Baudelaire - Il Pittore Della Vita Moderna
Baudelaire - Il Pittore Della Vita Moderna
Baudelaire - Il Pittore Della Vita Moderna
E’ una raccolta di 13 saggi che viene pubblicata la prima volta nel 1863 da Le Figaro,
la seconda volta nel 1869 nella rivista L’Arte Romantica. Sottolinea l’intensa attività di
Baudelaire di critico d’arte e saggista che va di pari passo con la scrittura poetica. Non è un
romanzo, ma 13 saggi critici. Nel 1845 sulla rivista L’Artiste esce la prima poesia pubblicata
da Baudelaire, intitolata “A’ une dame créole" che farà parte della raccolta I fiori del male.
Sempre nel 1845 scrive il suo primo articolo sui Salon di pittura, esaltando Eugène
Delacroix. I Salon nascono nel 1700, sono luoghi di esposizione d’arte che inizialmente
vengono organizzati dal Ballo dell’Accademia e poi vanno a finire sotto il controllo dei
docenti della scuola delle belle arti che decidono quali artisti sono ammessi. I Salons sono
messi sotto controllo da parte dell'ufficialità accademica che nega l’eccesso di realismo e di
ribellione, nega tutto ciò che va contro il potere sociale. Il controllo viene contestato, ci sono
avvenimenti clamorosi di pittori espulsi che poi diventeranno celeberrimi, tra i quali Gustave
Courbet per eccesso di realismo. Courbet crea un suo padiglione nel 1855 e lo faranno
anche gli Impressionisti nel 1863 che intitoleranno il loro spazio “Salon des refusés”. Ci sono
esposizioni autonome dei pittori. C’è il “Salon des independents", questo mette in crisi
l’istituzione tradizionale dell'accademia delle belle arti che nel tempo perde il suo valore.
Baudelaire scopre Delacroix, è il pittore più originale, è un genio affetto dalla malattia del
genio, sottrarlo ai Salons equivale a sottrarre la genialità dall’arte.
13 brevi saggi:
IV. MODERNITA’
La modernità viene definita nel quarto saggio Modernità. In questo invita i pittori a riprendere
la moda del proprio tempo e soprattutto a far sì che la moda del proprio tempo acquisisca il
diritto di diventare antichità. Se non la si rappresenta, non ha la possibilità di diventare
obsoleta, perché non si sa cosa c’era prima. Bisogna capire la bellezza della moda del
proprio tempo, che a volte è misteriosa. E’ più facile definire ciò che è brutto, rispetto ai
canoni, piuttosto che intercettare la bellezza di ciò che è bello negli oggetti, nei costumi e in
tutto l’apparato vestimentario di un’epoca.
Si introduce il concetto di “deserto d’uomini”: la folla che nasce nelle capitali, che va veloce,
l’incontrarsi. Si incontrano persone conosciute, si guardano cose che piacciono, tutto
velocemente. Non è alienazione. C’è il problema dell’emarginazione dell’artista.
Racine (1600): la grandiosità, anche di Molière, il teatro è scritto in versi e deve seguire le
leggi aristoteliche, ci sono delle costrizioni che vanno a sottomettere la tragedia. Racine è
ricordato non per aver seguito le leggi, ma perché è riuscito, malgrado la transitorietà, a
lasciare delle tragedie vive tutt’oggi. I personaggi che ci fanno ridere producono anche un
altro effetto, sono personaggi che ci sono vicini, ridiamo delle manchevolezze proprie della
natura umana. ll bello che esalta Baudelaire è fatto di un elemento eterno e di uno
occasionale che seguirà l’epoca, la moda, la morale e la passione, senza il secondo
elemento, il primo sarebbe indigeribile, inadatto alla natura umana. E’ più facile far piangere
che fa ridere.
Il compito dello sguardo critico di Baudelaire nel saggio Il pittore della vita moderna si
confonde con il compito di Baudelaire poeta, lui vuole fare la stessa cosa nella sua
poesia, vuole illustrare la bellezza della modernità, sono in quel modo la propria
epoca presente, diventando poesia e tratto pittorico non porta la traccia di un’epoca
che non c’è più, di un passato idealizzato. Vediamo che è l'attualità che costituisce la
sostanza prima della rappresentazione. Solo tramite la concezione di bello, l’attualità
(modernità) è un intreccio tra l’istante e ciò che è eterno, il transitorio viene fissato
poeticamente ed è solo in questo modo che si trasfigura nell’eterno.
la fotografia
Il gusto per il vero non piace a Baudelaire perché secondo lui questo gusto per il vero
sarebbe stato indotto dal fascino all’epoca recente per l’invenzione della fotografia, è un
fascino costituito dalla sorpresa di fronte alla replica esatta del vero. Nel successo della
fotografia (ci sono un sacco di artisti che devono riciclarsi, perché se prima per poter
tramandare la propria immagine ci si faceva ritrarre, con la fotografia i ritratti non sono più la
prima scelta, la fotografia è più veloce e costa meno. I ritrattisti diventeranno coloro che
ritoccheranno le fotografie, è un’altra ricaduta della società seriale che produce in copie, a
discapito del ritrattista. La fotografia è dispositivo di mercato, di velocità, ma è strumento di
controllo, si potranno avere le carte d’identità, nessuno sfuggirà al controllo della propria
identità. Si entra nell’epoca del controllo. Baudelaire denuncia nel successo della fotografia
una forma di attaccamento fanatico al vero. Era attratto dalla fotografia, si fece fotografare
molto da Nadar, ma la odia allo stesso tempo perché mette a nudo, ci si attacca al naturale,
Baudelaire adora l’artificio. Secondo lui, amare la fotografia vuol dire coltivare un amore nei
confronti dell’oscenità, perché questa rende palese l'impoverimento della genialità artistica.
Baudelaire dice che la fotografia non può essere considerata una forma d’arte, al pari o
addirittura superiore alla pittura, al massimo deve essere finalizzata a documentare, a
conservare. Baudelaire vuole difendere quelle che sono le condizioni della pittura, lui vede
già che quest’arte diversa (la fotografia) sembra aver a che fare con la ripresa dell'istante in
cui dovrebbe risiedere l’essenza della bellezza, la sua posizione è contraddittoria.
Baudelaire prosegue nel suo anticlassicismo, è vicino a Hugo e alla sua tematizzazione del
grottesco. Se in Baudelaire compare il grottesco, non è il brutto in armonia, il brutto e il
grottesco si presentano in una dimensione esuberante, irriducibile. Il brutto ha infiniti volti
(dice Hugo), l’arte si apre a innumerevoli forme che aprono a nuove vie, a nuove visioni che
deformano, sono disarmoniche. E’ un'arte che si sta aprendo e ci impone di tenere gli occhi
aperti nei confronti di tensioni forti tra loro.
la moda
Ne Il pittore della vita moderna la ricerca del sublime in ciò che è ordinario ha una veste
inaspettata perché va a concentrarsi su un nuovo modo di valutare la moda e il trucco,
Baudelaire non è l’unico, anche Balzac (“Le traité de la vie elegante”) e molti altri, scrivono
dei trattati sull’eleganza e la moda (Gautier, “De la mode”). Ne Il pittore della vita moderna,
la moda prende un posto elevatissimo, è elevare in alto ciò che si utilizza, si porta e di cui
non si deve parlare, perché sarebbe parlare dell’effimero, ed è proprio quello che fa
Baudelaire, mette l’accento sulla transitorietà. Baudelaire la legittima in funzione dell’artificio
che la moda è in grado di apportare nella vita quotidiana e di operare sul corpo femminile.
Per quanto riguarda il dandismo, è fondamentale come sintomo di superiorità. La moda è
emblema della modernità, perché è congiunzione dell’eterno (svela ciò che di eterno ha
quell’epoca) e dell’effimero (per poter essere moda deve continuamente rinnovarsi). E’
emblematica del bello. La moda si fonda sulla novità assoluta, è il presente che si rinnova
continuativamente e soprattutto ha un grandissimo valore simbolico. In più la moda
facendosi contemporaneamente rappresentazione (si mette in scena) si propone agli occhi
di Baudelaire come il bello eterno di quel momento. C’è l’esaltazione del trucco, tramite il
quale viene celato, camuffato il volto, la naturalezza, la donna lo fa per farsi adorare come
un idolo.