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martedì 20 agosto 2013

Emergenza uomo: John Waters sul tema del Meeting



 
Senza riscoprire il rapporto con il Mistero la vita diventa insopportabile
“Mi sento amato da Cristo. Senza questo amore, la vita sarebbe insopportabile”. John Waters racconta la sua esperienza, paragonandola con il titolo del 34° Meeting per l’amicizia fra i popoli: ‘Emergenza uomo’. Racconta la vita, la sofferenza, la dipendenza dall’alcool e il riscatto, nella riscoperta della bellezza della realtà nel rapporto con il Mistero.
John Waters parla di un’umanità che ha rinunciato a Dio, nella presunzione di poter fare tutto da sola. Ricorda che papa Benedetto XVI, ospite a Berlino del Bundestag, ha parlato del “bunker che l'uomo ha costruito per se stesso per viverci”. “Un bunker senza finestre – afferma Waters – che funziona secondo la logica del positivismo. Ogni cosa dev’essere dimostrabile, verificabile. Non c’è spazio per il mistero”. Questo bunker esiste nella quotidianità, nell’educazione, nella politica, nella cultura popolare, nel mito. Nel bunker l’uomo si sente al sicuro. “Il bunker elimina la sorpresa – continua il relatore - chiudendo fuori i misteri incomodi dell'esistenza. Siamo convinti di essere i padroni delle nostre esistenze e dei nostri destini. Nel bunker l'uomo finge di non essere una creatura ma il padrone di se stesso”.
La storia dell’umanità, però, mostra che la vita per sostenersi necessita di più di quanto l'umanità sia capace di immaginare o generare. C’è nel cuore dell’uomo il bisogno di mantenere uno sguardo sull’infinito, sull’eterno. Tutto ciò che l'uomo può creare sono false speranze che lo sostengono per un istante per poi dissolversi, lasciandolo a cercare di afferrare affannosamente la prossima speranza. Per questa ragione, per raggiungere il dominio sulla realtà, l'uomo moderno ha cercato di soffocare il suo stesso spirito.
“Immaginiamo che la distruzione del sacro nella nostra cultura sia una funzione del cammino del tempo – sostiene Waters –ma il problema della fede nella cultura moderna non è dovuto ad una mancanza di evidenza ragionevole, ma all’incapacità di usare i fatti disponibili per rafforzare al massimo la ragione e la distruzione della religione". Perciò è molto più seria della distruzione di un’impalcatura morale o identità culturale. Equivale alla perdita della capacità di vivere con misteriosità, di guardare al mondo con stupore, “ma soprattutto di mantenere la visione che permette alla persona umana di vivere pienamente, di sperare e desiderare ardentemente il destino umano totale”.
Ecco che cos’è l’emergenza uomo che il Meeting pone al centro della riflessione e del confronto: “L’uomo ha pigramente parcheggiato Dio in un angolo - dice Waters - lo ha banalizzato. E così facendo mettiamo da parte la domanda sul nostro destino”. La questione di Dio sembra non importare più perché non riguarda la vita reale. Invece, l’esperienza del giornalista e scrittore è diversa: “La dipendenza dall’alcol e lo sforzo per uscirne mi ha reso consapevole del fatto che io ero creato, che io ero dipendente, che io non mi ero fatto da me. Che io ero mortale, ma infinito nel mio desiderio. E ho incontrato delle persone che avevano fatto un viaggio simile e che mi hanno detto: la risposta alla tua domanda è Dio”.
L’uomo deve imparare a uscire dal bunker, ma soprattutto deve sperimentare nella vita di ogni giorno, nell’istante, la familiarità con Cristo nell’amore a se stesso e agli altri. Deve tornare ad avere una fame inesauribile per la vita e per il vivere. “Solo per il fatto di essere qui, in qualche modo, mi sento amato – confessa Waters - Io ho avuto questa sensazione per tutta la mia vita, ma non ero consapevole di esserlo fino a poco tempo fa. Lo davo per scontato o trattavo questa sensazione di serenità e di pace che mi veniva data, come un fenomeno naturalistico. Avevo una comprensione dell’amore di Dio, ma come qualcosa di astratto, distante. Senza questo senso di amore di cui parlo la vita sarebbe insopportabile e niente nel bunker sarebbe capace di proteggermi”.

venerdì 13 luglio 2012

meeting Il cammino dell'estate



Abbiamo ripetuto spesso che le vacanze sono "il tempo della libertà", perchè nel tempo libero viene a galla a che cosa uno tiene davvero. Ma ci vuole poco a sostituire l'espressione con un'altra che ci sta diventando familiare:"E' il tempo della persona".
Che cosa significa che è "il tempo della persona?" Che cosa possiamo iniziare a scoprire di noi stessi, anche in queste settimane in cui gli impegni rallentano e l'anno sociale fa una pausa.?
"Il tempo della persona" può allora diventare un'etichetta appiccicata ad una vita che scorre altrove. Prima di tutto è che la persona è un cammino. Non è un concetto, qualcosa di chiuso di definito, ma è un cammino di crescita. Anche dolorosa, faticosa. Ma un cammino. Un cammino in cui rischiamo la nostra umanità fino in fondo. Non c'è ambito che garantisca che non subiremo alcun rischio; non c'è luogo o circostanza che lo renda automatico; non c'è slogan che sostituisca il dramma di vivere. Grazie a Dio.
Davanti alle sfide di quest'anno (la crisi, le inchieste, la politica) ci siamo trovati tante volte confusi.
Dire "io" era la cosa meno scontata. Ogni cosa non accade per caso: Nella vita di chi Egli chiama, Dio non permette che accada qualcosa se non per la maturità.
Ognuno di noi è chiamato a fare delle scelte: continuare un cammino e maturare o affondare...
Non lo decidono le cose: lo decidiamo noi."la nostra libertà". La persona. Buon cammino.