Manuale AEDES

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P re s i d e n z a d e l C o n s i g l i o d e i M i n i s t ri

D i p a rt i m e n t o d e l l a P ro t e z i o n e C ivile

Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello


di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità
per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES)
MANUALE PER LA COMPILAZIONE DELLA SCHEDA DI 1° LIVELLO
DI RILEVAMENTO DANNO, PRONTO INTERVENTO E AGIBILITÀ
PER EDIFICI ORDINARI NELL’EMERGENZA POST-SISMICA (AEDES)

Coordinamento editoriale e progetto grafico


Servizio informazione e diffusione dati (DPC)
a cura di Grazia Maria Chianello, Raffaello Raschi e Marcella Rebuffat
con la collaborazione di Filomena Papa

Impaginazione, fotolito e stampa


Editrice Italiani nel Mondo srl - Roma

Ristampa: Giugno 2009


per conto del Dipartimento della Protezione Civile

La riproduzione è consentita previa autorizzazione scritta


da parte del Servizio informazione e diffusione dati
del Dipartimento della Protezione Civile
Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello
di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità
per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES)

Presentazione di
ROBERTO DE MARCO e CLAUDIO EVA

a cura di
Carlo Baggio, Alberto Bernardini, Riccardo Colozza,
Livio Corazza, Marianna Della Bella, Giacomo Di Pasquale,
Mauro Dolce, Agostino Goretti, Antonio Martinelli,
Giampiero Orsini, Filomena Papa, Giulio Zuccaro

Presidenza del Consiglio dei Ministri


Dipartimento della Protezione Civile
Manuale per la compilazione della scheda di 1° livello
di rilevamento danno, pronto intervento e agibilità
per edifici ordinari nell’emergenza post-sismica (AeDES)

Le ore dell’emergenza sono quelle più delicate e impegnative dell’attività


della Protezione civile. Subito dopo il terremoto è necessario venire in aiuto
alle popolazioni colpite con rapidità e efficacia. Per fare presto e bene sono
necessarie procedure, strumenti tecnici, personale preparato, gruppi di gestio-
ne delle operazioni, concorso di amministrazioni e autorità.
È stata così messa a frutto l’esperienza del terremoto in Umbria e Marche
del settembre 1997; è stato analizzato, dalla Protezione civile, il percorso ne-
cessario ad una rapida ed efficace campagna di rilievo del danno e valutazio-
ne dell'agibilità. Il risultato è stato un Progetto per un sistema di piena inte-
grazione di risorse in collaborazione con le regioni, basato su superfici stru-
menti di lavoro e su programmi di formazione di operatori tecnici.
Il momento centrale di questa attività è la valutazione dell’agibilità post
sisma delle costruzioni danneggiate. L'agibilità definisce il confine tra il rien-
tro della propria casa e l'attesa nei ricoveri provvisori; tra la permanenza del-
le funzioni dell'amministrazione, dei servizi, dell'economia e il rallentamen-
to delle attività di un intero e complesso contesto sociale. Ma rappresenta an-
che un momento delicato di diagnosi dell'organismo strutturale, cui è affida-
ta la tranquillità delle popolazioni residenti.
Un lavoro, di definizione della teoria e della pratica della esecuzione delle
operazioni di valutazione dell'agibilità post sisma, è stato portato a termine
dai ricercatori del Servizio sismico nazionale e del Gruppo nazionale per la
difesa dai terremoti. La scheda che ne è derivata e il suo manuale di istruzio-
ni, rappresentano oggi, per la prima volta, una risposta meditata ad alcune
delle più immediate esigenze tecniche della Protezione civile nella fase dell'e-
mergenza, aggiungendo così un altro tassello al disegno di riorganizzazione
avviato in questi anni.
Presentazione

Nelle attività che contraddistinguono il dopo terremoto, un momento


significativo è, in genere, rappresentato dal rilievo del danno e la valuta-
zione dell’agibilità post sismica.
Negli anni, essa si è evoluta sulla sola base della continua esperienza
dei tecnici incaricati di questo compito molto delicato, in quanto la veri-
fica di agibilità determina il ritorno delle popolazioni nelle case o l’eva-
cuazione nelle aree di ricovero.
Come ausilio alle campagne di sopralluoghi post sisma, si utilizzano,
ormai diffusamente in tutto il mondo, strumenti schedografici che offro-
no una serie di vantaggi. Costituiscono una check list di guida per il tecni-
co addetto alle valutazioni; consentono di effettuare un rilievo del danno
in modo omogeneo su tutto il patrimonio colpito dal sisma; consentono
una immediata informatizzazione e, quindi, un trattamento statistico e
informativo dei dati raccolti
Per lungo tempo, le campagne di sopralluogo post sisma sono state ef-
fettuate con l’ausilio della scheda di vulnerabilità messa a punto dal Grup-
po Nazionale per la Difesa dai Terremoti (GNDT). In realtà, quest’ulti-
ma era stata concepita per un’attività di rilievo conoscitivo sulla vulnera-
bilità e sul danno che, però, non si poneva come obiettivo ultimo la valu-
tazione di agibilità sul manufatto. È per questo che negli anni 1996/7 il
Servizio sismico nazionale (SSN) e il GNDT avviarono un Gruppo di
Lavoro congiunto per definire, invece, uno strumento per la schedatura,
specificatamente mirato al rilievo del danno, ai provvedimenti di pronto
intervento per limitarlo e alla valutazione dell’agibilità post sisma degli
edifici ordinari.
La scheda fu adottata dal Dipartimento della Protezione Civile nella
sua preliminare versione durante le operazioni susseguenti il terremoto
che il giorno 26 del mese di settembre, colpì l’Umbria e le Marche.
La scheda, nella sua versione del giugno ’98 e con brevi e preliminari
istruzioni per la compilazione, venne inserita nel Manuale per la gestione
8 Presentazione

tecnica dei COM, approvato nel novembre dello stesso anno dalla Com-
missione Nazionale per la Previsione e Prevenzione dai Grandi rischi.
La scheda utilizzata ancora nel terremoto del Pollino del successivo
settembre, poi a Patti e nel Frignano nel 1999, dopo il terremoto dei M.ti
Tiburtini del 2000, ha subito alcuni cambiamenti fino alla attuale versio-
ne definitiva del novembre 2000.
L’assenza di una specifica dottrina per i sopralluoghi speditivi post si-
sma ha portato, nella realizzazione del Manuale per la compilazione della
scheda di agibilità, ad affrontare approfonditamente, forse per la prima
volta, le problematiche di tale tipo di operazioni. Il Manuale definisce,
pertanto, anche un percorso metodologico accurato e, insieme alla sche-
da, offre al rilevatore uno strumento unico e indispensabile per la propria
attività.
Non bisogna, però, dimenticare che la scheda e il suo Manuale sono
strumenti che vanno usati con cognizione di causa da parte dei tecnici
che operano le valutazioni, sulla base di un più completo back ground
culturale maturato durante gli studi e l’attività lavorativa. Per aiutare i
tecnici a sviluppare le proprie specifiche capacità e assicurare un omoge-
neo standard di conoscenze delle metodologie post emergenza, la Prote-
zione Civile, in collaborazione con le Amministrazioni regionali e con
l’ausilio di docenti anche universitari, ha avviato una serie di corsi di ap-
profondimento delle tematiche in argomento, chiudendo in tal modo il
ciclo della pianificazione delle operazioni tecniche nell’emergenza.
A conclusione di queste brevi note introduttive, si vuole ancora far
presente che questo prodotto, ora in diffusione, dopo anni di verifiche sul
campo e successivi aggiornamenti costituisce ancora una volta un esem-
pio della volontà di indirizzare le attività di studio e ricerca verso precise
esigenze della società civile, cui risponde, nei difficili momenti del terre-
moto, l’attività di protezione civile.
Per la sua realizzazione si ringraziano tutti coloro che per lungo tempo
vi hanno dedicato il loro lavoro e il loro entusiasmo.

Il Direttore del Servizio Sismico Nazionale


dott. ROBERTO DE MARCO

Il Presidente del Gruppo Nazionale


per la Difesa dai Terremoti
prof. CLAUDIO EVA
1. Introduzione

1.1. Motivazioni ed obiettivi

La scheda di primo livello di rilevamento danno, pronto intervento e


agibilità per edifici ordinari nell’emergenza sismica AeDES (Agibilità e
Danno nell’Emergenza Sismica) è finalizzata al rilevamento delle caratte-
ristiche tipologiche, del danno e dell’agibilità degli edifici ordinari nella
fase di emergenza che segue il terremoto.
Gli edifici sono intesi come unità strutturali di tipologia costruttiva
ordinaria (tipicamente quella in muratura, in c.a. o acciaio intelaiato o a
setti) dell’edilizia per abitazioni e/o servizi. È esclusa pertanto l’applica-
zione della scheda agli edifici a tipologia specialistica (capannoni indu-
striali, edilizia sportiva, teatri, chiese etc.) o monumentale.
La scheda consente di effettuare un rilievo speditivo ed una prima ca-
talogazione del patrimonio edilizio, disponendo di dati tipologici e metri-
ci degli edifici. Accoppiati ai dati di danno, tali dati sono utili anche ad
una prima valutazione dei costi di riparazione e/o miglioramento, con-
sentendo di predisporre scenari di costo per diversi contributi unitari as-
sociati a diverse soglie di danno.
La scheda costituisce un valido ausilio alla valutazione dell’agibilità, il
cui giudizio finale resta comunque di stretta pertinenza della squadra di
rilevatori. Essa, infatti, mantiene traccia dell’ispezione effettuata e del re-
lativo esito, cerca di stabilire un linguaggio comune nella descrizione del
danno e della vulnerabilità, fornisce un percorso guidato che dagli ele-
menti rilevati indirizza alla valutazione del rischio, e quindi al giudizio di
agibilità, consente una migliore informatizzazione dei dati (in buona par-
te acquisibili dalla scheda anche tramite lettore ottico).
La scheda è il frutto delle esperienze effettuate sul campo, attraverso
l’utilizzazione di schede a diversi livelli di dettaglio nei terremoti passati
(Irpinia ’80, Abruzzo ’84, Basilicata ’90, Reggio Emilia ’96). Un suo pro-
totipo, molto simile a quella attuale, è stato testato con buon esito nei
10 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

più recenti terremoti (Umbria-Marche ’97, Pollino ’98). La sua lunga ela-
borazione ha impegnato un gruppo di ricercatori ed esperti del GNDT e
del SSN, utilizzandone l’esperienza diretta nei più recenti terremoti. La
sua attuale configurazione nasce dall’esigenza di ottimizzare i diversi para-
metri che concorrono a rendere efficiente il percorso che va dal rilievo al-
la decisione finale (sia essa relativa all’agibilità o alla valutazione economi-
ca del danno), evitando la raccolta di dati di scarsa importanza rispetto
alle finalità del rilievo, o di difficile reperimento e spesso inaffidabili, te-
nuto conto della finalità di pronto intervento che si vuole associare alla
scheda. È così possibile che alcune caratteristiche, che pure hanno impor-
tanza non secondaria sul comportamento sismico e la vulnerabilità di un
edificio, non siano inserite tra quelle da rilevare, per evidente impossibi-
lità o eccessive difficoltà di conoscenza.
È stata prevista dallo stesso gruppo di ricercatori ed esperti la predi-
sposizione di più accurate schede di secondo o terzo livello per specifiche
tipologie edilizie (ad esempio gli edifici con struttura portante in cemen-
to armato), sviluppate in modo coerente da quella di primo livello, da
utilizzare in periodi non di emergenza per più approfondite analisi di vul-
nerabilità e/o per una più precisa lettura e registrazione del danno, per
stime di rischio sismico o a supporto di programmi sistematici per la sua
riduzione.
Una caratteristica peculiare, che contraddistingue la scheda AeDES
dalle schede utilizzate in passato, riguarda la classificazione tipologica dei
diversi elementi costruttivi. Nelle schede utilizzate fino al 1997 la tipolo-
gia era direttamente individuata sulla base delle caratteristiche specifiche
dei materiali e della loro combinazione, con approccio puramente de-
scrittivo. Questo tipo di classificazione evidenzia limiti notevoli non ap-
pena si tenti di applicare la scheda ad una realtà diversa da quella di rife-
rimento. Sebbene, infatti, nelle versioni più recenti della scheda di 1° li-
vello del GNDT [1, 2], la classificazione tipologica degli elementi strut-
turali fosse molto dettagliata (ad esempio erano previsti 18 tipi di struttu-
re verticali, e 9 tipi di strutture orizzontali), alla verifica dei fatti si sono
spesso riscontrate ambiguità, imprecisioni ed errori sistematici (si veda ad
esempio [3]) nell’attribuzione delle tipologie. La figura del rilevatore era
sostanzialmente relegata al ruolo di riconoscitore a vista delle caratteristi-
che estetiche che più si avvicinavano a quelle descritte nella scheda, senza
alcun riferimento al giudizio sulla vulnerabilità, giudizio che poi deve in-
vece esprimere nel momento della valutazione di agibilità. Alla base del-
l’approccio descrittivo era il desiderio di ottenere una fotografia oggettiva
delle caratteristiche dell’opera, scevra da ogni giudizio e interpretazione
personale del rilevatore. Alla verifica dei fatti quest’approccio ha denun-
ciato importanti limiti, legati principalmente ai quattro fattori seguenti:
Introduzione 11

1. impossibilità di prevedere nella scheda tutte le possibili tipologie di


elementi costruttivi, pur operando in un ambito relativamente ri-
stretto, quale quello regionale o nazionale;
2. difficoltà di riconoscimento delle diverse tipologie;
3. variabilità delle tipologie nell’ambito dello stesso edificio;
4. variabilità del comportamento sismico di tipologie “esteticamente”
simili, e dunque classificate come uguali.

La soluzione a questi fattori negativi nell’uso dell’approccio descrittivo


è stata nel tempo individuata in un arricchimento delle tipologie e in una
descrizione sempre più minuziosa della distribuzione delle tipologie dei
vari elementi costruttivi ai vari piani. Tutto ciò, seppur necessario nell’ap-
proccio descrittivo e nella sua filosofia generale, ha portato ad un eccessi-
vo appesantimento del rilievo e ad una minore affidabilità del dato.
Il superamento delle problematiche sopra esposte non poteva trovare
soluzione se non ribaltando la filosofia di approccio, ossia riportando la
classificazione ad un’interpretazione del comportamento dei diversi ele-
menti costruttivi sotto l’azione sismica e coinvolgendo nel giudizio lo
stesso rilevatore. Si è perciò passati da un approccio descrittivo ad un ap-
proccio comportamentale. È indubbio, infatti, che a fronte delle innume-
revoli varietà tipologiche di uno stesso elemento strutturale (ad esempio
per le murature influiscono il materiale degli inerti, la loro forma, la loro
tessitura, l’organizzazione dell’apparecchio murario, i materiali della mal-
ta, etc.), i comportamenti attesi durante un terremoto sono riconducibili
a pochi. Conseguentemente, la scheda di rilievo si semplifica drastica-
mente se a questi pochi comportamenti si fa riferimento. La semplifica-
zione porta in generale ad una maggiore affidabilità del dato, a condizio-
ne che la decisione di sintesi richiesta all’operatore (ossia il passaggio dalle
caratteristiche estetiche alle caratteristiche comportamentali) sia ben gui-
data.

1.2. Il giudizio di agibilità

Malgrado non sia stata mai codificata una definizione di agibilità,


questa può ritenersi legata alla necessità di utilizzare l’edificio nel corso
della crisi sismica, restando ragionevolmente protetti dal rischio di gravi
danni alle persone. Per questo motivo la verifica di agibilità non mira a
salvaguardare la costruzione da ulteriori danni, ma solamente la vita degli
occupanti.
Una pronta e corretta risposta all’esigenza di effettuare verifiche di agi-
bilità è di grande rilevanza per il recupero delle normali condizioni di vi-
12 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

vibilità delle popolazioni colpite, ma di grande delicatezza e responsabi-


lità. Rilevante perché consente di ridurre il disagio della popolazione, de-
licata perché implica la pubblica incolumità quando si afferma l’agibilità,
mentre implica il reperimento di ricoveri alternativi nel caso contrario.
Il gran numero di richieste di sopralluogo che pervengono dopo un
evento sismico, la necessità di fornire risposte in tempo breve – e più in
generale lo stato di emergenza – caratterizza le ispezioni di agibilità nel
senso che queste devono essere condotte in tempi molto ristretti, a partire
da elementi conoscitivi immediatamente acquisibili sul posto e dall’inter-
pretazione degli stessi. Per questo il giudizio di agibilità non rappresenta
una analisi di sicurezza, né la sostituisce. Non è, in genere, giustificato da
calcoli, ma si basa sul giudizio esperto; non è di carattere definitivo, ma
temporaneo; non ha, infine, un obiettivo preciso in termini di rischio.
Tenuto conto di tutto questo, l’agibilità può essere definita nel seguen-
te modo:
La valutazione di agibilità in emergenza post-sismica è una valutazione
temporanea e speditiva – vale a dire formulata sulla base di un giudizio
esperto e condotta in tempi limitati, in base alla semplice analisi visiva ed al-
la raccolta di informazioni facilmente accessibili – volta a stabilire se, in pre-
senza di una crisi sismica in atto, gli edifici colpiti dal terremoto possano esse-
re utilizzati restando ragionevolmente protetta la vita umana.
Tale definizione presuppone la conoscenza della massima intensità che
può verificarsi al sito nel corso della crisi sismica, e cioè dell’evento di ri-
ferimento rispetto al quale formulare il giudizio di agibilità.
Mentre nel progetto di una struttura nuova è la norma che fissa l’azio-
ne sismica di riferimento, nel giudizio di agibilità l’evento di riferimento
non è stato, ad oggi, codificato.
In particolare se l’evento di riferimento al sito è quello di intensità
massima risentito nello stesso sito durante la crisi sismica in atto, più cer-
to sarà il giudizio di agibilità e di conseguenza minore il numero di edifici
inagibili e di senzatetto. Questa ipotesi è generalmente abbastanza caute-
lativa nelle zone epicentrali, dove con minore probabilità si verificano ri-
sentimenti di intensità più elevata della scossa principale. Tuttavia nel ca-
so di migrazione degli epicentri, come nei recenti eventi di Umbria e
Marche 1997, ma anche nel terremoto del Friuli 1976, sono possibili in
zone non epicentrali scosse di intensità maggiore di quelle fino al quel
momento risentite. Assumere in queste zone, che sono anche le più este-
se, un evento di riferimento di intensità uno o due gradi superiore rispet-
to a quanto risentito, se, da un lato cautela maggiormente la vita umana,
dall’altro comporta giudizi di agibilità meno certi ed un numero notevol-
mente maggiore di edifici inagibili e di senzatetto.
Introduzione 13

Poiché il giudizio di agibilità deve essere il più possibile oggettivo, l’e-


vento di riferimento è opportuno che sia uguale per tutti i rilevatori e
quindi stabilito prima del sopralluogo. Non è, infatti, ammissibile, in re-
lazione sia alle specifiche competenze (ingegneri, architetti e geometri
non hanno le competenze per poter stabilire l’evento di riferimento), sia
alle responsabilità, sia, infine, alla necessaria omogeneità di giudizio, che
ciascun rilevatore, almeno implicitamente, assuma un “proprio” evento di
riferimento, rispetto al quale formulare il giudizio di agibilità.
Tuttavia, nel quadro dell’attuale politica di gestione dell’emergenza,
l’evento di riferimento non è stato esplicitamente definito, né è stato sta-
bilito l’Ente preposto a fornire, per ogni località, tale evento. Le procedu-
re utilizzate in altri paesi ad alta sismicità, per esempio California e Gre-
cia, indicano chiaramente che l’evento di riferimento per la dichiarazione
di agibilità è paragonabile a quello della scossa che ha motivato le ispezio-
ni. In questo modo l’analisi del solo danno prodotto dal sisma può essere
il principale, se non l’unico, indicatore di sicurezza, in quanto evidenza di
una più o meno importante modificazione di uno stato già “collaudato”
dal sisma.
L’osservazione e l’interpretazione del danno apparente – quello rileva-
bile ad un esame visivo – causato dal sisma permette di individuare le
modifiche subite dagli elementi strutturali e non strutturali, nonché la
gravità di tali modificazioni ai fini della riduzione della sicurezza dell’edi-
ficio.
La lettura dei danni apparenti consente nel caso di danni rilevanti (se-
parazione evidente di paramenti murari, crolli anche parziali, rottura di
nodi di telai) di dichiarare immediatamente l’inagibilità dell’edificio per
manifesta carenza strutturale (e a volte anche l’inagibilità di edifici adia-
centi o vicini per rischio indotto su altri spazi e/o manufatti). Nel caso di
danni non rilevanti consente invece di comprendere quali siano stati i
meccanismi resistenti attuati, le modificazioni prodotte dall’evento sulle
strutture e, quindi, di stimare quanta dell’originaria resistenza sia stata ri-
dotta dal sisma.
Sulla quantificazione del danno apparente non è possibile dare regole
certe, in quanto è ovvio che su tale aspetto interviene anche la sensibilità
del singolo rilevatore. Esistono però indicazioni maturate nel corso degli
anni (si vedano ad esempio i contributi inseriti in [5]) che stabiliscono re-
gole per definire la gravità del danno apparente: ad esempio quelle codifi-
cate dal GNDT [1, 2] o quelle inserite nella recente scala macrosismica
europea EMS98 [4], a cui si fa riferimento nella Sezione 4 della scheda
AeDES e nel § 4 del presente manuale.
Formulare un giudizio di agibilità basandosi solamente sul danno su-
bito dalla costruzione, in relazione alla scossa risentita, è possibile solo nel
14 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

caso in cui il sisma sia stato effettivamente un collaudo per l’edificio. Nel-
le zone non epicentrali tuttavia un danno modesto non è necessariamente
indice di una costruzione sismicamente resistente, ma può essere dovuto
ad un modesto risentimento sismico. In queste zone, e nel caso si accetti
una possibile migrazione degli epicentri, può essere opportuno formulare
il giudizio di agibilità basandosi anche su alcuni indicatori di vulnerabi-
lità. Questi infatti possono fornire una idea del comportamento della co-
struzione in caso di eventi di più elevata intensità.
I principali indicatori di vulnerabilità sono codificati nella Sezione 3
della Scheda AeDES e discussi nel § 3 del presente manuale. Completa
l’insieme degli indicatori di vulnerabilità la descrizione della morfologia
del sito ove sorge la costruzione, riportata nella Sezione 7.
Per facilitare una sommaria valutazione della vulnerabilità da parte del
rilevatore, è previsto che gli indicatori richiesti vadano inseriti in apposite
caselle su sfondo grigio, tanto più scuro quanto più l’indicatore concorre
ad incrementare la vulnerabilità dell’edificio. In particolare per gli edifici
in muratura i tre livelli di grigio utilizzati possono essere considerati indi-
cazioni di massima utili per la classificazione dell’edificio nelle tre classi
A, B, C di vulnerabilità decrescente prevista nella scala macrosismica eu-
ropea EMS98 per gli edifici ordinari non progettati secondo criteri anti-
sismici. Per le strutture non identificate la scala di grigio fa riferimento al-
la vulnerabilità media delle configurazioni possibili.
Gli indicatori di vulnerabilità, se particolarmente elevati, potrebbero
comportare un giudizio di inagibilità anche in presenza di danni medi o
lievi (o in assenza totale del danno) se il terremoto di riferimento dovesse
essere di grado più alto di quello risentito dall’edificio. Questa situazione
potrebbe verificarsi, ad esempio, nelle zone non epicentrali in occasione
di un forte terremoto, quando ci siano ragioni per ritenere che l’epicentro
di scosse successive possa migrare.

1.3. Gestione dell’emergenza e responsabilità del rilevatore

Per rendere efficace la gestione dell’emergenza ed il trattamento dei dati


raccolti, le procedure dovrebbero essere unificate sul piano nazionale.
Queste comprendono ad esempio:
• la definizione dell’evento di riferimento,
• le modalità di richiesta del sopralluogo,
• l’arruolamento e la gestione delle squadre di rilevatori in relazione ad
una delimitazione territoriale della zona di azione,
• la compilazione della scheda di agibilità,
Introduzione 15

• l’informatizzazione dei dati contenuti nella scheda,


• le modalità di ordinanza di sgombero,
• le modalità di replica delle visite di agibilità in relazione ad un ap-
profondimento del giudizio e/o a variazioni intervenute sullo stato
dell’opera.
In tale ambito organizzativo dovrebbe essere anche definita la respon-
sabilità, dal punto di vista etico e giuridico, del rilevatore.
In termini generali la definizione delle responsabilità giuridiche cui
l’operatore va incontro assumendosi, normalmente in forma volontaristi-
ca, il grave compito di decidere della agibilità, e dunque del normale uso,
di un edificio potenzialmente soggetto a scosse sismiche nel breve perio-
do, rappresenta uno dei fattori cruciali del successo di una corretta gestio-
ne post-evento. È evidente che le responsabilità da attribuire all’operatore
non debbano, innanzitutto, andare al di là delle proprie competenze tec-
niche, che sono quelle professionali di operatori nel campo edilizio (inge-
gneri, architetti, geometri, periti edili). Non è dunque pensabile che l’o-
peratore stabilisca l’evento o gli eventi di riferimento in un quadro sismi-
co in rapida evoluzione, compito peraltro di per sé difficile anche per si-
smologi esperti del settore. È altresì evidente come l’assunzione di re-
sponsabilità da parte di operatori volontari non può che limitarsi ad un
corretto svolgimento delle indagini ed all’emissione del conseguente giu-
dizio di agibilità basato sulla sua professionalità. È anche evidente che la
responsabilità del rilevatore debba essere limitata nel tempo, in quanto le-
gata ad uno stato di emergenza che termina nel momento della successiva
ricostruzione. Minore infine sarà la responsabilità, in quanto il giudizio
meno certo, se al rilevatore si chiede di prevedere, alla luce dello stato di
danno e della vulnerabilità dell’edificio, il comportamento della costru-
zione in relazione a possibili scosse di intensità notevolmente superiore a
quella risentita.
Da quanto sopra, i redattori del presente testo derivano l’opinione che la
responsabilità del rilevatore non può che comprendere solo ciò che è connesso
alla malafede o alla negligenza nell’espletamento del proprio ruolo.
Questa posizione è espressamente contemplata dalle leggi dello stato
della California (USA) secondo le quali i tecnici volontari (disaster service
workers) vengono considerati temporaneamente come lavoratori di prote-
zione civile non compensati. Come tali fruiscono delle stesse immunità
degli ufficiali ed impiegati statali e ricevono gli eventuali rimborsi per gli
infortuni sul lavoro previsti dalla legge statale [6]. I tecnici valutano la si-
curezza delle strutture danneggiate usando al meglio il loro giudizio pro-
fessionale. In accordo alle leggi dello stato nessun disaster service worker
operante per ordine di autorità riconosciuta durante lo stato di emergen-
za è perseguibile civilmente a causa di danni a cose o persone o morte di
16 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

qualcuno, conseguenti ad un suo atto o omissione commesso durante il


servizio, a meno che il fatto sia intenzionale [7].
La situazione in Italia è alquanto diversa: la legislazione riguardante i
sopralluoghi di agibilità in condizioni di emergenza post-sismica è del
tutto carente e la giurisprudenza è particolarmente penalizzante nei con-
fronti del rilevatore.
E comunque evidente che l’adozione della presente scheda di agibilità
e danno, non riduce la responsabilità del rilevatore.

1.4. Contenuti del manuale

Nelle considerazioni sopra esposte trova la sua ragione d’essere il pre-


sente manuale, che estende le istruzioni riportate nella quarta pagina del-
la scheda, allo scopo di fornire uno strumento per un corretto addestra-
mento dei rilevatori ed una piena presa di coscienza dei principi informa-
tori della scheda, nonché per la necessaria omogeneità di giudizio.
Nel Capitolo 2 vengono fornite alcune informazioni e direttive su
aspetti che riguardano l’organizzazione del rilevamento di danno e agibi-
lità nel contesto della gestione tecnica dell’emergenza sismica e le moda-
lità di preparazione e conduzione del sopralluogo sull’edificio.
Il Capitolo 3, partendo dalle caratteristiche comportamentali (coper-
ture spingenti o non, murature di buona o cattiva qualità, solai rigidi o
deformabili, etc.) e fornendone una puntuale descrizione per ogni ele-
mento costruttivo, cerca di correlarle alle caratteristiche tecnologiche cui
più spesso si associano, almeno nel panorama edilizio italiano. Peraltro,
proprio l’impostazione della raccolta dati (ossia della scheda) lascia co-
munque spazio ad un giudizio personale del rilevatore sulla qualità degli
elementi costruttivi nel caso specifico. È infatti possibile che il manuale
non contempli una tipologia peculiare o che una certa tipologia in una
certa area o in uno specifico edificio assuma, vuoi per lo stato di manu-
tenzione, vuoi per le caratteristiche particolari di un certo materiale uti-
lizzato nel singolo caso, caratteristiche comportamentali diverse da quelle
normalmente attese.
Per le considerazioni di carattere generale espresse nei paragrafi prece-
denti, particolarmente ampie e approfondite sono le istruzioni relative al-
la sezione 4 che riguardano il rilevo del danno degli elementi strutturali
principali (Capitolo 4).
I Capitoli 3 e 4 sono corredati di molte illustrazioni grafiche e fotogra-
fiche, rispettivamente negli abachi delle tipologie edilizie e nelle esempli-
ficazioni del danno sismico. Esse offrono un repertorio di riferimento im-
portante per il tecnico rilevatore, che può agevolare la comprensione del
Introduzione 17

rapporto tra la realtà osservata e la sintesi descrittiva operata con la com-


pilazione della scheda.
È evidente che una corretta utilizzazione della scheda è condizionata
da una piena comprensione da parte del rilevatore dei comportamenti si-
smici attesi per i diversi elementi strutturali, in modo che riesca a svilup-
pare una capacità di giudizio autonoma di corretta associazione tra tipo-
logia e comportamento, che dovrà esercitare ogni qual volta la tipologia
incontrata non sia descritta in maniera puntuale nel manuale. Una in-
dubbia ricaduta di quest’approccio risiede anche nella sue potenzialità di-
dascaliche nei confronti di chi è chiamato a fornire un delicato giudizio
sull’agibilità di un edificio. Il dover esercitare comunque un giudizio di
merito sui singoli elementi costruttivi conduce, inevitabilmente, a co-
struire nella propria mente un giudizio complessivo della vulnerabilità
dell’edificio, che, associato al giudizio del danno, porta ad un ben matu-
rato giudizio di agibilità (Capitolo 5).
2. Istruzioni generali e specifiche alla
compilazione delle Sezioni 1 e 2:
identificazione e descrizione dell’edificio

2.1. Organizzazione del rilievo

Nel quadro complessivo dell’organizzazione dell’emergenza tecnica post-


sismica, vale a dire dell’insieme delle attività volte a valutare gli effetti di
danneggiamento su manufatti, ambiente e reti e a contribuire alla attiva-
zione dei provvedimenti di riduzione degli effetti, l’attività di verifica del-
l’agibilità degli edifici riveste un ruolo di particolare rilievo, come si è già
detto, per l’importanza rispetto alle necessità di ricovero della popolazio-
ne e per il cospicuo impegno di personale tecnico che essa richiede. Per
terremoti anche d’intensità medio-bassa i controlli da effettuare possono
raggiungere facilmente l’ordine di grandezza di diverse migliaia di edifici;
per questo è indispensabile la predisposizione di una procedura specifica
di organizzazione e gestione di tutta l’operazione.
Le procedure e gli strumenti operativi per la gestione tecnica dell’e-
mergenza hanno trovato una prima sistemazione nella forma di un Ma-
nuale [8], nel quale il rilevamento di danno e agibilità è di fatto organiz-
zato secondo un sistema che è bene riassumere qui brevemente in modo
da inquadrare l’ispezione di agibilità, la compilazione della scheda ed il si-
gnificato di alcuni suoi contenuti in un tale più articolato contesto.
L’organizzazione, in sintesi prevede: che l’attivazione delle operazioni di
verifica sugli edifici prendano le mosse da richieste dei cittadini al sindaco;
che nell’ambito del comune si realizzi un primo momento organizzativo
di tali richieste, che normalmente si riferiscono ad unità immobiliari, per
relazionarle alle vere e proprie unità strutturali. Il sindaco inoltra quindi le
richieste di sopralluogo su pre-individuati edifici al Centro Operativo Mi-
sto (COM) o altra struttura simile, dal quale squadre di rilevatori, regi-
Istruzioni per la compilazione delle Sezioni 1 e 2 19

strate ed organizzate, vengono inviate per l’espletamento dell’ispezione; i


rilevatori si recano presso la struttura comunale per segnalare l’attività di
sopralluogo da effettuare, verificano i dati relativi, assumono informazioni
utili allo scopo con il sostegno della struttura locale, espletano il loro com-
pito e quindi informano il sindaco dell’esito; la struttura comunale si or-
ganizza per ricevere gli esiti (registri e cartografia) e per attivare i provvedi-
menti di loro competenza, compresa naturalmente l’eventuale ordinanza
sindacale di sgombero; i rilevatori rientrano nel COM dove depositano la
scheda compilata. I dati rilevati vengono informatizzati ed utilizzati sia per
le attività di competenza del COM sia per le successive possibili elabora-
zioni di scenario.
Da questa sintetica descrizione si evidenzia la necessità della presenza
di una struttura centrale organizzativa (COM o simile) che può attivare e
gestire un gran numero di tecnici rilevatori, il ruolo importantissimo del-
la struttura comunale, per le proprie competenze e anche per le cono-
scenze che può rendere disponibili e l’indispensabile instaurasi di una ef-
ficace interconnessione tra questi due livelli per conseguire un efficiente
funzionamento dell’attività.

2.2. Modalità di svolgimento dell’ispezione

L’ispezione va condotta inizialmente dall’esterno. Nel caso si riscontri-


no elementi tali da rendere l’edificio immediatamente inagibile è oppor-
tuno non procedere alla successiva ispezione interna. Viceversa l’assenza
di danno all’esterno non implica necessariamente assenza di danno all’in-
terno. I meccanismi di ribaltamento, ad esempio, almeno in fase iniziale,
non sono generalmente visibili dall’esterno.
Nel corso dell’ispezione interna è bene procedere esaminando tutti i li-
velli dell’edificio, dai locali cantine o garage, fino ai locali del sottotetto.
Da questi, ove possibile, o dall’esterno allontanandosi dall’edificio, è op-
portuno visionare il manto di copertura.
Più che una generica osservazione dell’edificio, è bene «cercare» evi-
denze di danno in posizioni dell’edificio e secondo modalità relazionate ai
meccanismi di danno più comuni riportati nel seguito.
È preferibile, in linea di massima, completare l’ispezione, acquisire
un’idea generale dello stato di fatto sull’edificio e formulare una prima
ipotesi di giudizio. Solo successivamente compilando la scheda e ripercor-
rendone tutte le sezioni, si può verificare che il percorso guidato della
scheda conduca all’esito che era stato inizialmente previsto.
In alcuni casi può essere opportuno effettuare piccoli saggi sulle malte
delle murature, o asportare porzioni di intonaco per esaminare l’anda-
20 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

mento delle lesioni. Più raramente si presenta la necessità di saggiare la


consistenza del calcestruzzo, asportando porzioni di copriferro.
Per la massima efficacia delle ispezioni e per la sicurezza degli operato-
ri occorre disporre di un’attrezzatura minima, in particolare:
• una torcia elettrica per esaminare locali senza luce (cantine o sottotet-
to);
• un metro e uno scalpello per effettuare saggi sui materiali;
• un binocolo per esaminare dettagli lontani;
• una livella o un filo a piombo per valutare i fuori piombo;
• dispositivi di protezione individuale (casco, guanti, scarponcini);
• macchina fotografica; molto utili le macchine a sviluppo istantaneo
che consentono di allegare immediatamente una o più immagini fo-
tografiche alla Sezione 9 della Scheda.
Nel caso di ispezioni ripetute sullo stesso edificio è preferibile disporre
dei rapporti precedenti ed identificare eventuali interventi provvisionali
effettuati (Sezioni 4, 5 e 6 della scheda di agibilità e danno), al fine di po-
ter valutare correttamente le modifiche dell’assetto strutturale, e non, do-
vute agli eventi successivi ed agli interventi effettuati (ad esempio elimi-
nazione di tegole o aggetti).

2.3. Prescrizioni ed indicazioni generali

La scheda è composta delle seguenti nove sezioni su tre pagine e di


una quarta pagina contenente delle note esplicative sulla compilazione:

SEZIONE 1 - Identificazione edificio


SEZIONE 2 - Descrizione edificio
SEZIONE 3 - Tipologia
SEZIONE 4 - Danni ad elementi strutturali e provvedimenti di
pronto intervento eseguiti
SEZIONE 5 - Danni ad elementi non strutturali e provvedimenti di
pronto intervento eseguiti
SEZIONE 6 - Pericolo esterno indotto da altre costruzioni e provve-
dimenti di pronto intervento eseguiti
SEZIONE 7 - Terreno e fondazioni
SEZIONE 8 - Giudizio di agibilità
SEZIONE 9 - Altre osservazioni

Il rilevatore deve compilare la scheda in parte scrivendo alcune infor-


mazioni in spazi predefiniti, in parte annerendo alcune caselle di opzione
attenendosi, a seconda dei casi, alle modalità riportante nella Tabella 2.1.
Istruzioni per la compilazione delle Sezioni 1 e 2 21

Tabella 2.1
Modalità di compilazione dei campi della scheda

2.4. Identificazione degli aggregati e degli edifici

Sulla cartografia vanno individuati i singoli aggregati strutturali, da inten-


dersi quale insieme di edifici (elementi strutturali) non omogenei, a con-
tatto o con un collegamento più o meno efficace, che possono interagire
sotto un’azione sismica o dinamica in genere. Un aggregato strutturale
può essere quindi costituito da un edificio singolo (come capita usual-
mente nel caso di edifici in cemento armato) o da più edifici accorpati
con caratteristiche costruttive generalmente diverse. La presenza di un
giunto sismico efficiente da luogo all’individuazione di due aggregati
strutturali ben distinti. Qualora non sia possibile identificare a priori la
presenza o la localizzazione di un giunto sismico, è opportuno considera-
re l’intero isolato come un unico aggregato, salvo procedere ad eventuali
modifiche in sede di sopralluogo.
Gli aggregati vanno numerati, sulle carte messe a disposizione dal Co-
mune (Tipo carta), in maniera univoca attraverso un codice. Tale codice,
se assegnato da un coordinatore unico per l’intero Comune, sarà compo-
sto da cinque cifre secondo una numerazione progressiva unica (eventuali
modifiche sul campo vanno segnalate direttamente al coordinatore); se,
viceversa, il codice è assegnato dalle squadre rilevatrici, esso dovrà essere a
cinque cifre, di cui le prime tre coincidono con l’identificativo della squa-
22 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

dra e le ultime due seguono la numerazione progressiva assegnata dalla


squadra agli aggregati da essa rilevati. Un esempio di identificazione e nu-
merazione degli aggregati ed edifici è rappresentato in Fig. 2.1 e nelle Ta-
belle 2.2.
All’interno degli aggregati strutturali si individuano gli edifici, definiti
come unità omogenee e in genere distinguibili dagli edifici adiacenti per
tipologia costruttiva, differenza di altezza, età di costruzione, sfalsamento
dei piani, etc.
Gli edifici costituiscono, quindi, organismi statici unici e possono es-
sere distinti ed identificati sulla base dei seguenti criteri:
a) fabbricati costruiti in epoche diverse;
b) fabbricati costruiti con materiali diversi;
c) fabbricati costruiti con solai posti a quote diverse.
L’identificazione degli edifici non è sempre facile ed univoca, special-
mente nel caso degli aggregati di fabbricati in muratura tipici dei centri
storici. Un edificio in muratura può essere definito come un fabbricato
con continuità strutturale, delimitato da cielo a terra da pareti verticali
portanti.
Nel caso di edifici in cemento armato la definizione risulta general-
mente meno problematica in quanto, in generale, si considerano edifici i
fabbricati isolati da spazi o giunti rispondenti alla prescrizione normativa
(nel qual caso l’edificio e l’aggregato coincidono).

Figura 2.1
Esempio di identificazione di aggregati ed edifici su foglio catastale
ed indicazione della posizione di alcuni edifici
Istruzioni per la compilazione delle Sezioni 1 e 2 23

Nella Sezione 1 della Scheda sono raggruppate delle informazioni che


servono alla identificazione sia dell’edificio sia del sopralluogo di cui esso
è fatto oggetto. La scrittura a stampatello esplicita di provincia, comune e
frazione/località, è utile per la gestione in forma cartacea delle schede. Di
fondamentale importanza, soprattutto per la gestione informatizzata dei
dati, sono i due codici identificativi posti nei riquadri in alto a destra e
denominati identificativo sopralluogo e identificativo edificio. Essi, come
mostrato nelle Tabelle 2.2, sono formati dal concatenamento di più
informazioni in modo da identificare in modo univoco l’edificio ed il so-
pralluogo eseguito (in generale sullo stesso edificio possono essere eseguiti
più sopralluoghi).
L’assegnazione univoca del numero alla squadra garantisce un’univoca

Tabella 2.2. a
Esempio di identificazione del sopralluogo

Esempio 015 0003 270997

Squadra 015: N° univoco attribuito dal coordinamento centrale (COM) alla


squadra.

Scheda 0003: N° progressivo che la squadra attribuisce alla scheda di so-


pralluogo nell’ambito dello stesso Comune

Data 270997: Data del sopralluogo (giorno 27, mese 09 e anno ’97)

Tabella 2.2. b
Esempio di identificazione dell’edificio

Esempio 010 043 007 00005 023

Istat Regione 010: N° di identificazione assegnato dall’ Istat alla Regione

Istat Provincia 043: N° di identificazione assegnato dall’ Istat alla Povincia

Istat Comune 007: N° di identificazione assegnato dall’ Istat al Comune

N° aggregato 00005: N° di identificazione dell’aggregato edilizio


pre-assegnato in mappa dal Comune o assegnato dopo
il sopralluogo in collaborazione tra la squadra e il Comune

N° edificio 023: N° di identificazione dell’edificio pre-assegnato in mappa


dal Comune o assegnato dopo il sopralluogo o assegnato in
collaborazione tra la squadra e il Comune
24 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

identificazione della scheda di sopralluogo nell’ambito della campagna di


rilevamento. Così pure l’insieme dei dati ISTAT identificativi del comune
(regione + provincia + comune) in unione con il numero di aggregato e
quello di edificio consentono l’identificazione dell’edificio senza ambi-
guità. La combinazione di questi due identificativi rende possibile una
gestione delle informazioni anche in una base dati unificata a livello na-
zionale. Anche in relazione a questo particolare aspetto si evidenzia l’im-
portanza della formazione del catasto degli edifici come strumento preor-

Tabella 2.3
Codici identificativi dei servizi pubblici

CODICE DESTINAZIONE CODICE DESTINAZIONE


S00 Strutture per l’istruzione S50 Attività collettive militari
S01 Nido S51 Forze armate (escluso i carabinieri)
S02 Scuola materna S52 Carabinieri e Pubblica Sicurezza
S03 Scuola elementare S53 Vigili del Fuoco
S04 Scuola Media inferiore - obbligo S54 Guardia di Finanza
S05 Scuola Media superiore S55 Corpo Forestale dello Stato
S06 Liceo S60 Attività collettive religiose
S07 Istituto professionale S61 Servizi parrocchiali
S08 Istituto Tecnico S62 Edifici per il culto
S09 Università (Facoltà umanistiche) S70 Attività per servizi tecnologici a
rete
S10 Università (Facoltà scientifiche) S71 Acqua
S11 Accademia e Conservatorio S72 Fognature
S12 Uffici Provveditorato e Rettorato S73 Energia Elettrica
S20 Strutture Ospedaliere e sanitarie S74 Gas
S21 Ospedale S75 Telefoni
S22 Casa di Cura S76 Impianti per le telecomunicazioni
S23 Presidio sanitario - Ambulatorio S80 Strutture per mobilità e trasporto
S24 A.S.L. (Azienda Sanitaria) S81 Stazione ferroviaria
S25 INAM - INPS e simili S82 Stazione autobus
S30 Attività collettive civili S83 Stazione aeroportuale
S31 Stato (uffici tecnici) S84 Stazione navale
S32 Stato (Uff. amministrativi, finanziari)
S33 Regione
S34 Provincia
S35 Comunità Montana
S36 Municipio
S37 Sede comunale decentrata
S38 Prefettura
S39 Poste e Telegrafi
S40 Centro civico - Centro per riunioni
S41 Museo – Biblioteca
S42 Carceri
Istruzioni per la compilazione delle Sezioni 1 e 2 25

dinato alla gestione dell’emergenza tecnica e, in assenza, come strumento


ordinatore della stessa nella sua fase di svolgimento.

Il fondo grigio chiaro raggruppa quelle informazioni che possono esse-


re in parte pre-assegnate o fornite dal coordinamento o dall’organizzazio-
ne a livello comunale. Ciò vale, per esempio, per i codici ISTAT di Regio-
ne, Provincia, Comune, Località e Sezione di censimento; tali informazioni
sono importanti per la mappatura più dettagliata dei dati sulle conse-
guenze del sisma, rispetto a quella a scala dell’intero territorio comunale.
Il tipo di carta ed il numero di carta identificano (attraverso l’indicazio-
ne della tipologia di carta utilizzata e attraverso un codice di riferimento)
la mappa sulla quale viene individuato l’edificio; questa indicazione è op-
portuna nel caso generale in cui la cartografia del territorio comunale uti-
lizzata si sviluppa su più fogli.
I dati catastali, foglio, allegato e particelle, sono utili come ulteriore ele-
mento di identificazione e come collegamento con altri dati referenziati
alla cartografia catastale. La posizione dell’edificio serve ad evidenziare il
suo rapporto di collegamento o contatto con altri edifici.
Nella Fig. 2.1 sono riportate alcune situazioni esemplificative.
Nel campo relativo alla denominazione dell’edificio si riporta quella ef-
fettiva nel caso di edifici adibiti a funzioni di rilevante interesse pubblico
o strategico (sedi di istituzioni, di pubblici servizi o di attività di pubblico
per la comunità), mentre nel caso di edifici a destinazione di uso ordina-
rio si riporta il nome del condominio o il nominativo di uno dei proprie-
tari.
Il codice d’uso serve a facilitare l’individuazione nella base di dati degli
edifici che ospitano funzioni di pubblico servizio e deve essere scelto tra
quelli riportati in Tabella 2.3. Nello spazio bianco a centro pagina, l’indi-
cazione Fotocopia dell’aggregato strutturale con l’indicazione dell’edificio sta
a significare che in esso si deve riportare, possibilmente fotocopiata, la
parte della mappa di riferimento contenente l’aggregato strutturale e l’e-
dificio oggetto del sopralluogo con i relativi codici identificativi sopra de-
scritti. L’edificio deve essere evidenziato marcandone il contorno.

2.5. Descrizione dell’edificio

Nella Sezione 2 sono raccolte informazioni riguardanti i dati metrici,


l’età, con indicazione del periodo di costruzione e di eventuale ristruttura-
zione dell’edificio, nonché il tipo di uso ed informazioni relative all’esposi-
zione.
Nei dati metrici si deve indicare il numero di piani complessivo com-
26 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

presi quelli interrati, il numero di piani interrati, l’altezza media di piano e


la superficie media di piano.
Il numero complessivo di piani si riferisce a quelli che si contano a parti-
re dallo spiccato di fondazione, incluso l’eventuale piano di sottotetto so-
lo se praticabile. Si definiscono piani interrati quelli in cui l’altezza fuori
terra (ovvero l’altezza media fuori terra nel caso di edifici posti su pendio)
è inferiore ad 1/2 dell’altezza totale del piano.
I valori di altezza media di piano e superficie media di piano sono elen-
cati per fasce ed il criterio guida per la scelta, nel caso di variazione signi-
ficativa tra i piani, è quello di considerare i valori medi che meglio ripro-
ducono il volume complessivo (per l’altezza si indicherà quella che me-
glio approssima la media delle altezze di piano presenti; per la superficie
va indicato l’intervallo che meglio individua la media delle superfici di
tutti i piani).
Nella colonna relativa all’età si deve indicare la casella relativa al perio-
do nel quale l’edificio è stato edificato ed eventualmente quella in cui es-
so ha subito un ristrutturazione significativa dal punto di vista strutturale.
Riguardo all’uso si indicano tutti i tipi di uso eventualmente compre-
senti all’interno dell’edificio ed il relativo numero di unità.
A tale riguardo si precisa che l’uso uffici è generalmente riferito agli uf-
fici a carattere privato (es. banche, studi professionali, etc), gli usi Servizi
Pubblici e Strategici sono essenzialmente quelli elencati alla Tabella 2.3. In
particolare è da intendersi Strategico un edificio indispensabile all’espleta-
mento stesso delle funzioni di Protezione Civile, come ad esempio gli
ospedali, le sedi comunali, le caserme dei Vigili del Fuoco, etc. Infine si
precisa che per deposito è da intendersi qualunque locale preposto all’ac-
cumulo di materiale, in cui non è prevista la presenza di personale fisso;
sono da escludersi da tale definizione eventuali garage o cantine annessi
ad unità abitative.
Nella colonna relativa all’utilizzazione (che si riferisce comunque alle
condizioni pre-evento), si indica approssimativamente la percentuale di
utilizzo dell’edificio in termini spaziali e/o temporali, secondo tre livelli
(< 30%, 30%-65% e > 65%). Precisamente tale utilizzazione globale è
misurata dalla somma dei prodotti tra le percentuali dei volumi dell’edifi-
cio per le relative percentuali di utilizzazione temporale. Alternativamen-
te, si può evidenziare il fatto che l’edificio non è affatto utilizzato, o per-
ché, pur in condizioni di funzionalità, non vi è praticamente presenza
umana (non utilizzato), o perché in costruzione, o perché rimasto non fi-
nito o infine perché si presenta in stato di abbandono (cattivo stato di
conservazione e/o funzionalità).
Nel numero di occupanti si indica il numero medio di persone che so-
no normalmente presenti, vale a dire che, prima dell’evento, occupavano
Istruzioni per la compilazione delle Sezioni 1 e 2 27

l’edificio con continuità per ragioni di attività o residenza. Ad esempio,


gli abitanti di «seconde case», utilizzate solo saltuariamente, non sono da
classificare tra gli occupanti, nemmeno se accidentalmente presenti al
momento dell’evento. Il numero degli occupanti si indica annerendo le
caselle delle cifre delle centinaia, delle decine e delle unità.
L’ultima informazione presente nella sezione riguarda il tipo di pro-
prietà distinta in pubblica o privata.
3. Istruzioni alla compilazione
della Sezione 3: tipologia

3.1. Premessa e istruzioni generali

La Sezione 3 della Scheda si propone quale obiettivo principale quello


di indirizzare il rilevatore verso una conoscenza approfondita del manu-
fatto, all’interno di un percorso guidato di analisi in grado di orientare
verso il giudizio finale di agibilità, evidenziando indicatori di vulnerabi-
lità, che possono condizionare la riposta della struttura all’azione sismica.
I due livelli di grigio utilizzati oltre allo sfondo bianco delle caselle sotto-
lineano vulnerabilità progressivamente crescenti.
Riguardo alla compilazione della sezione, valgono le seguenti indica-
zioni generali, che integrano quelle riportate nelle note esplicative sulla
compilazione riportate nella pagina 4 della Scheda. A queste seguiranno
più puntuali indicazioni nei paragrafi 3.2 e 3.3 rispettivamente per edifici
in muratura e per gli edifici realizzati con altri materiali; nel § 3.5 verran-
no date infine indicazioni per la compilazione della tabella relativa alla
copertura dell’edificio.
L’ispezione va preceduta, se possibile, da un’intervista ai tecnici locali e
al proprietario dell’immobile al fine di reperire informazioni di carattere
generale, quali l’età di costruzione, i materiali impiegati, le tipologie
strutturali, eventuali modifiche e/o ampliamenti subiti nel corso degli an-
ni, dissesti sui terreni di fondazione, etc.
Solo qualora né l’indagine in situ, né le informazioni raccolte siano
sufficienti all’identificazione delle tipologie costruttive verticali ed oriz-
zontali, il tecnico rilevatore potrà utilizzare il campo non identificate pre-
visto nella Scheda.
La Sezione 3 è, relativamente agli edifici in muratura, di tipo multi-
Istruzioni per la Sezione 3 29

scelta con un massimo di 2 opzioni da riferire alle situazioni ritenute più


significative dal punto di vista volumetrico. Quindi per gli edifici in mu-
ratura si possono segnalare due combinazioni di strutture orizzontali e
verticali prevalenti, accoppiando in ogni caso le pareti di uno o più piani
al loro solaio di copertura; ad esempio: volte senza catene e muratura in
pietrame al 1° livello (2B) e solai rigidi (in c.a.) e muratura in pietrame al
2° livello (6B). Si osservi che non viene registrato nella scheda il numero
di piani cui l’accoppiamento si riferisce. È opportuno utilizzare la doppia
scelta solo se entrambi gli accoppiamenti compaiono con estensione si-
gnificativa; non va pertanto registrato un secondo accoppiamento che ri-
guardi una parte marginale dell’edificio.
La muratura è distinta in due tipi in ragione della qualità (materiali,
legante, realizzazione) e per ognuno è possibile segnalare anche la presen-
za di cordoli o catene se sono sufficientemente diffusi.
I solai sono distinti in deformabili, semirigidi e rigidi nel loro piano
medio. Normalmente i solai in c.a. vengono considerati rigidi, quelli in
putrelle e tavelloni semirigidi, quelli in putrelle e voltine o in legno sono
deformabili se non è stata realizzato un irrigidimento, nel qual caso potreb-
bero intendersi rigidi o semirigidi, in base al livello di collegamento tra gli
elementi.
Vanno anche rilevati:
• in colonna F l’eventuale presenza di pilastri isolati, siano essi in c.a.,
muratura, acciaio o legno;
• in colonna G la presenza di strutture portanti verticali miste mura-
tura e calcestruzzo armato (più in generale muratura e strutture in-
telaiate);
• in colonna H la presenza di muratura armata o rinforzata, durante
la costruzione originaria dell’edificio o in occasione di precedenti ri-
parazioni o adeguamenti antisismici.
Gli edifici si considerano con strutture intelaiate di c.a. o d’acciaio, se
l’intera struttura portante fuori terra è in c.a. o in acciaio. Strutture por-
tanti verticali miste (muratura - telai) vanno indicate nell’apposita colonna
G della parte Muratura: ad esempio, se la struttura intelaiata è limitata ad
un piano mentre la parte sottostante è in muratura, si barrerà la casella G1
(c.a. o altre strutture intelaiate su muratura); se la struttura intelaiata e la
muratura sono allo stesso livello si barrerà la casella G3 (muratura mista a
c.a. in parallelo agli stessi piani). Per le strutture intelaiate le tamponature
sono irregolari quando presentano dissimmetrie in pianta e/o in elevazio-
ne o sono in pratica completamente assenti in un piano in almeno una di-
rezione.
30 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

3.2. Edifici in muratura

3.2.1 Strutture verticali e Abaco delle murature

La Scheda, tenendo conto Strutture in muratura


del materiale utilizzato e della Tipo I Tipo II
sua tessitura nel paramento, A tessitura irregolare A tessitura regolare
della qualità del legante e delle e di cattiva qualità e di buona qualità
modalità costruttive, prevede (Pietrame non (Blocchi; mattoni;
squadrato, ciotoli,…) pietra squadrata…)
una distinzione delle strutture
in muratura in due classi: Senza Con Senza Con
catene catene catene catene
o cordoli o cordoli o cordoli o cordoli
Muratura di tipo I: a tessi- B C D E
tura irregolare e di cattiva qua- ❒ ❒ ❒ ❒
lità
Questo tipo di muratura di ❒ ❒ ❒ ❒
pietra naturale manifesta un ❒ ❒ ❒ ❒
comportamento sfavorevole
caratterizzato da: ❒ ❒ ❒ ❒
➢ elevata vulnerabilità per ❒ ❒ ❒ ❒
azioni fuori del piano, con
tendenza allo scompagina- ❒ ❒ ❒ ❒
mento ed allo sfaldamento
dell’apparecchio murario, anche per instabilità, sotto carichi verticali,
dei singoli paramenti mal collegati o non collegati; tale circostanza si
verifica in genere anche in condizioni di vincolo ottimale agli orizzon-
tamenti;
➢ scarsa resistenza per azioni nel piano, a causa sia della scarsa resistenza
intrinseca dei materiali, ed in particolare della malta, sia per lo scarso
attrito che può svilupparsi tra gli elementi lapidei, in relazione alla
configurazione dell’apparecchio murario.

Muratura di tipo II: a tessitura regolare e di buona qualità


Questo tipo di muratura di pietra naturale o artificiale manifesta un
comportamento favorevole caratterizzato da:
➢ bassa vulnerabilità per azioni fuori del piano, sempre che la parete sia
correttamente vincolata superiormente ed inferiormente a solai rigidi
o semirigidi, in grado di ridistribuire le azioni sismiche alle pareti pa-
rallele all’azione, con comportamento monolitico della parete;
➢ media o elevata resistenza per azioni nel piano della parete, grazie alla
resistenza intrinseca dei materiali, in particolare della malta, e/o per
l’attrito che può svilupparsi tra i blocchi o gli elementi lapidei, in rela-
Istruzioni per la Sezione 3 31

zione alla configurazione regolare dell’apparecchio murario.

Allo scopo di guidare il rilevatore nel riconoscimento e nella corretta


assegnazione della tipologia costruttiva viene proposta nelle tabelle allega-
te una classificazione più dettagliata della muratura, che tiene conto della
varietà di situazioni che caratterizzano il panorama costruttivo italiano.
Di essa viene fornita una documentazione grafica e fotografica orga-
nizzata attraverso abachi riepilogativi, nei quali, per ciascuna tipologia
muraria, viene suggerita l’attribuzione ai tipi I e II previsti nella scheda.
Il suggerimento non vincola il rilevatore, il quale giudicherà in sito,
sulla base della propria sensibilità ed esperienza, la più corretta attribuzio-
ne.
Un primo abaco (Tabella 3.2) propone una classificazione fondata sul-
l’analisi del paramento esterno (I° livello di conoscenza), che è quanto di
più facilmente riconoscibile dal rilevatore ad una prima analisi visiva della
superficie esterna o interna non intonacata. Su tali basi la muratura viene
classificata in tre grandi famiglie:
➢ muratura irregolare (cod. A), costituita da elementi informi, che si
possono presentare o come ciottoli di fiume, di piccole o medie di-
mensioni, levigati e con spigoli dalla forma decisamente arrotondata
(provenienti dalle alluvioni o da letti di torrenti e fiumi) o come sca-
poli di cava, scaglie, etc., ovvero elementi di diversa pezzatura a spigo-
li vivi, generalmente in calcare o pietra lavica;
➢ muratura sbozzata (cod. B), costituita da elementi sommariamente la-
vorati, dal taglio non perfettamente squadrato, che si presentano in
forma pseudo - regolare o con orditura lastriforme di pietra detta a so-
letti;
➢ muratura regolare (cod. C), realizzata con elementi dal taglio regolare
perfettamente squadrato, quale viene consentito dal tufo e da talune
pietre, nonché naturalmente dal laterizio.
In tutti i casi la tessitura può essere (codice CR) o non essere (codice
SR) rinforzata con ricorsi di mattoni o pietre regolari con passo abbastan-
za costante (dello stesso ordine di grandezza dello spessore).
L’analisi del paramento esterno da sola può non essere sufficiente a di-
stinguere una muratura di cattiva qualità (tipo I) da una di buona qualità
(tipo II). Il gruppo di lavoro ha sottoposto l’abaco riportato in allegato al
giudizio di tecnici e ricercatori con esperienza di osservazione del danno si-
smico gli edifici in muratura. Ne sono derivate le statistiche di classificazio-
ne riportate nella colonna Assegnazioni dell’abaco: è evidente la notevole
incertezza particolarmente per quanto riguarda la muratura sbozzata (codi-
ce B).
32 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

È pertanto opportuno acquisire ulteriori informazioni su:


➢ la qualità della malta (II° livello di conoscenza); valutata in situ attra-
verso un test di scalfittura, al fine di distinguere malte di cattiva qua-
lità molto friabili, che si sgretolano tra le mani (Mc), da malte di buo-
na qualità più resistenti (Mb: ad es. malte cementizie).
➢ la sezione muraria (III° livello di conoscenza), distinta nei due casi di
muratura con paramenti ben collegati (Pc) e paramenti scollegati o mal
collegati (Ps; è il caso di molte murature povere a sacco). Nelle ispezio-
ni post-sisma la geometria della sezione è spesso osservabile in edifici
che hanno subito crolli parziali. Alcuni casi tipici sono riportati ri-
spettivamente nelle Figure 3.1 e 3.2.

Figura 3.1
Pc: sezione a paramenti ben collegati o ad unico paramento (sezione piena)

Figura 3.2
Ps: sezione a paramenti con elementi scollegati o male ammorsati,
come evidenziato da crolli rovinosi provocati da sisma

Sezione muraria a doppio


parametro
parametri non collegati
Istruzioni per la Sezione 3 33

Anche in funzione di queste ulteriori variabili, gli abachi allegati pro-


pongono, attraverso una tabella di attribuzione, la più probabile assegna-
zione del paramento osservato ai tipi I e II previsti nella scheda. Le incer-
tezze di classificazione si riducono progressivamente, anche se in alcuni
casi restano sensibili. In ogni caso si rinvia al giudizio finale del rilevatore
la classificazione più opportuna.
Si riporta a titolo esemplificativo nella Fig. 3.3 una delle tabelle di at-
tribuzione che negli abachi (Tabelle 3.3 e 3.4 per le murature irregolari;
3.5 per le murature sbozzate; 3.6 per le murature regolari) sono associate
a ciascuna tipologia di paramento murario. La lettura della tabella con-
sente di orientarsi nell’assegnazione ai tipi I e II della muratura che si sta
analizzando; ciò sia nel caso in cui sia disponibile la sola informazione
sulla malta (suggerimento riportato nel campo II° livello di conoscenza),
sia nel caso in cui si riescano a rilevare contemporaneamente la qualità
della malta ed il tipo di sezione muraria (suggerimento riportato nella
campo III° livello di conoscenza). Anche con queste ulteriori informazio-
ni restano comunque dei casi incerti, evidenziati negli abachi tramite la
doppia classificazione: I/II).
Figura 3.3
Esempio di attribuzione della classe di qualità
della muratura in funzione del livello di conoscenza

I - II I° livello di conoscenza
Tipo di malta → Mc Mb
I II II° livello di conoscenza
Tipo di sezione → Ps Pc Ps Pc
I II I/II II III° livello di conoscenza

3.2.2 Impalcati orizzontali e abaco delle tipologie di solai piani

Le strutture orizzontali non sono sempre identificabili; a tale scopo ri-


sultano utili elementi di gui-
1 Non identificate da al rilevatore, oltre all’in-
2 Volte senza catene tervista ai tecnici locali e/o
3 Volte con catene al proprietario:
4 Travi con soletta deformabile ➢ l’ispezione in locali non
(travi in legno con semplice tavolato, travi e voltine…) intonacati, quali cantine,
5 Travi con soletta semirigida
(travi in legno con doppio tavolato, travi e tavelloni…) piani interrati, etc;
6 Travi con soletta rigida ➢ l’analisi delle caratteristi-
(solai di c.a., travi ben collegate a solette di c.a…)
che strutturali degli sbalzi
34 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

(balconi, aggetti, pensiline).


Solo in caso di forti incertezze, il tecnico rilevatore potrà utilizzare il
campo “non identificate”.
Nella scheda si distinguono fondamentalmente le strutture orizzontali
piane da quelle a volta e, nell’ambito di ciascuna di queste classi principa-
li, si opera un’ulteriore distinzione in relazione alle caratteristiche che
possono avere riflessi importanti sul comportamento d’insieme dell’orga-
nismo strutturale.

Per quanto riguarda gli orizzontamenti voltati, la distinzione fonda-


mentale è tra:
➢ volte senza catene: ossia strutture spingenti già sotto l’azione dei cari-
chi verticali, che possono ulteriormente aggravare questa spinta per
effetto dell’azione sismica, e portare dunque al collasso fuori del piano
delle pareti;
➢ volte con catene: ossia strutture la cui spinta viene eliminata o ridotta
grazie alla presenza di catene ben ancorate, o viene contrastata da ido-
nei speroni.

Per quanto riguarda le strutture piane (solai), la scheda distingue tre


tipologie, in relazione alla loro deformabilità nel piano:
➢ Travi con soletta deformabile: la deformabilità e/o la scarsa resistenza di
questa tipologia fanno sì che, pur se ben collegate alla struttura verti-
cale (condizione peraltro che non si riscontra quasi mai), non siano in
grado di costituire vincolo alle pareti sollecitate fuori del piano né di
ridistribuire le forze sismiche tra le pareti sollecitate nel piano; può
quindi accadere che questi orizzontamenti sollecitino le pareti fuori
del piano, agevolando il crollo.
➢ Travi con soletta semirigida: la rigidezza e la resistenza di questa tipolo-
gia fanno sì che, se ben collegate alla struttura verticale (condizione
per lo più verificata in presenza di cordoli e/o code di rondine e appo-
site cuciture), siano in grado di costituire vincolo sufficientemente ri-
gido alle pareti sollecitate fuori del piano e ridistribuire le forze sismi-
che tra le pareti parallele alla direzione dell’azione, che racchiudono il
campo di solaio. Questi solai non sono invece sufficientemente rigidi
da determinare una ridistribuzione delle forze sismiche tra tutte le pa-
reti dell’edificio.
➢ Travi con soletta rigida: la rigidezza e la resistenza di questa tipologia
fanno sì che, se ben collegate alla struttura verticale (condizione per lo
più verificata in presenza di cordoli e/o code di rondine e apposite cu-
citure), siano in grado di costituire vincolo alle pareti sollecitate fuori
del piano e ridistribuire le forze sismiche tra le pareti parallele alla di-
Istruzioni per la Sezione 3 35

rezione dell’azione. Si determina un corretto comportamento della


scatola muraria, nella quale le pareti sollecitate fuori del piano sono
ben vincolate ai solai, funzionando secondo uno schema favorevole a
trave o piastra vincolata sui bordi, e le forze sismiche vengono riporta-
te a terra attraverso le pareti ad esse parallele.

Da un punto di vista operativo valgono le seguenti considerazioni.


Per solai deformabili si intendono solai in legno a semplice o doppia
orditura (travi e travicelli) con tavolato ligneo semplice o elementi laterizi
(mezzane), eventualmente finito con caldana in battuto di lapillo o mate-
riali di risulta (gretonato); nonché solai in putrelle e voltine realizzate in
mattoni, pietra o conglomerati. In entrambi i casi se è stata realizzato un
irrigidimento, mediante tavolato doppio o, meglio ancora, soletta armata
ben collegata alle travi, tali solai potrebbero intendersi rigidi o semirigidi,
in base al livello di collegamento tra gli elementi.

Per solai semirigidi si intendono solai in legno con doppio tavolato in-
crociato eventualmente finito con una soletta di ripartizione in cemento
armato; solai in putrelle e tavelloni ad intradosso piano; solai in laterizi
prefabbricati tipo SAP senza soletta superiore armata.

Per solai rigidi si intendono solai in cemento armato a soletta piena;


solai in latero-cemento con elementi laterizi e travetti in opera o prefab-
bricati, o comunque solai dotati si soletta superiore di c.a. adeguatamente
armata, connessa a tutte le murature e connessa fra campo e campo.

Allo scopo di guidare il rilevatore nel riconoscimento della tipologia


orizzontale viene proposta in Tabella 3.7 un abaco con una documenta-
zione grafica ed iconografica delle tipologie previste nella scheda, in fun-
zione della deformabilità dei solai nel piano orizzontale.
Si precisa infine che se l’unico orizzontamento è la copertura (come
nel caso di edifici ad un solo piano), la tipologia dell’orizzontamento va
descritta, oltre che nella tabella Copertura, anche nella relativa riga della
tabella Strutture in muratura.

3.2.3 Strutture miste e rinforzate

Nella Sezione 3 strutture in muratura, la scheda prevede la possibilità


di indicare, in aggiunta alle informazioni precedenti:
➢ la presenza di pilastri isolati (monoscelta; colonna F);
➢ la presenza di una tipologia a struttura mista (colonna G) con 3 op-
zioni (multiscelta) che corrispondono a:
36 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Strutture G1: C.a. (o altre strutture intelaiate) su muratura


in muratura G2: Muratura su c.a. (o altre strutture intelaiate)
G3: Muratura mista a c.a. (o altre strutture intelaiate)
Pilastri isolati

Rinforzata
in parallelo sugli stessi piani;
Mista

➢ la presenza di muratura rinforzata con 3 opzioni


(multiscelta) che corrispondono a:
F G H H1: Muratura rinforzata con iniezioni o intonaci
Si ❒ ❒ non armati
H2: Muratura armata o con intonaci armati
❍ G1 H1 H3: Muratura con altri o non identificati rinforzi
❒ ❒
L’esistenza di pilastri isolati va segnalata qualora si rilevi,
NO G2 H2 in una costruzione a struttura portante in muratura o mi-
❒ ❒ sta, la presenza di elementi isolati di scarico di qualunque
tipologia, siano essi in cemento armato, muratura, acciaio o
G3 H3 legno. In generale la presenza in edifici di muratura di con-
centrazioni di sforzi normali su pilastri, specialmente se
conseguente a lavori di ristrutturazione, può essere indice di maggiore vulne-
rabilità per l’edificio.
Le strutture miste (campo G), invece, concordemente a quanto espresso
dalla vigente normativa sismica, sono da considerarsi strutture fuori terra
in muratura ordinaria o armata nelle quali siano stati inseriti elementi
strutturali verticali di diversa tecnologia (cemento armato, acciaio, legno o
altri materiali), cui è affidato il compito di sopportare almeno una parte
dei carichi verticali. Tali strutture possono risultare in serie (G1, G2: su
piani diversi) o in parallelo (G3) rispetto alle pareti di muratura. Casi tipici
frequenti sono:
G1 - costruzioni di muratura che presentano il piano superiore intera-
mente realizzato con struttura portante a telaio in cemento armato;
G2 - costruzioni di cemento armato che presentano una sopraeleva-
zione a struttura portante in muratura (non previste da normativa);
G3 - costruzioni che, ad uno stesso livello, presentano la struttura verti-
cale costituita in parte da pareti in muratura ed in parte da pilastri o pareti
in cemento armato; il caso più frequente è quello di setti murari disposti
lungo il perimetro del fabbricato e telai in cemento armato disposti all’in-
terno.
Quando l’estensione della parte intelaiata è significativa, va compilata
anche la sezione «altre strutture» con l’indicazione delle caratteristiche
della struttura intelaiata.
Non necessariamente il carattere misto delle strutture verticali è siste-
maticamente indice di vulnerabilità, anche se spesso implica disomoge-
Istruzioni per la Sezione 3 37

neità nella risposta strutturale e concentrazioni di sforzi causa di danno


locale.
La presenza di rinforzi nelle pareti di muratura non è generalmente rile-
vabile a vista: peraltro quando interventi tipici siano stati realizzati in com-
prensori le informazioni sono ottenibili dai proprietari o dai tecnici locali.
Si tratta generalmente di rinforzi eseguiti in sede di riparazione o adegua-
mento di edifici in muratura ordinaria tramite iniezione non armata (H1)
o armata (H2) o placcaggio con paretine armate (H2) o anche compositi
(H2), mentre poco diffusa è in Italia la muratura armata in fase di costru-
zione con barre di acciaio orizzontali e verticali (H2). Più complesso invece
il giudizio sulla qualità dell’intervento: non sembra realistico ipotizzare in
ogni caso che l’intervento sia stato sempre correttamente eseguito e quindi
classificare di tipo II la muratura rinforzata. Se il rilevatore è in grado di
accertare che l’intervento di rinforzo è stato ben eseguito, dichiarerà la(e)
tipologia(e) prevalente(i) nelle colonne D o E anche se la muratura origi-
naria fosse di tipo I.

3.3. Altre strutture

In alternativa alle strutture in mura-


tura possono essere specificate (con
modalità multiscelta):
➢ strutture a telaio in cemento armato
➢ strutture a pareti portanti in cemen-
to armato
➢ strutture a telaio in acciaio.

Altre strutture (ad esempio quelle in le-


gno) non sono previste nella scheda per
la loro scarsa diffusione in Italia. Quan-
do sono accoppiate a strutture in mura-
tura, sono rilevabili come strutture miste in colonna G.
Per le tre tipologie specificate, il rilevatore deve esprimere un giudizio
globale sulla regolarità/irregolarità della costruzione.
Tale giudizio va sinteticamente indicato nei campi 1 (forma in pianta
ed elevazione) e 2 (disposizione tamponature) della scheda.
Non viene specificato in questo caso l’accoppiamento con le strutture
orizzontali di impalcato, che sono da supporre rigide nel loro piano;
eventuali irregolarità al riguardo vanno annotate nella Sezione 9 della
Scheda. Sempre nella Sezione 9 potranno essere annotate eventuali strut-
ture non ricadenti in nessuna delle tipologie previste nella scheda.
38 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Di seguito vengono fornite alcune indicazioni d’ausilio all’interpreta-


zione dei campi suddetti.

3.3.1 Forma in pianta ed in elevazione

Sotto questa voce il rilevatore dovrà complessivamente valutare la pre-


senza di:

➢ irregolarità di forma in pian-


ta, ovvero piante non dotate
di due assi di simmetria orto-
gonale, ad esempio realizzate
a L, T, U, E, P, etc; Figura 3.4

➢ irregolarità di forma in eleva-


zione, ovvero macroscopiche
variazioni di superficie (±
30%) con l’altezza che creano
evidenti sporgenze o rien- Figura 3.5
tranze;

➢ disposizione eccentrica ri-


spetto agli assi di simmetria
della pianta di nucleo scala
e/o blocco ascensore;

Figura 3.6
➢ irregolarità strutturali in pian-
ta, ovvero mancanza di telai in
entrambe le direzioni princi-
pali in pianta, telai non sim-
metrici o mal distribuiti, pre-
senza di angoli rientranti (con
proiezione superiore al 20%
della dimensione planimetrica
della struttura in quella dire-
zione), distribuzione disu-
niforme ed eccentrica del peso
proprio e del sovraccarico, etc; Figura 3.7
Istruzioni per la Sezione 3 39

➢ irregolarità strutturali in elevazione, ovvero presenza di solette pesanti


a fronte di pilastri esili, esistenza di piani con peso proprio o sovracca-
rico superiore al 50% rispetto a quella del piano superiore o inferiore,
etc.

3.3.2 Disposizione tamponature

Sotto questa voce il rilevatore dovrà complessivamente valutare la pre-


senza di dissimetrie generali nella disposizione delle tamponature e/o la
presenza di condizioni di vulnerabilità non strutturale, quali:

➢ tamponature disposte esternamente alla


maglia strutturale (Fig. 3.8);

➢ tamponature perimetrali forate in maniera


dissimetrica, es. molto aperte sul fronte
strada e quasi completamente chiuse sugli
altri lati. Tali dissimmetrie possono sensi-
bilmente modificare la posizione del cen-
tro delle rigidezze delle strutture che ai vari
piani equilibrano l’azione sismica e quindi
aumentarne l’eccentricità rispetto al cen-
tro delle masse, con conseguenti effetti ro- Figura 3.8
tazionali;

➢ presenza di pilastri tozzi, dovuti al-


la presenza di tamponature che
non riempiono la maglia struttura-
le (per esempio per compresenza
di finestre a nastro, Fig. 3.9), op-
pure a conformazioni strutturali ir-
regolari come fondazioni a quote
sfalsate, solai sfalsati, etc.

Figura 3.9
40 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

3.4 Coperture

Le coperture influenzano in modo


Copertura positivo o negativo il comportamento
1
2
•• Spingente pesante
Non spingente pesante
sismico dell’edificio essenzialmente
tramite due fattori: il peso e l’even-
3
4
••Spingente leggera
Non spingente leggera
tuale effetto spingente sulle murature
perimetrali.
Per un edificio in muratura la
condizione ideale è quella di una co-
pertura, leggera, rigida e resistente e ben collegata alla struttura muraria,
ossia una copertura che trasmette basse forze d’inerzia (leggerezza) e ridi-
stribuisce le forze sismiche tra le pareti parallele alle azioni, costituendo
un ottimo vincolo per le pareti sollecitate fuori del piano.
Queste tre condizioni difficilmente sono realizzabili contemporanea-
mente. Nelle vecchie costruzioni, le coperture sono spesso spingenti, ossia
applicano forze orizzontali ortogonali alle pareti su cui appoggiano, per
effetto dei soli carichi verticali. Questa condizione viene aggravata dalle
forze sismiche, orizzontali e verticali.
Nella Scheda si è ritenuto opportuno identificare come parametri fon-
damentali, il peso ed il carattere spingente o no della copertura. Di segui-
to si descrivono sinteticamente le conseguenze di queste due caratteristi-
che sul comportamento dell’organismo strutturale:
➢ Spingente pesante: è questa indubbiamente la condizione più gravosa,
in quanto la massa elevata causa la nascita di forze sismiche notevoli,
mentre l’effetto spingente favorisce il collasso fuori del piano delle pa-
reti sottostanti;
➢ Non spingente pesante: in generale la pesantezza è associata alla tipolo-
gia di solaio latero-cementizio, che però, in generale, garantisce una
buona resistenza e rigidezza nel piano e quindi una capacità di ridi-
stribuzione delle forze sismiche sulle pareti più idonee a sostenerle.
Per contro l’eccessiva pesantezza può determinare forze sia statiche sia
dinamiche che possono superare la resistenza delle murature, specie se
di scarsa qualità;
➢ Spingente leggera: i pericoli di questa condizione sono essenzialmente
legati all’aggravamento delle spinte orizzontali sulle pareti di appog-
gio, dovute alle forze sismiche;
➢ Non spingente leggera: è questa la condizione più favorevole, per i bassi
valori delle forze sismiche e l’assenza di aggravi per effetto delle spin-
te; la condizione risulterebbe ancora più favorevole se la struttura di
copertura avesse una sufficiente rigidezza e resistenza nel suo piano,
così da svolgere anche un ruolo positivo in termini di miglioramento
Istruzioni per la Sezione 3 41

del comportamento scatolare d’insieme della muratura.


Da un punto di vista operativo valgono le seguenti considerazioni.
Riguardo al peso si intenderanno generalmente leggere coperture in
acciaio o legno (salvo caso di lastre o tegole pesanti, ad esempio in pietra
naturale), pesanti coperture in cemento armato.
Riguardo all’effetto spingente si considererà la presenza e/o l’efficacia
dei seguenti elementi:
➀ cordolo
➁ muro di spina
➂ catene
➃ trave rigida di colmo
➄ capriate a spinta eliminata su cui gravano travetti longitudinali.
Possono dunque presentarsi i casi rappresentati in Tabella 3.1 (la cam-

Tabella 3.1
ABACO DELLE COPERTURE: Valutazione della spinta

Copertura Configurazione statica Note


42 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

pitura indicherà la presenza di quell’elemento). Si precisa che le valuta-


zioni associate agli schemi riportati in Tabella hanno carattere indicativo
e rappresentano la condizione più probabile soprattutto nei casi in cui
non sia possibile indagare nel dettaglio sulle condizioni di vincolo tra gli
elementi.

Copertura Configurazione statica Note

Si precisa che, qualora la copertura non fosse ispezionabile, la sezione


«Coperture» non va compilata e tale circostanza va annotata nelle osser-
vazioni finali.
Istruzioni per la Sezione 3 43

Ricorsi
Codice

Codice
Tipo Tipo di Assegnazione Esempi di tessitura

tipo
elementi
44 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Ricorsi
Codice

Codice
Tipo Tipo di Assegnazione Esempi di tessitura

tipo
elementi
Istruzioni per la Sezione 3 45

Tabella 3.3 Abaco delle murature irregolari (Cod. A1) (2° e 3° livello di conoscenza)
A1: PIETRA ARROTONDATA
Descrizione: costituita prevalentemente da elementi con superficie liscia e forma arrotondata, o da ciottoli
di fiume di piccole e medie dimensioni; si presenta tanto con tessitura disordinata quanto ordinata

** foto tratta da “Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postsismica degli edifici”, Regione dell’Umbria, ed DEI, Tipografia del Genio Civile, 1999
46 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Tabella 3.4 - Abaco delle murature irregolari (Cod. A2) (2° e 3° livello di conoscenza)

A2: PIETRA GREZZA


Descrizione: costituita prevalentemente da pietra grezza generalmente non lavorata o difficile lavorazione:
elementi di forma irregolare di varie dimensioni come scapoli di cava e spezzoni di pietre
Istruzioni per la Sezione 3 47

Tabella 3.5 - Abaco delle murature irregolari (Cod. B) (2° e 3° livello di conoscenza)

B1: PIETRA LASTRIFORME


Descrizione: costituita generalmente da elementi semilavorati, lastriformi (“pietra a soletti”) ottenuti da roc-
ce di scarsa potenza che tendono a sfaldarsi lungo il loro piano orizzontale.
La forma quasi regolare degli elementi esclude quasi sempre la tessitura disordinata

B2: PIETRA PSEUDO REGOLARE


Descrizione: costituita da pietra semilavorata quasi regolare e di dimensioni maggiori rispetto alla prece-
dente. La pseudo regolarità degli elementi esclude la tessitura disordinata

** foto tratta da “Manuale per la riabilitazione e la ricostruzione postsismica degli edifici”, Regione dell’Umbria, ed DEI, Tipografia del Genio Civile, 1999
48 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Tabella 3.6 Abaco delle murature regolari (Cod. C) (2° e 3° livello di conoscenza)
C1: PIETRA SQUADRATA
Descrizione: costituita da pietre squadrate di forme prestabilite. La regolarità degli elementi esclude la tes-
situra disordinata

C2: MATTONI
Descrizione: costituita da elementi laterizi che per la loro regolarità escludono la tessitura disordinata
Istruzioni per la Sezione 3 49

Tabella 3.7 Abaco delle tipologie dei solai piani


4: TRAVI CON SOLETTA DEFORMABILE
Descrizione: solai in legno a semplice o doppia orditura (travi e travicelli) con tavolato ligneo semplice o
elementi laterizi (mezzane), eventualmente finito con caldana in battuto di lapillo o materiali di risulta (cre-
tonato). Solai in putrelle e voltine realizzate in mattoni, pietra o conglomerati. In entrambi i casi se è stata
realizzato un irrigidimento, mediante tavolato doppio o, meglio ancora, soletta armata ben collegata alle
travi, trali solai potrebbero intendersi rigidi o semirigidi, in base al livello di collegamento tra gli elementi.
50 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

5: TRAVI CON SOLETTA SEMIRIGIDA


Descrizione: solai in legno con doppio tavolato incrociato eventualmente finito con una soletta di ripartizio-
ne in cemento armato. Solai in putrelle e tavelloni ad intradosso piano. Solai in laterizi prefabbricati tipo
Sap.

6: TRAVI CON SOLETTA RIGIDA


Descrizione: Solai in cemento armato a soletta piena. Solai in latero-cemento con elementi laterizi e tra-
vetti in opera o prefabbricati
4. Istruzioni alla compilazione delle
Sezioni 4, 5, 6 e 7: danno ad elementi
strutturali e non strutturali, pericolo
esterno, terreno e fondazioni

4.1. Premessa

L’esame del danno e delle condizioni di vulnerabilità conduce alla sti-


ma del rischio strutturale (Sezione 8), in termini di modifica della capa-
cità portante della struttura rispetto ad uno stato originario di riferimento.
Per un edificio progettato secondo i criteri di un moderno Codice per le
costruzioni antisismiche tale stato corrisponde concettualmente ad un li-
vello di sicurezza assoluta accettato; per gli altri edifici questo livello non è
garantito.
Ovviamente un esame speditivo, come quello condotto per la verifica
di agibilità, non può avere l’obiettivo di garantire un definito grado di si-
curezza assoluta (come già discusso nel § 1.3); tuttavia non è in molti casi
accettabile nemmeno limitarsi alla considerazione della modifica della si-
tuazione dell’edificio rispetto alle condizioni pre-evento. Questa seconda
impostazione, infatti, è basata sul duplice assunto che la condizione del-
l’edificio prima dell’evento fosse soddisfacente (socialmente accettata) e
che l’agibilità è dichiarata tenendo conto di una scossa che sia risentita
con intensità non superiore a quella già sperimentata. Il patrimonio edili-
zio italiano, però, ha una forte presenza di strutture antiche, sulle quali,
successivamente all’originale realizzazione, sono intervenute modifiche,
ristrutturazioni, danneggiamenti di varia natura e successive riparazioni.
Ci sono poi situazioni in cui anche la realizzazione originaria non dà nes-
suna reale garanzia essendo legata a processi edilizi spontanei. Su tali
strutture il danneggiamento deriva da un processo di accumulo dei dan-
ni, nel quale la sicurezza non è riferibile all’incremento di danno prodot-
to dall’ultimo evento, ma piuttosto alla condizione complessiva di dan-
neggiamento. In conseguenza di ciò limitare l’osservazione del danno al-
52 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

l’effetto dell’ultimo evento potrebbe essere fuorviante. Al contrario è op-


portuno prendere in considerazione il danno totale come effetto cumula-
to di tutte le modifiche intervenute. In questo modo, inoltre, il compito
del rilevatore è fortemente facilitato, riducendo la possibilità di errori di
giudizio su una situazione non direttamente conoscibile. La stima della
condizione pre-evento è, pertanto, richiesta solo in termini sintetici e glo-
bali, al solo scopo di capire quale sia stata l’incidenza dell’evento sismico
nel determinare le condizioni attuali dell’edificio.
Nel § 4.2 sono riportate descrizioni dei livelli di danno più estese ri-
spetto a quelle contenute nella 4a facciata della scheda di rilievo in modo
sintetico. Nei §§ 4.3 e 4.4 tali descrizioni sono ancora più dettagliate per
gli edifici in muratura e gli edifici in cemento armato.
Per consentire una più efficace valutazione, agli aggettivi che qualifica-
no i livelli di danno sono spesso associate delle misure orientative, che
hanno il solo scopo di uniformare il linguaggio, senza che sia richiesto al
rilevatore di procedere alla misura in sito. Nei commenti vengono forniti
alcuni spunti di riflessione per interpretare il più possibile in chiave mec-
canica i livelli di danno. Le descrizioni non sono esaustive e sono riferite
a casi frequentemente osservati; in condizioni particolari, ad uno stesso
danno apparente sarà possibile associare meccanismi e conclusioni diver-
se. In generale al danno leggero D1 è associato un rischio strutturale bas-
so (anche se non si può escludere un danno non strutturale elevato e
quindi la necessità di provvedimenti cautelativi), mentre al danno D4-
D5 è associato in ogni caso un rischio strutturale elevato. Il livello di dan-
no intermedio D2-D3 comprende una varietà di situazioni che, in rela-
zione al tipo e alla estensione, possono condurre a diversi giudizi di ri-
schio strutturale: la sua interpretazione è quindi più articolata e proble-
matica.

4.2. Definizione sintetica del livello ed estensione del danno agli ele-
menti strutturali principali

I danni da riportare nella Sezione 4 sono quelli apparenti, cioè quelli


riscontrabili a vista sui componenti strutturali al momento del sopral-
luogo, siano essi preesistenti o collegabili al sisma.
Le prime 4 righe sono riferite agli elementi strutturali principali; la ri-
ga 5 è riferita ad elementi non strutturali di particolare rilevanza (tampo-
nature e tramezzi) che possono modificare la resistenza e/o la risposta del-
la struttura, in particolare di quelle intelaiate; la riga 6, invece, registra in
modo cumulativo per tutto l’edificio la parte del danno totale che si valu-
ta preesistente al sisma. Le colonne sono differenziate in modo da con-
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 53

DANNO
Livello - D4-D5 D2-D3 D1
estensione Gravissimo Medio grave Leggero

Nullo
1/3 - 2/3

1/3 - 2/3
1/3 - 2/3

< 1/3

> 2/3

< 1/3
>2/3

>2/3
<1/3
Componente
strutturale

A B C D E F G H I L
1 Strutture verticali ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
2 Solai ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
3 Scale ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
4 Copertura ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
5 Tamponature-tramezzi ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍
6 Danno preesistente ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒ ❍

sentire di definire il livello di danno e la sua estensione.


La descrizione si effettua semplicemente spuntando le caselle della ta-
bella pertinenti al caso in esame con le seguenti avvertenze:
➢ ciascuna casella corrisponde ad un preciso livello di danno ed una cer-
ta estensione di tale danno;
➢ occorre esplicitamente prendere in considerazione tutta la lista di ele-
menti considerati (righe 1 - 5); se non si riscontra danno sull’elemen-
to si spunta la casella ‘Nullo’ (con il cerchietto) e non si compilano le
altre caselle nella riga (con il quadrato); se qualche danno è presente si
spuntano le caselle corrispondenti; non è consentito lasciare in bianco
nessuna riga della tabella di danno, a meno che il relativo componen-
te non sia presente;
➢ nelle righe da 1 a 5 si descrive il danno totale apparente al momento
dell’ispezione differenziato per ciascuna tipologia di elemento, ossia le
modifiche visibili rispetto ad una condizione originaria ideale dell’edi-
ficio privo di danni (lesioni, fuori piombo, etc.). Nella riga 6 (danno
preesistente) si descrive in modo sintetico la situazione di danno glo-
bale dell’edificio che si può ragionevolmente presumere esistesse pri-
ma dell’evento sismico.

La stima dell’estensione va effettuata separatamente per ogni riga e


con riferimento all’intero edificio. Questo deve essere inteso nel senso che
per ogni componente elencata nelle righe si deve:
a) rilevare la presenza percentuale di ognuno dei tre livelli di danno;
54 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

va precisato che se uno dei tre livelli di danno non si presenta per
una data componente, non si spunterà nessuna delle tre caselle pre-
viste sulla relativa riga;
b) stimare l’estensione da assegnare a ognuno dei tre livelli. Si dovran-
no opportunamente combinare rapporti percentuali relativi al nu-
mero di piani danneggiati rispetto al numero di piani totali e rap-
porti percentuali, in ogni piano, delle parti o superfici danneggiate
sul totale delle parti o superfici totali del piano.

Ad esempio, se in un edificio in muratura di 3 piani il livello di danno


D2-D3 riguarda il 60% delle pareti al piano terra, l’estensione per l’intero
edificio sarà pari a 60% x 1/3 = 20 % e quindi < 1/3 (riga 1, colonna F).
Analogamente per un edificio in cemento armato di 3 piani, qualora
fossero compromessi con un livello di danno D3 il 90% dei nodi del pri-
mo livello, la relativa estensione del danno D3 per le strutture verticali sa-
rebbe 90% x 1/3 = 30% e quindi < 1/3.
Va precisato che la misura dell’estensione non è il solo indice significa-
tivo della gravità del danno dal punto di vista strutturale.
La somma delle estensioni danneggiate per ogni riga non potrà supe-
rare 1. Non è pertanto compatibile ad esempio una codifica che attribui-
sca estensione > 2/3 sia a D1 sia a D2-D3.
Viceversa quando la somma delle estensioni per la stessa riga è inferio-
re a 1 si intende che nella rimanente parte dell’edificio la componente
considerata non ha subito alcun danno. Ad esempio, se in riga 1 l’esten-
sione < 1/3 è attribuita sia a D1 che a D2-D3, e non si registrano danni
di livello D4-D5, deve presumersi che almeno in 1/3 dell’estensione delle
pareti l’edificio non presenta alcun danno.
Nel caso degli orizzontamenti la stima può essere fatta considerando il
rapporto tra tutti i campi di solaio (volte o solai piani) che presentano il
livello di danno considerato in rapporto al totale dei campi di solaio nel-
l’edificio.
Nel caso delle scale il riferimento può essere il totale delle rampe in-
cluso i pianerottoli.
Nel caso della copertura si può fare riferimento all’estensione della su-
perficie danneggiata (riferita all’area coperta in pianta) o al numero di
elementi portanti.
Nel caso del danno preesistente (riga 6), per la stima dell’estensione val-
gono le considerazioni sin qui fatte con la differenza che essa deve essere
espressa con riferimento all’insieme di tutte le componenti dell’edificio e
quindi deve risultare da un giudizio sintetico del rilevatore che rappresenti
ragionevolmente la condizione generale di danneggiamento prima del si-
sma.
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 55

La definizione del livello di danno riscontrato è di particolare rilevan-


za; essa è basata sulla scala macrosismica europea EMS98 [4], integrata
con le definizioni puntuali utilizzate nelle schede di rilievo GNDT [1, 2].
La scala EMS98 prevede sei possibili stati di danneggiamento (da D0-
nessun danno, a D5-distruzione) per l’edificio nel suo complesso, in base
al livello e all’estensione del danno agli elementi strutturali e non struttu-
rali dell’edificio. Dovendo nella scheda raccogliere puntuali descrizioni
del danno e della sua estensione separatamente per le diverse componenti
strutturali (Sezione 4) e per le parti non strutturali (Sezione 5) è sembra-
to sufficiente graduare 3 livelli di danno, accorpando il livello D2 con D3
e D4 con D5. La loro definizione corrisponde alla sommaria descrizione
riportata di seguito; maggiori dettagli sono riportati nei §§ 4.3 e 4.4.

D1 danno leggero è un danno che non cambia in modo significativo la


resistenza della struttura e non pregiudica la sicurezza degli occupanti a
causa di possibili cadute di elementi non strutturali; il danno è leggero
anche se queste ultime possono rapidamente essere scongiurate.
Murature: lesioni di ampiezza ≤ 1 mm, comunque distribuite nelle
murature e negli orizzontamenti senza espulsione di materiale, distacchi
limitati o lievi dislocazioni (≤ 1 mm) fra porzioni di strutture, ad esem-
pio fra muri e solai o fra muri e scale o fra muri ortogonali. Fuori piombo
limitati e non associati a fenomeni di distacco in elevazione o a cedimenti
fondali dovuti al sisma, che quindi possono essere ritenuti preesistenti e
non influenti sulla capacità delle strutture. Dissesti limitati alle coperture
più deformabili (legno o acciaio), con conseguente caduta di qualche te-
gola ai bordi. Cadute di piccoli pezzi di intonaco o di stucco non legati
alla muratura e degradati.
Cemento armato: lesioni lievi nelle travi (fino a 1 mm), lesioni capilla-
ri (< 0.5 mm) non verticali nelle colonne o nei setti. Lesioni fino a 2 mm
di distacco delle tamponature dalle strutture, lievi lesioni diagonali delle
tamponature (< 1 mm).

D2-D3 danno medio-grave: è un danno che potrebbe anche cambiare


in modo significativo la resistenza della struttura, senza che però venga avvi-
cinato palesemente il limite del crollo parziale di elementi strutturali princi-
pali. Possibili cadute di oggetti non strutturali.
Murature: lesioni di maggiore gravità rispetto al D1, anche con espul-
sioni di materiale e con ampiezza di qualche mm (fino a circa 1 cm) o
più ampie in prossimità delle aperture, sintomi di lesioni da schiaccia-
mento, distacchi significativi fra solai e/o scale e pareti e fra pareti ortogo-
nali, qualche crollo parziale nell’orditura secondaria di solai. Lesioni nelle
volte di qualche mm e/o con sintomi di schiacciamento. Nelle coperture
56 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

in legno o in acciaio con manto di tegole, sconnessioni nell’orditura se-


condaria e spostamenti apprezzabili (fino a circa 1 cm) degli appoggi del-
le travi principali, sconnessioni nell’orditura secondaria e caduta di una
porzione rilevante del manto di tegole. Fuori piombo visibili riconducibi-
li al sisma ma comunque inferiori all’1% circa.
Cemento armato: lesioni da flessione nelle travi fino a 4-5 mm, lesioni
nei pilastri e nei setti in cemento armato fino a 2-3 mm, inizio di sbanda-
mento delle barre compresse nelle colonne con espulsione del copriferro,
fuori piombo residui appena percettibili. Nelle tamponature lesioni evi-
denti (> 2mm) dovute a distacco dalla struttura, lesioni diagonali fino a
qualche mm, evidenti schiacciamenti agli angoli a contatto con le struttu-
re portanti, a volte con espulsioni localizzate di materiale.

D4-D5 danno gravissimo: è un danno che modifica in modo evidente


la resistenza della struttura portandola vicino al limite del crollo parziale o
totale di elementi strutturali principali. Stato descritto da danni superiori
ai precedenti, incluso il collasso.

4.3 Edifici in muratura

Le tipologie murarie presenti in Italia sono molto diverse fra loro (vedi
sezione 3), sia per quanto riguarda i materiali costituenti (blocchi e mal-
ta) sia per il tipo di apparecchio. Di queste differenze occorre tenere con-
to nell’associare al danno apparente (p.e. tipologia di lesione ed ampiezza)
il livello di rischio strutturale conseguente. Le indicazioni fornite nel se-
guito sono da intendersi come orientative e valide per le tipologie mura-
rie nelle quali la capacità di dissipare energia è maggiormente legata a fe-
nomeni attritivi che mantengono una certa stabilità anche a seguito di le-
sioni modeste: ad esempio le murature con blocchi pieni grossolanamen-
te o ben squadrati con malte di calce o bastarde. Le murature in blocchi
forati e con malte di ottima qualità possono, invece, vedere maggiormen-
te ridotta la loro capacità residua a seguito di lesioni. Le murature caoti-
che con elementi naturali, si danneggiano in genere con maggiore facilità,
spesso hanno consistenti gradi di danno preesistente, però per gradi mo-
desti di danno non subiscono consistenti riduzioni di capacità; viceversa
possono manifestare comportamenti fragili con perdita improvvisa di
geometria e quindi di resistenza e portanza dei carichi verticali, quando i
dissesti si aggravano.
Cautele ancora maggiori devono essere utilizzate nell’analizzare il dan-
no a strutture che siano state in passato riparate con interventi pesanti,
come le iniezioni o l’intonaco armato. In tali casi, e soprattutto per l’into-
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 57

Figura 4.1
Schema di riferimento per le lesioni alle murature (modificata da [1])

1: lLesioni ad andamento pressoché verticale sulle architravi di aperture (Fig. 4.2);


2: lesioni ad andamento diagonale nelle fasce di piano (parapetti di finestre, architravi) (Fig.
4.11);
3: lesioni ad andamento diagonale in elementi verticali (maschi murari) (Fig. 4.8);
4: schiacciamento locale della muratura con o senza espulsione di materiale (Figg. 4.9, 4.20);
5: lesioni ad andamento pressoché orizzontale in testa e/o al piede di maschi murari (Fig. 4.8);
6: lesioni ad andamento pressoché verticale in corrispondenza di incroci fra muri (Figg. 4.2, 4.4);
7: come 6 ma passanti (Figg. 4.10, 4.11, 4.12);
8: espulsione di materiale in corrispondenza degli appoggi di travi dovuta a martellamento;
9: formazione di cuneo dislocato in corrispondenza della intersezione fra due pareti ad angolo
(Fig. 4.13);
10: rottura di catene o sfilamento dell’ancoraggio;
11: lesioni ad andamento orizzontale in corrispondenza dei solai (Figg. 4.12, 4.15) o sottotetto
(Fig. 4.7);
12: distacco di uno dei paramenti di un muro a doppio paramento (Fig. 4.14).

naco armato su murature di cattiva qualità, le lesioni che si riscontrano


sulle superfici dei paramenti intonacati possono corrispondere ad un dif-
fuso scompaginamento interno dell’apparecchio murario, con conseguen-
te separazione della vecchia muratura dalla riparazione.

4.3.1 Livello D0 – danno nullo

Rientrano in questa categoria anche eventuali fessurazioni da ritiro


nell’intonaco, i segni di piccoli dissesti avvenuti in passato, riparati e non
riattivati.
58 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

4.3.2 Livello D1 – danno leggero

4.3.2.1 Murature
Ci si riferisce di seguito a lesioni che interessano la muratura e non so-
lo l’intonaco.
Lesioni lievi per flessione in testa o al piede dei maschi murari (tipo5 ≤
1 mm) e in corrispondenza di angoli di aperture o sugli architravi di porte
e finestre (tipo 1 ≤ 1 mm, Fig. 4.2): il primo tipo può essere sintomo di
un lieve e temporaneo superamento della resistenza a trazione della mura-
tura nelle zone più sollecitate che è stato quasi completamente annullato
una volta cessato l’evento sismico. L’innesco di queste lesioni è spesso age-
volato dalle concentrazioni di tensione dovute agli spigoli delle aperture,
che generalmente si scaricano attraverso una ‘naturale’ ridistribuzione del-
l’andamento delle forze. Piccole lesioni negli architravi possono essere do-
vute anche alla formazione di archi di scarico e al successivo superamento
della resistenza a trazione nella porzione di muro sottostante l’arco (Fig.
4.3). In questi casi occorre però valutare se esiste un ‘piede’ sufficiente per
la stabilità della zona di muratura sottostante l’arco, altrimenti prescrivere
il puntellamento cautelativo dell’apertura. La lesione che parte dall’archi-
trave, si estende su tutta la fascia di piano e trova corrispondenze ai piani
superiori, è sintomo probabile di un diverso meccanismo, non più localiz-
zato, che può preludere alla separazione di intere fasce verticali dell’edifi-
cio. Se l’apertura è limitata e non si notano segni di dissesto nel terreno si
potrà ritenere che la capacità portante non sia significativamente alterata,
specialmente se sono presenti elementi di collegamento e cucitura ai piani
(cordoli e catene).
Lesioni ad andamento diagonale (per taglio) nei maschi murari e nelle
fasce di piano (tipo 2,3 ≤ 1 mm). Questo tipo di lesioni può indicare il
superamento della ‘resistenza a taglio’ nei pannelli murari, ma l’entità li-
mitata del danno visibile può far ritenere che non siano significativamen-
te variati i meccanismi di trasmissione delle forze per attrito e per am-
morsamento dei blocchi, così che sia praticamente ancora disponibile la
capacità portante originaria.
Lesioni da schiacciamento (tipo 4) di lieve entità (appena percettibili e
in ogni caso < 1 mm). Si tratta di lesioni imputabili a schiacciamento lo-
cale della muratura con sgretolamento della malta e/o di elementi lapidei
o laterizi, senza espulsione di materiale. Questo tipo di danneggiamento
può indicare un superamento localizzato della resistenza a compressione
della muratura, magari favorito da condizioni di maggior degrado e mi-
nor confinamento tipiche degli angoli. Va valutato con estrema attenzio-
ne: se limitato a un sintomo lieve può essere annoverato in questa catego-
ria, altrimenti è elemento per passare al livello di danno superiore. Ovvia-
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 59

mente occorre attenzione per non confondere questa diagnosi con feno-
meni che possono dare sintomi simili, come, ad esempio, le espulsioni di
intonaco dovute all’effetto combinato di rigonfiamenti per umidità e a
qualche lieve scuotimento (magari vibrazioni da traffico). In questi casi è
opportuno tentare di eliminare localmente l’intonaco per esaminare la
muratura.
Lesioni di distacco delle pareti, in corrispondenza degli incroci (tipo 6
– non passanti - e 7 – passanti- di ampiezza inferiore a circa 1 mm (Fig.
4.2). Questo tipo di lesioni, specie quelle passanti, indica la perdita di
connessione fra murature ortogonali, il che può portare progressivamente
alla formazione di setti scollegati (Fig. 4.4). A questi livelli di danno il fe-
nomeno è generalmente all’inizio. Talvolta si tratta di una modesta riatti-
vazione di uno stato preesistente. Si può quindi ritenere che lo schema
statico iniziale non sia cambiato sostanzialmente e classificare il danno
come leggero. Particolare attenzione deve essere posta alla presenza di
vincoli efficaci a livello di solai e copertura. Quando questi sono assenti la
sconnessione, se prosegue, può portare all’isolamento di pareti alte e snel-
le suscettibili di ribaltamento o di rottura per forze ortogonali. Questa si-
tuazione può essere opportunamente segnalata in nota.
Lesioni tipo 8 sono generalmente attribuibili alla spinta localizzata di
elementi come travi in legno, puntoni, etc. Se il dissesto murario è appe-
na percettibile si può ritenere che non sia stata alterata significativamente
né la condizione di vincolo, né la capacità della muratura (che non deve
presentare ovviamente fuori piombo ricollegabili a questo fenomeno).
Le lesioni tipo 9 si presentano a volte nella parte sommitale delle co-
struzioni, soprattutto in assenza di idonei collegamenti (cordoli, catene,
cerchiature, tiranti). Il meccanismo che si attiva è in genere quello di
scorrimento di un ‘cuneo’ di struttura muraria dovuto alle forze orizzon-
tali e non contrastato da idonei ritegni. Il fenomeno può estendersi ai
piani sottostanti in assenza di collegamenti efficaci alla quota dei solai. Se
il fenomeno è molto localizzato e le lesioni sono modeste, si può ritenere
non pericoloso anche a fronte di future scosse della medesima entità; me-
rita in ogni caso di essere segnalato in nota anche a questo livello in mo-
do che eventuali future ispezioni a seguito di ulteriori scosse ne controlli-
no l’evoluzione.
Lievi danni alle catene (tipo 10): l’allungamento delle catene o anche la
deformazione permanente delle zone di ancoraggio (piastre, zeppe, mura-
tura sottostante) è indice di un impegno eccessivo dell’elemento struttura-
le che ha portato alla plasticizzazione di alcune sue parti, il che rivela
un’insufficienza rispetto all’azione da contrastare. Quando non ci sono ve-
re e proprie rotture e la plasticizzazione è poco rilevante si può ritenere
che la struttura, deformandosi, abbia trovato un assetto abbastanza stabile.
60 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Fuori piombo visibili in edifici antichi, se stabilizzati e non riattivati


dal terremoto (Fig. 4.5), potrebbero essere ritenuti non influenti sulla si-
curezza perché facenti parte ormai di un consolidato equilibrio statico
complessivo. Ovviamente quanto più l’entità del fuori piombo è sensibile
tanto più occorre considerare il quadro complessivo dell’edificio e valuta-
re se tale danno possa ritenersi effettivamente ininfluente, discernendo i
casi di fuori piombo dovuti, per esempio, ad usura delle murature, da
quelli che denunciano spanciamenti di tutto lo spessore di parete. In ogni
caso l’importanza del fuori piombo dal punto di vista del rischio struttu-
rale è condizionata dall’efficacia dei collegamenti agli impalcati.
Lesioni orizzontali all’attacco fra muro e orizzontamenti di tipo 11,
con dislocazioni molto limitate (fino a circa 1 mm): queste lesioni de-
nunciano un inizio (a questo livello) di scorrimento fra il solaio e la mu-
ratura sottostante (Fig. 4.6 a livello di solaio, appena visibile; Fig. 4.7 a li-
vello di sottotetto).

4.3.2.2 Solai
Lesioni di piccola entità parallele all’orditura sono spesso dovute a fles-
sione differenziale fra i travetti, un fenomeno ‘fisiologico’ che si verifica
sotto carichi verticali e che è dovuto sia alla flessibilità dei solai (soprat-
tutto in acciaio), sia alla presenza di una discontinuità fra travetti e lateri-
zio che tende a lesionare l’intonaco sottostante. Tale fenomeno non costi-
tuisce una modifica della capacità resistente della struttura. Può anche ac-
cadere, più raramente, che un solaio si lesioni in questo modo a causa
della presenza di forze di trazione ortogonali alle nervature e generate dal-
l’azione di collegamento che il solaio esercita fra due muri. In questo caso
le lesioni possono indicare una modifica dello schema iniziale, ma do-
vrebbero essere rilevabili anche all’estradosso (salvo che non ci siano pavi-
menti elastici, come quelli in gomma o in legno).In ogni caso valori limi-
tati come quelli qui considerati indicano solo un inizio di attivazione e
possono essere eventualmente segnalati in nota per un eventuale ap-
profondimento da parte del progettista. A volte l’eccessiva flessibilità
(p. e. nei solai di legno o in acciaio) può causare anche la comparsa nel-
l’intonaco d’intradosso di piccole lesioni ortogonali all’asse delle nervatu-
re.
Sostanziale assenza di spostamenti delle travi portanti in corrispon-
denza degli appoggi.

4.3.2.3 Volte ed archi


In molti tipi di volte e negli archi in muratura piccole lesioni possono
essere fisiologiche, specialmente nelle volte a padiglione o a vela di picco-
lo spessore. La presenza di catene, speroni o di murature massicce tende a
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 61

stabilizzare ma non ad eliminare totalmente tali effetti. Quando le lesioni


sono visibili in chiave o alle reni esse sono generalmente attribuibili al su-
peramento dell’eccentricità limite per la quale la sezione è interamente
compressa. Valori modesti dell’apertura, da valutare in rapporto allo spes-
sore, possono indicare che l’eccentricità non è molto forte e la struttura
ha ritrovato un assetto statico soddisfacente. È opportuno, nel giudizio di
rischio, tenere anche conto della lunghezza delle lesioni in rapporto alle
dimensioni dell’elemento e del numero e posizione delle stesse.

4.3.2.4 Scale
Per scale a sbalzo con gradini in pietra, legno o acciaio: lesioni fino ad
1 mm sulla muratura in corrispondenza dell’incastro. Per scale in mura-
tura voltata: lesioni fino ad 1 mm comunque diffuse.

4.3.2.5 Coperture a tetto di legno o acciaio con manto di tegole


Le coperture di legno o acciaio sono generalmente più deformabili di
quelle in cemento armato. Se il manto superiore è in tegole, esso può fa-
cilmente sconnettersi a causa delle vibrazioni verticali, con conseguenti
scivolamenti delle tegole interne e cadute di quelle di bordo nei tetti a fal-
de. Se questi fenomeni sono limitati e la struttura è sostanzialmente intat-
ta il danno è limitato alla funzionalità della copertura, ma può avere si-
gnificato per la sicurezza degli spazi sottostanti. Occorre segnalare i prov-
vedimenti di pronto intervento di rimozione degli elementi pericolanti o
di transennamento se questi ultimi costituiscono pericolo per il pubblico.

4.3.3 Livello D2-D3 – danno medio-grave

4.3.3.1 Murature
Lesioni per flessione in testa o al piede dei maschi murari e sugli archi-
travi di porte e finestre (tipo 1,5), aperte fino a circa 1-1.5 cm, possono
indicare una forte sconnessione permanente dei maschi e delle fasce mura-
rie (Fig. 4.7). In questo caso, principalmente con riferimento a lesioni di
tipo 5, se l’estensione del fenomeno è rilevante, sarà ragionevole presume-
re che in un’eventuale ripetizione dell’evento sismico il fabbricato potreb-
be raggiungere il livello di danno superiore. Per il tipo 1, invece, se si ri-
terrà che il fenomeno è ancora locale e risolvibile con il puntellamento
dell’apertura, si potrà propendere per un rischio strutturale basso con
provvedimenti anche in funzione dell’estensione del fenomeno. Se, invece,
si riterrà che molte delle fasce di piano non siano più in grado di vincolare
i maschi, e quindi lo schema statico sia stato alterato in modo significati-
vo, si propenderà per un rischio strutturale alto. In tal caso, probabilmen-
te, si osserveranno anche lesioni al piede di tipo 5 nei setti più snelli.
62 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Lesioni ad andamento diagonale (per taglio) nei maschi murari e nelle


fasce di piano (tipo 2,3 > 2mm fino a circa 1 cm) sono generalmente
spiegabili con l’attivazione di un meccanismo di resistenza a taglio che ha
prodotto dislocazioni visibili (Figg. 4.8, 4.9). Se l’entità delle dislocazioni
è modesta e l’estensione del danneggiamento è limitata si potrà propen-
dere verso un rischio strutturale basso, mentre si propenderà per un ri-
schio alto nel caso opposto. Nella Fig. 4.8 a destra è evidente una situa-
zione prossima al crollo parziale. A volte lesioni di questo tipo rivelano
l’attivazione di un meccanismo complesso comprendente anche deforma-
zioni fuori piano del pannello murario. In tali casi sono presenti visibili
spanciamenti, che generalmente indicano una situazione di rischio per
possibili futuri crolli parziali.
Lesioni tipo 4 di lieve/media entità possono indicare fenomeni di
schiacciamento evidenti. Il comportamento delle murature rispetto a
questo meccanismo di danno è in genere abbastanza fragile, in special
modo per la muratura di mattoni pieni e ancor più per quella in elementi
forati, quindi questo tipo di danno va valutato con estrema attenzione.
La gravità dipende dall’estensione, indice di una più o meno compromes-
sa capacità portante verticale, dalla tipologia muraria e dalla geometria.
Se esistono le condizioni per una forte concentrazione di tensioni vertica-
li (ad esempio per la presenza di aperture che riducono la sezione resi-
stente) ed in edifici di altezza non trascurabile e con cattivo stato di con-
servazione delle murature, il rischio strutturale può ritenersi elevato.
Lesioni di distacco delle pareti, in corrispondenza degli incroci, dell’or-
dine di 2-5 mm se passanti (tipo 7, Figg. 4.10, 4.11, 4.12) o leggermente
più ampie se non passanti (tipo 6): il meccanismo di danno caratterizzato
dalla perdita di connessione fra murature ortogonali è stato chiaramente
attivato e lo schema statico della costruzione ha sicuramente subito un’al-
terazione rispetto alla situazione originaria. La valutazione del rischio
strutturale connesso a tale situazione merita una profonda attenzione. Nel
caso in cui l’ampiezza delle lesioni è limitata e se si può fare affidamento
su vincoli efficaci a livello dei solai e della copertura che possono contra-
stare fenomeni di ribaltamento o di rottura per forze ortogonali, il rischio
strutturale potrà considerarsi basso o basso con provvedimenti. Nel caso
opposto si propenderà per un giudizio di rischio strutturale alto. Questa
situazione richiede comunque provvedimenti di pronto intervento, alme-
no provvisionali, nei casi in cui è pregiudicata la pubblica incolumità.
Lesioni tipo 8 sono da considerarsi medio-gravi se si ritiene che vi pos-
sa essere un’alterazione delle condizioni di vincolo dell’elemento che ha
provocato la spinta localizzata, oppure che vi possa essere una riduzione
della capacità portante della muratura, associata a fuori piombo ricollega-
bili a questo fenomeno.
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 63

Le lesioni tipo 9 a questi livelli di danno hanno un’entità tale da deter-


minare una chiara identificazione del cuneo di struttura muraria che ten-
de a distaccarsi (Fig. 4.13). Se sono evidenti dislocazioni che denotano
uno scorrimento del cuneo il rischio strutturale è da considerarsi alto. Se
le dislocazioni sono appena percettibili il rischio strutturale può essere
considerato basso con provvedimenti di puntellazione o contenimento, la
cui realizzazione è da considerarsi indispensabile per un completo riutiliz-
zo dell’immobile.
Isolati episodi di rottura di catene o sfilamento degli ancoraggi (tipo
10) che interessino porzioni limitate di struttura con associati modesti
fuori piombo. Se la rottura è dovuta all’evento sismico evidentemente è
intervenuta una modifica significativa dell’assetto statico che può far pro-
pendere per un giudizio di rischio strutturale alto. La gravità del danno è
comunque da ricollegarsi non all’elemento catena ma alle conseguenze
della sua rottura sulla struttura da essa vincolata.
Evidenze di fuori piombo, dovuti all’evento e non preesistenti, sono
generalmente accompagnate da un quadro fessurativo sulle murature del
tipo 6 o 7, con possibili distacchi muro-solaio. Il rischio strutturale è ge-
neralmente alto. Il fuori piombo deve comunque essere contenuto
(< 1%) e devono essere predisposti provvedimenti di pronto intervento.
Quando il fuori piombo denuncia uno ‘spanciamento’ della muratura oc-
corre porre attenzione alla tipologia della stessa: se la tessitura è a doppio
paramento oppure a sacco (v. Sezione 3), si possono essere innescate si-
gnificative separazioni fra i due paramenti, che possono essere anche indi-
ce di un imminente collasso parziale. In tali casi il danno è sicuramente
grave e diventa visibile con dissesti di tipo 12 (in Fig. 4.14 è riportato un
dissesto molto grave ed esteso)
Lesioni di tipo 11 con dislocazioni di qualche mm: queste lesioni de-
nunciano un fenomeno più o meno grave di scorrimento fra il solaio e la
muratura sottostante (a questo livello il danno è intermedio fra i primi sin-
tomi appena visibili nelle Figg. 4.7 e 4.6 e l’evidente dislocazione di Fig.
4.15). Spesso tale danno è localizzato a livello del sottotetto. In tali casi, se
lo scorrimento è superiore a qualche mm (2 - 3) ed è attribuibile all’incre-
mento dell’azione spingente della copertura, può determinarsi una condi-
zione di rischio elevato per associazione di un elemento di vulnerabilità
(copertura spingente) con la modificazione prodotta dallo scorrimento.

4.3.3.2 Solai
Presentano distacchi ben definiti fra solaio e strutture portanti (Fig.
4.16), connessi in genere ai meccanismi fuori piano delle murature; a
questi distacchi si accompagnano spesso sfilamenti delle travi dell’ordine
del centimetro.
64 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

L’appoggio del solaio sulle murature perimetrale non risulta in genera-


le compromesso. Sono possibili dissesti rilevanti nei pavimenti e nell’or-
ditura secondaria se presente (solai in legno o acciaio) fino ad arrivare a
qualche crollo nell’orditura secondaria o terziaria (solai in legno).
Se il solaio è sostanzialmente integro, pur presentando gli sfilamenti
delle travi sopraindicati, il rischio strutturale è associato allo stato delle
strutture verticali. Viceversa, se il solaio presenta propri dissesti, il rischio
strutturale può considerarsi alto, o basso con provvedimenti, indipenden-
temente dal livello di danno sulle murature. In questo caso il rischio po-
trebbe riguardare soltanto porzioni limitate dell’edificio.

4.3.3.3 Volte ed archi


Lesioni di notevole apertura e profondità sia in chiave sia alle reni,
specie se accompagnate da dislocazioni significative rispetto allo spessore,
possono indicare che il rischio strutturale dell’elemento è alto. In tali casi,
infatti, è probabile che il disturbo dell’assetto statico connesso al danno
produca forti concentrazioni di tensione legate alla riduzione della zona
di sezione reagente (Figg. 4.17, 4.18).
Occorre comunque valutare l’importanza della volta nell’equilibrio
globale della struttura: volte di piccolo spessore, generalmente di contro-
soffitto, possano dare un modesto contributo alla struttura nel suo com-
plesso, pur potendo costituire fonte di rischio per gli occupanti. Orizzon-
tamenti voltati più importanti possano interagire decisamente con le
strutture verticali; in tali casi i danni sulla volta costituiscono un elemen-
to di criticità maggiore e quindi possono rappresentare una fonte di ri-
schio per l’intero immobile.
Possono presentarsi, a questo livello, distacchi ben definiti rispetto ai
muri, connessi in genere ai meccanismi fuori piano e favoriti dall’azione
spingente delle volte stesse (Figg. 4.18).

4.3.3.4 Scale
Danni alle scale più gravi di quelli al livello precedente D1 senza che
vi siano crolli di porzioni importanti delle stesse. Per le scale in muratura,
tipicamente a volte, ci possono essere lesioni del tipo di quelle descritte
per le volte. Per gli altri tipi si possono ritenere indicative le considerazio-
ni svolte per i solai di tipologia simile.

4.3.3.5 Coperture a tetto di legno o acciaio con manto di tegole


Valgono le considerazioni generali sul loro comportamento fatte per il
livello di danno D1. Al livello D2-D3 corrispondono sconnessioni all’or-
ditura secondaria e spostamenti apprezzabili degli appoggi delle travi (in
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 65

legno o in acciaio), sconnessioni dell’orditura secondaria con fenomeni lo-


calizzati di crollo e/o cadute di tegole in misura rilevante rispetto al totale
(per esempio dell’ordine del 20%). Il giudizio sul rischio strutturale sarà
in generale alto se si sono verificati crolli più importanti mentre potrà an-
che essere basso con provvedimenti se si sono verificate solo cadute di te-
gole e dissesti localizzati. Nel caso di tetti in cemento armato dotati di
cordoli e caldane non si riscontreranno i fenomeni sopra indicati. Potran-
no però presentarsi casi di scorrimento fra copertura e muratura; a secon-
da della rilevanza del fenomeno e delle possibili conseguenze sull’azione di
collegamento delle pareti ci si orienterà per un giudizio di rischio struttu-
rale basso con provvedimenti oppure alto (v. anche lesioni tipo 11 nelle
murature).

4.3.3.6 Coperture a tetto in cemento armato


Nei casi, talvolta riscontrati, di tetti realizzati con travetti in cemento
armato o precompresso ma senza caldana, il giudizio dovrà tenere conto
soprattutto della presenza di cordoli efficaci e della presenza di configura-
zioni spingenti. Cordoli discontinui e comunque non in grado di chiude-
re le spinte possono condurre a visibili scorrimenti rispetto ai muri, con
conseguente di rischio strutturale elevato. Cordoli continui in assenza di
spinte (sempre senza caldana) possono evitare rotture globali ma non so-
no generalmente in grado di contrastare rotture locali dei laterizi con
conseguenti rischi localizzati.

4.3.3.7 Partizioni ed altri elementi non strutturali


Possibili crolli parziali con conseguente rischio alto o basso con prov-
vedimenti in funzione dell’estensione e della posizione.

4.3.4 Livello D4-D5 – danno gravissimo e/o crollo

Danni ai singoli elementi resistenti maggiori di quelli del livello prece-


dente (D2-D3), con espulsione di materiale strutturale in quantità rile-
vante e/o crolli localizzati di muri portanti, di cantonali e di spigoli mu-
rari. In Fig. 4.19 è rappresentato un ribaltamento di facciata (tipo 7)
prossimo al collasso, in Figg. 4.20 e 4.21 gravissime lesioni diagonali, in
Fig. 4.22 una eclatante separazione fra solaio e pareti, in Fig 4.15 una pe-
ricolosa dislocazione tipo 11, in Fig. 4.23 un gravissimo fuori piombo
connesso a dissesto del suolo.
Rientrano in questo livello i crolli parziali di solai, tetti e/o volte, co-
me quelli riportati nelle Figg. 4.6, 4.24 e 4.25, nonché eclatanti rotture
di tipo 12, come quella riportata in Fig. 4.14.
Collasso totale dell’edificio.
66 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Figura 4.2
Lesioni verticali alla
fascia fra le due
aperture (tipo1) e
lungo la connessione
al muro trasversale a
sinistra (tipo 6).
Livello del danno: D1
(Tortora, CS, 1998)

Figura 4.3
Lesione in corrispondenza
all’architrave verticale
(tipo1) e diagonale (tipo2);
puntellamento
cautelativo.
Livello del danno: D1
(Correggio, RE, 1996)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 67

Figura 4.4
Lesioni verticali lungo la
connessione dei due
corpi di fabbrica (tipo 6).
Livello del danno: D1
(Tortora CS, 1998)

Figura 4.5
Fuori piombo preesistenti in un
antico centro storico.
Livello del danno preesistente
per l’edificio: D1
68 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Figura 4.6
Lesioni verticali con distacco
dall’edificio adiacente (tipo 7);
lesioni diagonali (tipo 3) ed
orizzontali al livello del solaio
(tipo 11); crollo parziale della
copertura e delle murature di
appoggio della copertura.
Livello del danno: D2-D3 alle
strutture verticali dei piani
inferiori; D4-D5 alle pareti
superiori e alla copertura.
(Busche, PG, 1998)

Figura 4.7
Lesioni verticali (tipo 1) e
diagonali (tipo 3) estese a
quasi tutta la parete;
lesione quasi orizzontale
(tipo 11) a livello di
sottotetto.
Livello del danno alle pareti:
D3 esteso all’intera parete.
(Busche, PG, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 69

Figura 4.8
Lesioni diagonali dei maschi murari del secondo piano (tipo 3) collegate a
lesioni orizzontali (tipo 1); verso destra si nota la formazione di un grosso
cuneo di muratura dislocata di oltre 10 cm. Livello del danno: D4.

Figura 4.9
Lesione diagonale (tipo 3) in un
maschio murario, con
disiocazione alla base.
Livello del danno: D3 tendente
a D4
(Fabriano, 1997)
70 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Figura 4.10
Lesione verticale con distacco dalla parete ortogonale (tipo 7).
Livello del danno: D2-D3
(Tortora, CS, 1998)

Figura 4.11
Lesione interna con
distacco delle pareti
ortogonali in
corrispondenza al
loro spigolo (tipo 7)
Livello del danno:
D2-D3
(Tortora, CS, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 71

Figura 4.12
Lesioni verticali da distacco (tipo
7) su due pareti ortogonali, con
distacco completo di un
cantonale.
Livello del danno:
D3 tendente a D4
(Rivello, PZ, 1998)

Figura 4.13
Lesione con distacco di spigolo sottotetto (tipo 9)
Livello del danno: D2-D3
(Cerqueto, PG, 1998)
72 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Figura 4.14
Crollo parziale di
muratura a sacco in
corrispondenza di
vecchie aperture, per
distacco esteso del
paramento esterno
(tipo 12); a destra si
sviluppa una grave
lesione diagonale
(tipo 3) con
dislocazione di diversi
cm di buona parte
della parete.
Livello del danno: D4
(Busche, PG, 1996)

Figura 4.15
Grave dislocazione a livello del cordolo di sottotetto per spinta della copertura in
cemento armato (tipo 12; la lesione si presenta simmetricamente sulla parete esterna
parallela opposta); lesione angolare (tipo 9).
Livello del danno: D4-D5
(Busche, PG, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 73

Figura 4.16
Vista dal basso dei distacco fra solaio in legno e parete con inizio
di sfilamento della trave.
Livello del danno alle strutture orizzontali: D2-D3
(Treia, 1998)

Figura 4.17
Lesioni su volte di mattoni
in foglio dotate di catena.
Livello del danno esteso
alle strutture orizzontali:
D2-D3
(Correggio, 1996)
74 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Figura 4.18
Lesione longitudinale in
chiave di una volta a
crociera e distacco dal
timpano.
Livello del danno alle
strutture orizzontali:
D2-D3
(Correggio, 1996)

Figura 4.19
Gravissima lesione
verticale (tipo 7), con
incipiente ribaltamento
della facciata.
Livello del danno alle
strutture verticali: D4
(Rivello, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 75

Figura 4.20
A sinistra lesioni verticali da
distacco (tipo 7); lesione
diagonale (tipo 3) sul maschio
tra le due porte.
La muratura è in blocchi di tufo.
Livello del danno alla parete: D3

Figura 4.21
Lesioni diagonali (tipo 3)
associate ad un meccanismo di
ribaltamento fuori del piano, con
notevole fuori piombo.
Livello del danno: D4
(Grello, PG, 1998)
76 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Figura 4.22
Dissesto del solaio per separazione dalle pareti e conseguente
perdita di appoggio dei tavelloni.
Danno al solaio: D4
Danno alle strutture verticali: D4

Figura 4.23
Fuori piombo di circa 8%
dell’intero edificio, collegato
a dissesto preesistente del
terreno per presenza di
corona di frana.
Il livello del danno
preesistente all’edificio è
D4, solo leggermente
aggravato dal sisma.
(Lauria, 1998)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 77

Figura 4.24
Crollo parziale di
muratura e copertura.
Livello del danno alla
parete: D4-D5.
Livello del danno alla
copertura: D4-D5
(Busche, PG, 1998)

Figura 4.25
Crollo parziale di una
copertura in travetti di
cemento armato e
tavelloni senza
caldana.
Livello del danno alla
copertura: D4-D5
78 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

4.4 Edifici in cemento armato

4.4.1 Livello D0 – danno nullo


Lesioni negli elementi strutturali nei limiti di norma (entro 0.2 - 0.4 mm).

4.4.2 Livello D1 – danno leggero

4.4.2.1 Travi e pilastri


Nelle travi, lesioni ortogonali all’asse e dell’ordine di 1 mm sono di
poco superiori ai limiti di norma, possono quindi essere dovute alla solle-
citazione sismica che si è sommata temporaneamente ai carichi verticali,
soprattutto in strutture poco armate. Generalmente non si verificano pla-
sticizzazioni nell’acciaio o, se anche sono state prodotte dal sisma, nella
condizione di quiete dovrebbero essersi ridotte a stati di coazione che non
dovrebbero pregiudicare la sicurezza a rottura. Ovviamente lesioni espo-
ste per lungo tempo ad ambienti aggressivi possono provocare facilitare la
corrosione e quindi diminuire la capacità portante, per cui il fenomeno
va segnalato se si ha ragione di ritenere che si ricade in questa fattispecie.
A parità di danno strutturale (livello di sicurezza), nei pilastri, le lesioni
trasversali all’asse sono generalmente più modeste, rispetto alle corrispon-
denti lesioni nelle travi, per la presenza dello sforzo normale che tende a
richiuderle. Si considereranno lievi, quindi, quelle che sono inferiori ad 1
mm. Sono da considerare con attenzione, invece, le lesioni verticali, anche
di ampiezza inferiore ad 1 mm: qualora si possa ritenere che esse indichi-
no fenomeni iniziali di schiacciamento il livello di danno dovrebbe essere
considerato almeno D2; quando, invece, esse possono essere attribuite ad
altre cause, ad esempio aumenti di volume delle barre di armatura longi-
tudinali dovuti alla formazione di ossido con conseguente inizio dell’e-
spulsione del copriferro, il livello di danno potrà essere considerato D1.
A questo livello di danno sono da escludersi lesioni nei nodi di am-
piezza superiore a qualche decimo di mm. Sono anche da escludersi per-
cettibili fuori piombo dovuti al sisma ed alla conseguente deformazione
strutturale. Nel caso tali fuori piombo siano da attribuirsi a cedimenti
delle fondazioni che determinano un lieve moto rigido della struttura
sarà bene accertare la natura del fenomeno, eventualmente segnalando la
necessità di una ispezione specialistica e compilando congruentemente le
apposite sezioni 7 ed 8. In tal caso è necessario valutare la possibilità che
esista un rischio geotecnico alto.

4.4.2.2 Solai intermedi e di copertura


Per le lesioni nei solai vale quanto detto nel caso di edifici in muratu-
ra. Quelle parallele ai travetti possono verificarsi per effetti di flessione
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 79

differenziale e possono anche causare piccoli sfondellamenti di laterizi


messi in opera già lesionati. Se le lesioni non si ripercuotono all’estrados-
so del solaio e quindi non c’è da temere una sconnessione dello stesso tale
da pregiudicare la sua funzione di diaframma, allora lo schema statico
originale della struttura si può ritenere non variato in maniera significati-
va. Occorre considerare con attenzione eventuali lesioni trasversali in cor-
rispondenza dell’attacco dei travetti alle travi a spessore. Se si è innescata
una lesione in tal punto e si riscontra l’impronta del travetto, è possibile
che la continuità fra struttura principale e secondaria sia venuta meno, al-
meno in parte, e sia quindi opportuno predisporre delle puntellature
provvisionali.
Modeste lesioni trasversali all’orditura (1 mm), comunque, potrebbero
essere attribuite all’incremento dello stato tensionale dovuto alla compo-
nente verticale del moto ed essere più evidenti in solai flessibili o di gran-
de luce. Tale incremento non costituisce in generale fonte di rischio a me-
no che la struttura non sia insufficiente a sopportare gli stessi carichi ver-
ticali.
Per le coperture, indipendentemente dal danno strutturale, possono
verificarsi degli episodi di cadute di tegole dal bordo eventualmente da
segnalare nella Sezione 5 della scheda.

4.4.2.3 Tamponature
Le lesioni nelle tamponature a questo livello di danno sono costituite
essenzialmente da lievi distacchi della muratura dalle strutture (≤ 2
mm), compatibili con spostamenti del tutto ammissibili, in genere, per
strutture in cemento armato. Eventuali lesioni diagonali, che rivelano la
collaborazione della tamponature alla resistenza della struttura alle forze
orizzontali, sono modeste (≤ 1 mm). Occorre prestare attenzione alla
possibilità che alcuni pannelli di tamponatura abbiano manifestato la
tendenza a ribaltare fuori dal loro piano, uscendo dalla maglia di telaio
in cui sono inserite. Questa eventualità si manifesta con una certa facilità
nel caso di rivestimenti a cortina che passano davanti alle strutture por-
tanti e non sono ad esse ancorate. In tali casi il danno può indicare un
rischio non strutturale anche elevato a seguito di una futura ulteriore
scossa. Pertanto, in generale, l’osservazione di questo livello di danno
nelle tamponature (in assenza di un più grave danno alle strutture) potrà
condurre ad un giudizio di rischio strutturale basso o “basso con provve-
dimenti”. Potrà invece condurre ad un giudizio di rischio non struttura-
le, anche elevato, nel caso particolare di cortina completamente scollega-
ta. È necessario, in tale ultimo caso, segnalare i provvedimenti di pronto
intervento appropriati (1, 2 8 o 9 della sez. 8) che consentano di garanti-
re la sicurezza degli spazi sottostanti.
80 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

4.4.2.4 Scale
Le strutture di collegamento verticale svolgono molto spesso una fun-
zione di controventamento e l’esame del quadro dei danni che le interessa
costituisce, analogamente alle tamponature, un indicatore di quanto la
struttura nel suo complesso è stata impegnata durante l’evento.
A questo livello, i danni sono molto modesti e comparabili a quelli
presenti sulle travi e sui pilastri, per cui si potrà in generale presumere che
l’impegno non abbia significativamente diminuito la capacità strutturale.

4.4.3 Livello D2-D3 – danno medio-grave

4.4.3.1 Travi e pilastri


Nelle situazioni meno gravi (D2) le lesioni si presentano tipologica-
mente simili a quelle descritte nel livello D1, con ampiezze di poco mag-
giori; valgono quindi considerazioni simili sui meccanismi e sulla sicurez-
za. Nei casi più gravi (D3), la forte ampiezza delle lesioni fa ritenere che
si sia verificata una estesa plasticizzazione delle armature, che potrebbe
aver portato ad esaurire in buona parte le risorse di duttilità locali delle
sezioni interessate, provocando anche fenomeni di scorrimento
acciaio/calcestruzzo ed eventuali limitati sbandamenti delle barre. In que-
ste situazioni la protezione rispetto al collasso sotto una futura scossa è le-
gata alla ridondanza strutturale ed alla qualità dei materiali: elementi che
possono essere qualitativamente accertati per la determinazione del livello
di rischio strutturale. In Figura 4.26 il danno al pilastro tozzo è D3 in pre-
senza di staffatura efficace; potrebbe diventare D4 se la staffatura fosse ca-
rente. Le conseguenze sulla sicurezza dell’edificio dipendono anche dalla
possibilità che altri pilastri o muri siano in grado di sopportare le forze
orizzontali. Occorre anche porre attenzione alla possibilità che lesioni
molto ampie abbiano eliminato alcuni meccanismi di trasmissione del ta-
glio (ingranamento, effetto spinotto) e quindi abbiano ridotto significati-
vamente la capacità delle travi di trasferire carico ai pilastri.
In via generale, uno stato fessurativo generalizzato caratterizzato, nelle
travi, da lesioni ortogonali all’asse, anche dell’ordine di qualche millime-
tro, e, nei pilastri, da assenza di lesioni parallele all’asse, può indicare l’at-
tivazione di un meccanismo dissipativo ‘sismicamente corretto’ che può
offrire ancora margini di sicurezza rispetto ad una futura ripetizione del-
l’evento. Occorre però accertare che non siano intervenute altre impor-
tanti modificazioni, per esempio gravi ed estesi danni alle tamponature,
che potrebbero far ritenere sensibilmente ridotto il contributo di queste
ultime, sia in termini di resistenza che di capacità dissipativa (Figg. 4.27
a, b, c). Nei casi più favorevoli (danno diffuso, tamponature non espulse,
struttura regolare), si potrebbe anche propendere per un giudizio di ri-
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 81

schio strutturale basso con provvedimenti (per esempio locali puntella-


menti delle travi per assicurare la capacità di trasferimento delle forze di
taglio).
Particolare attenzione dovrà porsi alle lesioni riconducibili agli schiac-
ciamenti del calcestruzzo con conseguente espulsione del copriferro ed
inizio di instabilizzazione delle barre (Figg. 4.28 e 4.29). Questo tipo di
danni riduce notevolmente la capacità della sezione di sopportare ulterio-
ri cicli di sollecitazione e può indurre a propendere per un giudizio di ri-
schio strutturale elevato se non sono presenti ridondanze ed il fenomeno
è esteso: ad esempio quando interessa molte sezioni di testa dei pilastri di
un piano, fino a determinare una condizione di labilità (in Fig. 4.30 è
mostrata una configurazione di questo tipo per un livello di danno D4).
Lesioni diagonali nei nodi di ampiezza superiore a qualche decimo di
mm fino a circa 2 mm, in assenza di idonea armatura (situazione fre-
quentissima negli edifici progettati prima del 1996) possono indicare una
significativa perdita di rigidezza e resistenza del nodo, con conseguente
diminuzione della capacità di trasmettere gli sforzi tipici del sistema inte-
laiato (in Fig. 4.31 è mostrata una situazione corrispondente ad un livello
di danno ai limiti di questa categoria, D3).
A questo livello di danno possono manifestarsi percettibili fuori piom-
bo dovuti al sisma, anche di entità tale da non causare un significativo ag-
gravio di sollecitazione nelle strutture per effetti del secondo ordine: per
esempio spostamenti di interpiano pari ad una frazione trascurabile delle
dimensioni della sezione delle colonne quando queste ultime non sono
eccessivamente snelle. Tali fenomeni, anche se di modesta entità, possono
indicare un danneggiamento permanente della struttura, che potrebbe in-
fluenzarne il comportamento in caso di repliche. Come per il livello di
danno leggero se può esserci il dubbio che i fuori piombo siano da attri-
buirsi a cedimenti fondali sarà bene accertare questa eventualità, se occor-
re segnalando la necessità di una ispezione specialistica e compilando
congruentemente le apposite sezioni 7 ed 8.

4.4.3.2 Solai intermedi e di copertura


Generalmente i solai degli edifici in cemento armato si danneggiano
con gli stessi meccanismi descritti per il livello di danno inferiore. Parti-
colare attenzione va posta ai fenomeni di eventuale distacco fra i solai e le
travi (a spessore) o fra solai e travi ad essi parallele, che indicherebbero, se
estese, una modifica significativa dello schema statico. A questo livello di
danno le lesioni di questo tipo sono generalmente dell’ordine di 2 - 4
mm. Attenzione deve essere anche posta alle coperture di edifici in ce-
mento armato realizzate con sistemi che non danno garanzia di conti-
nuità strutturale con il telaio o sono addirittura spingenti. Rientrano in
82 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

queste categorie, ad esempio, i tetti a falde realizzati su muricci o quelli a


travetti realizzati non all’atto della costruzione e quindi collegati ad essa
in modo incerto. In questi casi l’esame del danno dovrà essere accurato
per identificare dissesti in elementi chiamati a svolgere una funzione im-
propria (p. es. muricci in forati che sopportano i travetti del tetto) ed il
relativo danno va riportato nella riga relativa al danno strutturale alla co-
pertura. È opportuno, inoltre, segnalare in nota casi di questo tipo.
Episodi di cadute di tegole dal bordo delle coperture vanno segnalati
nella Sezione 5 della scheda.

4.4.3.3 Tamponature
Le lesioni nelle tamponature a questo livello di danno sono costituite
essenzialmente da significativi distacchi dalle strutture (2 - 5 mm; Fig.
4.32), da rotture diagonali o scorrimenti di alcuni mm, da schiacciamenti
visibili agli angoli delle tamponature. Sono possibili espulsioni di mate-
riale ed anche limitati crolli parziali. Tutte queste tipologie indicano un
significativo impegno dell’elemento tamponatura, che a causa del dan-
neggiamento, in occasione di una ripetizione dell’evento, non potrà più
offrire lo stesso contributo. Se l’estensione del fenomeno è rilevante e le
tamponature sono efficaci e ben disposte, la perdita di resistenza potrebbe
essere significativa e quindi il danno alle tamponature potrà contribuire
ad un giudizio di rischio strutturale elevato (se anche la struttura princi-
pale presenta danni). Se, invece, le tamponature danneggiate sono poche
e disposte in modo da aggravare la risposta strutturale, il loro danneggia-
mento potrebbe non essere significativo per la sicurezza della struttura e
si potrà propendere per un giudizio di rischio strutturale più favorevole.
In entrambi i casi si dovrà tenere conto del rischio prodotto dalla tampo-
natura come elemento non strutturale compilando le Sezioni 5 ed 8. Le
lesioni che rivelano l’attivazione di ribaltamento delle tamponature a que-
sto livello sono ancora più evidenti che nel livello D1 e condurranno, ge-
neralmente, a giudizi di rischio non strutturale elevato.

4.4.3.4 Scale
Le strutture di collegamento verticale presentano dei danni che posso-
no evidenziare la funzione di controventamento svolta per la struttura in-
telaiata. Occorre prestare particolare attenzione alle zone di collegamento
delle strutture rampanti con la struttura intelaiata, ad esempio in corri-
spondenza di travi a ginocchio collegate a metà altezza di un pilastro. In
tali zone, infatti, l’intersezione determina elementi ‘tozzi’ che hanno un
comportamento meno duttile. È necessario verificare anche se i danneg-
giamenti presenti a questo livello possono condurre ad una perdità della
funzionalità propria di collegamento verticale, nel qual caso si può pro-
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 83

pendere per un giudizio di rischio strutturale alto o basso con provvedi-


menti indipendentemente dal livello di danneggiamento delle altre parti
della struttura.

4.4.4 Livello D4-D5 – danno gravissimo e/o crollo

Situazioni più gravi di quelle descritte per il livello precedente D2-D3:


lesioni >5 mm nelle travi e di 3 mm nelle colonne e nei setti, con forti
espulsioni di copriferro che interessano anche il nucleo, forti sbandamen-
ti delle armature dei pilastri, fuori piombo superiori all’1-2% dell’inter-
piano, distacchi ampi ed estesi fra solai o coperture e strutture portanti
principali, crolli di interi pannelli di tamponatura (Figg. 4.33 e 4.34),
crolli parziali nelle strutture principali fino ad arrivare alla distruzione to-
tale dell’opera. Nella maggioranza dei casi il rischio strutturale connesso a
tale livello di danno è alto, a meno che il danneggiamento non sia confi-
nato in una zona molto ristretta e particolare della struttura. Situazioni
corrispondenti a questo livello di danno sono riportate nelle Figg. 4.30,
4.35, 4.36 e 4.37.

Figura 4.26
Lesione di rottura a
pressoflessione e taglio
in un pilastro tozzo.
Livello del danno:
D3, prossimo a D4
(Castelluccio Inferiore, PZ, 1998)
84 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

b c

Figura 4.27
Lesioni in una serie di pilastri favorite da presenza di fenomeni di ossidazione
e da deficienza di staffe.
Livello del danno totale alle strutture verticali: D2-D3 (Fabriano, 1997)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 85

Figura 4.28
Espulsione di copriferro in
testa al pilastro,
accompagnata da lievi lesioni
verticali.
Livello del danno: D2-D3
(Bagnolo, RE, 1996)

Figura 4.29
Danno al nodo e
all’attacco del
pilastro con
espulsione del
materiale fino al
nucleo.
Livello del danno
alle strutture
verticali: D4
(Atene, 1999)
86 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Figura 4.30
Danno gravissimo ad
edificio con struttura a telai
in cemento armato; fuori
piombo e formazione di
cerniere plastiche in testa e
al piede di gran parte dei
pilastri del piano terra.
Livello del danno: D4-D5
(Turchia, 1999)

Figura 4.31
Danno all’attacco di un pilastro
in corrispondenza della ripresa
di getto; espulsione di
materiale, lesione orizzontale e
inizio di sbandamento delle
barre.
Livello del danno alle strutture
verticali: D3
(Fabriano, 1997)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 87

Figura 4.32
Lesioni orizzontali
e verticali alla
tamponatura, per
distacco dalla
struttura principale;
crollo parziale della
tamponatura fra le
due porte.
Livello del danno alle
tamponature: diffuso
D2, localmente D4.

Figura 4.33
Lesioni gravi in
tamponature deboli.
Livello del danno alle
tamponature: D4
(Umbria, 1997)
88 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Figura 4.34
Ribaltamento totale di
cortine in mattoncini non
collegate alla struttura
principale.
Livello del danno per le
tamponature: D4
(Fabriano, 1997)

Figura 4.35
Danno gravissimo a
struttura a telaio di cemento
armato, con distruzione di
parte dei pilastri del primo
piano e del solaio del
secondo.
Livello del danno: D4-D5
(Turchia, 1999)
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 89

Figura 4.36
In primo piano, crollo completo (pancake) di edificio in cemento armato,
della stessa tipologia di quello in costruzione visibile in secondo piano.
Livello del danno: D5 (Turchia, 1999)

Figura 4.37
Collasso per cedimento del piano terra “soffice”.
Livello del danno: D5 (Turchia, 1999)
90 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

4.5 Danni ad elementi non strutturali

SEZIONE 5 Danni ad ELEMENTI NON STRUTTURALI e provvedimenti di di pronto intervento eseguiti


PROVVEDIMENTI DI P.I. ESEGUITI
PRESENZA
DANNO Nessuno Rimozione Puntelli Riparazione Divieto di Transenne e
accesso protezione
passaggi
Tipo di danno A B C D E F G
1 distacco, intonaci, rivestimenti, controsoffitti ❍ ❍ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒
2 Caduta tegole, comignoli… ❍ ❍ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒
3 Caduta cornicioni, parapetti ❍ ❍ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒
4 Caduta altri ogetti interni o esterni ❍ ❍ ❒ ❒ ❒ ❒ ❒
5 Danno alla rete idrica, fognaria o termoidraulica ❍ ❍ ❒ ❒ ❒
6 Danno alla rete elettrica o del gas ❍ ❍ ❒ ❒ ❒

Il danno provocato dal sisma su elementi che non fanno parte dell’or-
ganismo strutturale vero e proprio dell’edificio ha comunque importanza
ai fini di una più generale descrizione degli effetti e, naturalmente, per
stime di carattere economico; ma sicuramente non trascurabile è anche
la rilevanza che può assumere ai fini del giudizio di agibilità. Tipici dan-
neggiamenti di questo tipo sono quelli riguardanti gli intonaci, i rivesti-
menti, gli stucchi, i controsoffitti, le tramezzature; le parti non struttura-
li dei manti di copertura, i cornicioni e i parapetti; gli oggetti di vario ti-
po sia interni che collegati alle parti esterne dell’edificio; e poi ci sono i
danni alle reti di distribuzione dell’acqua, del gas, dell’elettricità e del
gas.
Nella Sezione 5 si registrano informazioni sulla presenza di tale dan-
no di tipo non strutturale e si indicano gli eventuali interventi di pronto
intervento che siano già stati messi eventualmente in atto. Quattro righe
della Sezione 5 riguardano cadute e distacchi di varie parti o componenti
accessorie e due il danno alle reti di distribuzione; per ognuno di essi,
nella prima colonna, si indica la eventuale presenza riscontrata. Riguardo
ai provvedimenti di pronto intervento già eseguiti è bene ricordare che,
per ogni tipo di danno presente sulle righe, si possono indicare uno o
più provvedimenti; se non si rilevano provvedimenti di pronto interven-
to già eseguiti si deve annerire la casella circolare corrispondente della
colonna con l’intestazione Nessuno.
È necessario valutare con la dovuta attenzione il rischio connesso alla
presenza di danni di questo tipo, soprattutto se possono dar luogo a pro-
blemi per le persone in conseguenza di situazioni di instabilità o per in-
nesco di effetti indotti, come può accadere nel caso di problemi di com-
promissione del buon funzionamento delle reti di distribuzione. In caso
di rischio sufficientemente alto da far propendere per un giudizio di ina-
gibilità (esito B nella Sezione 8), è altrettanto importante la valutazione
Istruzioni per le Sezioni 4, 5, 6 e 7 91

attenta della possibilità di ricorrere a provvedimenti di pronto intervento


per la rimozione dei fattori di rischio, provvedimenti che dovranno esse-
re indicati nella Sezione 8 ed eventualmente esplicitati nelle annotazioni
della Sezione 9.

4.6 Pericolo esterno indotto da altre costruzioni

SEZIONE 6 Pericolo ESTERNO indotto da altre costruzioni e provvedimenti di p.i. eseguiti

PERICOLO SU PROVVEDIM DI P.I. ESEGUITI


Transenne e
Edificio Via d’accesso Vie interne Divieto di accesso protez. passaggi
Causa potenziale
A B C D E
1 Crolli o cadute da altre costruzioni ❒ ❒ ❒ ❒ ❒
2 Rottura di reti di distribuzione ❒ ❒ ❒ ❒ ❒

Un altro fattore di rischio importante per l’agibilità è connesso al pe-


ricolo derivante dalle influenze esterne all’edificio oggetto del sopralluo-
go e che possono derivare, principalmente, da situazioni di instabilità di
edifici vicini (pericolo di crolli o di caduta di oggetti) o anche da condi-
zioni di insicurezza del sistema delle reti di distribuzione.
Nella tabella della Sezione 6 si fa riferimento a queste due situazioni
per le quali si può rilevare, con modalità multiscelta, se la condizione di
pericolo che ne consegue interessa: direttamente l’edificio, le vie di acces-
so ad esso dall’esterno o le vie di comunicazione interne ad esso, come
può accadere nei casi di edifici di una certa articolazione e complessità.
Anche in questo caso sono rilevabili gli eventuali provvedimenti di
pronto intervento già presenti e, come nella sezione precedente, occorre
lo stesso tipo di attenzione per gli esiti di inagibilità, parziale o totale,
condizionata alla messa in atto di provvedimenti semplici. Molto fre-
quenti, nell’ambito del costruito dei centri storici, sono i casi nei quali le
condizioni di rischio indotto sono determinate da pericolo sulle vie di
accesso ed è quindi molto importante avere le giuste informazioni ri-
guardanti gli edifici interessati. Altrettanto importante è, inoltre, riporta-
re in mappa tali situazioni, per poter gestire quelle opere di pronto inter-
vento che possono mettere in sicurezza anche interi isolati o quartieri.
92 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

4.7 Terreno e fondazioni

SEZIONE 7 Terreno e fondazioni


MORFOLOGIA DEL SITO DISSESTI: ❒ Versanti ❒ Terreno di
(in alto o temibili): incombenti fondazione
1 ❍ Cresta 2 ❍ Pendio 3 ❍ Pendio 4 ❍ Pianura A ❍ Assenti B ❍ Generati C ❍ Acuiti B ❍ Preesistenti
forte leggero dal sisma dal sisma

Nella Sezione 7 sono raccolte alcune informazioni riguardanti le con-


dizioni del terreno e delle fondazioni, aspetti ascrivibili al cosiddetto ri-
schio geotecnico, ma di carattere molto qualitativo e descrittivo. Il loro
significato è da vedere più sotto l’aspetto di una constatazione di eviden-
za, che come valutazione sintetica di tipo specialistico. Infatti le informa-
zioni contemplano una semplice osservazione sulla morfologia del sito nel
quale l’edificio è collocato e la registrazione di evidenti presenze di disse-
sti del terreno, distinti nella forma di versanti incombenti o di cedimenti
che interessano le fondazioni dell’edificio. Per i dissesti del terreno si richie-
de di valutare se sono riconducibili in tutto o in parte all’azione del si-
sma o se sono invece da ritenere conseguenza di fatti preesistenti all’even-
to.
La morfologia di Cresta costituisce elemento di particolare vulnerabi-
lità per possibili amplificazioni locali dell’eccitazione sismica; fondazioni
in Pendio forte o su piani di posa differenti possono essere causa di cedi-
menti del terreno o delle fondazioni; a maggior ragione quando si accop-
piano a dissesti in atto o temibili. Per questo motivo sono evidenziate le
scale di grigio nelle relative caselle.
Il fattore di rischio geotecnico viene in definitiva tenuto in considera-
zione, ma solo compatibilmente con il carattere speditivo del rilevamento.
Nella gestione tecnica dell’emergenza post-sismica è contemplata an-
che l’attività di controllo sui fenomeni franosi ed è quindi assai probabile
che nell’ambito di tale attività vengano anche identificati ed esaminati gli
edifici coinvolti in situazioni di questo tipo; tuttavia può anche verificarsi
il caso contrario nel quale l’individuazione di un dissesto del terreno pos-
sa derivare dalla normale verifica di agibilità sugli edifici.
Si sottolinea anche in questo caso la possibilità di situazioni di condi-
zioni di rischio indotto ed indiretto rispetto all’edificio, che possono ri-
guardare, ad esempio, le vie d’accesso e che devono essere valutati ed evi-
denziati con l’attenzione di cui si è già detto nei casi precedenti.
5. Istruzioni alla compilazione
della Sezione 8: giudizio di agibilità
e provvedimenti di pronto intervento

5.1 Premessa

La Sezione 8, dedicata all’esito di agibilità, alle sue conseguenze ed ai


provvedimenti di pronto intervento da adottare, si compone di quattro
parti:

1. Valutazione del rischio: in cui si sintetizzano le osservazioni riportate


nelle sezioni precedenti (da 3 a 7) in termini di rischio, al fine di indirizzare
il giudizio di agibilità.
2. Esito di agibilità: in cui si riporta il giudizio di agibilità, articolato in
cinque possibili esiti.
3. Unità immobiliari inagibili, famiglie e persone da evacuare: in cui si
quantificano le conseguenze del giudizio emesso in termini sociali.
4. Provvedimenti di pronto intervento: in cui si propongono i provvedi-
menti di rapida realizzazione necessari per rendere agibile l’edificio, nel ca-
so in cui i danni siano modesti e gli interventi poco impegnativi e rapida-
mente eseguibili, e gli eventuali provvedimenti necessari per garantire la
pubblica incolumità negli altri casi.

È compito del Sindaco, in quanto responsabile della pubblica incolu-


mità dei suoi cittadini, emettere le ordinanze di sgombero. Il giudizio del
rilevatore, trasmesso agli Uffici Tecnici Comunali, è quindi da considerarsi
come una proposta che potrebbe anche essere modificata. Per quanto detto
è possibile anche che il Sindaco emetta autonomamente una ordinanza di
sgombero, sentito eventualmente il parere di un tecnico di fiducia.
94 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

5.2 Valutazione del rischio

Le osservazioni riportate

STRUTTURALE

STRUTTURALE

GEOTECNICO
nelle sezioni precedenti alla 8

(sez. 3 e 4)

ESTERNO
(sez. 6)

(sez. 7)
(sez.5)
devono essere sintetizzate in

NON
RISCHIO
modo da esprimere un giudi-
zio sui seguenti tipi di ri-
schio:
BASSO ❍ ❍ ❍ ❍
BASSO CON • rischio strutturale, lega-
PROVVEDIMENTI ❍ ❍ ❍
to allo stato (tipologia e dan-
ALTO ❍ ❍ ❍ ❍ no) degli elementi con fun-
zione portante (strutture ver-
ticali, strutture orizzontali,
tamponature robuste o che contribuiscono significativamente alla resistenza
sismica dell’edificio, etc. - Sezioni 3 e 4);

• rischio non strutturale, legato allo stato di elementi senza funzione


portante (tramezzi, tegole, comignoli, reti tecnologiche, etc), che possono
comunque causare pericolo alla pubblica incolumità (Sezioni 4 e 5);

• rischio esterno, indotto da possibili crolli parziali o totali di costru-


zioni circostanti sulla costruzione in oggetto o sulle sue vie di accesso (Se-
zione 6);

• rischio geotecnico, legato allo stato dei terreni e delle fondazioni (Se-
zione 7).

Si precisa che la tabella «rischio» va sempre compilata, indicando «Ri-


schio basso» anche nel caso di danno nullo o di indicatore di vulnerabilità
particolarmente favorevole.
Se il valore di ognuno dei quattro tipi di rischio può essere ritenuto bas-
so, si tenderà verso un giudizio di agibilità, se almeno uno di essi è da rite-
nersi alto ci si orienterà verso un giudizio di inagibilità parziale o totale.
Quando il rischio, pur essendo elevato, può essere ridotto con provvedi-
menti di pronto intervento rapidamente eseguibili e relativamente poco
impegnativi, l’edificio può essere considerato agibile con provvedimenti.

Per favorire una sommaria valutazione del rischio connesso con i quat-
tro precedenti indicatori, nella scheda di agibilità e danno è previsto che lo
stato degli elementi da rilevare vada inserito in apposite caselle su sfondo
grigio, tanto più scuro, quanto più l’indicatore concorre ad incrementare il
rischio dell’edificio.
Istruzioni per la Sezione 8 95

La decisione del rilevatore, in particolare per quanto riguarda il rischio


strutturale, va presa tenendo conto della definizione di agibilità riportata e
discussa nel § 1.3 del presente manuale: essa pertanto è generalmente ed in
modo prevalente basata sul danno apparente provocato dal sisma (Sezione
4), salvo i casi in cui l’evento di riferimento sia esplicitamente stato indica-
to di intensità superiore a quella del recente terremoto di collaudo, o quando
il danno si concentra nella fascia D2-D3, con forti incertezze sulle conse-
guenze in termini di riduzione della resistenza originaria. In tali casi assu-
mono una importanza rilevante gli indicatori di vulnerabilità relativi all’e-
dificio (Sezione 3) e alla morfologia del sito (Sezione7).

Come elementi di vulnerabilità dell’edificio, la Sezione 3 della scheda di


agibilità e danno, per gli edifici in muratura, individua: la qualità delle mu-
rature verticali (tessitura regolare o di buona qualità, irregolare o di cattiva
qualità), la deformabilità e la spinta delle strutture orizzontali (volte, strut-
ture deformabili, semirigide e rigide), la presenza di catene, la presenza di
eventuali pilastri isolati, il tipo di copertura (pesante o meno, spingente o
meno) e la regolarità di forma dell’edificio. Per gli edifici in cemento arma-
to o in acciaio prevede: la presenza o meno di telai e/o pareti, la regolarità
di forma dell’edificio in pianta e/o in elevazione e la disposizione regolare o
meno delle tamponature (che può portare ad esempio alla presenza di un
piano soffice non tamponato).

Anche alcuni degli elementi di identificazione (Sezione 1) e descrizione


(Sezione 2) dell’edificio possono essere utili: nel caso di aggregati complessi
di edifici fra di loro interagenti, la posizione dell’edificio può essere signifi-
cativa, nel senso che gli edifici estremi o d’angolo sono spesso più vulnera-
bili; nel caso viceversa di edifici isolati, un elevato numero di piani o una
forte snellezza (rapporto fra l’altezza totale e la radice quadrata della super-
ficie media in pianta) possono essere indici di vulnerabilità in edifici non
progettati secondo criteri anti-sismici.
Per ulteriori approfondimenti sugli indicatori di vulnerabilità si rimanda
alle schede GNDT di secondo livello ed al relativo manuale d’uso [1].

Una volta determinato lo stato degli indicatori di vulnerabilità, questi,


se particolarmente elevati, potrebbero comportare un giudizio di rischio
strutturale alto anche in assenza di danno medio o in assenza totale del
danno se il terremoto di riferimento dovesse essere di grado più alto di
quanto risentito dall’edificio, e quindi per sisma di elevata intensità epicen-
trale ed in zone non epicentrali.
96 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

5.3 Esito di agibilità

Per assicurare l’u-


A Edificio AGIBILE ❍
niformità di comporta-
B
Edificio TEMPORANEAMENTE INAGIBILE (tutto o in parte)
❍ menti e procedure e
ma AGIBILE con provvedimenti di pronto intervento
anche per esigenze di
C Edificio PARZIALMENTE INAGIBILE ❍ gestione dati, l’esito del
D Edificio TEMPORANEAMENTE INAGIBILE da rivedere con
❍ giudizio di agibilità de-
approfondimento
ve ricondursi ad una
E Edificio INAGIBILE ❍ delle possibili alterna-
F Edificio INAGIBILE per rischio esterno ❍ tive previste nella sche-
da.

A. Edificio agibile
L’edificio può essere utilizzato in tutte le sue parti senza pericolo per la
vita dei residenti, anche senza effettuare alcun provvedimento di pronto in-
tervento. Ciò non implica che l’edificio non abbia subito danni, ma solo
che la riparazione degli stessi non è un elemento necessario per il manteni-
mento dell’esercizio in tutto l’edificio. Nel caso di edificio agibile non si
hanno unità immobiliari inagibili e nuclei familiari e/o persone da evacuare.

B. Edificio temporaneamente inagibile (tutto o parte) ma agibile con provvedi-


menti di pronto intervento
L’edificio, nello stato in cui si trova, è almeno in parte inagibile, ma è
sufficiente eseguire alcuni provvedimenti di pronto intervento per poterlo
utilizzare in tutte le sue parti, senza pericolo per i residenti. E’ necessario,
in questo caso, che il rilevatore proponga gli interventi ritenuti necessari
per continuare ad utilizzare l’edificio e che tali provvedimenti siano portati
a conoscenza del Comune. Non è, invece, compito del rilevatore controlla-
re che i provvedimenti consigliati vengano effettivamente realizzati.
Da tener presente che i provvedimenti cui ci si riferisce devono effettiva-
mente essere di pronto intervento, cioè realizzabili in breve tempo, con spesa
modesta e senza un meditato intervento progettuale. Nel caso contrario l’e-
dificio deve essere considerato inagibile in tutto o in parte.
È opportuno comunque compilare la parte della sezione relativa alle
unità immobiliari inagibili e ai nuclei familiari e/o persone da evacuare.

C. Edificio parzialmente inagibile


Lo stato di porzioni limitate dell’edificio può essere giudicato tale da
comportare elevato rischio per i loro occupanti e quindi da indirizzare ver-
so un giudizio di inagibilità. Nel caso in cui si possa ritenere che possibili
ulteriori danni nella zona dichiarata inagibile non compromettano la stabi-
Istruzioni per la Sezione 8 97

lità della parte restante dell’edificio né delle sue vie di accesso e non costi-
tuiscano pericolo per l’incolumità dei residenti, allora si può emettere un
giudizio di inagibilità parziale.
Nel caso di edificio parzialmente inagibile è necessario che il rilevatore
indichi chiaramente nella sezione 9 (Note) quale siano le porzioni di edifi-
cio ritenute non accessibili e che tali zone siano portate a conoscenza del
Comune. Non è, invece, compito del rilevatore controllare che venga effet-
tivamente impedito l’accesso alle zone in cui si è consigliata l’interdizione.
Può accadere che l’inagibilità parziale comporti unità immobiliari inagi-
bili e nuclei familiari e/o persone da evacuare.

D. Edificio temporaneamente inagibile da rivedere con approfondimento


L’edificio presenta caratteristiche tali da rendere incerto il giudizio di
agibilità da parte del rilevatore. Viene richiesto un ulteriore sopralluogo più
approfondito del primo e/o condotto da tecnici più esperti. Fino al mo-
mento del nuovo sopralluogo l’edificio viene considerato inagibile. È neces-
sario compilare la parte della sezione relativa alle unità immobiliari inagibili
ed ai nuclei familiari e/o persone da evacuare.
Questo tipo di esito va adottato solo in casi di effettiva necessità poiché
la sua gestione comporta un notevole aggravio delle attività di rilievo.

E/F. Edificio inagibile


Per esigenze di organizzazione viene distinto il caso di inagibilità effetti-
va dell’edificio per rischio strutturale, non strutturale o geotecnico (E) dal-
l’inagibilità per grave rischio esterno (F), in assenza di danni consistenti al-
l’edificio.
L’edificio non può essere utilizzato in alcuna delle sue parti neanche a
seguito di provvedimenti di pronto intervento. Questo non vuol dire che i
danni non siano riparabili, ma che la riparazione richiede un intervento ta-
le che, per i tempi dell’attività progettuale e realizzativa e per i relativi costi,
è opportuno sia ricondotto alla fase della ricostruzione.
Nelle osservazioni finali va indicato se la condizione di inagibilità è pre-
sumibilmente antecedente all’evento.
In ogni caso il giudizio deve essere portato a conoscenza del Comune.
Non è compito del rilevatore controllare che venga effettivamente impedito
l’accesso all’edificio.
È necessario compilare la parte della sezione relativa alle unità immobi-
liari inagibili ed ai nuclei familiari e/o persone da evacuare.
Nel caso di esito B, il giudizio e l’indicazione dei provvedimenti di
pronto intervento sono inscindibili. Tuttavia, anche negli altri casi, è neces-
sario che il rilevatore indichi quali provvedimenti ritiene opportuni per ga-
rantire la pubblica incolumità, anche se non hanno conseguenze sull’esito
di agibilità dell’edificio in oggetto. Ad esempio, un edificio dichiarato ina-
98 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

gibile per danni strutturali può generare rischio su una strada a causa della
caduta di tegole dalla copertura. L’edificio resta inagibile anche a seguito
della rimozione delle tegole pericolanti, però l’incolumità dei passanti po-
trebbe essere garantita se non vi è rischio di altri tipi di crollo sulla strada
stessa. Un altro esempio potrebbe essere quello di un edificio agibile che
prospetti su una strada con una facciata cieca avente tegole pericolanti. L’e-
dificio è agibile in sé ma potrebbe essere fonte di rischio per la strada, quin-
di la rimozione delle tegole consentirebbe di eliminare il rischio per i pas-
santi. In tutti questi casi è necessario comunicare al Comune gli interventi
proposti.

5.4 Unità immobiliari inagibili, famiglie e persone evacuate

Unità immobiliari inagibili. Va registrato il numero delle unità immobi-


liari che vengono interessate dal provvedimento di inagibilità. Tale numero
coincide con il numero di unità immobiliari dell’edificio solo nel caso di
edificio inagibile o temporaneamente inagibile e ne è inferiore nel caso di
edificio parzialmente inagibile. Nelle unità immobiliari vanno comprese le
unità residenziali anche non utilizzate, e quelle produttive se l’attività vi è
esercitata in modo continuativo. L’informazione è necessaria per la stima
delle unità immobiliari non utilizzabili a fini di ricovero.
Nuclei familiari da evacuare. Va registrato il numero di nuclei familiari,
residenti nell’edificio, che verrebbero evacuati a seguito del provvedimento
di inagibilità. Comprende sia i nuclei che hanno già spontaneamente eva-
cuato l’edificio dopo il sisma (e che potrebbero ritornare nelle abitazioni a
seguito di giudizio positivo di agibilità) sia quelli effettivamente presenti al
momento dell’ispezione. Se una persona vive sola costituisce comunque un
nucleo familiare. L’informazione è necessaria per la stima dei ricoveri da
predisporre.
Numero di persone da evacuare. Va registrato il numero di persone, resi-
denti nell’edificio, appartenenti ai nuclei familiari da evacuare. L’informa-
zione è necessaria per la stima del numero totale dei senzatetto.

5.5 Provvedimenti di pronto intervento, limitati o estesi

Nella scheda vengono indicati i più frequenti provvedimenti di pronto


intervento. La lista ha il duplice scopo di favorire la gestione informatizzata
dei dati, ma anche di chiarire la differenza fra questi interventi, quali l’ap-
plicazione di tiranti, cerchiature, puntellamenti, etc., e quelli propri di una
fase di ricostruzione, quali l’esecuzione di intonaci armati, iniezioni armate,
etc. È peraltro evidente che l’elenco proposto non ha carattere esaustivo e
che il rilevatore può proporre altri provvedimenti, purché di pronto inter-
Istruzioni per la Sezione 8 99

vento. A tale scopo sono previste due righe bianche alla fine dell’elenco
proposto. Nel caso queste non fossero sufficienti, o comunque nel caso si
ritenga necessaria una descrizione più ampia del provvedimento proposto,
si potrà fare riscorso allo spazio per note della Sezione 9.
I provvedimenti in elenco possono essere raggruppati nelle seguenti ca-
tegorie:
a) rimozioni di parti pericolanti;
b) piccole riparazioni;
c) puntellamenti;
d) cerchiature e tiranti;
e) riparazione di impianti.
La prima categoria non richiede particolari spiegazioni. Le rimozioni
vanno eseguite con le dovute cautele, limitandole a parti pericolanti di mo-
desta estensione, per non ricadere nella demolizione. La seconda categoria
comprende, di solito piccoli interventi su elementi secondari come tramez-
zi, tamponature, manti di copertura, cornicioni, aggetti, che possono avere
anche carattere definitivo.
Le categorie c) e d) meritano invece una particolare attenzione, soprat-
tutto in merito alla scelta, poiché le due categorie non sempre forniscono
alternative ugualmente valide. I puntellamenti sono gli interventi più fre-
quentemente eseguiti in emergenza, sia per la rapidità, che per la possibilità
di operare quasi sempre restando all’esterno dell’edificio. Nel consigliarne
l’esecuzione, occorre tener conto di possibili inconvenienti che a volte la lo-
ro realizzazione comporta, tra i quali l’occupazione della sede stradale, che
può risultare critica nelle strettoie tipiche di molti centri storici. Altre volte
la realizzazione di puntelli a contrasto fra edifici prospicienti può innescare
interazioni pericolose, magari per l’edificio integro. Accade, inoltre, che in-
terventi concepiti per essere temporanei, rimangano in sito per lunghi pe-
riodi, finendo per deteriorarsi e perdere di efficacia (p. es. puntelli in le-
gno). Infine non va trascurato il fatto che i puntellamenti, se efficaci nei
confronti delle azioni statiche (carichi verticali, spinte delle terre, etc.), lo
sono molto meno nei confronti delle azioni sismiche. Questo aspetto non
va trascurato quando si opera in zone in piena crisi sismica. Gli interventi
di tipo d) presentano molti vantaggi nelle situazioni in cui il danno è prin-
cipalmente connesso alla mancanza di vincoli fra parti strutturali. In tali ca-
si, infatti, anziché ricercare con strutture provvisionali esterne la stabilità
compromessa dal sisma, si può cercare di (ri)costituire i vincoli che consen-
tono alla struttura stessa di raggiungere una buona sicurezza sotto azioni
statiche ed un soddisfacente comportamento sotto sisma.
È opinione dei redattori del presente manuale, ed è criterio adottato, ad
esempio, negli interventi a seguito del sisma del 9 settembre 1998 in Basili-
cata e Calabria, che la messa in sicurezza possa essere effettuata con tipolo-
gie di interventi alternativi ai puntelli ogni qualvolta la loro realizzazione
sia compatibile con la geometria e le condizioni dell’edificio, risultando
100 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

spesso più efficaci, più economici, di minore ingombro e potendo, talvolta,


essere funzionali agli interventi definitivi.
Nel seguito si riporta una breve descrizione dei provvedimenti di pronto
intervento previsti nella scheda di agibilità e danno e delle loro modalità di
impiego.
Transennature e protezione passaggi
Quando alcuni spazi accessibili al pubblico sono resi insicuri da edifici
pericolanti o da loro parti, o da altri dissesti come massi incombenti o in-
stabilità del terreno, se non è possibile attuare altri provvedimenti di pronto
intervento, può essere suggerita la realizzazione di passaggi coperti protetti
o di una transennatura che impedisca l’accesso all’area ritenuta pericolosa.
Messa in opera di cerchiature o tiranti
La cerchiatura o la tirantatura hanno la duplice finalità di ostacolare l’e-
voluzione del meccanismo di rottura locale e ripristinare la continuità del-
l’organismo resistente. Sono in genere molto efficaci quando è in atto un
meccanismo di ribaltamento delle pareti di facciata, o comunque una scon-
nessione fra pareti o fra pareti e orizzontamenti. Sono anche utili per assor-
bire le spinte di strutture spingenti dissestate come archi, volte o tetti spin-
genti (v. Sez. 3). I materiali utilizzabili sono sia il tradizionale acciaio in
tondi o profili laminati, sia le fibre plastiche o di carbonio.
Riparazione danni leggeri alle tamponature e tramezzi
Da prevedere quando le lesioni alle tamponature e/o ai tramezzi posso-
no causare caduta di elementi di laterizio e/o di intonaco. In alternativa alla
riparazione, è possibile prevedere delle rimozioni parziali se non pregiudica-
no la resistenza dell’edificio.
Riparazione copertura
La riparazione di elementi secondari della copertura, quali arcarecci, o
del manto di copertura può essere prevista al fine di eliminare il pericolo di
caduta di oggetti negli spazi interni ed esterni o per limitare gli effetti degli
agenti atmosferici esterni.
Puntellatura di scale
Da prevedere quando il danno alle scale è spazialmente limitato e un’a-
deguata sicurezza può essere realizzata sostenendo le parti danneggiate. A
volte ciò accade negli edifici in cemento armato quando la prima rampa è
realizzata con strutture diverse da quelle dei piani superiori. In questi casi,
se il danno è limitato alle rampe inferiori, puntellandole si consente l’acces-
so anche ai piani superiori dell’edificio.
Rimozione di intonaci, rivestimenti, controsoffittature
Da prevedere quando la rimozione di elementi pericolanti elimina la
Istruzioni per la Sezione 8 101

possibilità di caduta di oggetti negli spazi interni.

Rimozione di tegole, comignoli, parapetti


Da prevedere quando la rimozione di elementi pericolanti in copertura
elimina la possibilità di caduta di oggetti negli spazi sottostanti.

Rimozione di cornicioni, parapetti, aggetti


Da prevedere quando la rimozione di elementi pericolanti in facciata
elimina la possibilità di caduta di oggetti negli spazi sottostanti.

Rimozione di altri oggetti interni o esterni


Elementi pesanti o non ancorati possono scorrere e/o ribaltare e quindi
cadere. Spostare questi elementi dalle zone alte al pavimento o ammorsarli
correttamente può rendere agibile il relativo vano. Da tenere presente la ri-
mozione di elementi appesi a pareti danneggiate, soprattutto se suscettibili
di fuoriuscita di sostanza pericolose.

Riparazione delle reti degli impianti


La riparazione degli impianti garantisce l’abitabilità delle unità immobi-
liari ed elimina il pericolo di fuoriuscita di sostanza pericolose per l’uomo o
che possono arrecare danno alle strutture. Se la riparazione non è fattibile
nell’immediato e si rileva il pericolo (p. es. da fuoriuscita di gas), segnalare
la necessità di transennamento e di eventuale interruzione del flusso.

5.6 Altre osservazioni

SEZIONE 9 Altre osservazioni

Sul danno, sui provvedimenti di pronto intervento, l’agibilità o altro


Argomento Annotazioni Foto d’insieme d’edificio spilla

II compilatore (in stampatello)


102 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Nella Sezione 8 devono essere, altresì, registrate informazioni relative al-


la Accuratezza della visita ovvero ai motivi che non hanno consentito di ese-
guire il sopralluogo assegnato dal Coordinamento Centrale. È opportuno
infatti che resti traccia documentata dell’esito di ogni sopralluogo program-
mato, anche se non eseguito.
La Sezione 9 è dedicata alle annotazioni libere del rilevatore. Queste de-
vono servire a chiarire meglio particolarità riguardanti i contenuti delle al-
tre sezioni e devono essere riportate nelle righe, a stampatello per facilitare
la lettura, segnando nella colonna a sinistra la sezione o l’argomento al qua-
le si riferiscono.
Eventuali foto devono essere spillate, come indicato, nello spazio trat-
teggiato.
In particolare nelle annotazioni è bene riportare sempre tutte le infor-
mazioni e le osservazioni che precisano meglio l’esito ed i provvedimenti di
pronto intervento opportuni, come specificato anche nella nota nel riqua-
dro della Sezione 8 relativo ala valutazione di rischio e al giudizio di agibi-
lità. A questo proposito nella Tabella 5.1 si danno alcuni suggerimenti utili
per i casi di inagibilità.

Tabella 5.1
Suggerimenti per le annotazioni in funzione dell’esito

ESITO SUGGERIMENTO PER LE ANNOTAZIONI

Edificio TEMPORANEAMENTE Specificare se la inagibilità è parziale e quali


B INAGIBILE (in tutto o in parte) ma sono le parti inagibili; precisare meglio gli
AGIBILE con provvedimenti di interventi di pronto intervento che possono
pronto intervento rimuovere l’inagibilità.

C Edificio PARZIALMENTE Specificare quali sono le parti inagibili e gli


INAGIBILE eventuali interventi di pronto intervento
necessari per la sicurezza esterna.

Edificio TEMPORANEAMENTE Specificare le ragioni della necessità


D INAGIBILE da rivedere con dell’approfondimento; se occorre un
approfondimenti sopralluogo di esperti e di quale settore;
segnalare comunque gli interventi di pronto
intervento necessari per la sicurezza

Segnalare comunque eventuali interventi di


E Edificio INAGIBILE pronto intervento necessari per la sicurezza
esterna.
Specificare quali sono le cause di rischio
Edificio INAGIBILE per rischio esterno e quali gli eventuali interventi di
F esterno pronto intervento necessari per la sicurezza.
Postfazione

La scheda AeDES ed il presente Manuale di Istruzione sono da conside-


rarsi quale prodotto collettivo del Gruppo di Lavoro GNDT/SNN per i ri-
lievi di danno e vulnerabilità sismica degli edifici, che ha operato a partire
dai primi mesi del 1997. In particolare, per quanto riguarda il SSN hanno
partecipato R. Colozza, A. Goretti, G. Di Pasquale, G. Orsini, F. Papa; per il
GNDT le UR delle Università di Napoli “Federico II” (A. Baratta, G. Zuc-
caro, M. Della Bella), Basilicata (M. Dolce), Roma Tre (A. Giuffrè, e, dopo
la sua scomparsa, C. Baggio, C. Carocci), Padova (A. Bernardini, che ha avu-
to il compito di coordinatore del gruppo), L’Aquila (A. Martinelli, L. Co-
razza, A. Petracca).
Contributi alla discussione nelle varie fasi del lavoro del Gruppo sono
stati portati da altri ricercatori del SSN (D. Molin, M. Bellizzi, A.G. Pizza),
GNDT (A. Cherubini, L. Decanini, A. De Stefano, E. Speranza, C. Gavari-
ni, A. Corsanego, G. Cialone, G. Cifani), ING (C. Gasparini, L. Tertulliani),
Dipartimento della Protezione Civile (M. Severino, S. Loni), Servizi Cen-
trali dei Vigili del Fuoco. Inoltre il Seminario Internazionale tenuto a Mon-
selice (Padova) nel Giugno 1998 sul tema “Measures of seismic damage to
masonry buildings” [5] ha consentito un utile confronto del Gruppo di La-
voro italiano con ricercatori stranieri e quindi con l’esperienza di lettura e
registrazione del danno nell’emergenza post-sismica maturata in altri paesi,
particolarmente nell’Europa dell’Est e nei Balcani.
Una prima versione della scheda (09/97) è stata utilizzata per la scheda-
tura dei danni agli edifici ordinari durante le emergenze post-sismiche nella
regione Marche (1997; circa 38.000 edifici) e nel Pollino (1998; circa
15.000 edifici). L’esperienza condotta ha consentito di elaborare una secon-
da versione (05/98), ed infine la versione qui presentata (AeDES- 05/2000
bis), per la quale ci si è riferiti anche alle conclusioni del Gruppo di Lavoro
DPC-GNDT-SSN per la «definizione di un piano tecnico-operativo per la
gestione e l’attuazione del rilevamento dell’agibilità degli edifici e delle in-
frastrutture danneggiate da eventi sismici» (febbraio 2000).
Il contenuto della scheda AeDES- 05/2000 bis è, dal punto di vista tec-
nico, identico a quello della scheda AeDES- 05/2000. Il codice identificati-
vo della scheda è stato aggiornato per dar conto delle recenti modifiche in-
tervenute nell’assetto istituzionale.
104 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

Nella stesura del presente Manuale hanno predisposto i documenti di


base:
• Introduzione (M. Dolce, GNDT e A. Goretti, SSN)
• Istruzioni alle Sezioni 1, 2, 5, 6, 7, 9 (A. Martinelli, GNDT)
• Istruzioni alla Sezione 3 (F. Papa, SSN, M. Della Bella e G. Zuccaro,
GNDT)
• Istruzioni alla Sezione 4 (G. Di Pasquale, SSN e G. Orsini, SSN)
• Istruzioni alla Sezione 8 (G. Di Pasquale, SSN, M. Dolce, GNDT e A.
Goretti, SSN).
Molte delle idee e documentazioni qui esposte sono state oggetto di rap-
porti nell’ambito dell’attività svolta negli ultimi anni dal GNDT e dal SSN
nell’ambito dei loro compiti istituzionali durante i più recenti terremoti in
Italia e all’estero (Turchia 1999, Atene 1999) Si citano in particolare:
• «Agibilità in emergenza postsismica», Documento a seguito delle Due
Giornate sul tema dell’agibilità, Fabriano, 14-15 luglio 1998
• «Incontro di lavoro per riflessioni e suggerimenti a seguito dell’espe-
rienza svolta al fine di ottimizzare l’impiego coordinato dei tecnici» a
seguito di invio di tecnici dell’Emilia-Romagna per i rilievi di danno-
vulnerabilità e valutazioni di agibilità a fronte della crisi sismica in
Umbria-Marche dal giorno 26 settembre 1997 e seguenti, Bologna, 16
gennaio 1998
• «Raccomandazioni alle squadre di rilievo del danno e dell’agibilità»,
Gruppo di coordinamento SSN-GNDT, Rev. 2, 7 aprile 1998
• “Raccomandazioni per le opere di messa in sicurezza”, Comitato Tec-
nico – Scientifico istituito ai sensi dell’Ordinanza 2847/98, a seguito
del terremoto del 9 settembre 1998 (Pollino).
Riferimenti bibliografici

[1] GNDT/Regione Emilia Romagna/Regione Toscana (1986). Istruzioni


per la compilazione della scheda di rilevamento esposizione e vulnera-
bilità sismica degli edifici. Litografia della Giunta Regionale.
[2] GNDT (1993). Rischio Sismico di Edifici Pubblici, Parte I: Aspetti
Metodologici. Tipografia Moderna, Bologna.
[3] Dolce, M., Lucia, C., Masi, A. & Vona, M. (1997). Analisi delle tipolo-
gie strutturali della Basilicata ai fini di una valutazione di vulnerabilità.
Atti 8° Convegno Nazionale ANIdIS, Taormina.
[4] Gruntal G. (ed), (1998). European Macroseismic Scale 1998. Cahiers
du Centre Européen de Géodynamique et de Séismologie, Volume 15,
Luxembourg.
[5] Bernardini, A. (ed), (1999). Seismic Damage to Masonry Buildings.
Proceedings of the International Workshop on Measures of Seismic
Damage to Masonry Buildings. Monselice/Padova/Italy/25-26 June
1998, Balkema, Rotterdam/Brookfields.
[6] California Government Code, Sections 8580; 8567 (a), e Labor Code,
Sections 4351 - 4355.
[7] California Civil Code, Section 1714.5.
[8] SSN/ GNDT (1998). Manuale per la gestione tecnica nei COM, Ver-
sione 1.5, Agosto 1998.
106

Presidenza del Consiglio dei Ministri CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE


Dipartimento della Protezione Civile PROVINCE AUTONOME
107
108
109
Indice

Presentazione pag. 7

1. Introduzione » 9
1.1 Motivazioni ed obiettivi » 9
1.2 Il giudizio di agibilità » 11
1.3 Gestione dell’emergenza e responsabilità del rilevatore » 14
1.4 Contenuti del manuale » 16

2. Istruzioni generali e specifiche per la compilazione


delle Sezioni 1 e 2: identificazione dell’edificio » 18
2.1 Organizzazione del rilievo » 18
2.2 Modalità di svolgimento dell’ispezione » 19
2.3 Prescrizioni ed indicazioni generali » 20
2.4 Identificazione degli aggregati e degli edifici » 21
2.5 Descrizione dell’edificio » 25

3. Istruzioni alla compilazione della Sezione 3: tipologia » 28


3.1 Premesse e istruzioni generali » 28
3.2 Edifici in muratura » 30
3.3 Altre strutture » 37
3.4 Coperture » 40

4. Istruzioni alla compilazione delle Sezioni 4, 5, 6 e 7:


danno ad elementi strutturali e non strutturali,
pericolo esterno, terreno e fondazioni » 51
4.1 Premessa
4.2 Definizione sintetica del livello ed estensione del danno
agli elementi strutturali principali » 52
112 Manuale per la compilazione della scheda AeDES

4.3 Edifici in muratura pag. 56


4.4 Edifici in cemento armato » 78
4.5 Danni ad elementi non strutturali » 90
4.6 Pericolo esterno indotto da altre costruzioni » 91
4.7 Terreno e fondazioni » 92

5. Istruzioni alla compilazione delle Sezioni 8 e 9:


giudizio di agibilità e provvedimenti di pronto intervento » 93
5.1 Premessa » 93
5.2 Valutazione del rischio » 94
5.3 Esito di agibilità » 96
5.4 Unità immobiliari inagibili, famiglie e persone evacuate » 98
5.5 Provvedimenti di pronto intervento, limitati o estesi » 98
5.6 Altre osservazioni » 101

Postfazione » 103

Riferimenti bibliografici » 105

La scheda AeDES versione 05/2000/bis » 107

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