Quando si parla di “destra” e di “sinistra” queste non vanno intese in accezione occidentale: bisogna
inoltre tenere a mente che, quando si parla di “Nuova Sinistra cinese” o di “Chinese New Left”,
occorre distinguerla dalla sinistra maoista degli anni ’70, e dalla nuova sinistra occidentale.
È pur vero però che con le “sinistre” sopra citate presenta delle analogie: con la sinistra occidentale
condivide l’ideologia socialista e con quella maoista una valutazione positiva di alcune politiche
intraprese dal “grande timoniere” che, secondo alcuni suoi esponenti, sono state etichettate in modo
frettoloso e superficiale.
La vecchia sinistra ripropone inoltre concetti della tradizione maoista o marxista, la nuova sinistra
invece usa spesso concetti che hanno subito influenze dalle teorie occidentali.
Ponendo un confronto con la “Old Left” la Vecchia Sinistra è composta dai conservatori del Partito,
mentre la Nuova Sinistra è costituita per lo più da intellettuali giovani o di mezza età che hanno
avuto esperienze all’estero, dunque rappresentava un “ibrido” di influenze: “Nuovo” poiché a
differenza dell’estrema Sinistra appoggiava una parziale liberalizzazione economica e “Sinistra”
poiché sensibile alle diseguaglianze sociali.
Va infine ricordato che, trattandosi di scuole di pensiero e di riflessione, anche all’interno degli
stessi movimenti vi sono delle spinte contrastanti e divergenti che non consentono dunque una
classificazione netta.
L’attuale sinistra cinese comprende due sotto gruppi distinti: gli Estremisti di sinistra e gli
appartenenti alla Nuova Sinistra, gli Ultra-leftist sono più radicali nell’approccio alla politica di
Mao, condividendola in toto, gli appartenenti alla Nuova Sinistra sono il secondo e più vasto gruppo
della sinistra cinese.
La nascita della Nuova Sinistra (新左派 xin zuo pai) può essere fatta risalire al 1991, anno
di pubblicazione dell’articolo di Wang Shaoguang “Costruire uno Stato forte e democratico: le
differenze sulle forme di potere e sulla competenza dello Stato”, da qui sempre più voci si sono
alzate a suo sostegno per criticare l’economia di mercato e auspicare ad un maggiore intervento da
parte dello Stato, che avrebbe dovuto seguire la politica del New Deal.
Nel testo Wang esaminò il Ruolo dello Stato nel periodo di transizione da economia pianificata ad
economia di mercato, criticando l’approccio del Laissez-faire e rimarcando la necessità della nascita
di un movimento non liberista.
Il dibattito è continuato nella rivista “Ventunesimo secolo” quando, in risposta all’articolo, si sono
alzate critiche da parte di alcuni esponenti del neo-liberismo, tra cui Qin Hui, Lei Yi, Ji Weidong e
Deng Zhenglai.
Analizzando le due fasi del dibattito, i primi esponenti della Nuova Sinistra: Wang Shaoguang, Cui
Zhiyuan e Gan Yang, sono stati influenzati dall’aver trascorso periodi all’estero; successivamente
sono diventati membri della nuova sinistra molti altri studiosi formatisi in patria, come Wang Hui,
Han Yuhai, Kuang Xinnian, Chen Yanggu, ecc.
Come già affermato in precedenza, l’apertura alle influenze esterne che si verificò in quegli
anni, e che si manifestò anche con la traduzione in cinese di testi di filosofi e teorici europei
contemporanei, è ben presente nelle produzioni della Nuova Sinistra: ponendo alcuni esempi Cui
Zhiyuan si ispirò a Henry George, Sigmund Freud, Antonio Gramsci e Joseph Stiglitz ma anche
Wang Shaoguang si rifece alle teorie dell’economista americano John Kenneth Galbraith.
Gli esponenti del neo-liberalismo sono invece economisti o esperti di diritto che sostengono
che il Partito Comunista detenga un ruolo troppo ingerente e limitante nei confronti delle riforme: al
suo interno si possono individuare liberisti economici come Zhang Shuguang, Fan Gang; liberisti
politici come Li Shenzhi, Zhu Xueqin, Xu Youyu e Liu Junning; liberisti di sinistra come Xu Jilin e
Ji Weidong e liberisti di centro come Qin Hui.
Il termine Nuova sinistra è comparso per la prima volta il 21 luglio 1994 in un articolo di Yang Ping
pubblicato in “Primavera di Pechino” uno dei giornali più influenti della capitale: l’articolo era in
risposta all’articolo di Cui Zhiyuan “Innovazione istituzionale e seconda liberazione di pensiero”
(制度创新与第二次思想解放 Zhidu chuangxin yu di’erci sixiang jiefan), pubblicato nel 1993 dalla
rivista di Hong Kong “Ventunesimo Secolo”.
Nell’articolo Cui affermava che se la prima emancipazione intellettuale si era ottenuta
abbracciando il marxismo ortodosso, ora era tempo di effettuarne un’altra al fine di liberarsi dal
“Nuovo illuminismo.”
Nell’articolo Cui auspicava che lo Stato tornasse ad avere un forte peso nella politica economica e
che si liberasse dalla totale partecipazione al mercato libero.
<<In this confusined but alluring, yet so vibrant historical moment, all sorts of the traditional
binaries: private/state owned, market/planning, Western style with Chinese essence/fully
westernized, reform/convention- have all lost their power in depicting the reality nor immagining
the future. We need a second movement of liberation of thoughts: the focus is no longer on the
simple rejection of “conservatives” but to expand the imaginary space of system innovation. >>
Cui lamentò soprattutto quello che lui stesso definì un “feticismo istituzionale”: si scagliò
soprattutto sulla concezione univeralmente accettata che un sistema multi-partitico coincidesse con
“democrazia” e sul fatto che non comprendeva per quale motivo il sistema politico statunitense,
seppur dalle mille contraddizioni e problematiche, venisse considerato dal mondo intero un modello
di riferimento.
Cui criticò il mercato libero e il concetto di proprietà privata, suggerendo invece la necessità
di enfatizzare e rinforzare gli elementi positivi del socialismo, ripristinando ad esempio politiche
socialiste arcaiche.
Egli lamentava inoltre gli effetti della privatizzazione che stava avvenendo nell’ex- URSS e
nell’Europa dell’est in generale e che aveva portato la ricchezza nelle mani di pochi; teorie
confermate anche in un suo articolo successivo “China in the Russian mirror” in cui, facendo un
paragone tra Russia e Cina, affermava che la Cina era ancora in tempo per evitare un’influenza
statunitense, come era invece già accaduto in primis in America latina e nell’Ex-URSS poi.
Al suo articolo seguirono forti critiche da tutti coloro che ritenevano che ormai fosse giunto il
momento del cambiamento per il Paese e che dunque questo avrebbe dovuto proseguire nella via
delle riforme.
Sebbene il termine Nuova Sinistra avesse un’accezione controversa, per non dire dispregiativa,
è stato impiegato per riferirsi a questo e ad altri movimenti, come modernismo, nazionalismo e
Scuola di Francoforte, ed in generale a tutti coloro che si dimostrarono critici nei confronti delle
teorie liberali.
Proprio per questa accezione negativa che da sempre accompagna il termine, la maggior parte di
coloro che si ritrovano in questa scuola di pensiero non accettano questa etichetta, a partire dal suo
personaggio più influente, Wang Hui, che ha affermato di preferire il termine di intellettuali critici:
Come lui altri hanno più volte manifestato l’inadeguatezza del termine (ad esempio Gan Yang
suggerì che le due antagoniste correnti di pensiero nate dalla divisione intellettuale del 1990 si
chiamassero “Liberal left” e “Liberal right”); tuttavia da allora viene utilizzato per definire un
ristretto numero di studiosi, guidati da Wang Hui, Cui Zhiyuan Wang Shaoguan e Gan Yang:
generalmente Wang Hui si è occupato principalmente delle relazioni tra Cina ed estero, mentre gli
altri sono maggiormente impegnati nelle questioni interne.
Cui e gli altri esponenti della Nuova Sinistra si scagliarono contro la “bolla economica” che aveva
causato discrepanze e ingiustizie sociali e le loro critiche principali erano mosse proprio contro le
illusorie promesse dei liberali di ottenere un benessere diffuso abbracciando un sistema democratico.
Dunque la soluzione alle sperequazioni si sarebbe ottenuta non privatizzando ma pianificando:
dando un ruolo sempre maggiore allo Stato nell’organizzazione economica, riducendo al minimo la
privatizzazione così come la diffusione dell’economia di mercato e ricollocando la forza lavoro
chiedendo maggiori attenzioni per le condizioni di contadini ed operai, dando priorità alla giustizia
e all’equità.
Al suo interno tuttavia la Nuova Sinistra non presenta però visioni unitarie su come lo Stato
dovrebbe gestire la questione economica: ad esempio Wang Hui, Cui Zhiyuan e Gan Yang
sostengono una vaga idea di socialismo di mercato; altri, come Gao Mobo, Li Minqi e Han Yuhai
sono più vicini ad un concetto di “neo-maoismo”, mentre Wang Shaoguang sostiene principalmente
una nazionalizzazione della produzione in stile socialista.
Il periodo che va dal 1997 al 1999 viene considerato generalmente come quello in cui la
Nuova Sinistra si compattò e assunse un nuovo ruolo nella società, anche perché rafforzato dalla
crescita del movimento nazionalista.
Nel 1997 con la pubblicazione in una rivista letteraria di Hainan di quello che viene
considerato il manifesto del movimento: “Contemporary Chinese thought and the Question of
Modernity” di Wang Hui, si è aperta una nuova fase per la New Left, basata sull’analisi della
direzione intrapresa dalla modernità cinese, focalizzandosi soprattutto sul rapporto tra Cina e
Occidente.
Partendo da una rivisitazione del pensiero dell’intellettuale a partire dagli anni ’80, facendo
un’analisi della crisi economica delle “tigri asiatiche”, della disputa sull’ingresso della Cina nel
WTO e della guerra del Kosovo, Wang diede una propria opinione sul rapporto fra Cina e resto del
mondo.
In sintesi i membri della Nuova Sinistra non si dimostrano contrari alle riforme, a differenza
di ciò che potrebbe sembrare, tuttavia non credono che entrare in un contesto di mercato libero sia
la soluzione giusta per il Paese.
Il ruolo sempre maggiore che stava assumendo il modello occidentale rappresentava inoltre un
fallimento del socialismo maoista, che aveva fatto dell’anti-capitalismo uno dei propri capisaldi; il
discorso, secondo loro, non andava sostenuto solamente dalla Cina ma anche da tutti i Paesi che non
facevano parte del nuovo sistema globale.
Uno dei contributi che va sicuramente attribuito a questo gruppo di intellettuali è quello di
aver riaperto il dibattito su tematiche “innominabili” come quella della Rivoluzione culturale.
A partire dalla morte di Mao era stato avviato un processo di “demaozzizazione controllata” che ha
portato a rinnegare una parte delle sue politiche “scomode”.
Han Yuan, membro influente della Nuova Sinistra, in particolar modo della frangia neo-maoista, ha
affermato che: <<For Mao Zedong was not merely to build a rich and strong country, but to create
an equal and a just new society and having this goal in mind was the utmost important issue. >>
Sebbene il movimento al suo interno sia ricco di sfumature e divergenze, sicuramente la
rivalutazione positiva del maoismo, o almeno di alcune sue politiche, rimane probabilmente uno dei
pochi punti in cui i membri della Nuova Sinistra sembrano trovarsi d’accordo.
Nonostante ciò però non auspicano a un ritorno all’era rivoluzionaria di Mao poiché comprendono
che ciò, oltre a non essere possibile, per molti aspetti sarebbe tutt’altro che desiderabile; alcuni di
loro inoltre apprezzano la prima parte della politica di riforme di Deng, criticando però la spinta
troppo rapida che è stata data alle riforme.
Per queste ragioni molti intellettuali non ritengono sia opportuno copiare di pari passo il modello
occidentale, cercando invece un’alternativa “con caratteristiche cinesi” per raggiungere un
compromesso con il progresso.
In questa prima fase del dibattito la Nuova Sinistra ha rappresentato solo una voce tra le altre,
mentre i Neo-Liberisti occupavano le posizioni dominanti nel dibattito politico: è da sottolinerare
inoltre che questo inizialmente era circoscritto ai circoli letterali e riguardava solamente studiosi ed
esperti di politica ed economia.
Le tematiche trattate erano troppo complesse e troppo distanti dalla popolazione: questo
ovviamente perché il livello culturale medio era sicuramente meno elevato; ma soprattutto l’assenza
di mezzi di comunicazione immediati quali internet e televisione non permetteva, come invece
accade oggi, una facile fruizione di articoli e riviste da parte dei cittadini e questi erano dunque
completamente all’oscuro di queste tendenze.