Baudelaire - Il Pittore Della Vita Moderna

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BAUDELAIRE - IL PITTORE DELLA VITA MODERNA

E’ una raccolta di 13 saggi che viene pubblicata la prima volta nel 1863 da Le Figaro,
la seconda volta nel 1869 nella rivista L’Arte Romantica. Sottolinea l’intensa attività di
Baudelaire di critico d’arte e saggista che va di pari passo con la scrittura poetica. Non è un
romanzo, ma 13 saggi critici. Nel 1845 sulla rivista L’Artiste esce la prima poesia pubblicata
da Baudelaire, intitolata “A’ une dame créole" che farà parte della raccolta I fiori del male.
Sempre nel 1845 scrive il suo primo articolo sui Salon di pittura, esaltando Eugène
Delacroix. I Salon nascono nel 1700, sono luoghi di esposizione d’arte che inizialmente
vengono organizzati dal Ballo dell’Accademia e poi vanno a finire sotto il controllo dei
docenti della scuola delle belle arti che decidono quali artisti sono ammessi. I Salons sono
messi sotto controllo da parte dell'ufficialità accademica che nega l’eccesso di realismo e di
ribellione, nega tutto ciò che va contro il potere sociale. Il controllo viene contestato, ci sono
avvenimenti clamorosi di pittori espulsi che poi diventeranno celeberrimi, tra i quali Gustave
Courbet per eccesso di realismo. Courbet crea un suo padiglione nel 1855 e lo faranno
anche gli Impressionisti nel 1863 che intitoleranno il loro spazio “Salon des refusés”. Ci sono
esposizioni autonome dei pittori. C’è il “Salon des independents", questo mette in crisi
l’istituzione tradizionale dell'accademia delle belle arti che nel tempo perde il suo valore.
Baudelaire scopre Delacroix, è il pittore più originale, è un genio affetto dalla malattia del
genio, sottrarlo ai Salons equivale a sottrarre la genialità dall’arte.

La produzione critica di Baudelaire si nutre di interesse verso Hugo, Balzac, la letteratura a


lui contemporanea, la musica e la pittura. La produzione contempla gli articoli relativi al
Salons, i saggi su Edgar Allan Poe, su Gustave Flaubert, Victor Hugo, Théophile Gautier,
Richard Wagner e Eugène Delacroix. L’attenzione si concentra anche sull’opera
dell’acquarellista e illustratore Constantin Guys che viene menzionato con le sole iniziali
C.G. Constantin Guys risulta essere anche un alter ego di Baudelaire perché
commentando sia l’opera che la personalità, Baudelaire finisce per parlare di sé, per
affermare quelli che sono i suoi diversi punti di vista e su cosa si esercita il suo sguardo
affascinato dalla modernità, ma sembra anche disincantato.
L’io narrante dei saggi è Baudelaire stesso, un critico che si presenta di volta in volta in
modo diverso, è un filosofo, un moralista appassionato, un dandy, un flâneur. E’ uno sguardo
caleidoscopico. In un saggio che appartiene alla raccolta del Salons del 41846, intitolato “A
che cosa serve la critica?” Aveva sostenuto che doveva essere parziale, appassionata,
politica, cioè condotta da un solo punto di vista esclusivo, che deve aprire all’altro il più
ampio degli orizzonti. Ne Il Pittore della vita moderna ritroviamo lo sguardo di
Baudelaire e attraverso il commento critico dell’opera di Guys, Baudelaire si lascia
andare alle sue fantasticherie. Abbiamo di volta in volta la figura dell’artista dandy, che è
centrale, una riflessione sulla bellezza, che cos’è il bello, la riflessione sull’immaginazione,
la riflessione sulle donne, una riflessione sulla moda e soprattutto lo sguardo che cade su
questi temi si accompagna a una riflessione critica che cerca il significato che questi temi
svelano al fine di capire l’essenza della modernità. Parlando dell’artista, Baudelaire si
sofferma sulle diverse prospettive assunte da lui stesso nel suo ruolo di critico e
contemporaneamente poeta, proprio per questa sua dualità è capace di esercitare uno
sguardo libero e spregiudicato, che può essere contraddittorio e paradossale nei
confronti del mondo. L’artista descritto da Baudelaire è “un uomo del mondo intero che
comprende il mondo e le ragioni misteriose delle sue usanze, è un cittadino spirituale
dell’universo”. E’ colui che si risveglia sempre da una malattia, in convalescenza ha uno
sguardo diverso ed è un continuo risveglio dalla malattia. “La convalescenza è come un
ritorno all’infanzia”. Il sapersi ancora, malgrado si sia adulti e disincantati, farsi affascinare,
meravigliare e pervadere da tutto ciò che è nuovo. Non è una destabilizzazione per il nuovo,
è il nuovo che attrae. La convalescenza è un ritorno all’infanzia e ha come caratteristica
principale il potersi far attrarre in modo intenso e vivo dalle cose più banali. E’ una
enfatizzazione delle impressioni che hanno lasciato la traccia nelle menti giovani e fresche
che si possono ricevere una volta usciti dalla malattia fisica, purché questa abbia lasciato
intatte le facoltà mentali e spirituali (Baudelaire moralista). C’è l’idea dell’ebbrezza, così
come i bambini hanno la felice facoltà di vedere tutto sotto forma di nuovo e sono sempre
ebbri.
Prevale il mito dell’artista sofferente.
L’artista descritto da Baudelaire è un dandy, colui che partecipa in modo solitario
girovagando, conosce i meccanismi del mondo e ostenta un grande distacco e superiorità
dal mondo. Nel testo è definito un animale depravato, ha il dono della facoltà di vedere. Non
ha un obiettivo, una finalità, non può essere utile, deve essere inutile e ammira la bellezza,
tanto quella eterna, quanto la bellezza contestuale del proprio tempo della vita che ha luogo
nelle capitali. Lo sguardo del dandy è contraddittorio, distaccato, dall’altro è affascinato e
che gioisce della vita universale, gioisce nel succedersi delle mode e di essere nella folla
(una folla mutevole) e di muoversi con lei restando nell’anonimato. La transitorietà, la
fuggevolezza, lo scorrere delle cose, che è la moda, verrà definito da Baudelaire come la
cifra della modernità e questo dandy grazie agli schizzi da acquarellista è in grado di dare
sostanza alla modernità sulla tela. Essere fuori di casa e sentirsi nel proprio domicilio è il
dandy. È un caleidoscopio provvisto di coscienza che vive nell'inutilità, è insaziabile del non
io. Il dandy è alla ricerca continua della distinzione, il suo atteggiamento viene definito come
un sole al tramonto.
Problema di ciò che è moderno, un tormentone all’interno della riflessione estetica e
filosofica.
La comprensione della modernità di Baudelaire non si avvera nella filosofia, è qualcosa di
diverso, cerca ciò che nel suo presente effimero è eterno e duraturo nel tempo.

13 brevi saggi:

I. IL BELLO, LA MODA, IL PIACERE


Baudelaire fa una critica a tutti coloro che pretendono di sapere tutto di pittura e di scultura,
ma conoscono solo le opere canonizzate degli artisti più famosi. L’obiettivo di Baudelaire è
arrivare a toccare gli artisti della sua epoca di abbandonare le convenzioni dell’accademia,
vivendo il loro tempo e la modernità che si espande. Guys è originale nella dinamicità del
segno, nel saper cogliere e interpretare la società a lui contemporanea. Emergono il
movimento, la folla e il transito. Attraverso il suo lavoro, Baudelaire dà vita al concetto di
bello, nella sua duplice composizione di qualcosa di eterno (la bellezza in sé) e qualcosa di
transitorio (la moda del momento).
+
In questo saggio critica coloro che pretendono di sapere tutto della pittura e della scultura. Al
Louvre vanno per vedere i quadri di Tiziano e Raffaello, conoscono le opere canonizzate
francesi degli autori più celebri. Baudelaire presenta la sua teoria razionale e storica del
bello. Il suo obiettivo con questo saggio è arrivare a toccare i pittori della propria epoca e
spingerli ad uscire dalle convenzioni dell’accademia per guardare alla loro epoca, non è più
sufficiente rappresentare una realtà armonica, si deve percepire l’essenza della modernità,
si deve andare oltre. Spinge gli artisti a rendere degni di rappresentazione e di poesia ciò
che tradizionalmente viene considerato brutto e indegno di essere soggetto poetico e
soggetto letterario. Baudelaire ricorre alla figura di Constantin Guys (1802-1892) che viene
ritratto da Felix Nadar con un’aria molto seria e le mani in tasca. Guys è un illustratore, era
un corrispondente di guerra in Crimea, viene definito da Baudelaire il pittore della vita
moderna, compare sotto lo pseudonimo di Monsieur Guys o con le sue iniziali C.G. Si
impegna personalmente, combatte volontario per la Grecia nel 1824, in Francia nel 1830,
poi va a Londra dove comincia a lavorare come illustratore. In Francia si dedica con
attenzione a ritrarre i soggetti parigini del Secondo Impero, è il periodo di Napoleone III
(1852-1870), ritrae i boulevards animati dalle carrozze, i balli, i bar, le donne bellissime
che attraversano vari ceti della società francese. Era un uomo coltissimo, ma non aveva
un maestro, era un autodidatta, uno dei suoi riferimenti principali è Goya, seguito da
Delacroix, gli impressionisti, soprattutto Manet. e’ originalissimo, ha una cifra propria, è
originale nella dinamicità del segno, nel saper cogliere e interpretare la società a lui
contemporanea. Molti, tra cui Baudelaire gli dedicano molta attenzione, come sottolineano i
vari articoli del Figaro. In Guys c’è molto Baudelaire poeta che si proietta. Emerge il
movimento, la folla, la vivacità, la vitalità, il transito, la capacità di stupirsi. Avendo
viaggiato molto, emerge lo spirito cosmopolita che si riflette nel saper guardare la propria
epoca. E’ colui che sa strappare alla via moderna quello che è il suo aspetto poetico,
soprattutto quando Baudelaire parla di come Guys lavora.
Baudelaire si rispecchia in Guys. Tramite il lavoro di Guys, Baudelaire introduce il
concetto di bello, che viene descritto secondo la sua duplice composizione, si
compone di un elemento eterno (la bellezza in sé, la capacità lasciare una traccia che ti
tramanda nel tempo) e un elemento transitorio (rappresentato dall’epoca in cui si vive, dalla
moda, dalla passione e dalla morale del proprio tempo. Sono queste componenti
occasionale dell'epoca che finiscono per rendere a loro volta il bello eterno).

III. L’ARTISTA, UOMO DI MONDO, UOMO DELLE FOLLE E BAMBINO


Baudelaire, prendendo come modello Guys, parla di quest’uomo del mondo. In questo
saggio delinea i tratti sostanziali del dandy, in ambito anglosassone lo abbiamo con Wilde.
Da un lato abbiamo il dandy, dall’altro il flâneur. Questi tratti sono fondamentali per
comprendere il nostro testo in generale. Parla delle opere di Guys che portano il segno
dell’anima luminosa, è una persona innamorata della folla e al contempo dell’incognito
(dandy), nella folla ci si addentra non per essere riconosciuti, ma per osservare e tornare a
casa con le impressioni. Cita Thackeray, che muore nell’anno in cui la raccolta (1863) viene
pubblicata, è conosciuto per la sua opera satirica.
Ci viene detto che la folla è il regno del dandy, la sua passione è sposare la folla. Essere
fuori casa ma sentirsi a casa.
L’artista ha la capacità di assorbire in sé come uno specchio, un caleidoscopio dotato di
coscienza, che ad ogni movimento cattura la vita di tutti gli individui.
La fotografia è un’istantanea che immortala, ma è troppo vicina al vero, mentre l’arte ha il
potere di trasfigurare rendendo la modernità dell’epoca e lo fa poeticamente. La tematica
dello specchio è importante perché interviene in molti testi letterari che vogliono essere
realisti (Stendhal diceva che lui voleva essere realista, la sua scrittura era paragonabile a lui
che mentre riprendeva l’esterno portava uno specchio in mano, questa era l’etica e l’estetica
dello scrittore realista, ma il riflesso dipende da chi tiene lo specchio, da come lo tiene e da
cosa punta, non esiste obiettività).
Baudelaire da una parte dice che si immerge nella folla che è un serbatoio di elettricità che
illumina e ti fa vivere e lui assorbe tutte le immagini essendo un caleidoscopio dotato di
coscienza, è uno specchio a forma di tubo circolare che riflette tutte le immagini
contemporaneamente.

IV. MODERNITA’
La modernità viene definita nel quarto saggio Modernità. In questo invita i pittori a riprendere
la moda del proprio tempo e soprattutto a far sì che la moda del proprio tempo acquisisca il
diritto di diventare antichità. Se non la si rappresenta, non ha la possibilità di diventare
obsoleta, perché non si sa cosa c’era prima. Bisogna capire la bellezza della moda del
proprio tempo, che a volte è misteriosa. E’ più facile definire ciò che è brutto, rispetto ai
canoni, piuttosto che intercettare la bellezza di ciò che è bello negli oggetti, nei costumi e in
tutto l’apparato vestimentario di un’epoca.
Si introduce il concetto di “deserto d’uomini”: la folla che nasce nelle capitali, che va veloce,
l’incontrarsi. Si incontrano persone conosciute, si guardano cose che piacciono, tutto
velocemente. Non è alienazione. C’è il problema dell’emarginazione dell’artista.

quadri che rappresentano la modernità


Vengono realizzati moltissimi dipinti che hanno come soggetto la folla “l’immenso deserto
degli uomini”, c’è tantissima gente, abbiamo i grandi boulevards dove si riversa la Parigi
dell’epoca con gli usi e i costumi dell’epoca, c’è una indistinzione rispetto al vestito maschile:
cilindri, bastoni, l'ombrello, le maniche in primo piano. C’è diversità per il vestito femminile, il
vestito maschile rimane uguale. Ci sono delle guardie, una carrozza. L’acconciatura che
caratterizza le donne. C’è l’idea del movimento, della persona che sta andando, degli
sguardi che stanno parlando. Sono scene di quotidianità. E’ la ripresa del proprio tempo con
i propri costumi, è l’effimero e la transitorietà dell’epoca. L’eterno è aver saputo cogliere la
contingenza. Non è il nostro tempo, aver saputo lasciarci ciò che nel frattempo è diventato
antico, ma tipico dell’epoca. Saper cogliere la bellezza misteriosa che la vita umana,
inconsapevole, mette nel momento nell’epoca a lui coeva (Baudelaire).
C’è l’idea della confusione, della fusione con la folla. Idea della transitorietà. Mostra la
bellezza della modernità.

CAPITOLO XI. ELOGIO DEL TRUCCO


C’è un esordio polemico nel dire che non esiste il bello acqua e sapone, il nulla abbellisce il
nulla. Tutto ciò che è bello e nobile è dato dal calcolo e dalla ragione. Baudelaire si oppone
alla natura in sé, alla donna che viene vista come natura. L’arte, la letteratura e la poesia
sono il risultato del pensiero, il male si fa senza sforzo, ma il bene è il prodotto di un’arte:
l’uomo per natura è portato a degli atti che nella società civile si condannano perché la
cultura ha insegnato a distinguere ciò che è bene da ciò che è male, se fossimo presi da
impulsi di ira e non fossimo stati educati a comprendere e a contenere saremmo portati a
fare del male, è più facile fare del male. Il bene è il prodotto di un’arte. Parla di una natura
malvagia e della ragione come vera redentrice. Da questo pensiero ne deriva che
l’acconciatura è un artificio, c’è un elogio alla capigliatura e all’occultamento del volto della
donna e della spiritualità dell’abbigliamento, ne parla anche dal punto di vista della moralità.
Il vestito serve all’umanità per coprirsi dalle intemperie della natura, dal punto di vista
occidentale cristiano (Genesi - con la caduta Adamo ed Eva si rendono conto che sono nudi
e coprono la loro sessualità con delle foglie di fico). A Baudelaire non interessa l’utilità
antropologica, gli interessa l’estetica (Fanfarlo - Cramer si trova solo nell’intimità con
Fanfarlo rinnega la luce bianca e la nudità, vuole Colombina).
+
pag.129: moda = artificio, ricostruzione permanente della natura, in quanto le fogge
cambiano il corpo, lo modellano. Esclusione di ogni volgarità, di tutto ciò che è naturale, per
elogiare l’artificio e la deformazione sublime della natura o meglio riforma della natura. Tutte
le mode sono seducenti, ma in modo relativo, è una riforma continua, la moda di massa è un
fenomeno ottocentesco. E’ un sforzo nuovo verso il bello, il cui desiderio solletica senza
sosta lo spirito umano non soddisfatto. (Pelle di San Bartolomeo nell'armadio di un
rigattiere): il problema è che la moda è da considerarsi una pelle, la pelle umana deve
essere occultata da una nuova pelle, la moda. L’apparire è l’essere. Sarò quello che gli
altri pensano che io sia, a seconda di come appaio. La nostra personalità ce la danno gli
altri. E’ ciò che dice Baudelaire.
pag 129/131: Ogni donna deve necessariamente (parla di dovere) applicarsi
nell’apparire diversa dal vero, parla di magia, sottratta al naturale (soprannaturale), il
dovere è suscitare stupore, la donna deve diventare un simulacro, una bambola, deve
abbellirsi per poter essere oggetto di adorazione, un artificio. L’uomo è già cultura per
Baudelaire, la donna per poter essere non natura deve vestirsi e truccarsi in modo
stupefacente.
La fragilità della bellezza deriva dal fatto che si indossa, è legata all’artificio. Quando ci si
spoglia da questa, non c’è più bellezza (Fanfarlo, nudità, Colombina, è naturalmente
bellissima ma fa paura perché non indossa più la bellezza dell’arte e del costume - c’è la
teorizzazione di quello che ha scritto nel 1847). La cipria, la polvere di riso bianca copre tutte
le imperfezioni della pelle, ha il potere di imbiancare e di pietrificare: immortalare, ma anche
uccidere, si destituisce dalla sua organicità la persona, è quello che sta facendo. (parla di
statua, di bambola) Parla della donna concettuale, ideale e non come essere vivente. Sta
teorizzando il bello, nella sua filosofia estetica fa gioco questa teorizzazione. Abbiamo
l’annullamento, la cancellazione del volto in funzione di una riformazione della natura, il
trucco sarà soggetto alla moda. Non sta facendo un discorso di età, sta assolutizzando, è
trasversale per l’età, vale lo stesso dall'infanzia all’età adulta. Il tono è polemico e
provocatorio. In quel momento c’è un dibattito aperto con George Sand, che Baudelaire non
sopporta. Il trucco non funziona se una donna non è già idealmente perfetta.

Racine (1600): la grandiosità, anche di Molière, il teatro è scritto in versi e deve seguire le
leggi aristoteliche, ci sono delle costrizioni che vanno a sottomettere la tragedia. Racine è
ricordato non per aver seguito le leggi, ma perché è riuscito, malgrado la transitorietà, a
lasciare delle tragedie vive tutt’oggi. I personaggi che ci fanno ridere producono anche un
altro effetto, sono personaggi che ci sono vicini, ridiamo delle manchevolezze proprie della
natura umana. ll bello che esalta Baudelaire è fatto di un elemento eterno e di uno
occasionale che seguirà l’epoca, la moda, la morale e la passione, senza il secondo
elemento, il primo sarebbe indigeribile, inadatto alla natura umana. E’ più facile far piangere
che fa ridere.
Il compito dello sguardo critico di Baudelaire nel saggio Il pittore della vita moderna si
confonde con il compito di Baudelaire poeta, lui vuole fare la stessa cosa nella sua
poesia, vuole illustrare la bellezza della modernità, sono in quel modo la propria
epoca presente, diventando poesia e tratto pittorico non porta la traccia di un’epoca
che non c’è più, di un passato idealizzato. Vediamo che è l'attualità che costituisce la
sostanza prima della rappresentazione. Solo tramite la concezione di bello, l’attualità
(modernità) è un intreccio tra l’istante e ciò che è eterno, il transitorio viene fissato
poeticamente ed è solo in questo modo che si trasfigura nell’eterno.

Se il compito è la ricerca del bello nella vita moderna in mutamento e contraddittoria, lo


sguardo dell’artista deve andare nella quotidianità, ma vedendo cosa di sublime e di
meraviglioso contiene la quotidianità.

Lo scopo dell’artista non è imitare in modo passivo la realtà, ma di liberare il potere


dell’immaginazione, cioè saper analizzare e sintetizzare, saper utilizzare l’analogia e la
metafora, saper fare del verosimile. Questo ci rimanda a “Correspondances”, in questo
modo è possibile cogliere le corrispondenze che altrimenti non è possibile cogliere, le
corrispondenze sono i simboli dagli occhi familiari, le corrispondenze rivelano come tutto
l'universo è un deposito di immagini e di segni ai quali l'immaginazione deve attribuire un
posto e un valore relativo.

Un altro problema che riguarda l’epoca di Baudelaire: il realismo e il naturalismo. Il romanzo


naturalista (Emile Zola) vuole farsi camera di registrazione con fedeltà (lo scrittore diventa
un chirurgo nelle sue descrizioni) vuole mettere in rilievo le ricadute in negativo che
comporta la società capitalistica ottocentesca che raccontano storie di dolore, morte e
malattia che riguarda la classe sociale che vive una condizione di vita pari alla
sopravvivenza. (Parnassiani: adoratori dell’arte per l’arte). Nell’Ottocento c’è un filo rosso
che collega tutti i generi letterari: tutte queste correnti sono in viva battaglia con i
meccanismi che regolano la società del loro tempo.

la fotografia
Il gusto per il vero non piace a Baudelaire perché secondo lui questo gusto per il vero
sarebbe stato indotto dal fascino all’epoca recente per l’invenzione della fotografia, è un
fascino costituito dalla sorpresa di fronte alla replica esatta del vero. Nel successo della
fotografia (ci sono un sacco di artisti che devono riciclarsi, perché se prima per poter
tramandare la propria immagine ci si faceva ritrarre, con la fotografia i ritratti non sono più la
prima scelta, la fotografia è più veloce e costa meno. I ritrattisti diventeranno coloro che
ritoccheranno le fotografie, è un’altra ricaduta della società seriale che produce in copie, a
discapito del ritrattista. La fotografia è dispositivo di mercato, di velocità, ma è strumento di
controllo, si potranno avere le carte d’identità, nessuno sfuggirà al controllo della propria
identità. Si entra nell’epoca del controllo. Baudelaire denuncia nel successo della fotografia
una forma di attaccamento fanatico al vero. Era attratto dalla fotografia, si fece fotografare
molto da Nadar, ma la odia allo stesso tempo perché mette a nudo, ci si attacca al naturale,
Baudelaire adora l’artificio. Secondo lui, amare la fotografia vuol dire coltivare un amore nei
confronti dell’oscenità, perché questa rende palese l'impoverimento della genialità artistica.
Baudelaire dice che la fotografia non può essere considerata una forma d’arte, al pari o
addirittura superiore alla pittura, al massimo deve essere finalizzata a documentare, a
conservare. Baudelaire vuole difendere quelle che sono le condizioni della pittura, lui vede
già che quest’arte diversa (la fotografia) sembra aver a che fare con la ripresa dell'istante in
cui dovrebbe risiedere l’essenza della bellezza, la sua posizione è contraddittoria.

Baudelaire (soprattutto nel La Fanfarlo) è un autore molto complesso che ha al suo


interno molte contraddizioni. In lui abbiamo una fusione di alto e basso, sublime e
grottesco, è il carattere distintivo della sua estetica.

Baudelaire prosegue nel suo anticlassicismo, è vicino a Hugo e alla sua tematizzazione del
grottesco. Se in Baudelaire compare il grottesco, non è il brutto in armonia, il brutto e il
grottesco si presentano in una dimensione esuberante, irriducibile. Il brutto ha infiniti volti
(dice Hugo), l’arte si apre a innumerevoli forme che aprono a nuove vie, a nuove visioni che
deformano, sono disarmoniche. E’ un'arte che si sta aprendo e ci impone di tenere gli occhi
aperti nei confronti di tensioni forti tra loro.

la moda
Ne Il pittore della vita moderna la ricerca del sublime in ciò che è ordinario ha una veste
inaspettata perché va a concentrarsi su un nuovo modo di valutare la moda e il trucco,
Baudelaire non è l’unico, anche Balzac (“Le traité de la vie elegante”) e molti altri, scrivono
dei trattati sull’eleganza e la moda (Gautier, “De la mode”). Ne Il pittore della vita moderna,
la moda prende un posto elevatissimo, è elevare in alto ciò che si utilizza, si porta e di cui
non si deve parlare, perché sarebbe parlare dell’effimero, ed è proprio quello che fa
Baudelaire, mette l’accento sulla transitorietà. Baudelaire la legittima in funzione dell’artificio
che la moda è in grado di apportare nella vita quotidiana e di operare sul corpo femminile.
Per quanto riguarda il dandismo, è fondamentale come sintomo di superiorità. La moda è
emblema della modernità, perché è congiunzione dell’eterno (svela ciò che di eterno ha
quell’epoca) e dell’effimero (per poter essere moda deve continuamente rinnovarsi). E’
emblematica del bello. La moda si fonda sulla novità assoluta, è il presente che si rinnova
continuativamente e soprattutto ha un grandissimo valore simbolico. In più la moda
facendosi contemporaneamente rappresentazione (si mette in scena) si propone agli occhi
di Baudelaire come il bello eterno di quel momento. C’è l’esaltazione del trucco, tramite il
quale viene celato, camuffato il volto, la naturalezza, la donna lo fa per farsi adorare come
un idolo.

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