Luigi Sturzo y El Antifascismo Católico1
Luigi Sturzo y El Antifascismo Católico1
Luigi Sturzo y El Antifascismo Católico1
Riassunto:
Lo scopo di quest’articolo è ricostruire le azioni e le idee di una delle tendenze dell'antifascismo
cattolico degli anni '30 e '40: i cosiddetti "Populares", un gruppo di militanti del "Partido Popular" di
Buenos Aires che seguirono il pensiero politico di Luigi Sturzo durante il suo lungo esilio a Londra e
New York. Anche se gli "Sturzianos".
Gli "sturziani" argentini non raggiunsero il loro obiettivo principale di lanciare un grande
raggruppamento cristiano-democratico, ma contribuirono alla diffusione dell'opera di Sturzo nel
paese e all'emergere di un filone "populista" nel cattolicesimo democratico del periodo tra le due
guerre.
Il contenimento del "virus" modernista all'inizio del XX secolo ha scatenato una vera e propria caccia
alle streghe nella Chiesa cattolica, aprendo la strada all'introduzione di modelli organizzativi più
centralizzanti. L'Unione Popolare Cattolica, lanciata nel primo dopoguerra durante il pontificato di
Benedetto XV, e, nel decennio successivo, l'Azione Cattolica furono le grandi scommesse di Roma in
questo campo, volte a disciplinare il vasto ed eterogeneo mondo delle istituzioni del laicato.(3)
A differenza di altri possibili modelli come il Volkverein in Germania, le organizzazioni romane
ridussero sostanzialmente l'autonomia degli organismi esistenti come circoli operai, leghe, sindacati
elettorali, associazioni culturali, comitati, atenei, ecc. ponendoli sotto il controllo di consigli di
amministrazione o consigli direttamente legati alle gerarchie ecclesiastiche di ogni paese.(4)
Allo stesso tempo, si trattava di coordinare le attività e di evitare, per quanto possibile, la
concorrenza, riorganizzando i compiti della militanza in leghe, come nel caso dell'Unione Popolare, o
in filiali, come fu poi il caso dell'Azione Cattolica Italiana. Nessuna delle leghe o dei rami prevedeva la
formazione di partiti politici, cosicché la creazione di queste organizzazioni significava
contemporaneamente lo smantellamento della democrazia cristiana, che aveva sperimentato
diverse formazioni dall'inizio del XX secolo.
Per i settori dominanti della Curia romana, sostenuti dai filoni monarchici del cattolicesimo europeo
e rafforzati dalle epurazioni provocate dalla crisi modernista, la democrazia elettorale continuava ad
essere vista, in larga misura, negli stampi intransigenti di Pio IX, come uno dei mali sorti dal cuore del
liberalismo. Nel caso di paesi considerati cattolici, come la Spagna, il Portogallo, l'Italia e l'Argentina,
il sostegno ai partiti di ispirazione cristiana significava anche andare controcorrente rispetto al
nascente nazionalismo favorevole alla Chiesa. Creare partiti e impegnarsi nella lotta elettorale
significava correre il rischio di erodere il processo di progressiva assimilazione tra nazione e
cattolicesimo, che richiedeva un clero e un laicato distanti dalle parti in lotta, svolgendo in ogni caso
il ruolo di garanti dell'identità nazionale.(5)
In Argentina, l'Unione Popolare Cattolica - lanciata nel 1919 - non raggiunse i risultati attesi dai suoi
promotori e fu sciolta alla fine degli anni '20, fortemente contrastata dai Circoli dei Lavoratori, dai
gruppi democristiani e persino dalle gerarchie di alcune diocesi. L'Azione Cattolica, creata nel 1931
sul modello della sua controparte italiana, ebbe un destino migliore. Aiutato da un contesto
nazionale e internazionale favorevole e dalle tensioni all'interno degli stessi partiti cattolici, ha
raggiunto un grado di verticalizzazione senza precedenti, così come la disarticolazione dei piccoli
partiti che si erano formati a Buenos Aires, Rosario e Santa Fe.(6)
Sopravvissero però alcuni gruppi che, contrariamente alla posizione delle gerarchie locali,
continuarono a promuovere la formazione di partiti e raggruppamenti di ispirazione democristiana,
dando vita nella seconda metà degli anni '30 a un movimento cattolico antifascista.(7)
La figura del filosofo Jacques Maritain -come hanno messo in evidenza opere recenti- suscitò un vero
e proprio fascino, soprattutto tra i cosiddetti "personalisti" o "evangelici" della rivista Ordine
Cristiano, e acquisì ben presto un posto predominante.(8)
Non fu però, come vedremo in questo lavoro, l'unica influenza importante. Anche il fondatore del
Partito Popolare Italiano, Luigi Sturzo -in esilio a Londra e New York tra il 1924 e il 1946- godette di
un alto profilo, specialmente a metà degli anni '40 quando l'ascesa della democrazia cristiana in Italia
lo portò alla ribalta.(9)
Divenne anche il principale punto di riferimento di una delle tendenze dell'antifascismo cattolico
locale, i popolari argentini, che volevano costituire un partito nazionale e con i quali mantenne
legami epistolari per più di un decennio, dalla metà degli anni '30 fino almeno alla metà degli anni
'40.
Lo scopo di quest'articolo è quello di ricostruire le azioni e le idee degli "sturzianos" argentini che,
anche se non raggiunsero alla fine il loro obiettivo principale di lanciare un raggruppamento politico
di una certa importanza, contribuirono alla diffusione dell'opera di Sturzo nel paese e, come
analizzeremo nella sezione finale, all'emergere di un filone "populista" tra i cattolici democratici del
periodo interbellico.(10)
Gli Sturzi argentini:
La ricerca del partito e delle imprese editoriali.
Sebbene la figura di Luigi Sturzo non fosse sconosciuta nel cattolicesimo argentino negli anni venti, la
sua ascesa alla ribalta avvenne nel decennio successivo, nel contesto della forte polarizzazione
generata dalla guerra civile spagnola, dall'avanzata del fascismo e del comunismo e, infine, dalla
seconda guerra mondiale. In questo contesto, la vita e l'opera di "Don Sturzo" cominciarono a
suscitare un interesse crescente tra i cattolici antifascisti, sempre più isolati e desiderosi di trovare
figure di statura internazionale che li aiutassero a sostenere la loro predicazione.
I primi a diffondere il loro lavoro - e alla fine i loro principali seguaci - furono alcuni membri del
"Partido Popular de Buenos Aires", creato nel 1927 da José Pagés, Félix Luchía Puig e il sacerdote
Sebastián Monteverde (Pagés 1930). Il raggruppamento, ispirato al disciolto Partito Popolare
Italiano, sventolava le bandiere del pensiero cristiano sociale e, come era stato nelle intenzioni del
fondatore dei "Círculos de Obreros", Federico Grote, non esigeva il confessionalismo dai suoi
membri.(11)
Posizioni simili furono adottate anche da altri partiti a base democristiana come l'"Unión Popular de
Rosario" o l'"Unión Santafesina" durante la seconda metà degli anni '20, riunendo settori dei
cosiddetti Comitati di Azione Cattolica creati nel 1921 (Mauro 2011). Consumati da fallimenti
elettorali e scontri interni, e circondati dall'indurimento delle posizioni dell'episcopato dopo
l'adozione del modello dell'Azione Cattolica italiana, i diversi gruppi finirono per sciogliersi intorno al
1930, con molti dei loro militanti che entrarono nelle file dell'"Azione Cattolica". Una parte del
"Partido Popular" de Buenos Aires, tuttavia, nonostante le sconfitte e l'esodo di alcuni dei suoi
membri, riuscì a mantenere una certa coesione, ottenendo persino una rappresentanza nel
"Consiglio Comunale di Buenos Aires".
Tra il 1932 e il 1934, il partito reclutò nuovi militanti e tenne una serie di riunioni per discutere la
situazione argentina ed europea e la portata della cosiddetta Internazionale Bianca. Furono anche
istituite commissioni di studio che, tra le altre cose, analizzarono i programmi del disciolto Partito
Popolare Italiano e quelli di altri partiti di presunta ispirazione cattolica in Europa e America Latina.
Finalmente, dopo varie assemblee, fu concordata una carta organica e fu ripresa l'attività editoriale
attraverso un piccolo giornale chiamato Presente, scritto dai giovani del partito e promosso da uno
dei leader più intraprendenti dell'epoca, Miguel Guglielmino.
I cosiddetti "Populares" si presentavano come difensori dei principi social-cristiani e incoraggiavano
una tendenza operaia che, in nome di un modello sociale con toni più corporativi -anche se
esplicitamente antifascisti-, propugnava l'istituzione della proporzionalità nelle camere e la
rappresentanza degli interessi professionali nello Stato. A tal fine, proposero "l'istituzione di Consigli
superiori della cultura, dell'industria, del commercio e del lavoro" eletti direttamente dalle
federazioni nazionali delle rispettive professioni "con funzioni consultive e con diritto di iniziativa per
la presentazione di leggi". Come il Partito Socialista, anche i "Populares" argentini promossero
l'abolizione delle imposte di consumo, la lotta contro il latifondo e la promulgazione di leggi per
proteggere i lavoratori, come quelle sull'orario massimo di lavoro, i salari minimi, i salari familiari e la
salute e sicurezza sul lavoro. Hanno anche proposto il "riconoscimento legale delle organizzazioni
sindacali", così come l'approvazione di una legge che stabilisca "l'associazione professionale
obbligatoria e il sindacato libero, garantendo così l'adesione al sindacato di scelta".
In questo modo, secondo il partito, si batteva per la democrazia "non nella forma inorganica e
centralizzata di oggi, ma per la democrazia organica, popolare e decentralizzata di domani", per la
quale era indispensabile combattere sia "il fatalismo di una dittatura del proletariato sia quello di
certe oligarchie prepotenti attraverso interessi economici o la violenza politica".(12)
All'epoca, in linea con le richieste della dittatura del generale José Félix Uriburu, e come fecero altri
partiti, elaborarono una carta dettagliata che regolava il funzionamento interno del partito, basata
sul voto dei suoi membri e la creazione di consigli direttivi sul modello dei partiti di massa. L'apertura
del 1927 fu mantenuta, non richiedendo la professione della fede cattolica per l'adesione - come
insisteva Sturzo - ma fu incorporata come condizione per essere candidati o per far parte degli
organi direttivi del partito.(13)
Il modello era ancora una volta, come insisteva Sturzo, lo stesso del 1927.
Il modello era di nuovo, a grandi linee, il Partito Popolare Italiano, o almeno quello che si supponeva
fosse stato il PPI. I loro riferimenti in questo senso erano, in quegli anni, le conferenze di Luigi Chiti,
emigrato italiano e seguace dei popolari, e gli articoli pubblicati da Sturzo sul Matí di Barcellona,
tradotti e commentati da Miguel Guglielmino, che allora ricopriva il ruolo di segretario generale.(14)
Chiti, che aveva iniziato a corrispondere con Sturzo, fece da tramite e ben presto si stabilì un
regolare flusso di corrispondenza tra vari militanti del PPA e il leader del disciolto PPI. Dopo alcuni
scambi, Gulgielmino osò persino chiedere a Sturzo una foto autografata da esporre in sede, poiché,
come spiegò, speravano di seguire il più fedelmente possibile gli insegnamenti dell'uomo che
consideravano "il nostro Maestro".(15)
Chiti, da parte sua, molto attivo nel gruppo, cominciò a valutare la possibilità di pubblicare in patria
Lo Stato totalitario, che era appena stato tradotto a Madrid.(16)
Cercò di convincere Sturzo a pubblicarlo nel suo paese. Cercò di convincere Sturzo che sarebbe stato
un contributo fondamentale, vista la crescita di correnti "nazionaliste" -in molti casi apertamente
fasciste- tra i cattolici argentini, e un'occasione per rilanciare il partito che, con l'arrivo di Guielmino
come segretario, era stato riattivato. Gli propose, in particolare, di produrre un opuscolo sotto
l'impronta del partito - il cosiddetto Editoriale Popolare - e di inviarlo anche ad altri periodici. Sturzo
si interessò subito, autorizzando la pubblicazione e cedendo i proventi delle eventuali vendite alla
causa "popolare".(17)
L'edizione argentina uscì quasi immediatamente alla fine del 1936 con un timbro del partito e una
copertina disegnata dal figlio di Chiti. Anche se si trattava di un piccolo pamphlet piuttosto
rudimentale con una circolazione limitata, la firma di Sturzo generò delle ripercussioni. Tra queste
c'era una critica del principale quotidiano cattolico, "El Pueblo", che era allineato con le sezioni
"nazionaliste".(18)
Il giornale contestava a Sturzo e ai popolari argentini di aver affermato che il fascismo era totalitario
e che l'Azione Cattolica non godeva di libertà in Italia. Secondo il giornale, queste erano falsità
incoraggiate dai comunisti e difese anche dai "vecchi" cattolici che, attaccati al liberalismo come il
fondatore del PPI, erano in definitiva la fonte di tutti i mali. Guglielmino scrisse immediatamente a
Sturzo raccontandogli in dettaglio la ricezione dell'opuscolo e spiegandogli che il partito aveva
cercato di inviare una risposta per iniziare una polemica pubblica ma che, presumibilmente, il
direttore del giornale aveva deciso di non pubblicarlo e di non permettere il dibattito.(19)
Nel corso del 1937, nello stesso periodo, il giornale Presente pubblicò diversi articoli sulla
Democrazia Cristiana e la Lettera dei vescovi belgi che Sturzo chiese di far circolare nel paese per
combattere "gli equivoci" sul fascismo, soprattutto di fronte alla "confusione" generata tra i cattolici
dalla sanguinosa guerra civile in Spagna.(20)
Dopo le ripercussioni ottenute da Lo Stato totalitario -pubblicato anch'esso come articolo da Fatti e
Idee con prefazione di Chiti alla fine del 1936-(21) , Sturzo fu felice di offrire al partito i diritti del suo
Essai de sociologie, appena pubblicato in Francia.(22)
Non gli interessava il denaro ma voleva che il testo, pur legato al partito, fosse pubblicato da una
prestigiosa casa editrice accademica. Cominciò anche, su richiesta di Guglielmino, a inviare brevi
appunti e riflessioni manoscritte sulla situazione in Italia e sulle azioni del fascismo affinché i popolari
argentini avessero elementi per contrastare le manipolazioni dei settori nazionalisti che
"dimenticavano" le parole del papa.(23)
In una di queste lettere, Sturzo ricordava al segretario del PPA che in Italia né la Chiesa né l'Azione
Cattolica avevano saputo difendere i "sindacati cristiani (Confederazione Italiana dei Lavoratori che
raggruppava più di un milione di lavoratori cattolici)". Il fascismo "li privò di tutti i diritti" e li costrinse
a sciogliersi nel 1927. Allo stesso modo, "il Papa, per non continuare lo scontro con il fascismo, ha
inviato lui stesso una lettera di protesta ai boy scout cattolici, cosa che alcuni cattolici hanno
smentito".(24)
Gli ricordò anche gli scontri del 1931 e l'enciclica Non abbiamo bisogno, e soprattutto le dichiarazioni
del Papa sulla guerra in Africa, in particolare il discorso del 28 agosto 1935, che "nessun giornale
cattolico italiano" e "nessun vescovo" non hanno spiegato e diffuso. Così, "il discorso stesso fu
dimenticato.(25)
Nel frattempo, la corrispondenza accennava a qualche dissenso e rivalità all'interno della PPA tra
Guggenheim e all'interno della PPA tra Guglielmino e Chiti sulla pubblicazione dell'Essai.(26)
Secondo quest'ultimo, l'ostinazione del primo ad autofinanziare l'opera, in contrasto con la volontà
di Sturzo di cercare una prestigiosa casa editrice, aveva il solo scopo di assicurarsi la paternità del
prologo. In questo modo, sottolineava, anteponeva la sua vanità e le sue piccole ambizioni personali
agli interessi del partito, utilizzando, inoltre, il suo status di "gringo (lo straniero in genere e l'italiano
in specie)" per squalificarlo nelle riunioni interne, poiché, spiegava a Sturzo, "gli argentini" li
considerava "essere inferiori" e, quindi, ogni differenza diventava una questione di onore personale
che feriva la "suscettibilità" dei locali.(27)
Nonostante le tensioni e le rivalità, il lavoro congiunto del consiglio di amministrazione e del "nucleo
sturziano" continuò. Con più calma, in un'altra delle sue lettere, Chiti mitigò i suoi giudizi e fece
notare che, anche con i suoi difetti, Guglielmino era prezioso per il partito. Era intraprendente e
abbastanza attivo, soprattutto rispetto ad altre figure di spicco come José Pagés, che definiva "di
principi inamovibili come vecchio milite della Democrazia Cristiana, ma politicamente non atto".(28)
In quel periodo, inoltre, il Partito organizzò il Comitato Argentino per la Pace Civile e Religiosa in
Spagna, che appoggiò l'appello internazionale di Sturzo per una tregua: "Se la Spagna non è ancora
pronta a far cessare la guerra", sottolinearono, "spetta a noi lavorare per preparare la pace". Non
[...] come i terribili idealisti che vogliono il trionfo assoluto della Repubblica in nome del socialismo,
del comunismo o della democrazia; o la vittoria di Franco in nome del fascismo, del nazionalismo o
della religione cattolica. Non si può distruggere una metà della Spagna per dare la vittoria all'altra
metà".(29)
L'intervento generò subito delle ripercussioni, a partire da quelle dell'ambasciatore spagnolo a
Buenos Aires, Ángel Ossorio y Gallardo, difensore delle idee cristiano-democratiche e uno dei
divulgatori e traduttori dell'opera di Sturzo in Spagna dalla metà degli anni '20. Ossorio y Gallardo gli
scrisse con disgusto perché, pur essendo grato per le buone intenzioni del PPA, era necessario un
impegno maggiore, poiché si trattava "semplicemente di sapere se c'è o no il diritto nel mondo, se
c'è o no la libertà, se c'è o no la personalità umana". In questo scenario, era necessario rinunciare
alle "illusioni di compromesso" e "chiedere semplicemente al cielo il trionfo della giustizia".(30)
In un'altra lettera, più critica, indicava direttamente "la colpa degli egoisti, dei paurosi e dei vacillanti
".(31)
Mentre, da un lato, gli sturziani argentini venivano interrogati da Ossorio y Gallardo, monsignor
Franceschi, di Criterio, rendeva pubbliche le sue differenze con Sturzo. Pur essendo d'accordo sul
corporativismo, non era d'accordo sul trattamento riservato a regimi come quelli del Portogallo e
dell'Austria che, a suo parere, non potevano essere considerati fascisti, ma, al contrario, esempi
pieni di dottrina sociale cristiana, evitando per il momento di entrare nel dibattito sulla situazione
della Spagna.(32)
Anche Mario Intaglietella, direttore del giornale fascista Il Matino d'Italia, intervenne definendo le
riflessioni di Sturzo "povere e infantili" per la sua " mentalità vecchia, corrotta". Mise anche in
discussione Franceschi per aver accettato di pubblicare Sturzo nel Criterio e, ancora peggio, per
essere d'accordo con lui su alcuni aspetti.(33)
Dopo le polemiche di quegli anni, i popolari cominciarono a valutare le possibilità di finanziare un
piccolo giornale. Secondo Guglielmino, questo era un passo indispensabile per creare "atmosfera"
perché, anche se traducevano rapidamente i testi di Sturzo, non riuscivano a pubblicarli facilmente.
D'altra parte, come era successo nel caso delle critiche nel giornale El Pueblo, non avevano spazio
per continuare il dibattito e stabilire una posizione, ed erano in balia dei loro nemici che, d'altra
parte, avevano diverse pubblicazioni, molte delle quali direttamente fasciste. L'obiettivo, quindi,
concludeva Gulgielmino a metà del 1938, era quello di mettere in circolazione almeno un piccolo
giornale di poche pagine che permettesse loro di facilitare i compiti di diffusione e di alimentare il
dibattito. Il parroco di Pilar, Silvio Braschi, vicino a Guglielmino e attivista del partito, immaginava
addirittura la possibilità che Sturzo visitasse il paese e magari tenesse una conferenza all'Università
di Buenos Aires, scenario imbattibile per il lancio del nuovo giornale.(34)
Il progetto andò avanti e, anche se la visita di Sturzo non si concretizzò, il primo numero di "Tiempos
Nuevos" vide la luce il 1° maggio 1939, in coincidenza con il cambio di direzione del partito, ora
guidato da Guglielmino, che assunse anche il ruolo di direttore ed editore del nuovo giornale. Anche
se era piuttosto rudimentale, pubblicato mensilmente e senza una solida fonte di finanziamento, fu
comunque uno sviluppo significativo che rompeva con il tono monotono della maggior parte delle
pubblicazioni relative al cattolicesimo.(35)
Il lancio del giornale -che ha fatto di Sturzo il suo principale punto di riferimento- ha generato un
rinnovato clima di ottimismo tra i suoi membri. Silvio Braschi si permise allora di riprendere, dopo il
fallimento dell'edizione dell'Essai - che alla fine non poté essere finanziata - il progetto di pubblicare
Il ciclo della creazione. Tetralogia cristiana. Poema drammatico in un prologo e quattro azioni,
pubblicato da Bloud & Gay a Parigi nel 1932;(36) il testo era destinato a rilanciare l'Editorial Popular
o a creare direttamente una nuova casa editrice.(37)
Sturzo accettò la proposta e seguì da vicino il lavoro di traduzione del sacerdote Carlos Cuchetti e
quello di progettazione di Domingo Petriella, al quale scrisse di suo pugno per ringraziarli dei loro
sforzi, valutando anche con loro la possibilità di drammatizzare e musicare l'opera.(38)
Il successo de Il ciclo entusiasmò Braschi, che propose nuovamente a Sturzo di pubblicare le sue
opere maggiori, insistendo che gli fossero garantite qualità e precisione nelle traduzioni;(39) questo
aspetto era particolarmente sensibile dopo una serie di conflitti generati dalla traduzione di Politiche
et morale che Ángel Ossorio y Gallardo aveva fatto per Losada.(40)
Nel frattempo, i popolari parteciparono alle elezioni municipali del 1940 nella città di Buenos Aires
con una formazione chiamata "Acción Comunal".(41)
Tra i loro obiettivi in quell'ambito, in linea con il programma del 1932, c'era l'istituzione del
referendum, così come una serie di misure per i lavoratori: tasse più basse, salari familiari, lotta alla
speculazione, borse di studio per le famiglie lavoratrici, alloggi per i lavoratori e assistenza medica.
Sventolavano anche le bandiere generali del partito: rappresentanza proporzionale, riconoscimento
dei sindacati, tassazione progressiva, divisione del latifondo, rispetto dei diritti della personalità
umana.(42)
Nonostante l'entusiasmo con cui hanno affrontato la campagna - coperta da "Tiempos Nuevos" - la
clamorosa sconfitta che hanno subito - che non ha permesso loro nemmeno di ottenere un
rappresentante nel Consiglio - li ha riportati al loro lavoro intellettuale. Durante il 1941 e il 1942,
Braschi tradusse spesso articoli di Sturzo che apparvero sul New York Times e su Il Mondo, una
rivista mensile in italiano, pubblicata a New York sotto la direzione di Giuseppe Lupis.(43)
Sturzo collaborò anche, all'epoca, alla preparazione di un testo di Guglielmino sul fascismo per la
serie di conferenze radiofoniche Renovación Social, poi pubblicate dalla rivista Orden Cristiano, che,
dopo la sua comparsa nel 1941, divenne rapidamente la principale piattaforma dell'antifascismo
cattolico a Buenos Aires.(44)
Come la nuova rivista, anche il gruppo cominciò ad attingere alle informazioni dell'agenzia ICI
(International Catholic Information), che pubblicava opuscoli con encicliche papali e interventi della
Catholic University of America di Washington, e soprattutto il Centro di Informazione Pro Deo, con il
quale Sturzo aveva uno stretto legame da quando si era stabilito negli Stati Uniti l'anno precedente e
il cui scopo era "dare notizie alla grande stampa mondiale sugli avvenimenti religiosi, con uno spirito
moderno, democratico e internazionale" (Guccione, p. 12).45 12).(45)
Nel corso del 1942, entusiasti nella speranza di rivitalizzare e forse rilanciare il Partito Popolare,
Guglielmino, Chiti e Braschi promossero localmente il movimento di resistenza al fascismo Popolo e
Libertà, creato a Londra da Sturzo nel 1936 e rifondato negli Stati Uniti dopo il suo insediamento a
New York (Guccione, p. 9). I popolari riuscirono a formare una commissione di propaganda con
membri di "Orden Cristiano", "Restauración Social" - dove Sturzo pubblicò alcuni articoli - e la
"Comisión Pro Defensa del Cristianismo" legata al ciclo radiofonico "Renovación Social". L'impresa
sembrava aver avuto un inizio di buon auspicio e, infatti, Sturzo era speranzoso sulla possibilità di
ottenere l'appoggio di De Andrea, con il quale si era scritto regolarmente fin dalla sua partecipazione
al Seminario Internazionale di Studi Sociali negli Stati Uniti.(46)
Tuttavia, dopo alcuni mesi di stasi, non senza tensioni interne, e con le speranze di ottenere qualsiasi
tipo di appoggio dall'Episcopato e dallo stesso De Andrea perse, il gruppo si diluì.(47)
Secondo Braschi, i principali responsabili erano le autorità ecclesiastiche che "non hanno detto nulla
del nostro movimento [...] Non si dice nulla di Popolo e Libertà e non si dirà mai nulla"; da un lato,
perché i vescovi "non vogliono apparire inferiori ai vescovi del Nord"; dall'altro, riflette Braschi,
perché "pretendono che i cattolici non facciano politica democratica cristiana". (48)
Per Chiti, che era un po' più autocritico, i problemi e le divergenze ideologiche all'interno dello
stesso campo antifascista non potevano essere ignorati. In particolare, gli attriti con i membri
dell'"Orden Cristiano" dovuti, tra l'altro, alla difesa del "liberalismo" e specialmente del "liberalismo
economico" da parte dei principali scrittori della rivista. Gli scontri in questo ambito portarono
persino a un'arida disputa sul nome del movimento, poiché, secondo i "maritainiani", il termine
"popolo" non era il più appropriato perché associato ai nazionalisti cattolici e, quindi, all'intervento
statale e al cosiddetto "statalismo". In particolare, hanno proposto di rinominare il gruppo "Giustizia
e Libertà", come hanno fatto specificamente negli inviti della rivista.(49)
All'epoca, né la ripresa delle riunioni del direttivo del partito -rinominato "Unión Democrática
Argentina"- non ha generato nemmeno aspettative favorevoli. Secondo Guglielmino, il compito di far
rivivere il raggruppamento era quasi impossibile dato il peso delle correnti "nazionaliste" tra i
cattolici, lo scarso appoggio dell'episcopato e la franca opposizione "del clero e dell'Azione Cattolica"
che non voleva che i cattolici "come cittadini" formassero "un partito ne popolare ne d'altra specie".
50 Secondo Braschi, invece, ottenere l'appoggio dei parroci della città di Buenos Aires era
impossibile perché "sono ricchi, molti sono capitalisti, tutti hanno l'automobile [...] Il clero povero",
che Sturzo suggeriva di chiamare, secondo Braschi, non esisteva a Buenos Aires.(51)
Chiti, solitamente più autocritico, non negò questi fattori, ma fece notare gli errori commessi
dall'"inesperienza" del gruppo e le ambizioni personali di alcuni dei suoi leader, in una chiara
allusione a Guglielmino, con cui ebbe un rapporto non privo di attriti e rivalità.(52)
Alla ricerca di una possibile via d'uscita, Braschi suggerì di avvicinarsi ad altri partiti d'ispirazione
cristiana fuori dal paese, sia negli Stati Uniti (53) - approfittando dei rapporti intessuti da Sturzo - sia
in America Latina.(54)
Si formò addirittura una commissione presieduta da Gugliemino, che si unì ad un comitato composto
da diversi esponenti dell'antifascismo cattolico del paese, come Eduardo Krapf, Pedro Podestá,
Alberto Vlez e il direttore di Orden Cristiano, Alberto Duhau, per partecipare ad un incontro
regionale in Uruguay. L'iniziativa, tuttavia, non sopravvisse al colpo di stato del 1943, che sospese
l'attività politica e sciolse i partiti.(55)
Gli sturziani argentini e il canto del cigno dei loro progetti di partito.
Mentre in Argentina il colpo di stato militare del 1943 faceva affidamento su figure emblematiche
del nazionalismo cattolico fondamentalista, a livello internazionale i venti cominciavano a soffiare
sempre più chiaramente a favore dei cattolici antifascisti e della democrazia cristiana.(56)
Il cambiamento non si rifletteva necessariamente nell'episcopato argentino, che era vicino al
governo militare, né nel principale giornale cattolico locale, "El Pueblo", come fece capire "Orden
Cristiano", ma si rifletteva in alcuni settori del laicato e nell'arena editoriale.(57)
In effetti, in poco tempo, gli Sturzianos passarono dal dover forzare la loro strada per far pubblicare
Sturzo nel paese a competere con diversi gruppi improvvisamente interessati alla sua opera.(58)
Il direttore della rivista "Océano", per esempio, gli sollecitò degli articoli e lo incoraggiò a visitare
Buenos Aires, (59) e la tipografia Corinto, gestita da Dionissio Petriella dell'Associazione Dante
Alighieri, si offrì di pubblicare "Italia en el mundo del futuro", recentemente pubblicato a Barcellona.
(60)
Germán Marco Echeverría, direttore del nuovo settimanale Estrada - censurato poco dopo dalle
gerarchie ecclesiastiche - gli scrisse per chiedere gli originali, poiché "diventava urgente per i
democratici cristiani" diffondere "il prezioso tesoro della dottrina sociale";(61) e, dai giornali della
comunità italiana, fu contattato insistentemente per conoscere il suo parere sulla situazione in Italia.
(62)
Allo stesso modo, dopo il completamento del processo di editing di Vera Vita. Sociologia del
Soprannaturale, sponsorizzato da De Andrea all'"Editorial Difusión",(63) il suo direttore, Luchía Puig,
cercò di mantenerlo nella sua sfera d'influenza proponendogli di editare nuovi materiali - come Leggi
interiori della società, la traduzione inglese dell'Essai;(64) e gli chiese, tra l'altro, "riferimenti
nordamericani che sarebbero interessanti" da pubblicare in spagnolo per combattere il
"totalitarismo", la minaccia "più dannosa" per infiltrarsi "dentro" le "stesse file cattoliche".(65)
In questo contesto internazionale più favorevole, con la guerra anche decisa, anche se l'episcopato
locale continuava a voltargli le spalle, gli sturziani speravano ancora una volta nella possibilità di
lanciare un partito cattolico di una certa dimensione. I festeggiamenti per il sesto anniversario del
giornale furono la prova di questo rinnovato ottimismo, che si poteva vedere anche nelle pagine di
"Orden Cristiano".(66)
Secondo Braschi, era, dopo tanto tempo, il momento migliore perché finalmente il papa "questa
volta ha parlato più chiaramente, senza peli sulla lingua, ha mantenuto quello che ha sempre detto",
il che, diceva, non significava che il papa non sarebbe stato in grado di dire "quello che aveva sempre
detto".
-diceva, non significava che in Argentina ci si potessero aspettare cambiamenti improvvisi o
l'appoggio dei vescovi - nemmeno quello di De Andrea - poiché "l'alto e il basso clero" preferivano
"l'abbraccio coi grandi milionari e col governo", ma anche così le cose si muovevano nel mondo e
prima o poi i cambiamenti si sarebbero fatti sentire nella Chiesa locale.(67)
Chiti era anche più ottimista, poiché molti fascisti non erano necessariamente totalitari secondo lui.
Infatti, molti avevano confuso il fascismo "con il patriottismo"; quindi, come stava accadendo dopo la
caduta del regime, a "moltissimi caduti la benda posta dinanzi ai loro occhi" a causa della "intensa
propaganda".(68)
L'editoriale del giornale fu riattivato con l'opuscolo di Ciccolo Tucci Parlare ai cattolici e si ricominciò
a tenere riunioni di discussione interna dopo un periodo piuttosto lungo di inattività. "Orden
Cristiano" fece eco alle riunioni e coprì anche le attività di altri gruppi cristiano-democratici a
Cordoba e Rosario.(69)
Il numero straordinario su "La Paz" pubblicato a metà del 1945, dopo la fine della guerra, riunì per la
prima volta dopo molto tempo la maggior parte dei settori democratici del cattolicesimo, compresi i
popolari.(70)
"Tiempos Nuevos", allo stesso modo, chiedeva una convergenza dei diversi settori, pubblicando
articoli di Manuel Ordoñez e Manuel Río sulle atrocità del totalitarismo, e di Pedro de Basaldúa sulla
dittatura di Franco.(71)
Questa rinnovata ricerca di unità fu influenzata sia dal clima internazionale favorevole sia dall'ascesa,
a livello locale, della candidatura di Perón, in cui molti di loro videro la continuità del colpo di stato
del 1943 e l'incarnazione locale di un fascismo locale di stampo creolo. La Gioventù della Democrazia
Cristiana e diverse espressioni come l'"Unión Republicana Popular" si espressero contro di essa, così
come "Orden Cristiano" e "Orientación Social", che pubblicarono numerosi articoli di denuncia del
peronismo e dei legami tra i cattolici nazionalisti e il nuovo movimento politico. Allo stesso modo, i
"populares" misero in discussione il modello di sindacalismo unico propugnato da Perón e chiesero
di seguire il programma social-cristiano dell'ex PPA.(72)
L'impulso riorganizzatore del PPA non fu l'unico.
L'impeto riorganizzatore del gruppo, tuttavia, ebbe vita relativamente breve.Dopo alcuni mesi
divenne chiaro che, nonostante l'entusiasmo prevalente, non avevano né le risorse né la forza per
rilanciare il partito. Peggio ancora, il giornale stava attraversando una crisi profonda dalla quale non
si sarebbe mai ripreso, soffocato da problemi finanziari che si trascinavano dalla sua stessa nascita,
aggravati dall'impatto negativo della guerra sull'industria editoriale. A differenza di "Orden
Cristiano", che era sostenuto da membri delle élite sociali ed economiche del paese, "Tiempos
Nuevos" e "Editorial Popular" non avevano un solido canale di finanziamento. L'Essai -i cui diritti
erano stati ceduti da Sturzo- non poté essere pubblicato proprio per mancanza di risorse e, verso la
metà degli anni '40, la stessa coesione del gruppo risentì della delicata situazione economica di
alcuni dei suoi membri. Luigi Chiti, ad esempio, lamentava la precarietà della sua situazione
lavorativa, che non gli permetteva di dedicarsi come desiderava all'attività politica, e Braschi -nella
stessa ottica- faceva riferimento al tempo crescente occupato dai suoi compiti di parroco a Pilar, la
cui distanza da Buenos Aires -una cinquantina di chilometri- aggiungeva un ulteriore fattore di
difficoltà.(73)
Un po' paradossalmente, la crisi dei popolari argentini -che alla fine si sarebbe rivelata più o meno
definitiva- avvenne proprio nel momento in cui, con l'affermarsi della democrazia cristiana in Italia e
in Europa, si registrava nel paese - e nel mondo - un rinnovato interesse per la figura di Sturzo.(74)
Considerazioni finali. un antifascismo cattolico con sfumature populiste nell'Argentina tra le due
guerre.
A differenza dei filoni più noti dell'antifascismo cattolico argentino, che, come "Orden Cristiano",
tentarono diversi canali di dialogo e confluenza tra democrazia cristiana e liberalismo politico ed
economico, gli sturziani presero fin dall'inizio una strada diversa, denunciando sia le derive fasciste
dei nazionalisti cattolici sia i tentativi di riconciliazione con il liberalismo, soprattutto in ambito
economico.(75)
Come affermavano i programmi del partito tra il 1934 e il 1940 e gli editoriali di "Tiempos Nuevos",
per i populares i principi cristiano-sociali richiedevano necessariamente un forte intervento statale e,
fin dall'inizio, un maggiore controllo sull'attività economica che, senza sopprimere l'iniziativa privata
-in accordo con quanto il cattolicesimo sociale aveva sostenuto fin dalla fine del XIX secolo- la
incanalasse verso il bene comune.
Ritenevano inoltre che, senza abbandonare le forme di rappresentanza della democrazia
parlamentare, come proposto nel programma del PPA del 1940, fosse necessario sviluppare nuove
varianti e istituzioni che riflettessero meglio la complessità sociale e le sfide del mondo tra le due
guerre.(76)
Silvio Braschi, ad esempio, riteneva che fosse giunto il momento di proporre cambiamenti nelle
forme di rappresentanza e, fondamentalmente, nelle organizzazioni cristiano-sociali sotto gli auspici
della Chiesa. I Circoli operai, in particolare, dovevano essere abbandonati perché avevano
chiaramente fallito, poiché "la classe proletaria" era ancora "divorziata dalla Chiesa". (77)
Era anche necessario porre fine alle opere di carità che "i grandi capitalisti" mantenevano con
"piacere" per far posto a vere e proprie "opere di giustizia" che riconoscessero i diritti attraverso le
leggi sociali e favorissero la creazione di nuove "organizzazioni operaie" così come di comitati o
consigli consultivi che permettessero di portare allo Stato le rivendicazioni dei lavoratori. In altre
parole, bisognava combattere il fascismo e difendere la democrazia elettorale, le istituzioni
parlamentari e i partiti politici, ma non mantenere o tornare solo al "vecchio liberalismo"(78) o,
come intendeva De Andrea, secondo gli sturziani, limitarsi a "purificare" la democrazia liberale.(79)
Guglielmino, da parte sua, anche se con un tono meno conflittuale, condivideva la stessa visione.
Uno dei compiti principali del Partito Popolare era proprio, come affermava in Tiempos Nuevos,
trasformare i sindacati da "mere associazioni di fatto" in "organi naturali della società civile" capaci,
inoltre, di consigliare lo Stato. Questo, ha chiarito, non implicava alcun tipo di limitazione della
libertà sindacale -come intendevano i fascisti- ma, al contrario, la creazione di un quadro normativo
equo per l'esercizio concreto di questa "libertà", attraverso la conclusione di contratti collettivi in
grado di soddisfare le richieste dei lavoratori in materia di salari, riposo e condizioni di vita. Questi
principi erano già stati inclusi nella piattaforma elettorale del PPA nel 1939 e nel 1940, quando
dichiarò esplicitamente la necessità che lo Stato riconoscesse le associazioni e desse loro maggiore
interferenza.(80)
Perciò, rifletteva Braschi in una sua lettera, attuare il programma cristiano sociale non fu facile, non
solo perché i nazionalisti cattolici erano inclini al corporativismo fascista o l'episcopato gli voltava le
spalle - o addirittura li combatteva - ma anche perché coloro che si dichiaravano democristiani - tra
cui De Andrea, Franceschi e i protagonisti dell'Ordine cristiano - non erano davvero disposti a
contrastare "i grandi politici capitalisti, i Franceschi", ma perché coloro che si dichiaravano
democristiani -tra cui lo stesso De Andrea, Franceschi e i principali leader dell'"Orden Cristiano"- non
erano davvero disposti a contrastare "i grandi politici capitalisti, i socialisti, il cardinale, i vescovi, il
clero ricco, tutti d’accordo contro l’operaio".(81)
Il Partito Popolare, dunque, aveva davanti a sé un compito enorme: confrontarsi con la "società
Borghese, comoda, piena di precauzioni e priva dei diritti degli operai". Chiti, ancora più diretto,
riteneva che, dopo gli attriti del 1943 nel contesto del fallito tentativo di organizzare "Popolo e
Libertà", gli accordi con i cattolici dell'Ordine Cristiano erano francamente impossibili perché erano
"un piccolo gruppo di aristocratici che hanno il terrore della parola 'popolo'".(82)
82 In questo senso, le differenze dei "Populares" con De Andrea non erano dovute solo alla loro
presunta mancanza di impegno per la democrazia cristiana a livello partitico ed elettorale o ai loro
modi 'aristocratici'. Per gli sturziani, a differenza di altri settori dell'antifascismo cattolico, De Andrea
incarnava un tipo di cattolicesimo che doveva essere sepolto nel passato. La Maison de l'Emploi,
tanto decantata dai grandi giornali -sottolineava Braschi in una lettera a Sturzo- non era altro che
una "specie di club per le donne impiegate", piuttosto "aristocratico", il cui regolamento non diceva
nulla del "programma sociale cristiano", perché il clero e i vescovi "preferiscono labbraccio coi grandi
milionari e col governo, sempre borghese"; e De Andrea o Franceschi -che Braschi rispettava
comunque intellettualmente- non facevano eccezione.(83)
Naturalmente, non tutti erano pienamente d'accordo con questi giudizi, tanto meno con una
posizione di aperto confronto. Militanti come Chiaraviglio, più moderati, ritenevano che De Andrea
potesse comunque essere un alleato, così come parte della "borghesia [...] profondamente
antifascista e molto cattolica".(84)
Guglielmino, dal canto suo, pur essendo in sintonia con Braschi e Chiti, cercava di avvicinarsi
all'Orden Cristiano e di mantenere rapporti cordiali, evidenziando le coincidenze nella speranza di
poter articolare un fronte. Su questo piano, la difesa del personalismo, la rivendicazione di
un'antropologia filosofica positiva e la denuncia dello "statalismo" costituivano un nucleo duro
comune attorno al quale ruotavano i tentativi di articolazione (Zanca, 2013).
I populares, tuttavia, inquadravano queste diffidenze e critiche all'intervento statale in un discorso
che, come abbiamo visto nella corrispondenza con Sturzo, risuonava di toni antiborghesi e
anticapitalisti, che raramente si trovavano nella rivista diretta da Alberto Duhau. Gli sturziani
concepirono la propria identità antifascista e cristiano-democratica sulla base di un forte
antagonismo basato sulla categoria del popolo, come già si riflette nel programma del 1934 in cui
mettevano in discussione l'operato delle "oligarchie prepotenti". Su questo piano, i populares
presero le distanze dal resto dell'antifascismo e, di fatto, si avvicinarono ai loro avversari: il
nazionalismo cattolico e l'emergente peronismo.(85)
Il pericolo fascista derivato dall'eccessivo intervento statale - il cosiddetto "statismo" - fu
intensamente denunciato, ma queste denunce furono inquadrate in una critica altrettanto forte
delle élite al potere e del predominio della libera impresa e della logica di mercato che non poteva
essere conciliata con il cattolicesimo. La denuncia populista di "borghesi e latifondisti" poteva anche
acquisire toni piuttosto severi, poiché si consideravano le classi dirigenti argentine responsabili
dell'ascesa del comunismo e della creazione delle condizioni per l'emergere del fascismo, incapaci di
sviluppare, per meschinità e incompetenza, il programma cristiano-sociale che le società
richiedevano. Il fascismo italiano è stato spiegato proprio in questo modo: come la conseguenza di
una lunga storia di delusioni e sofferenze da parte dei contadini, aggravata nel primo dopoguerra
dalla cecità dei proprietari terrieri e della borghesia che resistettero all'approvazione di leggi anti-
padronali, creando il terreno fertile per l'ascesa della destra radicale.(86)
La crisi del gruppo a metà degli anni '40 ebbe molto a che fare con le difficoltà economiche che,
come abbiamo sottolineato, resero difficile il loro superamento fin dall'inizio, ma, come suggeriscono
le loro posizioni ideologiche, fu anche legata alle differenze che li distanziavano dagli altri settori
dell'antifascismo in materia economica e quando si trattava di valutare il ruolo delle classi dirigenti
nel paese. In questo senso, la situazione fortemente polarizzata del 1945 e 1946, in cui l'antifascismo
-che era diventato antiperonismo- esigeva posizioni forti e definitive, li mise in posizioni sempre più
scomode e difficili da prendere. Ancora di più, di fronte all'insistente difesa del liberalismo
economico da parte di alcuni dei settori più visibili dell'antifascismo cattolico, come Duhau e Coll
Benegas dopo il vertice democristiano di Montevideo del 1947.(87)
In contrasto con le gerarchie ecclesiastiche, critici nei confronti dei nazionalisti cattolici e delle
organizzazioni di massa promosse dalla Chiesa, lontani dal peronismo ma anche dai filoni più visibili
dell'antifascismo e dell'"antiperonismo cattolico", i "Populares" argentini videro in quegli anni
svanire per sempre le loro possibilità di costituire un partito cattolico di una certa dimensione.
1 El trabajo se realizó con una beca de estancia posdoctoral del CONICET. Agradezco
especialmente al personal del archivo del Instituto Luigi Sturzo de Roma. Versiones previas se
discutieron en el I Congreso Latinoamericano e Ibérico de Historia Social (ALHIS, COLMEX,
México, marzo de 2015) y en las IV Jornadas Catolicismo y Sociedad de Masas en la Argentina
(UNMdP, Mar del Plata, mayo de 2015). Agradezco los comentarios recibidos en ambas
oportunidades.
2 Investigaciones Socio-históricas Regionales - CONICET / Universidad Nacional de Rosario.
[email protected].
3 Se intentaba dar por terminado de esa manera un período de relativa experimentación política
iniciado con el papado de León XIII, tras la férrea intransigencia de Pío IX. Al respecto, ver los
trabajos de Filoramo y Menozzi (2009), Lill (2010). Sobre la crisis modernista, ver Botti (2012).
4 Para el caso del catolicismo alemán, ver Fattorini (1986, 1997).
5 Sobre el nacionalismo católico, ver Botti, Montero y Quiroga (2013), Mallimaci y Cucchetti (2011).
6 La bibliografía al respecto es bastante extensa: Ghio (2007), Zanatta (1996, 1999), Bianchi (2001),
Caimari (2010), Mallimaci (1988), Vidal (2010), Lida y Mauro (2009), Blanco (2008), Mauro
(2010), Romero (2010), Acha (2010).
7 Sobre el antifascismo católico y la influencia de Maritain, ver Zanca (2013). Más centrados en
la democracia cristiana de la primera mitad del siglo xx, los trabajos de Ghirardi (1983),
Martín (2012), Castro, (2011), Mauro (2011).
8 Sobre los maritainianos, nuevamente ver Zanca (2013, 2013b). También los catolicismos
belga y norteamericano gozaron de cierto prestigio. 1943. La tradición americana de la
libertad religiosa en la reconstrucción del mundo, Orden Cristiano, n° 47, 15 de agosto; 1944. El
heroísmo de los católicos belgas, Orden Cristiano, n° 50, 1 de octubre.
9 Sobre Sturzo y el antifascismo internacional, consultar Guccione (1995). Centrado en sus
vínculos con España, el trabajo de Botti (2009). Para el caso Argentino, Miranda Lida tomó
nota de la influencia de Sturzo en su biografía sobre monseñor de Andrea: Lida (2012).
10 La categoría populista se emplea en la clave teórica de Mouffe (2007) y Laclau (2011).
12 Partido Popular. Ni conservadorismo liberal, ni sectarismo Rojo, Buenos Aires, 1934 (AS SDB 528,
8). 13 Sobre la no confesionalidad del partido, ver Sturzo (1925).
14 AS SDB 528, 1: Carta de Guglielmino a Sturzo, 27 de agosto de 1936. Artículos compilados por:
Ferrán Camps i Vallejo y Clotilde Parellada i Rosell (1992).
15 AS SDB 528, 3: Carta de Guglielmino a Sturzo 3/11/36; SDB 528, 1: Carta de Guglielmino a
Sturzo, 27 de agosto de 1936; 7: Carta de Guglielmino a Sturzo, 16/12/1936.
16 La edición española había sido traducido por A. Mendizábal: Luigi Sturzo, 1935. El Estado
totalitario. Madrid: Cruz y Raya.
17 AS SDB 528, 4-6: Carta de Chiti a Sturzo, 4/12/1936.
76 Los debates en ese plano circulaban en todo el espectro ideológico. Al respecto, ver Persello
(2010), De Privitellio (2011).
77 AS SEG 606, 21: Carta de Braschi a Sturzo, 26/2/1942.
78 AS SEG 605, 38: Carta de Braschi a Sturzo, 25/11/1941. 79
AS SEG 606, 27: Carta de Braschi a Sturzo, 10/7/1942.
80 1940. Reconocimiento Jurídico del Sindicato, Tiempos Nuevos, n° 9, marzo.
81 AS SEG 606, 23: Carta de Braschi a Sturzo, 6/4/1942. “... a los grandes políticos capitalistas, los
socialis- tas, el cardenal, los obispos, el clero rico, todos de acuerdo contra el obrero”.
82 AS SEG 606: Carta de Chiti a Sturzo, 10/8/1942. “...sociedad burguesa, cómoda, llena de
prejuicios y despreciativa de los derechos de los obreros...”, “...se trata de un pequeño grupo
de aristócratas que tienen terror de la palabra pueblo”.
83 AS SFK 764, 20: Carta de Braschi a Sturzo, 10/3/1945. “...es un tipo de club para las mujeres
empleadas...”.
84 AS SEG 605, 43: Carta de Chiaraviglio a Sturzo, 9/9/1941.
85 Tal vez, al menos en parte, dicha visión populista, sumada a la situación de crisis y
disgregación del grupo, explique el hecho de que finalmente sólo Guglielmino firmara el
manifiesto antiperonista de respaldo a la Unión Democrática, apoyada, sin embargo,
ampliamente por los dirigentes democristianos y muy especialmente por Orden Cristiano. 1946.
Manifiesto de los demócratas cristianos en auspicio de la fórmula presidencial Tamborini-Mosca,
Orden Cristiano, n° 104, primera quincena de febrero.
86 Aunque eran críticos de las interpretaciones economicistas del marxismo, los sturzianos resaltaban la
necesidad de desarrollar aproximaciones históricas y sociológicas para comprender un fenómeno
que, como el totalitarismo, enterraba sus raíces en procesos sociales, psicológicos y políticos de
larga duración. A eso apuntaba, al menos en teoría, la “sociología historicista” que Sturzo defendía
en Chiesa e Stato, donde afirmaba precisamente que era necesario combinar el análisis de la
estructura (sociología) con el del proceso (historia) porque “non esiste struttura sociale senza
evoluzione storica, nè processo storico senza struttura sociale”. Sturzo (1958), p. XVII. “... no existe
estructura social sin evolución histórica, ni proceso histórico sin estructura social”.
87 De los sectores más visibles del antifascismo católico, tales los casos de Duhau y Coll Benegas
tras la cumbre democristiana de Montevideo en 1947. Enfrentados con las jerarquías
eclesiásticas, críticos de los nacionalistas católicos y las organizaciones de masas impulsadas
por la Iglesia, distantes del peronismo pero también de las vertientes más visibles del
antifascismo y del antiperonismo católicos, los populares argentinos vieron por esos años
cómo se desvanecían de una vez sus po- sibilidades de poner en marcha un partido católico de
cierta envergadura.
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Lettere
Carta de Guglielmino a Sturzo 3/11/36.
Carta de Guglielmino a Sturzo, 27 de agosto de 1936.
Carta de Guglielmino a Sturzo, 16/12/1936.
La edición española había sido traducido por A. Mendizábal: Luigi Sturzo, 1935. El Estado totalitario. Madrid: Cruz y Raya.
Carta de Chiti a Sturzo, 4/12/1936.
Luigi Sturzo, 1936. El Estado Totalitario, Hechos e Ideas, n° 16, Buenos Aires, P.P.
La edición francesa había sido de Bloud & Gay: Luigi Sturzo, 1935. Essai de sociologie. París: Libraire Bloud & Gay.
Carta de Chiti a Sturzo, 24/7/1937; CF 466, 59:
Carta de Sturzo a Chiti, 13/08/1937;
Carta de Chiti a Sturzo, 2/9/1937.
Carta de Luigi Chiti a Sturzo, 24/4/1937. “... de principios inamovibles como viejo militante de la Democracia Cristiana, pero
políticamente no activo”.
Carta de Sturzo a De Andrea, 3/6/1942.
Carta de Sturzo a De Andrea, 27/8/1942.
Carta de Sturzo a De Andrea, 3/10/1942.
Carta de Chiti a Sturzo, 10/8/1942. Justicia y Libertad, Orden Cristiano nº 17, 15/2/1942.
Carta de Chiti a Sturzo, 9/5/1942.
Carta de Revista Océano a Sturzo, 1944, s/f. Oferta que Chiti consideraba tramposa ya que Océano había publicado una
necrológica favorable al ex presidente Castillo, conocido por sus ideas “nazifascite” que “furono a tutti note, come note
furono le sue campagne elettorali basata sulla frode più scandolosa.”
Carta de Chiti a Sturzo, 15/12/1944. “...fueron conocidas por todos, como conocidas fueron sus campañas electorales basadas
en los fraudes más escandalosos...”.
Carta de Chiti a Sturzo, 1/10/44;
Carta de Asociación Dante Alighieri (Petriella) a Sturzo, 26/7/1945.
Carta de Petriella a Sturzo, 16/7/1945. Edición española: Luigi Sturzo, 1945. Italia y el nuevo orden mundial. Barcelona: Los
libros de nuestro tiempo.
La opinión de Chiti en: Carta de Chiti a Sturzo, 1/10/44. Cuestionamientos a Difusión.
Carta de Sturzo a Lucia Puig, 31/5/1945.
Carta de Chiti a Sturzo, 22/4/46.
Carta de Chiti a Sturzo, 13/10/1944. “... a muchos les cayó la venda puesta delante de sus ojos...”.
Una reseña sobre el folleto en 1943. Los Libros, Orden Cristiano, n˚ 48, 15 de septiembre.
Carta de Chiti a Sturzo, 10/8/1942. “...sociedad burguesa, cómoda, llena de prejuicios y despreciativa de los derechos de
los obreros...”, “...se trata de un pequeño grupo de aristócratas que tienen terror de la palabra pueblo”.