HEGEL
HEGEL
HEGEL
Finito e Infinito
Con la prima tesi Hegel intende dire che la realtà non è un insieme di sostanze autonome, ma
un organismo unitario di cui tutto ciò che esiste è parte o manifestazione.
Questo organismo, rappresentando la ragion d'essere di ogni realtà, coincide con l'Assoluto e
con l'infinito, mentre i vari enti del mondo, essendo manifestazioni di esso, coincide con il finito.
Il finito non esiste perché ciò che noi chiamiamo finito è nient'altro che un'espressione parziale
dell'infinito ed esiste unicamente nell'infinito e in virtù dell'infinito.
Ovvero: il finito, in quanto è reale, non è tale, ma è lo stesso infinito.
L'hegelismo è una forma di monismo panteistico, vede nel mondo (il finito) la manifestazione o
la realizzazione di Dio (l'infinito).
Per Hegel l'Assoluto si identifica con un soggetto spirituale in divenire, di cui tutto ciò che esiste
è "momento" o "tappa" di realizzazione. Dire che la realtà è soggetto significa per Hegel che
essa è un processo di auto-produzione, che soltanto alla fine giunge a rivelarsi per quello che è
veramente. (finito)
Ragione e Realtà
<< Ciò che è razionale è reale; e ciò che è reale è razionale >>.
La razionalità viene intesa da Hegel come non è pura idealità, astrazione, ma la forma stessa di
ciò che esiste, poiché la ragione "governa" il mondo e lo costituisce. Viceversa, con la seconda
parte della formula, Hegel intende affermare che la realtà non è una materia caotica, ma il
dispiegarsi di una struttura razionale che si manifesta in modo inconsapevole nella natura e in
modo consapevole nell'uomo.
Perciò con il suo aforisma, Hegel esprime la necessaria, totale e sostanziale identità di realtà e
ragione. (panlogismo)
Tale identità implica anche il rapporto tra essere e dover essere, in quanto ciò che è risulta
anche ciò che razionalmente deve essere.
> L'idea in sé e per sé, o idea pura, o l'idea considerata in se stessa. Da questo angolo l'idea è
assimilabile a Dio prima della creazione della natura e di uno spirito finito, ovvero, (visto che
l'Assoluto hegeliano è un infinito permanente, che no crea il mondo, ma è il mondo) al
programma o all'ossatura logico-razionale della realtà. (è la razionalità che accompagna l'idea).
> L'idea fuori di sé o idea nel suo essere altro è la natura, cioè l'alienazione dell'idea nelle realtà
spazio-temporali del mondo.
L'idea esce fuori di sé e si confronta con la natura e con il mondo.Per conoscersi fino in fondo
dobbiamo confrontarci con l'altro --> l'idea si percepisce in modo astratto e poi esce fuori da se
e prende conoscenza di se.
> L'idea che ritorna in sé è lo spirito, cioè l'idea che dopo essersi fatta natura torna presso di sé
nell'uomo. L'idea che dopo essersi confrontata con la natura, prendendo conoscenza di se,
ritorna in se stessa con una grande consapevolezza di se stessa.
La triade creata dal filosofo non deve essere percepita in ordine cronologico, ma in maniera
logica, dove quindi lo spirito ha come condizione la natura e come presupposto l’idea pura.
A questi tre momenti Hegel fa corrispondere le tre sezioni in cui si divide il sapere filosofico:
1. la logica, che è la scienza dell'idea in sé per sé, ovvero della tesi;
2. la filosofia della natura, che è la scienza dell'idea nel suo alienarsi da sé, ovvero l'antitesi;
3. la filosofia dello spirito, che è la scienza dell'idea, che dal suo alienamento ritorna in sé,
quindi della sintesi.
6. LA DIALETTICA
L'Assoluto per Hegel è fondamentalmente "divenire". La legge che regola tale divenire è la
dialettica, che rappresenta la legge (ontologica) di sviluppo della realtà e la legge (logica) di
comprensione della realtà.
I 3 momenti del pensiero
Hegel distingue tre momenti o aspetti del pensiero:
> Il momento astratto o intellettuale consiste nel concepire l'esistenza sotto forma di una
molteplicità di determinazioni statiche e separate le une dalle altre. In altri termini, il
momento intellettuale è quello per cui il pensiero si ferma alle determinazioni rigide della realtà.
limitandosi a considerare nelle loro differenze reciproche e secondo il principio di identità e non-
contraddizione. (la prima forma di pensiero dell'idea è una)
2. COSCIENZA
Il punto di partenza è la certezza sensibile, che non rende certi di una singola cosa, questa cosa,
(es. albero) ma in quanto presente qui ed ora davanti a noi (questo o quell’albero).
→ la certezza non è certezza del particolare ma del questo, quindi un universale e generico
questo.
Il questo a sua volta è dato da un io che lo considera, anch’esso universale, giacchè anche l’io
non è che un io generale.
Inoltre l’oggetto non può essere percepito come un'unità se l’io non prende su di sé
un'affermata unità, cioè se non riconosce l’unità dell’oggetto.
Se si passa dalla percezione all'intelletto, questo riconosce nell'oggetto solo una forza che agisce
secondo una legge determinata quindi l’io è condotto a vedere nell'oggetto stesso un semplice
fenomeno, a cui si contrappone l'essenza vera dell'oggetto. Poiché il fenomeno è solo nella
coscienza, la coscienza a questo punto ha risolto l'intero oggetto in se stessa ed è diventata
coscienza di sé, autocoscienza.
3.AUTOCOSCIENZA
Con la sezione dell'autocoscienza il centro dell'attenzione si sposa dall'oggetto al soggetto
(ovvero all'attività concreta dell'io) considerato nei suoi rapporti con gli altri.
Tale sezione si muove in settori più vasti, quali la società, la storia della filosofia e la religione.
Signoria e servitù
L'uomo, secondo Hegel, è autocoscienza solo se riesce a farsi riconoscere da un'altra
autocoscienza, grazie alla quale raggiunge il suo appagamento. Si potrebbe pensare che il
reciproco riconoscersi delle autocoscienze debba avvenire tramite l'amore, il quale è il miracolo
per cui ciò che è due diviene uno. Nella Fenomenologia il filosofo sceglie invece un'altra strada,
in quanto l'amore rappresenta ancora un'unità attinta a buon mercato.
Il riconoscimento non può che passare attraverso un momento di lotta e di sfida, ossia
attraverso il conflitto tra le autocoscienze. Tale conflitto non si conclude con la morte delle
autocoscienze contendenti, ma con il subordinarsi dell'una all'altra nel rapporto servo-signore.
Il signore è colui che ha messo a repentaglio la propria vita, fino alla vittoria, mentre il servo è
colui che ha preferito la perdita della propria indipendenza, cioè la schiavitù, pur di aver salva la
vita.
Tuttavia, la dinamica del rapporto servo-signore è destinata a mettere a capo a una paradossale
inversione di ruoli, ossia a una situazione per cui il signore diviene servo del servo e il servo
signore del signore. Infatti, il signore, che inizialmente appariva indipendente, finisce per
rendersi dipendente dal servo. Invece, il servo, che inizialmente appariva dipendente, finisce per
rendersi indipendente.
Questo processo di progressiva acquisizione di indipendenza da parte del servo avviene
attraverso i tre momenti della paura della morte, del servizio e del lavoro. Infatti, lo schiavo è
tale perchè ha tremato dinanzi alla morte. Ma proprio in virtù della paura della perdita assoluta
della propria essenza, lo schiavo ha potuto sperimentare il proprio essere come qualcosa di
distinto o di indipendente da quel mondo di realtà e di certezze naturali che prima gli
apparivano come qualcosa di fisso e con le quali si identificava.
→ Nel servizio in generale la coscienza si autodisciplina e impara a vincere, in tutti i singoli
momenti, i suoi impulsi naturali.
→ Nel lavoro il servo trattenendo il proprio appetito e non usufruendo dell'oggetto, imprime
nella cos'è una forma, dando luogo a un'opera che permane e che ha una sua indipendenza o
autonomia, la quale rappresenta il riflesso, nelle cose, della raggiunta indipendenza o autonomia
del servo rispetto agli oggetti. <<Formando e coltivando>> le cose, il servo non solo forma e
coltiva se stesso ma ancora imprime nell'essere quella forma che è dell'autocoscienza, e così
trova se stesso nella propria opera. Egli giunge a intuirsi come essere-indipendente.
La figura hegeliana del servo-signore è tra le cose più belle della Fenomenologia, ed è stata
apprezzata soprattutto dai marxisti, i quali hanno visto in essa un'intuizione dell'importanza del
lavoro e della configurazione dialettica della storia.
La figura hegeliana non si conclude con una rivoluzione sociale o politica, ma con la coscienza
dell'indipendenza del servo nei confronti delle cose e della dipendenza del signore nei confronti
del lavoro servile.
STOICISMO E SCETTICISMO
Il raggiungimento dell'indipendenza dell'io nei confronti delle cose trova la sua manifestazione
filosofica nello stoicismo, ovvero un tipo di visione del mondo che celebra l'autosufficienza e la
libertà del saggio nei confronti di ciò che lo circonda. Nello Stoicismo l’autocoscienza raggiunge
solo una libertà interiore in quanto i condizionamenti e la realtà esterna permangono.
Chi pretende di mettere tra parentesi il mondo stoico è lo scetticismo, ossia un tipo di visione
del mondo che sospende l'assenso su tutto ciò che è comunemente ritenuto per vero e reale.
Hegel non fa che usare, contro lo scetticismo, l'argomento tradizionale: quello secondo cui lo
scettico si autocontraddice poiché da un lato dichiara che tutto è vano e non-vero, mentre
dall'altro pretende di dire qualcosa di reale e di vero. Tanto più grave se si pensa che la
coscienza di cui parla lo scettico è una coscienza singola.
LO COSCIENZA INFELICE
La scissione dello scetticismo viene evidenziata nella coscienza infelice che assume la forma
della separazione tra uomo e Dio.
La separazione si manifesta ad esempio all’interno della religione ebraica nella quale il Dio è
percepito come qualcosa di esterno e trascendente, quindi lontano dall’uomo, che ha potere
sulla vita e nella morte di ognuno.
Nel cristianesimo medievale invece Dio è colui che si è i incarnato in Cristo, e quindi è visto come
una realtà effettuale. Allo stesso tempo però la pretesa di cogliere l’Assoluto come qualcosa di
sensibile è portata ad essere fallimentare anche solo dalla scoperta di un sepolcro vuoto, e da
un Cristo che è lontano dagli uomini.
Di conseguenza anche con il cristianesimo la coscienza risulta infelice, a causa di un Dio
“irraggiungibile” e “inafferrabile”.
4. RAGIONE
Come soggetto assoluto l'autocoscienza è diventata ragione e ha assunto in sé ogni realtà. La
ragione è la certezza di essere ogni realtà.
> ragione osservativa --> osservazione della natura; osservazione dell'autocoscienza nel suo
rapporto con l'effettualità esterna; osservazione dell'autocoscienza nel suo rapporto con
l'effettualità immediata.
> ragione attiva --> il piacere e la necessità; la legge del cuore e il delirio della presunzione; la
virtù e il corso del mondo.
> individualità in sé e per sé --> il regno animale dello spirito; la ragione legislatrice; la ragione
esaminatrice delle leggi.
Il diritto astratto
Il volere libero dell’uomo si manifesta come volere del singolo considerato come una persona
fornita di capacità giuridiche.
Il diritto astratto o formale riguarda l’esistenza della libertà delle persone come soggetti di
diritto indipendentemente dalle differenze concrete che li caratterizzano, la persona vede il suo
compimento in qualcosa di esterno: una proprietà.
La proprietà diventa tale quando si attua il reciproco riconoscimento di un contratto.
L’esistenza del diritto rende possibile sia questo rapporto giuridico, ma anche il suo contrario, il
torto, il cui aspetto più grave è il delitto che si configura con la pena→ riaffermazione potenziata
del diritto.
La pena è una necessità oggettiva del nostro razionale vivere insieme, e proprio in base a ciò,
essa viene percepita come un modo per punire ma anche formare il colpevole, che
assimilandola interiormente, può reinserirsi in società (“onorato come essere razionale”).
La moralità
La moralità è definita da Hegel come la sfera della volontà soggettiva che si manifesta
nell’azione, la quale ha una portata morale in quanto nasce da un proponimento: il soggetto
riconosce come sue solo le azioni che svolge secondo un proprio proposito.
Il proponimento dell’essere pensante prende forma nell'intenzione che ha come scopo il
benessere.
Quando l'intenzione e il benessere sono universali il fine risulta l’idea astratta del bene in sé e
per sé, che non è esistente, e per esserlo ha bisogno dell’opera di un altra astratta volontà
soggettiva, che può essere cattiva, incapace di realizzare il dovere
Hegel ci mostra quindi come il dominio della moralità è caratterizzato dalla separazione della
soggettività, che deve realizzare il bene, e il bene che deve essere realizzato, bene che assume
l’aspetto di un dover essere.
Da qui la contraddizione tra essere e dover essere.
L’eticità
La separazione tra soggettività e bene viene risolta nell’eticità dove il bene, attuato, risulta
esistente.
Se la moralità è volontà soggettiva, l’eticità è la moralità sociale, della famiglia, la società civile e
lo stato. L’eticità risulta in grado di superare le opposte unilateralità del diritto e della morale,
> LA FAMIGLIA. (tesi) Il primo momento dell'eticità è la famiglia, assume la forma di un'unità
spirituale fondata sull'amore e sulla fiducia, fondata nel matrimonio, patrimonio ed educazione
dei figli, che da adulti, usciti dalla famiglia ne creeranno una nuova in base ai propri interessi.
> LA SOCIETÀ' CIVILE. Con la formazione di nuovi nuclei familiari il sistema della famiglia si
frantuma nel sistema conflittuale della società civile, che si identifica con la sfera economico-
sociale e giuridico-amministrativa del vivere insieme.
La società civile si articola in tre momenti:
> il sistema dei bisogni;
> l'amministrazione della giustizia;
> la polizia e le corporazioni.
Il sistema dei bisogni nasce dal fatto che gli individui, dovendo soddisfare le proprie necessità
mediante la produzione della ricchezza e la divisione del lavoro, danno origine a differenti classi.
Le classi distinte da Hegel sono tre:
> la classe sostanziale o naturale degli agricoltori (patrimonio nel terreno);
> la classe formale degli artigiani, dei fabbricanti e dei commercianti (prodotto naturale);
> la classe universale dei pubblici funzionari (occupazioni nella situazione sociale).
Lo stato
Lo stato di Hegel rappresenta la riaffermazione dell’unità tra famiglia (tesi) e società civile
(antitesi) ed è il momento culminante dell’eticità.
Esso sta alla società civile come l’universo sta al particolare; lo Stato non implica la soppressione
della società civile, ma uno sforzo di spostare l’individuale al bene collettivo.
Stato→ incarnazione della moralità sociale e del bene comune.
Esso non è uno Stato democratico nel quale la sovranità è del popolo (“appartiene a pensieri
confusi”), non è strumento che garantisce la sicurezza e i diritti dei cittadini, perché non si riduce
ad essere tutore dei particolarismi dello stato civile. Il popolo al di fuori dello Stato è una
moltitudine informe.
Hegel contrappone la teoria secondo cui la sovranità dello stato deriva dal medesimo Stato: non
è fondato dai cittadini ma dalla stessa idea di bene universale. (lo Stato è superiore ai cittadini
come l’universale è superiore alle singole parti che lo compongono)
→Hegel contesta il giusnaturalismo (diritti degli uomini per natura) che va al di fuori dello stato,
ma ne condivide la tendenza di fare dello Stato il punto culminante del processo storico come
teso della supremazia della legge.
→ non è uno Stato illegale in quanto agisce per volere delle leggi.
→ la costituzione non viene creata a tavolino ma è data dalla storia e della vita collettiva di un
popolo.
La costituzione “razionale” è connessa alla monarchia, come potere politico che prevede poteri
distinti ma non divisi tra loro: legislativo, governativo e principesco (non giudiziario perché
questo fa parte della società civile)
Il fine della storia è che lo spirito manifesti oggettivamente sé stesso, ed è quest’ultimo infatti
che si incarna negli spiriti dei popoli che si susseguono nella storia.
→ mezzi della storia: individui e le loro passioni.
Ma essendo le passioni mezzi, spesso non coincidono a ciò a cui lo spirito mira, per cui l’azione
del singolo è efficace nel momento in cui è conforme al volere dello spirito del popolo a cui
l’individuo appartiene.
La libertà secondo Hegel si realizza nello Stato Etico che risolve l’individuo nell’organismo
universale della comunità.
7. Lo spirito assoluto
Lo spirito assoluto è il momento in cui l'idea giunge alla piena coscienza della propria
assolutezza.
Tale auto-sapersi assoluto dell'Assoluto è il risultato di un progresso dialettico rappresentato
dall'arte (intuizione sensibile), dalla religione (rappresentazione) e dalla filosofia (concetto).
L'arte
L'arte rappresenta il primo gradino attraverso cui lo spirito acquista coscienza di se medesimo,
in quanto l'uomo acquista consapevolezza di sé o di situazioni che lo riguardano mediante forme
sensibili.
Nell'arte lo spirito vive in modo immediato e intuitivo quella fusione tra soggetto e oggetto.
Questo accade perché nell'esperienza del bello artistico spirito e natura vengono recepiti come
un tutt'uno, in quanto nella statua l'oggetto è già natura spiritualizzata, cioè la manifestazione
sensibile di un messaggio spirituale, e il soggetto è già spirito naturalizzato, ovvero concetto
incarnato e reso visibile.
Hegel dialettizza la storia dell'arte in tre momenti:
→ l'arte simbolica è caratterizzata dallo squilibrio tra contenuto e forma, ossia dall'incapacità di
esprimere un messaggio spirituale secondo forme sensibili adeguate; le espressioni viventi di ciò
sono il ricorso al simbolo e la tendenza allo sfarzoso e al bizzarro.
→ l'arte classica è caratterizzata da un armonico equilibrio tra contenuto spirituale e forma
sensibile, attuato mediante a figura umana, che la sola forma sensibile in cui l'arte riesce a
rappresentarsi e manifestarsi compiutamente.
→ l'arte romantica è caratterizzata da un nuovo squilibrio tra contenuto spirituale e forma
sensibile, in quanto lo spirito acquista coscienza che qualsiasi forma sensibile è insufficiente a
esprimere in modo compiuto l'interiorità spirituale, che preferisce volgersi alla filosofia, o fare
dell'arte stessa una sorta di filosofia.
Tutto questo determina la "crisi" moderna dell'arte. Nessuno vede più nelle opere d'arte
l'espressione più elevata dell'idea; si rispetta l'arte e la si ammira, ma la si sottomette all'analisi
del pensiero per riconoscere la funzione e il posto.
Questa morte dell'arte va interpretata come una sua inadeguatezza a esprimere la profonda
spiritualità moderna. Ciò che è sparito e non può più tornare è il valore supremo dell'arte. Non
può più tornare la forma classica dell'arte. Ma l'arte è e rimane una categoria dello spirito
assoluto.
La religione
La religione è la seconda forma dello spirito assoluto, dove l'assoluto si manifesta nella forma
della rappresentazione.
La soluzione di Hegel è che la filosofia della religione non deve creare la religione, ma
riconoscere la religione che c'è già, la religione determinata, positiva, presente.
L'oggetto della religione è dio, il soggetto è la coscienza umana indirizzata a dio, lo scopo è
l'unificazione di dio e della coscienza.
Poiché alla religione è essenziale il rapporto tra dio e la coscienza, la prima forma della religione
è l'immediatezza di questo rapporto, che è propria del sentimento.
La religione non è in grado di pensare dio dialetticamente e finisce per arenarsi di fronte a un
presunto mistero dell'assoluto.
Lo sviluppo della religione è lo sviluppo dell'idea di dio nella coscienza umana.
→ nel primo stadio troviamo la religione naturale in cui dio appare ancora come sepolto nella
natura. Le forme più basse della religione naturale sono la stregoneria e il feticismo delle
primitive dell'asia e dell'africa. Le forme più alte sono quelle in cui dio appare come la potenza o
la sostanza assoluta dei fenomeni (religioni monoteistiche dell'estremo oriente).
→ nel secondo stadio troviamo le religioni naturali che trapassano in religioni della libertà, cioè
le religioni che preludono alla visione di dio come spirito libero, ma che si muovono ancora in
orizzonte naturalistico.
→ nel terzo stadio troviamo le religioni dell'individualità spirituale in cui dio appare in forma
spirituale.
→ nel quarto stadio troviamo la religione assoluta, cioè la religione cristiana, in cui dio appare
come puro spirito.
Il cristianesimo rappresenta pur sempre dei limiti che sono propri di ogni religione. Secondo
Hegel l'unico sbocco coerente della religione è la filosofia, che ci parla anch'essa di dio ma nella
forma adeguata del "concetto".