Avvertenza
Questo documento è la versione post-print dell’articolo di Paolo Borsa e
Christian Del Vento Italian Tragedy, 1820-1827, apparso alle pp. 59-86
del fascicolo 44, 2014 (ma 2016), della “Rassegna europea di letteratura
italiana”.
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Citazione:
Italian Tragedy, 1820-1827 / P. Borsa, C. Del Vento. - In: RASSEGNA
EUROPEA DI LETTERATURA ITALIANA. - ISSN 1122-5580. - 44
(2014)(2016 Jul), pp. 59-88.
Digital Object Identifier (DOI):
10.1400/244732
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http://digital.casalini.it/10.1400/244732
ITALIAN TRAGEDY, 1820-1827*
Paolo Borsa · Christian Del Vento
1.
n un diario inedito portato alla luce da Patrick Labarthe, Charles-Augustin de
Sainte-Beuve annotava, in data 11 dicembre 1847, una conversazione avuta con
Victor Cousin, nella quale il ilosofo dava conto dell’entusiasmo suscitato in Goethe dalla lettura del Conte di Carmagnola. 1 Secondo Cousin, che lo aveva incontrato
nella primavera del 1825, Goethe non solo aveva annunciato Manzoni all’Europa,
ma in seguito lo aveva difeso anche dalle aspre critiche, non altrimenti note, che
gli aveva mosso Foscolo su una non meglio precisata rivista inglese (il sintagma
« une Revue anglaise » sostituisce il riferimento, cassato, all’autorevole « Edinburgh
Review » di Francis Jefrey) : 2
I
Pour Manzoni qu’il [Goethe] ne connaissait nullement, quand le Comte de Carmagnola lui
tomba entre les mains, le voilà qui s’éprend, qui s’enfonce dans l’étude de cette pièce, qu’il
y découvre mille intentions, mille beautés, et un jour dans son journal (sur l’art et l’antiquité)
où il déversait ses pensées pour se soulager, il annonce Manzoni à l’Europe. Quand Foscolo
Paolo Borsa, Università degli Studi di Milano – Christian Del Vento, Université Sorbonne Nouvelle Paris 3
* La prima parte di questo contributo (corrispondente all’incirca ai parr. 1-3) è stata pubblicata, con il titolo
Foscolo, Manzoni e la cerchia di Byron : la prima ricezione inglese della Ricciarda e del Carmagnola, nel volume
Foscolo e la cultura europea, a cura di E. Neppi, C. Piola Caselli, C. Chiancone, C. Del Vento, Grenoble, ellug,
2015 (« Cahiers d’Études Italiennes », 20), pp. 139-154. L’articolo si intende come il risultato di un lavoro di stretta
collaborazione e di una perfetta intesa tra gli autori; tuttavia, considerando parti comuni i paragrai introduttivo e conclusivo (1 e 6), si potranno convenzionalmente ascrivere a Christin Del Vento i parr. 2-3 e a Paolo
Borsa i parr. 4-5. Desideriamo ringraziare Patrick Labarthe, che lavora attualmente, con la collaborazione di
Bénédicte Élie, all’edizione del Cahier brun (di prossima pubblicazione per Droz) e che, sottoponendo nell’autunno del 2012 a Christian Del Vento un passaggio del diario di Sainte-Beuve per un parere su un’allusione a
Foscolo e al suo ruolo nella polemica sorta intorno alla pubblicazione del Conte di Carmagnola di Alessandro
Manzoni, è all’origine di questo nostro contributo.
1
Si veda il ms. D 571 della Bibliothèque de l’Institut de France di Parigi, Le Cahier brun, p. 26, di cui Patrick
Labarthe prepara attualmente l’edizione (per cui si veda la nota precedente).
2
In realtà Cousin fece quasi certamente riferimento alla « Quarterly Review », come testimonia un breve passaggio della sua Seconde visite à Goethe, pubblicata sulle pagine del « Globe », in apertura del numero del 2 giugno
1827, in cui descrive l’incontro con lo scrittore tedesco, avvenuto il 28 aprile 1825 : « Je lui [a Goethe] exprimai ma
reconnaissance, comme ami de Manzoni, de ce qu’il avait eu la bonté de le défendre, sans le connaître, contre la
critique du Quarterly Review. Il me répondit, avec un accent vrai et profond : “J’en fais grand cas, j’en fais grand
cas. Adelchi est un plus grand sujet ; mais le Comte de Carmagnola a bien de la profondeur. Et la partie lyrique en
est si belle que ce méchant critique anglais l’a louée et même traduite” » (« Le Globe. Recueil philosophique et
littéraire », v, 26, 2 juin 1827, p. 134 ; poi in V. Cousin, Fragments et souvenirs, Paris, Didier, 18573, p. 159). Citando
anch’egli la « Quarterly Review », il Montani diede conto della conversazione tra Goethe e Cousin nel 1828
sull’« Antologia », nella recensione alla traduzione italiana fatta dall’Ugoni della Teilnahme Goethes an Manzoni,
la prefazione di Goethe alle Opere poetiche di Alessandro Manzoni ( Jena, per Federico Frommann, 1827 ; che si
legge ora in W. Goethe, Interesse di Goethe per Manzoni, a cura di G. Cusatelli, Milano, Sciardelli, 1984) : Interesse
di Goethe per Manzoni , traduzione dal tedesco. Lugano, Rugia e C. 1827 in 8., « Antologia. Giornale di Scienze,
Lettere e Arti », a. viii, vol. xxix, 87, marzo 1828, pp. 112-117 ; cfr. R. Battaglia Boniello, Goethe-Manzoni nelle
riviste coeve, in Goethe e Manzoni. Rapporti tra Italia e Germania intorno al 1800, a cura di E. N. Girardi, Firenze,
Olschki, 1992, pp. 111-123, in particolare p. 114. Sull’interesse mostrato da Goethe per Manzoni, si veda, anche
per le ancora utili indicazioni bibliograiche, il contributo di G. Tellini, Ancora su Goethe e Manzoni, in Id.,
Filologia e storiografia. Da Tasso al Novecento, Roma, Edizioni di Storia e Letteratura, 2002, pp. 89-102.
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dans la Revue d’Edimbourg une Revue anglaise l’attaqua, il le défendit et par toutes sortes de
raisons auxquelles Manzoni n’avait certes pas songé.
Com’è noto, il Carmagnola, pubblicato nel gennaio 1820 con dedica a Claude Fauriel, fu spedito a Goethe, fresco di stampa, per il tramite di Gaetano Cattaneo. 1 La rivista cui fa riferimento il diario di Sainte-Beuve è « Über Kunst und Altertum », sulla
quale Goethe, tra il 1820 e il 1821, in tre articoli recensì positivamente gli Inni sacri
e appunto il Carmagnola. 2 La nota di Sainte-Beuve può essere messa parzialmente
in relazione con un’altra notizia ricavabile dai Colloquii col Manzoni del Tommaseo,
secondo il quale, in una conversazione del 1855, Manzoni « gli avrebbe detto d’essere
stato nei primi anni ammiratore del Foscolo, ma che questa ammirazione non era
“durata troppo” e che di questo il Foscolo si vendicò, “scrivendo in giornali inglesi
del male di lui” », in relazione alla sua produzione tragica. 3
L’obiettivo di questo contributo è, in primo luogo, identiicare quale sia l’articolo ‘inglese’, sfavorevole al Manzoni, cui fa riferimento Cousin nella nota di Sainte-Beuve, quindi veriicare se esso sia ascrivibile a Foscolo o ad altro autore e, in
quest’ultima eventualità, se sia possibile ipotizzare una collaborazione di Foscolo
alla redazione del testo. Più in generale, in queste pagine si intende approfondire
lo speciico contesto letterario e culturale in cui si collocano la pubblicazione della
tragedia manzoniana e della foscoliana Ricciarda – composta in Italia tra il 1812 e il
1813, ma data alle stampe in Inghilterra solo nel maggio 1820, 4 poco dopo l’uscita
del Carmagnola – e la loro prima ricezione in Europa. In pochi mesi infatti, tra il 1820
e il 1821, sulle riviste europee appaiono numerosi interventi critici dedicati al tema
del teatro tragico italiano, a testimonianza di un vivace dibattito che coinvolge intellettuali italiani, inglesi, tedeschi e francesi.
2. È evidente che l’articolo in questione non può essere lo scritto noto come Della
nuova scuola drammatica italiana : non solo perché esso risale agli ultimi anni dell’esilio in Inghilterra di Foscolo, ma anche perché restò incompiuto e, dunque, non
fu mai tradotto né pubblicato su una rivista britannica. Tale scritto, rimasto tra le
carte del poeta poi conluite presso la Biblioteca Labronica di Livorno, semmai
poté essere all’origine della conidenza di Manzoni a Tommaseo del 1855, poiché
esso era stato reso pubblico solo pochi anni prima, nel 1850, nella serie delle Opere
edite e postume del poeta, a cura di Francesco Orlandini, che erroneamente lo diceva
« stampato per la prima volta in inglese nel primo numero della Foreign Quarterly
Review ». 5 Una lunga recensione all’edizione Molini (1825) delle tragedie manzoniane (che conteneva anche altri versi del poeta e, in appendice, la Lettre di Manzoni a
1
G. Gaspari, Goethe traduttore di Manzoni, « Premio città di Monselice per la traduzione letteraria e
scientiica », xvii, 30, 2000, pp. 233-244, in particolare p. 234. Sulla igura di Gaetano Cattaneo e sui suoi rapporti con Goethe si vedano H. Blank, Milano e Weimar dal 1817 al 1832, ed E. Koppen, Tra Cattaneo e Stendhal.
Note comparatistiche a « Classiker und Romantiker in Italien, sich heftig bekämpfend » di Goethe, entrambi in Goethe e
Manzoni, cit., rispettivamente alle pp. 3-16 e 17-32.
2
Gaspari, Goethe traduttore di Manzoni, cit., pp. 233-235.
3
G. Gambarin, Ancora del Foscolo e del Manzoni, « gsli », cxxxix, 425, 1962, pp. 71-83, in particolare p. 75.
4
Ricciarda tragedia di Ugo Foscolo, Londra, per John Murray, 1820.
5
Avvertenza, in U. Foscolo, Prose letterarie, iv, Firenze, Le Monnier, 1850, p. 262.
italian tragedy, 1820-1827
61
Victor Chauvet e gli scritti critici di Goethe, Fauriel e Visconti) apparve, in efetti,
sulla « Foreign Quarterly Review » nel 1827, adespota e con l’intitolazione, apposta
sull’intestazione delle pagine, Italian Tragedy. 2 Lo scritto, molto interessante anche
se trascurato in sede critica, non può essere messo in relazione con l’inedito saggio
foscoliano, né ci pare vi si possa riconoscere una parte del Foscolo, a dispetto dei
giudizi poco lusinghieri espressi sul Manzoni tragico (come quello, posto in chiusura, di avere agito con « a prudence that seems to border on cowardice » 3) e benché
le opinioni sulle unità tragiche e sul rapporto tra storia e poesia siano in qualche
modo consonanti con quelle del poeta. Nel parlare con Tommaseo tuttavia – e ciò
ci sembra che giustiichi una rinnovata attenzione per l’articolo – è possibile che
Manzoni facesse riferimento proprio a questo scritto inglese, che avrebbe attribuito
a Foscolo sulla base di quanto afermato da Orlandini nella sua Avvertenza.
Come che sia, l’articolo inglese che accese l’animo di Goethe deve essere identiicato, invece, con un lungo contributo, già segnalato da Gambarin, 4 che reca l’intestazione Italian Tragedy (che, forse non a caso, sarebbe stata ripresa dall’articolo
del ’27 uscito sulla « Foreign Quarterly Review », di cui s’è appena detto), stampato
sul numero di ottobre (ma pubblicato solo il 19 dicembre) del 1820 della prestigiosa « Quarterly Review ». 5 Si tratta della stessa rivista sulla quale, l’anno prima,
era apparso il contributo foscoliano dedicato ai Narrative and Romantic Poems of the
Italians e in cui sarebbe stato pubblicato, al principio dell’anno successivo, il primo saggio petrarchesco dello stesso Foscolo. La « Quarterly Review » faceva capo a
John Murray di Albemarle Street, l’editore londinese di riferimento di Lord Byron.
Per i suoi tipi erano già apparsi nel 1817 l’Ortis e nel 1818, in appendice alle Historical
Illustrations of the Fourth Canto of Childe Harold dello stesso Byron, l’Essay on the Present Literature of Italy, frutto della collaborazione tra John Cam Hobhouse e Foscolo ; sempre presso il Murray, nel maggio del 1820, lo scrittore aveva dato alle stampe
la Ricciarda 6 e progettava di pubblicare il volume Narrative of Events Illustrating the
Fortunes and Cession of Parga, poi accantonato nell’ottobre di quello stesso anno per
motivi di opportunità politica. Per lo stesso editore, inoltre nel 1823 sarebbe uscita la
seconda edizione, venale, degli Essays on Petrarch. 7 Com’era tradizione nelle riviste
periodiche trimestrali inglesi, l’articolo di cui ci occupiamo fu pubblicato adespota
e anepigrafo (anche se provvisto nell’intestazione delle pagine dell’intitolazione
Italian Tragedy) e si presenta come una recensione di tre tragedie contemporanee :
1
1
Tragedie di Alessandro Manzoni milanese il Conte di Carmagnola e l’Adelchi. Agiuntevi le poesie varie dello stesso,
ed alcune prose sulla teoria del dramma tragico, Firenze, presso Giuseppe Molini, 1825.
2
3
Italian Tragedy, « The Foreign Quarterly Review », i, July 1827, pp. 135-170.
Ivi, p. 168.
4
G. Gambarin, Ancora del Foscolo, cit., pp. 75-76.
5
Italian Tragedy, « The Quarterly Review », vol. xxiv, n. 47 October 1820, pp. 72-102.
6
Ricciarda. Tragedia di Ugo Foscolo, Londra, per John Murray, 1820. Per cui si veda l’introduzione a U. Foscolo, Tragedie e poesie minori, a cura di G. Bezzola, Firenze, Le Monnier, 1961 (« Edizione Nazionale delle
Opere di Ugo Foscolo », 2), pp. xviii-l, e la Scheda introduttiva di M. M. Lombardi in U. Foscolo, Opere, i, Poesie
e tragedie, edizione diretta da F. Gavazzeni con la collaborazione di M. M. Lombardi e F. Longoni, Torino,
Einaudi-Gallimard, 1994, pp. 876-884.
7
Essays on Petrarch by Ugo Foscolo, London, John Murray, 1823. Per cui si veda l’introduzione di C. Foligno a
U. Foscolo, Sagi e discorsi critici, Firenze, Le Monnier, 1953 (« Edizione Nazionale delle Opere di Ugo Foscolo », 10), pp. xxi-xlvii, e la Scheda introduttiva di G. Lavezzi in U. Foscolo, Opere, ii, Prose e sagi, edizione diretta
da F. Gavazzeni con la collaborazione di G. Lavezzi, E. Lombardi e M. A. Terzoli, Torino, Einaudi-Gallimard,
1995, pp. 1028-1037. Per le vicende del libro di Foscolo su Parga si veda la nota 2, p. 80.
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il Conte di Carmagnola di Manzoni, la Ricciarda di Foscolo e la Francesca da Rimini di
Pellico. Lo scritto è un’informata e intelligente rassegna retrospettiva della tragedia
italiana dalle origini ino all’epoca presente, che si basa, per la prima parte, sul Teatro italiano di Scipione Mafei e sui primi nove tomi del Teatro italiano antico, usciti a
Milano presso la Società tipograica de’ Classici Italiani tra il 1808 e il 1809, oltre che
sull’unico lavoro in lingua inglese sulla tragedia italiana che fosse utilmente consultabile a quei tempi, ossia il volume Historical Memoir on Italian Tragedy di Joseph
Cooper Walker, considerato un’opera scrupolosa ma poco aidabile, a causa della
sua profusione e del suo atteggiamento indiscriminatamente elogiativo della tradizione italiana. 1 In estrema sintesi, la tesi dell’autore è che gli italiani, nella scelta di
continuare a riproporre nelle tragedie i soggetti classici, abbiano trascurato il loro
« National drama » e i soggetti, potenzialmente eicaci sul piano tragico, tratti dalla
loro storia nazionale (« the Italians should look at home for their tragic subjects.
Why should not Dante be to them what Homer was to the Greek tragedians ? ») ; 2 la
causa di ciò doveva essere cercata nelle peculiari circostanze storiche e nelle croniche divisioni d’Italia, da cui era dipesa, soprattutto nei secoli xvii e xviii, la generale
decadenza culturale della nazione. Il punto di vista dell’autore inglese sul teatro
italiano contemporaneo è consono a una prospettiva che si potrebbe deinire latamente ‘byroniana’, nel senso che egli si fa promotore di un modello teatrale a un
tempo classicista, romantico e nazionale.
Di là dall’esperienza tragica di Alieri e dell’Aristodemo di Monti, arrivando all’esame delle opere dei principali tragediograi italiani viventi l’estensore di Italian Tragedy assegna la palma dell’eccellenza tragica al Foscolo della Ricciarda e al Pellico della
Francesca da Rimini, che rispettano le unità aristoteliche – considerate in qualche
modo necessarie a fornire una regola al ‘disordinato’ e passionale genio italico – e
che si caratterizzano per la scelta di soggetti storici o storicizzanti, ossia conformi
alla tradizione shakespeariana. Una severa stroncatura è riservata invece al Carmagnola, bollato come una « feeble tragedy » priva di poesia e non meritevole di considerazione, benché il coro alla ine del secondo atto, interamente tradotto in inglese,
sia degno delle « splendid odes » del suo autore e sia nell’articolo deinito « the most
noble piece of Italian lyric poetry which the present day has produced ». La stessa
violazione delle unità aristoteliche, cui Manzoni ‘dichiara guerra’ nella prefazione
alla tragedia, appare all’estensore ben poca cosa se rafrontato alla libertà drammatica propria della tradizione inglese, fondata sull’autorevole esempio di Shakespeare
e sugli argomenti di Johnson ; sicché egli giudica il Carmagnola un esperimento insuficiente a persuadere gli autori italiani ad abbandonare le regole classiche :
The author of the Conte di Carmagnola, Alessandro Manzoni, in his preface, boldly declares
war against the Unities. To ourselves, ‘chartered libertines’, as we consider ourselves on
the authority of Shakspeare’s example and Johnson’s argument, little conirmation will be
gained from this proselyte to our tramontane notions of dramatic liberty ; we fear, however,
1
[J.C. Walker], Historical Memoir on Italian Tragedy, from the earliest period to the present time, illustrated with
specimens and analyses of the most celebrated tragedies ; and interspersed with occasional observations on the Italian
theatres ; and biographical notices of the principal tragic writers of Italy, by a member of the Arcadian Academy of
Rome [Eubante Tirinzio], London, printed for E. Harding, 1799.
2
Italian tragedy (1820), cit., pp. 100-101.
italian tragedy, 1820-1827
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that the Italians will require a more splendid violation of their old established laws, before
they are led to abandon them. 1
Sulla paternità ‘uiciale’ di questo articolo non sussistono dubbi : l’autore fu il reverendo Henry Hart Milman, uomo di cultura, poeta, storico, tragediografo (nel 1815
aveva pubblicato la tragedia Fazio, portata in scena per la prima volta, senza il suo
consenso, al Surrey Theatre con il titolo The Italian Wife e poi, con il titolo corretto,
al Covent Garden nel 1818) e, a partire dal 1821, professore di poesia all’università di
Oxford. 2 La notizia si trae, anzitutto, da un passaggio della lettera di Mary Graham
a Foscolo del 28 gennaio 1821, nella quale la Graham indica la traduzione dei brani
della Ricciarda tradotti nella « Quarterly Review » come opera del Milman, cui sarebbe dunque da ascrivere anche la lusinghiera recensione della tragedia :
Do you think Milman’s translation of the passages from Ricciarda in the « Quarterly review » successful ? I have not yet compared them as I have lent my Ricciarda to a Gentleman a few miles distant who has not yet returned it. The critique on the Tragedy though
perhaps more lattering is not so discriminating as that you yourself pronounced on it and
the paraphrase « the close and pregnant style of Foscolo » does not describe it half so well as
your mother’s expression « irsuto ». 3
Che proprio il Milman fosse l’autore dell’articolo fu confermato, ottant’anni più
tardi, dal iglio Arthur che, redigendo la biograia del padre, riconobbe l’articolo
Italian Tragedy come il primo scritto di una sua ininterrotta collaborazione più che
quarantennale con la « Quarterly Review » del Murray : 4
A few reminiscences of my father as scholar and poet have been given in the two previous
chapters ; his work as an historian will subsequently be approached. Before speaking,
however, of the History of the Jews, the irst in order of his historical works, it seems
advisable to make some mention of his connection with the Quarterly Review, to the pages
of which he was at one time a constant, at all times a valued contributor. A full list of these
contributions, embracing a wide variety of matter, would run to great length. The irst of
1
Ivi, p. 87.
Sul Milman, oltre alla voce dell’Oxford Dictionary of National Biography, si vedano almeno : A. Cunningham,
Biographical and critical history of the British literature of the last ifty years, Paris, Baudry, 1834, pp. 106 e 291293 ; The English Cyclopaedia. A New Dictionary of Universal Knowledge, conducted by C. Knight, Biography, iii,
London, Bradbury and Evans, 1856, pp. 250-251 ; S. A. Allibone, A critical dictionary of English literature and
British and American authors living and deceased from the earliest accounts to the latter half of the nineteenth century,
ii, Philadelphia, Lippincott, 1872, pp. 1290-1292 ; E.S. Creasy, Memoirs of eminent Etonians. A new Edition, with
Illustrations, London, Chatto and Windus, 1876, pp. 593-595 ; E. F. Hatfield, The poets of the church. A series of
biographical sketches of hymn-writers, with notes on their hymns, New York, Randolph, 1884, pp. 425-429.
3
U. Foscolo, Epistolario, viii, a cura di M. Scotti, Firenze, Le Monnier, 1974 (« Edizione Nazionale delle
Opere di Ugo Foscolo », 21), pp. 237-239, in particolare p. 239.
4
A. Milman, Henry Hart Milman D. D. Dean of St Paul’s. A Biographical Sketch, London, John Murray, 1900,
p. 75. La notazione di Arthur Milman va messa in relazione con quanto William Giford, direttore della rivista,
scriveva al Murray in una lettera erroneamente datata « June 1821 », dove si fa riferimento alle bozze fresche di
stampa dell’articolo : « Milman is now drying at my ire. I shall not read it till Friday… I will send a proof to
Reading » (cfr. H. Shine, H. Chadwick Shine, The Quarterly Review under Giford. Identiication of Contributors,
Chapel Hill, University of North Carolina Press, 1949, p. 71 ; si veda ora anche l’utile risorsa online Quarterly Review Archive, edited by J. Cutmore, xxiv, 47, October 1820, ospitata su Romantic Circles : beta. A refereed scholarly
Website devoted to the study of Romantic-period literature and culture, e consultabile all’indirizzo : http ://www.
rc.umd.edu/reference/qr/index/47.html).
2
64
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them, upon Italian Tragedy, appeared in the October number of the Review, 1820 ; the last,
an essay upon Pagan and Christian Sepulchres, more than forty years later, in July, 1865.
La notizia è confermata indirettamente da John Murray III, iglio del fondatore
della casa editrice. Quattro anni prima dell’uscita del volume di Arthur Milman, nel
luglio del 1896, il Murray aveva riferito a Richard Garnett, « keeper of printed books
of the British Museum », a sua volta consultato da Joel Foote Bingham, traduttore
della Francesca da Rimini, che non vi era motivo di dubitare che la versione inglese
degli squarci della tragedia del Pellico inseriti nell’articolo Italian Tragedy del 1820
fosse da attribuire al Milman, autore dello scritto : « The writer of the Article was
H. H. Milman (afterwards Dean of St. Paul), and I have no reason to believe that
the translations were not his own ». 1 La precisazione del Murray si inseriva in una
piccola querelle intorno alla paternità della prima (parziale) traduzione della Francesca da Rimini, sorta a causa di un’afermazione di Pellico – contenuta in una lettera
al padre del 21 gennaio 1821 e accolta nel Disegno Storico della Letteratura Italiana del
Fornaciari a partire dall’edizione del 1891, 2 e poi nel Manuale della Letteratura Italiana
di D’Ancona e Bacci (1892) 3 – secondo cui la traduzione dei passi della sua tragedia
sarebbe stata eseguita da Lord Byron. 4 Sulla vicenda, intricata, della versione della
Francesca ritorneremo più avanti. Per il momento, basti qui rilevare come l’eventualità di un traduttore diverso dal Milman, estensore dello scritto, apra uno spiraglio
alla possibilità che Italian Tragedy fosse, almeno in parte, il frutto di una collaborazione a più mani. Questa circostanza, messa in relazione con le testimonianze di
Cousin e di Manzoni, induce a riprendere in considerazione anche il nome di Foscolo per la questione dell’ideazione e stesura dell’articolo. Ad appena due anni di
distanza, l’iniziativa si sarebbe conigurata allora come una sorta di replica, solo un
po’ più complessa, dell’operazione – che tante polemiche aveva suscitato in Italia
tra i romantici, primo fra tutti il Di Breme – realizzata per l’Essay on the Present Literature of Italy, pubblicato a nome di Hobhouse in appendice alle Historical Illustrations del canto iv del Childe Harold di Byron. 5 La tentazione è forte, tanto più che,
chiudendo l’articolo, il Milman si rivolge direttamente a Foscolo, ormai da tempo
1
Francesca da Rimini. A Tragedy of Silvio Pellico Translated in English Verse with Critical Preface and Historical
Introduction by the Rev. J.F. Bingham, Cambridge (Mass.), Seaver, 1897, p. xxxv ; cfr. B. Corrigan, Pellico’s « Francesca da Rimini » : the First English Translation, « Italica », xxxi, 4, 1954, pp. 215-224, in particolare p. 215.
2
R. Fornaciari, Disegno Storico della Letteratura Italiana dall’origine ino a’ nostri tempi, Firenze, Sansoni,
18916, p. 325.
3
A. D’Ancona, O. Bacci, Manuale della Letteratura italiana, v, Firenze, Barbera, 18952, p. 345
4
B. Corrigan, Pellico’s « Francesca da Rimini », cit., p. 215. La lettera di Silvio Pellico si legge in S. Pellico,
Epistolario, Milano, Pagnoni, 1873, p. 14.
5
Sulla quale si vedano, oltre al classico studio di C. Calcaterra, La polemica Hobhouse-Di Breme e l’« Essay
on the Present Literature of Italy » del 1818, « Convivium », xviii, 3, 1950, pp. 321-332, l’introduzione di C. Foligno
a U. Foscolo, Sagi di letteratura italiana, Firenze, Le Monnier, 1958 (« Edizione Nazionale delle Opere », 11),
t. 1, pp. lxxix-lxxxix ; la nota introduttiva di F. Gavazzeni in U. Foscolo, Opere, ii, Milano-Napoli, Ricciardi,
1981, pp. 1397-1402 ; N. Havely, « This Infernal Essay » : English Context for Foscolo’s « Essay on the Present Literature
of Italy », in Immaginando l’Italia : itinerari letterari del Romanticismo inglese/Imagining Italy : Literary Itineraries in
British Romanticism, a cura di L.M. Crisafulli, Bologna, Clueb, 2002, pp. 233-250 ; Ead., « An infernal triangle » :
Foscolo, Hobhouse, Di Breme and the Italian context of the « Essay on the Present Literature of Italy », ivi, pp. 251-285 ;
A. Bruni, Foscolo, la misura del sagio, in Il sagio. Forme e funzioni di un genere letterario, a cura di G. Cantarutti,
L. Avellini, S. Albertazzi, Bologna, Il Mulino, 2007, pp. 69-91 (poi in Id., Belle vergini. « Le Grazie » tra Canova e
Foscolo, Bologna, il Mulino, 2009, pp. 115-136).
italian tragedy, 1820-1827
65
residente tra i suoi connazionali : « To Signor Foscolo, who is resident amongst us,
we may address ourselves more personally ». Lodato come squisito conoscitore della lingua e della cultura greche e latine, e come eccellente autore in lingua italiana,
Foscolo è invitato a lasciare alla posterità un’opera più grande dell’Ortis e della
Ricciarda, mentre la sua igura di esule è legata alle disilluse speranze di una riscossa nazionale italiana, al momento inimmaginabile ma, forse, possibile in futuro,
quando letterati e poeti saranno in grado di mettere il proprio genio al servizio
dell’innalzamento del livello culturale e morale del popolo italiano :
should a more fortunate period of her history unexpectedly arrive, if her poets, and men
of letters shall have consecrated their powers to her improvement and instruction ; if they
have not only adorned her by their fame, but enlightened her by their generous principle ;
if they have not only raised her standard of intellectual, but also of moral greatness. 1
La conoscenza diretta tra i due uomini di lettere è testimoniata, un anno e mezzo dopo la pubblicazione dell’articolo sulla « Quarterly Review », dalle lettere di
presentazione che Foscolo consegnò a Milman in occasione di un suo viaggio in
Italia nell’estate del 1822. 2 Milman, inoltre, avrebbe collaborato con Foscolo alla
seconda edizione degli Essays on Petrarch, pubblicata tra febbraio e marzo del 1823,
per la quale s’incaricò di alcune delle traduzioni inglesi poste in appendice al volume. 3 Il testo dell’articolo della « Quarterly Review », in ogni caso, rivela che Milman doveva essere in rapporti con Foscolo in dal 1820. Anzitutto, egli menziona
e discute l’Ajace. Pur apprezzandone alcuni versi (pronunciati dal personaggio di
Tecmessa), che sarebbero « more in the true character of Greek dramatic poetry,
than any perhaps with which we are acquainted in modem language », Milman
critica sia la scelta del soggetto classico, che nulla ha da dire al lettore incolto e che
costringe quello cólto a un confronto continuo con i precedenti, sia il fondamentale impianto allegorico (il personaggio di Agamennone adombrerebbe la igura
di Napoleone, quello di Aiace il generale Moreau), che impone allo spettatore « a
new distraction », perché lo chiama a interrogarsi sul possibile signiicato politico
di ogni passaggio dell’opera, piuttosto che sulla sua intrinseca bellezza. Rappre1
Italian Tragedy (1820), cit., p. 102.
Si vedano la lettera n. 2668 di Foscolo al Milman del 29 maggio 1822 e la lettera no 2700 del Milman a
Foscolo del 13 settembre 1822, che si leggono in U. Foscolo, Epistolario, ix, a cura di M. Scotti, Firenze, Le
Monnier, 1994 (« Edizione Nazionale delle Opere », 22), rispettivamente alle pp. 62-63 e 102. Risale probabilmente a questo periodo anche la lettera n. 2353 a Isabella Teotochi Albrizzi, pubblicata in U. Foscolo, Epistolario,
vii, a cura di M. Scotti, Firenze, Le Monnier (« Edizione Nazionale delle Opere », 20), 1970, pp. 476-477, con la
data congetturale 1818 ; nel presentare all’Albrizzi il Milman, infatti, Foscolo lo dice, oltre che « celebre poeta
di tragedie », anche « professore di Poesia nell’Università di Oxford », cattedra che lo scrittore inglese ottenne
solo nel 1821.
3
Nella lettera n. 2884, databile al 1823, Milman nota due errori di stampa nella sua traduzione : « Page 97 in
the last word of my translation round should be wound. I think also that there should be a comma at the end
of the third line, but it is not very material » (U. Foscolo, Epistolario, ix, cit., pp. 331-332). La collaborazione
tra Foscolo e Milman dovette iniziare almeno nella prima metà del 1822, visto che nella lettera del 29 maggio
1822, citata sopra, Foscolo parla della nuova edizione degli Essays come di un lavoro ancora da terminare, ma
in buono stato di avanzamento, tanto da essere prossimo alla pubblicazione e, dunque, all’invio al Milman
stesso : « Dear Milman – Hearing from your friend M.r Harness that you set of on Sunday next, I hasten to
send the letters which I delayed in the hope of adding to them the Essays on Petrarch. The edition, however,
goes on more slowly than I thought, and you shall have them on your return » (ivi, p. 62).
2
66
paolo borsa · christian del vento
sentato alla Scala di Milano nel dicembre 1811 e sùbito vietato dalla censura, 1 l’Ajace non era ancora stato dato alle stampe, 2 sicché, di là da quello che Milman poteva
leggere al riguardo nell’Essay on the Present Literature of Italy (« Two tragedies, the
Ricciarda and the Ajax, by the same author, were stopped by the government after
the irst representation. They excited a great curiosity from motives not altogether poetical. It was reported that Moreau was his Ajax, that Napoleon was to
igure in his Agamennon, and that his holiness the Pope would easily recognised
in Chalcas » 3), è probabile che lo scrittore inglese avesse letto l’inedita tragedia sul
manoscritto consegnatogli da Foscolo stesso. 4 Inoltre, come ha rilevato Stefano
Carrai, un altro indizio del fatto che i due scrittori si conoscessero all’altezza del
1820, e che il Milman avesse avuto la possibilità di concertare con Foscolo l’operazione dell’articolo Italian Tragedy, si ricava dalla conclusione della parte dedicata
al Carmagnola, in cui lo scrittore inglese si augurava che « in avvenire Manzoni
facesse dono ai suoi lettori di “splendide odi” anziché disgustarli con “difettose
tragedie” ». Ora, conclude Carrai, « poiché nessuna ode di Manzoni era allora a
stampa né ancora esistevano le due celebri che egli avrebbe scritto nella primavera
successiva, […] è ragionevole attribuire ad un suo [cioè del Foscolo] suggerimento
anche questo indiretto invito a scrivere odi anziché tragedie ». 5 Se l’espressione
« odes » non si riferisce impropriamente agli Inni sacri, infatti, i componimenti cui
allude l’autore dell’articolo sono verosimilmente le odi giovanili di Manzoni, che
Foscolo aveva visto nascere nei primi anni milanesi e che il più giovane poeta doveva avere in parte distrutto.
Insomma, l’ipotesi che Italian Tragedy sia il frutto di una collaborazione tra
Milman e Foscolo, sul modello dell’operazione a quattro mani compiuta con
l’Hobhouse per l’Essay on the Present Literature of Italy del ’18, parrebbe degna di
considerazione. La questione, però, è più complessa : se, infatti, la stroncatura del
Carmagnola rispecchia l’opinione sulla tragedia manzoniana che Foscolo avrebbe
espresso nelle pagine pubblicate postume dall’Orlandini con il titolo Della nuova
scuola drammatica, il giudizio entusiastico espresso dall’estensore dell’articolo sulla
Francesca da Rimini non sembra accordarsi con quello poco indulgente reso a suo
tempo da Foscolo al Pellico sulla tragedia, che egli lesse e annotò nella sua prima
redazione. 6 Sicché, se non altro per ragioni di prudenza, la parte di Foscolo nel1
Sulla vicenda si veda A. Manzi, Foscolo, la censura teatrale e il governo italico (con documenti inediti e rari tolti
dall’Archivio di Stato di Milano), « Rivista d’Italia », xv, 4, 1912, pp. 565-656, e xv, 5, 1912, pp. 764-822.
2
Sulle vicende editoriali dell’Ajace, che non fu mai pubblicato da Foscolo, si veda, oltre all’introduzione
di G. Bèzzola a U. Foscolo, Tragedie e poesie minori, cit., pp. xviii-xxxviii, e alla Scheda introduttiva di M. M.
Lombardi in U. Foscolo, Poesie e tragedie, cit., pp. 788-796, il classico studio di G.A. Martinetti, Sul testo delle
tragedie di Ugo Foscolo, « gsli », xii, nni 67-68, 1894, pp. 208-231, in particolare pp. 220-225.
3
U. Foscolo, Opere, ii, cit., pp. 1552-1553. L’articolo di Milman cita un passaggio dell’Essay relativo ad Alieri
e Monti : « While Alieri, in the words of Mr. Hobhouse, “was regarded as a wild irregular genius, scarcely
within the pale of literary civilization, Monti was the tragic writer of Italy, and was conidently hailed as the
successful candidate for an eminence as yet never occupied” » (Italian Tragedy [1820], cit., p. 83).
4
Come già osservò G. Gambarin, Ancora del Foscolo, cit., p. 78.
5
S. Carrai, Foscolo milanese tra Manzoni e Pellico, « gsli », clxxiv, 567, 1997, pp. 321-348, in particolare p. 336.
6
Ivi, pp. 343-345, con rimando a D. Chiattone, I due codici manoscritti della « Francesca da Rimini » di Silvio
Pellico, « Piccolo Archivio Storico dell’Antico Marchesato di Saluzzo », i, 1901, pp. 71-122, e U. Foscolo, Prose
Politiche e letterarie dal 1811 al 1816, a cura di Luigi Fassò, Firenze, Le Monnier, 1933 (« Edizione Nazionale delle
Opere di Ugo Foscolo », 8), p. 404.
italian tragedy, 1820-1827
67
la stesura di Italian Tragedy si conigurerebbe, almeno ai ini della tesi sostenuta
nell’articolo inglese, come meno preponderante che in quella dell’Essay. Inoltre, la
questione della paternità degli squarci di traduzione della Francesca da Rimini, a suo
tempo attribuiti a Lord Byron e, come mostrato da Beatrice Corrigan, probabilmente ascrivibili a Hobhouse o, tutt’al più, a una collaborazione tra questi e Lord
Byron (i due avevano iniziato a tradurre la tragedia insieme a Milano nel 1816), 1
induce ad allargare un poco lo sguardo al di là della coppia Milman-Foscolo. Proprio Hobhouse infatti, al principio del 1820, aveva chiesto a Foscolo materiali sulla
tragedia, che a quanto pare lo scrittore aveva promesso di trasmettergli :
Souvenez vous de la promesse que vous m’avez faite de me donner une page ou deux d’aperçus sur la tragédie. Cela me seroit de la dernière utilité à l’heure qu’il est – et il ne serait
que l’afaire d’une heure pour un homme tel que vous – pensez y je vous en prie. 2
L’interesse di Hobhouse per il tema, e la richiesta di assistenza al Foscolo, risalivano però all’anno precedente. In una lettera del 24 giugno 1819 il poeta prometteva
all’amico di fornirgli il suo aiuto, una volta che questi gli avesse comunicato le idee
di fondo della « dissertation à l’égard du Theatre Italien » che stava progettando, a
probabile corollario della traduzione inglese della Francesca da Rimini di Pellico :
Je serais bien aise de lire la Francesca de Arimino en Anglais ; et lorsque je saurai precisement
vos idées sur la dissertation à l’égard du Theatre Italien, je vous fournirai de tout mon cœur
tout ce qui est en mon pouvoir. L’on ne peut pas en dire grand chose ; – mais l’on trouvera
cependant assez de notices pour en faire un ecrit utile aux lecteurs qui cherchent la verité
des faits, et qui savent s’instruire par les consequences que l’on peut en tirer. – Il n’importe
pas trop que le[s] faits soient interessant ou non ; mais il suit qu’ils soient vrai, qu’ils soient
presentés avec genie et avec art ; – alors les lecteurs pourront y raisonner facilement et utilement, et appliquer la verité des petits faits à de grand principes. 3
Dopo il comune soggiorno milanese, Byron abbandonò presto il lavoro di traduzione della Francesca iniziato a quattro mani con Hobhouse. 4 Esso dovette limitarsi
a pochi giorni dopo aver fatto la conoscenza di Pellico a casa del Di Breme, il 17
ottobre 1816 : nel suo diario, Hobhouse annota, in data 22 ottobre, che « Byron and
I translated part of Francesca da Rimini » ; 5 mentre una nota inedita del suo diario,
in data 30 ottobre, recita : « Raining – inished Francesca da Rimini », con riferimento,
come si è supposto, 6 alla versione del solo primo atto, oppure al completamento di
una primo getto della traduzione dell’intera tragedia. A favore di questa seconda
1
B. Corrigan, Pellico’s Francesca da Rimini, cit., pp. 216-218. Sull’intricata questione si vedano ora anche : P.
Cochran, Byron and Hobby-O : Lord Byron’s relationship with John Cam Hobhouse, Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars, 2010, pp. 139-152 ; Id., Byron and Italy, Newcastle upon Tyne, Cambridge Scholars Publishing,
2012, pp. 71-79 ; e N. Havely, Francesca Frustrated. New Evidence about Hobhouse’s and Byron’s Translation of Pellico’s Francesca da Rimini, « Romanticism », I, 1, 1995, pp. 106-120.
2
Cfr. la lettera n. 2455 in U. Foscolo, Epistolario, viii, cit., p. 121.
3
Cfr. la lettera n. 2406, ivi, pp. 62-63 ; le trascrizioni delle lettere di Foscolo conservano gli errori e le imperfezioni ortograiche del suo ‘francioso’.
4
A. Lograsso, Byron traduttore del Pellico, « Lettere Italiane », xi, 2, 1959, pp. 234-249.
5
J. C. Hobhouse Broughton, Recollections of a Long Life, ii, London, J. Murray, 1909, p. 52.
6
B. Corrigan, The Byron-Hobhouse Translations of Pellico’s « Francesca », « Italica », xxxv, 4, 1958, pp. 235-241,
in particolare pp. 239-240.
68
paolo borsa · christian del vento
ipotesi si può allegare la testimonianza di Pietro Maroncelli : nell’introduzione alle
sue Annotazioni questi racconta che, ottenuto da Pellico il manoscritto dell’ancora
inedita Francesca da Rimini (poi pubblicata dal Di Breme insieme alla traduzione in
prosa che Pellico aveva fatto del Manfred di Byron), 1 lo scrittore inglese lo restituì
all’autore dopo due soli giorni afermando di aver tradotto l’opera in versi. 2 Come
che sia, in seguito Hobhouse proseguì da solo nell’impresa, con l’idea di pubblicare
la traduzione – accordi in tal senso furono presi sempre con il Murray, probabilmente tra 1820 e 1821 (« I shall have much pleasure in publishing your translation of
Francisca, either with or without the original, as a second consideration may lead
us to determine – and it may go to the printer as soon as you [… lacuna] please ») 3
– e farla precedere da un’introduzione sul teatro tragico italiano, per la quale aveva chiesto sia l’aiuto di Foscolo, come abbiamo visto, sia di Lord Byron, secondo
quanto testimoniano due lettere all’amico del 12 agosto e del 24 settembre 1821. 4
Tale introduzione era forse stata concepita con un ‘taglio’ comparatistico, alla luce
anche della recente o imminente pubblicazione, sempre per i tipi di Murray, delle
tragedie di Byron Marino Faliero, Sardanapalus, The Two Foscari e Cain, che l’autore
riconosceva fondate più sul modello della scuola italiana di Alieri, seguìta anche
da Foscolo e Pellico, che di quella inglese di Shakespeare e Johnson, per tornare
agli autori citati da Milman in Italian Tragedy. Proprio Byron infatti, rinunciando a
difendere il proprio sistema drammatico dalle critiche che gli erano state mosse, il
20 settembre 1821 scriveva al Murray che tale compito sarebbe stato svolto meglio
da Hobhouse nella prefazione a « Rimini ». Il titolo potrebbe fare riferimento sia alla
Francesca da Rimini del Pellico, sia a una tragedia sullo stesso soggetto che, al principio del 1821, Lord Byron aveva progettato di comporre, ma che, come il Tiberius,
non scrisse mai :
Hobhouse, in his preface to Rimini, will probably be better able to explain my dramatic
system than I could do, as he is well acquainted with the whole thing. It is more upon the
Alieri School than the English. 5
Purtroppo tra le carte di Hobhouse la traduzione della Francesca da Rimini non è
stata ritrovata. 6 Nel 1820, però, essa era quasi completata, come testimonia una let1
Manfredo. Poema drammatico di Lord Byron. Versione in prosa di Silvio Pellico, in Francesca da Rimini. Tragedia
di Silvio Pellico, Milano, Pirotta, 1818.
2
« Silvio aveva tradotto il Manfred di Byron ; – Byron, dimandato il manoscritto della Francesca (che solamente si recitava, e non era ancora stampata), lo ebbe ; e di là a due giorni, restituendolo, disse : “Non vi
spiaccia, se l’ho tradotta”. Tradusse in versi : “Voi pure avreste dovuto tradurre il Manfred in versi”. Ma Silvio
si oppose, credendo che (almeno in lingua come la nostra) non si passa far ciò senza tanto aggiungere e tanto
levare all’autore originale, da non restare più quello. Ludovico Breme fece poi nel 1819 una edizione in cui unì
la Francesca di Silvio e la su-accennata traduzione del Manfred di Byron » (Opere scelte di Silvio Pellico, cioè : Le
mie prigioni colle addizioni di Maroncelli, Dei doveri degli uomini, Tancreda, Rosilde, Eligi e Valafrido, Adello, Eugilde
dalla roccia, Parigi, Baudry, 1837, pp. xvii-xviii).
3
Si tratta di una lettera senza data del Murray a Hobhouse, che reca la sola indicazione « Friday ». La si legga
4
Ivi, p. 238.
in B. Corrigan, The Byron-Hobhouse Translations, cit., p. 236.
5
Cfr. E. R. Vincent, Byron, Hobhouse and Foscolo. New Documents in the History of Collaboration, Cambridge,
Cambridge University Press, 1949, pp. 105-106, e B. Corrigan, Pellico’s « Francesca da Rimini », cit., p. 221. Sulla
mai scritta Francesca da Rimini di Byron si veda Byron : A Self-Portrait. Letters and Diaries, 1798 to 1824. With Hitherto Unpublished Letters, ii, edited by P. Quennel, London, John Murray, 1950, p. 576.
6
P. Cochran, Byron and Hobby-O, cit., p. 141, suggerisce la possibilità che la traduzione della Francesca da
italian tragedy, 1820-1827
69
tera senza data di Murray a Hobhouse, con ogni probabilità precedente all’autunno. Nel domandare a Hobhouse di prestargli la sua copia della tragedia del Pellico,
Murray lo pregava di trasmettergli anche la sua versione inglese dell’opera (« which,
if I recollect rightly, you had nearly translated and proposed to bring on the stage »),
che avrebbe potuto essere molto utile nella stesura di un articolo « on Foscolo » che
era in fase di preparazione alla « Quarterly Review ». È degno di nota che Murray,
il quale scriveva abitualmente a Hobhouse usando la prima persona singolare I, in
questo passaggio utilizzi invece la prima persona plurale We, che sembra fare riferimento a una sorta di gruppo di lavoro, il quale, oltre che a discorrere dell’opera
di Foscolo, nello scritto avrebbe voluto dare « some notice » anche della Francesca
di Pellico, con l’aggiunta di qualche squarcio della traduzione inglese che Murray
chiedeva a Hobhouse di poter citare. 1 Il progetto cui Murray fa riferimento è da
identiicare, senza ragionevoli dubbi, nella prima fase dell’operazione che avrebbe
portato alla pubblicazione dell’articolo Italian Tragedy, steso poi dal Milman ; un
progetto, dunque, che nacque come un articolo su Foscolo – che proprio per i tipi
di Murray, come si è ricordato, aveva appena pubblicato, o era in procinto di pubblicare, la Ricciarda – e dietro cui Hobhouse intravedeva la partecipazione di Foscolo
stesso (« You are exceedingly welcome to use of the original and of the translation
too if you or Mr Foscolo can turn it to any account »). 2 Nella risposta al Murray,
Hobhouse non solo prometteva di inviargli al più presto sia la tragedia di Pellico sia
la sua traduzione, che gli concedeva di utilizzare, ma parlava anche del progetto di
stendere « a short account of Silvio Pellico » e, soprattutto, di tradurre la Ricciarda
(« I have some notion of translating the Ricciarda »). Queste ultime parole inducono
a congetturare, diversamente da quanto pensava Mary Graham, che fossero sue
anche le traduzioni dei brani della tragedia foscoliana incluse in Italian Tragedy. 3
Non vi sono prove che Hobhouse abbia veramente consegnato al Murray la sua
traduzione ; come ha chiarito Beatrice Corrigan tuttavia, allo stato attuale delle
nostre conoscenze, considerare opera di Hobhouse gli stralci di versione della Francesca pubblicati sulla « Quarterly Review » rappresenta l’opzione più verosimile ed
economica. Che questi abbia accettato di collaborare con Murray e Milman, infatti,
non stupisce : tutti e tre facevano parte della stessa cerchia di letterati e intellettuali,
legati dai medesimi interessi e da una consuetudine di rapporti. 4
Quanto a Foscolo, che Hobhouse mostrava di considerare parte attiva nel progetto del Murray di un articolo su di lui, il suo ruolo di ‘consulente’ va dato ormai
Rimini di Hobhouse sia stata pubblicata a Dublino nel 1851 per i tipi di James McGlashan, sotto le iniziali « J.
G. V. P. ».
1
Si tratta di una lettera senza data, con la sola indicazione del giorno della settimana : « Thursday ». La si
legge in B. Corrigan, The Byron-Hobhouse Translations, cit., pp. 235-236.
2
3
La risposta, senza data, dell’Hobhouse, si legge ivi, p. 236.
Ibidem.
4
Come lo stesso Hobhouse annota nel suo diario in data 28 aprile 1818, in occasione dell’uscita del Childe
Harold, per cui il futuro Lord Broughton stava preparando Notes e Illustrations, alla cena organizzata da John
Murray di Albemarle Street era presente, tra i molti scrittori e poeti, proprio Henry Milman, autore del Fazio :
« April 28. – Childe Harold published to-day. God knows what will be the fate of Notes and Illustrations. I have
worked like a horse, and perhaps like an ass, at them. Dine with John Murray, of Albemarle Street, to usher in
the birth – poets Moore, Shiel of the Apostate ; Milman, of Fazio ; Dr. Black, of Tasso ; Ellis, of China, and several
others. Mrs. Murray was at the head of the table ; we had a most singular evening » (Hobhouse Broughton,
Recollections, ii, cit., p. 97 ; e cfr. Corrigan, Pellico’s Francesca da Rimini, cit., pp. 218-219).
70
paolo borsa · christian del vento
per assodato : è certo che esso dovette concretarsi in una serie di suggerimenti e
in una partecipazione al comune dibattito sul tema del saggio, oltre che nella segnalazione e nella trasmissione di materiali, tra cui spiccano, a conferma della sua
collaborazione, i riferimenti a testi inediti come il suo Ajace e le odi giovanili di
Manzoni. Allo stesso modo in cui richiese a Hobhouse la tragedia di Pellico e il
manoscritto della sua versione, è probabile che Murray richiedesse a Foscolo il manoscritto dell’Ajace. Né si può dubitare del fatto che, predisponendosi a pubblicare
la Ricciarda, Murray e i suoi sodali si intrattenessero a discutere col Foscolo del
teatro tragico, tanto più che dall’Italia arrivavano notizie sia della pubblicazione
del Carmagnola manzoniano, tragedia italiana vicina alle « tramontane notions of
dramatic liberty », 1 sia di un forte interesse di Lord Byron – alle prese, nella prima
parte dell’estate, con il Marino Faliero – per il genere drammatico, secondo un gusto
classicista che guardava (salvo che per la scelta dei soggetti) alla « Alieri School ». 2
Come abbiamo già osservato, tuttavia, alcune opinioni contenute nell’articolo,
in parte discordanti da quelle di Foscolo, tendono a fare escludere una sua più ampia collaborazione : la critica mossa all’Ajace, lo stesso invito a lui rivolto a scrivere
un’opera che s’innalzi al di sopra dell’Ortis e della Ricciarda, l’elogio della Francesca
da Rimini di Pellico, cui sembrerebbe attribuita la palma della migliore tragedia
italiana contemporanea, suggeriscono di scartare l’ipotesi, pure afascinante, che,
come avvenuto due anni prima per l’Essay on Present Literature of Italy, lo scrittore
italiano potesse avere agito quale ‘autore-ombra’ del contributo. È molto probabile, infatti, che le polemiche e le tensioni provocate dall’Essay nel 1818 lo avessero
persuaso a non riproporre un’operazione simile, diicile ormai da mascherare ai
lettori italiani ; inoltre, l’avere a suo tempo bollato la disputa tra classici e romantici,
sempre nell’Essay, come « an idle inquiry » dovette forse essere motivo suiciente
per non entrare direttamente nella polemica.
3. Si può dunque afermare che verosimilmente l’articolo Italian Tragedy, uscito sulla « Quarterly Review » nell’autunno del 1820, fu il frutto di un progetto collettivo
elaborato nella cerchia di John Murray (editore della rivista), di Byron e di Foscolo ;
che della sua stesura così come della maggior parte delle traduzioni estratte dalle
tragedie italiane esaminate – comprese quelle della Ricciarda foscoliana, secondo
la testimonianza di Mary Graham, corrispondente inglese del poeta italiano – si
incaricò il letterato e tragediografo Henry Hart Milman ; ma che le versioni della Francesca da Rimini di Pellico furono, con ogni probabilità, opera di John Cam
Hobhouse : fu infatti lo stesso Murray a chiedere a Hobhouse di poter vedere e
citare la sua traduzione, che questi aveva iniziato insieme a Lord Byron quattro
anni prima durante il comune soggiorno milanese. È possibile, anche se non si
può accertare, che il contributo di Hobhouse andasse oltre la sola traduzione della
Francesca, e includesse anche la traduzione di alcuni passi della Ricciarda (ma su
questo punto pare più prudente attenersi alla testimonianza di Mary Graham) e
taluni materiali sul Pellico, che egli aveva conosciuto a Milano a casa di Ludovico
Di Breme, insieme a Monti e a numerosi altri intellettuali italiani. In particolare,
1
Italian tragedy (1820), cit., p. 87.
2
Vincent, Byron, Hobhouse and Foscolo, cit., p. 106.
italian tragedy, 1820-1827
71
ci pare che si possa attribuire all’opinione di Hobhouse un passaggio dell’articolo
Italian Tragedy sul Pellico che precede di poco l’indirizzo a Foscolo su cui si chiude
lo scritto. L’estensore del saggio auspica, infatti, che Pellico possa pubblicare presto
una nuova opera, che di certo uno tra gli scrittori inglesi sarà felice di tradurre, così
come l’autore italiano si era impegnato a tradurre il Manfred di Lord Byron, appena
pubblicato dal Murray, e a farlo conoscere al pubblico italiano. La traduzione, allegata alla Francesca da Rimini nella prima edizione della tragedia (apparsa, come si
è visto, a Milano per i tipi di Pirotta nel 1818, per cura del Di Breme), 1 era in prosa,
mentre secondo l’autore dell’articolo meglio avrebbe fatto Pellico a renderla in
versi :
We hope that he will soon allow us to make known to our readers some new production, to
which we trust that some of our writers will repay the high compliment of translating it, in
return for Signor Pellico’s endeavour to make his countrymen acquainted with the Manfred
of Lord Byron ; a translation of which in prose (it should have been in verse) is appended
to the Francesca da Rimini. 2
Come già notava la Lograsso, 3 l’afermazione è sorprendentemente simile a
quanto Byron, secondo il racconto del Maroncelli, ebbe già modo di dire a Pellico a Milano nel 1816, restituendogli il manoscritto della Francesca da Rimini che
lui e Hobhouse avevano tradotto : « “Non vi spiaccia, se l’ho tradotta”. Tradusse
in versi : “Voi pure avreste dovuto tradurre il Manfred in versi” ». 4 Anche se l’affermazione del saggio non risaliva direttamente a Hobhouse, essa certo rispecchiava il pensiero suo e di Byron, a riprova dei dibattiti sul teatro tragico e sulla
traduzione (altro tema caro a Foscolo) che dovettero precedere la pubblicazione
dell’articolo Italian Tragedy. 5 Analogo discorso vale per l’invito rivolto a Foscolo
ad aidare la propria fama futura a un’opera più grande dell’Ortis o della Ricciarda, che trova perfetta rispondenza in un passaggio di una lettera di Byron a
Murray del 6 aprile 1819 :
Why does he not do something more than the Letters of Ortis and a tragedy and pamphlets ? He has good ifteen years more at his command than I have : what has he done all
that time ? – proved his genius, doubtless, but not ixed its fame, nor done his utmost. 6
Quanto a Foscolo, se l’esperienza dell’Essay lo dissuase dal riproporre l’espediente
dell’‘autore ombra’, è verosimile che, anche per ragioni di difesa e accrescimento
del proprio prestigio in Gran Bretagna, nel 1820 si facesse motore del dibattito inglese sul teatro tragico, come reazione al clamore suscitato, non ultimo per lo zelo
1
Il Manfred era stato pubblicato dal Murray l’anno precedente : G. Gordon Byron, Manfred, a dramatic
2
Italian tragedy (1820), cit., p. 101.
poem, London, John Murray, 1817.
3
4
Lograsso, Byron traduttore, cit., pp. 234-235.
Cfr. nota 2, p. 68.
5
Cfr. Lograsso, Byron traduttore, cit., p. 245 : « E questa opinione coincide esattamente con quella di Byron
così come è riferita dal Maroncelli nelle Addizioni : non vi è dubbio quindi che l’articolo riletta qua e là le
opinioni di Byron e quelle di Hobhouse ».
6
Il passo, che si legge in Letters and Journals of Lord Byron, with Notices of his Life, ii, by T. Moore, A. and
W. Galignani, Paris, 1830, p. 296, è citato da S. Parmegiani, Ugo Foscolo and English culture, Legenda, London,
2011, p. 122. Nell’articolo Italian Tragedy (1820), cit., p. 101, si legge : « to him we would say, that the name of
Foscolo should be known to posterity as something greater than that of the author of Ortis’s Letters, or even
of Ricciarda ».
72
paolo borsa · christian del vento
dei romantici italiani, dalla pubblicazione del Carmagnola del Manzoni e dai contenuti della sua Prefazione. Ritorniamo, perciò, al contesto di quell’anno. 1
4. Il Carmagnola fu pubblicato nel gennaio del 1820. Mentre a Milano tre severissimi
articoli di Francesco Pezzi (apparsi sulla « Gazzetta di Milano » del 14, 16 e 19 gennaio) suscitavano « un’alzata di scudi fra gli amici e ammiratori del Manzoni », 2 due
diversi amici facevano recapitare al Foscolo una copia della tragedia. In una lettera
del 19 gennaio spedita tramite il Castiglia, Sigismondo Trechi scrive a Foscolo che
« la morte del Conte di Carmagnola del nostro comune amico Alessandro Manzoni », tragedia romantica (« ma non te ne spaventare » !), è opera in cui « vi è dentro
del buono assai » ; gli parla degli attacchi del Pezzi dalle colonne della « Gazzetta di
Milano », lo prega di comunicargli il suo parere sull’opera e, in particolare, sul suo
stile, e lo esorta garbatamente a essere indulgente con i romantici italiani,
poiché l’indipendenza letteraria ch’essi proclamano è frequentemente appoggiata sopra
argomenti che si possono applicare facilmente alla politica. – Questo è il loro scopo, e per
questo il Governo li perseguita colle minacce, e col ridicolo. – Quasi tutti i tuoi amici sono
Romantici, alcuni pochi per vero sentimento letterario, e gli altri per sentimento politico. 3
Pochi giorni dopo (26 gennaio) anche l’abate Giuseppe Bottelli invia a Foscolo un
esemplare del Carmagnola ainché lo recapiti a « Madame Cosroe », sempre a nome
del Castiglia, e gli chiede di prendere pubblicamente posizione in favore dell’opera,
al ine di « rintuzzare il venale Pezzi compressore d’ogni idea liberale quantunque
purissima, e li emuli che il lodano tremando, e i mediocri che sepolti ne’ loro pantani vorrebbero mandare la loro nebbia sopra questo lucidissimo autore ». 4
Nel frattempo la tragedia era stata inviata anche in Germania e in Francia : Gaetano Cattaneo la recapita a Goethe, il quale, dopo averla già citata in dal 1818 come
lavoro in corso nel primo articolo dedicato a Manzoni, 5 come si è visto, ne avrebbe
dato presto un giudizio molto favorevole sempre nelle pagine dell’« Über Kunst
und Altertum » ; mentre il Fauriel la trasmette a Ermes Visconti (18 gennaio), con la
preghiera che il dedicatario dell’opera si adoperi ainché il Carmagnola sia recensito
su qualche periodico parigino, ad esempio la « Revue Encyclopédique ». 6
Le reazioni non tardarono. Recensita nel Proemio al quinto anno della Biblioteca Italiana insieme all’Andrea Poncarale di Brescia del Gambara, al Leonida del Mangili, al
1
Molto utili a questo proposito sono i contributi di M. Carlson, Nationalism and the Romantic Drama in
Europe e, soprattutto, Id., The Italian Romantic Drama in Its European Context, in Romantic Drama, edited by G.
Gillespie, Amsterdam-Philadelphia, Benjamins, 1994, pp. 139-52 e 233-47.
2
Gambarin, Ancora del Foscolo, cit., p. 72. Al ruolo del Pezzi nello scontro tra classici e romantici, che culminò nella polemica intorno al Carmagnola, dedica un capitolo della sua recente monograia C. Chiancone,
Francesco Pezzi. Un giornalista veneziano nella Milano di Stendhal, Verona, QuiEdit, 2014, pp. 105-130.
3
Si veda la lettera n. 2457, in U. Foscolo, Epistolario, viii, cit., p. 124.
4
Si veda la lettera n. 2458, ivi, pp. 126-127.
5
W. Goethe, Classiker und Romantiker in Italien, sich heftig bekämpfend, « Über Kunst und Altertum », ii, 2,
1820, pp. 133-143. L’articolo di Goethe era debitore proprio della relazione Bericht über Mailänder Literatur- und
Kunstangelegenheiten, che lo stesso Cattaneo aveva indirizzato al Granduca Carlo Augusto di Sassonia-WeimerEisenach. Per l’impiego da parte di Goethe della relazione di Cattaneo cfr. E. Koppen, Tra Cattaneo e Stendhal,
cit., pp. 20-31.
6
Lettere di Alessandro Manzoni pubblicate da Angelo De Gubernatis, Milano, Carrara, 1881, pp. 147-148.
italian tragedy, 1820-1827
73
Mileto del Marchisio, ai due Bibli, del Quaquarelli e del Gasparinetti, all’Ippolito e
all’Iigenia in Aulide del duca di Ventignano, al Teramene, all’Agave e alle Belidi del Ruffa, la tragedia fu deinita opera « che non manca di grandi difetti », ma che « ha anche
molte bellezze ». 1 Nello stesso volume, la tragedia di Manzoni fu recensita assai più
negativamente di quanto lasciasse supporre il Proemio in un articolo tradizionalmente attribuito allo Scalvini. 2 Descritto come un « tessuto di versi buoni e cattivi », 3 e
forse tacciabile di « trivialità ne’ suoi dialoghi » (l’analisi della « dicitura » e dello « stile
tragico » di Manzoni è però rimandata a un futuro articolo), 4 il Carmagnola, che programmaticamente non rispetta le unità di tempo e di luogo, secondo il critico non
rispetterebbe nemmeno l’unità d’azione. Nell’opera si troverebbero « episodj ed atti
intieri che si possono omettere non solamente senza frastornare l’andamento, ma
forse guadagnando in rapidità ed efetto ». 5 L’estensore critica anche il « carattere ineguale ed avvilito di Marco » 6 e, soprattutto, contesta a Manzoni di non essere stato
capace di ispirare nei lettori un interesse se non « debolissimo » per il protagonista. La
‘storia’ avrebbe nell’opera – che potrebbe addirittura meritare il titolo di « biograia
degli ultimi otto armi del Carmagnola » 7 – un ruolo soverchiante nei confronti delle
ragioni dell’arte, a tutto discapito del ‘tragico’ :
Ci fa qualche sorpresa ch’egli sembri ignorare ciò stesso che i romanticisti ammettono per
canone tragico, cioè che non bisogna trascurare l’azione, e che essa non consiste nella esposizione benché energica di una serie di fatti, ma bensì nel contrasto, nella lotta delle passioni
dell’eroe che si presenta ; nel porlo sotto gli occhi del pubblico strascinato in gravi sventure
da una lieve colpa, e dalle sventure fatto più grande e più sublime. Questo contrasto, questa
lotta non parve necessaria al nostro autore. Tutto corre da sé e con un andamento afatto
storico nella sua tragedia. 8
Critiche all’abbandono delle unità di tempo, luogo e azione e alla confusione dei
due distinti ruoli di storico e di poeta espresse anche Victor Chauvet in un articolo,
per altro sostanzialmente elogiativo, apparso sul numero di maggio del 1820 del
« Lycée français », 9 cui Manzoni avrebbe più tardi replicato con la celebre Lettre à M.
C*** sur l’unité de temps et de lieu dans la tragédie, pubblicata dal Fauriel a Parigi nel
1823 insieme alla traduzione delle sue tragedie, dell’articolo di Goethe e del Dialogo
sulle unità drammatiche del Visconti. 10
1
Proemio al quinto anno della Biblioteca Italiana ed Epitome dei lavori contenuti nel quarto anno. Colla indicazione
di ciò che nel 1819 si è fatto in Italia intorno alle lettere, alle scienze ed alle arti, « Biblioteca Italiana o sia Giornale di
Letteratura Scienze ed Arte compilato da varj letterati », v, 17, gennaio-marzo 1820, pp. 46-47 e nota.
2
Il conte di Carmagnola, tragedia di Alessandro Manzoni, ivi, pp. 232-244. Cfr. [G. Scalvini], Foscolo, Manzoni,
Goethe. Scritti editi e inediti, Torino, Einaudi, 1948, pp. 195-205. Sulla paternità dell’articolo, attribuito allo Scalvini sulla scorta di G. Zuccoli, Giovita Scalvini e la sua critica, Brescia, Apollonio, 1902, cap. ii, passim, ma a
cui lavorarono forse anche Giuseppe Acerbi e Giovanni Battista Sardagna, si vedano oltre ai contributi di R.
Zanasi, Giovita Scalvini e il romanticismo europeo, « gsli », 139, 1962, pp. 1-48, e di M. Beller, Giovita Scalvini fra
Manzoni e Schiller, in Goethe e Manzoni, cit., pp. 97-109, in particolare le pp. 99-100, soprattutto il volume di F.
Danelon, « Note » di Giovita Scalvini su I promessi sposi, Firenze, La nuova Italia, 1986, pp. 5-6 nota.
3
4
Il conte di Carmagnola, tragedia, cit., p. 237.
Ivi, p. 244.
5
6
Ivi, p. 238.
Ivi, p. 242.
7
8
Ivi, p. 243.
Ivi, p. 242.
9
J. J. V. Chauvet, Le Comte de Carmagnole, tragédie, par M. Alexandre Manzoni, « Lycée Français, ou Mélanges
de Littérature et de critique », iv, 1820, pp. 61-76.
10
A. Manzoni, Le comte de Carmagnola et Adelghis. Traduites de l’italien par M. C. Fauriel. Suivies d’un article de
Goethe et de divers morceaux sur la théorie de l’art dramatique, Paris, Bossange, 1823.
74
paolo borsa · christian del vento
Una recensione del Carmagnola, meno positiva di quanto probabilmente auspicasse il Visconti della lettera al Fauriel, uscì anche sulla « Revue Encyclopédique »
del 18 giugno 1820, a irma di Francesco Saverio Sali. 1 L’articolo appare più equilibrato rispetto alle critiche apparse sulla « Biblioteca Italiana », cui Sali allude in
forma leggermente polemica :
Ceux qui cherchent des rapports nécessaires entre les épisodes et les événemens dramatiques, reconnaîtront bientôt que quelques-uns de ceux qu’a employés M. M[anzoni] ne
dépendent pas nécessairement les uns des autres. On peut, en efet, regarder comme tel
l’épisode de Marco […], et la discussion des généraux du duc de Milan ; mais, pourquoi
relever et exagérer ces prétendus défauts, s’ils trouvent leur raison dans le système adopté
par l’auteur ? Il vaudrait donc mieux analyser ses principes, et discuter plutôt les défauts de
sa théorie, que ceux de sa pièce. 2
Sali non è favorevole né ai princìpi teorici enunciati da Manzoni nella prefazione,
né al sistema drammatico romantico e, a eccezione di Shakespeare e Schiller (lodati
anche nella recensione della « Biblioteca Italiana »), il critico ritiene che la nuova
scuola non abbia ancora fornito risultati tali da persuadere a un deinitivo distacco
dai modelli della tradizione. Perciò, adottando la poetica della « nouvelle école »,
Manzoni era incorso in « imperfections » che, più che a lui medesimo, erano da
imputare al « genre » romantico. 3 Sali auspicava pertanto, alla ine della recensione,
che Manzoni potesse presto tornare a cimentarsi « dans le genre classique », di cui
aveva già fornito in passato valide prove (il riferimento a opere precedenti dell’autore troverà un parallelo, come si sarà notato, in Italian Tragedy). 4 Il maggiore difetto
imputato da Sali a Manzoni consiste – come già per l’estensore della « Biblioteca
Italiana » e per lo Chauvet – nell’aver sacriicato le ragioni della poesia, o meglio del
tragico, al rispetto della verità storica. Sali, tuttavia, elogia la « morale patriotique »
dell’autore e il « bon esprit du poëte national », 5 e anticipando la critica dell’articolo
Italian Tragedy, che sarebbe apparsa qualche mese più tardi sulla londinese « Quarterly Review », tributa grandi lodi al coro del secondo atto, giungendo ad afermare
che l’intera tragedia di Manzoni sembra scritta in sua funzione : « S’il était vrai,
comme on l’a dit, que le célèbre dithyrambe du Redi eût été fait pour ses notes ; ne
pourrait-on pas dire de même de la tragédie de M. Manzoni, qu’elle semble avoir
été faite pour son choeur ? ». 6
Mentre in Germania Goethe si apprestava a pubblicare su « Über Kunst und
Altertum » il suo elogio del Carmagnola, in Inghilterra la « Quarterly Review » fu
di poco preceduta, nel dare notizia della tragedia manzoniana, dal « London
Magazine ». Nei fascicoli di settembre e di novembre la rivista ospitò due articoli
adespoti (poco frequentati dalla critica, se vediamo bene) dedicati al Carmagnola, il
primo dei quali, dal titolo On Italian Tragedy, 7 si presenta come saggio introduttivo
1
F. S. Salfi, Il Conte di Carmagnola, tragedia di Alessandro Manzoni ; Le Comte de Carmagnole, tragédie ; par M.
2
Ivi, p. 347.
Alexandre Manzoni, « Revue Encyclopédique », vi, 1820, pp. 344-350.
3
4
Ivi, pp. 347-348.
Ivi, p. 350.
5
6
Ivi, p. 348.
Ivi, pp. 349-350.
7
On Italian Tragedy : Introductory to Remarks on Il Conto [sic] di Carmagnola, (The Count of Carmagnola,) A
Tragedy, by Alexander Manzoni, « The London Magazine », ii, 9, 1820, pp. 284-291.
italian tragedy, 1820-1827
75
alla vera e propria recensione, costituita dal secondo. Si tratta di due contributi
di notevole interesse, perché sono portavoce di un punto di vista assai prossimo
a quello del gruppo dei romantici italiani del « Conciliatore ». Il primo articolo si
apre con una rapida disamina della tradizione tragica italiana prima di Alieri, della
quale, a eccezione della Merope del Mafei, si denuncia la sostanziale inconsistenza,
a fronte della grande tradizione inglese che faceva capo a Shakespeare e di quella
francese guidata da Corneille e Racine :
1
Before the time of Alieri, Italy, critically speaking, cannot be said to have possessed any
tragedies […]. We repeat, therefore, without fear of being justly blamed for rashness or illiberality, that, before the time of Alieri, the Italians possessed no tragedies – although many
of their obscure poets often made miserable attempts, and tottered in the path of tragedy. 2
Le ragioni della « poverty of the Italian tragedy » sono senz’altro identiicate nelle
misere condizioni politiche e morali della penisola prima della Rivoluzione francese. 3 Oltre che per il ‘caposcuola’ Alieri, l’autore ha parole di moderato elogio solo
per gli « illustrious names » di Foscolo, Monti e pochi altri « of more recent fame »,
cui però imputa di non avere avuto il coraggio di introdurre novità nel sistema
tragico, per timore forse dei governi che controllano anche le semplici opinioni
letterarie, e dei critici pedanti pronti a denunciare alle autorità ogni « literary innovation » come fosse una « political rebellion ». 4 La palma del teatro tragico contemporaneo italiano è, dunque, assegnata al Manzoni, che con il Conte di Carmagnola
ha saputo liberarsi dalle unità di tempo e di luogo (giudicate « hurtful to the full
exercise of the dramatic art ») e, in grazia dei « beneits of the new literary liberty »,
si è elevato al livello della grande tradizione drammatica inglese e della recente
produzione tedesca di Goethe e Schiller. 5
Oltre che come elogio della tragedia manzoniana, di cui sono citati diversi squarci, il secondo articolo del « London Magazine » sembra presentarsi come la confutazione delle critiche al Carmagnola apparse all’inizio del 1820 sulla « Biblioteca Italiana » e sulla « Revue Encyclopédique ». L’autore della rivista inglese esalta la capacità
di Manzoni di combinare la fedeltà storica all’immaginazione poetica e la sua abilità nel costruire una struttura drammatica coesa, in cui tutte le parti concorrono a
produrre « a true unity of action ». Nella tragedia, si osserva, non vi è nessuna scena
che possa essere considerata « useless or weak », ovvero slegata dalle altre : « All are
respectively striking and important for their own proper beauty ; and this beauty
consists principally in the vigorous expression of passion and of character ». 6 Secondo l’anonimo estensore, in soli 1870 versi Manzoni riesce ad armonizzare l’ampiezza di disegno e la libertà strutturale degli autori tedeschi con la concisione dei
tragici francesi e di Alieri. Costituiscono implicite repliche alle critiche precedenti
anche la sottolineatura dell’interesse suscitato dal personaggio del conte, la messa
in rilievo dell’importanza e del patetismo del personaggio e della vicenda di Marco
1
Il Conte di Carmagnola, an Italian Tragedy, by Alexander Manzoni. Milan, 1820, « The London Magazine », ii,
1820, no 11, pp. 499-509.
2
3
On Italian Tragedy, cit., pp. 284 e 285.
Ivi, p. 286.
4
5
Ivi, p. 288.
Ivi, pp. 288-289.
6
Il Conte di Carmagnola, cit., p. 499.
76
paolo borsa · christian del vento
e il risalto dato alla scena in cui compaiono la moglie e la iglia del Carmagnola (e il
presunto errore di non avere introdotto prima i due personaggi femminili si risolve
in un elogio del Manzoni : « it speaks well for a poet to be told, that his poem might
have been a little longer »). 1 Anche il recensore del « London Magazine » esalta il
coro del secondo atto i cui versi, riportati nell’originale italiano, sono deiniti, sulla
base dell’autorità dei migliori critici letterari della penisola, « the most admirable
lyrical compositions, that Italian poetry can boast of possessing, during the whole
course of the long literary honours of the country ». 2 Si tratta di un giudizio elativo
che anticipa e supera quello, più limitato, che sarebbe stato espresso di lì a poco
sulla « Quarterly Review », dove il coro è stimato « the most noble piece of Italian
lyric poetry which the present day has produced ». 3 La conclusione del saggio, nella
quale si ribadisce come l’opera di Manzoni possa competere con i grandi precedenti tedeschi e inglesi, è del tutto consonante con le idee poetiche di Madame de Staël
e della cerchia milanese dei romantici, con i quali si può legittimamente sospettare
che l’autore dell’articolo avesse dei contatti :
It will be a great advantage for Italian literature, if the poets of that country will proit by
the example thus set them, to quit for ever that monotony of poetical language and sentiment, which has descended by traditionary rules, and has been repeated now ad nauseam :
if they will learn from him to give new dignity to poetry by increasing the importance of
its elements, – frankly associating it with the natural ideas of the period, with the opinions
that form the moral and political wealth of Europe. 4
Pochi mesi più tardi, nell’aprile del 1821, lo stesso « London Magazine » dava notizia
dell’articolo di Goethe sulla tragedia manzoniana (Goethe, On Manzoni’s Tragedy of
Il Conte di Carmagnola). 5 Dopo aver sottolineato l’accordo tra l’opinione del letterato tedesco e le idee sostenute nei due precedenti contributi apparsi sulla rivista,
l’autore della segnalazione forniva un breve resoconto dell’articolo pubblicato su
« Über Kunst und Altertum ». La nota ofrì al suo estensore anche l’occasione per
ragguagliare i lettori del « London Magazine » sulla disputa italiana, anzi milanese,
tra « followers of the romantic, or English and German school » e aderenti alla « classical or critical School » (tra i quali, oltre a Manzoni, sull’esempio di Goethe l’autore
dell’articolo citava Giovanni Torti e Ermes Visconti) ; 6 e per presentare, sempre sulla scia di Goethe, la posizione di Vincenzo Monti, ardente sostenitore della poetica
classicista, le cui opere migliori, tuttavia, amici e ammiratori appartenenti alla fazione romantica giudicavano vicine al loro gusto. 7 Si trattava di una posizione dificile e al contempo sintomatica nel peculiare contesto letterario italiano, in cui la
1
2
Ivi, p. 507.
Ivi, p. 508.
4
Italian Tragedy (1820), cit., p. 87 (corsivo nostro).
Il Conte di Carmagnola, cit., p. 509.
5
Goethe, on Manzoni’s Tragedy of Il Conte di Carmagnola, « The London Magazine », iii, 4, 1821, pp. 423-426.
6
Le deinizioni di criticismo e, come in questo caso, scuola critica (« critical School »), al posto di classicismo e
scuola classica, dipendono probabilmente da un errore di stampa presente nell’articolo Classiker und Romantiker
in Italien di Goethe uscito su « Über Kunst und Altertum » nel 1820. Si veda Koppen, Tra Cattaneo e Stendhal,
cit., p. 17.
7
Ivi, p. 423 : « Monti combats zealously for the classical school ; but what is singular enough, his own friends
and admirers are of the romantic party, and contend that the best of his works are altogether romantic. This
has greatly chagrined Monti, who refuses to admit the justice of the praise which is thus forced on him ».
3
italian tragedy, 1820-1827
77
disputa tra classici e romantici, di là dalla isiologica transizione dalla generazione
napoleonica di Monti e Foscolo a quella risorgimentale di Manzoni, si rivelò davvero, sotto diversi aspetti, una « idle inquiry ».
L’articolo ‘byroniano’ e antimanzoniano della « Quarterly Review » apparve poche settimane dopo i due articoli ilo-romantici del « London Magazine », nel dicembre del 1820. Goethe non esitò a replicare : nel terzo articolo dedicato a Manzoni,
pubblicato nel 1821 sempre su « Über Kunst und Altertum », riportò per intero il
severissimo passaggio della recensione inglese relativo al Carmagnola e ne procurò
una serrata confutazione. 1
5. Alla luce del quadro che abbiamo tratteggiato l’episodio della pubblicazione
dell’inedita Ricciarda, nel maggio del 1820, assume nuovi signiicati. La decisione
di stampare rapidamente la tragedia per i tipi del Murray (e non, si badi, il classicistico, allegorico e parimenti inedito Ajace) fu presa, infatti, poche settimane dopo
la ‘campagna di stampa’ promossa in tutta Europa a favore o contro il Carmagnola e poco dopo aver veriicato il giudizio positivo dell’ambiente letterario inglese,
raccolto intorno a Lord Byron, per il soggetto ‘nazionale’ della Francesca da Rimini
del Pellico. Invece di prendere parte direttamente allo scontro tra classicisti e romantici sul rispetto delle unità aristoteliche, sul rapporto tra poesia e storia e sulla
scelta dei soggetti tragici, Foscolo decise di intervenire nel dibattito pubblicando
una propria tragedia composta e portata in scena nel 1813, che di per sé illustrava
un preciso piano letterario, elaborato molto tempo prima sia di Manzoni che di
Pellico. La Ricciarda si inseriva nella tradizione dell’« Alieri School », a partire dal
rispetto rigoroso delle unità aristoteliche. La scelta di un soggetto medievale italiano si avvaleva dei precedenti alieriani del Don Garzia, de La Congiura de’ Pazzi e,
soprattutto, della Rosmunda, la prima tragedia alieriana costruita rigorosamente
con soli quattro personaggi, le cui vicende dall’evidente risvolto ‘patriottico’ come nella Ricciarda, benché fossero basate su antecedenti storici reali, erano frutto
dell’invenzione dell’autore (e non sarà certo necessario tornare qui sull’importanza
che la Rosmunda ebbe anche nell’elaborazione dell’Adelchi). 2 Inoltre, Foscolo poteva
presentarsi come antesignano dell’opzione dantesca della Francesca da Rimini e del
‘gusto’ tanto della futura generazione romantica quanto, soprattutto, della cerchia
byroniana, mentre l’invenzione della vicenda (vagamente shakespeariana) di Guido e Ricciarda e dei loro padri Averardo e Guelfo – che, errando, l’autore di Italian
Tragedy credeva « founded on history » 3 – manifestava la netta predilezione dell’autore per le ragioni della poesia su quelle della storia. 4
1
W. Goethe, Il Conte di Carmagnola, « Über Kunst und Altertum », iii, 2, 1821, pp. 59-74.
Per un’analisi d’insieme della Rosmunda, si veda almeno la sintesi che ofre L. Melosi, Paragrai sulla
« Rosmunda », in Alieri tragico, a cura di R. Turchi, Firenze, Le Lettere, 2004 (« La Rassegna della Letteratura
3
Italian Tragedy (1820), cit. p. 101.
Italiana », cvii, 2), pp. 524-540.
4
In merito a questi temi, notevoli si rivelano le prime recensioni italiane alla Ricciarda che si leggono ora in
G. Nicoletti, Bibliograia foscoliana, con un’appendice di testi aferenti la prima ricezione delle opere (1809-1850) e una
postfazione : « Della varia fortuna del Foscolo, scirttore e personagio, nell’Italia preunitaria », ii, Firenze, Le Monnier,
2011 (« Edizione Nazionale delle Opere di Ugo Foscolo », Appendice), pp. 81 sgg. (da integrare con un paio di
altre segnalazioni ivi, i, pp. 96-97, n. xii.b.37 e n. xii.b.41). Sul « Giornale Arcadico di scienze, lettere ed arti » (t.
vii, luglio-agosto-settembre 1820) Pietro Odescalchi sottolinea come la vicenda della tragedia non corrisponda
2
78
paolo borsa · christian del vento
Quanto all’articolo Italian Tragedy, la preparazione e la stesura si ponevano al
crocevia degli interessi di numerosi personaggi. Innanzitutto, Henry Milman, già
importante autore drammatico del catalogo del Murray e futuro professore di poesia a Oxford, cui il progetto ofriva l’occasione per inaugurare una prestigiosa (e
probabilmente remunerativa) collaborazione con la « Quarterly Review », destinata
a proseguire per un quarantennio, e per mettere a frutto anche sul versante della
critica gli studi e le rilessioni fatti sul genere drammatico prima e dopo la stesura
del Fazio. 1 Poi, John Cam Hobhouse che, mettendo a disposizione la sua traduzione della tragedia di Pellico e i materiali di prima mano raccolti in Italia (tra cui
almeno l’edizione Pirotta della Francesca da Rimini curata dal Di Breme, contenente
anche il Manfredo), aveva l’opportunità di riprendere ed eventualmente portare a
termine l’impresa iniziata nel 1816 a Milano con Byron. I contatti col Murray per
alla verità storica, ma sia il frutto dell’invenzione del Foscolo, il quale contro l’esempio degli antichi avrebbe
quindi imbastito l’« azione tragica su di un fatto meramente ideale, e favoloso » ; il recensore accusa il poeta da
un lato di avere « sigurata […] l’istoria salernitana di quella età » e, dall’altro, di aver « creduto, così facendo,
di dare qualche nuovo canone romantico per terminare di gittare a terra tutte quelle leggi santissime, che
sole ponno destare interessamento negli ascoltatori » (Nicoletti, Bibliograia foscoliana, cit., ii, p. 81). Inoltre,
l’Odescalchi critica Foscolo sia per non aver rispettato l’unità d’azione, visto che « contro i precetti dell’arte
due sono le passioni che dominano in questa tragedia, l’amore, e la vendetta » (ivi, p. 86), sia per aver scelto di
rappresentare l’intera vicenda, che pure conserva l’unità di luogo, « nel bujo di un sotterraneo », alla maniera
dei romanzi di « que’ freddi e melanconici settentrionali » (ivi, p. 85). In una pressoché coeva recensione pubblicata sulla « Biblioteca Italiana » (a. v, t. xx, ottobre-dicembre 1820) anche Paride Zajotti contesta alla Ricciarda
una mancanza di verosimiglianza, dovuta alla volontà foscoliana di osservare « scrupolosamente e quasi con
superstizione » l’unità di luogo, insieme a quelle di azione e tempo (Nicoletti, Bibliograia foscoliana, cit., ii,
p. 94). Lo Zajotti osserva come « l’invenzione esser poteva più felice » : la « barbarie » della vicenda ordita da
Foscolo non produce una vera e propria catarsi ed eccede i limiti dei « nostri costumi », superando per atrocità
persino i fatti messi in scena dal poeta nel giovanile Tieste, già considerati « l’ultimo conine dell’umana ferocità » (ivi, p. 96). A proposito del soggetto della tragedia il recensore ricorda la reazione del pubblico bolognese
in occasione della rappresentazione teatrale della Ricciarda, avvenuta « sei o sette anni » prima e alla quale
egli stesso aveva assistito : « i primi tre atti furono applauditi con entusiasmo, nel quarto il pubblico parve
rafreddarsi, ed il quinto fu ascoltato con pena » (ibidem). Nelle pagine della « Biblioteca Italiana » si segnalano
anche due riferimenti al contesto inglese : da un lato lo Zajotti loda il Foscolo per aver saputo « nella patria di
Shakespeare insistere sulle vestigie di Sofocle », rispettando le unità aristoteliche di tempo, luogo e azione (ivi,
p. 94) ; dall’altro osserva come il carattere di Guelfo, il quale « né dà, né riceve perdono », appaia « modellato
interamente sul Corsaro, sul Giaurro e sugli altri eroi di Lord Byron » (ivi, p. 97), e come due passaggi della Ricciarda richiamino due frammenti rispettivamente della Lara e dell’Assedio di Corinto dello stesso poeta inglese
(ivi, pp. 97-98). Giudizio assai migliore sulla natura tragica della Ricciarda dà Gino Capponi in un intervento
dal titolo Del ine, e del sogetto della Tragedia in generale ; e della « Ricciarda » in particolare : tragedia di Ugo Foscolo,
apparso un anno più tardi sull’« Antologia » (a. i, t. iii, settembre 1821) ; secondo il Capponi, nella propria
opera « veramente pietosa, orribile ed elegantissima » Foscolo sarebbe riuscito a « eccitare la compassione e ’l
terrore », realizzando così il ine più alto della tragedia, che consiste nel « purgare il timore e la misericordia
per mezzo di queste perturbazioni medesime » (Nicoletti, Bibliograia foscoliana, cit., ii, nell’ordine pp. 106,
108 e 102). Fuori dall’Italia, la Ricciarda è recensita piuttosto duramente nel numero di agosto 1823 del « Journal
des savans » ; François-Just Marie Raynouard, autore dell’intervento, critica il « sujet » foscoliano sia per la presenza nella trama di situazioni equivoche « qui ne permettent pas au spectateur d’attacher leurs voeux et leurs
espérances au résultat d’événemens probables » (ivi, p. 110), sia perché i dettagli dell’azione non sarebbero in
grado di suscitare un autentico interesse drammatico.
1
Lograsso, Byron traduttore, cit., p. 240, nota come, « nonostante una inevitabile, reciproca antipatia tra il
futuro decano e il poeta romantico di Aroldo, provata abbondantemente nella corrispondenza sia dell’uno
che dell’altro, egli era, secondo Samuel Smiles, “dopo lord Byron, il principale scrittore drammatico le cui
opere fossero pubblicate da Mr. Murray” » ; si fa riferimento a S. Smiles, A Publisher and his Friends. Memoir and
Correspondence of the Late John Murray, with an account of the origin and progress of the house, 1768-1843, ii, London,
John Murray, 1891, p. 101.
italian tragedy, 1820-1827
79
Italian Tragedy gli permisero di riproporre il progetto, mai abbandonato, di pubblicare la traduzione della Francesca e di portarla in scena in Inghilterra, e di coltivare
il suo interesse critico per il genere drammatico, che intersecava e accompagnava
il contemporaneo impegno letterario dell’amico Byron (che, in Italia, tra il 1820 e il
1821 compose le citate tragedie Marino Faliero, Sardanapalus, The Two Foscari e Cain,
pubblicate a Londra dal Murray, e progettò le mai realizzate Francesca da Rimini e
Tiberius). Inoltre, per la « Quarterly Review », una tra le riviste più prestigiose d’Europa, la pubblicazione dell’articolo costituiva un intervento quasi obbligato su un
argomento di grande attualità, che aveva suscitato l’interesse dei circoli letterari
inglesi (oltre alle note di Hobhouse, si pensi alle osservazioni sul teatro tragico
contenute in Italy di Lady Morgan, pubblicate nel 1821 sulla base del diario tenuto in
occasione del soggiorno italiano degli anni 1819-20) 1 ed era, dunque, diicilmente
eludibile. Inine, Italian Tragedy permetteva al Murray di promuovere alcuni altri
progetti editoriali concomitanti della sua casa editrice : l’elogio del Foscolo avrebbe
potuto costituire un volano per la Ricciarda, uscita nel maggio, e per il libro su Parga, poi non pubblicato per motivi di cautela politica, ma annunciato in appendice
allo stesso fascicolo della rivista, tra le New Publications della sezione History (dove
compare col titolo « Narrative of Events Illustrating the Vicissitudes and the Cession of
Parga, supported by a Series af Authentic Documents. By Ugo Foscolo ») ; 2 l’elogio del
Pellico avrebbe incuriosito i lettori in vista di una possibile pubblicazione della versione inglese della tragedia realizzata da Hobhouse in collaborazione con Byron ;
in ultimo, la difesa dell’impianto drammatico delle tragedie di Foscolo e di Pellico
contro quello del Carmagnola si sarebbe tradotta in un’implicita promozione del
sistema tragico di Byron, l’autore che aveva fatto e faceva la fortuna del Murray e
che, sempre per i suoi tipi, avrebbe di lì a poco pubblicato le tragedie composte in
Italia, due delle quali proprio di soggetto italiano.
Quanto a Foscolo, il suo probabile contributo e la sua consulenza nell’ideazione
e nella stesura di Italian Tragedy gli permettevano di continuare a coltivare buoni
rapporti con la cerchia del Murray e, in generale, con gli ambienti letterari e politici
britannici (la Ricciarda era dedicata a John Russell, letterato e, soprattutto, leader
dell’ala riformista degli Whig, nonché iglio del Duca di Bedford, per cui Foscolo
scriverà, nel 1822, la Dissertation on an Ancient Hymn to the Graces), 3 che gli procuravano le prestigiose e ben remunerate collaborazioni letterarie da cui dipendeva la
sua sussistenza durante l’esilio inglese ; di promuovere la propria tragedia, fresca di
1
Si veda ad esempio, nel primo volume, il capitolo Lombardy : Lady S. Morgan, Italy, London, Henry
Colburn, i, 1921, pp. 159-183 ; esplicite menzioni dell’incarcerato Pellico, di Monti, Niccolini, Foscolo e Manzoni, oltre che dell’articolo Italian Tragedy, si leggono alle pp. 105-106.
2
L’annuncio si legge in New Publications. History, « The Quarterly Review », vol. xxvi, n. 47, October 1820,
p. 273.
3
Il prezioso volume Outline Engravings and Descriptions of the Woburn Abbey Marbles ([London], printed by
William Nicol, Shakspeare Press, Cleveland Row, St. James’s, 1822), contenente sia la Description del gruppo
delle Grazie di Canova ospitato a Woburn Abbey (che include un frammento di 90 versi dell’incompiuto carme foscoliano, presentato come traduzione italiana di un lacerto del poeta greco Fanocle), sia la Dissertation di
Foscolo, è stato ristampato in fac-simile nel 2012 a Firenze per i tipi di Polistampa, accompagnato dal tomo Le
grazie a Woburn Abbey, a cura di Arnaldo Bruni. Per la dedica a John Russell della Ricciarda si veda il saggio dello
stesso A. Bruni, In margine alle « Grazie » inglesi di Foscolo, ivi, pp. cxcv-ccxviii, in particolare p. cc e nota 14.
80
paolo borsa · christian del vento
stampa, presso il pubblico e presso i lettori di tutta Europa ; di difendere le proprie
idee letterarie di fronte alla nuova poetica manzoniana e al gusto della generazione
dei romantici italiani ; di difendere la sua posizione preminente nel panorama letterario italiano (rivendicata a buon diritto solo due anni prima nell’Essay on the Present
Literature of Italy) nei confronti della prepotente ascesa del Manzoni, appoggiato da
una rete di amicizie e relazioni nazionali e internazionali ormai superiore alla sua ;
di promuovere la propria persona e alimentare il ‘mito’ del suo personaggio (poeta,
erudito, esule italo-greco, patriota…), che tanto fascino aveva esercitato nell’Inghilterra italomane e iloellenica del tempo ed era ora in qualche modo ofuscato dai
fatti relativi alla vicenda di Parga. 1
Una simile operazione di discreta ‘consulenza’ Foscolo avrebbe compiuto probabilmente ancora l’anno seguente con Thomas Campbell, per un’altra importante
rivista di cui era divenuto collaboratore, il « New Monthly Magazine ». Il primo volume dell’annata, in cui furono pubblicati ben tre articoli di Foscolo (tutti, come
sempre, adespoti), ossia An account of the Revolution of Naples during 1798, 1799, Learned Ladies e On Hamlet, contiene anche i poco noti Remarks on the Life and Writings
of Ugo Foscolo. 2 Si tratta di uno scritto celebrativo della igura e dell’opera di Foscolo
(in particolare dell’Ortis londinese e della Ricciarda) che, partendo dalla constatazione di una naturale riluttanza del poeta – che l’autore mostra di conoscere personalmente – a parlare della propria vita, indulge nell’associarne il carattere e la storia
a quella del protagonista del suo romanzo epistolare, cui sono riconosciuti alcuni
tratti comuni all’Amleto di Shakespeare. L’articolo istituisce un esplicito paragone
con il Byron del Childe Harold : « in The Last Letters of Ortis, like Lord Byron in his
Harold, he had really depicted his own adventures in those of his hero ». 3 Anche in
questo caso la possibile collaborazione di Foscolo, più che al momento della stesu1
Parga, una città greca sotto protettorato inglese, fu ceduta ai Turchi in cambio del riconoscimento del
protettorato britannico sulle Isole Ionie. Foscolo, vicino politicamente a lord Holland, capo dell’opposizione
parlamentare Whig, prese parte alla battaglia politica internazionale consumatasi attorno all’episodio della
cessione e partecipò alla campagna politica dell’opposizione con un articolo per la celebre rivista liberale
« Edinburgh Review », On Parga (ottobre 1819). Lo scritto, in cui Foscolo accusava gli inglesi di avere ceduto
la città al pascià di Giannina dietro pagamento di una forte somma, ebbe larga eco in tutta Europa e suscitò
scalpore e polemiche. Contro Foscolo si scagliò nel luglio del 1820 proprio la rivista del Murray, vicina al partito
conservatore, e lo scrittore, deluso dalla posizione degli Whig, minacciato dal governo di vedersi applicato l’Alien
Bill, ovvero l’espulsione dal territorio inglese, e desideroso di non alienarsi il Murray, rinunciò a pubblicare
il libro che ancora annunciava come imminente nella primavera del 1820, Narrative of Events illustrating the
Fortunes and Cession of Parga. Gli scritti su Parga si leggono in U. Foscolo, Prose politiche ed apologetiche (18171827), i, Scritti sulle isole Ionie e su Parga, a cura di G. Gambarin, Firenze, Le Monnier, 1964 (« Edizione Nazionale
delle Opere di Ugo Foscolo », 13) ; nell’introduzione (pp. xxxv-lxxviii), il Gambarin ricostruisce anche le
vicende legate alla pubblicazione dei vari scritti su Parga. Si veda anche il vecchio articolo di B. Croce, Il libro
inglese del Foscolo sulla cessione di Parga alla Turchia, in Id., Varietà di storia letteraria e civile, s. ii, Bari, Laterza,
1949, pp. 186-203. Su Foscolo e Parga si vedano da ultimi P. Borsa, Guicciardini, Bolingbroke, Foscolo, in La « Storia
d’Italia » di Guicciardini e la sua fortuna, a cura di C. Berra e A. M. Cabrini, Milano, Cisalpino, 2012, pp. 481-512,
in particolare le pp. 491-494, e A. Colombo, Le « genti che l’Anglia vendé ». Diagnosi della crisi ionica tra Foscolo e
Mustoxidi, « gsli », cxci, 633, 2014, pp. 94-120.
2
Remarks on the Life and Writings of Ugo Foscolo, « The New Monthly Magazine and Literary Journal », i, 1821,
pp. 76-85. Nel volume II, in cui si addensano gli articoli e le odi di compianto per la sorte dell’Italia, si leggono
alcuni versi indirizzati a Ugo Foscolo, sui recenti avvenimenti del marzo 1821 (To Ugo Foscolo, « The New Monthly
Magazine and Literary Journal », ii, 1821, p. 453), prova dell’immenso prestigio di cui, in quei mesi, godeva
3
ancora Foscolo nei circoli letterari inglesi.
Ivi, p. 78.
italian tragedy, 1820-1827
81
ra dello scritto, può essere riconosciuta al livello delle conversazioni che stanno a
monte di esso, fossero o meno esplicitamente ‘preparatorie’ del saggio ; se, infatti,
Foscolo non ama difondersi su racconti o aneddoti autobiograici, l’autore dell’articolo evidenzia quanto generosa, intelligente e originale sia la sua « conversation »
allorché verta su « questions of general and disinterested import, connected with
politics or with letters ». 1
Seguendo l’esempio di scrittori come Samuel Rogers o dello stesso Byron, tra
il 1821 e il 1822 Foscolo cercò di accreditarsi sempre più presso gli ospiti inglesi
anche come critico ed erudito. Sullo scorcio del 1821, per interessamento di Gino
Capponi, pubblicò sull’« Antologia » la versione del III libro dell’Iliade ; poi lavorò
all’articolo sul digamma eolico, che uscì, nel luglio del 1822, sul numero di aprile
della « Quarterly Review » con il titolo History of the Aeolic Digamma. Nel frattempo
proseguì la propria collaborazione con il « New Monthly Magazine », inaugurando
una serie di articoli – che non proseguì oltre il 1822, per la rottura avvenuta con
il Colburn – dedicata agli Italian Poets : Michel Angelo, Frederick the Second and Pietro delle Vigne, Guido Cavalcanti, The Lyric Poetry of Tasso, l’inedito Sordello. Inine
intraprese, sempre per il Murray, il lavoro per la seconda edizione degli Essays on
Petrarch, che sarebbe stata pubblicata tra il febbraio e il marzo 1823 corredata, grazie
soprattutto alla collaborazione di Lady Barbarina Dacre, da un’appendice di diverse
traduzioni inglesi (alcune delle quali, come sappiamo, di mano del Milman).
Nella seconda metà del 1822, però, la situazione economico-inanziaria di Foscolo
rovinò deinitivamente ed egli fu costretto a emarginarsi progressivamente dai salotti
londinesi frequentati ino allora. L’anno successivo ruppe anche con il Murray, per
via della sostanziale bocciatura (attribuibile a William Giford) dell’articolo Classical
Tours, il primo (e ultimo, a eccezione della ‘costola’ The Women of Italy) da lui steso
direttamente in inglese. Mentre Foscolo, indebitato e debilitato, si eclissava dalla
società inglese e dalla scena letteraria europea, Pellico era rinchiuso allo Spielberg,
e Byron terminava nel 1824 i propri giorni in Grecia. Nel frattempo, Manzoni
aveva portato a termine e pubblicato a Milano l’Adelchi (1822), la disputa italiana
tra classici e romantici – come era prevedibile – si stava esaurendo e la polemica
sul genere drammatico, le unità aristoteliche e il rapporto tra storia e invenzione si
spostava, di fatto, nella Francia di Stendhal (che nel suo lungo soggiorno milanese
era stato a stretto contatto dei romantici italiani) e di Victor Hugo.
6. Con Foscolo e Byron fuori gioco, Manzoni e la sua poetica, supportati dall’ampio movimento romantico europeo, avevano ormai, per così dire, campo libero.
Come abbiamo visto, nel 1823 Claude Fauriel, che di lì a poco avrebbe pubblicato
i due celebri volumi dei Chants populaires de la Grèce moderne, traduceva in francese
il Carmagnola e l’Adelchi e li pubblicava a Parigi con un poderoso apparato critico a
supporto del dramma manzoniano, costituito da una sua analisi dell’Adelchi, dalla
traduzione dell’articolo di Goethe sul Carmagnola e del Dialogo sulle unità drammatiche di luogo e di tempo di Ermes Visconti, pubblicato a suo tempo sul « Conciliatore »,
e dalla Lettre à M. C*** dello stesso Manzoni. La « Revue Encyclopédique » segnalò
1
Ivi, p. 77.
82
paolo borsa · christian del vento
l’uscita del volume già nell’aprile del 1823, in una breve nota nella quale Manzoni
era deinito « l’un des premiers poètes lyriques de notre époque » e la sua Lettre
un testo che « les connaisseurs regardent […] comme ce qu’on a écrit de plus remarquable jusqu’ici sur le genre romantique, et sur la grande question des unités
dans la tragédie ». 1 Due anni dopo usciva a Firenze l’edizione Molini delle Tragedie,
contenente anche le Poesie varie (In morte di Carlo Imbonati e Urania), gli Inni sacri,
l’ode Il Cinque Magio e, in appendice, ancora l’Examen di Goethe (nella traduzione
francese), l’Analyse di Fauriel e la Lettre à M. C***. 2
Il volume ottenne eco immediata in tutta Europa. Sul numero dell’« Antologia »
dell’agosto 1825 apparve un lungo articolo elogiativo dell’opera e della poetica di
Manzoni, a irma « M. » (con ogni probabilità Giuseppe Montani). 3 Tra i vari argomenti afrontati, interessano qui specialmente lo spazio dato alla difesa del superamento delle due unità di luogo e di tempo, considerate spesso di ostacolo all’unità
che più conta, quella d’azione (« O io m’inganno, o a misura ch’essa andrà inoltrandosi nel vasto campo dell’istoria più si conosceranno gli inconvenienti della regola
delle due unità, e gli uomini di genio se ne sdegneranno come d’un impedimento
alla manifestazione fedele de’ loro concetti e ai progressi dell’arte medesima ») ; 4 e,
pur in un sistema di giudizio sostanzialmente romantico, la ricerca di una mediazione e conciliazione, nel nome del buon gusto e della verità, tra le posizioni dei
classicisti e quelle, ormai predominanti, della nuova scuola. Se nell’opinione del
Fauriel Manzoni può deinirsi a buon diritto un romantico, l’epiteto gli si applica
in modo comunque riduttivo (« Le sue dottrine poetiche sono troppo indipendenti,
troppo elevate, troppo conformi a quanto avvi di ragionevole e di dimostrato ne’
diversi sistemi letterari, perché possa loro convenire una denominazione esclusiva »). 5 Il nuovo sistema drammatico, infatti, mirando a « uno scopo più grande » e
ricercando « regole più naturali », si riaccosta al teatro antico dei greci più di quanto
facesse il « sistema classico propriamente detto », sottoposto dai moderni a « successive modiicazioni » che lo hanno progressivamente allontanato dai modelli. 6
L’articolo Goethe, e i romantici italiani, apparso a irma di Enrico Mayer sempre
sull’« Antologia », ma nel dicembre del 1825, 7 andava in una direzione simile. Nel
fornire la traduzione di alcuni passaggi di Goethe relativi alla disputa tra classicisti
e romantici che non erano stati inseriti nell’edizione Molini, Mayer (futuro editore
dei testi foscoliani insieme a Francesco Orlandini) prospettava una rapida composizione del dissidio nell’ottica di una letteratura nazionale e patriottica. Riconoscendo ai tedeschi una diversa concezione del romanticismo (« i tedeschi pongono
l’origine del romanticismo propriamente detto ne’ tempi del medio evo, quando
l’umana società, quasi rigogliosa di vigor giovinile, era spinta alle imprese cavalle1
La si legge nella sezione « Livres Français » della « Revue Encyclopédique », v, 18, 1823, pp. 186-187.
Tragedie di Alessandro Manzoni milanese, cit.
3
Tragedie ed altre opere d’Alessandro Manzoni, « Antologia. Giornale di Scienze, Lettere e Arti », a. v, vol. xix,
4
n. 56, agosto 1825, pp. 61-91.
Ivi, p. 91.
5
6
Ivi, pp. 87-88.
Ivi, p. 84.
7
E. Mayer, Goethe, e i romantici italiani, « Antologia. Giornale di Scienze, Lettere e Arti », a. v, vol. xx, n.
60, dicembre 1825, pp. 24-29. Si veda F. Belski, La ricezione di Goethe in alcune riviste italiane dell’Ottocento. « Antologia » (1821-1832) – « L’Eco » (1828-1835) – « La Fama » (1836-1877), in Goethe e Manzoni, cit., pp. 77-90, in particolare
le pp. 84-85.
2
italian tragedy, 1820-1827
83
resche, ubbedendo agl’impulsi della religione e dell’amore »), egli avvicinava il dibattito italiano a quello francese e circoscriveva i motivi di controversia alla questione delle « unità nell’arte drammatica » e a quella delle « forme esterne della poesia » :
1
Or io considerando tanta diversità d’opinione in Germania e in Italia sul medesimo punto
di discussione, sospetto che più dai francesi che dai tedeschi abbiamo ereditata una tal disputa, e che questa si riduca in ultima analisi a quella più antica e già tante volte discussa
sulle unità nell’arte drammatica, e sulle forme esterne della poesia. – Perché in quanto all’essenza di quest’arte divina, chi vorrebbe seriamente contendere che l’amor della patria e
della religione non valga a inspirarci ? Chi negherà che la gloria della nostra nazione possa
muoverci l’animo più di quella d’un popolo antico ? 2
L’opera tragica e gli scritti critici di Manzoni riscossero notevole interesse, tra il
1825 e il 1826, su « Le Globe », all’interno di un dibattito più ampio sul genere drammatico che toccava i temi delle unità aristoteliche, del rapporto tra storia e invenzione, della verosimiglianza e dell’opportunità di combinare tragico e comico in
una stessa opera, come avveniva nella tradizione shakespeariana e nel più giovane
teatro romantico tedesco. Uno scritto, Du mélange du comique et du tragique, in cui
si dava spazio anche al Fazio del Milman, apparve in due puntate sui numeri del
6 maggio e del 10 giugno 1826. 3 Il 7 gennaio 1826, la seconda parte di un articolo
consacrato alla « littérature dramatique », signiicativamente intitolato Des unités,
era dedicato interamente a « M. Manzoni ». 4 La rivista ofriva ai lettori un resoconto
favorevole della Lettre manzoniana pubblicata dal Fauriel insieme alla traduzione
delle due tragedie. L’edizione parigina delle opere di Manzoni 5 fu annunciata il 30
maggio, 6 mentre i numeri del 29 giugno e del 1° luglio ospitarono la traduzione
francese (con « quelques additions » d’autore) della prefazione di Camillo Ugoni,
« homme de goût et patriote courageux » : 7 uno scritto che « Le Globe » giudicava
« l’un des premiers jugements favorables porté sur M. Manzoni par un Italien ». 8
In Inghilterra l’edizione Molini fu ampiamente recensita nel luglio del 1827 sulla
« Foreign Quarterly Review », in un contributo adespota intitolato Italian Tragedy,
cui si è già accennato in apertura. Come nel precedente articolo Italian Tragedy
del Milman, che l’autore elogia sia per l’eccellente traduzione inglese del coro del
Carmagnola, 9 sia per l’opinione sfavorevole espressa sul Carmagnola stesso (un’opinione che Goethe, invece, nella sua « animated and somewhat intemperate reply »
avrebbe « either misapprehended or misstated […] in his Commentary »), 10 anche
sulla « Foreign Quarterly Review » l’opera drammatica di Manzoni non ricevette un
1
2
Mayer, Goethe…, cit., pp. 28-29.
Ibidem.
Du mélange du comique et du tragique, « Le Globe. Recueil philosophique, politique et littéraire », iii, 58, 6
mai 1826, pp. 308-310 ; iii, 73, 10 mai 1826, pp. 385-387.
4
Des unités, « Le Globe. Recueil philosophique, politique et littéraire », iii, 7, 7 janvier 1826, pp. 33-34. La
prima parte dell’articolo, a irma « O. », si legge sul n. 1 del 24 décembre 1825, pp. 5-6.
5
Tragedie di Alessandro Manzoni Milanese il Conte di Carmagnola e l’Adelchi agiuntevi le poesie varie dello stesso,
ed alcune prose sulla Teorica del dramma tragico, Parigi, Baudry, 1826.
6
Nella rubrica Annonces, « Le Globe. Recueil philosophique, politique et littéraire », iii, 68, 30 mai 1826, p.
364.
7
Sur les tragédies de Manzoni, « Le Globe. Recueil philosophique, politique et littéraire », iii, 81, 29 juin 1826,
8
Ivi, p. 431.
pp. 431-432 ; iii, 82, 1er juillet 1826, pp. 436-438.
9
10
Italian Tragedy (1827), cit., p. 149.
Ivi, p. 146.
3
84
paolo borsa · christian del vento
giudizio positivo. Benché il Carmagnola e l’Adelchi rappresentino « two tragedies,
unquestionably superior to any which Italy has produced since the Aristodemo of
Monti », 1 esse sarebbero entrambe « radically defective » nella scelta e nella trattazione del soggetto : 2 il Carmagnola avrebbe una trama troppo esile, « by far too narrow
to support the superstructure which has been raised upon it » ; 3 mentre l’Adelchi,
oltre ad avere una trama « more objectionable even than that of Carmagnuola » ; 4
pur presentandosi come un dramma storico avrebbe il difetto di alterare « the truth
of character as well as of facts » ; il personaggio di Adelchi, che non morì sotto le
mura di Verona come è invece rappresentato nella tragedia, sarebbe « a pure and
perfect abstraction, who never could have existed in such a period, and whose existence under any state of civilisation is problematical ». 5 L’autore, indiscutibilmente
inglese, si pronuncia anche sul dibattito intorno alle unità aristoteliche : nel solco
della tradizione del suo « national drama » (e d’accordo, in ciò, tanto con Johnson
quanto col Manzoni critico), mette al primo posto l’unità d’azione e l’esigenza di
verosimiglianza e, contro i « French critics », riiuta invece il canone delle unità di
tempo e di luogo. Tre elementi colpiscono il lettore. Innanzitutto, il giudizio sul
grado di appartenenza di Manzoni al movimento cosiddetto romantico, che sembra fare sistema con l’idea elaborata nello stesso torno di tempo dai critici italiani
(si ripensi agli articoli dell’« Antologia ») : per l’autore di Italian Tragedy Manzoni
non è afatto un « Romantico in the full sense of that controversial term », 6 perché
su alcuni punti si distacca dai critici tedeschi, mentre su altri giunge a conclusioni
simili seguendo procedimenti logici diferenti. In secondo luogo, il giudizio su Lord
Byron, il cui sistema tragico fondato sul rispetto delle unità aristoteliche, di chiara
ispirazione alieriana, è bollato come un’‘eresia’ destinata a scarsa fortuna, tanto
più che Byron si è accontentato di annunciarlo e metterlo in pratica, senza però
preoccuparsi di difendere i propri princìpi in uno scritto teorico (che, come sappiamo, aveva invece in qualche modo delegato all’amico Hobhouse). Inine, l’assenza
di Foscolo e Pellico : nonostante i riferimenti dell’autore della « Foreign Quarterly
Review » all’importante articolo ascritto al Milman, non una parola viene ora spesa
per i due tragediograi cui, solo qualche anno prima, nella più prestigiosa rivista inglese era stata assegnata la palma dei migliori autori drammatici italiani del tempo.
Una sorte non diversa era toccata a Foscolo anche nella recensione al volume
manzoniano apparsa, con il titolo The Works of Manzoni, sul numero del dicembre
1826 della « Monthly Review » (contenente anche una breve ed elogiativa notizia
dell’attività dell’« Antologia » e l’annuncio della prossima pubblicazione del primo
volume della Continuazione della Storia d’Italia del Botta). 7 Se a Pellico, « the ill-fated
author of Francesca and Eufemio », è riservata una rapida menzione nel novero dei
« favourite writers of the day », insieme a Grossi, Sestini, Bertolotti, Torti, Visconti,
Pindemonte e soprattutto Monti, 8 nemmeno un cenno viene fatto di Foscolo. Esiliatosi volontariamente, caduto in disgrazia, e ormai privo del sostegno della nuova
1
3
5
7
8
2
Ivi, p. 137.
Ivi, p. 148.
4
Ibidem.
Ivi, p. 164.
6
Ivi, p. 166.
Ivi, p. 137.
The Works of Manzoni, « The Monthly Review », n. s., iii, December 1826, pp. 482-493.
Ivi, p. 482.
italian tragedy, 1820-1827
85
generazione di letterati italiani e dell’appoggio degli inluenti personaggi inglesi
che lo avevano accolto e promosso nei primi anni del suo soggiorno londinese,
Foscolo, che dopo la Ricciarda (terminata peraltro in dal 1813) non aveva più pubblicato nuove opere ‘d’invenzione’, sembra ormai essere lontano – persino da un
punto di vista inglese – dalla scena letteraria italiana ed europea, di cui ino a poco
tempo prima era stato un protagonista indiscusso.
Tutto ciò forse spiega perché, nella seconda metà del 1826, dopo avere superato
il periodo più buio degli anni inglesi Foscolo, sollecitato dal Bowring e dalla pubblicazione dell’edizione Molini delle Tragedie manzoniane, abbia sentito la necessità
di ritornare in prima persona sulla questione del genere drammatico, sulla poetica
tragica di Manzoni e sui giudizi, mai condivisi, di Goethe, e si sia impegnato nella
stesura dell’ambizioso saggio On Literary Criticism, che non terminò mai e che,
dopo la morte del poeta, l’Orlandini « rese noto come meglio poté o seppe » 1 con il
titolo Della nuova scuola drammatica italiana. 2 Per lo scrittore, che per un paio d’anni
si era nascosto agli occhi di creditori, colleghi e amici, si trattava di una questione
ancora aperta, non priva d’implicazioni con la sua rilessione storico-politica, 3 e
che la scomparsa del suo nome dalla critica contemporanea rendeva ancora più
attuale e bruciante. 4 Manzoni invece, approdato già da tempo al romanzo storico e
1
Gambarin, Ancora del Foscolo, cit., p. 80.
Lo si legge, ora, in U. Foscolo, Sagi di letteratura italiana, ii, a cura di C. Foligno, Firenze, Le Monnier,
1958 (« Edizione Nazionale delle Opere di Ugo Foscolo », 11), pp. 558-618. L’incompiuto saggio di Foscolo sul
genere drammatico meriterebbe un rinnovato interesse ecdotico, che chiarisca i rapporti tra le diverse redazioni presenti tra le carte foscoliane conservate presso la Biblioteca Labronica e porti a rilettere sulla genesi, lo sviluppo e la destinazione dello scritto. Sulle contaminazioni e manipolazioni arbitrarie cui gli editori
successivi hanno sottoposto il progetto foscoliano, mai approdato a un testo deinitivo, ha richiamato ancora
recentemente l’attenzione E. Lamberti, La nuova scuola drammatica italiana di Foscolo dalle arbitrarie contaminazioni redazionali al deinitivo approdo testuale, in La Letteratura degli Italiani. Rotte Conini Passagi. Atti del xiv
Congresso dell’Associazione degli Italianisti, Genova, 15-18 settembre 2010, a cura di A. Beniscelli, Q. Marini,
L. Surdich, Novi Ligure, Città del silenzio edizioni, 2012. Sulla necessità di rimettere mano all’edizione del
Foscolo dell’esilio londinese ci permettiamo di rimandare a P. Borsa, Per l’edizione del Foscolo « inglese », in Prassi
ecdotiche, a cura di P. Chiesa e A. Cadioli, Milano, Cisalpino, 2008, pp. 299-335 ; Id., Appunti per l’edizione delle
« Epoche della lingua italiana » di Ugo Foscolo, « Studi italiani », xlvii-xlviii, 1-2, 2013, pp. 123-149 ; e U. Foscolo,
Antiquarj e Critici. On the Antiquarians and Critics, edizione critica bilingue a cura di P. Borsa, Milano, Ledizioni,
2012. Sul testo di quell’importante contributo, e sui suoi contenuti, avremo forse modo di ritornare più nel
dettaglio in un’altra sede.
3
Su questo aspetto del saggio Della nuova scuola drammatica italiana ci sia consentito rinviare a C. Del Vento, Foscolo, Daru et le mythe de la Venise démocratique, in Le mythe de Venise au 19e siècle. Débats historiographiques
et représentations littéraires, sous la direction de C. Del Vento et X. Tabet, Caen, Presses Universitaires de Caen,
2006, p. 47-60.
4
Una signiicativa eccezione è rappresentata dalla positiva recensione di Giuseppe Montani alle edizioni
milanesi – apparse entrambe per i tipi di Silvestri, rispettivamente nel 1825 e nel 1826 – di Prose e versi di Ugo
Foscolo e di Prose e versi di Giovan Batista Niccolini iorentino, pubblicata sul numero di febbraio 1827 dell’« Antologia » (a. vii, vol. xxv, n. 74, pp. 150-163, ora in Nicoletti, Bibliograia foscoliana, cit., ii, pp. 163-171). Nei passaggi
relativi alla produzione tragica di Foscolo, il Montani si rammarica sia che il Tieste venga ripubblicato nell’ed.
Silvestri « così separato dalla Ricciarda e dall’Ajace, tragedia memorabile per tante circostanze, e di cui non
troveresti nel mondo nulla di più eschiliano fuori che in Shakespeare », sia che delle altre presunte tragedie del
Foscolo « o compite o abbozzate […] sin dal tempo della rappresentazione dell’Ajace, che da molti poi si lesse
manoscritto », il pubblico non possa leggere che la Ricciarda ; nonostante Foscolo abbia scelto di costringere
il proprio sistema drammatico all’interno dei precetti classici, infatti, il critico è convinto che la sua ulteriore,
immaginata produzione tragica molto gioverebbe « ai progressi dell’arte » (ivi, p. 165). Esplicitando il proprio
punto di vista prudentemente riformistico, già mostrato nella nota recensione alle Tragedie ed altre opere d’Ales2
86
paolo borsa · christian del vento
in procinto di pubblicare la Ventisettana, era ormai ben al di là sia della disputa tra
classici e romantici, sia del dibattito sul teatro tragico nel quale, grazie anche all’autorevole sostegno di Goethe e Fauriel, era risultato trionfatore, almeno sul piano
della poetica drammatica. A quell’altezza, il lucido intervento di Foscolo, « severo,
ma non ingiurioso », era per così dire un frutto fuori stagione ; per cui nel 1851 Gino
Capponi, nell’esortare Orlandini a pubblicare l’inedito scritto emerso dalle carte inglesi dell’amico, poteva giudicarlo « opera d’un forte ingegno » e, allo stesso tempo,
« roba d’un altro tempo : […] roba che parla altra lingua, perché alla ine ogni tempo
ha le sue corbellerie ». 1
sandro Manzoni uscita sull’« Antologia » nel numero di agosto 1825 (si veda, qui sopra, p. 82, nota 4), il Montani
– che di là dai Sagi sopra il Petrarca recensiti sulla stessa « Antologia » due anni prima (cfr. ivi, pp. 135-139) mostra
di conoscere poco dell’attività inglese di Foscolo, salvo immaginare che essa gli abbia fruttato « ciò che per
secoli non frutterà a nessun uomo in Italia » (ivi, p. 163) – vagheggia la possibilità che il poeta di Zante, inluenzato dall’ambiente inglese, si sia inine distaccato dal sistema drammatico dell’Alieri, riconoscendo come
« fuori delle vie di quel tragico » si possa « camminar meglio » e, in deinitiva, più da presso a « quelle de’ greci » :
« E chi sa che all’aver egli, da che dimora in Inghilterra, cangiate idee in tale proposito, non sia da ascriversi
l’indugio ch’ei mette a pubblicare le altre [tragedie] ? » (ivi, p. 165). Segnaliamo di passaggio, inine, il Discorso
di A. Beduschi, Sullo stato attuale della tragedia in Italia (Parma, co’ tipi bodoniani, 1827), nel quale la Ricciarda
è giudicata « una delle più rinomate tragedie italiane » (ivi, pp. 44-47, citazione da p. 47).
1
Lettera del 1° agosto 1851, citata da G. Gambarin, Ancora del Foscolo, cit., p. 80.