RIVISTA TRIMESTRALE DI DIRITTO E PROCEDURA CIVILE
Anno LXV Fasc. 4 - 2011
Michele Angelo Lupoi
RECENSIONE A
ROLF STÜRNER, MASANORI KAWANO
(A CURA DI)
INTERNATIONAL CONTRACT
LITIGATION, ARBITRATION AND
JUDICIAL RESPONSIBILITY IN
TRANSNATIONAL DISPUTES;
COMPARATIVE STUDIES ON BUSINESS
TORT LITIGATION
Estratto
Milano • Giuffrè Editore
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finalizzata — come invece da noi per lo più non accade — a una conoscenza
scientificamente adeguata delle « questioni esperte » ai fini della definizione della
controversia.
Il leitmotiv dell’efficienza permane una costante nello sguardo rivolto da
Andrews alla nuova giustizia civile inglese. E, sulla scorta, del resto e come già
accennato, dell’imprinting fornito alle nuove Rules dagli stessi Woolf Reports, il
côté dei costi — che nelle nostre elaborazioni rimane in fondo ancora relegato in
una posizione marginale — risulta centrale a questa impostazione e sensibilità. Qui,
non è solo il notorio — specie per le sue analogie con il modello americano del
contingency — meccanismo dei conditional fee (p. 102 ss.) a venire in discussione,
quanto soprattutto l’attenzione che pervade tutto il nuovo modello di giustizia alla
limitazione del waste, con i relativi poteri di controllo e sanzione conferiti al giudice
a questo proposito e le conseguenze di ciò sul piano dell’induzione di modelli di
difesa non dispersivi da parte degli avvocati.
Anche la configurazione di — ancora una volta tre — possibili forme di multipaty litigation viene vista come rispondente ad ampi fini di efficienza. Su questa base
sembra fondarsi la valutazione cautamente critica che Andrews formula (p. 137) della
mancata adozione nel 2009 di un generic « opt out » class action system nel modello
di giustizia inglese. L’a. sembra infatti considerare come non del tutto sottovalutabili
i vantaggi per claimants’ rights diffusi, nel settore quindi della big money litigation,
dell’aggressiva tutela fornita da ancorché economicamente « interessate » joint enterprise law firms, anche eventualmente straniere, leggi statunitensi.
Il quadro si completa con uno sguardo più che attento, e ben lungi dal
genericamente entusiasta (si vedano i richiami — p. 146 — alle note perplessità e
scetticismo di aa. come Owen Fiss), al fenomeno della « mediation’s growth in
England » (p. 142 ss.). Anche qui, la circostanza più interessante in prospettiva
comparata è rappresentata dalla particolare attenzione riservata all’efficienza —
anche economica — del modello. L’assunzione di questo atteggiamento giustifica il
rilievo attribuito al « parties’ duty to consider ADR » in sede di attività introduttive,
ossia al momento del cosiddetto pre-action, nonché al controllo del giudice al
riguardo e alle sanction previste « for failure to pursue mediation » (p. 151). E di
qui, anche, l’elencazione sintetica delle relative possibilità — effettive o fittizie (dal
momento che « [...] not everyone can choose to avoid the court system » (p. 159)
— di scelta a questo riguardo.
Un’analoga attenzione « critica » viene riservata al modello della giustizia
arbitrale nel contesto dell’ordinamento inglese. E, anche a questo riguardo, alla
completezza dell’analisi si collega la capacità critico-valutativa di Andrews. Come
quando — nelle final remarks in tema — sottolinea l’ambivalenza del modello
arbitrale e i rischi connessi alla sua percezione come modello sostitutivo di quello
giurisdizionale in ragione della sua supposta maggiore efficienza (p. 201).
Un’ultima considerazione, davvero not least a tutti gli effetti. La lettura di
questo volume appare più che mai consigliabile anche per un pregio « letterario »,
ossia per la capacità icastica di Neil Andrews di descrivere e analizzare con
profondità scrivendo con semplicità. Una dote che, come anche questa recensione
avrà dimostrato, è sempre più rara. [ANGELO DONDI]
ROLF STÜRNER, MASANORI KAWANO (a cura di), International contract litigation,
arbitration and judicial responsibility in transnational disputes, Mohr Siebeck, Tubinga, 2011, pp. X-392; Comparative studies on business tort litigation, Mohr Siebeck, Tubinga, 2011, pp. VIII-235.
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La collana Problems of transnational civil procedure, edita dalla tedesca Mohr
Siebeck, si è di recente arricchita di due nuovi volumi, intitolati, rispettivamente
International contract litigation, arbitration and judicial responsibility in transnational disputes e Comparative studies on business tort litigation (1).
Entrambi i volumi sono stati curati dai prof. Rolf Stürner e Masanori Kawano,
con il supporto dell’Institute for business litigation dell’Università di Nagoya,
presso l’Università di Friburgo, e si collocano nell’àmbito dei risultati scientifici di
un ambizioso progetto di ricerca sponsorizzato, tra il 2005 e il 2010, dalla Società
giapponese per la promozione della scienza.
Tale progetto, coordinato e diretto dal prof. Kawano, ha coinvolto studiosi del
processo civile internazionale provenienti da numerosi paesi (Giappone, Francia,
Spagna, Inghilterra, Grecia, Finlandia, Ungheria ed Italia), i quali, dal 2006 al
2010, si sono trovati per due volte l’anno (a rotazione, in una sede europea e a
Nagoya, in Giappone), per discutere di aspetti di particolare rilevanza nell’àmbito
del contenzioso commerciale caratterizzato da elementi di estraneità.
I volumi qui in esame, in particolare, raccolgono le relazioni presentate a tre
di tali incontri di studio.
Il primo volume contiene gli « atti » del simposio tenutosi a Friburgo, il 2 e 3
novembre 2006, dedicato a State justice or private justice for the transnational
contract disputes e di quello di Nagoya del 2 e 3 febbraio 2007, dal titolo The active
role of judges and party-autonomy in transnational litigation. Al centro del volume,
dunque, il ruolo del giudice statale e di quello privato nell’àmbito del contenzioso
transnazionale.
Il secondo volume, invece, si riferisce al simposio tenutosi a Lione, il 4 e 5
ottobre 2007, e dedicato, appunto, a Comparative studies of business tort litigation (2).
I temi trattati spaziano dall’arbitrato commerciale internazionale, alla responsabilità dei giudici, alla mediazione, alla giurisdizione internazionale e sino alla
mass litigation.
Mi sembra inutile menzionare qui tutti i numerosi contributi editi in questi due
volumi. Può bastare segnalare che ad affermati studiosi, conosciuti in tutto il
mondo (tra gli altri, Neil Andrews, Masanori Kawano, Rolf Stürner, Peter Murray,
Nicolò Trocker), si affiancano nomi « emergenti » e giovani ricercatori, in un
mosaico multi-culturale di estremo interesse, ove l’Oriente incontra l’Occidente,
con uno scambio proficuo e fecondo.
In effetti, la varietà di giurisdizioni che si confrontano in queste pagine sui
fondamentali profili del processo civile commerciale offre una preziosa miniera per
il comparatista (e, in generale, per il giurista più curioso), il quale potrà trovare, in
questi volumi, materiali in inglese provenienti da ordinamenti giuridici altrimenti
inaccessibili ai più.
Mi piace però segnalare l’importante contributo della comunità scientifica
italiana a queste opere: nel primo di essi, in particolare, troviamo innanzi tutto un
articolo del prof. Trocker dal titolo Party autonomy and judicial discretion in
transnational litigation: the problem of jurisdictional allocation in comparative
perspective. Si tratta di un magistrale affresco sulle tematiche dell’esercizio discrezionale della giurisdizione, tratteggiato con la lucidità e la chiarezza di uno dei
maestri del processo transnazionale. Di notevole interesse anche il contributo di
(1) Il primo volume, intitolato Current topics of international litigation, è stato
pubblicato nel 2009.
(2) V. la mia segnalazione di tale simposio in questa rivista, 2007, p. 1392.
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Marco de Cristofaro (Special case management by judges, or special statutory
provisions, for handling proceedings with foreign parties), dedicato alle caratteristiche processuali dei procedimenti caratterizzati da elementi di estraneità.
Più consistente il contributo italiano nel secondo volume qui in rassegna:
Nicolò Trocker presenta un saggio su Transnational tort litigation: jurisdictional
issues — trends, con una comparazione tra l’approccio europeo e quello di common
law alle tematiche della giurisdizione da fatto illecito. Marco de Cristofaro affronta
il tema Jurisdiction in tort in international business relationships, mentre Andrea
Giussani propone uno dei suoi cavalli di battaglia, in un articolo dal titolo Enter the
damage class action in Europan law: heading towards justice on a bus. Infine, il
sottoscritto presenta un saggio dal titolo The new provisions on contractual
jurisdiction in regulation (EU) 44/2001.
Per concludere, si tratta di volumi che non possono mancare nella biblioteca
dei cultori della comparazione processuale e del contenzioso transnazionale.
Nei prossimi mesi, peraltro, è prevista l’uscita delle raccolte degli atti degli
incontri di studio successivi. A presto su queste pagine, dunque. [MICHELE ANGELO
LUPOI]
ELENA OCCHIPINTI, La cognizione degli arbitri sui presupposti dell’arbitrato, Giappichelli, Torino, 2011, pp. 1-226.
La collana della « Biblioteca di diritto processuale civile » si arrichisce di una
nuova monografia in materia di arbitrato, tema che, per la recente riforma del 2006,
trova sempre più di frequente l’interesse degli studiosi del processo civile. Ancora
una volta la preferenza per l’arbitrato è riposta nella natura bifronte pubblicoprivato che lo caratterizza: privato nel nascere, pubblico nel morire. Rimane invece
per buona parte scoperto il procedimento, ovvero la scansione delle attività in cui
sia le parti che gli arbitri contribuiscono a determinare le regole necessarie per
giungere all’esito della vicenda.
In questo spazio si colloca il lavoro di Elena Occhipinti, giovane studiosa della
scuola pisana, la quale si propone di esaminare la fase iniziale del procedimento
arbitrale e, in particolare, il potere che gli arbitri e le parti hanno nel disporre quella
serie di attività preliminari che si rendono necessarie per giungere ad una decisione
di merito.
L’intento finale dell’a. è quello di verificare se se si possa applicare in arbitrato
la nozione di presupposti processuali — tema controverso in dottrina (v. p. 32 ss.)
— così da individuare una serie di questioni che si antepongono ad un corretto
avvio e svolgimento del procedimento arbitrale, indagando se la loro erronea
valutazione costituisca o meno motivo d’impugnazione del lodo.
Non c’è dubbio che l’arbitro, al momento del proprio insediamento, deve, in
primo luogo, porsi il problema della valida esistenza del patto compromissorio che
legittima la propria competenza; quindi, risolta positivamente tale questione,
concentrarsi sull’interpretazione della convenzione e, una volta stabilita la natura
(rituale-irrituale) dell’arbitrato, determinare le regole di procedura da applicare;
infine, verificare quale sia il metro di giudizio (diritto-equità) da adottare.
Seguendo tali premesse, l’a. riconduce le attività preliminari arbitrali a tre
gruppi di questioni — corrispondenti a tre dei sette capitoli di cui si compone la
monografia — inerenti le une all’esistenza/validità/efficacia della convenzione
arbitrale (cap. 4º), le altre alla qualificazione della natura dell’arbitrato (cap. 5º), e
le altre ancora al metro di giudizio (cap. 6º).