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LA CULTURA GIORNALISTICA

2019

La Cultura giornalistica italiana La LINGUA GENTILE La Cultura giornalistica Americana Il silenzio degli sguardi di Christine von Borries Paolo Mauri confessa la nascita del giornalismo italiano Dai video giochi a scrittore LIBRI le assenze L’errore di Platini(Sellerio ed. Palermo,2006) di Francesco Recami STORIA LA RIVOLUZIONE DI BOBOLI IL GABINETTO ARCHIVIO G. VIEUSSEUX 'Archivio Contemporaneo' A.Bonsanti N. 1 MARZO 2019 EDITING E CONTENUTI DI ROSARIA DI GIROLAMO DOCENTI SUSANNE NIRENSTEIN CARLO PESTELLI RAFFAELE PALUMBO Corso di Giornalismo Culturale e D’Informazione 2019 Scuola Fenysia Palazzo Pucci Firenze ROSARIA DI GIROLAMO ©it

La CULTURA giornalistica italiana ed estera. NARRATIVA- Interviste: autori e libri TRADIZIONE E STORIA La Cultura giornalistica La Cultura giornalistica italiana La LINGUA GENTILE La Cultura giornalistica Americana INTERVISTE Il silenzio degli sguardi di Christine von Borries Paolo Mauri confessa la nascita del giornalismo italiano Dai video giochi a scrittore LIBRI le assenze L’errore di Platini(Sellerio ed. Palermo,2006) di Francesco Recami N. 1 MARZO STORIA LA RIVOLUZIONE DI BOBOLI IL GABINETTO ARCHIVIO G.VIEUSSEUX 'Archivio Contemporaneo' A.Bonsanti 2019 EDITING E CONTENUTI DI ROSARIA DI GIROLAMO DOCENTI SUSANNE NIRENSTEIN CARLO PESTELLI RAFFAELE PALUMBO Corso di Giornalismo Culturale e D’Informazione 2019 Scuola Fenysia Palazzo Pucci Firenze Carlo Pestelli Susanna Nirenstein Raffaele Palumbo La Cultura giornalistica italiana. Rosaria Di Girolamo «Agli inizi degli anni ’80, Giorgio Bocca, grande firma del giornalismo novecentesco, che ebbe un inizio presso Il Giorno per poi lavorare a laRepubblica, si recò a Palermo per intervistare Carlo Alberto dalla Chiesa. Al generale dei carabinieri già distintosi positivamente come prefetto di Milano per il suo impegno contro il terrorismo gli fu proposto di andare a Palermo per occuparsi di mafia. In quel momento la mafia agiva con molta tracotanza uccidendo senza scrupoli sotto gli occhi delle forze dell’ordine e ci si stava avviando al periodo della vittoria di Salvatore Riina come testimonieranno le morti di Falcone e Borsellino. L’intervista che Giorgio Bocca rivolse ad Alberto dalla Chiesa, contenuta nei volumi di Contorbia, resta un capolavoro sia come documento giornalistico che storico. È testamentaria della connivenza tra poteri forti di altra natura, dalla criminalità organizzata, e la stessa. Da quest’intervista si evince il forzato isolamento lavorativo subito dal generale al fine di creargli impedimenti sull’operato. Motivo per cui le sue richieste non erano prese in considerazione. Dopo una settimana circa dall’intervista Carlo Alberto dalla Chiesa sarà ucciso.» P.Mauri 26-02-2019 su invito di S.Nirenstein. Palazzo Pucci, Firenze. Franco Contorbia, in compagnia del giornalista Carlo Pestelli, ha presentato a Palazzo Pucci di Firenze la sua fatica letteraria dedicata al ˈGiornalismo culturaleˈ. Lo studioso di letteratura contemporanea nei suoi volumi, editi da Mondadori nella collana I Meridiani, compendia la storia del giornalismo italiano dal 1860 al 2001 commentando criticamente una vasta antologia di articoli molti dei quali attribuiti a scrittori. Se ci chiedessimo qual è l’importanza di queste raccolte che hanno richiesto allo studioso il riordino cronologico di tanti documenti la risposta ci è data da P.Mauri con l’esempio estratto dal volume che Contorbia ha dedicato al giornalismo contemporaneo in cui si conserva l’intervista di Bocca al Generale dalla Chiesa. Quell’incontro ricopre un’importanza storica atta a confermare la prima forma di stragismo di mafia avvenuto in Italia. Nel corso del XVIII secolo nel voler circoscrivere la figura del giornalista, per quegli anni, ci accorgiamo che a molti intellettuali è possibile attribuire una sensibilità nei confronti della ˈcultura letterariaˈ che espressero nella scrittura. Il lavoro degli autori fu speso a favore di testi che nei contenuti, spesso elaborati sotto forma di diario, descrivevano viaggi personali intrapresi per curiosità o per studi antropologici. Sotto la successiva e attenta osservazione dello storico e del critico letterario assunsero valore di reportage in quanto risultarono fotografie dello stato in essere di altre civiltà che, agli inizi del Novecento, ancora destavano curiosità negli occidentali. Concordi con F.Contorbia in risposta a Carlo Pestelli: «Quanto la cultura di massa abbia influenzato la storia del giornalismo» potremmo sicuramente dire che è difficile distinguere per molte personalità, d’inizio XX secolo, l’attività di scrittore di romanzi da quella d’inviato. Circostanza valida per autori come E. De Amicis e G. D’Annunzio. Oggi, nel millennio dell’enciclopedia elettronica on-line, nomi citati dallo studioso quali: Ferdinando Fontana, Ugo Ojetti, Edmondo De Amicis, Gabriele D’Annunzio, Matilde Serao e Edoardo Scarfoglio, Dino Buzzati, Umberto Fracchia sono rispettivamente annoverati nel web come commediografo, scrittori, ˈi coniugi Serao-Scarfoglioˈ: ˈscrittrice-poetaˈ, scrittori. Solo per fare il nome di qualche firma tra cui anche fondatori di giornali. Grosse novità da ricordare per la storia del giornalismo italiano, agli inizi del XXI secolo senza non poche polemiche, proverranno dall’ambiente napoletano. La creazione della terza pagina è, ancora oggi, rivendicata a favore della testata de’ ˈIl Corriere del Mattinoˈ e la figura emergente di Matilde Serao non unica donna presente nel mondo del giornalismo che seppe combattere per il mondo della comunicazione. Una modernità nel mondo della carta stampata italiana si registrerà negli anni della Repubblica. Tenendo conto della osmosi, già, avviata nei decenni precedenti tra politica e cultura sarà sicuramente L’Europeo, fondato da Arrigo Benedetti e Gianni Mazzocchi negli anni che vanno dal 1945 al 1955, il primo settimanale d’ispirazione anche per altri. L'Europeo fu capace di dare una rappresentazione profana, laica, senza eccedere sul terreno dell’ideologia anche perché non nacque in opposizione agli equilibri del primo governo De Gasperi. Raccolse le firme più interessanti dell’allora mondo del giornalismo sapendo coniugare alla scrittura l’uso della fotografia per tratteggiare la società civile e i suoi costumi oltre che a dimostrarsi aperto all’analisi degli aspetti della politica interna italiana creando esemplari dossier. Il silenzio degli sguardi di Christine von Borries INTERVISTE Christine von Borries, magistrato che ama il suo lavoro iniziato all’età di ventisei anni, ha viaggiato tantissimo in gioventù. Dopo aver trascorso la sua infanzia in Spagna, da anni si è trasferita con la famiglia in Italia dove ora vive a Firenze. Fin dal suo primo romanzo ha adottato come padre ideale uno scrittore italiano: Andrea Camilleri. Conosciuto, nel 2013 ad Arcidosso, fu il mentore al quale inviò la bozza di ˈFuga di notizieˈ come esordiente giallista e fu lui ad incoraggiarla per la pubblicazione del suo primo giallo. L’autrice svela i trucchi per una buona scrittura ritenendo che sia importante un allenamento continuo come per la corsa, ci presenta con passione il suo ultimo libro e ci confida le sue future intenzioni come scrittrice. Nata a Barcellona, padre tedesco e madre italiana. Dopo lunghi viaggi in Europa, vive da anni a Firenze. Non le vengono mai le vertigini sulla sua identità? Forse sono un’antesignana della comunità Europea. Non mi sento di nessun posto in particolare. Sicuramente spagnola perché da piccola ho frequentato una scuola italospagnola per questo nel corso successivo della mia vita la Spagna è sempre stata sosta fissa per tre o quattro mesi all’anno. Sono stata educata alla conoscenza di altre culture: mio padre, in casa, mi parlava in tedesco. Questo per dire che le lingue come il viaggiare aprono molto la mente. Ho viaggiato tantissimo. Dopo aver girato l’Europa, mi sono fermata in Italia. L’altro giorno dicevo ad un’amica che mi piace andare ospite in case diverse per conoscere ed esplorare altre abitudini. Impari tanto vedendo cosa fanno gli altri. Il nostro bagaglio iniziale è legato a ciò che impari dai tuoi genitori. Entrare, invece, in un’altra vita è come scrivere. Secondo me, si scrive anche per esplorare altri mondi. Proprio in questi giorni pensavo all’atto della scrittura. Ho sempre la sensazione che una vita sola non basti. Chiunque vorrebbe vivere vite diverse dalla sua e in tanti paesi o apprendere anche altri mestieri da quello che vi è capitato di fare. Scrivere per me significa vivere più vite usando l’arma della fantasia. Come è avvenuto il suo incontro con Andrea Camilleri? In realtà mi sono avvicinata seriamente alla scrittura intorno ai 36-37 anni. Frequentai due corsi: il primo per la scrittura di racconti tenuto a Torino da Baricco; il secondo di ˈscrittura creativaˈ tenuto da un bibliotecario di Settimo Torinese. Ammiratrice dello scrittore Andrea Camilleri come lettrice, seppi della presentazione di un suo libro a Firenze e pensai di presentarmi lì. Durante le vacanze estive del 2013 affittai un appartamento in Croazia per isolarmi e cominciare il primo libro di cui presentai la bozza ad Andrea. A fine estate incontrai di persona Camilleri ad Arcidosso, sede invece delle sue vacanze estive. Lui dopo aver letto il mio scritto mi chiese di buttarlo via ma proprio perché vide del talento, mi consigliò di ricominciare il tutto dando spessore ai personaggi. Durante la seconda scrittura lo chiamavo per ricevere consigli dicendogli: ˈMa Andrea, però dando spessore alla protagonista che è una donna impegnata nell’ufficio del SISDE è inevitabile che dovrò parlare anche del mio lavoro. Non vorrei cadere in un’autobiografiaˈ. E lui, molto conciso, mi rispose: ˈÈ inevitabileˈ, e chiuse il telefono. Quindi strutturare un romanzo-giallo le viene facile per la professione che esercita? Come organizza il suo lavoro? I giorni che dedico alla scrittura sono il sabato e la domenica mattina. Rispetto al mio impiego che mi piace tantissimo fortunatamente sono molto rapida in tutto quello che faccio in ufficio. In parte il lavoro che svolgo in ufficio mi serve perché solitamente leggo indagini e so come si fa un’indagine. La scrittura è come la corsa, se la pratichi due o tre volte a settimana incominci a fare fiato, poi fai i muscoli e solo dopo molto esercizi puoi partecipare alla maratona. La scrittura per me ha lo stesso iter; cerco di non interrompere mai. Nel primo romanzo c’era molto del mio lavoro. La protagonista Irene Bettini aveva molto della mia personalità e gli altri personaggi erano sullo sfondo. Ora ho imparato a non dare molto di me ai personaggi. In ˈA noi donne basta uno sguardoˈ ho sviluppato un tema di attualità. La realtà che fa da sfondo alla storia risale a quando lavoravo a Palermo. L’idea di questa africana alla quale rapiscono il figlio è il racconto fattomi da una donna che fuggì dal centro d’accoglienza siciliano. Lei lavorò per me come colf e in confidenza mi raccontò che in quel posto temette che le potessero rapire il figlio. L’idea di partenza sviluppata nel romanzo è questa alla quale fa da ambientazione l’associazione che offre ospitalità agli extra-comunitari in attesa del permesso di soggiorno. Gli amministratori del centro, pur avendo vinto un appalto col comune per il quale riscuotono i trenta euro al giorno da ridistribuire agli stranieri, sfruttavano gli africani. perché I soldi che spettavano a loro venivano incassati dal centro stato, un fatto confermato dalla cronaca. La storia nel complesso è diventata una storia di corruzione. Qui, in Toscana si è scoperto un caso di abusi perpetrati verso i ragazzi problematici accolti presso il centro ˈIl Fortetoˈ dove per anni le istituzioni non si sono accorte degli abusi subiti da questi adolescenti. Spesso da giovani si pensa che nella realtà tutto sia bianco o nero, invece esiste anche le ombre. Il mondo è sempre complesso. Sul come strutturo inizialmente il lavoro di scrittura posso dire che raramente penso subito al romanzo capitolo per capitolo. Inizio e vado avanti sino a quando la storia non prende piede poco a poco. Il primo romanzo ˈFuga di notizieˈ fu il più complesso che ho scritto. Buttavo giù delle schede riassuntive del contenuto dei vari capitoli e dei singoli personaggi. Talvolta i contenuti dei loro capitoli procedevano per flash. Adesso, invece, applico una tecnica diversa: inizio con la descrizione fisica dei protagonisti e del loro lavoro; poi arricchisco di dettagli le loro vite. Le donne hanno allora veramente una marcia in più, se alle donne ˈbasta uno sguardoˈ. Agli uomini invece cosa serve? Il titolo del romanzo è stato scelto da Franchini della Giunti ed è tratto da una frase scritta nel libro. Franchini un genio in materia è stato autore del titolo: ˈLa solitudine dei numeri primiˈ di Giordano. Dall’osservazione degli altri ho compreso che la comunicazione femminile può essere anche non verbale. I cattivi sono sempre gli uomini perché loro sono i capi. Detengono ancora il potere di comando negli uffici e nelle organizzazioni criminali. Il 95% dei romanzi gialli è scritto da uomini con eroine maschili. Ho operato una scelta di campo. Secondo me c’è bisogno di donne non solo come protagoniste di romanzi ma anche come autrici. Cosa serve agli uomini? Secondo me a loro servirebbe più generosità e curiosità, sono ancora troppo egocentrici. Il lato negativo della donna è che tende a scadere nel pettegolezzo, agli uomini questo aspetto tocca poco ed è un loro pregio. Quattro donne coese nell’aiutare una quinta. Possono essere quattro sfumature di una singola personalità? Quali sono i suoi prossimi progetti? No, sono tutte personalità diverse. Le donne descritte nel romanzo hanno vite sentimentali sfortunate le loro esperienze s’intrecciano nel mio giallo. Quello in cui credo è che anche il singolo può sovvertire il sistema sebbene poi paghi questo atto di coraggio. Per questo prossimamente mi piacerebbe pubblicare traendo spunto da casi di cronaca una raccolta di racconti per narrare di singoli atti volontari compiuti da personaggi borghesi attraverso storie brevi. Tra queste inserirò quella di un’agente della polizia municipale di Roma che ha denunciato alcuni suoi colleghi che per ringraziarsi i favori o la simpatia di personaggi pubblici non gli facevano pagare multe nel centro storico della capitale. Quest’agente, donna, ha vinto tutte le cause ma poi ha subito ostracismo dal sistema e dal suo ambiente lavorativo. Rosaria Di Girolamo A NOI DONNE basta SGUARDO di Christine Borries. Ed. Giunti. uno von Carlo Pestelli Raffaele Palumbo Susanna Nirenstein La LINGUA GENTILE Rosaria Di Girolamo Se potreste scegliere tra essere giusti ed essere gentile. Siate gentili. Questa è una frase di uno psicoterapeuta americano scelta dalla Prof.ssa Elisabetta Perini al termine delle sue ultime ricerche effettuate da studiosa qual è della lingua italiana e dialetti, nonché autrice di dizionari della lingua italiana e di volumi sulla scrittura. Cosa ha spinto la glottologa a considerare la gentilezza uno strumento necessario per la comunicazione e la scrittura? La strumentalizzare della nostra lingua operata dai politici. Negli ultimi anni la comunicazione è diventata molto aggressiva non solo nella politica ma anche di uso comune come spesso è possibile notare leggendo i post su un qualsiasi social vivendo l’illusione di proporsi con una lingua semplice, volutamente sgrammaticata per arrivare alla pancia della gente senza comprendere che questo atteggiamento crea delle conseguenze. La gente che si informa legge soprattutto i contenuti dei social. Il 97% degli italiani sono analfabeti funzionali con questa espressione s’indicano quelle persone che non sono capaci d’interpretare un grafico oppure comprendere un articolo di analisi politica perché troppo complesso. La gentilezza è sempre stata intesa come in un più, come un qualcosa che non sia dovuto. Perché? Nel confrontarsi con testi di storia contemporanea redatta da nazisti oppure quelli scritti dai rapitori di Aldo Moro, al di là dei contenuti ossessivi, gli scritti sono ineccepibili dal punto di vista della sintassi. Per dire che sono testi giusti perché gli autori erano convinti di stare nel giusto quando li scrivevano. La gentilezza, invece, si esprime attraverso frasi accoglienti ovvero che fanno sentire l’altro al quale ci si rivolge accolto e ascoltato e non con fatui convenevoli o forme fini alle persuasioni. LA RIVOLUZIONE DI BOBOLI Quando finivamo di lavorare andavamo tutte nella cascina a riporre gli attrezzi e stavamo sedute a riposare sulle panche fuori il casolare. Poi arrivavano gli uomini che depositavano nel casolare di fronte il raccolto e la legna accantonata nella casa vicina che faceva da cantina. Prendevano ciò che poteva servire per cucinare e mantenere calda la casa e incominciavano a portarla via. A noi pensava la moglie di Boboli, ci dava quanto potesse bastarci come pane per la sera e la colazione, e dei cereali per le zuppe con l’olio. Una parte di olio però doveva anche servire per le colazioni da preparare durante il lavoro dell’aratura o della raccolta. Raffaele Palumbo Susanna Nirenstein Carlo Pestelli I giorni erano scanditi dalle stagioni: semine e raccolte. Ci faceva compagnia un ritmo metodico. Talvolta per mesi si assentava qualcuna perché gravida, ma non le sarebbero mancate le razioni di cibo. Noi conoscevamo tutto dello spazio dentro e fuori la casa di Boboli e sapevamo che da quando gli era morto il figlio la terra a lui non sarebbe più servita. Pensava che non avendo eredi tutti i suoi sforzi non avrebbero trovato giusta soddisfazione. Così trascorse la nostra vita, quella dei nostri figli e la loro per anni anche quando i Pitti cominciarono a comprare i suoi terreni. Il giardino fu ingrandito; fu realizzato un grande spazio per i limoni ma da quando fu abbellito con le statue che sembrano guardarti dall’alto verso il basso non ci siamo più entrate. Mi hanno raccontato anche che Cosimo ha deciso di farsi fare una statua dove tutto ignudo cavalca una grossa tartaruga e qualcuno dice che non si capisce chi sia Cosimo e quale la tartaruga!ˈ Tutte le robe sono rimaste lì, lo sguardo dal Colle del Cavaliere va sempre sino alla Torre del Gallo. Le cascine fuori le mura del giardino di Borgolo non ci sono più. Al loro posto spazi a metà coltivati ad olivi. E così trascorse la nostra vita, quella dei nostri figli e la loro per anni. Sino a quando vennero i Lorena e visto che le razioni di cibo e i raccolti scarseggiarono per diverse stagioni quando incominciarono a non darci le razioni ci organizzammo. Donna Francesca col suo pupo capeggiò la rivolta e col figlio in braccio col fare di una statua come quella del giardino che chiamavano L’Abbondanza decise di farci entrare nel giardino. Quella fu l’unica volta dopo tanti anni che le braccianti entrarono nella casa di Boboli. Ognuna aveva una cesta col cibo o bevande; una parte fu gettata nella Fontana del Nettuno già da un mese senza acqua. Altre portate con noi per noi. E poiché noi conoscevamo tutto dello spazio dentro e fuori la casa di Boboli togliemmo ai Lorena l’acqua e per molto tempo fummo noi a chiudere le porte a loro. ˈ Carlo Pestelli Susanna Nirenstein Raffaele Palumbo le assenze Rosaria Di Girolamo « … l’acqua sarebbe arrivata, passando sotto la porta, fin sul pianerottolo, sarebbe colata giù per le scale, sarebbe piovuta fino al pian terreno, avrebbe scatenato l’allarme degli inquilini che avrebbero confuso l’emergenza dell’allagamento con l’altra, della quale avrebbero saputo qualcosa solo più tardi, e si sarebbero intromessi, e avrebbero parlato di sfortuna e di fortuna, e di tante altre cazzate.» Francesco Recami* L’errore di Platini(Sellerio ed. Palermo,2006) è un testo molto difficile, sicuramente un invito alla lettura per chi volesse intraprendere la corsa alla scrittura professionale e al romanzo contemporaneo. In superfice sembra buttato giù tutto in un momento, come dettato dalla pancia. Non è da tutti mantenere per cinquantotto pagine il ritmo e il plot scelto da Recami* che si sviluppa con l’assenza del discorso indiretto. È la storia di una famiglia di Viareggio composta da Gianni, Sabrina e Marina una bambina cerebrolesa dalla nascita a causa del parto naturale gestito male. La coppia Gianni e Sabrina convivono da anni con questo dramma e in quanto tali erano commiserati dagli amici di Sabrina: Daniela e Riccardo, e da sua madre Diddi che non perdona loro il fatto di non aver, all’epoca, denunciato il medico. Ma Sabrina sa ben gestirla con affetto. La scoperta di essere i vincitori al totocalcio di una cospicua somma di denaro non muta apparentemente il loro stile di vita: la tranquillità della vita di provincia e il piattume che li circonda. Premeditata nell’intenzione dell’autore raccontare l’assenza di una reale comunicazione tra tutti i protagonisti della storia come premeditata sarà da Sabrina la morte di Marina facendo credere ad un incidente domestico. L’unica persona con cui la nonna affetta da demenza senile riesce qualche volta a comunicare è la nipotina, che anticiperà per vecchiaia la morte di Marina. Il ricordo dell’esistenza di Marina è stato registrato su un nastro* in possesso di un ragazzo, Maurino, la vocina ripeteva le espressioni imparate con la nonna Isola: ˈSole-Sole-Sole-Sole-Gente-Sole-Sole-Sole-Sole Maleˈ*, ma Sabrina ne resterà per sempre all’oscuro. «Lo sai che a Livorno, o a Grosseto, disse Sabrina, insomma, c’è un gruppo di persone che ascoltano le voci dei morti, le registrano con un impianto stereo normale.» [pag.45] *Francesco Recami(1956), scrittore fiorentino. Finalista al Premio Campiello 2009 con Il superstizioso e Vincitore, nel 2010, del Premio Castiglioncello e Premio Capalbio con Prenditi cura di me. ˈ INTERVISTE Paolo Mauri, già, critico letterario presso Il Globo fu responsabile della pagina della cultura del quotidiano de’ laRepubblica, dal 1976, ci racconta la storia del giornalismo italiano dalla nascita de’ Il Giorno all’editoria promossa da Eugenio Scalfari: PANORAMA, L’ESPRESSO, laRepubblica e dell’importanza rivestita dall’elzeviro. Oltre che ricoprire la carica di giornalista presso il quotidiano, Mauri fu autore di volumi dedicati a scrittori lombardi contemporanei e direttore della rivista Il Cavallo di Troia, dal 1981 al 1989. Quali sono state secondo lei le principali testate della storia del giornalismo italiano del dopoguerra che operarono una rivoluzione per la stampa italiana? Paolo Mauri confessa la nascita del giornalismo italiano «Nasce nel 1976, LA STAMPA, fondata nel 1867 e il Corriere della Sera, del 1876, sono tra i più antichi giornali d’Italia e vantano un radicamento geografico ben preciso. Il primo era il giornale di Torino e del Piemonte. Il secondo quello di Milano e della Lombardia. Il principale problema del quotidiano prima della nascita della testata on-line era quello della distribuzione. Questa operazione richiedeva, infatti, una strategia ben precisa per comprendere quante copie servissero in ambito locale e quante fuori. Già, era un compito non facile diffondere il giornale in tutte le edicole di una grande città e in provincia, figurarsi mandarlo in posti più lontani. Non era un caso trovare le loro sedi molto vicine alle stazioni ferroviarie perché permetteva le spedizioni in treni notturni subito dopo la pubblicazione del cartaceo. Il 21 aprile del 1956 a Milano nacque Il Giorno voluto dal Presidente dell’ENI con il quale si registrò una rivoluzione nell’ambiente della carta stampata. Questo quotidiano, già nella sua pubblicizzazione operò una novità. Tutta la città fu tappezzata di grandi manifesti raffiguranti un omino in pigiama che nell’atto di aprire la finestra gli compariva la scritta della testata. Enrico Mattei finanziò lo finanziò perché mosso da due esigenze. in prima persona come il finanziatore. Difatti, il ruolo di editore fu coperto da Cino del Duca. La seconda necessità fu quella di inventare uno stile comunicativo nuovo che cambiasse rispetto a quello dominante identificabile nel Corriere della Sera, il giornale ben pensante di tradizione liberale.Il Giorno offrì opportunità di lavoro a tantissimi giovani e previde nella sua idea rivoluzionaria articoli brevi con titoli graffianti. Come nasce, invece, laRepubblica? Nasce nel 1976, vent’anni dopo il giornale di Mattei, facendosi in parte erede di alcune idee funzionali che furono sperimentate da Il Giorno. È storia nota che Mattei morì, nel 1962, a Bascapè, vicino Milano in un incidente provocato sul suo piccolo veivolo. Il Giorno, ancora oggi esistente e facente parte del gruppo di quotidiani che insieme a La Nazione e a Il resto del Carlino hanno redazioni uniche per alcune parti di servizio e locali che servono le aree di Milano, alla morte dell’imprenditore prese altre strade adattandosi a diventare un quotidiano locale. laRepubblica, nacque nella stessa sede del quotidiano di economia Il Globo, presso il quale scrivevo come critico letterario e che proprio in quell’anno chiuse. Il primo numero della Repubblica uscì il 14 gennaio del 1976. La gestione delle pagine della cultura passarono a Rosellina Balbi, vice di Enzo Colino quando dopo un anno passò al Corriere. Donna di grande esperienza acquisita presso Nord e Sud di Francesco Compagna. laRepubblica operò una scelta diversa si pose sul mercato come giornale nazionale con una redazione centrale a Roma ed una piccola a Milano, solo dopo tempo nacquero le diverse redazioni locali. Scalfari decise di spostare quei lettori, già, fidelizzati con L’ESPRESSO e PANORAMA al quotidiano, in anni come quelli molto caldi per la storia italiana. Questo momento della nostra storia politica e civile toccherà un punto di non ritorno col rapimento di Moro. Nel 1978, le Brigate Rosse firmarono il loro atto di resa finale, nonostante l’indubbio salto di qualità che pensarono di operare sequestrando un personaggio politico quale Aldo Moro, la fermezza mantenuta dallo Stato Italiano nei loro confronti non gli riconobbe il ruolo di interlocutori politici. I soggetti emergenti dell’allora nostra società civile erano i movimenti per le rivendicazioni femminili; la famiglia e il suo ruolo nella società; la scuola, l’università e i movimenti studenteschi provenienti dal sessantotto. Quando nasce la pagina della cultura in Italia? La terza pagina, così detta per la posizione che classicamente occupava al centro di un quotidiano, o anche elzeviro per il carattere che veniva usato dal giornalista e dallo scrittore che si esprimeva liberamente nella scelta dei contenuti del suo articolo, nacque a partire dagli anni dieci del Novecento. Molti sono gli aneddoti che accompagnarono alcune celebri firme della pagina culturale italiana della Repubblica. Emilio Cecchi, per esempio, che amava guardare i pesci rossi che si muovevano nella boccia scrisse un pezzo dall’omonimo titolo ˈPesci Rossiˈ. Il fiorentino Marchese Ridolfi, autore tra l’altro di una brevissima storia della vita di Machiavelli e di Guicciardini, viveva la scrittura dell’elzeviro come una sorta di sfida con sé stesso. Il Marchese era solito aprire a caso un libro che aveva nella sua stanza e la prima parola che trovava a capo pagina sarebbe stato l’inizio del suo pezzo. Nel corso del tempo le mode culturali cambiarono e questo tipo di dono che lo scrittore faceva al lettore, nato come gioco dei virtuosi, incominciò a funzionare sempre meno per motivi economici. La pagina culturale del 1976 della Repubblica si aprì con una recensione sul volume Scrittori e popolo edito, nel 1965, da Asor Rosa e dedicato agli intellettuali al potere che dieci anni prima risultò un attacco alle forme espressive del Neorealismo firmata da un quotato giornalista che lavarava presso RaiRadioTre: Enzo Porcella. A questo fu affiancato un altro articolo dello storico dell’arte Giuliano Briganti dedicato ad una mostra di Burri e di spalla un’intervista di Alberto Arbasino rivolta a Bernardo Bertolucci, allora sul set di Novecento. Questi furono i contenuti dei dibattiti di quegli anni che coinvolsero anche altre forme espressive come l’arte pittorica. Cosa ne pensa invece degli inserti giornalistici? «I giornali quando nacquero erano grandi lenzuola. L’inserto che oggi conosciamo come laLettura del Corriere della sera è tra i più antichi. Risale originariamente al 1901 e fu stampato in un numero calibrato di copie da vendere nell’arco di una settimana. La terza pagina ebbe la prima grande innovazione con Il Giorno in quanto fu spostata al centro del quotidiano al quale abbinarono un moderno supplemento a fumetti. Scalfari, invece, già nella progettazione della Repubblica tentò di realizzare un quotidiano dalla versione più piccola appropriato ad una popolazione in movimento. La pubblicazione della clamorosa intervista di Maurizio Costanzo sul Corriere rilasciata da Licio Gelli e lo scoppio dello scandalo della loggia P2 indusse molti corrispondenti a lavorare con lui. La pagina culturale del 1976 della Repubblica si aprì con una recensione sul volume Scrittori e popolo edito, nel 1965, da Asor Rosa e dedicato agli intellettuali al potere che dieci anni prima risultò un attacco alle forme espressive del Neorealismo firmata da un quotato giornalista che lavarava presso RaiRadioTre: Enzo Porcella. A questo fu affiancato un altro articolo dello storico dell’arte Giuliano Briganti dedicato ad una mostra di Burri e di spalla un’intervista di Alberto Arbasino rivolta a Bernardo Bertolucci, allora sul set di Novecento. Questi furono i contenuti dei dibattiti di quegli anni che coinvolsero anche altre forme espressive come l’arte pittorica.» Ad esempio, Alberto Arbasino, un tempo giovanissima firma de’ Il Giorno e poi del Corriere, fu uno dei primi intellettuali ad accettare l’invito del direttore. A metà degli anni ‘80, fu affidata a Nello Ajello la gestione di un supplemento culturale Mercurio che avrà vita breve, durò due anni per motivi tecnici perché essendo abbinato al quotidiano che aveva raggiunto un numero di diffusione di seicentomila copie non rientrò nei costi. Il nome della testata fu un omaggio ad una scrittrice italiana di origini cubane: Alba de Cespedes che nel dopoguerra fondò una rivista di dibattiti culturali dall’omonimo nome. Quando, nel 2011, si decise di fare un supplemento fu ripreso nell’idea lo stile formale della Lettura, che nelle sue pagine aveva sempre diffuso esclusivamente opere, quindi molte novelle e racconti e non mirava alla pubblicità del libro. Con gli inserti del gruppo dell’ESPRESSO si resta più bilanciati nell’intervento in ambito culturale ma all’interno c’è meno lettura di svago. L’attuale inserto Robinson andrebbe ripensato ma oggi all’interno del giornale non si pongono più i problemi dei tempi in cui mi occupavo di tale materia.» Ad esempio, Alberto Arbasino, un tempo giovanissima firma de’ Il Giorno e poi del Corriere, fu uno dei primi intellettuali ad accettare l’invito del direttore. A metà degli anni ‘80, fu affidata a Nello Ajello la gestione di un supplemento culturale Mercurio che avrà vita breve, durò due anni per motivi tecnici perché essendo abbinato al quotidiano che aveva raggiunto un numero di diffusione di seicentomila copie non rientrò nei costi. Con gli inserti del gruppo dell’ESPRESSO si resta più bilanciati nell’intervento in ambito culturale ma all’interno c’è meno lettura di svago. L’attuale inserto Robinson andrebbe ripensato ma oggi all’interno del giornale non si pongono più i problemi dei tempi in cui mi occupavo di tale materia. Lei ha svolto anche attività di direttore di una rivista culturale: Il Cavallo di Troia perché non ha mai pensato di raccogliere i numeri in un’unica edizione o digitalizzarli per renderli nuovamente fruibili? I numeri in effetti non solo molti, perché era un bimestrale, undici in totale. Coprirono un periodo di tempo che va dal 1981 al 1989. Il Cavallo di Troia veniva redatto da me di sera raccogliendo il materiale inviatomi da validi studiosi contenti di avere uno spazio dove pubblicare le loro ricerche sotto forma di saggi che coprivano con i loro interventi aspetti sociologici, analisi politiche, di economia e di cultura in genere della vita italiana. Ciò avveniva durante il nostro tempo libero ovvero fuori dagli ordinari tempi lavorativi. Per la digitalizzazione dei numeri non saprei; è compito delle biblioteche pertanto del Ministero dei Beni Culturali dal quale proprio in questi tempi non saprei cosa aspettarmi. Rosaria Di Girolamo la Repubblica 14 gennaio 1976 Post © it Carlo Pestelli Susanna Nirenstein Raffaele Palumbo La Cultura giornalistica Americana. Rosaria Di Girolamo Il confronto tra la cultura americana e quella italiana in ambito giornalistico segna un vantaggio impari a favore degli States. Impari, perché capace di trovare forme di auto-finanziamento sia dal basso che nelle sfere più alte. Sebbene quello americano possa essere un mondo molto competitivo e che brucia velocemente personaggi pubblici e politici, la storia di alcune testate giornalistiche nate nel lontano passato ed ancora oggi presenti a livello mondiale, dimostra che il loro sistema è molto più stabile. The New York Times, The Sunday World, la prestigiosa Random House e il New Yorker fondati da Barbara Epstein restano vetrine di successo per chi avesse la possibilità di essere assunto da tali redazioni o pubblicare un libro presso questa antica casa editrice. Giovanni Gozzini, ordinario di storia del giornalismo a Siena, già, autore di due volumi (2006;2011) dedicati all’argomento ha esaminato il percorso storico di nomi noti a livello globale attraverso la tradizione e il rinnovamento dei loro contenuti. In realtà lo storico esplicita che la differenza tra il modo d’oltreoceano e quello europeo di concepire le tematiche culturali sta alle origini di due diversi sentimenti di interpretare la realtà. La modalità di concepire il sapere in Europa è molto aristocratica. Per gli europei il concetto di cultura sostituisce il metro di analisi della realtà istituzionale e del nostro bagaglio di conoscenza ereditato nel corso dei secoli, dunque fortemente strumentale. In America, è patrimonio di conoscenza da diffondere, inteso come veicolo della praticità e dell’utilità. Ciò emerge dal modo in cui si presentano gli argomenti. Nelle riviste culturali d’oltreoceano è imprescindibile che nei loro quotidiani o settimanali non vi sia un articolo di natura scientifica. Non mancano tuttavia riviste, solitamente bimestrali, che si occupino di svago e relax. La formula inglese della London Review of Books ha ringiovanito quella americana del TLS soppiantandola anche nelle vendite. The Times Literary Supplement nacque come inserto culturale separato e in aggiunta al Times, caratterizzato sino al 1974 dalla pubblicazione di editoriali anonimi. The TLS pur restando comunque un must nel campo della comunicazione culturale è stato superato dalla London Review of Books perché il bimestrale ha saputo conciliare la lettura del relax: life style, svago, moda a quella scientifica senza esclusione di approfondimenti. In Italia, ci sarà una rivista più che meritevole da citare per i contenuti proposti. Le autorevoli adesioni dal comitato scientifico agli autori che la caratterizzarono e che tentarono di riproporre il TLS, riscosse un ottimo successo ma non è ecceduta nelle vendite proprio per l’eccessiva scientificità accademica con cui furono affrontate le tematiche. Fu fondata e vide, sino al 1984, la presenza del critico letterario Cesare Cases. . Dai video giochi a scrittore « Vanni Santoni risponde alle stesse domande che solitamente rivolge agli scrittori invitati per la sua rubrica gestita per la rivista letteraria minima&moralia. Scrive dalle cinque alle sei ore al giorno e preferisce per svolgere quest’attività luoghi pubblici: bar alternati a biblioteche universitarie. Sulla condizione della città di Firenze, controvento, ritiene le forme di vendita ambulanti presenti nei centri storici, il turismo ˈmangia e fuggiˈ e il conseguente impiego di appartamenti privati per l’affitto di B&B come forme di metastasi che attaccano il tessuto di una città che a lungo tempo porteranno ad un impoverimento. Da co-ideatore della Scrittura Industriale Collettiva alla composizione di getto nel caso dei fantasy ha imparato col tempo a strutturare un’architettura classica per il genere romanzo. Cultore di video giochi e delle trasformazioni della musica contemporanea dalla tecno all’underground sino ai rave e autore del blog Sarmizegetusa, dal 2006 quando esordì come vincitore di due premi letterari dedicati alle nuove forme espressive è stato successivamente scelto come autore da casa editrici quali Feltrinelli, Laterza e Mondadori. È talent scout per la casa editrice Tunué e articolista per Il Corriere fiorentino e laLettura. Inaugura la primavera 2019 con I fratelli Michelangelo e col desiderio di confrontarsi prossimamente con uno scritto di filosofia. « INTERVISTE Quando ha avvertito l’esigenza di essere uno scrittore? Quali sono state le sue prime esperienze? Nel 2007, conobbi i ragazzi che gestivano una rivista Mostro e che occuparono il ˈCentro sociale Bandoneˈ in via Maragliano lasciato abbandonato da quelli che avevano finito l’occupazione precedente. Coltivando la passione per la tecno, l’elettronica, l’underground frequentavo lo spazio anche perché l’organizzazione di raduni per queste nuove forme di musica è possibile realizzarli in spazi spesso abbandonati. Per seguitare questo interesse fui coinvolto nell’impegno politico dei movimenti. Continuai, dunque, a partecipare alle assemblee e frequentare coloro che ruotavano intorno alla rivista autogestita Mostro che si rivolgeva alla propaganda e all’analisi dei testi di Borges, scrittore che conoscevo molto bene. A quest’autore si aggiunsero argomenti di critica kafkiana, i metafisici e la psicoanalisi. Mi proposi per la pubblicazione di un racconto. Posso assicurarvi che da neofita il risultato del mio scritto fu pessimo e il racconto non pubblicato ma fui invitato ad una riunione letteraria e con mia sorpresa mi resi conto che i partecipanti si confrontavano professionalmente sui testi di letteratura. Per la prima volta vissi la posizione della lettura di un testo come autore e non lettore. Da allora, sperimentai la scrittura arrivando all’ottavo racconto mai pubblicato. Avendo un carattere molto competitivo iniziai a scrivere un romanzo. Con questo testo partecipai ad un concorso che si rivelò fittizio poiché la casa editrice prima accolse i candidati per incassare la tassa d’iscrizione, anche se minima era accessibile a tutti, per poi dichiarare fallimento. Ha subito vinto due premi: ˈFuoriclasseˈ e ˈScrittomistoˈ. Che approccio aveva con la scrittura e quanto è cambiato nel tempo il suo rapporto con essa? Nel 2005 reduce dall’avventura del gruppo fiorentino di autogestione vinsi il concorso ˈFuoriclasseˈ con Vasilij e la morte. L’anno seguente iniziai l’attività di blogger, allora era una novità. Su questo spazio pubblicavo frammenti che destarono l’attenzione di una piccola casa editrice RGB interessata ai contenuti che venivano divulgati in rete. Il mio impegno per la scrittura è continuo e sempre uguale. Ciò che è cambiato è la modalità organizzativa del testo. Nella composizione di un romanzo letterario non puoi fare uno storyboard come per un testo fantasy per il quale strutturi un plot writing for fiction in cui è la trama che guida la scrittura. Personaggi precari, di Vanni Santoni premiato al concorso ˈScrittomistoˈ passò inosservato. Il libro nella stesura attuale è passato, solo nel 2013, a Voland e poi tradotto in francese e spagnolo dal poeta Linh Dinh. Sarmizegetusa perché questo nome dell’antica Dacia per il suo blog? Semplicemente perché Sarmizegetusa era il nome di un personaggio di un videogioco, una parola complessa e strana che mi rimase impressa. Ho dato al blog del 2007 il nome di questo guerriero di ˈUtopiaˈ, template multiplayer e strategica che aggregava gli utenti a zone geopolitiche. Dotato di poche immagini ma solo di indicazioni e scritte aveva come finalità la conquista dei regni e tra questi l’antica provincia rumena. Giochi di ruolo, video game, rave party perché hai scelto questo mondo ludico come soggetti della sua produzione letteraria? L’importanza dei giochi di ruolo sta nel fatto che nessuno vince, ci si aggrega liberamente intorno ad un sistema di regole accettate e condiviso con l’obiettivo di divertirsi. Pertanto il mio iniziale modus operandi vedeva trasmigrare il mondo dell’aggregazione come soggetto da raccontare. Il tempo della mia vita è stato scandito dai giochi di ruolo dai sette ai trentacinque anni, dall’utilizzo di videogiochi dai dieci ai venticinque anni. Il mondo dei rave dai diciotto sino adesso. Nella storia della musica contemporanea degli anni ‘80 il genere della ˈdancefloorˈ fu soppiantato da quello del ˈraveˈ: una realtà trasversale che per un certo periodo è uscito da logiche competitive dal punto di vista sociale. Ho frequentato attivamente il mondo della Free-tecno e dei travel ma essendo da poco maggiorenne le mie vacanze variavano dal progetto Erasmus alla vacanza borghese ovvero dal viaggio in ambienti standardizzati a quelli progettati in stile underground. Questo significa anche vivere una dicotomia nel senso che col tempo ho visto due tipi di realtà. Ad esempio, quando mi trovai presso la Linea Maginot zona di confine e militare dove i cecchini colpivano ad occhi chiusi chiunque, la gente non trovava altro sfogo ricreativo se non nella realtà dei rave. Questi filoni sono stati quasi tutti sviluppati nei miei scritti. Tra il 2008-2009, iniziai Europa dove c’era il tema delle feste ma il contenuto nel corso degli anni è stato smembrato e riutilizzato. Fu uno dei primi tentativi di creare una narrazione dalla struttura ampia con l’ambizione di misurarmi con i maestri della letteratura straniera contemporanea. Il romanzo rimase nel cassetto non trovò riscontri presso Feltrinelli ed altri editori. Nel 2015 la casa editrice Laterza mi propose di scrivere qualcosa per loro e parte del materiale precedente è confluito in 'Muro di casse' che riscosse un contenuto successo, effetto dell’analisi sociologica del rave. L’impero del sogno scritto da Santoni nel 2013 per Mondadori Genere Fantasy. «Per chi vuole imparare a scrivere le chiavi sono due dieta e disciplina cioè lettura e scrittura. » Visto che è un esperto cosa ne pensa dei videogiochi dei quali gli adolescenti vivono una dipendenza tanto da spingerli al suicidio? Non sono vere. Sono fake news dettate da un uso improprio dell’attività giornalistica. Sono reportage che prevedono collage di video e notizie di cronaca di diversa natura col risultato di creare una realtà fittizia che viene scandalosamente divulgata anche su reti nazionali per tappare dei vuoti nei notiziari. Ha sperimentato la scrittura collettiva per esorcizzare la solitudine e l’abbandono che solitamente vive la provincia? Potrebbe essere. L’alienazione che vivemmo e il fatto stesso che ˈMostroˈ fu chiusa, lasciò tutti disarmati e con un vuoto da riempire. Sinceramente solo parlandone adesso mi accorgo che l’accaduto fu da stimolo per cercare nuove forme e spazi altri in cui esprimersi. Difatti, le pagine in cui si sperimentò la Scrittura Industriale Colletiva (SIC) ideata da me e Gregorio Magini nacquero per colmare un’assenza e ne uscì fuori un lavoro introspettivo corale che sicuramente partiva dal basso ma non tradiva le aspettative dell’ambiente del Centro Sociale e implicitamente continuò rinnovando l’attività editoriale della rivista precedente che per forza maggiore era morta. Quali sono i suoi maestri e modelli letterari stranieri e italiani? E quanto di lei è presente nei suoi personaggi? I modelli sono gli autori dei classici stranieri: Borges, Tolstoj, Dostoevskij, Mann, Kafka Joyce e Proust.Non credo che la letteratura possa essere trasmessa da un contemporaneo. La letteratura è tramandata da nonni o da zii nel senso che non esiste una filiazione diretta. Il primo romanzo che ho letto è Guerra e pace ma pensandoci per quale ragione una persona della mia generazione risponde emotivamente a questo libro? Non è infantile rispondere con un ricordo: da piccolo mi appassionai al cartoon Lady Oscar dal soggetto storico. Non sono un autore di racconti ma tra gli italiani che apprezzo molto c’è Cristina Campo. Scrivere un racconto breve o lungo richiede la stessa fatica e la conoscenza di una tecnica identica a quella della scrittura di un romanzo. Questa forma di narrazione spesso non riscuote successo col pubblico ma questa donna riuscì ad imporsi anche in un mondo misogino proponendo prosa di alta qualità. Mi piace l’Agostino di Moravia, Pratolini, il Calvino delle Città invisibili e Andrea Pazienza per l’uso che fa della lingua parlata. Di me c’è poco nei personaggi che sino adesso ho presentato al pubblico. Non restando fermi al ricordo nostalgico e infantile della nostra vita, la crescita resta una fase che lascia delle cose e bisogna anche riconoscere poi realmente ciò che ha procurato piacere da ciò che, invece, ci ha fatto male. Qualsiasi esperienza va comunque a confluire in una produzione, talvolta sono emozioni come se riversassi nei contenuti delle pagine il metodo Stanislavskij, altre volte dai viaggi vissuti traggo le descrizioni di paesaggi o i dettagli per le ambientazioni. È appena uscito il suo ultimo libro I fratelli Michelangelo. Un romanzo Classico completamente diverso dai suoi precedenti dicono le quarte di copertine. Credo che il suo sia un cambiamento definitivo? No, I fratelli Michelangelo, sono il frutto di un’esperienza che è cresciuta nel tempo e tra futuri progetti oltre ad un piccolo saggio sulla scrittura mi piacerebbe cimentarmi con un testo dalla natura filosofica. Ho in cantiere l’idea che, come ben comprenderete, richiederà molto impegno. Rosaria Di Girolamo IL GABINETTO ARCHIVIO G. VIEUSSEUX 'Archivio Contemporaneo' A.Bonsanti ELENCO FONDI Renato Birolli - Arrigo Bugiani - Cristina Campo - Emilio Cecchi - Stefano d’Arrigo Pietro GerboreEnrico Mayer - Guido Mazzoni - Anna Proclemer - Tassinari,Colnaghi Malvani - Fosco Maraini Carteggio Martinelli - Guido Mazzoni - Giuseppe Montanelli - Pier Paolo Pasolini - Vasco Pratolini – Claudia Ruggeri - Mario Tobino - Giuseppe Ungaretti - Erminio Cesare Vasoli - Sandro Volta BIBLIOTECHE D’AUTORE Ettore Allodoli - Ubaldo Bardi - Carlo Betocchi - Renato Birolli - Giulio Bucciolini - Arrigo Bugiani - Emilio Cecchi - Angelo Conti - Carlo Cordié - Edward Gordon Craig Luigi Dellapiccola - Giulio de Angelis - Giuseppe De Robertis - Pietro Gerbora - Domenico Giuliotti - De Larderel-Viviani Della Robbia - Oreste Macrì Ugo e Paola Ojetti - Adolfo Orvieto - Tommaso Paloscia - Letteratura - Adriana Pincherle e Onofrio - Martinelli Ferdinando Poggi - Vasco Pratolini - Carlo Prosperi -Giovanni Battista Roatta - Ottone Rosai - Bino Sanminiatelli - Alberto Savinio Buon giorno ad Alba Donati alla quale chiedo come sta vivendo la carica di presidentessa del Vieusseux e quali saranno le prossime iniziative promosse dall’Istituto. In qualità di Presidente mi sento molto onorata perché è sempre stata una carica molto ambita. Ho sempre seguito il Gabinetto si occupa di letteratura una materia che mi è sempre piaciuta, inoltre è il luogo dove secondo me duecento anni fa nacque l’Europa. Il luogo fu aperto come Gabinetto di lettura dove Gian Piero Vieusseux faceva pervenire tutte le riviste e i giornali che arrivavano dalla Russia dall’Inghilterra. Pertanto era un posto dove gli stranieri potevano informarsi. Ogni lunedì organizzava anche degli incontri dove queste persone s’incontravano. È il luogo dove Fëdor Dostoesvkij terminò 'L’Idiota'. Sulle attività future stiamo organizzando il Comitato Promotore per il bicentenario. La sede sarà molto impegnata per tutto il 2020 con iniziative che non posso anticipare ma che valorizzeranno il materiale conservato in sede. Infine, il Gabinetto ospiterà personalità italiane e straniere che parteciperanno a tavole rotonde in cui poter esprimere loro riflessioni. Rosaria Di Girolamo L’attuale GABINETTO E ARCHIVIO G.B.VIEUSSEUX-ENTE MORALE, nacque a Firenze, nel 1819, come Gabinetto Scientifico e Letterario per volontà di Giovan Pietro Vieusseux ed ebbe come prima sede storica Palazzo Buondelmonti. Vieusseux lo amministrò sino al 1919 con lo scopo di rendere questo spazio un tramite tra la cultura e la politica italiana Risorgimentale e quella europea. A questo fine, fu creata col tempo una Biblioteca importante per la sua singolarità visto che i soci potevano consigliarsi, leggere e donare le proprie opere, anche inedite, in modo che i loro contemporanei avrebbero potuto consultarle in loco. Tra i soci stranieri si annoverano: Arthur Schopenhauer, James F. Cooper, Fëdor Dostoesvkij, David H.Lawrence. Tra gli italiani Giacomo Leopardi e Alessandro Manzoni, dei quali è noto il loro poco simpatico incontro che avvenne proprio nella sala dell’Alcova, quando Leopardi donò a Vieusseux la prima edizione delle Operette Morali appena pubblicate. Giovan Pietro fu promotore e direttore di riviste quali il ˈGiornale Agrarioˈ e ˈL’Antologiaˈ, spazio sul quale intellettuali e attivisti espressero a più voci le esigenze e le idee rivoluzionarie del momento e per motivi politici dopo poco fu soppressa. Successivamente, questa attività culturale fu portata avanti dai suoi eredi sino a quando, nel 1925, il Gabinetto ricevette il titolo di Ente Morale e da privato divenne Istituzione Pubblica. Attualmente un fondo dell’archivio è dedicato a Vieusseux e alla sua famiglia che accumulò sino agli anni ’30 del Novecento quanto fosse loro affidato da filantropi, intellettuali, giornalisti, poeti, scrittori e artisti. Le donazioni furono divise, come si evince dai cataloghi presenti in sede, sotto le voci di: Biografie, Letteratura, Storia,Viaggi a cui corrispondevano sottocategorie. A partire dalla metà degli anni trenta, la guida del Gabinetto fu affidata ad illustri letterati dei quali si ricordano:Tecchi Bonaventura ed Eugenio Montale, sino al 1938. Ma fu Alessandro Bonsanti, il direttore più longevo nel ricoprire la carica - quaranta anni di attività l’ideatore dell’ˈArchivio contemporaneoˈ, a lui poi dedicato, e l’artefice dell’apertura di un laboratorio di restauro libraio in sede. Infine a partire dal 1966, riprese la pubblicazione del quadrimestrale ˈAntologia Vieusseuxˈ mentre, negli anni ottanta, col direttore Marino Raicich fu avviata una nuova forma di pubblicazione: la ˈCollana di Studiˈ dell’Istituto, ancora oggi attiva. La Biblioteca comprendente un totale di centocinquanta archivi e duecentocinquantamila testi divisi in ˈbiblioteca romanticaˈ, in ˈletterature comparateˈ e in ˈopere nelle principali lingue parlate fin dalla sua fondazioneˈ incominciarono ad essere catalogati dal Bonsanti con colori differenti rosso: per i testi in francese; blu: per quelli inglesi; nero e verde rispettivamente per quelli italiani e tedeschi. I volumi cinquecenteschi, già, erano periodicamente soggetti ad interventi di restauri e, a partire dagli anni cinquanta, le nuove acquisizioni venivano rilegate con carta stampata riportante la scritta ˈGabinetto Biblioteca G.P.Vieusseuxˈ accompagnata dal giglio fiorentino. Nel 1966, anno infausto a causa dell’alluvione, fu anche merito di questa catalogazione che si riuscì con facilità a distinguere i testi del ventesimo secolo da quelli antecedenti. «...stiamo portando su i libri che erano rimasti impastati nel fango e nella nafta e quindi nelle condizioni peggiori. Poi il nostro progetto è questo: di tirare una serie di fili come quelli che adoperano le massaie quando stendono la biancheria fra parete e parete dei nostri saloni che da qui in avanti diventeranno né più né meno quello che erano a suo tempo quando gli Strozzi ci stendevano i loro panni, prima di esportarli in tutta l’Europa allora conosciuta; cioè serviranno per asciugare i libri.» Pier Francesco Listri ʿL’approdo letterarioʾ; n.s.a XII; n.36, ottobre-dicembre 1966,pp.91-92. Il primo recupero avvenne immediatamente dopo l’alluvione risistemando i volumi tra Palazzo Acciaiuoli e la Certosa del Galluzzo, quest’ultima è il luogo al quale si riferiva Listri nella dichiarazione rilasciata nell’intervista. Difatti, nel corso del tempo l’archivio ebbe diverse sedi Palazzo Tornabuoni,Vecchietti, Palagio di Parte Guelfa ed infine Palazzo Strozzi. La Biblioteca dell’antico Gabinetto è, attualmente, sita nella trecentesca dimora di Palazzo Corsini Suarez, in Via Maggio. Con gli anni, è stato recuperato la metà del novanta per cento del patrimonio rovinato dell’Istituto, un acceleramento dei lavori si è avuto, solo nel 1999, quando è iniziato il contributo ufficiale della Regione Toscana. Dei testi di cui ancora molti conservati in via Guidoni a Novoli sono stati restaurati i carteggi di Dostoesvkij e il lascito di Carlo Emilio Gadda. Nel corso del XXI secolo, invece, sotto i fondi del GABINETTO G.B.VIEUSSEUX sono stati conservati i lasciti degli artisti o quelli che gli eredi hanno deciso di far custodire a questa sede. Tra questi i quadri di Adriana Pincherle, esposti nella sala di consultazione; le opere di Ottone Rosai; le partiture di Luigi Dalla Piccola e quelle di Alberto Savinio insieme alle sue recensioni giornalistiche; la fototeca dell’antropologo Fosco Maraini che consta centomila immagini e la sua biblioteca orientale. Tra i fondi di eccellenza Paolina Leopardi, Anna Proclemer, Vasco Pratolini, Baccio Maria Baccio, Mario Luzzi, Pier Paolo Pasolini, il carteggio di Edoardo De Filippo risalente al periodo in cui il regista e l’autore operò in Toscana collaborando con i bambini degli Istituti Comprensivi e per le carceri. Ad alcuni di questi personaggi pubblici sono state dedicate le sale della Biblioteca e per tutti tutelati i diritti morali ed economici delle opere intellettuali ed artistiche conservate in Istituto. Ricorre nel 2019 l’anniversario dei duecento anni della nascita dell’Istituto che vede come Presidentessa:Alba Donati e Direttrice: Gloria Manghetti.