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1 Gli autori desiderano ringraziare J. Terrier, S. Shpuza e G. Consagra per aver offerto loro la possibilità di collaborare all'équipe di lavoro del Progetto Orikum. Un ringraziamento va anche a M. Leo Imperiale che ha offerto preziosi spunti e consigli sul materiale di età altomedievale e medievale, a F. Silvestrelli, per le puntuali osservazioni sul materiale arcaico, ed a M. Vitolo per le indicazioni sulla coroplastica. Inoltre utilissimo è stato anche il supporto della dott.ssa J. Bartolomeo che ha prestato il suo impegno per la digitalizzazione di parte delle forme qui presentate e dell'arch. A. Ricchiuto al quale si deve un sentito ringraziamento per l'apporto nelle fase di restituzione grafica finale. Molto si deve, infine, al lavoro instancabile e accurato dei cari colleghi restauratori B. Güimil, L. Anta Porto e N. Valtierra Pereiro: è anche merito loro se è possibile presentare questi primi dati sul materiale ceramico di Orikos. Durante la campagna di scavi del 2017 è stato avviato un progetto di studio sul materiale ceramico, finalizzato a fornire un primo dato cronologico dei reperti che potesse essere interfacciato con i dati stratigrafici documentati nei contesti indagati. La prima fase del lavoro, effettuato presso gli alloggi della missione albano-svizzera 1 , ha previsto innanzi tutto il lavaggio dei frammenti, seguito dalla quantificazione e classificazione preliminare nei gruppi funzionali noti: contenitori da trasporto; ceramica d'uso comune; ceramica fine; ceramica da illuminazione. In una seconda fase si è proceduto ad uno studio più approfondito per determinare, attraverso l'analisi degli elementi morfologici significativi, le forme ed i tipi attestati nelle diverse classi ceramiche riconosciute. Sulla base della cronologia offerta dallo studio ceramologico sono stati distinti i seguenti periodi (fig.

SLSA Jahresbericht – Rapport annuel – Annual report 2017 Il materiale ceramico della campagna di scavo 2017 a Orikos: nota preliminare Carlo De Mitri, Sara Loprieno Fig. 1 Infografica con attestazioni ceramiche Durante la campagna di scavi del 2017 è stato avviato un progetto di studio sul mate- dei rispettivi settori di scavo suddivise per riale ceramico, finalizzato a fornire un primo dato cronologico dei reperti che potesse periodo cronologico (elaborazione grafica di essere interfacciato con i dati stratigrafici documentati nei contesti indagati. La prima G. Consagra) fase del lavoro, effettuato presso gli alloggi della missione albano-svizzera1, ha previsto innanzi tutto il lavaggio dei frammenti, seguito dalla quantificazione e classificazione preliminare nei gruppi funzionali noti: contenitori da trasporto; ceramica d’uso comu1 Gli autori desiderano ringraziare J. Terrier, ne; ceramica fine; ceramica da illuminazione. In una seconda fase si è proceduto ad uno S. Shpuza e G. Consagra per aver offerto loro la possibilità di collaborare all’équipe di lavoro studio più approfondito per determinare, attraverso l’analisi degli elementi morfologici del Progetto Orikum. Un ringraziamento va significativi, le forme ed i tipi attestati nelle diverse classi ceramiche riconosciute. Sulla anche a M. Leo Imperiale che ha offerto preziosi base della cronologia offerta dallo studio ceramologico sono stati distinti i seguenti spunti e consigli sul materiale di età alto - periodi (fig. 1): medievale e medievale, a F. Silvestrelli, per le puntuali osservazioni sul materiale arcaico, ed a M. Vitolo per le indicazioni sulla coroplastica. Periodo 1: arcaico-classico ( VI – prima metà IV a.C.) Inoltre utilissimo è stato anche il supporto della Periodo 2: ellenistico (seconda metà IV – II sec. a.C.) dott.ssa J. Bartolomeo che ha prestato il suo Periodo 3 : romano ( I a.C. – prima metà IV d.C.) Periodo 4 : tardoantico (seconda metà IV – VI sec. d.C.) al quale si deve un sentito ringraziamento per Periodo 5 : altomedievale ( VII – X sec. d.C.) l’apporto nelle fase di restituzione grafica finale. Periodo 6 : basso medievale ( XI – X V sec. d.C.) impegno per la digitalizzazione di parte delle forme qui presentate e dell’arch. A. Ricchiuto Molto si deve, infine, al lavoro instancabile e accurato dei cari colleghi restauratori B. Güimil, L. Anta Porto e N. Valtierra Pereiro: è anche merito loro se è possibile presentare questi primi Sulla base dunque di tale scansione temporale vengono presentati i dati preliminari sul materiale ceramico rinvenuto nei singoli settori di scavo. Carlo De Mitri e Sara Loprieno dati sul materiale ceramico di Orikos. 160 150 140 130 120 Periodo 1 arcaico-classico (VI - prima metà IV a.C.) Periodo 2 ellenistico (seconda metà IV-II a.C.) 100 Periodo 3 romano (I a.C.-prima metà IV d.C.) 80 Periodo 4 tardoantico (seconda metà IV-VI d.C.) 61 60 52 Periodo 5 altomedievale (VII-X d.C.) 51 Periodo 6 basso medievale (XI-XV d.C.) 40 23 20 13 1 5 9 6 9 4 2 5 0 Settore 2 Settore 3 Settore 5 Settore 8 Fig. 1 71 1. L’acropoli (settore 2 e 8 ) 1.1 L’area delle chiese La ceramica proveniente dal settore 2, corrispondente all’area delle chiese, è inquadrabile in un arco cronologico compreso tra l’ VIII e il X VI secolo d.C. Si tratta di dati molto frammentari (30 individui), provenienti da strati piuttosto superficiali e abbastanza inquinati a causa della frequentazione prolungata nel tempo del luogo di culto, come attestato dal rinvenimento della recente medaglia raffigurante don Bosco. Le presenze più antiche riguardano alcune olle da fuoco altomedievali (tav. 8.2), attestate con 3 individui ascrivibili ad una fase di VIII – IX secolo d.C. Ad una fase successiva, invece, sono pertinenti i materiali che rivelano gli stretti contatti con la costa opposta, ovvero quella salentina: si tratta di pareti di anfore tipo Otranto ( NMI : 2) e di attestazioni di ceramica protomaiolica ( NMI : 1) di chiara fattura brindisina ( XIII – XIV sec. d.C.). Il frammento rinvenuto è relativo ad una forma aperta, forse una ciotola, sul cui fondo è presente una motivo a piccole foglie lanceolate 2 (tav. 8.3 ). Un esemplare, poi, è riconducibile alla produzione della Aegean ware graffito, ceramica diffusa durante il XIII secolo d.C. e caratterizzata dall’uso di un ingobbio giallo o verde e da un tipo di graffito realizzato con uno sgorbio a punta quadra (tav. 8.6 ): è stata rinvenuta in numerosi siti dell’Egeo, ma recenti acquisizioni hanno permesso di riconoscere una concentrazione di questa produzione sulle coste del basso Adriatico 3. Molto rare sono le attestazioni di ceramica da fuoco di età medievale (tav. 8.1) e di ceramica invetriata monocroma verde (tav. 8.4 ). Una serie di frammenti rinvia alla produzione della ceramica graffita policroma ( NMI : 1); l’esemplare individuato, in modo particolare, è riconducibile alle graffite in verde e giallo di prima metà XVI d.C. e afferisce alla forma della brocca/bottiglia4 (tav. 8.5). Un’analisi a parte meriterebbe il materiale ceramico proveniente dalla Tomba 38 ( T 38 ), realizzata in prossimità dell’abside della prima chiesa ( M 39 ) e, verosimilmente, appartenente ad una figura di spicco della componente ecclesiastica. All’interno della sepoltura, infatti, al di sopra dei resti scheletrici, sono stati rinvenuti frammenti di un’anforetta da dispensa e una coppa/calice integra (tav. 8.7– 8 ). Si tratterebbe di un oggetto liturgico realizzato in ceramica ingobbiata policroma 5 che non 2 Per un inquadramento generale sulla pro du - zione si veda Patitucci Uggeri 1997 e Whitehouse 1980 ; in riferimento alle attestazioni della produzione in Albania si rinvia a Metalla 2015, possiede, al momento, molti confronti sul territorio. Il parallelo più stringente proviene pp. 812 – 814. Il tipo trova diversi confronti in da un butto di spolio di sepolture nei pressi della chiesa di Santa Maria delle Grazie di Puglia, tra questi uno proviene dal sito medie- Campi Salentina 6 (Lecce); il parallelismo con i calici qui rinvenuti è giustificato non solo vale di Salpi (Foggia) situato a nord della Puglia, dalle affinità formali ma anche dal tipo di impasto rinvenuto ad Orikos: si tratta, infatti, ma è chiaramente molto frequente in contesti salentini. di un impasto beige chiaro molto depurato forse accostabile alle produzioni salentine, 3 tuttavia solo analisi dettagliate potranno autentificare questa ipotesi. Il rivestimento, sembrerebbe riconducibile a produzioni piuttosto deteriorato, ci permette di racchiudere questo calice nella categoria delle adriatiche. ingobbiate policrome inquadrabili cronologicamente nel pieno Cinquecento. Dal settore religioso provengono, infine, due stampi eucaristici fittili (tav. 8.9 –10 ), 4 Hoti 1989, p. 234, 1– 4. L’impasto, tuttavia, Sulle produzioni graffite tra Puglia e Albania si veda Tagliente 2003 e Tinelli 2012. L’idea di una trasmissione della tecnica del graffito dalla di forma cilindrica: il primo presenta la base notevolmente deteriorata e una presa Grecia e dai Balcani sotto la spinta delle inva- rudimentale, il secondo, invece, possiede base circolare e corpo affusolato. La base sioni ottomane, proposta da P. Arthur, potrebbe presenta una decorazione molto particolare: una serie di fori, infatti, costella alcuni bracci incrociati tra loro. Potrebbe trattarsi di una croce stilizzata, così come attestato trovare maggiore conferma da una migliore conoscenza delle produzioni locali dell’area balcanica che, almeno finora, è carente. sulle decorazioni di altri stampi di età medievale rinvenuti in Salento e in Oriente: un 5 reperto proveniente dal villaggio bizantino di Apigliano, in Puglia, presenta una deco- sono residui di pennellate decorative color razione molto simile7. La base del rivestimento è bianca, ma vi verde ramino. 6 Bruno e Tinelli 2009, p. 701, fig. 13. 7 Bruno 2015, p. 111, fig. 69. L’esemplare pre- 1. 2 Il muro di fortificazione sud senterebbe parallelismi con altri reperti rinvenuti Un ultimo sguardo va rivolto, infine, alla ceramica proveniente dal sondaggio effettua- a Muro Tenente (Brindisi), Corinto e Izmir. to sull’acropoli in corrispondenza del muro sud, pertinente ad un tratto della cortina 8 In merito alle ipotesi cronologiche relative a questa costruzione si rinvia a Terrier et al. difensiva realizzata in età tardoantica 8 ; i dati ceramici raccolti durante quest’ultima 2017 e al contributo di Terrier et al. presente campagna di scavi, morfologicamente poco rilevanti, ci possono fornire qualche picco- in questo stesso rapporto. 72 lo elemento cronologico circa la fondazione della struttura difensiva. Su un totale di 7 individui, 5 sono pertinenti a materiale residuale di età ellenistica: questi dati, fortemente influenzati dalla continuità d’uso dell’area, sembrano tuttavia orientarci verso un orizzonte di V – VI secolo d.C., come già ipotizzato nella precedente campagna di scavi. La presenza di frammenti di parete, relativi al contenitore da trasporto LRA 1 inquadrabile tra V e VI secolo d.C., insieme ad attestazioni di ceramica da fuoco coeva, ci fanno propendere per una fondazione di età tardoantica. Ciononostante, un ulteriore ampliamento del sondaggio, auspicabile per la futura campagna, risulterebbe senz’altro utile ai fini di una più approfondita interpretazione. Sara Loprieno 2. Il monumento a funzione idrica e la piazza pubblica (settore 5 ) Le indagini effettuate durante la campagna di scavi 2017 in questo settore hanno portato alla schedatura di tutti i frammenti ed al riconoscimento di circa 300 esemplari ( NMI ). Questi reperti documentano un’ampia fase di frequentazione dell’area dal Periodo 1 (3 % ), come attestato da un alto numero di materiale residuale, sino all’età medievale. Il Periodo 2 ( 43% ), il Periodo 3 (17% ) ed il 4 (20% ), sono quelli maggiormente documentati. Un numero considerevole di attestazioni, pari a circa il 17% fa riferimento, infine, al Periodo 5. Non si registrano testimonianze archeologiche riferibili al Periodo 6. 2 .1 L’estensione est Il materiale ceramico proveniente da questa estensione dello scavo permette di identificare la frequentazione dell’area nel Periodo 4 e 5, ovvero dal V/ VI sino al X secolo d.C., pur attestando la presenza di materiale residuale (tav. 1) pertinente al Periodo 2 (20% ) e al Periodo 3 (19% ). I materiali di età tardoantica costituiscono il 36% dei rinvenimenti e provengono principalmente dai livelli UF 84, 85, 86 e 102, che insistono direttamente sulla struttura ellenistica che probabilmente continuava a costituire un elemento visibile ed utilizzato sino a questa fase: in tali unità di scavo si registra una presenza di ceramica da fuoco 9 (tav. 2.4 ) e di anfore tardoantiche (tav. 2.1–2). Proprio quest’ultime hanno consentito una precisa puntualizzazione cronologica, sono state infatti riconosciuti 9 esemplari di LRA 1 variante B 10, tale dato permette di fissare un terminus post quem per questa fase tra fine V e inizi VI secolo d.C. Altre attestazioni di età tardoantica, seppur sporadiche, sono pertinenti a pareti di contenitori del tipo LRA 2, a pareti di produzioni tarde nord-africane (spatheia) e ad un orlo di terra sigillata africana (ARSWD ), relativo alla forma Hayes 50, ancora in circolazione durante il V secolo d.C. (tav. 2.3 ). Si segnala, inoltre, la presenza di alcune pareti anforiche scanalate e rivestite internamente da una patina nera di bitume. Non abbiamo indicazioni morfologiche dettagliate per avanzare ipotesi, ma potrebbero avvicinarsi alle produzioni epirote prodotte a Byllis11, i cui artigiani si avvalevano appunto dei giacimenti di bitume dell’adia9 Si tratta prevalentemente di ollette di cente località di Selenizza (Selenicë) per impermeabilizzarne, in alternativa alla pece, medio-piccole dimensioni che non registrano gli interni. Attestazioni di questo tipo provengono anche da Durazzo (Durrës) 12 e da però grandi quantitativi. altri siti e ciò non stupisce. Numerosi sono, d’altronde, gli autori antichi che vantano le 10 Per la bibliografia relativa a questi conteni- tori di età tardoantica si rinvia a Pieri 2005, qualità dei giacimenti di bitume13 e proprio Strabone offre indicazioni circa l’antico gia- pp. 75 –76. Questi contenitori sono presenti anche cimento situato nei pressi di un luogo chiamato Nympheum, la cui attuale collocazione a Saranda (Lako 1993, p. 256, 1– 6 ). risulta ancora incerta14 . Non avendo identificato forme precise risulta difficile, al mo- 11 Cerova et al. 2005, pp. 537– 540. mento, associare le nostre anfore alle produzioni conosciute in altri siti dell’Albania, ma 12 Antonelli 2012, pp. 326 –327. 13 Dioscoride, I , 73 ; Plinio, Nat. Hist., X XIV, 41 e X X V, 178. 14 Strabone, VII , 5, 7. il rinvenimento di questi frammenti in associazione a materiale tardoantico ci fa propendere per questa ipotesi, e ci permette di inquadrare in maniera generica queste pareti nelle produzioni locali globulari di VI secolo d.C. 73 Ciononostante occorre ricordare che il bitume veniva utilizzato per rivestire i contenitori da dispensa e da trasporto già in età ellenistica15 com’è attestato anche dai frammenti rinvenuti nei livelli ellenistici del settore 3. Una serie di unità stratigrafiche ( UF 66, 67, 69, 77, 79 ) attestano una nuova fase di vita, più tardiva, che andrebbe collocata in un arco cronologico di VIII – X secolo d.C. e che costituisce il 26 % dei rinvenimenti totali. Questi strati hanno permesso di rilevare buone quantità di ceramica da fuoco e di contenitori da trasporto altomedievali: per quanto concerne la suppellettile utile alla cottura dei cibi, la forma dell’olla risulta essere quella maggiormente attestata (tav. 2.5 –7); si caratterizza, quasi in tutti i casi, per un orlo estroflesso con labbro lievemente appiattito all’apice e da una serie di decorazioni incise a onde o a pettine, di cui si hanno attestazioni anche a Durazzo e a 15 Fiedler et Döhner, 2013. 16 Arthur 2010, p. 80. Scutari (Shkodër). Tutti i frammenti sono pertinenti ad una produzione locale, che 17 Sulla questione delle produzioni presenta i classici impasti dell’area epirota, ricchi di grossi inclusi calcarei. Si tratta delle «avaro-slave» si veda anche Antonelli 2012, ceramiche cosiddette «avaro-slave»16 , realizzate a tornio lento, già diffuse dalla fine pp. 325 –326. del VII secolo d.C. in tutto il Mediterraneo e che vanno a soddisfare, in questo periodo, le esigenze di praticità tecnologica17 dettate da una certa tendenza all’autoconsumo. Una serie di contenitori da trasporto, che raggiungono il quantitativo di 12 individui (tav. 3.2–7), rientrano nella classe dei contenitori globulari altomedievali: si tratta prevalentemente di anfore caratterizzate da impasti differenti e da anse lievemente 18 La forma cilindirca del collo, insieme alle caratteristiche dell’orlo ci potrebbero spingere ad avanzare parallelismi con il tipo Mitello 2 individuati negli scavi dell’omonimo cantiere di Otranto; tuttavia i dubbi pertinenti all’impasto non ci permettono ad ora una più precisa identificazione. Cfr. Leo Imperiale 2004, p. 330, sormontanti. Tra questi un individuo (tav. 3.3 ), proveniente dall’UF 79, è identificabile fig. 3, 2–3 e bibliografia precedente. Altri paral- come contenitore di probabile influenza bizantina, tuttavia le incertezze relative all’im- lelismi sono forniti dai contenitori rinvenuti ad pasto, caratterizzato da un colore rosso-bruno ( 5 YR 6 / 8 ) non ci permettono di affermare la certa area di produzione18 . Solo in alcuni casi è stato possibile registrare una Apigliano, sempre collocabili in realtà produttive di influenza bizantina (si veda Leo Imperiale 2015, p. 39 ). vicinanza ai contenitori diffusi lungo la prospiciente costa salentina, ovvero i conteni- 19 tori tipo Otranto ( NMI : 7). prodotti a Corinto (Sanders 2003 ), ad Egina La ricca bibliografia in merito, ci permette di avere molte informazioni su questi contenitori diffusi in Italia meridionale tra il IX e il XII secolo (produzioni a pasta calca- Ci sono molte similitudini con i contenitori (Wille 2007, p. 3 69 ) e a Chios (Boardman 1989, p. 114 ). La tematica è stata ripresa in Leo Imperiale 2014, p. 330 e in Negrelli 2017. rea chiara), e di sapere anche che queste produzioni erano affiancate da altri tipi simi- 20 Vroom 2006 ; Imperiale 2014 ; Negrelli 2017. li prodotti in Grecia e in Egeo19. 21 Hodges et Vroom 2007; Reynolds 2004 ; I recenti studi effettuati lungo la costa adriatica orientale stanno apportando maggiori dettagli sulla distribuzione di questi contenitori in Dalmazia e anche in Illiria. Per quanto concerne l’area occupata dall’attuale Montenegro, le ricerche dell’équipe una recente sintesi è presente anche in Metalla 2015, p. 812. 22 Per i rinvenimenti lungo la costa si veda Volpe et al. 2014 e, in ultimo, Leone e veneziana guidata da S. Gelichi e C. Negrelli hanno permesso di attestare la presenza Turchiano 2017. di anfore tipo Otranto in diversi contesti. In area albanese, inoltre, i ritrovamenti di 23 Durazzo , di Butrinto (Butrint) e di altre località interne e costiere hanno permesso 20 21 22 Si tratta dei contesti del Triconco di Bar- Topolica, della baia di Bigovica, Staribar, Svač analizzati in Negrelli 2017. di aggiornare il quadro delle attestazioni che risultava piuttosto scarno fino ad alcuni 24 Metalla 2015, p. 812. anni fa . Recentemente, infatti, sono stati individuati anche in altri siti costieri nei din- 25 Occorre precisare che la sistemazione torni di Valona (Vlorë), Saranda (Sarandë) Alessio (Lezhë), Scutari e, verso l’interno, a tipo-logica dei numerosi contenitori afferibili 23 Komani 24 . I dati che derivano dall’ultima campagna di scavo di Orikos, e in modo specifico dal alla categoria delle anfore Otranto è ancora in via di aggiornamento; ringrazio, dunque, M. Leo Imperiale per avermi offerto una preziosa settore 5, rivelano la presenza di 7 esemplari riconducibili al tipo Otranto o a suoi affini, occasione di confronto e per i suggerimenti ma registrano d’altra parte un’alta quantità di pareti incise riferibili alla stessa catego- offertimi. Il tipo in questione trova confronti ria (tav. 3.8 – 9 ). Un orlo, in modo particolare, permette un’attribuzione al tipo Otranto 1 stringenti con contenitori rinvenuti in Albania (Volpe et al. 2014, p. 320, n. 11), a Svač in similis 25 e rivela forti analogie con contenitori già attestati lungo la costa albanese 26 Montenegro (Negrelli 2017, p. 264, n. 2), in Puglia (tav. 3.1). a Mola di Bari (Disantarosa 2005 ), in Basilicata Per quanto riguarda le altre classi ceramiche attestate, relative alla stessa fase cronologica, abbiamo pochissimi dati relativi alla ceramica comune acroma depurata che, pur registrando un elevato numero di frammenti di parete, permette di individua- a Metaponto (Arthur 1999 ); lo stesso M. Leo Imperiale sta provvedendo a ricostruire, oltre che la tipologizzazione, anche la distribuzione geografica dei rinvenimenti. re solo 2 individui, uno relativo ad una brocca ed uno pertinente ad un’altra forma 26 chiusa, molto probabilmente un’anforetta da dispensa. menti subacquei relativi al Progetto Liburna Sara Loprieno Si fa riferimento ai dati emersi dai rinveni- per cui si veda Volpe et al. 2014 e, in ultimo, Leone e Turchiano 2017. Un’attenta disamina delle attestazioni albanesi è presente anche in Leo Imperiale 2014, p. 330 e ss. 74 Fig. 2 Ceramica attica: frammenti di crateri figurati a figure nere (1, 2 ); parete a figure rosse con scena di satiri o comasti? ( 4 ). Ceramica illirica: skyphos a figure rosse con raffigurazione di volto femminile (3). Ceramica corinzia: parete con decorazione a palmetta riferibile a probabile produzione corinzia (5). Fig. 2 2 . 2 Il sondaggio della torre Durante la campagna di scavo è stata individuata una torre legata al sistema difensivo tardo antico (St 35), situata a sud-ovest rispetto al monumento a funzione idrica. Lo scavo dei livelli di riempimento di tale struttura ( UF 92, 93, 97, 98, 99, 103, 105 ) ha consentito di reperire interessanti informazioni sulla fase di obliterazione della stessa e, attraverso l’alto numero di materiale residuale, delle diverse fasi di frequentazione dell’area, dall’età arcaica sino all’età romana. Su un totale di circa 80 individui, un alto numero di rinvenimenti, pari all’11% , è riferibile al Periodo 1 (fine VI – prima metà IV sec. a.C.), come documentano alcuni esemplari significativi 27. Tra i contenitori da trasporto si segnala il frammento di un’anfora ionico-massaliota, con orlo a cuscinetto rigonfio con marcata scanalatura nella 27 Per un quadro di sintesi sulle produzioni circo- parte inferiore in prossimità dell’attacco con il collo ed all’interno gola centrale 28 . Sono lanti nel bacino ionico adriatico in età arcaica inoltre presenti alcuni frammenti di vasi figurati attici: su alcuni sono riconoscibili de- si veda Semeraro 1997 che offre un quadro sui corazioni accessorie (fig. 2.1–2) tipiche di grandi forme aperte come i crateri 29 ; alla contesti del Salento che appare speculare a quanto avveniva sulle coste illirico-epirote. Per produzione a figure rosse appartiene una parete con probabile scena di satiri o coma- una prima nota sulla presenza di importazioni sti, relativa ad una forma aperta (fig. 2.4 ). Il frammento del collo di una forma chiusa in quest’area si veda Verger 2009. con decorazione a palmetta ed alcune pareti di forme chiuse di ceramica a fasce sono 28 L’esemplare è caratterizzato da un’argilla rosa (10YR 8 / 4 ) con molti inclusi di colore rossiccio che può trovare una vicina corrispondenza con i da riferire ad una produzione corinzia o da ricercare in area coloniale albanese (fig. 2.5). Sempre a queste produzioni può essere ricondotto uno skyphos miniaturistico a fasce. prodotti realizzati in area calabra, soprattutto Ad una fase tardo classica può essere riferito uno skyphos a figure rosse con raffigu- a Locri, nella seconda metà del VI sec. a.C.; essa razione di volto femminile di profilo ed il beccuccio di una lucerna a vernice nera an- dovrebbe corrispondere al tipo 2 di Sourrisseau (Sourisseau 2011, pp. 189 –190 ). 29 L’attribuzione attica è avvalorata dall’analisi autoptica dell’argilla, tendente all’arancio ( 7.5 YR 7 / 6 ). ch’esse di fattura coloniale, i centri produttivi potrebbero essere localizzati ad Apollonia o a Durazzo (fig. 2.3 ). Elevato il numero del materiale ellenistico, rientrante nel Periodo 2, con il 54% delle attestazioni. Tra i contenitori da trasporto si riconoscono alcune pareti di anfore 75 appartenenti alla famiglia delle Corinzie A ; un orlo di anfora Corinzia B del tipo ad orlo arrotondato con lo schiacciamento dell’imboccatura in corrispondenza delle anse; un orlo a sezione triangolare con faccia esterna arrotondata di MGS I ed un orlo a sezione triangolare di MGS V/ VI 30. Quantitativamente ben rappresentato il gruppo delle anfore tipo Lamboglia 2, sia con i prototipi caratterizzati da un orlo a profilo triangolare sia con gli esemplari più tardi con uno spesso orlo a profilo quadrangolare. Più cospicue sono le ceramiche fini: la ceramica a vernice nera è documentata con varie forme, soprattutto skyphoi e coppette concavo convesse; altre classi definite genericamente a vernice bruno rossiccia, sono attestate con piatti, tazze (tav. 4.2) e scodelle. Sempre a tale periodo potrebbero essere pertinenti alcuni esemplari di ceramica d’uso comune sia acroma, con brocche e bacini, sia da fuoco con tegami del tipo forked rim e casseruole con orlo variamente articolato. Infine è riferibile a questo periodo anche un frammento di lucerna con decorazione fitomorfa a matrice sulla spalla affine alle lucerne tipo Efeso. Nel Periodo 3, attestato con il 25% sul totale dei reperti, sono documentati alcuni contenitori da trasporto di area egeo-orientale (tav. 4.7), circa 6 individui, e le sigillate italiche ed orientali. Per quanto riguarda le sigillate italiche si riconoscono i piatti tipo Consp. 20.4 e 21 (tav. 4.8 – 9 ); per quelle orientali predomina la ESB con la forma H . 60 antica. Tra la ceramica d’uso comune sono riferibili all’età medio e tardo imperiale le pentole della classe dell’Illyrian Cooking Ware 31. Con il 4 % è documentato il Periodo 4 : sono associati a tale periodo un piatto tipo H . 61A in Sigillata Africana D ed alcune pareti di anfore orientali ( LRA1 e 2) ed africane (spatheia). Infine alla frequentazione altomedievale, documentata su tutta l’area del settore 5 sono riferibili alcuni frammenti di ceramica comune, acroma e dipinta, complessivamente con il 6 % delle attestazioni. Carlo De Mitri 2 . 3 L’estensione sud Un sondaggio realizzato al di sotto della pavimentazione ellenistica della fontana monumentale oggi visibile ha permesso di documentare l’UF 106 che oblitera una più antica pavimentazione in mattoni. Benché il nucleo dei materiali risulti quantitativamente poco numeroso, per un totale di circa 25 individui, esso è cronologicamente omogeneo ed inquadrabile nel corso del III sec. a. C. Il gruppo dei contenitori da trasporto è estremamente esiguo ed è documentato solo da un frammento di anfora Dressel 2- 4 e da un tappo d’anfora con corpo a disco e presa irregolare. In entrambi gli esemplari, le caratteristiche dell’argilla rimandano a produzioni ionico-adriatiche. Nel gruppo della ceramica d’uso comune si distingue la ceramica acroma con forme legate all’espletamento di attività domestiche di vario tipo, e quella specifica per la cottura degli alimenti. Tra la ceramica acroma si segnalano due bacini con orlo a tesa, in un caso con scanalature sulla faccia superiore e presa a maniglia aderente alla parete, forma abbastanza frequente in contesti ellenistici 32. Tra la ceramica da fuoco si riconoscono esemplari assai comuni in età ellenistica: un tegame del tipo forked rim e due casseruole con orlo articolato entrambe con gola pronunciata per l’alloggiamento del coperchio. Il gruppo più cospicuo è quello della ceramica fine33 in cui confluisce la classe più rappresentativa di tale gruppo, la vernice nera, ed anche la cosiddetta ceramica a vernice nero-rossastra spesso parzialmente verniciata. Le forme della ceramica a vernice nera riconosciute sono il piatto, con due esemplari, ed una coppa; un piatto rientra 30 Per un quadro di sintesi su queste produzioni, oltre a Sourrisseau 2011, si rimanda a Gassner 2015. 31 Per la definizione di tale classe si veda De Mitri 2010. 32 La forma è assimilabile ad esemplari rinvenuti a Corinto (Edwards 1975, p. 108, n. 616 ) e Atene (Rotroff 2006, pp. 110 –111, Lekane forme 2 ). nel tipo rolled rim (tav. 4.1), mentre l’altro è affine al tipo outturned rim con carenatu- 33 ra arrotondata all’attacco con la vasca. L’esemplare di coppa è afferente alla parabolic ellenistica in area illirico-epirota si veda Gamberini cup, tipo dal profilo troncoconico, con scanalature sotto l’orlo, molto diffuso, come anche i piatti, in tutta l’area ionico-adriatica. Per una sintesi sulle ceramiche fini di età 2016. Per la circolazione delle principali forme in ceramica a vernice nera nel bacino ionicoadriatico si veda De Mitri 2016 b e De Mitri e Mauro c.s. 76 Nella classe della ceramica nero-rossastra rientrano una serie di esemplari con caratteristiche comuni: argilla tenera e polverosa di colore nocciola-giallino; vernice sottile di colore rossiccio o brunastro, presente su parte del vaso, spesso quasi completamente scrostata. La forma più frequente è il kantharos, presente esclusivamente con il tipo definito cyma kantharos (tav. 4.3 – 4 ): orlo indistinto leggermente estroflesso, parete verticale e vasca concava, anse verticali a nastro, sormontate da un’aletta orizzontale, quest’ultima caratteristica specifica del tipo, ed alto piede modanato. Sempre in questa classe rientra un fondo apodo affusolato ed un’ansa a nastro sormontante, probabilmente pertinenti ad un’olpe (tav. 4.5 ), ed una parete carenata con ansa ad orecchia solcata da scanalature afferente ad un guttus. Sono stati inseriti in questa classe anche gli unguentari fusiformi (tav. 4.6 ). Infine è stato rinvenuto un frammento di lucerna con tracce di vernice rossiccia, spalla convessa con decorazioni a matrice con motivo à godrons ed ampio foro di alimentazione, riferibile al tipo Howland 45A . Come già sottolineato il nucleo appare estremamente omogeneo ed è riferibile ad una cronologia di metà, massimo terzo quarto, del III sec. a.C. Carlo De Mitri 3. La fortificazione nord e la porta monumentale (settore 3 ) I primi dati relativi alla ceramica proveniente dal settore della fortificazione nord risultano numericamente significativi e, in linea generale, rivelano un alto tasso di inquinamento dell’area, non solo dovuto all’utilizzo militare ma anche alla ricaduta di materiale in seguito alle piogge e ai dilavamenti cui questo settore, a causa della sua posizione, deve esser stato sottoposto ( UF 141-159 ). Durante la campagna di scavi 2017 sono stati indagati rispettivamente l’area delle mura ellenistiche e, successivamente, l’area prospiciente la porta della fortificazione tardoantica. Nell’area delle mura ellenistiche l’intervento di scavo si è concentrato su una struttura difensiva, identificata come una torre rettangolare o una piattaforma d’artiglieria, con la realizzazione di un unico sondaggio ( UF 143 ), utile per confermare la datazione dell’opera poliorcetica. Molto interessante è stato anche l’approfondimento effettuato a ridosso della porta tardoantica, inserita nel circuito murario di età giustinianea che viene realizzato al di sopra delle mura più antiche; gli strati individuati ( UF 145, 150 -158 ) hanno evidenziato, come già anticipato, un forte tasso di residualità, che inquina notevolmente l’interpretazione dei dati. La presenza di ceramica fine (vernice nera, a fasce ellenistica) e di contenitori da trasporto di età ellenistica, tuttavia, non vieta di leggere e interpretare i dati relativi ad una fase cronologica inquadrabile tra V – VI con una continuità di frequentazione e/o utilizzo sino al X secolo d.C. Sara Loprieno 3.1 Le strutture d’epoca ellenistica I livelli relativi a quest’area di scavo hanno restituito un alto quantitativo di materiale abbastanza omogeneo, infatti 84% dei reperti, sul totale di circa 140 individui, è inquadrabile nel Periodo 2, in una fase cronologica circoscrivibile al III – inizi del II sec. a.C. Come rimarcato in precedenza, l’UF 143 è abbastanza indicativa per la definizione della cronologia della struttura; in tale strato, oltre alla presenza di sporadici residui tardo-classici/ellenistici di IV a.C., il gruppo prevalente è rappresentato dal vasellame di III secolo a.C., con anfore del tipo MGS V/ VI ; con la ceramica d’uso comune, tra cui alcuni esemplari di ceramica a fasce; la ceramica fine in vernice nera le cui forme sono ampiamente attestate nella metà del III sec. a.C. (si veda di seguito); alcuni elementi recenziori, due frammenti di ceramica a vernice rossa afferenti ad un kantharos e ad una coppetta echiniforme, consentono di definire la datazione tra la fine del III e gli inizi del II sec. a.C. 77 In generale dunque, l’insieme della documentazione materiale fornisce indicazioni sulla frequentazione dell’area: scarse sono le attestazioni residuali del Periodo 1, il 6% , e sporadiche le intrusioni più tarde sia di età romana, con il 4% , sia tardo antica, il 6 % , Fig. 3 Pesi da telaio del tipo troncoconico (1, 2 ). Coroplastica a matrice: frammento con protome femminile ( 3 ), figura femminile con polos. ( 4 ) la cui presenza è dovuta, come già sottolineato, alla geomorfologia dell’area di scavo. Afferenti al Periodo 1 sono tre esemplari di contenitori da trasporto identificati come Corinzie B arcaiche, caratterizzate da un pesante orlo arrotondato 34 ; tre coppe in ceramica attica a vernice nera del tipo Bloesch C35 (tav. 6.13 ); una coppetta concavo convessa ed un grande skyphos a vernice nera (tav. 7.7) riferibili a produzioni coloniali; infine una lucerna attica tipo Howland 21D (tav. 6.17). Preponderante il materiale del Periodo 2 con un alto numero di contenitori da trasporto, superiori ad una ventina di esemplari, soprattutto con le anfore con orlo ad echino tipo Sourisseau 5 (tav. 5.2, 4 – 5), presenti con diversi impasti, e con le MGS V/VI (tav. 5.1, 3 ) anch’esse con impasti differenti tra cui si riconosce quello convenzionalmente attribuito ad una produzione calabro-salentina 36 . Con pochi esemplari sono presenti le anforette di fattura locale per il bitume e con un solo esemplare un’anfora cnidia (tav. 5.6 ). Cospicua la ceramica d’uso comune con tre sottogruppi: la ceramica da fuoco, quella acroma e quella a fasce. Tra gli esemplari di ceramica da fuoco si riconoscono una ventina di esemplari di tegami del tipo forked rim (tav. 5.7–10 ), casseruole con orlo articolato (tav. 5.11–12) e, con un numero sensibilmente inferiore, pentole globulari affini alle chytrai di tradizione ellenica 37. La ceramica acroma, 14 esemplari, è presente in prevalenza con forme legate alla dispensa ed alla conservazione di alimenti, come brocche, olle e dolia (tav. 7.1), minori le forme aperte, con i bacini e con un orlo pertinente ad un loutherion (tav. 7.3 ). Sempre nello stesso gruppo funzionale della ceramica d’uso comune rien- 34 Gli esemplari rientrano nel tipo Sourisseau 1α (gruppo 2 ) di fine VI prima metà V a.C. 35 Si veda Semeraro 1997, p. 384 per un inqua- dramento di tale forma. Fig. 3 78 36 De Mitri 2009, p. 205, n. 21. 37 Per la ceramica da fuoco in età tardoelleni- stica si veda De Mitri 2016 a. trano 5 esemplari di ceramica a fasce, tra le forme chiuse: olla (tav. 7.6 ), brocca e hydria; tra le forme aperte un bacino (tav. 7.5), ed il fondo di una coppa (tav. 7.4 ) molto vicina ai coevi oggetti presenti in area calabro-salentina. La classe con il maggior numero di esemplari, una quarantina, è la ceramica a vernice nera di produzione locale e/o regionale (tav. 6 ); le forme più attestate sono i kantharoi, i piatti da pesce e le coppette echiniformi, quest’ultime due documentate anche in ceramica rossa38 (tav. 7.2). Infine sono relativi a questo periodo anche alcuni pesi da telaio, del tipo troncoconico ben documentato in area nord epirota (fig. 3.1– 2), e di coroplastica. In particolare si segnalano due esemplari frammentari a stampo: il primo di grandi dimensioni con protome femminile (fig. 3.3 ); il secondo, di piccole dimensioni, raffigura un personaggio femminile con polos (fig. 3.4 ). Poco rilevanti le intrusioni più tarde sia di età romana, con alcuni esemplari di sigillata orientale B ed africana A / D, sia tardo antica, con un piatto di sigillata focese e pareti relative a LRA1 e LRA4. Carlo De Mitri 3. 2 La porta tardoantica L’analisi di queste unità di scavo più tarde ( UF 145, 150 – 158 ) ha permesso di identificare circa 48 individui relativi in buona parte a residui più antichi (Periodo 2: 63% , Periodo 3 : 8 % ). Sono stati, però, individuati materiali compresi nell’arco cronologico di V – VI secolo d.C. (25% ), seguiti da dati che rivelano una continuità di frequentazione di VII –X secolo d.C. (4% ). Determinanti per la comprensione stratigrafica sono stati, in modo particolare, i tre strati (150 –152) che obliteravano il piano pavimentale intercettato nel settore difensivo (St 161). I dati provenienti da queste stratigrafie, infatti, registrano la presenza di ceramica da fuoco tardoantica, sotto forma di olle ansate, anforette in ceramica dipinta, nonché contenitori da trasporto del tipo LRA 1 e 2, produzioni riferibili ad un quadro cronologico di V – VI secolo; da questi strati, inoltre, derivano anche dati riferibili ad una frequentazione altomedievale ancora poco chiara per quest’area: in effetti i rinvenimenti pertinenti a questa fase sono riferibili a pochi frammenti di contenitori del tipo Otranto e ad un’ansa di un’anfora globulare altomedievale. Un contenitore del tipo Otranto è registrato, peraltro, anche nella UF 154, lo strato di pietre individuato al di sotto del piano pavimentale St 161; l’ UF 159 che, invece, copre fisicamente la soglia della porta permette di registrare solo la presenza di pareti di anfore LRA 1, affiancate da materiale residuale ellenistico; la presenza di questo materiale caratterizza anche gli ultimi strati scavati ( UF 156, 157, 158 ) al di sotto del piano di soglia, non permettendo, al momento, di meglio definire la fase di costruzione della struttura difensiva tardoantica. Tra le classi attestate in maniera generica all’interno del settore, pertinenti a questa fase, si annoverano ceramica fine da mensa e contenitori da trasporto rinvenuti in strati relativi all’abbandono dell’area ( UF 147): per quanto concerne la prima classe le uniche attestazioni provengono da un orlo di PRSW (o sigillata focese), pertinente alla coppa Hayes 3 (tav. 7.9 ), forma notoriamente attestata in contesti di fine V – inizi VI secolo d.C.39 e da un piatto/scodella Hayes 61 in sigillata africana D. Tra i contenitori da trasporto si evidenzia l’attestazione di anfore di produzione egeo-orientale come le già citate LRA1 e LRA2 40, ma anche LRA5 / 6 41 (tav. 7.8 ) e, raramente, di contenitori di produzione africana (spatheia). 38 Per le produzioni in vernice rossa si veda Shehi 2014. I primi dati relativi a questa campagna, dunque, permettono di confermare una 39 Hayes 1972, pp. 337–338. fase tardoantica di V – VI secolo d.C., grazie alle attestazioni pertinenti alla classe dei 40 Si segnala che l’attestazione dei primi due contenitori in ceramica comune dipinta e da cucina tipiche di questa fase. Per quanto contenitori anforici è designata dalla sola presenza di pareti certamente riconducibili a queste forme note. 41 Per la bibliografia sulle produzioni anforiche tardoantiche si rinvia a Pieri 2005. concerne le produzioni da mensa dipinte abbiamo attestazione di un solo frammento relativo ad una forma chiusa (forse un’anforetta), rivestito da una dipintura bruna; nel caso delle ceramiche da cucina, si attestano fondamentalmente alcune olle di piccole dimensioni, talvolta ansate. 79 A conferma di una continuità d’uso del settore anche in età altomedievale permangono, anche in questo caso, attestazioni di anfore globulari e di anfore pertinenti alle forme Otranto 1-2. In tutti i casi, però, il rinvenimento di anse, non ci permette di individuare precisi tipi di riferimento: si tratta, ad ogni modo, di contenitori inquadrabili tra VII e X secolo d.C. Le prossime indagini archeologiche volte ad ampliare il settore di scavo forniranno nuovi dati sulle fasi tardive della porta, purtroppo non ancora chiare a causa delle forti presenze residuali che connotano il settore. Sara Loprieno 4. Considerazioni conclusive Lo studio del materiale ceramico proveniente dalle attività di scavo del 2017 ha fornito nuovi apporti per una definizione cronologica delle varie fasi del sito 42. La città di Orikos, immersa nel suo contesto geografico quale il golfo di Valona, doveva certamente costituire un punto di approdo protetto per le imbarcazioni, come attestato dalle presenze ceramiche che evidenziano trends commerciali piuttosto vitali, specie con la sponda opposta dell’Adriatico, favoriti dalla distanza minima che, ancor oggi, intercorre tra la città e la costa pugliese. I dati emersi ci permettono, innanzitutto, di aggiornare le informazioni riguardanti la fase tardo arcaica-classica, nota unicamente dal materiale residuale rinvenuto nei settori 3 e 5. Per quest’ultimo settore gli scavi realizzati nella campagna del 2017 ed in particolare l’analisi dei materiali ceramici provenienti dal sondaggio effettuato nell’estensione sud del settore 5, al di sotto del piano pavimentale dell’area del monumento a funzione idrica, hanno permesso di intercettare un deposito di materiale di III secolo a.C. che oblitera un piano pavimentale precedente, realizzato in mattoni43 : un importante terminus ante quem per definire la fase di costruzione del monumento idrico e della pavimentazione ad essa annessa. L’analisi dei materiali provenienti dal settore 3, relativi ai depositi archeologici della porta ellenistica conferma la cronologia proposta per la struttura. Un potenziamento delle conoscenze della città è stato fornito anche dai dati registrati per la fase tardoantica e altomedievale (Periodi 4 e 5) che, nella sequenza indagata a sud del settore 5, registrano una forte continuità di vita dell’area a partire dalla fine del V sino al X secolo d.C., caratterizzata da un’intensificazione dei dati cronologici riferibili ai secoli VIII –X d.C. Come già evidenziato dalla bibliografia precedente44 , mentre si hanno cenni del «declino» in cui la città versava alla metà del II secolo d.C., la sua «rinascita» durante la Tarda Antichità non sembra aver lasciato tracce nelle fonti scritte, ma il riscontro delle fonti archeologiche ci permette, ormai, di attestare un effettivo incremento a partire dalla fine del V secolo d.C. Gli approfondimenti effettuati, durante l’ultima campagna, nei settori delle mura 42 Per uno studio preliminare sul materiale ceramico rinvenuto durante le prime campagne di scavo si veda Bereti et al. 2013 et Bereti difensive tardoantiche (settori 5 e 8 ) stanno offrendo la possibilità di ricostruire questa 2018. fase storica ancora poco conosciuta che, proprio come nel caso di Butrinto 45, Hadria- 43 Si veda Shpuza supra, pp. 56 – 62. 44 Bereti et al. 2013, pp. 98 – 99. 45 Vroom 2017. dalle opere di Giustiniano lungo il limes, così come attestato dalle fonti scritte46 . Le 46 La fonte è Procopio di Cesarea che nel suo poche attestazioni di IV – V secolo d.C., sono certamente soppiantate dalle presenze De aedificiis afferma che Giustiniano aveva di VI secolo, come dimostrano i 12 individui riconducibili alla forma LRA 1 tipo B, molto salvato l’impero cingendolo di fortezze. Cfr. nopolis o Durazzo, si contraddistingue per la stagione dell’edilizia difensiva avviata diffusa in altri contesti albanesi di VI secolo d.C., come hanno anche dimostrato le PROCOP., De aed. II , 1, 3. 47 Si veda il contributo di Disantarosa in Leone indagini subacquee 47. Gli impasti di questi contenitori sembrano non differire molto e Turchiano 2017, p. 286. Le altre attestazioni tra loro e potrebbero esser relativi a produzioni chiote, come già ipotizzato per i rin- riguardano, infatti, i siti di Durazzo, Scutari, venimenti delle precedenti campagne di scavo . Elbasan, Onhezëm, Canina (Kaninë) e Hadriano- 48 Significativa, per questa fase, la presenza di contenitori di probabile derivazione polis; per quest’ultimo si rinvia anche a Perna et al. 2005, p. 505. salentina, come ipotizzato per l’anfora bizantina proveniente dall’UF 79, accostabile ai 48 Bereti et al. 2013, p. 166. contenitori bizantini di modulo ridotto prodotti ad Otranto, del tipo Mitello 249. 49 Leo Imperiale 2004. 80 Fig. 4 Frammento di parete di anfora tipo Otranto con residui di vetrina Fig. 4 In generale, sino a questo momento, permangono gli stretti contatti con la sponda opposta come rivela la presenza di anfore Otranto: è doveroso, infatti, rimarcare l’importanza del rinvenimento dell’anfora accostabile al tipo Otranto 1 similis; l’esemplare, infatti, trova confronti molto stringenti con un rinvenimento proveniente da Baia dell’Orso che viene datato al IX –X sec. d.C. e che è attestato in altri contesti adriatici 50. Le numerose pareti riferibili alla categoria delle anfore di Otranto, caratterizzate da impasti calcarei, ci fanno pensare ad effettivi scambi con la costa pugliese, senz’altro verosimili, privi tuttavia di ulteriori conferme a causa della mancanza di altri frammenti diagnostici; certamente lo scambio tra le due coste è ormai un dato certo, confermato d’altronde anche dai processi storici: interessanti, in riferimento a ciò, sono gli spunti offerti da J. Vroom che da anni si occupa di queste tematiche 51. Tra VII e X secolo d.C. si registrano, infatti, forti interazioni tra le coste dell’Albania e quelle della Puglia; il Mediterraneo, in questa fase, era dominato da due potenze, rispettivamente Bisanzio a est e gli Arabi a sud. La persistenza delle enclaves bizantine in Adriatico, anche in seguito alla perdita di Ravenna nel 751 d. C., fa in modo che la Puglia mantenga stretti contatti con il mondo bizantino tra VIII e IX secolo d.C., ereditandone parte delle tradizioni culturali. L’Albania ha chiaramente giocato un ruolo molto importante in questo legame, costituendo il nodal point di questa rete, nonché un importante intermediario negli scambi e nei commerci. I dati di questa campagna di scavi permettono, inoltre, di focalizzare l’attenzione sulla questione delle produzioni di ceramica da fuoco altomedievale, notoriamente definite come produzioni «avaro-slave»52, che risultano attestate in un’ampia porzione geografica che include la Grecia centrale, la Serbia, la Croazia, la Slovenia, il NordItalia e, anche, parte dell’Austria e che erano limitate a catene produttive di ambito domestico e destinate ad un commercio a scala ridotta. In tal senso, i contenitori rinvenuti ad Orikos permettono di contribuire allo studio analitico su questa produzione, 50 Si rinvia al contributo di Disantarosa in Leone e Turchiano 2017, p. 292. Il tipo si attesta nei rinvenimenti di baia di Pijan in Istria, Ošljak vicino Zadar e presso Cape Stoba dell’isola Mljet già avviato per le produzioni di altri contesti vicini come Butrinto 53. L’aspetto decisamente importante per le attestazioni ceramiche del settore 5 è dato dal limite cronologico del X secolo d.C., sancito dall’assoluta assenza di ceramica e viene accostato dal punto di vista morfologico invetriata, notoriamente prodotta a partire dall’XI secolo d.C. Solo alcuni frammenti alla famiglia delle generiche anfore ‹bizantine›, di anfore del tipo Otranto presentano curiose colature di vetrina sulla parete esterna note anche come Middle Byzantine Amphora, che, tuttavia, rappresentano solo indicatori di produzioni (fig. 4 ): molto probabilmente, più precisamente al Group VI . infatti, queste anfore venivano prodotte in fornaci destinate, parallelamente, alla pro- 51 Vroom 2012, pp. 353 –355. 52 In realtà accomunano produzioni legate a duzione di ceramica a vetrina pesante, già diffusa in questo periodo 54. Questo, dunque, specifici fini pratici e non «produzioni etniche». andrebbe ad avvalorare l’ipotesi secondo cui quest’area del sito di Orikos sembrerebbe Su questa tematica si veda Curta 2001, p. 182. essere abbandonata a partire dall’XI secolo d.C. 53 Vroom 2017, pp. 382–383. 54 È doveroso un ringraziamento a M. Leo I dati emersi dal settore 2, inoltre, permettono di fornire prime indicazioni crono- Imperiale per queste interessanti osservazioni logiche sull’area occupata dalle chiese: le ceramiche attestate, infatti, ci mostrano un da lui proposte. contesto cronologico dai connotati fortemente basso-medievali, come rivela in modo 81 particolare anche il corredo tombale scavato ( T 38 ) e relativo, molto probabilmente, ad una figura di spicco della componente ecclesiastica. In conclusione, soltanto i dati provenienti dalle prossime campagne di scavo permetteranno di aggiungere ulteriori tasselli alla ricostruzione storica e archeologica della città di Orikos, quale importante porto dell’Adriatico, lo stesso Adriatico che nelle parole di E. Ivetic viene definito come «Mediterraneo a portata di misura»55, al cui interno si riflettono le dinamiche più estese e complesse di un mondo mediterraneo in continua trasformazione. Carlo De Mitri e Sara Loprieno 55 82 Ivetic 2015, p. 483. 2 1 3 5 4 6 0 2 10 cm Tavola 1 Settore 5. Contenitori da trasporto di età ellenistica/tardo-ellenistica: Corinzia tipo B (1), MGS V/ VI ( 2 ), Dressel 1 ( 3 ), Lamboglia 2 ( 4 – 6 ). 83 1 2 3 4 6 5 7 0 0 2 2 10 cm 10 cm Tavola 2 Settore 5. Contenitori da trasporto di età tardoantica: LR A 1A (1), LR A 1B ( 2 ); ARSWD : Hayes 50 ( 3 ); ceramica da fuoco: olla ansata tardoantica ( 4 ), olle altomedievali ( 5–7). 84 1 2 3 4 6 5 8 7 9 0 2 10 cm Tavola 3 Settore 5. Contenitori da trasporto di età altomedievale (1– 9 ). 85 1 2 3 4 5 6 7 8 9 Tavola 4 Settore 5 (estensione sud). Ceramica a vernice nera: piatto del tipo rolled rim (1); ceramica a vernice nero-rossastra: cyma 0 2 10 cm kantharos ( 3, 4 ); olpe ( 5 ); unguentario ( 6 ). Settore 5 (sondaggio torre). Ceramica a vernice bruno-rossiccia: tazza ( 2 ); contenitori da trasporto: anfora di area egeo-orientale ( 7); sigillate italiche: piatto Consp. 20.4 ( 8 ); piatto Consp. 21 ( 9 ). 86 2 1 4 3 5 6 8 7 9 10 11 Tavola 5 Settore 3 (porta ellenistica). 12 0 2 10 cm Contenitori da trasporto: MGS V/ VI (1, 3 ); anfora del tipo Sourisseau 5 ( 2, 4, 5 ); anfora cnidia ( 6 ). Ceramica da fuoco: tegami del tipo forked rim ( 7–10 ); casseruole con orlo articolato (11, 12 ). 87 2 1 3 4 5 6 7 8 11 12 PN3 142.1 9 10 13 14 17 0 16 2 10 cm 15 Tavola 6 Settore 3 (porta ellenistica). 17 0 2 10 cm Ceramica a vernice nera: piatti da pesce (1– 6 ); coppette eschiniformi ( 7, 8 ); kantharoi ( 9 –11, 15 ), skyphos (12 ), olpe (14 ), cratere? (16 ). Ceramica a vernice nera attica: coppa del tipo Bloesch C (13 ); lucerna tipo Howland 21D (17). 88 1 2 3 4 5 6 7 9 8 0 2 10 cm Tavola 7 Settore 3 (porta ellenistica). Ceramica comune acroma: dolio (1), loutherion 9 ( 3 ). Ceramica a vernice rossa: coppetta echiniforme ( 2 ). Ceramica a fasce: coppa ( 4 ), 0 2 10 cm bacino ( 5 ), olla ( 6 ). Ceramica a vernice nera: skyphos ( 7). Settore 3 (porta tardoantica). Contenitori da trasporto: LR A 5 / 6 ( 8 ). Ceramica fine da mensa ( PRSW ): Hayes 3 ( 9 ). 89 1 2 3 5 4 6 8 7 0 2 10 cm 10 0 9 1 5 cm Tavola 8 Settore 2. Ceramica da fuoco: 10 olle (1, 2 ). Ceramica protomaiolica brindisina: 0 1 5 cm ciotola ( 3 ). Ceramica invetriata monocroma verde: anforetta? ( 4 ). Ceramica graffita poli croma: brocca/bottiglia ( 5 ). Aegean ware graffito: ciotola ( 6 ). Ceramica comune acroma: anforetta da dispensa ( 7). Ceramica ingobbiata policroma: coppa/calice ( 8 ). Stampi eucaristici ( 9, 10 ). 90 Bibliografia ANTONELLI, S. , 2012 : Produzioni e commerci di ceramiche fini, comuni e da cucina tra tardoantico e altomedioevo a Durazzo: lo stato degli studi. In C. S. Fiorello (a cura di): Ceramica romana nella Puglia adriatica. Bari, pp. 313 –327. 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