Academia.edu no longer supports Internet Explorer.
To browse Academia.edu and the wider internet faster and more securely, please take a few seconds to upgrade your browser.
1975, Facoltà di Architettura dell'università di Roma. Bollettino della biblioteca n. 9/10, pp. 9-11
…
4 pages
1 file
in "Sapienza Razionalista: l'architettura degli anni '30 nella Città Universitaria", Coordinamento di Jolanda Nigro Covre, M. Carrera et al. (a cura di), pp. 118-121., 2013
Scorrendo le schede relative alle leggi stampate nel primo decennio del principato mediceo notiamo non solo quanto scarso sia il loro numero rispetto a quelle effettivamente emanate nello stesso periodo 1 , ma anche quanto poche siano le edizioni coeve alla data di emanazione. Tale vuoto potrebbe essere stato, almeno in gran parte, causato dal deterioramento del materiale e poi dalla sua soppressione, in seguito all'introduzione delle legislazioni lorenese prima e francese poi 2. Dal momento, però, che gli archivi delle magistrature non documentano in questo periodo voci relative a spese di tipografia 3 , dobbiamo reputare tale vuoto come prova dell'u
La proposta muove dalla "Mostra della Pittura Italiana del ‘600 e ‘700" tenutasi a Firenze nel 1922. Ancorché condizionata dalla politica del tempo, questa iniziativa fu l’occasione per introdurre un largo pubblico alla conoscenza dell’arte italiana in generale, non mancando di suscitare in alcuni visitatori illustri anche un’originale e particolare attenzione per le istanze figurative del ‘popolaresco’. Non solo, con l’evento del 1922 e, soprattutto, passando per la successiva grande Mostra del Settecento Italiano, che ebbe luogo a Venezia nel 1929, tali aspetti filtrarono pure in tutta una serie di progetti espositivi firmati da Orlando Grosso. Storico dell’arte, direttore dell’Ufficio Belle Arti del Comune di Genova, in contatto con studiosi come Bernard Berenson e Benno Geiger, egli fu coinvolto sia nella revisione del catalogo della mostra toscana del ’22, insieme a Roberto Longhi e a Lionello Venturi, sia nell’individuazione delle opere d’arte genovesi da inoltrare in laguna nel ‘29. L’attenzione di Grosso per il ‘popolaresco’ è da leggersi in continuità con i fatti di Firenze e di Venezia: un dato reso evidente tanto dalla "Mostra dei pittori genovesi del ‘600 e ‘700" (1938), quanto dalla "Mostra delle Casacce genovesi e la scultura ligure sacra genovese del ‘600 e del ‘700" (1939) - entrambe realizzate -, sino alla "Mostra del ‘700 a Genova" che non poté invece concretizzarsi a causa dell’entrata in guerra dell’Italia. Assumendo il punto di vista del curatore, è una linea di interesse di cui è possibile recuperare il percorso storico-critico guardando, in primo luogo, alla ‘riscoperta’ di Alessandro Magnasco intercorsa nel 1938: dotato di una “furia pittorica del tutto paganiniana, anticlassica ed esasperata”, per Grosso l’artista si fece interprete di una rappresentazione della società non limitata ai ceti privilegiati. A seguire, la dinamica andò riproponendosi con l’esposizione del 1939, quando lo studioso affrontò il tema largo della scultura, in bilico tra “arte pura” e “arte popolaresca”, attraverso il filtro delle “famose processioni genovesi del Giovedì Santo e del Corpus Domini”, funzionali a rappresentare il fasto - anche qui ad uso e consumo non solo dei ceti dirigenti - “di quel secolo diciottesimo scosso e sconvolto dalla Rivoluzione”. In questo scenario, assunse un ruolo di rilievo il progetto mai portato a termine per una esposizione dedicata alla Genova del XVIII secolo che vide coinvolto anche il milanese Giuseppe Morazzoni: confutando l’idea venturiana di una “debolezza artistica” del ‘700 ancora sostenuta da Anna Maria Brizio, questo a margine dell’esposizione veneziana del ’29, la mostra genovese del 1940 per Grosso avrebbe dovuto allineare, invece, i diversi aspetti dell’arte e della società del periodo preso in esame, tra cui “vita politica, scienze, vita privata e religiosa, storia e letteratura, teatro, giochi, belle arti, industrie” e, naturalmente, “arte popolaresca”.
Opuscolo della mostra di incisioni d'epoca FARNESIANA: da Margarita d'Austria ai Borbone-Parma.
In this essay the correspondence of Giammaria Ortes (1713-1790), a Venetian economist and philosopher, is studied in order to reconstruct his relationship with the printing press.
Fonti storiche e letterarie – Edizioni cartacee e digitali, 2010
Girolamo Borsieri (Como 1588-1629), a versatile intellectual of ranging interests, was greatly appreciated by his contemporaries for the breadth of his literary, artistic and historical knowledge and for his witty and laconic style. Among his admirers were Federico Borromeo and Giovan Battista Marino. In the twentieth century his intellectual standing was acknowledged in works of art history criticism, which were followed by other contributions of literary, linguistic and musicological interest. Despite this, even now many of his works appear to have been somewhat neglected. Starting from the writer's own reflections and the suggestions offered by the critics, the present work proposes a key to the reading of Borsieri as a man, an intellectual and a theorist. It is a monograph on Girolamo Borsieri, constructed largely upon first-hand manuscript and autograph materials that make it possible to sketch his biographical profile and the why and how of his participation in the cultura...
Frontespizi e ritratti incisi nei libri bresciani del secondo Cinquecento Nel corso degli ultimi decenni, lo studio delle incisioni di destinazione libraria si è rivelato molto prezioso. Benché per sua natura sia votato a storia dell'arte, e in particolare i cataloghi di molti pittori e incisori, che hanno potuto acquisire nuovi punti fermi 1 .
Vincenzo Cassì, L’estimo di Niccolò Borromei (Bologna, 1296-97), «Bollettino dell’Opera del Vocabolario Italiano», 2014-2015, pp. 225-44
L'articolo presenta un'interessante e inedita testimonianza di volgare bolognese d'età dantesca: l'estimo di Niccolò Borromei (1296). Dopo i primi capitoli preliminari dedicati all'istituzione dell'estimo a Bologna e al rapporto che lega tale tipologia documentaria al volgare, si procederà, attraverso la documentazione d'archivio, a ricostruire parte della storia familiare dei Borromei, concedendo particolare attenzione alle denunce dei redditi dei vari componenti della famiglia. Dopo un'attenta analisi codicologica e paleografica del manoscritto, verrà discussa l'autografia del documento, anche mediante il confronto, sincronico e diacronico, tra i diversi estimi di Niccolò e quelli dei familiari. Saremo in grado pertanto di riflettere sulle competenze scrittorie del Borromei e dei membri della famiglia; e si potrà mettere in evidenza eventuali differenze stilistiche tra redazione latina e volgare. Per concludere, seguirà l'edizione e l'analisi linguistica del documento. "Il contributo riprende, amplia e sviluppa la mia tesi di laurea triennale: V. Cassì, L’estimo di Nicola Borromei, Tesi di laurea in Paleografia latina e Diplomatica, relatore prof. Giovanni Feo, correlatore prof. Armando Antonelli, Sessione III, Anno accademico 2006 – 2007. Un ringraziamento particolare va ad Armando Antonelli per aver seguito il lavoro a partire dal suo inizio, contribuendo a migliorarlo con utili consigli". [Per una svista, questa nota iniziale è stata eliminata dall'edizione a stampa: la redazione del «BOVI» se ne dispiace e chiede scusa]
Dedica a Mario Bortolotto, a cura di Roberto Calabretto, Quodlibet, 2023
Il saggio disvela le fonti – per lo più occultate – del primo contributo critico di Mario Bortolotto, "Chopin, o del timbro" (1960), di cui si è soliti celebrare l'originalità e le intuizioni folgoranti. La prospettiva di un pianismo rarefatto, assimilabile al puro suono di celeste e vibrafoni, non è nuova, e si trova in Alfredo Casella, artefice di una lettura chopiniana proiettata verso il Novecento di Debussy e della Klangfarbenmelodie. Bortolotto attinge a molti passaggi dell'edizione di Chopin curata da Casella, seguendo una linea di pensiero che il compositore italiano aveva già espresso nell'articolo "Materia e timbro" (1921) e nelle pagine de "Il Pianoforte" (1939). Tra gli imprestiti di terminologie e di idee, viene anche identificata la traccia di Roman Vlad, che nell'articolo "Presenza storica di Chopin" (1949) analizzava gli aspetti più 'progressisti' dell'arte chopiniana, segnalando l'emergere di una logica timbrica che dissolve la funzionalità dell'armonia. Il saggio esplora infine l’incidenza di questi modelli nella definizione dell'estetica di Bortolotto e delle sue idiosincrasie. Emblematica l’avversione per Beethoven, che egli reputa uno scarso armonista, troppo implicato nella lotta politica, figura di 'anti-Chopin' (secondo uno schema già proposto da Casella), e di cui salva solo alcune pagine (le stesse incentrate sulla fantasia degli impasti timbrici, che Casella menzionava nella sua edizione delle sonate di Beethoven).
Ciencia, Tecnología y Gobierno
Civil Engineering and Architecture, 2024
História da Historiografia: International Journal of Theory and History of Historiography, 2011
Human, 2024
Aquaculture Journal
Latin American Journal of Aquatic Research, 2014
Cuaderno de Trabajo, 2022
Chemical Engineering Journal, 2020
arXiv (Cornell University), 2022
Memórias do Instituto Oswaldo Cruz, 2011
Věda a perspektivy, 2022
Ankara Üniversitesi Sosyal Bilimler Dergisi, 2020
Journal of Paleontology, 1991
arXiv (Cornell University), 2018