Manuale AEDES
Manuale AEDES
Manuale AEDES
D i p a rt i m e n t o d e l l a P ro t e z i o n e C ivile
Presentazione di
ROBERTO DE MARCO e CLAUDIO EVA
a cura di
Carlo Baggio, Alberto Bernardini, Riccardo Colozza,
Livio Corazza, Marianna Della Bella, Giacomo Di Pasquale,
Mauro Dolce, Agostino Goretti, Antonio Martinelli,
Giampiero Orsini, Filomena Papa, Giulio Zuccaro
tecnica dei COM, approvato nel novembre dello stesso anno dalla Com-
missione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dai Grandi rischi.
La scheda utilizzata ancora nel terremoto del Pollino del successivo
settembre, poi a Patti e nel Frignano nel 1999, dopo il terremoto dei M.ti
Tiburtini del 2000, ha subito alcuni cambiamenti fino alla attuale versio-
ne definitiva del novembre 2000.
L’assenza di una specifica dottrina per i sopralluoghi speditivi post si-
sma ha portato, nella realizzazione del Manuale per la compilazione della
scheda di agibilità, ad affrontare approfonditamente, forse per la prima
volta, le problematiche di tale tipo di operazioni. Il Manuale definisce,
pertanto, anche un percorso metodologico accurato e, insieme alla sche-
da, offre al rilevatore uno strumento unico e indispensabile per la propria
attività.
Non bisogna, però, dimenticare che la scheda e il suo Manuale sono
strumenti che vanno usati con cognizione di causa da parte dei tecnici
che operano le valutazioni, sulla base di un più completo back ground
culturale maturato durante gli studi e l’attività lavorativa. Per aiutare i
tecnici a sviluppare le proprie specifiche capacità e assicurare un omoge-
neo standard di conoscenze delle metodologie post emergenza, la Prote-
zione Civile, in collaborazione con le Amministrazioni regionali e con
l’ausilio di docenti anche universitari, ha avviato una serie di corsi di ap-
profondimento delle tematiche in argomento, chiudendo in tal modo il
ciclo della pianificazione delle operazioni tecniche nell’emergenza.
A conclusione di queste brevi note introduttive, si vuole ancora far
presente che questo prodotto, ora in diffusione, dopo anni di verifiche sul
campo e successivi aggiornamenti costituisce ancora una volta un esem-
pio della volontà di indirizzare le attività di studio e ricerca verso precise
esigenze della società civile, cui risponde, nei difficili momenti del terre-
moto, l’attività di protezione civile.
Per la sua realizzazione si ringraziano tutti coloro che per lungo tempo
vi hanno dedicato il loro lavoro e il loro entusiasmo.
più recenti terremoti (Umbria-Marche ’97, Pollino ’98). La sua lunga ela-
borazione ha impegnato un gruppo di ricercatori ed esperti del GNDT e
del SSN, utilizzandone l’esperienza diretta nei più recenti terremoti. La
sua attuale configurazione nasce dall’esigenza di ottimizzare i diversi para-
metri che concorrono a rendere efficiente il percorso che va dal rilievo al-
la decisione finale (sia essa relativa all’agibilità o alla valutazione economi-
ca del danno), evitando la raccolta di dati di scarsa importanza rispetto
alle finalità del rilievo, o di difficile reperimento e spesso inaffidabili, te-
nuto conto della finalità di pronto intervento che si vuole associare alla
scheda. È così possibile che alcune caratteristiche, che pure hanno impor-
tanza non secondaria sul comportamento sismico e la vulnerabilità di un
edificio, non siano inserite tra quelle da rilevare, per evidente impossibi-
lità o eccessive difficoltà di conoscenza.
È stata prevista dallo stesso gruppo di ricercatori ed esperti la predi-
sposizione di più accurate schede di secondo o terzo livello per specifiche
tipologie edilizie (ad esempio gli edifici con struttura portante in cemen-
to armato), sviluppate in modo coerente da quella di primo livello, da
utilizzare in periodi non di emergenza per più approfondite analisi di vul-
nerabilità e/o per una più precisa lettura e registrazione del danno, per
stime di rischio sismico o a supporto di programmi sistematici per la sua
riduzione.
Una caratteristica peculiare, che contraddistingue la scheda AeDES
dalle schede utilizzate in passato, riguarda la classificazione tipologica dei
diversi elementi costruttivi. Nelle schede utilizzate fino al 1997 la tipolo-
gia era direttamente individuata sulla base delle caratteristiche specifiche
dei materiali e della loro combinazione, con approccio puramente de-
scrittivo. Questo tipo di classificazione evidenzia limiti notevoli non ap-
pena si tenti di applicare la scheda ad una realtà diversa da quella di rife-
rimento. Sebbene, infatti, nelle versioni più recenti della scheda di 1° li-
vello del GNDT [1, 2], la classificazione tipologica degli elementi strut-
turali fosse molto dettagliata (ad esempio erano previsti 18 tipi di struttu-
re verticali, e 9 tipi di strutture orizzontali), alla verifica dei fatti si sono
spesso riscontrate ambiguità, imprecisioni ed errori sistematici (si veda ad
esempio [3]) nell’attribuzione delle tipologie. La figura del rilevatore era
sostanzialmente relegata al ruolo di riconoscitore a vista delle caratteristi-
che estetiche che più si avvicinavano a quelle descritte nella scheda, senza
alcun riferimento al giudizio sulla vulnerabilità, giudizio che poi deve in-
vece esprimere nel momento della valutazione di agibilità. Alla base del-
l’approccio descrittivo era il desiderio di ottenere una fotografia oggettiva
delle caratteristiche dell’opera, scevra da ogni giudizio e interpretazione
personale del rilevatore. Alla verifica dei fatti quest’approccio ha denun-
ciato importanti limiti, legati principalmente ai quattro fattori seguenti:
Introduzione 11
caso in cui il sisma sia stato effettivamente un collaudo per l’edificio. Nel-
le zone non epicentrali tuttavia un danno modesto non è necessariamente
indice di una costruzione sismicamente resistente, ma può essere dovuto
ad un modesto risentimento sismico. In queste zone, e nel caso si accetti
una possibile migrazione degli epicentri, può essere opportuno formulare
il giudizio di agibilità basandosi anche su alcuni indicatori di vulnerabi-
lità. Questi infatti possono fornire una idea del comportamento della co-
struzione in caso di eventi di più elevata intensità.
I principali indicatori di vulnerabilità sono codificati nella Sezione 3
della Scheda AeDES e discussi nel § 3 del presente manuale. Completa
l’insieme degli indicatori di vulnerabilità la descrizione della morfologia
del sito ove sorge la costruzione, riportata nella Sezione 7.
Per facilitare una sommaria valutazione della vulnerabilità da parte del
rilevatore, è previsto che gli indicatori richiesti vadano inseriti in apposite
caselle su sfondo grigio, tanto più scuro quanto più l’indicatore concorre
ad incrementare la vulnerabilità dell’edificio. In particolare per gli edifici
in muratura i tre livelli di grigio utilizzati possono essere considerati indi-
cazioni di massima utili per la classificazione dell’edificio nelle tre classi
A, B, C di vulnerabilità decrescente prevista nella scala macrosismica eu-
ropea EMS98 per gli edifici ordinari non progettati secondo criteri anti-
sismici. Per le strutture non identificate la scala di grigio fa riferimento al-
la vulnerabilità media delle configurazioni possibili.
Gli indicatori di vulnerabilità, se particolarmente elevati, potrebbero
comportare un giudizio di inagibilità anche in presenza di danni medi o
lievi (o in assenza totale del danno) se il terremoto di riferimento dovesse
essere di grado più alto di quello risentito dall’edificio. Questa situazione
potrebbe verificarsi, ad esempio, nelle zone non epicentrali in occasione
di un forte terremoto, quando ci siano ragioni per ritenere che l’epicentro
di scosse successive possa migrare.
Tabella 2.1
Modalità di compilazione dei campi della scheda
Figura 2.1
Esempio di identificazione di aggregati ed edifici su foglio catastale
ed indicazione della posizione di alcuni edifici
Istruzioni per la compilazione delle Sezioni 1 e 2 23
Tabella 2.2. a
Esempio di identificazione del sopralluogo
Data 270997: Data del sopralluogo (giorno 27, mese 09 e anno ’97)
Tabella 2.2. b
Esempio di identificazione dell’edificio
Tabella 2.3
Codici identificativi dei servizi pubblici
Figura 3.1
Pc: sezione a paramenti ben collegati o ad unico paramento (sezione piena)
Figura 3.2
Ps: sezione a paramenti con elementi scollegati o male ammorsati,
come evidenziato da crolli rovinosi provocati da sisma
I - II I° livello di conoscenza
Tipo di malta → Mc Mb
I II II° livello di conoscenza
Tipo di sezione → Ps Pc Ps Pc
I II I/II II III° livello di conoscenza
Per solai semirigidi si intendono solai in legno con doppio tavolato in-
crociato eventualmente finito con una soletta di ripartizione in cemento
armato; solai in putrelle e tavelloni ad intradosso piano; solai in laterizi
prefabbricati tipo SAP senza soletta superiore armata.
Rinforzata
in parallelo sugli stessi piani;
Mista
Figura 3.6
➢ irregolarità strutturali in pian-
ta, ovvero mancanza di telai in
entrambe le direzioni princi-
pali in pianta, telai non sim-
metrici o mal distribuiti, pre-
senza di angoli rientranti (con
proiezione superiore al 20%
della dimensione planimetrica
della struttura in quella dire-
zione), distribuzione disu-
niforme ed eccentrica del peso
proprio e del sovraccarico, etc; Figura 3.7
Istruzioni per la Sezione 3 39
Figura 3.9
40 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
3.4 Coperture
Tabella 3.1
ABACO DELLE COPERTURE: Valutazione della spinta
Ricorsi
Codice
Codice
Tipo Tipo di Assegnazione Esempi di tessitura
tipo
elementi
44 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Ricorsi
Codice
Codice
Tipo Tipo di Assegnazione Esempi di tessitura
tipo
elementi
Istruzioni per la Sezione 3 45
Tabella 3.3 Abaco delle murature irregolari (Cod. A1) (2° e 3° livello di conoscenza)
A1: PIETRA ARROTONDATA
Descrizione: costituita prevalentemente da elementi con superficie liscia e forma arrotondata, o da ciottoli
di fiume di piccole e medie dimensioni; si presenta tanto con tessitura disordinata quanto ordinata
** foto tratta da “Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postsismica degli edifici”, Regione dell’Umbria, ed DEI, Tipografia del Genio Civile, 1999
46 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Tabella 3.4 - Abaco delle murature irregolari (Cod. A2) (2° e 3° livello di conoscenza)
Tabella 3.5 - Abaco delle murature irregolari (Cod. B) (2° e 3° livello di conoscenza)
** foto tratta da “Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postsismica degli edifici”, Regione dell’Umbria, ed DEI, Tipografia del Genio Civile, 1999
48 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Tabella 3.6 Abaco delle murature regolari (Cod. C) (2° e 3° livello di conoscenza)
C1: PIETRA SQUADRATA
Descrizione: costituita da pietre squadrate di forme prestabilite. La regolarità degli elementi esclude la tes-
situra disordinata
C2: MATTONI
Descrizione: costituita da elementi laterizi che per la loro regolarità escludono la tessitura disordinata
Istruzioni per la Sezione 3 49
4.1. Premessa
4.2. Definizione sintetica del livello ed estensione del danno agli ele-
menti strutturali principali
DANNO
Livello - D4-D5 D2-D3 D1
estensione Gravissimo Medio grave Leggero
Nullo
1/3 - 2/3
1/3 - 2/3
1/3 - 2/3
< 1/3
> 2/3
< 1/3
>2/3
>2/3
<1/3
Componente
strutturale
A B C D E F G H I L
1 Strutture verticali ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
2 Solai ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
3 Scale ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
4 Copertura ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
5 Tamponature-tramezzi ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
6 Danno preesistente ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
va precisato che se uno dei tre livelli di danno non si presenta per
una data componente, non si spunterà nessuna delle tre caselle pre-
viste sulla relativa riga;
b) stimare l’estensione da assegnare a ognuno dei tre livelli. Si dovran-
no opportunamente combinare rapporti percentuali relativi al nu-
mero di piani danneggiati rispetto al numero di piani totali e rap-
porti percentuali, in ogni piano, delle parti o superfici danneggiate
sul totale delle parti o superfici totali del piano.
Le tipologie murarie presenti in Italia sono molto diverse fra loro (vedi
sezione 3), sia per quanto riguarda i materiali costituenti (blocchi e mal-
ta) sia per il tipo di apparecchio. Di queste differenze occorre tenere con-
to nell’associare al danno apparente (p.e. tipologia di lesione ed ampiezza)
il livello di rischio strutturale conseguente. Le indicazioni fornite nel se-
guito sono da intendersi come orientative e valide per le tipologie mura-
rie nelle quali la capacità di dissipare energia è maggiormente legata a fe-
nomeni attritivi che mantengono una certa stabilità anche a seguito di le-
sioni modeste: ad esempio le murature con blocchi pieni grossolanamen-
te o ben squadrati con malte di calce o bastarde. Le murature in blocchi
forati e con malte di ottima qualità possono, invece, vedere maggiormen-
te ridotta la loro capacità residua a seguito di lesioni. Le murature caoti-
che con elementi naturali, si danneggiano in genere con maggiore facilità,
spesso hanno consistenti gradi di danno preesistente, però per gradi mo-
desti di danno non subiscono consistenti riduzioni di capacità; viceversa
possono manifestare comportamenti fragili con perdita improvvisa di
geometria e quindi di resistenza e portanza dei carichi verticali, quando i
dissesti si aggravano.
Cautele ancora maggiori devono essere utilizzate nell’analizzare il dan-
no a strutture che siano state in passato riparate con interventi pesanti,
come le iniezioni o l’intonaco armato. In tali casi, e soprattutto per l’into-
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 57
Figura 4.1
Schema di riferimento per le lesioni alle murature (modificata da [1])
4.3.2.1 Murature
Ci si riferisce di seguito a lesioni che interessano la muratura e non so-
lo l’intonaco.
Lesioni lievi per flessione in testa o al piede dei maschi murari (tipo5 ≤
1 mm) e in corrispondenza di angoli di aperture o sugli architravi di porte
e finestre (tipo 1 ≤ 1 mm, Fig. 4.2): il primo tipo può essere sintomo di
un lieve e temporaneo superamento della resistenza a trazione della mura-
tura nelle zone più sollecitate che è stato quasi completamente annullato
una volta cessato l’evento sismico. L’innesco di queste lesioni è spesso age-
volato dalle concentrazioni di tensione dovute agli spigoli delle aperture,
che generalmente si scaricano attraverso una ‘naturale’ ridistribuzione del-
l’andamento delle forze. Piccole lesioni negli architravi possono essere do-
vute anche alla formazione di archi di scarico e al successivo superamento
della resistenza a trazione nella porzione di muro sottostante l’arco (Fig.
4.3). In questi casi occorre però valutare se esiste un ‘piede’ sufficiente per
la stabilità della zona di muratura sottostante l’arco, altrimenti prescrivere
il puntellamento cautelativo dell’apertura. La lesione che parte dall’archi-
trave, si estende su tutta la fascia di piano e trova corrispondenze ai piani
superiori, è sintomo probabile di un diverso meccanismo, non più localiz-
zato, che può preludere alla separazione di intere fasce verticali dell’edifi-
cio. Se l’apertura è limitata e non si notano segni di dissesto nel terreno si
potrà ritenere che la capacità portante non sia significativamente alterata,
specialmente se sono presenti elementi di collegamento e cucitura ai piani
(cordoli e catene).
Lesioni ad andamento diagonale (per taglio) nei maschi murari e nelle
fasce di piano (tipo 2,3 ≤ 1 mm). Questo tipo di lesioni può indicare il
superamento della ‘resistenza a taglio’ nei pannelli murari, ma l’entità li-
mitata del danno visibile può far ritenere che non siano significativamen-
te variati i meccanismi di trasmissione delle forze per attrito e per am-
morsamento dei blocchi, così che sia praticamente ancora disponibile la
capacità portante originaria.
Lesioni da schiacciamento (tipo 4) di lieve entità (appena percettibili e
in ogni caso < 1 mm). Si tratta di lesioni imputabili a schiacciamento lo-
cale della muratura con sgretolamento della malta e/o di elementi lapidei
o laterizi, senza espulsione di materiale. Questo tipo di danneggiamento
può indicare un superamento localizzato della resistenza a compressione
della muratura, magari favorito da condizioni di maggior degrado e mi-
nor confinamento tipiche degli angoli. Va valutato con estrema attenzio-
ne: se limitato a un sintomo lieve può essere annoverato in questa catego-
ria, altrimenti è elemento per passare al livello di danno superiore. Ovvia-
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 59
mente occorre attenzione per non confondere questa diagnosi con feno-
meni che possono dare sintomi simili, come, ad esempio, le espulsioni di
intonaco dovute all’effetto combinato di rigonfiamenti per umidità e a
qualche lieve scuotimento (magari vibrazioni da traffico). In questi casi è
opportuno tentare di eliminare localmente l’intonaco per esaminare la
muratura.
Lesioni di distacco delle pareti, in corrispondenza degli incroci (tipo 6
– non passanti - e 7 – passanti- di ampiezza inferiore a circa 1 mm (Fig.
4.2). Questo tipo di lesioni, specie quelle passanti, indica la perdita di
connessione fra murature ortogonali, il che può portare progressivamente
alla formazione di setti scollegati (Fig. 4.4). A questi livelli di danno il fe-
nomeno è generalmente all’inizio. Talvolta si tratta di una modesta riatti-
vazione di uno stato preesistente. Si può quindi ritenere che lo schema
statico iniziale non sia cambiato sostanzialmente e classificare il danno
come leggero. Particolare attenzione deve essere posta alla presenza di
vincoli efficaci a livello di solai e copertura. Quando questi sono assenti la
sconnessione, se prosegue, può portare all’isolamento di pareti alte e snel-
le suscettibili di ribaltamento o di rottura per forze ortogonali. Questa si-
tuazione può essere opportunamente segnalata in nota.
Lesioni tipo 8 sono generalmente attribuibili alla spinta localizzata di
elementi come travi in legno, puntoni, etc. Se il dissesto murario è appe-
na percettibile si può ritenere che non sia stata alterata significativamente
né la condizione di vincolo, né la capacità della muratura (che non deve
presentare ovviamente fuori piombo ricollegabili a questo fenomeno).
Le lesioni tipo 9 si presentano a volte nella parte sommitale delle co-
struzioni, soprattutto in assenza di idonei collegamenti (cordoli, catene,
cerchiature, tiranti). Il meccanismo che si attiva è in genere quello di
scorrimento di un ‘cuneo’ di struttura muraria dovuto alle forze orizzon-
tali e non contrastato da idonei ritegni. Il fenomeno può estendersi ai
piani sottostanti in assenza di collegamenti efficaci alla quota dei solai. Se
il fenomeno è molto localizzato e le lesioni sono modeste, si può ritenere
non pericoloso anche a fronte di future scosse della medesima entità; me-
rita in ogni caso di essere segnalato in nota anche a questo livello in mo-
do che eventuali future ispezioni a seguito di ulteriori scosse ne controlli-
no l’evoluzione.
Lievi danni alle catene (tipo 10): l’allungamento delle catene o anche la
deformazione permanente delle zone di ancoraggio (piastre, zeppe, mura-
tura sottostante) è indice di un impegno eccessivo dell’elemento struttura-
le che ha portato alla plasticizzazione di alcune sue parti, il che rivela
un’insufficienza rispetto all’azione da contrastare. Quando non ci sono ve-
re e proprie rotture e la plasticizzazione è poco rilevante si può ritenere
che la struttura, deformandosi, abbia trovato un assetto abbastanza stabile.
60 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
4.3.2.2 Solai
Lesioni di piccola entità parallele all’orditura sono spesso dovute a fles-
sione differenziale fra i travetti, un fenomeno ‘fisiologico’ che si verifica
sotto carichi verticali e che è dovuto sia alla flessibilità dei solai (soprat-
tutto in acciaio), sia alla presenza di una discontinuità fra travetti e lateri-
zio che tende a lesionare l’intonaco sottostante. Tale fenomeno non costi-
tuisce una modifica della capacità resistente della struttura. Può anche ac-
cadere, più raramente, che un solaio si lesioni in questo modo a causa
della presenza di forze di trazione ortogonali alle nervature e generate dal-
l’azione di collegamento che il solaio esercita fra due muri. In questo caso
le lesioni possono indicare una modifica dello schema iniziale, ma do-
vrebbero essere rilevabili anche all’estradosso (salvo che non ci siano pavi-
menti elastici, come quelli in gomma o in legno).In ogni caso valori limi-
tati come quelli qui considerati indicano solo un inizio di attivazione e
possono essere eventualmente segnalati in nota per un eventuale ap-
profondimento da parte del progettista. A volte l’eccessiva flessibilità
(p. e. nei solai di legno o in acciaio) può causare anche la comparsa nel-
l’intonaco d’intradosso di piccole lesioni ortogonali all’asse delle nervatu-
re.
Sostanziale assenza di spostamenti delle travi portanti in corrispon-
denza degli appoggi.
4.3.2.4 Scale
Per scale a sbalzo con gradini in pietra, legno o acciaio: lesioni fino ad
1 mm sulla muratura in corrispondenza dell’incastro. Per scale in mura-
tura voltata: lesioni fino ad 1 mm comunque diffuse.
4.3.3.1 Murature
Lesioni per flessione in testa o al piede dei maschi murari e sugli archi-
travi di porte e finestre (tipo 1,5), aperte fino a circa 1-1.5 cm, possono
indicare una forte sconnessione permanente dei maschi e delle fasce mura-
rie (Fig. 4.7). In questo caso, principalmente con riferimento a lesioni di
tipo 5, se l’estensione del fenomeno è rilevante, sarà ragionevole presume-
re che in un’eventuale ripetizione dell’evento sismico il fabbricato potreb-
be raggiungere il livello di danno superiore. Per il tipo 1, invece, se si ri-
terrà che il fenomeno è ancora locale e risolvibile con il puntellamento
dell’apertura, si potrà propendere per un rischio strutturale basso con
provvedimenti anche in funzione dell’estensione del fenomeno. Se, invece,
si riterrà che molte delle fasce di piano non siano più in grado di vincolare
i maschi, e quindi lo schema statico sia stato alterato in modo significati-
vo, si propenderà per un rischio strutturale alto. In tal caso, probabilmen-
te, si osserveranno anche lesioni al piede di tipo 5 nei setti più snelli.
62 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
4.3.3.2 Solai
Presentano distacchi ben definiti fra solaio e strutture portanti (Fig.
4.16), connessi in genere ai meccanismi fuori piano delle murature; a
questi distacchi si accompagnano spesso sfilamenti delle travi dell’ordine
del centimetro.
64 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
4.3.3.4 Scale
Danni alle scale più gravi di quelli al livello precedente D1 senza che
vi siano crolli di porzioni importanti delle stesse. Per le scale in muratura,
tipicamente a volte, ci possono essere lesioni del tipo di quelle descritte
per le volte. Per gli altri tipi si possono ritenere indicative le considerazio-
ni svolte per i solai di tipologia simile.
Figura 4.2
Lesioni verticali alla
fascia fra le due
aperture (tipo1) e
lungo la connessione
al muro trasversale a
sinistra (tipo 6).
Livello del danno: D1
(Tortora, CS, 1998)
Figura 4.3
Lesione in corrispondenza
all’architrave verticale
(tipo1) e diagonale (tipo2);
puntellamento
cautelativo.
Livello del danno: D1
(Correggio, RE, 1996)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 67
Figura 4.4
Lesioni verticali lungo la
connessione dei due
corpi di fabbrica (tipo 6).
Livello del danno: D1
(Tortora CS, 1998)
Figura 4.5
Fuori piombo preesistenti in un
antico centro storico.
Livello del danno preesistente
per l’edificio: D1
68 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Figura 4.6
Lesioni verticali con distacco
dall’edificio adiacente (tipo 7);
lesioni diagonali (tipo 3) ed
orizzontali al livello del solaio
(tipo 11); crollo parziale della
copertura e delle murature di
appoggio della copertura.
Livello del danno: D2-D3 alle
strutture verticali dei piani
inferiori; D4-D5 alle pareti
superiori e alla copertura.
(Busche, PG, 1998)
Figura 4.7
Lesioni verticali (tipo 1) e
diagonali (tipo 3) estese a
quasi tutta la parete;
lesione quasi orizzontale
(tipo 11) a livello di
sottotetto.
Livello del danno alle pareti:
D3 esteso all’intera parete.
(Busche, PG, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 69
Figura 4.8
Lesioni diagonali dei maschi murari del secondo piano (tipo 3) collegate a
lesioni orizzontali (tipo 1); verso destra si nota la formazione di un grosso
cuneo di muratura dislocata di oltre 10 cm. Livello del danno: D4.
Figura 4.9
Lesione diagonale (tipo 3) in un
maschio murario, con
disiocazione alla base.
Livello del danno: D3 tendente
a D4
(Fabriano, 1997)
70 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Figura 4.10
Lesione verticale con distacco dalla parete ortogonale (tipo 7).
Livello del danno: D2-D3
(Tortora, CS, 1998)
Figura 4.11
Lesione interna con
distacco delle pareti
ortogonali in
corrispondenza al
loro spigolo (tipo 7)
Livello del danno:
D2-D3
(Tortora, CS, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 71
Figura 4.12
Lesioni verticali da distacco (tipo
7) su due pareti ortogonali, con
distacco completo di un
cantonale.
Livello del danno:
D3 tendente a D4
(Rivello, PZ, 1998)
Figura 4.13
Lesione con distacco di spigolo sottotetto (tipo 9)
Livello del danno: D2-D3
(Cerqueto, PG, 1998)
72 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Figura 4.14
Crollo parziale di
muratura a sacco in
corrispondenza di
vecchie aperture, per
distacco esteso del
paramento esterno
(tipo 12); a destra si
sviluppa una grave
lesione diagonale
(tipo 3) con
dislocazione di diversi
cm di buona parte
della parete.
Livello del danno: D4
(Busche, PG, 1996)
Figura 4.15
Grave dislocazione a livello del cordolo di sottotetto per spinta della copertura in
cemento armato (tipo 12; la lesione si presenta simmetricamente sulla parete esterna
parallela opposta); lesione angolare (tipo 9).
Livello del danno: D4-D5
(Busche, PG, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 73
Figura 4.16
Vista dal basso dei distacco fra solaio in legno e parete con inizio
di sfilamento della trave.
Livello del danno alle strutture orizzontali: D2-D3
(Treia, 1998)
Figura 4.17
Lesioni su volte di mattoni
in foglio dotate di catena.
Livello del danno esteso
alle strutture orizzontali:
D2-D3
(Correggio, 1996)
74 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Figura 4.18
Lesione longitudinale in
chiave di una volta a
crociera e distacco dal
timpano.
Livello del danno alle
strutture orizzontali:
D2-D3
(Correggio, 1996)
Figura 4.19
Gravissima lesione
verticale (tipo 7), con
incipiente ribaltamento
della facciata.
Livello del danno alle
strutture verticali: D4
(Rivello, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 75
Figura 4.20
A sinistra lesioni verticali da
distacco (tipo 7); lesione
diagonale (tipo 3) sul maschio
tra le due porte.
La muratura è in blocchi di tufo.
Livello del danno alla parete: D3
Figura 4.21
Lesioni diagonali (tipo 3)
associate ad un meccanismo di
ribaltamento fuori del piano, con
notevole fuori piombo.
Livello del danno: D4
(Grello, PG, 1998)
76 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Figura 4.22
Dissesto del solaio per separazione dalle pareti e conseguente
perdita di appoggio dei tavelloni.
Danno al solaio: D4
Danno alle strutture verticali: D4
Figura 4.23
Fuori piombo di circa 8%
dell’intero edificio, collegato
a dissesto preesistente del
terreno per presenza di
corona di frana.
Il livello del danno
preesistente all’edificio è
D4, solo leggermente
aggravato dal sisma.
(Lauria, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 77
Figura 4.24
Crollo parziale di
muratura e copertura.
Livello del danno alla
parete: D4-D5.
Livello del danno alla
copertura: D4-D5
(Busche, PG, 1998)
Figura 4.25
Crollo parziale di una
copertura in travetti di
cemento armato e
tavelloni senza
caldana.
Livello del danno alla
copertura: D4-D5
78 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
4.4.2.3 Tamponature
Le lesioni nelle tamponature a questo livello di danno sono costituite
essenzialmente da lievi distacchi della muratura dalle strutture (≤ 2
mm), compatibili con spostamenti del tutto ammissibili, in genere, per
strutture in cemento armato. Eventuali lesioni diagonali, che rivelano la
collaborazione della tamponature alla resistenza della struttura alle forze
orizzontali, sono modeste (≤ 1 mm). Occorre prestare attenzione alla
possibilità che alcuni pannelli di tamponatura abbiano manifestato la
tendenza a ribaltare fuori dal loro piano, uscendo dalla maglia di telaio
in cui sono inserite. Questa eventualità si manifesta con una certa facilità
nel caso di rivestimenti a cortina che passano davanti alle strutture por-
tanti e non sono ad esse ancorate. In tali casi il danno può indicare un
rischio non strutturale anche elevato a seguito di una futura ulteriore
scossa. Pertanto, in generale, l’osservazione di questo livello di danno
nelle tamponature (in assenza di un più grave danno alle strutture) potrà
condurre ad un giudizio di rischio strutturale basso o “basso con provve-
dimenti”. Potrà invece condurre ad un giudizio di rischio non struttura-
le, anche elevato, nel caso particolare di cortina completamente scollega-
ta. È necessario, in tale ultimo caso, segnalare i provvedimenti di pronto
intervento appropriati (1, 2 8 o 9 della sez. 8) che consentano di garanti-
re la sicurezza degli spazi sottostanti.
80 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
4.4.2.4 Scale
Le strutture di collegamento verticale svolgono molto spesso una fun-
zione di controventamento e l’esame del quadro dei danni che le interessa
costituisce, analogamente alle tamponature, un indicatore di quanto la
struttura nel suo complesso è stata impegnata durante l’evento.
A questo livello, i danni sono molto modesti e comparabili a quelli
presenti sulle travi e sui pilastri, per cui si potrà in generale presumere che
l’impegno non abbia significativamente diminuito la capacità strutturale.
4.4.3.3 Tamponature
Le lesioni nelle tamponature a questo livello di danno sono costituite
essenzialmente da significativi distacchi dalle strutture (2 - 5 mm; Fig.
4.32), da rotture diagonali o scorrimenti di alcuni mm, da schiacciamenti
visibili agli angoli delle tamponature. Sono possibili espulsioni di mate-
riale ed anche limitati crolli parziali. Tutte queste tipologie indicano un
significativo impegno dell’elemento tamponatura, che a causa del dan-
neggiamento, in occasione di una ripetizione dell’evento, non potrà più
offrire lo stesso contributo. Se l’estensione del fenomeno è rilevante e le
tamponature sono efficaci e ben disposte, la perdita di resistenza potrebbe
essere significativa e quindi il danno alle tamponature potrà contribuire
ad un giudizio di rischio strutturale elevato (se anche la struttura princi-
pale presenta danni). Se, invece, le tamponature danneggiate sono poche
e disposte in modo da aggravare la risposta strutturale, il loro danneggia-
mento potrebbe non essere significativo per la sicurezza della struttura e
si potrà propendere per un giudizio di rischio strutturale più favorevole.
In entrambi i casi si dovrà tenere conto del rischio prodotto dalla tampo-
natura come elemento non strutturale compilando le Sezioni 5 ed 8. Le
lesioni che rivelano l’attivazione di ribaltamento delle tamponature a que-
sto livello sono ancora più evidenti che nel livello D1 e condurranno, ge-
neralmente, a giudizi di rischio non strutturale elevato.
4.4.3.4 Scale
Le strutture di collegamento verticale presentano dei danni che posso-
no evidenziare la funzione di controventamento svolta per la struttura in-
telaiata. Occorre prestare particolare attenzione alle zone di collegamento
delle strutture rampanti con la struttura intelaiata, ad esempio in corri-
spondenza di travi a ginocchio collegate a metà altezza di un pilastro. In
tali zone, infatti, l’intersezione determina elementi ‘tozzi’ che hanno un
comportamento meno duttile. È necessario verificare anche se i danneg-
giamenti presenti a questo livello possono condurre ad una perdità della
funzionalità propria di collegamento verticale, nel qual caso si può pro-
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 83
Figura 4.26
Lesione di rottura a
pressoflessione e taglio
in un pilastro tozzo.
Livello del danno:
D3, prossimo a D4
(Castelluccio Inferiore, PZ, 1998)
84 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
b c
Figura 4.27
Lesioni in una serie di pilastri favorite da presenza di fenomeni di ossidazione
e da deficienza di staffe.
Livello del danno totale alle strutture verticali: D2-D3 (Fabriano, 1997)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 85
Figura 4.28
Espulsione di copriferro in
testa al pilastro,
accompagnata da lievi lesioni
verticali.
Livello del danno: D2-D3
(Bagnolo, RE, 1996)
Figura 4.29
Danno al nodo e
all’attacco del
pilastro con
espulsione del
materiale fino al
nucleo.
Livello del danno
alle strutture
verticali: D4
(Atene, 1999)
86 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Figura 4.30
Danno gravissimo ad
edificio con struttura a telai
in cemento armato; fuori
piombo e formazione di
cerniere plastiche in testa e
al piede di gran parte dei
pilastri del piano terra.
Livello del danno: D4-D5
(Turchia, 1999)
Figura 4.31
Danno all’attacco di un pilastro
in corrispondenza della ripresa
di getto; espulsione di
materiale, lesione orizzontale e
inizio di sbandamento delle
barre.
Livello del danno alle strutture
verticali: D3
(Fabriano, 1997)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 87
Figura 4.32
Lesioni orizzontali
e verticali alla
tamponatura, per
distacco dalla
struttura principale;
crollo parziale della
tamponatura fra le
due porte.
Livello del danno alle
tamponature: diffuso
D2, localmente D4.
Figura 4.33
Lesioni gravi in
tamponature deboli.
Livello del danno alle
tamponature: D4
(Umbria, 1997)
88 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Figura 4.34
Ribaltamento totale di
cortine in mattoncini non
collegate alla struttura
principale.
Livello del danno per le
tamponature: D4
(Fabriano, 1997)
Figura 4.35
Danno gravissimo a
struttura a telaio di cemento
armato, con distruzione di
parte dei pilastri del primo
piano e del solaio del
secondo.
Livello del danno: D4-D5
(Turchia, 1999)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 89
Figura 4.36
In primo piano, crollo completo (pancake) di edificio in cemento armato,
della stessa tipologia di quello in costruzione visibile in secondo piano.
Livello del danno: D5 (Turchia, 1999)
Figura 4.37
Collasso per cedimento del piano terra “soffice”.
Livello del danno: D5 (Turchia, 1999)
90 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Il danno provocato dal sisma su elementi che non fanno parte dell’or-
ganismo strutturale vero e proprio dell’edificio ha comunque importanza
ai fini di una più generale descrizione degli effetti e, naturalmente, per
stime di carattere economico; ma sicuramente non trascurabile è anche
la rilevanza che può assumere ai fini del giudizio di agibilità. Tipici dan-
neggiamenti di questo tipo sono quelli riguardanti gli intonaci, i rivesti-
menti, gli stucchi, i controsoffitti, le tramezzature; le parti non struttura-
li dei manti di copertura, i cornicioni e i parapetti; gli oggetti di vario ti-
po sia interni che collegati alle parti esterne dell’edificio; e poi ci sono i
danni alle reti di distribuzione dell’acqua, del gas, dell’elettricità e del
gas.
Nella Sezione 5 si registrano informazioni sulla presenza di tale dan-
no di tipo non strutturale e si indicano gli eventuali interventi di pronto
intervento che siano già stati messi eventualmente in atto. Quattro righe
della Sezione 5 riguardano cadute e distacchi di varie parti o componenti
accessorie e due il danno alle reti di distribuzione; per ognuno di essi,
nella prima colonna, si indica la eventuale presenza riscontrata. Riguardo
ai provvedimenti di pronto intervento già eseguiti è bene ricordare che,
per ogni tipo di danno presente sulle righe, si possono indicare uno o
più provvedimenti; se non si rilevano provvedimenti di pronto interven-
to già eseguiti si deve annerire la casella circolare corrispondente della
colonna con l’intestazione Nessuno.
È necessario valutare con la dovuta attenzione il rischio connesso alla
presenza di danni di questo tipo, soprattutto se possono dar luogo a pro-
blemi per le persone in conseguenza di situazioni di instabilità o per in-
nesco di effetti indotti, come può accadere nel caso di problemi di com-
promissione del buon funzionamento delle reti di distribuzione. In caso
di rischio sufficientemente alto da far propendere per un giudizio di ina-
gibilità (esito B nella Sezione 8), è altrettanto importante la valutazione
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 91
5.1 Premessa
Le osservazioni riportate
STRUTTURALE
STRUTTURALE
GEOTECNICO
nelle sezioni precedenti alla 8
(sez. 3 e 4)
ESTERNO
(sez. 6)
(sez. 7)
(sez.5)
devono essere sintetizzate in
NON
RISCHIO
modo da esprimere un giudi-
zio sui seguenti tipi di ri-
schio:
BASSO ❍ ❍ ❍ ❍
BASSO CON • rischio strutturale, lega-
PROVVEDIMENTI ❍ ❍ ❍
to allo stato (tipologia e dan-
ALTO ❍ ❍ ❍ ❍ no) degli elementi con fun-
zione portante (strutture ver-
ticali, strutture orizzontali,
tamponature robuste o che contribuiscono significativamente alla resistenza
sismica dell’edificio, etc. - Sezioni 3 e 4);
• rischio geotecnico, legato allo stato dei terreni e delle fondazioni (Se-
zione 7).
Per favorire una sommaria valutazione del rischio connesso con i quat-
tro precedenti indicatori, nella scheda di agibilità e danno è previsto che lo
stato degli elementi da rilevare vada inserito in apposite caselle su sfondo
grigio, tanto più scuro, quanto più l’indicatore concorre ad incrementare il
rischio dell’edificio.
Istruzioni per la Sezione 8 95
A. Edificio agibile
L’edificio può essere utilizzato in tutte le sue parti senza pericolo per la
vita dei residenti, anche senza effettuare alcun provvedimento di pronto in-
tervento. Ciò non implica che l’edificio non abbia subito danni, ma solo
che la riparazione degli stessi non è un elemento necessario per il manteni-
mento dell’esercizio in tutto l’edificio. Nel caso di edificio agibile non si
hanno unità immobiliari inagibili e nuclei familiari e/o persone da evacuare.
lità della parte restante dell’edificio né delle sue vie di accesso e non costi-
tuiscano pericolo per l’incolumità dei residenti, allora si può emettere un
giudizio di inagibilità parziale.
Nel caso di edificio parzialmente inagibile è necessario che il rilevatore
indichi chiaramente nella sezione 9 (Note) quale siano le porzioni di edifi-
cio ritenute non accessibili e che tali zone siano portate a conoscenza del
Comune. Non è, invece, compito del rilevatore controllare che venga effet-
tivamente impedito l’accesso alle zone in cui si è consigliata l’interdizione.
Può accadere che l’inagibilità parziale comporti unità immobiliari inagi-
bili e nuclei familiari e/o persone da evacuare.
gibile per danni strutturali può generare rischio su una strada a causa della
caduta di tegole dalla copertura. L’edificio resta inagibile anche a seguito
della rimozione delle tegole pericolanti, però l’incolumità dei passanti po-
trebbe essere garantita se non vi è rischio di altri tipi di crollo sulla strada
stessa. Un altro esempio potrebbe essere quello di un edificio agibile che
prospetti su una strada con una facciata cieca avente tegole pericolanti. L’e-
dificio è agibile in sé ma potrebbe essere fonte di rischio per la strada, quin-
di la rimozione delle tegole consentirebbe di eliminare il rischio per i pas-
santi. In tutti questi casi è necessario comunicare al Comune gli interventi
proposti.
vento. A tale scopo sono previste due righe bianche alla fine dell’elenco
proposto. Nel caso queste non fossero sufficienti, o comunque nel caso si
ritenga necessaria una descrizione più ampia del provvedimento proposto,
si potrà fare riscorso allo spazio per note della Sezione 9.
I provvedimenti in elenco possono essere raggruppati nelle seguenti ca-
tegorie:
a) rimozioni di parti pericolanti;
b) piccole riparazioni;
c) puntellamenti;
d) cerchiature e tiranti;
e) riparazione di impianti.
La prima categoria non richiede particolari spiegazioni. Le rimozioni
vanno eseguite con le dovute cautele, limitandole a parti pericolanti di mo-
desta estensione, per non ricadere nella demolizione. La seconda categoria
comprende, di solito piccoli interventi su elementi secondari come tramez-
zi, tamponature, manti di copertura, cornicioni, aggetti, che possono avere
anche carattere definitivo.
Le categorie c) e d) meritano invece una particolare attenzione, soprat-
tutto in merito alla scelta, poiché le due categorie non sempre forniscono
alternative ugualmente valide. I puntellamenti sono gli interventi più fre-
quentemente eseguiti in emergenza, sia per la rapidità, che per la possibilità
di operare quasi sempre restando all’esterno dell’edificio. Nel consigliarne
l’esecuzione, occorre tener conto di possibili inconvenienti che a volte la lo-
ro realizzazione comporta, tra i quali l’occupazione della sede stradale, che
può risultare critica nelle strettoie tipiche di molti centri storici. Altre volte
la realizzazione di puntelli a contrasto fra edifici prospicienti può innescare
interazioni pericolose, magari per l’edificio integro. Accade, inoltre, che in-
terventi concepiti per essere temporanei, rimangano in sito per lunghi pe-
riodi, finendo per deteriorarsi e perdere di efficacia (p. es. puntelli in le-
gno). Infine non va trascurato il fatto che i puntellamenti, se efficaci nei
confronti delle azioni statiche (carichi verticali, spinte delle terre, etc.), lo
sono molto meno nei confronti delle azioni sismiche. Questo aspetto non
va trascurato quando si opera in zone in piena crisi sismica. Gli interventi
di tipo d) presentano molti vantaggi nelle situazioni in cui il danno è prin-
cipalmente connesso alla mancanza di vincoli fra parti strutturali. In tali ca-
si, infatti, anziché ricercare con strutture provvisionali esterne la stabilità
compromessa dal sisma, si può cercare di (ri)costituire i vincoli che consen-
tono alla struttura stessa di raggiungere una buona sicurezza sotto azioni
statiche ed un soddisfacente comportamento sotto sisma.
È opinione dei redattori del presente manuale, ed è criterio adottato, ad
esempio, negli interventi a seguito del sisma del 9 settembre 1998 in Basili-
cata e Calabria, che la messa in sicurezza possa essere effettuata con tipolo-
gie di interventi alternativi ai puntelli ogni qualvolta la loro realizzazione
sia compatibile con la geometria e le condizioni dell’edificio, risultando
100 Manuale per la compilazione della scheda AeDES
Tabella 5.1
Suggerimenti per le annotazioni in funzione dell’esito
Presentazione pag. 7
1. Introduzione » 9
1.1 Motivazioni ed obiettivi » 9
1.2 Il giudizio di agibilità » 11
1.3 Gestione dell’emergenza e responsabilità del rilevatore » 14
1.4 Contenuti del manuale » 16
Postfazione » 103