli che DS chiama ex fascisti. Racconta di come questi ultimi vivono adesso «isolati, affaccendati e taciturni. Difficile sapere quello che pensano, ma nessuno, credo, sogna un ritorno di quello che fu» (Isolati e taciturni gli ex fascisti in Argentina, «La Stampa», 16/03/1950). 108 Ad es. De Stefani fornisce un approfondimento sulla politica estera argentina riguardo la sua posizione nei confronti della Guerra Fredda in atto (Mentre s’addensano nubi sul mondo. Se sia possibile all’Argentina rimanere interamente neutrale, «La Stampa», 08/08/1950). 109 Es. Quando v’è di mezzo l’oceano. La bigamia è un peccatuccio, «La Stampa», 11/05/1950. 110 Es. L’Argentina è ricca, ma non sfugge alla crisi, «La Stampa», 23/03/1950. Mostra qui una nazione con problemi economici non lontani da quelli di oggi. 111 In Popoli alla conquista in terra argentina. «La Stampa», 4 gennaio 1950. De Stefani fornisce un resoconto sulla distribuzione della popolazione sul territorio. In Calle Corrientes gli ebrei, Avenida de Mayo spagnoli, gli italiani in diverse zone e gli indigeni, «nucleo ancora integro [che] si trova sulle Ande, ai confini col Perù, dove sopravvivono usi e costumi tradizionali […]. Sono totalmente scomparsi invece gli indigeni del sud, i giganteschi patagoni che tanto avevano stupito Magellano e il nostro Pigafetta». 104 xxvi | Il curioso Impertinente angoli di questo territorio,112 del suo folklore,113 del suo vino,114 del suo teatro e del suo cinema, senza tralasciare il successo che il Paese ospite avrebbe offerto alle pellicole italiane. A questo proposito segnalo due articoli del ’49.115 Nel primo sottolinea l’importanza che ha avuto un recente accordo italo-argentino raggiunto affinché in Argentina ci sia il via libera per la proiezione di film italiani bloccati in passato e l’Italia si impegni nella programmazione di dieci pellicole annuali di produzione argentina. Si sbilancia poi consigliando ai produttori italiani intenzionati a far presa sul pubblico argentino, poco interessato ai film storici, in costume o sulla nostra guerra, di puntare, perché gradite, su «rappresentazioni di una realtà umana e universale, [sul]le pellicole semplici, sia di carattere ameno che drammatico».116 Nel secondo articolo sembra invece intimorito dall’immagine che i film esportati in quegli anni restituiscano dell’Italia e degli italiani – con «ripetute affermazioni di nostro basso livello morale»117 – alla nazione argentina. Per l’autore in questi film si offende la dignità nazionale. In alcuni articoli si dedica anche allo sport,118 con approfondimenti riguardanti perlopiù calcio ed automobilismo. Come già accennato, oltre a scrivere da territori argentini lontani dalla capitale, pubblica come corrispondente da altri Paesi come il Perù119 e il Paraguay.120 A stupirlo più di tutti sembra essere il promettente Uruguay, insieme al Brasile121 la 112 Inviato a Puerto Iguazu (Italiani in Argentina. Vita al Tropico, «La Stampa», 21/09/1949); inviato a Ushuaia (Colonia di Bolognesi nella Terra del fuoco, «La Stampa», 22/04/1950; Gli italiani danno vita a Ushuaia, «La Stampa», 25/04/1950; Emigrati nella terra del fuoco. Molti lavoratori italiani potranno rimanere a Ushuaia, «La Stampa», 27/04/1950. 113 Es. Vecchi canti di nostalgia nella campagna argentina, «La Stampa», 18/02/1950. Parla qui della payada, «una strofetta rimata che sopra un accompagnamento di chitarra l’argentino di un tempo improvvisava su qualsiasi avvenimento d’occasione. Era l’espressione di un sentimento poetico ingenuo e istintivo. […] Questa tradizione campestre argentina giunse alla città e sul finire del secolo scorso i payadores erano popolari e festeggiati anche a Buenos Aires». Il più grande sembra essere stato un italiano, Giuseppe Bettinotti, il quale «diede un contenuto più struggente e personale alla canzone popolare [e] dal suo canto, senza che egli potesse sospettarlo, doveva nascere il tango». Tra il pubblico c’era infatti Carlos Gardel, colui che pose fine all’epoca de las payadas e diede inizio a quella del tango. 114 Il vino di Mendoza, «La Stampa», 04/02/1950. 115 Sempre su «La Stampa». 116 Con la Magnani, Nazzari, De Sica nelle sale di spettacolo di Buenos Aires, «La Stampa», 18/06/1949. 117 Film italiani in America. Non diffamare il paese con un discutibile verismo, «Stampa Sera», 2-3/11/1949. 118 Farina minacciato da tifosi di Fangio, «La Stampa», 18/12/1949; Villoresi è soddisfatto mentre Farina sogna il Sestriere, «Stampa Sera», 11-12/01/1950; Un figlio di emigrati italiani scatena la passione degli Argentini, «La Stampa», 16/02/1951; Il Torino arriva oggi a Buenos Aires per la grande partita col River Plate, «La Stampa», 24/06/1951; Il Torino in Argentina. La visita al Presidente e alla signora Evita Peron, «La Stampa», 27/06/1951. 119 Inviato in Perù – Al Perù si sta cercando la montagna dell’oro, «La Stampa», 15/07/1949. 120 Il Paraguay attende diecimila famiglie italiane, «La Stampa», 2/06/1951. 121 Anche gli argentini emigrano. Il Brasile considerato una nuova terra promessa, «La Stampa», 10/01/1951. Alessandro De Stefani | xxvii nuova terra promessa, «considerat[o] qui come la Svizzera di questo continente, sia per la libertà autentica del suo regime, che per il fiorente salubre clima».122 Un paese lontano dall’analfabetismo e senza esercito, dove il capitale straniero è dunque più al sicuro. Con la sua presenza in Argentina l’autore, oltre a prendere spunto per racconti123 e drammi124 poi presentati in Italia al suo ritorno, ha certamente contribuito con il suo talento sia nel cinema che nel teatro locale. A dimostrarlo, annunciato anche da «La Stampa», la rappresentazione del suo Sabato del peccato al teatro Empire di Buenos Aires il 26 ottobre del 1951. «Commedia brillante nella traduzione di Roberto Talise, e interpretata con bravura ha ottenuto un notevole successo di pubblico e di critica».125 De Stefani muore nel maggio del 1970 a Roma.126 Già nel 1977 inizia a costituirsi il suo fondo presso la Biblioteca teatrale del Burcardo di Roma. In esso sono custoditi i volumi donati il 17 luglio di quell’anno dal figlio Stefano e i copioni concessi nell’aprile del 1998 dalla nipote Lisa.127 Stefania Di Carlo Problemi della nostra emigrazione. Il ridente Uruguay, «La Stampa», 15/07/1950. Es. i racconti ‘Una calunnia’ (De Stefani 1956: 61-64) e ‘Il disco’ (De Stefani 1956: 273-276). 124 Es. il ‘giallo’ Trappola per topi, ambientato a Buenos Aires. 125 Novità di De Stefani a Buenos Aires, «La Stampa», 27/11/1951. 126 Sembra che negli ultimi anni si stesse dedicando alla riduzione di due tragedie di Shakespeare che la morte gli impedì di portare a termine («Corriere della Sera», 14/05/1970). 127 http://www.bibliotecateatralesiae.it/fondi/destefani.asp. 122 123 Recreaciones Quijotescas en Europa 1. Giovanni Claudio Pasquini, Sancio Panza governatore dell’isola Barattaria, introduzione, edizione critica e commento di Fabio Bertini, premessa di Luigi Dei, prefazione di Agapita Jurado Santos, traduzione spagnola di Arianna Fiore, trascrizione del libretto tedesco di Guillermo González Amaya, rivista in veste diplomatica da Hans Honnacker, coordinatrici della ricerca Agapita Jurado Santos e Laura Riccò, pp. xxxiv+282, 2017. 2. Andreas Gryphius, Cardenio y Celinde o los amantes desafortunados, (Cardenio und Celinde oder Unglücklich Verliebte), traducción, notas e introducción de Lioba Simon Schuhmacher, pp. xxviii+84, 2017. 3. Agapita Jurado Santos, El Quijote cabalga por Europa (siglo XVII), pp. 112, 2018. 4. Entremeses de «El hidalgo» y de «El rey de los tiburones», estudio y edición de Arianna Fiore, pp. 128, 2018. 5. Álvaro Custodio, El ingenioso hidalgo don Quijote de la Mancha, edición de María Fernández Ferreiro, pp. xxviii+196, 2019. 6. Gherardo Gherardi, Don Chisciotte, tragicommedia in 5 atti, edición y traducción de Guillermo Carrascón, pp. xxvi+134, 2019. 7. Quijotes en escena. Reescrituras teatrales de la novela cervantina, editado por Guillermo Carrascón, María Fernández Ferreiro, Emilio Martínez Mata, Iole Scamuzzi, pp. 260, 2019. 8. Apostolo Zeno – Pietro Pariati, Don Chisciotte in Sierra Morena, introduzione, edizione critica e commento di Elisa Martini, prefazione di Maria Caterina Ruta, con un saggio di Anna Laura Bellina, traduzione spagnola di Agapita Jurado Santos, pp. xliv-236, 2019. 9. Giovanni Claudio Pasquini, Don Chisciotte in corte della Duchessa, introduzione, edizione critica e commento di Fabio Bertini, prefazione di Donatella Pini, traduzione spagnola di Agapita Jurado Santos, trascrizione del libretto tedesco di Matthias Bürgel, pp. xxii-322, 2019. 10. Olga Margallo, Antonio Muñoz de Mesa, Ximena Escalante, Clown Quijote de la Mancha, edición de María Fernández Ferreiro, pp. xxii-30, 2019. 11. Thomas d’Urfey, The Comical History of Don Quixote, Part I, Introduction, Critical Edition and Notes by Luca Baratta, Spanish Translation by Aaron M. Kahn and Vicente Chacón Carmona, Presentation by Rafael Portillo García, Research Coordinator Agapita Jurado Santos, pp. lx-228, 2019. 12. Alessandro de Stefani, Il curioso Impertinente, con traduzione spagnola di Tomás Borrás, saggio introduttivo, edizione e note a cura di Stefania Di Carlo e Iole Scamuzzi, pp. lxxviii-118, 2019. 13. António José da Silva, O Judeu, Vida do grande D. Quixote de la Mancha, e do gordo Sancho Pança, Opera, Que se representou no Teatro do Bairro Alto De Lisboa, no mês de Outubro de 1733, edición y presentación de Maria Fernanda de Abreu, estudio musicológico de David Cranmer, traducción al castellano de Ana Belén Cao Míguez, colaboración de Eduarda Barata, pp. xxx-150, 2019.