Estetica COMUNICAZIONE 21-22
Estetica COMUNICAZIONE 21-22
Estetica COMUNICAZIONE 21-22
NOVECENTO
CORSO DI LAUREA:
COMUNICAZIONE E NUOVI MEDIA PER LE INDUSTRIE CREATIVE
AA 2021-2022
PRESENTAZIONE DEL CORSO
SCHEDA ESAME
1. argomento a scelta
2. commento brano
3. definizione concetto
4. confronto tra autori
5. riflessione personale
UD1
• Ci siamo chiesti che cos’è l’estetica a partire dalla conoscenza pregressa, dal
nostro senso comune, dal nostro orizzonte ordinario di esperienza. Ne è emerso
che gli argomenti specifici sono molti, che vi è una idea diffusa di estetica
come filosofia del bello o filosofia dell’arte.
UD1
• Quali conseguenze?
• Innanzitutto la confusione non è oscurità. Mentre l’oscurità è una sorta di buio
della mente, la confusione è una sorta di effetto flou, di effetto alone.
• Secondariamente la conoscenza non è a una sola dimensione, come voleva
Cartesio, ma si arricchisce di aspetti, sicuramente diversi, non riducibili gli uni
agli altri.
•
MODULO A UD 2
• Walter Benjamin (1892-1940) è stato uno dei maggiori filosofi del Novecento,
ampiamente studiato negli ultimi decenni. Decisivi sono stati i suoi studi in
merito alla questione, attualissima, del rapporto tra arte e tecnologia, e in
merito alle trasformazioni della vita, in particolare cittadina, causata dal
diffondersi della tecnologia.
• L’opera più famosa di Benjamin è L’opera d’arte nell’epoca della sua
riproducibilità tecnica (1936).
• Del 1936 è anche L’origine dell’opera d’arte di Martin Heidegger.
• Si tratta di due saggi destinati a segnare profondamente la storia dell’Estetica,
in particolare quella del Novecento.
UD 3
WALTER BENJAMIN
• Gli approcci da parte dei due filosofi all’arte sono molto diversi:
• Martin Heidegger parte dal presupposto che l’opera d’arte è originale e unica;
di essa facciamo una esperienza contemplativa; l’opera d’arte (e Heidegger
pensa alla grande arte, alle Belle Arti, alla tradizione consolidata) è capace di
«aprire un mondo» e di farci cogliere la verità.
• Benjamin si concentra invece sulla contemporaneità e sulla trasformazione
dell’esperienza dell’arte e della produzione dell’arte attraverso le nuove
tecniche. Esempi di arte nate dalla tecnica sono la fotografia e il cinema. La
fotografia ci consente anche di riprodurre l’arte in modo seriale. Il cinema mira
a una esperienza di urto emotivo, di shock.
UD 3
WALTER BENJAMIN
• In entrambi gli autori avviene una ripresa di alcuni aspetti delle origini
dell’estetica, ad esempio l’importanza dell’emotività all’interno
dell’esperienza, in particolar modo di quella fruitiva.
• Lo Shock e lo Stoss costituiscono delle forme di turbamento, di spaesamento,
di disorientamento.
• Entrambi gli autori riconoscono che nel Novecento occorre riflettere sul
rapporto tra arte e tecnica; se Heidegger sottolinea le differenze (insieme ai
rischi di una pervasività della tecnica), Benjamin sottolinea la continuità tra
arte e tecnica, le analogie, e le opportunità che le nuove tecniche possono dare
all’arte.
UD 3
WALTER BENJAMIN
• Per Maurice Merleau-Ponty ritornare alle «cose stesse» significa attingere a una
dimensione originaria dell’esperienza che i dischiude attraverso la percezione,
fulcro di una soggettività non separata dalla sfera del corporeo e non isolata dalla
dimensione intersoggettiva.
• La percezione è una totalità strutturata e formata.
• Ne La struttura del comportamento (1938) e nella Fenomenologia della percezione
(1945) Merleau-Ponty riprende dai teorici della psicologia della forma (psicologi
della Gestalt) una nozione di forma intesa come configurazione della percezione.
• Forma è l’unità dinamica e interna alla percezione che dà all’insieme un carattere
di individualità non decomponibile.
UD 3
MAURICE MERLEAU-PONTY
• Es. quando percepisco un limone, una mela, un fiore… non ho delle sensazioni (visive
come quella del colore, gustative, tattili…) che in un secondo tempo sarebbero
associate; si tratta invece di considerare la percezione della cosa come un’unità di
sensazioni dinamica.
• Ciò significa che noi non percepiamo delle parti ma delle unità; i «sensi comunicano».
• Inoltre, percepire significa esperire uno spazio ambiente attraverso il nostro corpo che
è senziente e semovente; occorre dunque considerare l’importanza del movimento.
• La percezione è dunque formatrice; il soggetto corporeo, cioè il soggetto estetico, crea,
produce forme.
UD 3
MAURICE MERLEAU-PONTY
• La percezione configura un’unità di senso non concettualizzabile mediante la logica analitica, poiché
l’analisi separa, divide l’unità in parti.
• La percezione non è «analitica» ma «sintetica»; poiché la percezione è originaria, cioè è il primo
modo di rapportarci al mondo, allora il nostro primo rapporto col mondo è di tipo unitario, formativo,
sintetico.
• La percezione non è più un atto del soggetto ma una apertura, una interazione sensibile con le cose,
con gli altri.
• Inoltre, la forma non è una mera costruzione del soggetto; il soggetto di percezione trova già nel
mondo dei rapporti, dei legami, degli abbozzi di forma, dunque di senso.
• La realtà, che per Merleau-Ponty è natura, racchiude un «logos muto».
• La natura viene intesa come continua genesi di forme, come natura naturans che dà luogo a natura
naturata; è evidente qui il riferimento a Spinoza.
UD 3
MAURICE MERLEAU-PONTY
• La pittura di Cézanne riesce a cogliere e a esprimere l’ordinarsi stesso delle cose, il loro
logos muto, che nella sua arte diviene proferito, detto, esplicitato.
• L’idea di forma assume dunque una valenza di tipo ontologico, è l’essere stesso del
mondo estetico che artista coglie ed esprime, e che il fruitore può a sua volta cogliere.
• Se l’imitazione si limita a mostrarci, a farci vedere la natura naturata, le forme che la
natura assume, l’espressione ci mostra la natura naturata, lo slancio generatore di forma
che continua ad agire in ogni forma.
• Per questo le cose Cézanne dipinge sono sempre delle forme instabili, dinamiche, in fieri.
• L’arte esprime l’irriflesso, il precoscienziale, solo a partire dal quale si dà la riflessione, la
coscienza e dunque anche la filosofia.
PAUL VALÉRY (1871-1945)
«La Danza, a parer mio, non si limita a essere un esercizio, una piacevolezza,
un’arte ornamentale e un occasionale intrattenimento, ma una cosa seria e, per
certi aspetti, molto venerabile. Ogni epoca che ha compreso il corpo umano, o
che ha sentito, almeno, il senso di mistero di questo complesso di gesti, delle sue
risorse, dei suoi limiti, degli intrecci d’energia e di sensibilità che contiene,
ognuna di queste epoche, dunque, ha coltivato e venerato la Danza.»
«Gli strumenti di relazione nella vita, i nostri sensi, l’articolazione delle membra,
le immagini e i segni che dominano i nostri atti e la distribuzione delle nostre
energie, che coordinano i movimenti della nostra marionetta, potrebbero essere
applicati unicamente al servizio delle nostre esigenze fisiologiche […] in modo
che il loro unico scopo consistesse nella conservazione della nostra esistenza.»
Ivi, pp. 1209-1210. Corsivo nostro.
«macchina per vivere» Ivi, p. 1210.
CORPO
«[La sensibilità] non è solo una serie di proprietà ricettive o transitive, ma [le si]
deve anche attribuire […] virtù produttive [che fanno sì che essa] non si limiti a
rispondere, ma ponga domande e proponga risposte.»
• Gli organi e le parti del corpo comunicano tra loro attraverso il movimento,
creando un ‘‘dialogo corporeo’’:
«ci invitano […] a soffermarci sul sentire, ad agire per accrescere le loro
impressioni in intensità o durata. Quell’azione che ha la sensibilità che la
guidi anche nella scelta dei suoi mezzi, si distingue nettamente dalle azioni di
ordine pratico [che] rispondono a esigenze e impulsi che si placano con la
soddisfazione che ricevono [mentre] nell’ambito della sensibilità esclusiva
[…] la sensazione esalta la sua attesa e la riproduce, senza che […] alcun
limite certo, alcuna azione risolutiva possa direttamente abolire tale effetto
dell’eccitazione reciproca. Organizzare un sistema di cose sensibili che
possieda questa proprietà, ecco l’essenziale problema dell’Arte.»
Ivi, p. 1226. Corsivo nostro.
ARTE
«L’uomo è quell’animale singolare che si guarda vivere, che si
attribuisce un valore, e fa consistere il valore che ama attribuirsi
nell’importanza data a percezioni futili e ad atti privi di
conseguenze fisiche vitali […] la nostra curiosità, più avida di
quanto sia necessario, e la nostra attività, più eccitabile di quanto lo
esiga ogni scopo vitale, si sono sviluppate fino all’invenzione delle
arti, delle scienze, dei problemi universali, e fino alla produzione di
oggetti, forme, azioni, di cui si poteva agevolmente fare a meno,
eppure, quell’invenzione e quelle produzioni libere e gratuite, tutto
quel gioco dei nostri sensi e dei nostri poteri si sono trovati a poco
a poco una sorta di necessità e di utilità. L’arte e la scienza […]
tendono a forgiare una specie di utile dall’inutile […] così la
creazione artistica non è tanto una creazione di opere quanto una
creazione del bisogno di opere, poiché queste ultime sono prodotti,
oggetti, che presuppongono domande, bisogni.»
Ivi, pp. 1211-2. Corsivo nostro.
CORPO E ARTE
«Nell’uso pratico o astratto del linguaggio, la forma, vale a dire ciò che è fisico,
sensibile, e l’atto stesso del discorso, non si conserva; non sopravvive alla
comprensione; si dissolve nella chiarezza, ha agito e svolto il suo compito; ha
fatto capire-insomma, ha vissuto.» P. Valéry, Poésie et pensée
abstraite, op. cit., p. 1141.
«La danza non va da nessuna parte […] Non si tratta […] di effettuare
un’operazione compiuta ma di creare, e di mantenere, esaltandolo, un certo stato
[…] La poesia […] non muore per il fatto di aver vissuto. È fatta per rinascere
dalle sue ceneri e ridiventare indefinitamente ciò che era.» Ivi, p. 1147-8.
Corsivo nostro.
POESIA E DANZA
• Il linguaggio ordinario (non solo quello legato alla vita pratica ma anche quello astratto) cessa di esistere una
volta che ha raggiunto l’obiettivo di rendere comprensibile un concetto
• Al contrario, la poesia, così come la danza, non ha un fine esterno a se stessa che la porti a completare la sua
azione; la creazione e al mantenimento di uno ‘‘stato’’ è infatti senza fine.
• MEDIAZIONE (il linguaggio e il movimento nella poesia e nella danza) vs IMMEDIATEZZA del linguaggio
e del movimento ordinari.
LO ‘‘STATO DI DANZA’’ E’ SENZA FINE
«La danza […] si svolge nel suo proprio stato, si muove in sé e non ha, in sé,
alcuna motivazione, alcuna tendenza al compimento; la formula della danza pura
non deve contenere niente che faccia prevedere che essa abbia un termine. Sono
solo eventi estranei che la concludono […] la fatica, la caduta di interesse a
intervenire, ma la danza in sé non ha di che finire.»
• Se quindi da un lato la danza fa parte della vita del soggetto, dall’altro lato, per realizzarsi, necessita di una
presa di distanza dal piano della vita ordinaria:
«La Danza è un’arte dedotta dalla vita stessa, poiché essa è l’azione compiuta dall’insieme del corpo umano, ma
un’azione trasposta in un mondo, in una sorta di spazio-tempo che non è affatto quello della vita pratica.» Ivi,
p. 1209.
SOSPENSIONE DALL’ORDINARIO
«La danzatrice è dunque in un altro mondo, non quello dipinto dai nostri sguardi,
ma quello tessuto dai suoi passi, e ordito dai suoi gesti. Ma in quel mondo, non
c’è uno scopo esteriore per gli altri, non c’è oggetto da cogliere […] un oggetto
che concluda esattamente un’azione e doni ai movimenti, dapprima, una
direzione e una coordinazione esterne, poi una conclusione netta e definita […]
dunque nessuno scopo […] nessuna esteriorità […] questo distacco
dall’ambiente, questa assenza di scopo, questa negazione di movimenti
comprensibili, queste rotazioni complete (che nessuna circostanza della vita
comune esige dai nostri corpi) […] tutti questi tratti sono decisamente opposti a
quelli della nostra azione nel mondo concreto e delle nostre relazioni con esso.»
Ivi, pp. 1216-7. Corsivo nostro.
MOVIMENTO POETICO VS
MOVIMENTO PROSAICO
«Questo corpo sembra essersi staccato dai suoi equilibri consueti, si direbbe che sfidi in sottigliezza […] il suo
peso fisico, di cui elude in ogni istante la tendenza alla grevità […] tale corpo si dà un regime periodico più o
meno semplice, che sembra conservarsi autonomamente; è come se fosse dotato di un’elasticità superiore, che
recuperasse l’impulso proprio a ogni movimento e lo restituisse immediatamente […] Mentre danza, quel corpo
sembra ignorare quanto lo circonda. Pare avere a che fare solo con se stesso e con un altro oggetto […] da cui si
distacca o si libera, a cui ritorna ma solo per ritrovarvi ciò da cui sfuggire ancora… È la terra, il suolo, il luogo
solido, il piano su cui si trascina la vita ordinaria, e procede nella marcia, questa prosa del movimento umano.»
Ivi, p. 1215. Corsivo nostro.
SOSPENSIONE DALL’ORDINARIO
«Un occhio freddo la guarderebbe facilmente come una demente, questa
donna stranamente sradicata che senza posa si strappa alla sua stessa forma,
con le membra, diventate folli, che sembrano disputarsi terra e aria, con la
testa che si rovescia trascinando sul suolo una chioma disciolta; con le gambe
al posto della testa; con un dito che traccia non so che segni nella polvere!
[…] tutto ciò è assurdo!»
P. Valéry, L’âme et la danse (1921), in Oeuvres, vol. I. cit.; trad. it. di M. T. Giavieri,
L’anima e la danza, in P. Valéry, Opere scelte, op. cit.; p. 527.
«Ma ora non si direbbe che [Athiké] stia tessendo con i piedi un indefinibile tappeto di
sensazioni? … Intreccia, scioglie, trama la terra con la durata… O incantevole opera, lavoro
finissimo degli alluci intelligenti che assalgono, scansano, annodano e snodano, che si
inseguono, che volano via!»
Erissimaco: «[Athiké] ha reso tutto il proprio corpo snodato e ben connesso come una mano
agile…» Ivi, p. 538. Corsivo nostro.
‘‘ORGANIZZARE UN SISTEMA DI COSE
SENSIBILI’’
Nella danza, la filosofia individua:
«Quella vita interiore completamente fatta di energia e sensibilità in scambio reciproco come reversibile.» P.
Valéry, Philosophie de la danse, trad. it., op. cit., p. 1220. Corsivo nostro.
«Vita interiore, sì, ma tutta costruita intorno a sensazioni di durata e di energia che si corrispondono, e formano
una cintura di risonanze. Tale risonanza […] si comunica: una parte del nostro piacere di spettatori consiste nel
sentirsi conquistati dai ritmi, e virtualmente danzanti noi stessi!» Ivi, p. 1218. Corsivo nostro.
‘‘ORGANIZZARE UN SISTEMA DI COSE
SENSIBILI’’
«Pare [al filosofo] che, nello stato danzante, ogni sensazione del corpo che nel
contempo si muove ed è mosso sia incatenata e inserita in un certo ordine; tutte
quelle sensazioni si pongono domande e si rispondono vicendevolmente.» Ivi, p.
2014. Corsivo nostro.
DANZA E FILOSOFIA
Danza e filosofia:
• Non hanno fini esterni a se stesse
• Non garantiscono la sopravvivenza ma sono utili e necessarie per rendere manifesto il funzionamento del
nostro organismo, che resta implicito nella prassi quotidiana
• Interrogano il corpo e ne esplorano nuovi possibili ‘‘intrecci di energia e sensibilità’’, combinazioni tra parti
del corpo e tra il corpo e l’ambiente circostante
DANZA E FILOSOFIA
• Si tratta di un processo che non segue leggi prestabilite; l’ordine tra le figure si
crea di volta in volta; in questo risiede la capacità della figurazione di ‘‘rinnovare’’
il piano della vita ordinaria
FIGURAZIONE
«Ma esiste una forma degna di nota di tale dispendio delle nostre forze:
consiste nell’ordinare o nell’organizzare i nostri movimenti di dissipazione
[…] Adesso è il Tempo che gioca il ruolo di protagonista… E questo Tempo è
il tempo organico quale si trova nel regime di tutte le funzioni alternative […]
fondamentali per la vita. Ciascuna di esse si effettua con un ciclo d’atti
muscolari che si riproduce, come se la conclusione o il compimento di
ognuno di loro generasse l’impulso del seguente. Su tale modello le nostre
membra possono eseguire una serie di figure che si concatenano le une alle
altre, e la cui frequenza produce l’ebbrezza che va dal languore al delirio, da
una specie d’abbandono ipnotico a una specie di furore. Così si crea lo stato
di danza.»
P. Valéry, Degas, Danse, Dessin (1936), in Oeuvres, vol. I, Paris, Gallimard, 1957;
trad. it. a cura di M. T. Giavieri, Degas, Danza, Disegno, in P. Valéry, Opere scelte,
op. cit. p. 818.
FIGURAZIONE
«Non sembra a te […] che la creatura che vibra laggiù […] abbia l’aria di
vivere a proprio agio in un elemento simile al fuoco, in una sottilissima
essenza di musica e di movimento in cui respira un’energia inesauribile,
mentre con tutto il suo essere partecipa alla pura e immediata violenza
dell’estrema felicità? […] Si direbbe che la danza le scaturisca dal fuoco
come una fiamma! Fiamma è l’atto di questo momento che sta tra la terra e il
cielo […] quel corpo si esercita in ogni sua parte e si combina con se stesso e
assume forma su forma ed esce continuamente da sé! […] La donna che era
laggiù è divorata da innumerevoli figure […] Ruota su se stessa – ecco, le
cose eternamente congiunte cominciano a separarsi […] un corpo, con la sua
semplice forza e con un suo atto, può alterare la natura delle cose più di
quanto vi sia mai riuscito lo spirito nelle sue speculazioni e nei suoi sogni!.»
P. Valéry, L’âme et la danse, trad. it., op. cit., pp. 535-40. Corsivo nostro.
FIGURA DI DANZA, DI PAROLA, DI PENSIERO
«Athiké […] dispone con simmetria i suoi appoggi alternati; il tallone che riversa il corpo verso la punta, il
passaggio all’altro piede che riceve il peso del corpo e già lo rinvia; e così ancora, e ancora […] quell’incedere
monumentale cha ha solo se stesso come meta e da cui sono scomparse tutte le impurità variabili, diventa un
modello universale.» Ivi, pp. 520-1. Corsivo nostro.
UN MODELLO UNIVERSALE
«[La danza] è una poesia generale dell’azione degli esseri viventi: isola e
sviluppa i tratti essenziali di tale azione, le dà risalto, la spiega, e fa del corpo che
la danza possiede un oggetto le cui trasformazioni, la successione degli aspetti, la
ricerca dei limiti ai poteri istantanei dell’essere, fanno inevitabilmente pensare
alla funzione che il poeta dà alla sua mente, alle difficoltà che gli pone, alle
metamorfosi che ne ottiene, agli scarti che ne sollecita e che lo allontanano,
talvolta successivamente, dal suolo, dalla ragione, dalla comprensione ordinaria e
dalla logica del senso comune.» P. Valéry, Philosophie de la danse,
trad. it., op. cit., p. 1221.
UN MODELLO UNIVERSALE
«Lo stesso io crea figure molto diverse, e diventa logico o poeta attraverso
specializzazioni successive, ciascuna delle quali rappresenta uno scarto rispetto
allo stato puramente disponibile e superficialmente accordato con l’ambiente
esterno che è poi la condizione normale del nostro essere, lo stato di indifferenza
P. Valéry, Poésie et pensée abstraite, trad. it., op.
degli scambi».
cit., p. 1135.
RITMO
• Il superamento dello ‘‘stato di indifferenza degli scambi’’ che caratterizza la vita ordinaria avviene grazie alla
presa di distanza dal piano ordinario e dal ripristino, attraverso la figurazione, degli scambi, della
molteplicità di relazioni interne al soggetto e tra il soggetto e il mondo
• La figurazione corporea sfocia in figurazione linguistica e intellettiva
• L’efficacia della figurazione deriva dal fatto che le figure create sono sequenze ordinate nel tempo secondo il
principio di continuità
• Tale continuità è resa possibile dal RITMO, il principio che si fa garante del mantenimento della varietà
delle unità relazionali create.
IL RITMO, LA DANZA E LE ARTI
• Il ritmo è ciò che consente di individuare l’operare della figurazione corporea, che ha origine nella danza, in
tutte le arti, che si rivelano essere
«casi particolari di quell’idea generale [la danza], poiché tutte le arti, per definizione, richiedono una parte di
azione, l’atto che produce l’opera, o meglio che la manifesta.» P. Valéry, Philosophie de la danse,
trad. it., op. cit., 2118. Sottolineatura nostra.
«Ogni azione che non tende all’utilità, e che, d’altra parte, è suscettibile di educazione, di perfezionamento, di
sviluppo, si ricollega a quel tipo semplificato di danza.» Ibid. Corsivo nostro.
IL RITMO, LA DANZA E LE ARTI
• I ‘‘prodotti artistici’’, gli oggetti materiali prodotti, non sono che un pretesto per l’attività di figurazione,
un’attività essenzialmente corporea.
DANZA, POESIA, FILOSOFIA
Emerge dunque ancor di più la forza del legame tra danza, poesia e filosofia:
«Una poesia, per esempio, è azione, perché la poesia esiste solo nel momento in cui viene pronunciata: è allora
in atto. Tale atto, come la danza, ha il solo fine di creare uno stato, tale atto si dà leggi proprie, crea, anch’esso,
un tempo e una misura del tempo che gli si adattano e gli sono essenziali: non può distinguerlo dalla sua forma
di durata. Cominciare a leggere dei versi significa esordire in una danza verbale.» Ivi, p. 1218.
«Secondo me, la nostra filosofia più autentica, non risiede negli oggetti della nostra riflessione, ma nell’atto
stesso del pensiero e della sua messa in opera.» P. Valéry, Poésie et pensée abstraite, (1939),
in Oeuvres, vol. I, Paris, Gallimard, 1957; trad. it. a cura di M. T. Giavieri,
Poesia e pensiero astratto, in P. Valéry, Opere scelte, op. cit., p. 1153.
BIBLIOGRAFIA
P. Valéry, L’âme et la danse (1921), in Oeuvres, vol. I. cit.; trad. it. di M. T. Giavieri,
L’anima e la danza, in P. Valéry, Opere scelte, Mondadori, Milano 2014.
P. Valéry, Notion générale de l’art (1935), in Oeuvres, vol. I, Paris, Gallimard, 1957; trad. it.
a cura di M. T. Giavieri, Nozione generale dell’arte, in P. Valéry, Opere scelte, Mondadori,
Milano 2014.
P. Valéry, Philosophie de la danse (1936), in Oeuvres, vol. 1, Gallimard, Paris 1957; trad. it.
a cura di M. T. Giuliani, Filosofia della danza, in P. Valéry, Opere scelte, Mondadori,
Milano 2014.
P. Valéry, Degas, Danse, Dessin (1936), in Oeuvres, vol. I, Paris, Gallimard, 1957; trad. it. a
cura di M. T. Giavieri, Degas, Danza, Disegno, in P. Valéry, Opere scelte, Mondadori,
Milano 2014.
P. Valéry, Poésie et pensée abstraite (1939), in Oeuvres, vol. I, Paris, Gallimard, 1957; trad.
it. a cura di M. T. Giavieri, Poesia e pensiero astratto, in P. Valéry, Opere scelte,
Mondadori, Milano 2014.