Educazione Civica
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ARTE
In Grecia, dove l’arte era considerata imitazione della Natura e della sua perfezione,
qualsiasi manufatto dell’uomo che si presentava in condizioni degradate poneva
l’incombente necessità di ripristinarne l’unità. I primi lineamenti di un’ideologia di
restauro, come salvaguardia di un patrimonio del passato, si manifestarono nella seconda
metà del XV sec. Con la fine dell’Impero Romano, i cambiamenti politici e religiosi
determinarono nuovi atteggiamenti nei confronti dell’arte e del restauro che divenne
espressione esclusivamente religiosa. Ma non esisteva ancora il restauro come mestiere e
chi restaurava era innanzitutto artista/pittore che difficilmente si tratteneva da qualche
ridipintura.Il Vasari, nelle sue “Vite”, commentando “sarebbe meglio tenersi alcuna volta
le cose fatte da uomini eccellenti più tosto mezze guaste, che farle ritoccare da chi sa
meno. Anche la moda del collezionismo portò alla diffusione di pratiche di restauro dei
dipinti che venivano talvolta tagliati o ingranditi in relazione alle esigenze di allestimento.
Alla figura dell’artista che ritoccava, rinettavao invecchiava un dipinto si era affiancata
quella del restauratore. In Italia, per tutta la prima metà dell’Ottocento, erano poche se
non rare le figure professionali di restauratori con una formazione strettamente tecnica.
Sempre nell’Ottocento si fecero strada le teorie del restauro del francese Eugene
Viollet-le Duc (1814-1879) e dell’inglese John Ruskin (1819-1900). Viollet-le-Duc. Le
loro teorie, su posizioni fondamentalmente opposte, crearono due diverse correnti con
numerosi sostenitori. Il restauro moderno è ormai universalmente riconosciuto come
intervento conservativo sull’opera d’arte. Un buon intervento di restauro deve
necessariamente partire da una approfondita conoscenza dell’opera raccogliendo il
maggior numero di elementi conoscitivi, storici e scientifici. Possiamo riassumere e
condensare la Storia del Restauro in due grandi fasi: pre e post ‘700. Fino al XVIII
secolo, infatti, il restauro consisteva principalmente nel ricostruire o ristrutturare i
beni immobili e modificare o riportare all’antico splendore i beni mobili.[18:02,
26/5/2022] Dido: Dal ‘700, invece, si sono susseguite più esperienze che hanno
creato una disciplina diversa, che poneva l’attenzione più sull’aspetto conservativo
che ricostruttivo e che riportava al centro l’opera in quanto documento storico e non
più solo come oggetto artistico di cui godere.
È con la conferenza internazionale di architetti ad Atene che viene definita e scritta la prima
Carta del restauro, la Carta di Atene del 1931. Articolata in 10 punti indica alcune
raccomandazioni per i governi degli Stati. L'intento della carta fu quello di favorire la
conservazione dei beni culturali, fissando i principi generali su cui sia legittimo operare nel
campo del restauro. Questo documento fu redatto allo scopo di conservare e preservare la
grande quantità di opere d'arte architettoniche e non, presenti sul territorio nazionale.
Nonostante lo sforzo di Giovannoni il documento rimase allo stato di semplice circolare
amministrativa, incapace di agire sulle azioni dello stesso ministero con il potere/dovere sulla
tutela del patrimonio. Dopo le distruzioni inferte al patrimonio culturale (artistico,
architettonico, e storico) di molte nazioni d'Europa e del resto del mondo ed esauritasi la fase
immediata di ricostruzione post-bellica, gli interrogativi e le acquisizioni teoriche scaturite
erano state oggetto di un incontro di riflessione promosso nel 1964 a Venezia. Sulla base di
questa profonda riflessione teorica si arrivò alla realizzazione e divulgazione di un documento
comune, denominato in breve "Carta di Venezia. Il documento veneziano nasce dalla necessità
di rinnovare, approfondire e ampliare i contenuti della precedente Carta di Atene.
Successivamente altri convegni internazionali apportano integrazioni e nuove scritture: La
Carta di Amsterdam nel 1975, La Carta di Washington nel 1987 e La Carta di Cracovia nel
In apertura della voce dell'Encyclopédie dedicata al " Bello " , il
IL CONCETTO DI BELLEZZA filosofo e scrittore Denis Diderot, tra le figure più importanti
dell'Il luminismo francese, osserva che tra le cose di cui più si
parla più di tutte vi è la natura del bello. Tutti , spiega Diderot , «
parlano del bello : lo si ammira nelle opere di natura ; lo si esige
nelle produzioni dell’arte, si concede o nega questo attributo a
ogni momento ; Pubblicata nel 1752 , la voce di Diderot si
inserisce all'interno di un dibattito filosofico sul tema del " bello "
e delle " belle arti " che , di lì a poco , avrebbe portato
all'emergere della nozione moderna di bellezza . Fino a quel
momento , il concetto di bellezza era stato riferito a un insieme
di fenomeni molto ampio ed eterogeneo , e aveva trovato una
legittimazione teorica soprattutto in rapporto a concezioni di
carattere etico o metafisico. È a partire dal Settecento che il
concetto di bello acquista una sua autonomia e un senso più
preciso. È bene fare attenzione , tuttavia , perché " bello " è un
termine ambiguo , equivoco , che nel linguaggio comune viene
spesso utilizzato in un'accezione diversa rispetto a quella
propriamente estetica . Bisogna però chiarire la differenza tra
questi due modi di intendere il concetto di bello. L'accezione a
cui generalmente si riferisce l'uso corrente del termine è
un'accezione descrittiva di bellezza , come espressione di
Una seconda accezione , la sola ad avere legittimità estetica , è invece l'accezione valutativa
di bellezza , che riguarda la riuscita di un'esperienza estetica ad esempio di un'opera. Paolo
D'Angelo tra I piu noti studiosi di estetica in Italia, ha affrontato in modo approfondito il tema
della Bellezza in rapporto alla Riflessione estetica, fornendo Importanti suggerimenti in merito
alla distinzione tra il significato valutativo e il significato descrittivo del Termine "bello". Per
noi sarebbe sufficiente dire che quando uso ' bello ' in questo senso sto dicendo che ho
davanti un'opera d'arte.
L' opera d'arte è una nozione valutativa e
onorifica , ragione per cui non esistono
opere d'arte brutte , perché le opere d'arte
brutte semplicemente non sono opere
d'arte. Ma se dico che ho davanti un'opera
d'arte che non produce un'esperienza
estetica , questo è contraddittorio perché
non c'è nessun'altra caratteristica che può
accertarmi del fatto che si tratta di
un'opera d'arte . È altrettanto paradossale
affermare che ci sono opere d'arte che non
producono esperienze estetiche. Dunque ,
A nostro parere , quando diciamo ' bello ‘
vogliamo semplicemente dire che c'è qualcosa che produce un'esperienza
estetica. L'ambiguità del termine ' bello ' risiede nel fatto che esso , accanto a
questo significato puramente valutativo , ne possiede anche uno descrittivo .
Possiamo definire ' bella con un accezione descrittiva quando intendiamo non
soltanto lodare l'opera in questione , ma sottolineare che essa ha delle
caratteristiche di piacevolezza , amabilità , gradevolezza.
PATRIMONIO CULTURALE IMMATERIALE