PhD2000 Magliulo

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Comportamento sismico degli

edifici intelaiati in c.a. con


Gennaro Magliulo

irregolarità in pianta

Gennaro Magliulo
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta

Comunità Europea
Fondo Sociale Europeo

Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Strutture


Universita’ degli Studi di Napoli Federico II
Facoltà di Ingegneria

Gennaro Magliulo

Comportamento sismico degli edifici intelaiati


in c.a. con irregolarità in pianta

Tesi di Dottorato
XIII Ciclo

Comunità Europea
Fondo Sociale Europeo

2000

Dottorato di Ricerca in Ingegneria delle Strutture


Ringraziamenti

Desidero innanzitutto ringraziare il Prof. Roberto Ramasco, per tutto ciò che
mi ha fatto capire ed apprendere nell’ambito dell’Ingegneria delle Strutture e la
cui professionalità ed umanità saranno sempre per me di riferimento. Al Prof.
Giovanni Romano sono grato per avermi indotto ad affrontare lo studio e la
ricerca in maniera interdisciplinare e perciò affascinante.
Ritengo che il ciclo di Dottorato di Ricerca, ormai conclusosi, sia stata la
più bella esperienza della mia vita; per questo motivo esprimo la mia profonda
gratitudine al Prof. Giuseppe Faella, il quale mi ha sostenuto nelle fasi iniziali,
e perciò più difficili, della stessa. A proposito di fasi difficili, ringrazio l’ing.
Roberto Realfonzo per i suoi utili consigli relativi alla stesura della tesi. Per la
sua disponibilità al confronto scientifico ringrazio anche il Prof. Mario De
Stefano.
Desidero, inoltre, ringraziare cordialmente l’ing. Paolo Negro, per avermi
fornito i dati relativi ad alcune prove sperimentali, i quali mi hanno permesso
di realizzare un interessante confronto con le analisi numeriche da me
effettuate.
Sono grato ai Proff. Vojko Kilar e Peter Fajfar per aver reso utile ed
interessante il periodo durante il quale ho lavorato presso l’Università di
Lubiana. Voglio menzionare anche il Prof. Helmut Krawinkler dell’Università
di Stanford: ricordo con piacere i momenti di confronto scientifico che
abbiamo avuto durante il periodo che egli ha trascorso a Napoli.
Ringrazio, infine, i miei familiari, la mia ragazza ed i due carissimi amici,
gli ingg. Mario Gaeta e Marco Pulli.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta I

Indice

Capitolo I. Introduzione 1
1.1 Generalità 1
1.2 Obiettivo e contenuti della tesi 4

Capitolo II. Modellazione numerica 7


2.1 Il comportamento sperimentale degli elementi in c.a. 7
2.1.1 Elementi trave 8
2.1.2 Elementi pilastro 12
2.2 Modelli numerici 14
2.2.1 Modelli a fibre 19
2.2.2 Modelli a plasticità concentrata 26
2.2.3 Modelli a plasticità diffusa 27
2.2.4 Legami momento-curvatura 31
2.2.4.1 Le leggi cicliche 32
2.2.5 Modelli che tengono conto dell’interazione momenti
flettenti – sforzo normale 36

Capitolo III. Aspetti normativi 41


3.1 Criteri di regolarità ed irregolarità 41
II Indice

3.1.1 Criteri di regolarità in pianta secondo l’Eurocodice 8 42


3.1.2 Criteri di regolarità in elevazione secondo l’Eurocodice 8 42
3.1.3 Criteri di irregolarità in pianta secondo lo Uniform Building
Code 43
3.1.4 Criteri di irregolarità in elevazione secondo lo Uniform
Buiding Code 44
3.1.5 Criteri di irregolarità secondo la normativa italiana 44
3.2 Analisi strutturale 45
3.2.1 Tipologie di analisi secondo l’Eurocodice 8 45
3.2.2 Tipologie di analisi secondo l’Uniform Building Code 47
3.2.3 Tipologie di analisi secondo la normativa italiana 48
3.3 Forze sismiche di progetto secondo le diverse analisi 49
3.3.1 Analisi modale semplificata secondo l’Eurocodice 8 49
3.3.2 Analisi multimodale secondo l’Eurocodice 8 49
3.3.3 L’analisi statica e l’analisi statica semplificata secondo
l’Uniform Building Code 50
3.3.4 L’analisi dinamica secondo l’Uniform Building Code 52
3.3.5 L’analisi statica secondo la normativa italiana 52
3.3.6 L’analisi dinamica secondo la normativa italiana 53
3.4 Gli effetti torsionali 54
3.4.1 Valutazione degli effetti torsionali secondo l’Eurocodice 8 54
3.4.2 Valutazione degli effetti torsionali secondo l’Uniform
Building Code 56
3.4.3 Valutazione degli effetti torsionali secondo la normativa
italiana 57
3.5 Gli effetti ortogonali 58
3.5.1 Valutazione degli effetti ortogonali secondo la normativa
italiana 58
3.5.2 Valutazione degli effetti ortogonali secondo l’Eurocodice 8 58
3.5.3 Valutazione degli effetti ortogonali secondo l’Uniform
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta III
Building Code ed il NEHRP 60

Capitolo IV. Confronto numerico-sperimentale 63


4.1 Introduzione 63
4.2 Prove sperimentali 64
4.3 Modellazione numerica dell’edificio testato ad Ispra 69
4.3.1 Travi 70
4.3.2 Pilastri 74
4.4 Analisi numeriche 83

Capitolo V. Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale 91


5.1 Introduzione 91
5.2 Prove sperimentali 92
5.3 Stato dell’arte 101
5.3.1 Sistemi doppiamente simmetrici 101
5.3.2 Sistemi eccentrici 104
5.4 Analisi numeriche 109
5.4.1 Confronto in termini di risposta globale dell’edificio 111
5.4.2 Confronto in termini di danneggiamento delle colonne 120

Capitolo VI. Analisi non lineari relative ad edifici irregolari


in pianta 125
6.1 Stato dell’arte 125
6.1.1 Parametri del problema 126
6.1.2 Modello strutturale 128
6.1.3 Valutazione delle prescrizioni sismiche di progetto
relative agli effetti torsionali 129
6.2 Progetto degli edifici esaminati 132
6.2.1 Geometria 132
6.2.2 Calcolo delle azioni di progetto 134
IV Indice

6.2.3 Calcolo delle armature 138


6.3 Analisi non lineari 140
6.3.1 Risultati in termini di comportamento globale 141
6.3.2 Risultati in termini di risposta locale 145
6.4 Caso di edificio con eccentricità di massa 152
6.4.1 Analisi numeriche 154
6.5 Risposta sotto eccitazione unidirezionale 161

Capitolo VII. Conclusioni 169

Bibliografia 173
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 1

Capitolo I
Introduzione

1.1 GENERALITÀ

Negli ultimi anni il mondo scientifico ha mostrato grande interesse per le


strutture che presentano irregolarità in pianta, proprio perché si è osservato
che, sotto l’azione di terremoti violenti, esse sono le più danneggiate. Per
effetto delle accelerazioni sismiche orizzontali, infatti, si destano nelle strutture
degli edifici oscillazioni orizzontali ed oscillazioni torsionali (si intende
rotazioni degli impalcati nel proprio piano). Queste ultime producono aggravi
delle condizioni di lavoro delle membrature (telai) di perimetro della
costruzione, lì dove i modi torsionali danno luogo agli effetti maggiori.
In campo elastico tale problema è facilmente analizzabile e si potrebbe
pertanto tenerne conto con apposite indicazioni di normativa. In realtà il
problema è reso più complesso dalla circostanza certamente nota che in
occasione di un terremoto violento le strutture escono dal campo elastico.
I codici sismici più moderni affrontano tale problema fornendo apposite
prescrizioni in merito al progetto di edifici irregolari in pianta; va tuttavia
osservato che tali prescrizioni si presentano diverse fra loro sicché appare di
notevole interesse cercare di comprendere quale di esse sia più efficace.
Purtroppo le conclusioni cui sono giunti i numerosi studi svolti negli ultimi
anni relativamente alla valutazione della risposta dinamica di sistemi
2 Capitolo I – Introduzione

asimmetrici in pianta progettati secondo codici differenti, spesso non sono


applicabili ai casi reali.
Infatti, i primi lavori analizzavano la risposta di sistemi elastici, mentre,
come si è detto, gli edifici reali sotto l’azione di terremoti violenti sono
decisamente sollecitati in campo plastico.
Inoltre esiste la complessa questione della modellazione numerica, sia per
quanto concerne il sistema strutturale che in relazione ai singoli elementi. I
primi studi di tipo non lineare sono stati condotti, infatti, su sistemi strutturali
aventi elementi resistenti orientati secondo una sola direzione, assunta
coincidente con la direzione dell’azione sismica. E’ ovvio che il
comportamento dinamico non lineare di tali sistemi non è attendibile, dal
momento che nella realtà esso è fortemente condizionato dalla presenza degli
elementi trasversali e dalla componente sismica agente nella loro direzione.
Recentemente sono stati studiati sistemi idealizzati in maniera più realistica,
dal momento che presentano elementi resistenti in entrambe le direzioni ed, in
alcuni casi, sono sollecitati mediante entrambe le componenti orizzontali del
terremoto. Tuttavia questi comunque sono abbastanza lontani dalla realtà;
infatti, essi sono monopiano ed agli elementi strutturali è generalmente
assegnato un comportamento elastico perfettamente plastico con
comportamento isteretico non degradante. Inoltre gli elementi resistenti in
entrambe le direzioni ortogonali generalmente non tengono conto
dell’interazione sul dominio limite della sezione tra i momenti flettenti e lo
sforzo normale, ma agiscono nelle due direzioni indipendentemente.
E’ ovvio che la semplicità di tali modelli è giustificata dalla volontà di
eseguire analisi parametriche, in cui le variabili principali sono il criterio di
progetto, il periodo di vibrazione traslazionale disaccoppiato, cioè del sistema
simmetrico equivalente, l’eccentricità di massa e di rigidezza, la rigidezza
torsionale e la distribuzione delle resistenze in pianta. Ciò comporta, però, che
siano trascurate alcune caratteristiche delle strutture reali che condizionano
decisamente la loro risposta sismica. Tra queste sicuramente il comportamento
del materiale, che, come nel caso di sezioni in cemento armato, può essere
decisamente differente da quello elastico perfettamente plastico e che, con
l’aumentare dei cicli di carico, può presentare degrado di rigidezza e di
resistenza. Inoltre, la risposta sismica di un edificio multipiano non è ben
rappresentabile mediante lo studio di un sistema monopiano.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 3
Ciò ha spinto la ricerca verso lo studio e l’implementazione di modelli più
complessi con l’obiettivo di realizzare un sistema strutturale come
assemblaggio di tanti subelementi. L’attenzione, pertanto, è stata dapprima
rivolta alla definizione di un modello in grado di riprodurre il comportamento
del singolo elemento strutturale: la trave, il pilastro, il pannello nodale, etc..
L’importanza di studi effettuati sull’elementare sistema ad un grado di
libertà è nuovamente emersa. Infatti, i primi modelli di asta prendono le mosse
dalla definizione di un modello ciclico ad un grado di libertà in grado di
rappresentare il comportamento isteretico di molle alla rotazione concentrate
all’estremità dell’elemento (modelli a plasticità concentrata). Anche i
successivi sviluppi, rappresentati dai cosiddetti macromodelli a plasticità
diffusa, pur introducendo in modo semplificato la distribuzione della
plasticizzazione all’interno dell’elemento, erano strettamente connessi al
modello costitutivo ciclico.
Solo l’adozione di modelli del tipo a fibre ha consentito, successivamente,
di superare le limitazioni connesse all’utilizzazione di un macromodello. Con
essi, infatti, la modellazione è finalmente scesa nel dettaglio, consentendo di
riprodurre l’effettiva geometria delle sezioni e di rappresentare il
comportamento dell’elemento a partire dai legami costitutivi dei materiali.
Tuttavia l’adozione di modelli a fibre, in ogni caso non ancora completamente
affidabili, comporta forti oneri computazionali qualora si vogliano studiare
intere strutture e pertanto i programmi di calcolo tutt’oggi utilizzati per lo
studio del comportamento dinamico non lineare delle strutture si fondano per
lo più su macromodelli del tipo a plasticità diffusa o concentrata.
Al fine di garantire l’affidabilità di tutti i modelli numerici è necessario un
attento confronto numerico-sperimentale; è per questo motivo che assumono
grande importanza le prove di laboratorio realizzate su provini in cemento
armato sollecitati a flessione e pressoflessione retta e, negli ultimi anni, anche a
flessione e pressoflessione deviata. Infatti ai macromodelli a plasticità diffusa e
concentrata va assegnato un legame isteretico agli estremi la cui curva di
inviluppo monotono, cioè quelle che verrebbe descritta se il carico fosse
monotono, e le leggi che regolano il degrado di rigidezza e resistenza nei cicli
sono determinate sulla base di tali prove sperimentali. Di ancora più difficile
determinazione e, quindi, che richiedono una sperimentazione ancora più
accurata sono i legami tensione-deformazione da assegnare ai modelli a fibre,
dal momento che con questi si tenta di rappresentare anche fenomeni più
4 Capitolo I – Introduzione

complessi, quali per esempio lo scorrimento delle barre a causa della perdita di
aderenza col calcestruzzo.
Molto recenti ed altrettanto importanti sono i tests eseguiti su interi edifici
in scala reale o ridotta; infatti esistono alcuni fenomeni che nascono
unicamente in virtù dell’interazione fra i vari elementi del sistema strutturale e
che altrimenti non possono essere colti.

1.2 OBIETTIVO E CONTENUTI DELLA TESI

Lo studio oggetto di questa tesi riguarda la progettazione e l’analisi sotto


sisma di edifici multipiano intelaiati in cemento armato, con particolare
attenzione nei riguardi di quelli che presentano eccentricità del centro delle
rigidezze rispetto al baricentro.
Al fine di ottenere risultati numerici attendibili, particolare attenzione è stata
rivolta al confronto numerico-sperimentale. E’ in quest’ottica che capitolo II
sono affrontati gli aspetti relativi alle prove effettuate in laboratorio su
elementi in cemento armato, sottolineando le caratteristiche del comportamento
ciclico emerse dalla sperimentazione.
Nello stesso capitolo è trattato il problema della modellazione numerica
dando ampio risalto alla tecnica per la quale la struttura è riconducibile ad un
assemblaggio di macromodelli. Questi, che riproducono il comportamento del
singolo elemento strutturale, si differenziano fondamentalmente per la tecnica
con cui viene definita la matrice di rigidezza tangente. Alcuni macromodelli
sono descritti approfonditamente, soffermandosi sulle differenze che
intercorrono tra quelli del tipo “a fibre” e quelli semplificati. Inoltre, ampio
risalto viene dato ai macromodelli ciclici che rappresentano l’elemento chiave
nella definizione del comportamento di macromodelli semplificati a plasticità
diffusa ovvero concentrata.
Nel capitolo III sono riportate e commentate le prescrizioni di alcune
normative, in particolare quella italiana, l’Eurocodice 8 e l’Uniform Building
Code, in merito alle problematiche strettamente concernenti l’oggetto della
tesi, quali i criteri di regolarità ed irregolarità, l’analisi strutturale e le relative
forze sismiche di progetto, la valutazione degli effetti torsionali e la
valutazione degli effetti ortogonali.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 5
Nel capitolo IV è descritto e tarato il modello numerico utilizzato per tutte
le analisi effettuate per tale lavoro di tesi. Il programma di calcolo adottato è il
CANNY-E, recentemente sviluppato presso l’Università di Singapore.
Per le travi è stato utilizzato un modello che presenta un elemento lineare a
comportamento sia flettente che tagliante di tipo elastico e due elementi agli
estremi a comportamento flessionale uniassiale non lineare. Il legame
momento-rotazione assegnato a questi ultimi è caratterizzato da una curva
monotona trilineare, presenta degrado di rigidezza allo scarico e tiene conto del
fenomeno del “pinching”. Per quanto concerne le colonne queste presentano un
elemento centrale a comportamento flessionale, tagliante ed assiale elastico e
due elementi multi-molle agli estremi a comportamento assiale e flessionale
non lineare; questi ultimi tengono conto dell’interazione sul dominio limite
della sezione fra le sollecitazioni flettenti e lo sforzo normale. Il legame
assegnato a ciascuna molla corrisponde a quello di una fibra di calcestruzzo o
di una barra di acciaio.
Al fine di tarare alcuni parametri assunti nel modello numerico,
difficilmente determinabili sulla base di valutazioni teoriche o sulla scorta di
dati noti ed al fine di verificare l’effettiva affidabilità del programma di calcolo
utilizzato, sono riportati i risultati di un confronto numerico-sperimentale. Le
prove sperimentali sono di tipo pseudodinamico, realizzate presso l’ELSA del
Joint Research Centre ad Ispra su di un edificio di quattro piani, in scala reale,
in cemento armato, privo di tamponature, con tre telai per ciascun lato,
progettato secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 2 e dell’Eurocodice 8. Il
confronto, per il quale è stata utilizzata un’eccitazione sismica generata
artificialmente ed amplificata in modo da danneggiare decisamente l’edificio, è
stato realizzato in termini di storie temporali di spostamenti e tagli di piano e
spostamenti di interpiano.
Nel capitolo V viene affrontato in maniera dettagliata uno dei problemi più
dibattuti nell’ambito dello studio degli edifici asimmetrici in pianta, cioè quello
del confronto della risposta sismica delle strutture sotto eccitazione
unidirezionale con quella ottenuta considerando agenti entrambe le componenti
orizzontali dell’azione sismica. Sono riportate diverse prove sperimentali ed i
risultati dei lavori più significativi relativi a questo tema. Inoltre sono mostrati
i risultati di un ampio numero di analisi effettuate sull’edificio descritto nel
capitolo precedente. La risposta sismica dello stesso considerando agente la
sola componente principale di ciascuno dei cinque terremoti reali utilizzati
nella direzione in cui esso si presenta asimmetrico è confrontata con la risposta
6 Capitolo I – Introduzione

ottenuta facendo agire entrambe le componenti orizzontali dello stesso


terremoto. Questo confronto è realizzato sia in termini di risposta sismica
globale dell’edificio che a livello delle sezioni trasversali delle colonne. Tutti i
risultati di tipo “direzionale”, quali il taglio alla base, gli spostamenti del piano
più alto e dei telai e gli spostamenti di interpiano, sono valutati sia nella
direzione di azione della componente principale che calcolandone i loro
massimi valori vettoriali.
Nel capitolo VI, sulla base degli studi riportati nei capitoli precedenti, si
affronta il tema centrale della tesi; si tenta, infatti, di valutare la bontà di alcune
prescrizioni di normativa in merito al progetto di edifici irregolari in pianta.
A tale fine è studiato il comportamento di un edificio in cemento armato
sottoposto all’azione di terremoti violenti e progettato attraverso diverse
metodologie. L’edificio risulta a pianta rettangolare di 8x10 m, con eccentricità
di rigidezze sul lato lungo, ha quattro piani e tre telai in ciascuna delle
direzioni principali; l’altezza di interpiano è di tre metri.
Il progetto di tale struttura è stato eseguito mediante tre prescrizioni
differenti, ma uguagliando, per ciascuna direzione, il taglio alla base di
progetto. Sono stati, così, generati tre edifici di uguale geometria e resistenza
totale, per i quali, però, quest’ultima è suddivisa in maniera diversa fra i telai.
Il primo è stato progettato con l’analisi modale, procedimento di calcolo
ammesso da tutte le normative sismiche ed applicabile senza limitazioni,
qualunque sia la geometria della struttura; il secondo attraverso l’analisi statica
equivalente dell’Eurocodice 8 ed il terzo, infine, mediante l’analisi statica
equivalente come prescritta dall’Uniform Building Code.
Il comportamento lungo la direzione irregolare dei tre edifici progettati è
stato studiato sottoponendoli alle azioni di cinque terremoti reali violenti. La
risposta di tali edifici è stata valutata sia da un punto di vista globale che a
livello locale e confrontando i risultati ottenuti considerando agenti entrambe le
componenti del terremoto con quelli determinati dall’azione della sola
componente principale.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 7

Capitolo II
Modellazione numerica

2.1 IL COMPORTAMENTO SPERIMENTALE DEGLI ELEMENTI IN C.A.

Uno degli aspetti più importanti nell’ambito degli studi sul comportamento
non lineare sotto sisma di edifici in cemento armato è senz’altro quello della
modellazione delle strutture. L’implementazione di modelli analitici in codici
di calcolo semplici ma affidabili, consente, infatti, di condurre indagini
parametriche particolarmente interessanti, che risultano fondamentali per una
più chiara comprensione della risposta nonché per saggiare la bontà delle scelte
progettuali effettuate. L’interesse per problemi di modellazione d’altronde è
sempre stato molto vivo ed è andato via via rinvigorendosi con il
contemporaneo sviluppo degli strumenti di calcolo.
Tuttavia, perché un modello abbia validità scientifica bisogna che sia ben
chiaro il fenomeno fisico da modellare. L’aspetto sperimentale, pertanto, ha
avuto una posizione prioritaria nello sviluppo della materia e l’attenzione di
quanti hanno profuso i loro sforzi nel tentativo di riprodurre analiticamente la
realtà fisica del problema non poteva non essere rivolta ai risultati delle
numerosissime campagne sperimentali condotte negli ultimi anni.
Prima di affrontare, pertanto, l’aspetto modellazione è giusto riassumere,
seppur brevemente, gli aspetti salienti del comportamento ciclico delle strutture
in cemento armato messi in luce dall’opera degli sperimentatori.
8 Capitolo II – Modellazione numerica

La filosofia progettuale sposata da tutti i codici più moderni, nota come


“capacity design”, conduce alla realizzazione di edifici tipo colonne forti-travi
deboli, in cui il comportamento non lineare è governato dalla flessione e non
dal taglio e le dissipazioni energetiche sono affidate prevalentemente al
comportamento ciclico a flessione delle travi. Si può riassumere, pertanto, che
lo stato di sollecitazione dominante è dato dalla flessione monoassiale nelle
travi, dove si può considerare praticamente nullo lo sforzo assiale, mentre i
pilastri sono soggetti, generalmente, ad una sollecitazione flessionale di tipo
deviato accompagnata da livelli non trascurabili dello sforzo normale.
Per tale motivo le sperimentazioni condotte hanno riguardato elementi in
calcestruzzo armato sollecitati a flessione semplice oppure a pressoflessione
con sforzo assiale costante ovvero variabile. La valutazione sperimentale non
ha trascurato per altro il caso della pressoflessione deviata.
Va detto che, tuttavia, la mancanza di procedure standardizzate non rende
sempre possibile confrontare i risultati sperimentali conseguiti e, pertanto, di
realizzare una banca dati costituita da prove cicliche tutte omogenee tra di loro.
Inoltre, studi recenti hanno messo in luce l’importanza di una caratterizzazione
adeguata dell’input sismico: una corretta determinazione statistica dei cicli
plastici relativi ad eventi sismici reali consentirebbe di sottoporre a prova
elementi in cemento armato con storie di carico significative di condizioni
effettive, potendo, in tal modo, ottenere informazioni interessanti relative al
comportamento in corrispondenza del sisma atteso.

2.1.1 Elementi trave


In figura 2.1 è riportato il diagramma forza-spostamento di una trave armata
simmetricamente e sollecitata a flessione retta ciclica [Ma et al. 1976].
Si osserva che, come del resto generalmente avviene, il degrado di resistenza
connesso all’azione dei carichi ciclici è basso, per cui la curva ottenuta per
inviluppo dei cicli di isteresi approssima la curva di carico ottenibile da prove
monotone. Procedendo a descrivere quest’ultima, si può dire che essa mostra,
con il manifestarsi delle prime fessurazioni, una perdita di rigidezza rispetto
all’andamento iniziale elastico lineare. Il comportamento non lineare post-
fessurativo è condizionato dal diffondersi della fessurazione, dal fenomeno del
“tension stiffening”, cioè dall’aumento di rigidezza delle barre di armatura
dovuto al calcestruzzo resistente a trazione presente tra due fessure, dalla
perdita di aderenza tra il calcestruzzo e le barre, che determina lo scorrimento
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 9
delle stesse, e dal comportamento non lineare del calcestruzzo compresso.
Generalmente, all’aumentare del carico, si ha lo snervamento dell’acciaio e/o
l’espulsione del copriferro, fenomeni che determinano un ulteriore decremento
della rigidezza; questo è seguito da una ripresa legata all’incrudimento
dell’acciaio, all’incremento del braccio delle forze interne, dovuto ad una
traslazione verso il lembo compresso dell’asse neutro ed all’attivazione
dell’effetto di confinamento dovuto all’armatura trasversale, se questa è
presente.

Figura 2.1. Trave armata simmetricamente sollecitata a flessione retta ciclica.

Per quanto concerne i cicli di isteresi, si osserva che, in fase di scarico,


inizialmente la rigidezza è prossima a quella del tratto elastico lineare,
dopodiché al decrescere della forza essa decresce risentendo del degrado del
calcestruzzo determinatosi nella fase di carico precedente; all’annullarsi della
forza esterna, permane uno spostamento residuo dovuto principalmente
all’aliquota di deformazione plastica delle barre di armatura ed a scorrimenti
residui tra le barre stesse ed il calcestruzzo circostante, fenomeno che
determina pure il permanere in tale fase di fessure aperte.
10 Capitolo II – Modellazione numerica

Sono proprio tali fessure che determinano, in corrispondenza dell’inversione


dell’azione esterna, una rigidezza molto bassa. Infatti in tale fase si
manifestano ulteriori lesioni in corrispondenza delle nuove fibre tese con
conseguente drastica riduzione dell’aliquota di calcestruzzo resistente; la
sollecitazione flettente, pertanto, viene affidata alle sole barre d’acciaio. La
successiva chiusura delle fessure e la conseguente attivazione del calcestruzzo
in compressione determinano un deciso incremento di rigidezza. Questi
fenomeni caratterizzano il noto effetto “pinching”, il cui nome deriva dalla
forma “pizzicata” che il diagramma assume in corrispondenza dell’asse dei
valori nulli dell’azione esterna.
Dopo tale fase si osserva un decremento di rigidezza legato allo
snervamento dell’armatura in trazione ed in compressione, il quale avviene
prima se confrontato con la curva di carico iniziale a causa del noto effetto
Baushinger. Del tutto simili, invece, a quelli che condizionano tale curva, sono
gli effetti determinati dalla successiva espulsione del copriferro e
dall’incrudimento dell’acciaio.
I cicli successivi sono caratterizzati da andamenti simili a quelli descritti,
con curve di ricarico generalmente dirette verso il punto di massimo
spostamento raggiunto al ciclo precedente, quindi caratterizzate da degrado di
rigidezza, e con successivo andamento che segue la curva di carico monotono.
In verità rispetto a tale curva si può manifestare un maggior degrado di
resistenza dovuto, innanzitutto, al degrado del calcestruzzo determinato
dall’alternanza di aperture e chiusure delle fessure; tale degrado impedisce la
chiusura completa delle fessure stesse e riduce drasticamente la resistenza a
taglio dovuta all’asperità delle superfici del calcestruzzo (“aggregate
interlock”) nel caso di fessure che interessano l’intera altezza della sezione. A
questi fenomeni bisogna aggiungere lo scorrimento delle barre d’armatura, che
incrementa l’ampiezza delle fessure e riduce gli effetti del “tension stiffening”,
e la perdita di aderenza e l’espulsione del copriferro, determinati
dall’incremento di stato tensionale nel calcestruzzo indotto dalle armature
longitudinali che trasferiscono il taglio in sezioni fessurate lungo l’intera
altezza (“dowel action”). Ovviamente, l’incremento di armatura trasversale,
migliorando il comportamento ciclico a taglio della sezione ed il confinamento
del calcestruzzo, determina un abbattimento del degrado di resistenza. Al
contrario, un incremento di degrado sia di resistenza che di rigidezza si
manifesta all’aumentare della quantità di armatura longitudinale, dal momento
che il danneggiamento si concentra nel calcestruzzo, causa di tale degrado.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 11
Il collasso di un elemento inflesso è generalmente graduale, in virtù del
progressivo deterioramento del materiale in zona compressa; esso comincia
con l’espulsione del copriferro e prosegue con l’instabilizzarsi delle barre di
armatura e con la distruzione del calcestruzzo confinato. Ovviamente tale
fenomeno è condizionato da alcuni parametri, quali, per esempio, la
percentuale di armatura longitudinale e l’entità del confinamento del
calcestruzzo. Nel caso in cui le sollecitazioni taglianti non siano trascurabili
rispetto a quelle flessionali, il collegarsi di fessure presenti sui due lati opposti
della sezione può determinare il collasso dovuto allo scorrimento lungo tale
piano trasversale. In caso di elementi debolmente armati, la crisi può avvenire
nell’armatura tesa. In un diagramma momento rotazione o forza abbassamento
il collasso si manifesta con un cambiamento dell’andamento della risposta;
secondo alcuni autori [French & Schulz 1991, Saatcioglou 1991]
convenzionalmente si può assumere che si è raggiunto il collasso quando si
osserva un decremento di resistenza pari ad almeno il 20% rispetto alla
massima resistenza ottenuta nel corso della prova.

Figura 2.2. Trave armata asimmetricamente sollecitata a flessione retta ciclica.

Infine è importante osservare che gli elementi in cemento armato inflessi


possono presentare sezioni non simmetriche o, più spesso, pur se rettangolari,
tali sezioni sono armate in maniera asimmetrica. A ciò si aggiunga l’effetto
12 Capitolo II – Modellazione numerica

dell’incremento della zona della soletta in cui l’armatura si snerva al crescere


della rotazione della trave, fenomeno che determina un incremento della
rigidezza della trave stessa, soprattutto in fase post snervamento, quando le
fibre tese sono quelle superiori. Tali asimmetrie rendono asimmetrico anche il
diagramma forza-spostamento [fig. 2.2] o momento–rotazione e non solo
determinando una diminuzione di rigidezza e resistenza relativa al lato
“debole”, cioè quello con minore armatura in trazione. Infatti in tali circostanze
può accadere che la curva di ricarico non assume proprio la nota forma
“pizzicata”, dal momento che la tensione di snervamento delle barre in trazione
non è sufficiente a snervare le barre in compressione e quindi a richiudere le
fessure determinatesi precedentemente.
Per quanto concerne il comportamento globale dell’elemento, bisogna
osservare che l’accumulo graduale di deformazione plastica nelle barre di
armatura in trazione ad entrambi i lati della sezione trasversale determina un
allungamento graduale dell’elemento stesso; nelle travi tale allungamento è
contrastato dai pilastri che applicano su di esse uno sforzo normale, il quale
modifica, per esempio incrementando la rigidezza e la resistenza, il
comportamento flessionale della trave. E’, inoltre, da non trascurare la
rotazione rigida che si ha in corrispondenza delle sezioni di incastro, dovuta sia
allo scorrimento delle barre rispetto al conglomerato in corrispondenza della
fine del tratto dritto di lunghezza di ancoraggio sia all’allungamento delle barre
tra tale sezione e quella di momento massimo. Tale rotazione può incrementare
in maniera significativa gli spostamenti della trave e l’effetto “pinching” dei
cicli di isteresi. E’ ovvio che questo fenomeno è fortemente legato alle
caratteristiche del nodo.

2.1.2 Elementi pilastro


Quando oltre alla flessione retta ciclica sull’elemento in cemento armato è
anche applicato uno sforzo normale costante, al crescere dell’azione di
compressione l’effetto “pinching” tende a scomparire; infatti tale azione tende
a chiudere le fessure presenti al momento dell’inversione del carico
accelerando lo snervamento delle barre in compressione. Inoltre, il degrado
della resistenza all’aumentare del numero di cicli cresce considerevolmente;
tale effetto, però, si manifesta solo in minima parte nel caso in cui il
calcestruzzo sia ben confinato mediante armatura trasversale. E’, infine,
interessante osservare che, al crescere dello sforzo normale, l’allungamento
residuo caratteristico di elementi sollecitati a flessione ciclica diminuisce fino a
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 13
diventare accorciamento residuo [fig. 2.3]; tale fenomeno è legato
all’espulsione ed al graduale deterioramento del calcestruzzo compresso.

Figura 2.3. Storia temporale degli spostamenti assiali del provino


[Bousias et el 1992].

Nei telai sollecitati mediante azioni sismiche, però, lo sforzo normale


determinato da tali azioni nelle colonne, più alto in quelle laterali ed ai piani
bassi, varia proporzionalmente al momento che nasce alle estremità delle stesse
colonne, almeno fino a quando alle estremità delle travi ad esse collegate non
si formi una cerniera plastica. Il diagramma forza-spostamento risente di tali
variazioni contemporanee di sforzo normale e momento flettente; infatti la
curva monotona mostra un più rapido degrado di rigidezza quando lo sforzo
normale diminuisce, mentre quando questo aumenta insieme al momento
flettente non solo tale degrado diminuisce, ma si può al limite produrre un
incremento di rigidezza. In prove di laboratorio in cui l’azione di compressione
è stata fatta variare intorno ad un valore costante proporzionalmente al
momento flettente, per incrementi di tale azione sono stati osservati decrementi
di spostamento, pur aumentando la forza trasversale [Kreger & Linbeck 1984].
Va detto, infine, che il raggiungimento dello snervamento in una sezione
pressoinflessa in cui lo sforzo normale aumenta al crescere del momento
flettente o dello spostamento, è seguito da un significativo decremento di
resistenza nei cicli successivi a parità di massimo spostamento attinto.
La sollecitazione che generalmente interessa i pilastri di edifici in cemento
armato soggetti a sisma è quella di pressoflessione deviata ciclica. Questo
14 Capitolo II – Modellazione numerica

problema sarà trattato con particolare attenzione nel Capitolo V di questa tesi,
all’interno del più generale discorso del confronto tra la risposta di un edificio
intelaiato in cemento armato soggetto ad eccitazione unidirezionale e
bidirezionale.
In generale il tenere conto di questo tipo di sollecitazione è molto
importante perché l’effettiva risposta dei pilastri soggetti ad azioni sismiche è
di tipo decisamente tridimensionale, ma soprattutto perché la presenza
dell’azione flettente in entrambe le direzioni tende a ridurre la capacità
resistente dei pilastri, incrementando l’abbattimento di rigidezza e resistenza
con i cicli. Contemporaneamente si deve osservare che, al contrario, la
sollecitazione predominante negli elementi trave è quella di flessione retta. Per
cui tale riduzione di capacità resistente nei pilastri, che non avviene nelle travi,
ha effetti opposti rispetto a quelli desiderati dagli attuali codici di calcolo, le
cui prescrizioni tendono a concentrare il danno nelle travi piuttosto che nelle
colonne. Infine va notato che, rispetto alla conoscenza del comportamento di
elementi in cemento armato sollecitati a flessione e pressoflessione retta, quella
relativa ad elementi sollecitati a pressoflessione deviata ciclica è sicuramente
inferiore. Ciò è dovuto sia al più recente interessamento da parte del mondo
scientifico nei riguardi di questo tipo di sollecitazione, e quindi al minor
numero di prove sperimentali effettuate, sia alle maggiori variabili che entrano
in gioco e che complicano le prove sperimentali stesse.

2.1 MODELLI NUMERICI

In maniera semplificata si può dire che il comportamento globale in regime


non lineare di un edificio intelaiato è dipendente dal comportamento delle travi
soggette a flessione e taglio e da quello delle colonne soggette a
pressoflessione e taglio. L’effetto della forza assiale induce legami costitutivi
momento-curvatura dissimmetrici e la sua interazione col momento flettente
può assumere una certa importanza se gli sforzi normali presentano forti
variazioni al mutare del verso dell’azione orizzontale. Quindi la risposta
globale dell’edificio dipende strettamente dalle caratteristiche dei suoi
elementi: rigidezza, resistenza e duttilità e dalla loro distribuzione geometrica.
Inoltre, generalmente, negli edifici in cemento armato, l’effetto instabilizzante
della forza di gravità è ignorato. Ciò è conseguenza dell’assunzione
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 15
semplificativa secondo la quale la geometria degli elementi strutturali rimane
sostanzialmente invariata durante il processo di carico e, quindi, l’ipotesi di
piccoli spostamenti può essere utilizzata nel determinare le equazioni che
governano il problema. All’aumentare delle deformazioni plastiche, tuttavia,
l’influenza delle non linearità geometriche cresce gradualmente e può
determinare una sensibile riduzione della capacità di resistenza globale,
riduzione comunemente nota come effetto P-∆.
Le equazioni differenziali che governano il moto del sistema soggetto a
forze dinamiche in campo non lineare possono scriversi nella forma:

{Fe } = {P(t )} − [A]{u(t )} − [B]{u (t )} = {Fi } = {Fs (u (t ))} (2.1)

essendo:
[A] la matrice delle masse,
[B] quella degli smorzamenti,
{P(t )} i carichi dinamici esterni,
{FS (u (t ))} le forze interne che sono funzione degli spostamenti nodali
incogniti {u (t )}.
Tuttavia, l’analisi strutturale è generalmente effettuata seguendo un
approccio incrementale, per cui la (2.1) può scriversi nella forma:

[A]{∆u(t )} + [B]{∆u (t )} + [C ]{∆u (t )} = {∆P(t )} (2.2)

dove:

⎛ ∂{Fs } ⎞
⎜⎜ ⎟⎟ = [C ] (2.3)
⎝ ∂{u} ⎠ t

è la matrice di rigidezza tangente della struttura assemblata. Infine, la (2.2)


può essere espressa nella forma:

[C ]{∆u} = {R }
* *
(2.4)
16 Capitolo II – Modellazione numerica

dove:
[C ]
*
rappresenta la matrice di rigidezza effettiva ed è funzione della
matrice tangente [C ] nonché di quella delle masse [A] e degli smorzamenti
[B],
{∆u} è il vettore delle incognite,
{R } è il vettore dei carichi equivalenti.
*

Affinché sia possibile risolvere il sistema di equazioni non lineari è


necessario definire la matrice di rigidezza tangente [C ] in ogni istante,
assumendo costanti le matrici [A] e [B ]. I modelli di asta proposti in letteratura
differiscono sostanzialmente per la tecnica con cui è ottenuta la matrice di
rigidezza tangente dell’elemento dalla quale, assemblando, si ottiene la matrice
[C ] finale.
Le tecniche di modellazione usualmente adoperate per analisi numeriche di
strutture a più gradi di libertà differiscono tra loro per il livello di
discretizzazione utilizzato. Si possono pertanto riconoscere tre diverse
metodologie:
1) micromodellazione a livello dei materiali;
2) macromodellazione a livello dell’elemento strutturale;
3) macromodellazione a livello dell’intera struttura.
Qualora si intenda effettuare una micromodellazione, la struttura è
discretizzata in un grande numero di elementi finiti alcuni dei quali, nel caso di
strutture in cemento armato, rappresentanti il calcestruzzo, altri l’acciaio; è
possibile, inoltre, introdurre l’effettivo legame di aderenza tra i due materiali.
A fronte dei vantaggi evidenti, quali la possibilità di considerare nel dettaglio
la geometria della struttura nonché di seguirne l’evoluzione puntuale dello
stato deformativo e tensionale, le tecniche di micromodellazione hanno
mostrato chiari limiti di applicabilità a problemi di analisi dinamica non lineare
di intere strutture a causa del forte onere computazionale e delle eccessive
richieste di memoria. Le esperienze fino ad oggi condotte con modelli siffatti
hanno pertanto interessato problemi semplici ovvero analisi effettuate su
singoli elementi o su subassemblaggi (ad esempio i nodi travi-colonna), mentre
gli esempi di valutazione della risposta di intere strutture concernono al più
analisi di tipo statico. I rari esempi di valutazioni della risposta dinamica
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 17
condotti su strutture in cemento armato di piccole dimensioni non hanno
chiarito i dubbi circa l’effettiva superiorità della micromodellazione nei
confronti di macromodelli meno sofisticati. Tuttavia il rapido progresso degli
elaboratori elettronici ed il contemporaneo sviluppo di legami costitutivi mono
e pluriassiali sempre più affidabili e semplicemente codificabili, dovrebbe

garantire il successo futuro della micromodellazione.

Figura. 2.4. Esempi di macromodellazione globale.

Nella macromodellazione a livello dell’elemento strutturale sussiste, invece,


una corrispondenza biunivoca tra elementi del modello ed elementi della
struttura. Il telaio pertanto è descritto come assemblaggio di elementi
interconnessi, utilizzando elementi trave, elementi pilastro, modelli di nodo e
così via, accettando un’approssimazione di ordine maggiore che, tuttavia,
consente una buona rappresentazione di tutte le caratteristiche basilari del
comportamento strutturale. Inoltre la modellazione di una struttura a partire dai
modelli dei singoli elementi che la compongono, consente di descrivere
l’evoluzione del danneggiamento conseguito elemento per elemento mentre
l’onere elaborativo risulta sempre piuttosto ragionevole. Molti sono i modelli
18 Capitolo II – Modellazione numerica

di asta presenti in letteratura, alcuni dei quali caratterizzati da una non linearità
distribuita lungo l’intera lunghezza dell’elemento, altri a plasticità concentrata.
Il comportamento non lineare degli elementi è generalmente retto da un legame
costitutivo di tipo ciclico e la matrice di rigidezza della struttura è ottenuta
assemblando le matrici di rigidezza dei singoli elementi.
Il terzo livello di discretizzazione è fornito dalla tecnica di
macromodellazione globale. L’intera struttura, cioè, è riprodotta adoperando
un unico modello a pochi gradi di libertà (al limite con un oscillatore
semplice), ovvero come assemblaggio di macromodelli che rappresentano parti
del complesso strutturale. La figura 2.4 fornisce un’idea delle possibili
schematizzazioni adottabili nei casi riportati. E’ evidente che i macromodelli
globali non consentono di valutare in dettaglio lo stato deformativo
elastoplastico di un particolare punto, ma permettono di avere informazioni
significative sul comportamento globale della struttura. Perciò essi si adattano
meglio ad una utilizzazione quali strumenti di ricerca per l’analisi della
risposta anelastica globale di strutture generiche, aventi una geometria
regolare, rappresentative di una più ampia categoria o per la conduzione di
analisi di sensibilità riguardanti l’importanza dei vari parametri di progetto.
Infatti il ridotto numero dei gradi di libertà che tali modelli possono presentare
consente a volte di definire direttamente un legame fra l’entità delle azioni
sismiche orizzontali ed un parametro di spostamento orizzontale, ovvero in
altri termini di stimare direttamente la duttilità traslazionale delle strutture.

Figura 2.5. Possibili meccanismi di collasso.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 19
Kilar e Fajfar [Kilar & Fajfar 1996] definiscono un modello di edificio
come assemblaggio di macromodelli bidimensionali (sottostrutture) quali telai,
pareti, pareti accoppiate e pareti su colonne che possono essere orientati
arbitrariamente nel piano. Ciascun macroelemento è considerato agente solo
nel proprio piano e collegato ad altri macroelementi in corrispondenza di
ciascun livello di piano da diaframmi ipotizzati infinitamente rigidi nel proprio
piano e privi di rigidezza fuori da esso. Il modello ha tre gradi di libertà per
ogni impalcato (due traslazioni orizzontali ed una rotazione intorno all’asse
verticale). Tale modello peraltro, prima dell’ingresso di programmi di calcolo
più evoluti che considerano la struttura nella sua reale tridimensionalità, è stato
frequentemente utilizzato per lo studio degli edifici. Interessanti osservazioni
sono scaturite studiando i telai piani nell’ipotesi di comportamento rigido
plastico degli elementi. La figura 2.5, ad esempio, riporta alcuni possibili
meccanismi di collasso cui è facilmente associabile, sotto determinate ipotesi
semplificative, un moltiplicatore dell’azione sismica di progetto.
Nei prossimi paragrafi si illustrerà più diffusamente la macromodellazione a
livello dell’elemento strutturale, sia perché è la tipologia attualmente più
utilizzata per analisi numeriche relative ad edifici intelaiati in cemento armato
sia perché è stata adottata anche per le analisi presentate in questa tesi.

2.2.1 Modelli a fibre


Tra quelli che verranno presentati, i modelli a fibre appaiono decisamente i
più promettenti sia perché con essi può essere descritto il comportamento di
elementi generalmente soggetti a pressoflessione deviata sia perché la
discretizzazione a livello della sezione permette di assegnare le proprietà
meccaniche ed isteretiche ai singoli materiali acciaio e calcestruzzo; inoltre si
può tenere conto in maniera precisa della geometria della sezione. Questo tipo
di modellazione si avvicina a quella a livello dell’elemento strutturale perché
assume un modello di membratura come suo blocco di costruzione. Tuttavia,
durante l’analisi al passo, viene seguita la risposta dettagliata tensioni-
deformazioni in un gran numero di punti e su diverse sezioni trasversali della
membratura. Quindi un modello a fibre può considerarsi come un’applicazione
del metodo agli elementi finiti ad un continuo monodimensionale di
membrature prismatiche, che utilizza l’ipotesi di Bernoulli di planeità delle
sezioni rette come vincolo cinematico, al fine di esprimere i gradi di libertà di
tutti i punti di una sezione trasversale in funzione delle tre componenti di
20 Capitolo II – Modellazione numerica

deformazione della sezione. Altra somiglianza con la micromodellazione a


livello dei materiali è il forte onere computazionale richiesto.
L’elemento [fig. 2.6] è discretizzato sia longitudinalmente, in un certo
numero di conci delimitati dalle sezioni di controllo, che, in ciascuna di tali
sezioni, trasversalmente in areole. Avendo assegnato ad ognuna di queste un
legame costitutivo e determinate leggi che regolano il comportamento ciclico,
per ciascuna è noto il modulo tangente Et in ogni istante. Facendo l’ipotesi di
piccole deformazioni e di conservazione delle sezioni piane, risulta:

ε ( y , z ) = ε 0 + yΦ z − z Φ y (2.5)

essendo
ε0 la deformazione in corrispondenza del baricentro della sezione,
Φy e Φz le curvature rispettivamente intorno agli assi baricentrici Y e Z.

x ie s im a fib ra
ε

Figura 2.6. Modello a fibre.

Per cui si può scrivere:

{dS S ( x)} = [K St ( x)]{dε S ( x)} (2.6)

essendo
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 21
{dS S ( x)} = {dM y ( x) dM z ( x) dN ( z )} il vettore delle sollecitazioni,
T

⎡ E t z 2 dA
⎢∫ ∫ E yzdA ∫ E zdA ⎤⎥
t t

[ t
]
K S ( x) = ⎢ ∫ E y dA ∫ E ydA⎥⎥
t 2 t
la matrice delle rigidezze

∫ E dA ⎦⎥
t
simm.
⎣⎢
incrementali,
{dε S ( x)} = {dΦ y ( x) dΦ z ( x) dε 0 ( x)} il vettore delle deformazioni.
T

Per quanto concerne il calcolo della matrice delle rigidezze dell’intero


elemento esistono tre procedure differenti:
1) metodo della rigidezza,
2) metodo della deformabilità,
3) metodo misto.
Nel primo caso viene calcolata direttamente la matrice delle rigidezze
[ ]
tangenti K mt che, in caso di soli carichi nodali, soddisfa la relazione:

{dS m } = [K mt ]{dv m } (2.7)

essendo
{S m } = {M yA M zA M yB M zB N }
T
il vettore delle sollecitazioni in
corrispondenza degli estremi dell’elemento,
{vm } = {Θ Ay Θ zA Θ By Θ Bz u }
T
il vettore delle corrispondenti
deformazioni.
Per semplicità non si è tenuto conto di momento e rotazione torsionali.
[ ]
Uno dei modi per ottenere la K mt è quello di integrare la matrice delle
[ t
]
rigidezze della sezione K (x ) lungo l’elemento. Utilizzando il Principio dei
S

Lavori Virtuali o della Minima Energia Potenziale si ottiene:

[K ] = ∫ [B( x)] [K
t
m
l
T t
S ]
( x) [B( x)]dx (2.8)
22 Capitolo II – Modellazione numerica

essendo [B( x)] la matrice che relaziona il vettore degli incrementi di


deformazione della sezione {dε S (x)} al vettore degli incrementi di
deformazione dell’elemento {dv m } :

{dε S ( x)} = [B( x)]{dvm } (2.9)

La [B(x)] si ricava considerando che in un elemento prismatico con


uniforme rigidezza gli spostamenti trasversali incrementali sono polinomi
cubici dell’ascissa x (Polinomi di Hermite).
Una volta che ad un certo passo temporale sono stati determinati i parametri
di spostamento in corrispondenza degli estremi dell’elemento e quindi i relativi
incrementi di deformazione {dv m } , mediante la (2.9) possono essere calcolati
gli incrementi dei parametri di deformazione in corrispondenza delle sezioni di
controllo {dε S (x )} e le corrispondenti sollecitazioni {dS S (x)} . Applicando il
Principio dei Lavori Virtuali si ottengono le forze elastiche {Q} relative
all’elemento in esame:

{Q} = ∫l [B T ( x)]{S ( x)}dx (2.10)

integrali delle sollecitazioni {S (x)} calcolate per ciascuna sezione di


controllo:

{S ( x)} = {∫A σ x zdA ∫A σ x ydA ∫A σ x dA}


T
(2.11)

Uno dei maggiori difetti di questo tipo di approccio (metodo della rigidezza)
è legato ai problemi di instabilità che esso manifesta quando si tenta di
riprodurre il comportamento del materiale dopo l’attingimento della resistenza
massima, quando inizia il ramo decrescente. Inoltre, quanto più la distribuzione
delle rigidezze lungo l’elemento è non uniforme a causa delle plasticizzazioni
tanto più i polinomi di Hermite mal rappresentano la distribuzione delle
curvature, essendo da essi assunta lineare.
[ ]
Nel metodo della deformabilità, al contrario, la matrice K mt si ottiene
invertendo la matrice di deformabilità tangente dell’elemento [F ] , che a suat
m
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 23
volta si ottiene integrando lungo l’elemento la matrice di deformabilità della
sezione. Infatti applicando il Principio dei Lavori Virtuali si ha:

[F ] = ∫ [e( x)] [F
t
m
T
s
t
]
( x ) [e( x )]dx (2.12)

Il vantaggio di tale metodo è che esso ipotizza che la distribuzione delle


sollecitazioni nelle sezioni di controllo si ottenga dall’espressione:

{S S ( x)} = [e( x)]{S m } (2.13)

essendo [e(x)] un matrice che soddisfa l’equilibrio; tale condizione


evidentemente è indipendente dalla distribuzione delle rigidezze lungo
l’elemento. La scelta della funzione di interpolazione [e(x)] è, quindi,
fondamentale, dal momento che mediante essa si determina la distribuzione
delle sollecitazioni lungo l’elemento.
Difficoltà non trascurabili sorgono, però, quando si vogliono determinare
tali sollecitazioni; infatti il problema è staticamente indeterminato, dal
momento che lo stato tensionale in ciascuna fibra, se esse sono in numero
maggiore di tre, non può essere determinato mediante le sole tre equazioni di
equilibrio. Una delle soluzioni adottate è quella di calcolare la matrice di
[ ]
rigidezza tangente della sezione K St (x ) , che soddisfa la relazione (2.6) e poi
invertirla al fine di ottenere la matrice di deformabilità tangente FSt (x) . Nota [ ]
quest’ultima si può determinare lo stato tensionale in ciascuna fibra. Infatti,
note le azioni agenti nei nodi e, quindi, all’estremità dell’elemento in esame,
mediante la (2.13) possono essere calcolati gli incrementi di sollecitazione
nelle sezioni di controllo e da questi, mediante la (2.6), gli incrementi di
deformazione. Noti questi, la (2.5) permette di determinare lo stato
deformativo in tutte le fibre, che consente di ricavare in ognuna di esse lo stato
tensionale, avendo assegnato dei legami costitutivi.
In [Taucer et al. 1991], invece, si propone un metodo misto in cui
l’algoritmo per la risoluzione dell’elemento si basa sul calcolo di scarti di
deformazione a livello della sezione e dell’elemento. Tale algoritmo segue i
seguenti passi:
a) dagli incrementi di spostamento nodale {dv m } noti dalla soluzione al
passo precedente si determinano gli incrementi delle sollecitazioni in
24 Capitolo II – Modellazione numerica

[ ]
corrispondenza dei nodi, utilizzando la matrice K mt , ottenuta sempre al
passo precedente;
b) mediante la (2.13) si calcolano gli incrementi di sollecitazione {dS S (x)}
lungo l’ascissa x e quindi il vettore aggiornato di tali sollecitazioni
{S S (x)} ;
c) si calcolano gli incrementi di deformazione a livello di sezione mediante
l’inversa della (2.6) utilizzando la matrice di flessibilità a livello della
[ ]
sezione FSt (x) calcolata al passo precedente;
d) mediante la (2.5), quindi, si può conoscere la distribuzione delle
deformazioni in ciascuna sezione;
e) di conseguenza, possono essere calcolate le tensioni ed i moduli tangenti
per ciascuna fibra;
f) considerando l’equilibrio a livello della sezione dalla (2.6) si ricava la
[ ]
matrice delle rigidezze tangenti della sezione K St (x ) e dalla (2.11) il
[
vettore delle sollecitazioni {S (x)} . Dalla inversione della K St (x ) , si ]
calcola la matrice di flessibilità tangente della sezione [F
Si S
t
(x)].
osserva che tale matrice è diversa da quella relativa al passo precedente
perché deriva da un vettore {dv m } aggiornato;
g) si calcola lo sbilanciamento di sollecitazione a livello di sezione
{SU ( x)} = {S S ( x)} − {S ( x)};
[ ]
h) si calcola il vettore degli scarti di deformazione {r ( x )} = FSt ( x ) {S U ( x)} ;
i) si applica il Principio dei Lavori Virtuali al fine di calcolare il vettore
dello scarto di spostamento {s} = ∫ [e( x)] {r ( x)}dx relativo all’elemento
T
l

[ ]
e la matrice delle flessibilità tangenti Fmt dalla (2.12);
j) invertendo la [F ] t
m si ricava la matrice delle rigidezze tangenti
dell’elemento [K ]; t
m

k) dal momento che l’aggiunta del vettore scarto di spostamento al vettore


spostamenti nodali viola la congruenza di questi ultimi, si applica
[ ]
all’elemento un vettore incremento di forza pari a {∆S m } = K mt (−{s}) .
In questo modo può iniziare un nuovo ciclo di iterazione.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 25
I passi da b) ad i) si ripetono finché non sia soddisfatto un assegnato criterio
di convergenza. Generalmente il controllo viene effettuato o sul vettore delle
forze sbilanciate {SU (x)} o in termini energetici, calcolando il prodotto
{s}T [K mt ]{s} .
Ritornando a considerare i modelli a fibre nella loro generalità, essi possono
essere elencati sicuramente fra i modelli a plasticità distribuita. Infatti
generalmente la risposta in termini di tensione-deformazione viene monitorata
in corrispondenza di un certo numero di fibre e poi, come descritto dalle
espressioni (2.8), (2.10) e (2.12), integrata numericamente lungo l’elemento.
Solitamente per tale integrazione si adotta la regola del trapezio, vale a dire si
assume una variazione, tra due sezioni di controllo successive, lineare della
grandezza in esame. E’ ovvio che, dal momento che in seguito ad azioni
sismiche travi e pilastri si danneggiano maggiormente in corrispondenza dei
loro estremi, conviene ivi considerare un numero maggiore di sezioni di
controllo.

M M
A B M

A B
K = pEI

Elemento a comportamento
elastico-perfettamente plastico
K = (1-p)EI
p+q=1

K = pEI K = qEI

K = pEI
Elemento a comportamento elastico θ

Figura 2.7. Modello di Clough.

2.2.2 Modelli a plasticità concentrata


Proprio per quanto si diceva sopra, i modelli più semplici che tengono conto
di un comportamento non elastico dell’elemento strutturale, presentano
cerniere plastiche di lunghezza nulla ai loro estremi.
26 Capitolo II – Modellazione numerica

Uno dei primi modelli di questo tipo fu presentato in [Clough et al. 1965] e
prevede due elementi posti in parallelo [fig. 2.7]. Il primo elemento è
caratterizzato da cerniere in corrispondenza degli estremi a comportamento
elastico-perfettamente plastico. Dopo l’attingimento del momento di
snervamento in corrispondenza di uno degli estremi, la matrice istantanea delle
rigidezze diviene quella caratteristica di un elemento incernierato-incastrato;
quando anche in corrispondenza del secondo estremo viene attinto tale
momento, l’elemento diviene del tipo incernierato-incernierato. Il secondo
elemento è una trave elastica di rigidezza pari a pEI di gran lunga inferiore
rispetto a quella (1 − p )EI del primo elemento. Ne risulta, quindi, un
comportamento isteretico complessivo in corrispondenza degli estremi con
curva monotona di tipo bilineare e ramo di scarico e ricarico con rigidezza pari
a quella iniziale.

Molla flessionale non lineare

A B
Figura 2.8. Modello di Giberson.

[Giberson 1967] ideò, invece, un elemento [fig. 2.8] a comportamento


elastico lineare, con due molle agli estremi caratterizzate da un comportamento
flessionale inelastico. Il punto di flesso del diagramma del momento è
assegnato ed è generalmente assunto coincidente con la mezzeria
dell’elemento, cosa che nella realtà avviene per un edificio abbastanza regolare
soggetto unicamente ad azioni orizzontali. Le deformazioni flessionali
plastiche, per ciascuna metà della trave sono concentrate nella rotazione θ i
relativa alla molla di estremità i e correlate unicamente al corrispondente
momento di estremità M i , con i = A, B . Da cui segue che il contributo delle
molle di estremità alla matrice di flessibilità tangente dell’elemento è una
matrice diagonale del tipo:
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 27

[F ] = ⎡⎢ f0
t
inel
AA 0 ⎤
f BB ⎥⎦
(2.14)

Infatti la proprietà di diagonalità di tale matrice è strettamente legata


all’ipotesi che il rapporto fra i momenti MA ed MB sia costante durante la
risposta. Si osserva, infine, che se l’elemento elastico tra le due molle tiene
conto di tutta la deformazione elastica, il primo tratto del legame momento-
rotazione ad esse assegnato è verticale, cioè rigido.
E’ doveroso sottolineare che il modello ora descritto è ancora molto
utilizzato in ambito scientifico, in virtù dei diversi aspetti positivi che presenta.
Innanzitutto bisogna considerare la convenienza, da un punto di vista
computazionale, che risiede nella mancanza di accoppiamento tra i
comportamenti flessionali inelastici relativi ai due estremi dell’elemento;
questa si aggiunge al generale vantaggio determinato dal basso onere
computazionale richiesto, in virtù della semplicità del modello. Ma,
probabilmente, il motivo principale della sua diffusione risiede nella sua
grande versatilità; infatti, la determinazione dei coefficienti f ii ( i = A, B ) può
essere fatta in relazione ad una qualunque tipologia di legame momento-
rotazione, alcuni dei quali saranno riportati nel paragrafo 2.2.4. Un altro
vantaggio non trascurabile è quello legato alla possibilità di determinare i
parametri del modello numerico sulla base di prove sperimentali, dal momento
che i risultati di queste sono generalmente forniti in termini di legami forza-
spostamento o momento-rotazione; in tal modo si riescono a cogliere effetti,
quali per esempio quelli legati alle deformazioni inelastiche a taglio o allo
scorrimento delle armature in corrispondenza dell’ancoraggio, che altrimenti
sarebbero difficili da modellare separatamente.

2.2.3 Modelli a plasticità diffusa


Innanzitutto si osserva che nel caso in cui si vuole modellare un
comportamento flessionale in una sola direzione in assenza di sforzo normale,
sollecitazione caratteristica delle travi, la matrice di flessibilità tangente della
[ ]
sezione FSt (x) degenera nello scalare f St ( x) =

dM
e la matrice di rigidezza
28 Capitolo II – Modellazione numerica

[ ]
tangente della sezione K St (x ) nello scalare k St ( x) =
dM

. Da cui segue che la
matrice di rigidezza dell’elemento risulta:

[K ] = ∫ {b( x)} k
t
m
T t
S ( x ){b( x )}dx (2.15)

e quella di flessibilità risulta:

[F ] = ∫ {e( x)}
t
m
T
f St ( x){e( x )}dx (2.16)

Queste mettono in relazione gli incrementi dei momenti di estremità


{dM A , dM B }T agli incrementi delle rotazioni {dΘ A, dΘ B }T .
Sono definiti modelli a plasticità diffusa quelli in cui si tiene conto della
distribuzione della plasticità lungo l’elemento, utilizzando espressioni
analitiche per integrare le (2.15) e (2.16), pur se tale distribuzione è fatta
dipendere unicamente dallo stato delle sezioni di estremità.
Interessante è il modello proposto da [Soleimani et al. 1979] e da
[Arzoumanidis & Mayer 1981] e poi rielaborato da [Filippou ed Issa 1988].
Esso è costituito da due elementi in serie. Il primo, elastico, è del tutto analogo
a quello utilizzato per il modello di Giberson. Il secondo è ancora una volta
rigido-plastico ma, a differenza di quanto avviene per i modelli a plasticità
concentrata, è considerata la diffusione delle deformazioni anelastiche
all’interno dell’asta. Tale elemento, infatti, è costituito da due regioni di
lunghezza finita (le cerniere plastiche) a comportamento rigido-plastico
connesse tra loro da un tratto intermedio infinitamente rigido. Le lunghezze z a
e z b delle due zone plastiche sono variabili in funzione della distribuzione dei
momenti nella trave consentendo in tal modo di controllare durante l’analisi
dinamica sia la diffusione graduale delle deformazioni plastiche che lo
spostamento del punto di flesso. In particolare, z a e z b rappresentano la zona
nella quale la sollecitazione flettente supera la soglia My di snervamento e sono
valutate mediante la:

Mi − M y
z i = max (2.17)
Vi
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 29
in cui Vi è il valore del taglio in corrispondenza dell’estremità interessata.
La (2.17) può tuttavia condurre a forti valori di zi: questo, ad esempio, può
accadere in corrispondenza dei piani superiori di edifici alti, dove il taglio
dovuto ai carichi orizzontali è basso. Inoltre, la (2.17) non ha alcun senso se Vi
diventa negativo. In definitiva, per prevenire valori poco realistici di zi, si
assume un limite massimo:

z max = 0.25l (2.18)

essendo l la lunghezza dell’elemento. Definite le zone plastiche, il problema


è, dunque, la determinazione della matrice di flessibilità. A tal fine si
effettuano due assunzioni fondamentali:
a) lo stato della zona plastica è determinato da quello della sezione di
interfaccia trave-colonna. Ciò significa che, ad esempio, se la sezione di
interfaccia j è in fase di ricarico, tutta la zona plastica di lunghezza zj è
considerata in tale stato;
b) la rigidezza è considerata costante nella zona plastica e pari ad un valore
che dipende dalla rigidezza della sezione di interfaccia suddetta.
Tali due ipotesi associano il comportamento della zona plastica a quello
della sezione di interfaccia riducendo notevolmente l’onere computazionale
rispetto ai modelli a fibre, ma introducendo discrepanze tra il
comportamento effettivo e quello colto dalla modellazione. L’ipotesi b)
comporta l’introduzione di un legame ciclico del tipo momento-curvatura
dal quale ottenere, al passo, la rigidezza cEI della zona plastica. In
particolare, in accordo con l’ipotesi a), si ha:
c = p nella fase post-snervamento della sezione di estremità, dove pEI è
la rigidezza del tratto incrudente del legame ciclico;
c = ∞ allo scarico, in quanto la fase di scarico è governata dall’elemento
elastico;
c = 2s 0 al ricarico, essendo s0EI la rigidezza in tale fase della sezione di
interfaccia trave pilastro.
La matrice di flessibilità dell’elemento rigido-plastico può essere scritta
nella forma:
30 Capitolo II – Modellazione numerica

⎡f f ab ⎤
t
= ⎢ aa
f bb ⎥⎦
Finel (2.19)
⎣ f ba

Se si assume che la lunghezza delle zone plastiche alle estremità a e b è pari


rispettivamente a z a e z b , mentre la rigidezza, considerata costante nei due
tratti plastici, è uguale rispettivamente a caEI e cbEI, è possibile dimostrare che,
applicando il Principio dei Lavori Virtuali, si ottiene [Filippou ed Issa 1988]:

f aa =
1
3EI
[ ( )
γ a 1 − (1 − ξ a )3 + γ bξ b3 ] (2.20)

f ab = −
1
6 EI
[ ( ) (
γ a 3ξ a2 − 2ξ a3 + γ b 3ξ b2 − 2ξ b3 )] (2.21)

zi 1
con ξ i = e γ i = . I termini f bb ed f ba si ottengono dalle espressioni
l ci
(2.20) e (2.21) sostituendo a con b e viceversa. Avendo assunto la rigidezza
costante all’interno delle zone plastiche, la (2.19) risulta simmetrica. E’
interessante notare come, al contrario di quanto avveniva per l’elemento
rigido-plastico di Giberson, i termini fuori dalla diagonale sono diversi da zero.
Nel loro modello, a differenza di quello precedente, [Park et al. 1987] e
[Kunnath et al. 1990, Kunnath et al. 1991] non valutano direttamente una
lunghezza di cerniera plastica ed ipotizzano una distribuzione della flessibilità
tangente f S (x) lineare a tratti lungo l’elemento. Ciò permette di integrare
analiticamente la (2.16). Questa distribuzione è determinata in funzione dei
valori di deformabilità tangente assunti in corrispondenza degli estremi, vale a
γ γ 1
dire a e b e del valore di deformabilità elastica assunto in
EI EI EI
corrispondenza del punto di nullo del diagramma del momento. E’ ovvio che se
tale punto di nullo è esterno all’elemento, la distribuzione delle deformabilità è
di tipo trapezoidale; la sua posizione è determinata al passo. γ a e γ b sono
variabili e dipendono direttamente dal legame ciclico adoperato.
La tecnica della distribuzione lineare a tratti della flessibilità, suggerita ed
utilizzata da [Park et al. 1987] per modelli di trave sottoposti a flessione
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 31
semplice, fu ripresa e sviluppata successivamente da [Bousias 1993] per
modellare il comportamento di pilastri a pressoflessione deviata.
Si osserva che i modelli a plasticità diffusa possono essere abbinati con una
qualunque delle leggi momento curvatura di tipo isteretico di cui si discuterà
nel paragrafo 2.2.4.. [Soleimani et al. 1979] e [Filippou ed Issa 1988]
utilizzarono per il loro modello il legame di Clough-Johnston modificato,
mentre [Arzoumanidis & Mayer 1981] optarono per il modello di Takeda.
[Park et al. 1987] utilizzarono nel modello ora descritto, implementato nel
programma di calcolo IDARC 3.0, un legame da essi ideato, che tiene conto
dell’effetto “pinching” e del degrado della rigidezza e della resistenza.

2.2.4 Legami momento-curvatura


Passando dall’elemento al concio plastico, il quale, come visto, può essere
modellato mediante una cerniera plastica, è interessante osservare velocemente
quali siano le relazioni momento-curvatura o momento-rotazione più
comunemente assegnate. Ovviamente l’utilizzo delle curvature oppure delle
rotazioni dipende dal tipo di modellazione adottato.
Dalle prove sperimentali riportate si osserva che, per quanto concerne la
curva di carico monotono, possono essere individuati quattro andamenti
diversi. Quello iniziale fino al momento della fessurazione, quello post-
fessurazione fino allo snervamento dell’armatura e quello post-snervamento
fino al raggiungimento della resistenza ultima. Esiste un ultimo tratto
decrescente il quale, però, nel caso di sezioni ben progettate e realizzate, non
appare; per questo motivo, generalmente, la curva monotona viene
schematizzata come trilineare. In verità, poiché spesso gli elementi strutturali
sono già fessurati a causa della presenza dei carichi gravitazionali e dal
momento che ciò che maggiormente interessa nelle analisi non lineari è il
comportamento post-snervamento, a volte la differenza tra comportamento pre-
e post-fessurazione è trascurata, considerando un andamento della curva
monotona bilineare. E’ ovvio che tale curva non è solo importante
relativamente alla fase di carico iniziale, ma rappresenta anche l’inviluppo dei
cicli di scarico e scarico in assenza di degrado di resistenza e, quando tale
degrado è presente, esso è generalmente calcolato comunque relativamente a
tale curva. Infine, appare interessante fare due osservazioni. La prima è relativa
alle travi gettate insieme al solaio. E’ noto che l’ampiezza della soletta
collaborante aumenta al crescere del momento e della rotazione della trave e
32 Capitolo II – Modellazione numerica

quindi cambia sia nel tempo che lungo la trave stessa. Per tale motivo è
difficile assegnare un valore certo a tale ampiezza, la quale condiziona in
maniera non trascurabile l’andamento della curva monotona. La seconda
osservazione è relativa alla pendenza del tratto post-snervamento,
generalmente espressa in funzione della rigidezza iniziale. Tale pendenza può
essere calcolata o mediante prove sperimentali o utilizzando dei modelli a
fibre; altrimenti bisogna scegliere in maniera arbitraria un valore variabile fra
lo 0.5% ed il 5%, dipendente dall’incrudimento dell’acciaio. Fortunatamente
tale parametro non condiziona eccessivamente il risultato dell’analisi dinamica.

2.2.4.1 Le leggi cicliche


Esistono alcune caratteristiche del comportamento isteretico in regime di
flessione uniassiale in assenza di sforzo normale che sono fondamentali.
Innanzitutto la rigidezza allo scarico ed al ricarico, le quali decrescono
all’aumentare delle deformazioni plastiche; in secondo luogo l’ampiezza dei
cicli di isteresi, che deve tenere conto dell’effetto “pinching” e da cui dipende
l’entità dell’energia isteretica dissipata. Infine, il degrado di resistenza
all’aumentare dei cicli, da cui dipende la stabilità della risposta e la velocità di
raggiungimento del collasso. E’ pur vero che, in virtù della forte stabilità della
risposta imposta dalle prescrizioni dei codici recenti, tale degrado talvolta può
essere ignorato.

Curva di carico
Forza monotono

O Spostamento

Figura 2.9. Modello ciclico bilineare.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 33

Il modello ciclico più semplice fra quelli proposti in letteratura è quello


bilineare [fig. 2.9], il quale è non evolutivo, nel senso che le regole di carico e
di scarico sono costanti ed indipendenti dalla storia plastica subita. Esso
presenta una curva monotona bilineare con un primo ramo di rigidezza pari a
quella della sezione fessurata ed un secondo ramo che consente di
rappresentare l’incrudimento susseguente lo snervamento dell’acciaio; nel caso
in cui tale incrudimento sia nullo, il legame è definito elasto-plastico. I rami di
carico e scarico presentano una rigidezza pari a quella della sezione fessurata.
Ovviamente il modello bilineare sovrastima decisamente l’energia isteretica
dissipata dagli elementi in cemento armato, per i quali, quindi, non è utilizzato.
Uno dei primi modelli evolutivi è quello proposto da [Clough & Johnston
1966]; infatti, al crescere della deformazione raggiunta, esso evolve mostrando
degrado della rigidezza. Tuttavia, esso non è degradante, nel senso che le
regole di scarico non dipendono dallo stato di danneggiamento raggiunto e,
pertanto, a parità di deformazione attinta cicla su se stesso. La curva monotona
ha le stesse caratteristiche di quella del modello bilineare, lo scarico avviene
con rigidezza pari a quella della sezione fessurata, mentre il ramo di ricarico
segue una traiettoria che punta alla massima deformazione raggiunta al ciclo
precedente.

Figura 2.10. Modello di Wang e Shah.


34 Capitolo II – Modellazione numerica

[Wang & Shah 1987] modificarono il modello di Clough & Johnston


facendo dipendere il degrado di resistenza e rigidezza dal parametro 1 − Dws ,
essendo Dws un indice di danno definito dagli stessi autori separatamente per
ciascuno dei due versi (positivo e negativo) della flessione [fig. 2.10].
Il degrado si ottiene moltiplicando la curva monotona per il valore corrente
del parametro 1 − Dws .
Uno dei modelli ciclici più utilizzati in letteratura è quello evolutivo non
degradante di [Takeda et al. 1970]. Esso è stato tarato sulla base di prove
sperimentali effettuate su subassenmblaggi trave-pilastro presso l’Università
dell’Illinois e presenta una curva “primaria” trilineare. Le leggi che regolano lo
scarico ed il ricarico sono sedici, coprendo tutte le possibili sequenze di carico.
La rigidezza allo scarico da una condizione successiva allo snervamento è pari
a:

0.4
⎛ Φy ⎞
K t = K ' ⎜⎜ ⎟⎟ (2.22)
⎝ Φ max ⎠

essendo K’ la pendenza della retta che unisce il punto di snervamento con


quello di fessurazione di segno opposto, Φy la curvatura in corrispondenza
dello snervamento e Φmax la massima rotazione attinta nel verso del carico. Con
tale modello non è possibile riprodurre l’effetto del “pinching”.
Il modello di [Park et al. 1987] oltre al degrado di rigidezza tiene conto
dell’effetto “pinching” e del degrado di resistenza all’aumentare dei cicli [fig.
2.11]. La curva monotona è trilineare come nel caso del modello di Takeda,
pur se la legge che regola la variazione di rigidezza allo scarico è differente.
Infatti il prolungamento della curva di scarico interseca sempre il
prolungamento del ramo iniziale elastico della curva primaria in
corrispondenza di un’ordinata che è pari ad un multiplo α del relativo
momento di snervamento; in genere si pone α = 2.0 [fig. 2.11 (a)]. Il ramo di
ricarico è inizialmente diretto verso un punto appartenente al ramo di scarico
più esterno fra quelli precedenti in corrispondenza di un’ordinata pari ad
un’aliquota γ del momento di snervamento; il valore suggerito è γ = 0.5. Però,
all’ascissa corrispondente al punto di intersezione tra l’asse delle ascisse ed il
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 35
ramo di scarico più esterno fra quelli precedenti il ramo di ricarico si irrigidisce
deviando verso il punto di massima deformazione [fig. 2.11 (b)]. Per quanto
concerne il degrado di resistenza, questo è proporzionale alla quantità di
energia dissipata dEs fino all’istante in esame; il coefficiente di proporzionalità
dipende da vari fattori tra i quali la percentuale di armatura longitudinale e
trasversale presente nel concio in esame [fig. 2.11 (c)].

Figura 2.11. Modello di Park.


36 Capitolo II – Modellazione numerica

2.2.5 Modelli che tengono conto dell’interazione momenti flettenti –


sforzo normale
Tranne che nel caso del modello a fibre, il quale è molto generale, i modelli
finora presentati non possono essere utilizzati per riprodurre in maniera
affidabile il comportamento di elementi colonna. Infatti essi non tengono conto
dell’interazione in campo non lineare tra i momenti flettenti e lo sforzo
normale ed in particolare degli effetti della variazione di quest’ultimo; inoltre,
nel calcolo delle rotazioni, spesso ipotizzano che il punto di nullo del
diagramma del momento sia coincidente con la mezzeria dell’elemento. Tali
due approssimazioni sono decisamente limitative. Infatti la variazione di sforzo
normale ha sicuramente effetto sul degrado di rigidezza e resistenza; inoltre è
noto che, soprattutto al primo ed all’ultimo piano, il punto di nullo del
diagramma del momento può essere molto vicino ai nodi. Quindi, la difficoltà
principale che nasce in caso di pressoflessione deviata rispetto al caso
uniassiale è quello di modellare le relazioni costitutive tra forze e deformazioni
a livello di sezione o agli estremi dell’elemento; infatti l’integrazione delle
flessibilità o delle rigidezze lungo l’elemento non varia se non nel fatto che al
problema si aggiunge un’ulteriore dimensione.
I primi tentativi di riprodurre in campo non lineare il comportamento di
sezioni sollecitate mediante pressoflessione deviata sono legati ai modelli
cosiddetti “biassiali bilineari”, nei quali viene applicata in maniera sic et
simpliciter la classica Teoria della Plasticità con la regola dell’incrudimento
cinematico di Prager, nello spazio bidimensionale My ed Mz, considerando lo
sforzo normale costante. Viene assegnata una superficie limite f ({S }) ,
generalmente di forma ellittica, alla cui area interna corrisponde un
comportamento elastico della sezione, mentre quando il vettore delle tensioni
{S } verifica la f ({S }) = 0 vuol dire che la sezione è snervata. Ad un
incremento del vettore delle tensioni d {S } , che punti verso l’esterno del
dominio di plasticizzazione, corrispondono deformazioni plastiche che si
aggiungono a quelle elastiche. Questo tipo di modello fornisce risultati
soddisfacenti unicamente nel caso di carico monotono. Infatti quando questo
inverte il segno esso produce cicli isteretici stabili, privi di degrado di rigidezza
e resistenza, che sono eccessivamente ampi e che sovrastimano decisamente
l’energia dissipata. Ciò è evidente in figura [fig. 2.12], dove è riportato il
confronto fra risultati sperimentali (in alto) [Otani et al 1980] e numerici,
denotati con la sigla BL [Lai et al. 1984].
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 37

Figura 2.12. Confronto fra risultati sperimentali e modelli numerici.

[Tzeng & Penzien 1975] aggiunsero al modello biassiale bilineare sopra


descritto l’effetto di N considerando una superficie limite nello spazio (My, Mz,
N); essa si presenta ellittica nei piani N = costante, mentre nel fascio di asse N
è descritta da un polinomio cubico completo in N. E’ ipotizzato un
comportamento del tipo elastico perfettamente plastico.
Una generalizzazione del modello biassiale bilineare è quello “biassiale
trilineare”, che utilizza la “Multisurface Plasticity Theory” di Mroz. In tale
teoria le superfici limite sono molteplici, una interna all’altra, simili fra loro da
38 Capitolo II – Modellazione numerica

un punto di vista geometrico e ciascuna di esse associata ad un diverso


parametro, detto “Modulo plastico” da cui dipende la rigidezza. [Takizawa &
Aoyama 1976] adottarono un modello trilineare con due superfici limite, una
interna, definita “di fessurazione” ed una esterna “ di snervamento”. Esse nello
spazio bidimensionale dei momenti flettenti si presentano ellittiche e possono
essere inizialmente non concentriche, per simulare un’eventuale asimmetria
della sezione ed una condizione iniziale dovuta, per esempio, ai carichi
gravitazionali. Fino a quando il vettore {S } rappresentativo dello stato
tensionale è interno alla superficie limite più interna il comportamento è
elastico; quando tale superficie viene raggiunta inizia il comportamento non
elastico regolato dal primo modulo plastico. Se il vettore {S } continua a
crescere muovendosi verso l’esterno, questo trascina con se la superficie di
fessurazione in una direzione tale da raggiungere la superficie di snervamento
in un punto di normale parallela a quella relativa al punto in cui la superficie
limite interna è stata raggiunta, in modo che non sorgano ambiguità in fase di
scarico. Tale fase è elastica e termina, per dar luogo ad una nuova fase plastica,
quando il vettore {S } raggiunge in un altro punto il contorno della superficie di
fessurazione. Per tener conto del degrado di rigidezza e resistenza, è possibile
programmare il restringimento delle superfici limite e la diminuzione del
Modulo plastico all’aumentare dei cicli. Con tale tipo di modello gli autori
hanno ottenuto un buon accordo tra analisi numeriche e risultati sperimentali
[fig. 2.12 (TR)].
Di caratteristiche completamente differenti è il modello “a molle triassiali”
ideato da [Lai et al. 1984], per il quale la matrice delle rigidezze della sezione
si costruisce come nel modello a fibre, mentre la matrice di rigidezza
dell’elemento come nei modelli a plasticità concentrata. Una colonna in
cemento armato è idealizzata mediante la combinazione di un elemento lineare
elastico tridimensionale e due elementi di lunghezza nulla a ciascuna delle due
estremità, a molle plastiche, anch’essi a comportamento tridimensionale [fig.
2.13]. Ciascuno dei due elementi di estremità è costituito da nove molle non
elastiche; cinque di esse riproducono il comportamento del conglomerato,
quattro dell’acciaio. A ciascuna di queste ultime è assegnata un’area Asi (i = 1,
…, 4) pari all’area totale delle barre longitudinali della relativa sezione di
estremità, alle quali la molla è più prossima. Il legame forza-spostamento
uniassiale nel caso delle molle d’acciaio è, per quanto concerne la curva
monotona, del tipo bilineare con incrudimento, il quale può anche essere nullo;
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 39
per quanto riguarda le curve di carico e scarico, queste seguono una versione
semplificata delle regole del modello di Takeda.

Figura 2.13. Modello di Lai et al.

2 Asi E s
La rigidezza elastica iniziale è pari a , nella quale Es è il modulo di
lb
Young dell’acciaio ed lb è la lunghezza di ancoraggio della barra, calcolata
1/ 2
considerando una tensione media di aderenza pari a 1.5 f c [Mpa]; da ciò si
osserva che la molla non tiene conto della rigidezza propria dell’acciaio, ma
dello scorrimento della barra, assumendo una tensione di aderenza costante
lungo la lunghezza di ancoraggio. Le cinque molle che riproducono il
comportamento del conglomerato non hanno alcuna rigidezza in trazione,
mentre in compressione presentano una curva monotona del tipo elastico-
perfettamente plastico ed il ramo di scarico che punta verso l’origine, mentre
quello di ricarico che punta alla massima deformazione raggiunta al ciclo
precedente. La forza massima in compressione è assunta pari alla resistenza a
compressione uniassiale del conglomerato, fc, moltiplicata per un quinto
dell’area della sezione trasversale e lo spostamento al limite elastico è assunto
40 Capitolo II – Modellazione numerica

pari a quello delle molle d’acciaio. L’ipotesi di conservazione delle sezione


piane permette di esprimere lo spostamento assiale e le due rotazioni della
sezione in funzione degli spostamenti di tre molle d’angolo. In figura 2.12
(LC) si osserva che il modello ora descritto riproduce bene i risultati
sperimentali ottenuti da [Otani et al 1980]. E’ pur vero che in esso, per la
costruzione della matrice di rigidezza, si assume che l’asse neutro passi sempre
per il baricentro della sezione trasversale, ipotesi decisamente non realistica.
Questo errore è stato corretto da [Saiidi et al. 1989], i quali, inoltre, nel loro
modello numerico implementarono una procedura iterativa la quale tendeva ad
eliminare lo squilibrio di sforzo normale che caratterizzava il modello di Lai.
Infine si vuole osservare che il modello utilizzato per le colonne degli
edifici analizzati per questo lavoro di tesi è a molle. Questo, evoluzione di
quelli sopra citati, verrà descritto in seguito.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 41

Capitolo III
Aspetti normativi

3.1 CRITERI DI REGOLARITÀ ED IRREGOLARITÀ

Il più importante principio guida per la progettazione in zona sismica è


quello della regolarità della struttura. Questo principio è chiaramente enunciato
nell’Eurocodice 8 nel quale sono sanciti in maniera esplicita quelli che devono
essere i criteri di una corretta progettazione in zona sismica e cioè:
1. semplicità strutturale,
2. uniformità e simmetria,
3. iperstaticità
4. resistenza e rigidezza bidirezionali,
5. resistenza e rigidezza torsionali.
L’Uniform Building Code, normativa americana, non riporta esplicitamente
tale principio e prescrive che le strutture in zona sismica devono essere dotate
di un’adeguata resistenza al fine di sopportare gli spostamenti laterali indotti
dal moto del suolo considerando la risposta inelastica della struttura stessa, la
sua sovraresistenza, la sua duttilità e il tipo di sistema resistente alle forze
laterali. La normativa italiana, infine, non contiene alcun principio guida.
L’Eurocodice 8 e l’Uniform Building Code definiscono rispettivamente i
criteri di regolarità e di irregolarità tanto in pianta quanto in elevazione. Nella
42 Capitolo III – Aspetti normativi

normativa italiana è data, invece, una generica descrizione delle strutture


irregolari.

3.1.1 Criteri di regolarità in pianta secondo l’Eurocodice 8


1. La struttura dell’edificio deve essere approssimativamente simmetrica
rispetto a due direzioni ortogonali per quanto riguarda la rigidezza
laterale e la distribuzione della massa.
2. La configurazione della pianta deve essere compatta. La dimensione
delle rientranze in una direzione non deve superare il 25% dello
sviluppo in pianta del perimetro dell’edificio nella direzione
corrispondente.
3. La rigidezza degli impalcati nel loro piano deve essere sufficientemente
grande rispetto a quella laterale degli elementi strutturali verticali.
4. In presenza della distribuzione delle forze sismiche prescritta dal codice,
applicata tenendo conto dell’eccentricità accidentale, a ciascun piano lo
spostamento massimo nella direzione dell’azione orizzontale non deve
superare del 20 % lo spostamento medio dell’impalcato.

3.1.2 Criteri di regolarità in elevazione secondo l’Eurocodice 8


1. Tutti i sistemi strutturali resistenti alle azioni orizzontali si devono
sviluppare senza interruzioni dalle fondazioni fino alla sommità
dell’edificio.
2. Piano per piano sia la rigidezza che la massa devono rimanere costanti o
ridursi gradualmente dalla base alla sommità.
3. Allorché fossero presenti degli arretramenti si devono applicare le
seguenti disposizioni:
a) nel caso di arretramenti graduali che conservino la simmetria assiale,
l’arretramento ad un certo piano in una data direzione non deve
essere maggiore del 20% della dimensione in pianta del piano
precedente nella medesima direzione [fig. 3.1];
b) nel caso di unico arretramento entro il 15% dell’altezza totale del
sistema strutturale principale partendo dal basso, esso non deve
essere maggiore del 50% della dimensione in pianta del piano
precedente nella direzione corrispondente [fig. 3.1]. In tal caso, la
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 43
parte della struttura che cade nel perimetro descritto dagli impalcati
dopo l’arretramento deve essere progettata in modo da sopportare
almeno il 75% delle forze orizzontali di taglio che si
svilupperebbero in tale zona in un analogo edificio senza la base
allargata;
c) Nel caso in cui gli arretramenti non conservassero la simmetria, la
somma degli arretramenti di tutti i piani in una data direzione non
deve essere maggiore del 30% della corrispondente dimensione in
pianta del primo piano ed i singoli arretramenti non devono essere
superiori al 10% della dimensione in pianta del piano precedente
[fig. 3.1].

L2 L2
H
L1 L3 L4 L1

Hb

L L
L3 L4 L L2
Se H b 0.15 H 0.50 0.30
L1 L2 L L
0.20
L1 L3 L4 L1 L2
Se H b 0.15 H 0.20 0.10
L L1
Figura 3.1. Criteri di regolarità in elevazione secondo l’Eurocodice 8.

3.1.3 Criteri di irregolarità in pianta secondo l’Uniform Building Code


1. Esiste irregolarità torsionale quando il massimo spostamento orizzontale
di piano, ortogonale ad uno degli assi principali del sistema e calcolato
applicando le azioni orizzontali con la prescritta eccentricità accidentale,
è superiore a 1.2 volte la media degli spostamenti orizzontali delle due
estremità del piano.
44 Capitolo III – Aspetti normativi

2. Rientranze in una direzione maggiori del 15% della dimensione della


struttura in quella direzione.
3. Discontinuità negli impalcati di piano o brusche variazioni di rigidezza
fra essi, come aperture all’interno del perimetro degli stessi con area
maggiore del 50% dell’intera area o come variazioni di rigidezza
maggiori del 50% da un piano all’altro.
4. Discontinuità negli elementi resistenti laterali, come spostamenti di
elementi verticali fuori dal piano, tali da modificare il percorso delle
forze.
5. Presenza di elementi resistenti laterali disposti in modo non simmetrico
o non parallelo rispetto ai due assi ortogonali principali del sistema
resistente alle azioni orizzontali.

3.1.4 Criteri di irregolarità in elevazione secondo lo Uniform Buiding


Code
1. Irregolarità di rigidezza: il piano soffice. Un piano soffice è quello in cui
la rigidezza laterale totale è inferiore al 70% di quella del piano
superiore o minore all’80% della media delle rigidezze dei tre piani
superiori.
2. Irregolarità di massa. Tale irregolarità dovrà considerarsi quando la
massa di un piano qualsiasi è superiore al 150% della massa dei piani
adiacenti.
3. Irregolarità geometriche verticali. Queste esistono quando la dimensione
orizzontale di un sistema resistente laterale ad un qualsiasi piano è
maggiore al 130% di quella ai piani adiacenti.
4. Discontinuità verticali negli elementi resistenti laterali come
spostamenti di elementi fuori dal piano, di quantità maggiori della loro
altezza.
5. Discontinuità nella capacità resistente: il piano debole. Un piano debole
è quello nel quale la resistenza di piano nella direzione della forzante è
minore dell’80% della resistenza del piano superiore.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 45
3.1.5 Criteri di irregolarità secondo la normativa italiana
La normativa italiana definisce costruzioni irregolari quelle configurazioni
che presentano, in modo significativo, variazioni della disposizione
planimetrica lungo l’altezza o della disposizione altimetrica lungo la pianta,
ovvero disuniformità nella distribuzione planimetrica o altimetrica delle
rigidezze o delle masse o, infine, scostamenti planimetrici o altimetrici tra
centro di massa e centro di rigidezza di un qualsiasi piano.

3.2 ANALISI STRUTTURALE

Di seguito verranno presentate brevemente le diverse metodologie di


progetto prescritte dai tre codici in relazione alla suddivisione delle strutture in
regolari e non.

3.2.1 Tipologie di analisi secondo l’Eurocodice 8


Ai fini del progetto in zona sismica, gli edifici sono divisi in regolari e non
regolari. Questa distinzione si riflette sui seguenti aspetti progettuali:
1. il modello strutturale, che può essere sia piano che spaziale;
2. il metodo di analisi che può essere modale semplificata o multimodale;
3. il valore del coefficiente di comportamento q che può essere ridotto in
caso di non regolarità in elevazione.
Il coefficiente di comportamento tiene conto della capacità di dissipare
energia da parte del sistema strutturale e viene valutato mediante la seguente
espressione:

q = q0 K d K r K w ≥ 1.5 (3.1)

dove:
q0 è il valore base del coefficiente di comportamento;
Kd è il coefficiente che dipende dalla classe di duttilità;
Kr è il coefficiente che dipende dalla regolarità nello sviluppo verticale;
46 Capitolo III – Aspetti normativi

Kw è il coefficiente che riflette la modalità di collasso attesa in sistemi


strutturali con pannelli.
Le implicazioni che la regolarità strutturale può avere sul progetto in zona
sismica riassunte in tabella 3.1.

Tabella 3.1. Semplificazioni e coefficiente q in funzione della regolarità

REGOLARITA’ SEMPLIFICAZIONI COEFFICIENTE


CONCESSE
PIANTA ELEVAZIONE MODELLO ANALISI q
SI SI Piano Semplificata Di riferimento
SI NO Piano Multimodale Diminuito
NO SI Piano / Spaziale Multimodale Di riferimento
NO NO Spaziale Multimodale Diminuito

Come si evince dalla tabella 3.1 esistono due tipi di analisi:


1. l’analisi modale semplificata;
2. l’analisi multimodale.
L’analisi modale semplificata può essere applicata ad edifici che possono
essere analizzati mediante due modelli piani e la cui risposta non risulti essere
significativamente influenzata dai modi di vibrazione più alti. Questi requisiti
si ritiene siano soddisfatti dagli edifici che:
1. rispettano i criteri di regolarità in pianta e in elevazione;
2. rispettano i criteri di regolarità in elevazione e quelli specificati
nell'Appendice A [CEN 1994b] e aventi un periodo proprio T1 nelle due
direzioni principali che risulti minore dei seguenti valori:

T ≤ min{4Tc ;2.0 sec} (3.2)

dove i valori di TC sono riportati in Tabella 3.2:

Tabella 3.2. Valori del coefficiente Tc


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 47
Classe di sottosuolo TC [sec]
A 0,40
B 0,60
C 0,80

Le forme modali fondamentali dei due modelli piani dell’edificio possono


essere calcolate utilizzando metodi propri della dinamica strutturale o possono
essere approssimate ipotizzando una distribuzione degli spostamenti che cresca
linearmente lungo lo sviluppo verticale della struttura. Per gli edifici che
soddisfano solo i criteri dati nell’Appendice A, quindi non regolari in
elevazione o con un periodo fondamentale che non soddisfa le condizioni
prima riportate, l’analisi dinamica può essere ancora condotta su due modelli
piani (uno per ogni direzione principale) ma deve essere multimodale. Modelli
piani nelle due direzioni e analisi multimodale sono consentiti anche nel caso
di edifici che presentano solo regolarità in pianta. Per edifici, infine, che si
presentano irregolari in pianta e non soddisfacenti le condizioni date
nell’appendice A il modello deve essere spaziale.

3.2.2 Tipologie di analisi secondo l’Uniform Building Code


La suddivisione tra edifici regolari e irregolari non sembra coinvolgere tutti
gli aspetti di procedura progettuale visti per l’Eurocodice 8, nel senso che,
secondo tale codice, né il modello strutturale né i coefficienti di
comportamento sono condizionati da tale suddivisione. Infatti l’Uniform
Building Code prescrive che sempre il modello matematico della struttura deve
includere tutti gli elementi resistenti. Il modello deve includere anche tutte le
rigidezze e le resistenze degli elementi che sono significativi per la
distribuzione delle forze e dovrà rappresentare la distribuzione spaziale delle
masse e delle rigidezze della struttura. Il punto in comune tra i due codici resta,
pertanto, l’influenza sul tipo di analisi. Il tipo di analisi da condurre non è solo
funzione della regolarità o irregolarità della struttura ma entrano in gioco
numerosi altri parametri. Essi sono essenzialmente: la destinazione d’uso della
struttura, la zona sismica, l’altezza della struttura, il tipo di sistema resistente
alle forze laterali ed il tipo di suolo su cui sorge la struttura.
Esistono tre tipi di analisi:
1. analisi statica semplificata;
48 Capitolo III – Aspetti normativi

2. analisi statica;
3. analisi dinamica.
L’analisi statica semplificata può essere condotta su edifici con
destinazione d’uso ‘standard’, alti non più di tre piani (escludendo le
fondazioni) se costituiti di una struttura intelaiata oppure alti non più di due
piani se costituiti di una qualsiasi altra struttura. In questo caso non c’è la
differenziazione tra edifici regolari o irregolari.
L’analisi statica può essere condotta:
1. per tutte le strutture regolari e irregolari nella zona sismica 1 (zona di
minor rischio sismico) e su quelle di destinazione d’uso ‘standard’ nella
zona sismica 2;
2. per le strutture regolari con altezza inferiore ai 240 piedi ( 73 m) che
non si trovino su di un suolo di tipo SF;
3. per le strutture irregolari alte non più di cinque piani o 65 piedi (20 m);
4. per le strutture che sono costituite di una parte flessibile superiore
giacente su una parte rigida inferiore laddove le due parti della struttura
considerate separatamente possono essere classificate come regolari, con
la parte inferiore che sia dotata di una rigidezza media pari a 10 volte la
rigidezza media della parte superiore e con un periodo dell’intera
struttura che sia non maggiore di 1.1 volte il periodo della parte
superiore considerata separatamente.
L’analisi dinamica deve essere condotta per tutte le rimanenti strutture.

3.2.3 Tipologie di analisi secondo la normativa italiana


Nella normativa italiana la distinzione tra edifici regolari e irregolari non è
certamente così ben definita come lo è nei due codici prima esaminati, inoltre
tale distinzione sembra doversi applicare solo agli edifici con strutture
intelaiate.
Sia per le strutture in muratura che per quelle a pannelli portanti è prescritta
solo l’analisi statica. Per le strutture intelaiate di norma si applica l’analisi
statica, qualora però queste fossero dotate di un periodo proprio To > 1.4 s
nonché di configurazione irregolare deve essere eseguita un’analisi dinamica.
Questa può essere eseguita con il metodo dell’analisi modale.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 49
3.3 FORZE SISMICHE DI PROGETTO SECONDO LE DIVERSE ANALISI

3.3.1 Analisi modale semplificata secondo l’Eurocodice 8


Il taglio alla base dovuto all’azione sismica per ognuna delle direzioni
principali è pari a:

Fb = S d (T )W (3.3)

dove:
Sd(T) è l’ordinata dello spettro di progetto per il periodo fondamentale T
della struttura;
W è il peso sismico totale della struttura.
L’espressione dello spettro di progetto per l’analisi lineare può essere
trovata al punto 4.2.4 della parte 1.1 dell’Eurocodice 8 [CEN 1994a].
Gli effetti dell’azione sismica vanno determinati applicando forze
orizzontali Fi in corrispondenza della massa mi dell’i-esimo piano. La forza Fi
va determinata secondo la seguente regola di distribuzione:

s i Wi
Fi = Fb n
(3.4)
∑s W
j =1
j j

dove:
si, sj sono gli spostamenti delle masse mi ed mj del modo fondamentale di
vibrare;
Wi, Wj sono i pesi sismici delle masse mi ed mj.

3.3.2 Analisi multimodale secondo l’Eurocodice 8


Nell’analisi multimodale si considerano tutti i modi di vibrare che danno un
contributo significativo alla risposta globale, ossia quelli caratterizzati da una
massa modale effettiva maggiore o uguale al 5% della massa totale. La somma
delle masse modali effettive per i modi considerati deve essere almeno il 90 %
50 Capitolo III – Aspetti normativi

della massa totale della struttura. Se le richieste suddette non possono essere
soddisfatte, come per esempio nel caso di edifici caratterizzati da significativi
modi torsionali, il numero minimo k di modi da prendere in considerazione
deve soddisfare le seguenti condizioni:

k ≥3 n (3.5)

Tk ≤ 0.2s (3.6)

dove n è il numero di piani sopra il piano di campagna e Tk è il periodo di


vibrazione del k-esimo modo.
Quando le risposte modali possono essere considerate indipendenti e cioè
quando:

T j ≤ 0.9Ti (3.7)

il valore massimo EE di un effetto dovuto all’azione sismica può essere


considerato:

EE = ∑E i
2
Ei (3.8)

dove EEi è l’effetto dell’azione sismica dovuto all’i-esimo modo di vibrare.

3.3.3 L’analisi statica e l’analisi statica semplificata secondo l’Uniform


Building Code
Nell’analisi statica semplificata il taglio Fb alla base è dato da:

3.0C a
Fb = W (3.9)
R

dove:
Ca è un coefficiente funzione della zona sismica e del tipo di sottosuolo;
R è il fattore di sovraresistenza dei sistemi resistenti alle forze laterali;
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 51
W è il peso sismico totale.
La forza orizzontale a ciascun piano è pari a:

3.0C a
Fi = Wi (3.10)
R

dove wi è il peso sismico del piano i-esimo.


Nell’analisi statica il taglio alla base Fb è dato da:

Cv I
Fb = W (3.11)
RT

con la limitazione:

2.5C a I
0.11IC aW < Fb < W (3.12)
R

dove:
Cv è un coefficiente funzione della zona sismica e del tipo di sottosuolo;
I è il coefficiente di importanza funzione della destinazione d’uso;
T è il periodo fondamentale di oscillazione della struttura, da determinars
icon formule approssimate;
Ca, W, R sono le grandezze prima definite.
La forza totale sarà distribuita lungo l’altezza in modo che sia ovviamente
verificata l’espressione:

n
Fb = Ft + ∑ Fi (3.13)
i =1

cioè considerando che il taglio alla base calcolato in precedenza è dato dalla
somma delle n forze di piano e della forza Ft di sommità data da:

Ft = 0.07TFb (3.14)
52 Capitolo III – Aspetti normativi

La rimanente parte del taglio alla base è distribuita in altezza in accordo alla
formula:

(Fb − Ft )Wi hi
Fi = n
(3.15)
∑W h
j =1
j j

dove Fi è la forza orizzontale al piano i-esimo di peso sismico wi ed altezza


hi dalle fondazioni.

3.3.4 L’analisi dinamica secondo l’Uniform Building Code


L’analisi dinamica è essenzialmente un’analisi multimodale. Le azioni
orizzontali sono calcolate mediante uno spettro di risposta elastico funzione dei
coefficienti Ca e Cv. I modi da considerare devono essere tanti quanti sono
necessari ad avere una massa partecipante almeno pari al 90% di quella totale
per ognuna delle due direzioni. I parametri di risposta elastica (forze, momenti
e spostamenti), ottenuti combinando statisticamente i massimi effetti dei vari
modi, saranno opportunamente ridotti se la struttura è regolare.

3.3.5 L’analisi statica secondo la normativa italiana


Gli effetti sismici possono essere valutati convenzionalmente mediante
analisi statica delle strutture soggette a due sistemi di forze orizzontali. I due
sistemi di forze non agiscono contemporaneamente ma una volta in una
direzione ed una seconda volta nella direzione ortogonale alla precedente. La
forza orizzontale Fi alla generica quota, secondo una prefissata direzione, si
ottiene dalla relazione:

Fi = C ⋅ R ⋅ ε ⋅ β ⋅ I ⋅ γ i ⋅ Wi (3.16)

dove:
C è il coefficiente di intensità sismica;
R è il coefficiente di risposta;
ε è il coefficiente di fondazione;
β il è coefficiente di struttura;
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 53
I è il coefficiente di protezione sismica;
γi è il coefficiente di distribuzione della forza sismica;
Wi è il peso sismico del piano i-esimo.
Il coefficiente di distribuzione γi assume l’espressione:

n
hi ∑ W j
j =1
γi = n
(3.17)
∑h W
j =1
j j

3.3.6 L’analisi dinamica secondo la normativa italiana


L’analisi dinamica, anche qui multimodale, va fatta adottando lo spettro di
risposta dato dall’espressione:

a
= C ⋅ R ⋅ε ⋅ β ⋅ I (3.18)
g

Il modello da utilizzare deve rappresentare l’articolazione planimetrica e


altimetrica della struttura in esame. I modi di vibrazione da considerare devono
essere tanti quanti ne occorrono per assicurare l’eccitazione di oltre l’85%
della massa totale della struttura. Le sollecitazioni totali si calcolano mediante
l’espressione:

E= ∑E i
i
2
(3.19)

dove Ei sono le sollecitazioni dovute al modo i-esimo.


54 Capitolo III – Aspetti normativi

3.4 GLI EFFETTI TORSIONALI

3.4.1 Valutazione degli effetti torsionali secondo l’Eurocodice 8


In tutti quei casi in cui baricentro delle rigidezze e baricentro delle masse
sono pressoché coincidenti e disposti secondo un’unica verticale, casi nei quali
è possibile applicare l’analisi modale semplificata sul modello piano, l’effetto
torsionale strutturale è praticamente trascurabile. Si tiene conto, però, degli
effetti torsionali accidentali amplificando gli effetti delle azioni, derivanti
dall’analisi modale semplificata, nei diversi elementi resistenti mediante un
fattore dato da:

x
δ = 1 + 0.6 (3.20)
Le

dove:
x è la distanza dell’elemento considerato dal centro dell’edificio, misurata
perpendicolarmente alla direzione dell’azione sismica considerata;
Le è la distanza tra i due elementi di controvento più esterni, misurata come
sopra.
Nel caso degli edifici che rispettino i criteri dell’Appendice A [CEN 1994b],
si usano per le analisi, che possono essere sia modale semplificata che
multimodale, modelli piani. In questi casi devono valutarsi oltre agli effetti
torsionali accidentali anche quelli strutturali. L’effetto torsionale totale può
essere determinato come inviluppo degli effetti calcolati da un’analisi di due
situazioni di carico statiche, date dai momenti torcenti Mi:

M i1 = Fi (e0 + e1 + e2 ) (3.21)

M i 2 = Fi (e0 − e1 ) (3.22)

dove:
e0 è l’eccentricità statica, cioè la distanza fra CM e CR, valutata nella
direzione ortogonale a quella di Fi;
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 55
e1 è l’eccentricità accidentale della massa dell’impalcato calcolata secondo
l’espressione:

e1 = ±0.05 L (3.23)

applicata nella stessa direzione di e0 ad ogni piano.

⎧ e0 ⎫
⎪0.1( L + B) 10 ≤ 0.1( L + B) ⎪
⎪ L ⎪
e 2 = min ⎨ ⎬ (3.24)
⎪ 1 ⎡l 2 − e 2 − r 2 + l 2 + e 2 − r 2
( )2 2 2 ⎤⎪
+ 4e 0 r ⎥
⎪⎩ 2e0 ⎢⎣ s 0 s 0
⎦ ⎪⎭

dove:
ls è il raggio di inerzia polare e nel caso di impalcato rettangolare risulta
L2 + B 2
l s2 = ;
12

r2 =
∑ Kφ , con K φ = K yi ( x i − e0 ) + K xi y i2 nel caso di sistemi eccentrici
2

∑K y

in una sola direzione, è il rapporto fra la rigidezza torsionale e laterale


dell’edificio (raggio delle rigidezze);
L e B sono le dimensioni in pianta dell’edificio.
L’eccentricità addizionale e2 può essere trascurata se:

(
r 2 > 5 l s2 + e02 ) (3.25)

Per gli edifici non regolari sia in pianta che in elevazione, per gli edifici
regolari in elevazione ma non regolari in pianta e che non rispettano i criteri
dell’Appendice A, il modello è spaziale e l’analisi multimodale. Gli effetti
torsionali strutturali sono già valutati nell’analisi, ma bisogna comunque tener
conto degli effetti torsionali accidentali che possono essere valutati come
l'inviluppo degli effetti risultanti da una analisi statica della struttura soggetta
ad una distribuzione di momenti torcenti:
56 Capitolo III – Aspetti normativi

M i = Fi e1i (3.26)

con Fi forza orizzontale agente al piano i-esimo e e1i eccentricità accidentale


della massa dell’i-esimo impalcato.

3.4.2 Valutazione degli effetti torsionali secondo l’Uniform Building


Code
Per quanto riguarda le analisi statiche la forza di piano di progetto è
applicata nel centro di massa e sarà distribuita tra i vari elementi resistenti in
proporzione alle loro rigidezze. Per tener conto degli effetti torsionali
accidentali la forza orizzontale sarà applicata con una eccentricità pari a ±5%
della dimensione dell’edificio perpendicolare alla direzione della forza; per
ciascun elemento il calcolo della resistenza avverrà considerando la posizione
della forza più sfavorevole.
Nel caso di edifici irregolari in pianta gli effetti torsionali saranno tenuti in
conto amplificando l’eccentricità accidentale mediante un fattore Ax pari a:

2
⎡ δ ⎤
Ax = ⎢ max ⎥ (3.27)
⎢⎣1.2δ avg ⎥⎦

dove:
δavg è la media degli spostamenti alle estremità della struttura al piano x;
δmax il massimo spostamento al piano x.
Il valore di Ax non deve essere superiore a 3.
Perciò le forze orizzontali saranno applicate a ciascun piano con eccentricità
pari a:

2
⎛ δ ⎞
e1 = e max = e0 + 0.05 L⎜ max ⎟ (3.28)
⎜ 1.2δ ⎟
⎝ avg ⎠
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 57
2
⎛ δ ⎞
e 2 = e min = e0 − 0.05 L⎜ max ⎟ ≤0 (3.29)
⎜ 1.2δ ⎟
⎝ avg ⎠

Per quanto riguarda l’analisi dinamica l'effetto torsionale accidentale dovrà


portarsi in conto con appropriate correzioni del CM oppure sommando gli
effetti torsionali statici forniti dalla sola eccentricità accidentale ai risultati
ottenuti con l'analisi dinamica.

3.4.3 Valutazione degli effetti torsionali secondo la normativa italiana


Nelle strutture regolari le forze orizzontali vanno ripartite a ciascun livello
fra le diverse strutture dell’edificio in proporzione alle rispettive rigidezze. Nel
caso di eccentricità tra il baricentro delle rigidezze e quello delle masse si
dovrà considerare l’effetto delle coppie torcenti. Quando il rapporto fra i lati in
L
pianta dell’edificio risulta > 2.5 , anche in assenza di eccentricità, dovrà
B
considerarsi al piano i-esimo una coppia torcente provocata dalle forze
orizzontali agenti ai piani sovrastanti non minore di:

M ti = λL ∑ F j (3.30)
j

dove λ è un coefficiente i cui valori minimi sono riportati in Tabella 3.3.

L
Tabella 3.3. Valori del coefficiente λ in funzione di
B

L L
2.5 < < 3.5 λ = 0.03 + 0.02( − 2.5)
B B
L λ = 0.05
≥ 3.5
B
58 Capitolo III – Aspetti normativi

Tali momenti torcenti vogliono tenere implicitamente conto di eventuali


eccentricità accidentali. Da quanto visto si osserva, quindi, che non vengono
date eccentricità aggiuntive (amplificazione dinamica dell’eccentricità statica)
che tengano conto degli effetti torsionali.
Quando si applica l’analisi dinamica al modello spaziale l’amplificazione
dell’eccentricità tra CM e CR è implicitamente portata in conto, ma questa
volta nulla si precisa circa la valutazione degli effetti torsionali accidentali.

3.5 GLI EFFETTI ORTOGONALI

In questo paragrafo si riportano e commentano le prescrizioni di alcune


normative in merito alla combinazione degli effetti delle due componenti
orizzontali dell’azione sismica.

3.5.1 Valutazione degli effetti ortogonali secondo la normativa italiana


La normativa italiana, nel Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 24
gennaio 1986 , nel paragrafo “Direzione delle componenti orizzontali delle
accelerazioni del terreno durante il sisma”, prevede che “si assumerà che il
moto del terreno possa avvenire non contemporaneamente, in due qualsiasi
direzioni orizzontali ortogonali prefissate dal progettista”. Tale disposizione è
confermata dal Decreto Ministeriale dei Lavori Pubblici del 16 gennaio 1996.
Evidentemente la normativa italiana assume che, per qualunque tipo di
struttura, le sollecitazioni ed il danno non siano condizionati dalla
contemporaneità dell’azione delle componenti orizzontali del terremoto.

3.5.2 Valutazione degli effetti ortogonali secondo l’Eurocodice 8


L’Eurocodice 8 [CEN 1994a, b, c] prevede che l’azione sismica orizzontale
possa essere riprodotta mediante due componenti ortogonali indipendenti
rappresentate dallo stesso spettro di risposta e considerate agenti
simultaneamente. La combinazione degli effetti di tali due componenti può
essere eseguita in due modi differenti. Una prima possibilità è quella di
calcolare, per ciascun effetto, il massimo valore dovuto ad entrambe le
componenti mediante la radice quadrata della somma dei quadrati degli effetti
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 59
di ciascuna di esse, valutati mediante analisi modale. In alternativa, possono
essere utilizzate le seguenti leggi di combinazione:

E Edx + 0.30E Edy (3.31)

0.30E Edx + E Edy (3.32)

essendo EEdx ed EEdy gli effetti dovuti all’applicazione dell’azione sismica


lungo l’assegnata direzione X ed Y rispettivamente della struttura. In tali
combinazioni, per ciascun effetto considerato, è scelto il segno più sfavorevole
di ciascuna componente.
Tale codice permette anche di riprodurre l’azione sismica mediante
accelerogrammi, che possono essere generati secondo opportune regole o
registrati, ed ottenere la risposta strutturale integrando numericamente al passo
le equazioni differenziali del moto. Nel caso in cui si scelga questo tipo di
azione e per modelli strutturali spaziali, bisogna far agire contemporaneamente
entrambi gli accelerogrammi che rappresentano le due componenti orizzontali
del terremoto.
Infine, per quanto concerne le sezioni delle colonne, per quelle appartenenti
alla classe di duttilità alta, è imposta le verifica a presso- o tenso-flessione
deviata. Invece, per quelle progettate in classe di duttilità media e bassa, la
verifica può essere condotta in maniera approssimata, vale a dire in ciascuna
direzione separatamente riducendo il momento resistente di progetto del 30%.
Alla base delle prescrizioni sopra richiamate evidentemente esiste la
consapevolezza del fatto che la contemporaneità delle due componenti
orizzontali dell’azione sismica determina un aggravio in termini di
sollecitazioni rispetto al caso in cui queste siano considerate agenti
separatamente; e che non è corretto tenere conto di tale aggravio andando
semplicemente ad incrementare l’azione di progetto in ciascuna direzione
separatamente. Per quanto concerne le regole di combinazione degli effetti, la
prima citata, cioè quella che prevede la radice quadrata della somma dei
quadrati degli effetti di ciascuna componente, è più gravosa della seconda. Ciò
si può spiegare se si considera che quest’ultima può essere applicata anche nel
caso in cui il metodo di verifica sismica adottato sia quello statico equivalente;
questo, come è noto, è più gravoso dell’analisi dinamica, che deve essere
60 Capitolo III – Aspetti normativi

necessariamente utilizzata al fine di poter combinare gli effetti mediante la


radice quadrata della somma dei quadrati.

3.5.3 Valutazione degli effetti ortogonali secondo l’Uniform Building


Code ed il NEHRP
Nel seguito si riportano e commentano le prescrizioni, sempre relativamente
alla combinazione degli effetti delle due componenti orizzontali dell’azione
sismica, di due codici statunitensi, vale a dire il NEHRP [FEMA 1994a, b],
l’UBC [Uniform Building Code 1997].
Le relative prescrizioni del NEHRP (National Earthquake Hazards
Reduction Program) variano con l’intensità del terremoto di progetto e con la
destinazione d’uso degli edifici, come mostrato in tabella 3.4. In essa Av è un
valore di accelerazione, legato alla velocità di picco, che varia al variare della
sismicità della zona considerata e che, quindi, la determina. Per quanto
concerne la destinazione d’uso, la III categoria include quegli edifici che
ospitano servizi indispensabili in caso di evento sismico; la II comprende
edifici di pubblica fruizione, la cui capacità sia superiore a determinate soglie,
mentre nella III sono inclusi tutti gli altri.

Tabella 3.4. Categoria sismica.

Valore di Av Categoria di destinazione d’uso


I II III
Av < 0.05 A A A
0.05 ≤ Av < 0.10 B B C
0.10 ≤ Av < 0.15 C C D
0.15 ≤ Av < 0.20 C D D
Av ≥ 0.20 D D E

Per le categorie A e B tale codice prescrive che le azioni sismiche possano


essere applicate separatamente in ciascuna delle due direzioni ortogonali e che
gli effetti trasversali possano essere trascurati. Per la C vale la stessa regola,
tranne che per gli edifici che presentano un particolare tipo di irregolarità in
pianta, cioè con elementi resistenti ad azioni verticali ed orizzontali né paralleli
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 61
agli assi ortogonali principali del sistema resistente ad azioni orizzontali né
simmetrici rispetto ad essi. In tal caso si progetta come per le categorie D ed E.
Per queste il NEHRP consiglia di analizzare l’edificio con le forze sismiche
applicate nella direzione che determina gli effetti più gravosi. In alternativa,
l’edificio può esser studiato secondo due qualunque direzioni ortogonali in
maniera indipendente e gli effetti massimi dovuti alla variazione della
direzione di applicazione delle azioni sismiche possono essere portati in conto
se gli elementi resistenti e le loro fondazioni sono progettati per una
combinazione di carichi pari al 100% delle azioni in una direzione più il 30%
delle azioni nella direzione ortogonale. Il verso di tali azioni è scelto in modo
da avere le resistenze di progetto maggiori.
Anche tali prescrizioni prevedono, quindi, una regola di combinazione degli
effetti del tipo:

E Ed 1 + λE Ed 2 (3.33)

essendo EEd1 ed EEd2 gli effetti dovuti all’applicazione delle azioni orizzontali
lungo due direzioni orizzontali ortogonali e λ il fattore di combinazione, che è
assegnato uguale a 0.3. Gli autori del codice motivano tale prescrizione con la
necessità di tenere conto della variazione dell’angolo di incidenza del sisma,
come è evidente considerando il metodo di verifica alternativo all’applicazione
della (3.33). Ciò è chiaramente detto anche nel Commentario [FEMA 1994b] al
codice, dove si sottolinea come, a causa di tale variazione, le colonne d’angolo
possono essere soggette a sollecitazioni superiori a quelle previste nel progetto,
la qual cosa può in parte spiegare la vulnerabilità che esse hanno manifestato
durante gli eventi tellurici. Nello stesso Commentario il valore assegnato al
coefficiente di combinazione, pari a 0.3, è giustificato dalla considerazione che
è improbabile che, per ciascuna caratteristica della sollecitazione, gli effetti
delle due componenti orizzontali del sisma attingano il massimo
contemporaneamente. Infine si fa notare come gli “effetti ortogonali”, vale a
dire quelli relativi ad elementi strutturali appartenenti a sistemi resistenti a
forze orizzontali lungo due assi ortogonali, mentre per i pilastri di un edificio
possono essere significativi, per altri elementi a comportamento essenzialmente
unidirezionale, quali le travi, sono trascurabili.
L’UBC (Uniform Building Code) prescrive che le strutture debbano essere
modellate matematicamente tenendo conto della rigidezza e della resistenza di
tutti gli elementi significativi al fine di conoscere la distribuzione delle forze. Il
62 Capitolo III – Aspetti normativi

modello dovrà, inoltre, rappresentare la distribuzione spaziale di massa e di


rigidezza della struttura; esso, perciò, dovrà essere tridimensionale nel caso di
edifici irregolari in pianta.
L’azione sismica di progetto dovrà produrre forze orizzontali comunque
dirette nel piano. Essa potrà essere considerata agente non
contemporaneamente in ciascuna delle due direzioni principali della struttura,
tranne che per gli edifici costruiti in zone sismiche appartenenti alle categorie
2, 3 e 4 e che presentano le seguenti condizioni:
1. elementi resistenti ad azioni verticali ed orizzontali né paralleli agli
assi principali ortogonali del sistema resistente ad azioni orizzontali
né ad essi simmetrici;
2. il massimo spostamento di interpiano ad un estremo della struttura ed
ortogonale ad uno degli assi della stessa, calcolato tenendo conto
dell’eccentricità accidentale, è maggiore della media degli
spostamenti di interpiano degli estremi della struttura almeno di 1.2
volte;
3. almeno una colonna della struttura appartiene a due o più sistemi
resistenti che si intersecano (questa condizione non è da considerare
se lo sforzo normale nella colonna dovuto alle azioni sismiche agenti
in una direzione è minore del 20% della resistenza massima a sforzo
normale della colonna).
Per gli edifici che presentano tali condizioni, gli effetti ortogonali possono
essere presi in considerazione in due modi alternativi. Una prima possibilità è
quella di progettare tali elementi considerando il 100% delle azioni sismiche di
progetto in una direzione più il 30% delle stesse azioni nella direzione
ortogonale; i segni di tali azioni sono scelti in modo da ottenere la condizione
più sfavorevole. In alternativa, gli effetti ottenuti applicando l’azione sismica
nelle due direzioni ortogonali devono essere combinati mediante la radice
quadrata della somma dei quadrati (metodo SRSS). Anche in tal caso i segni
degli effetti devono essere scelti in modo da progettare secondo la condizione
più sfavorevole.
E’ evidente che le prescrizioni dell’Uniform Building Code relative alla
combinazione degli effetti delle azioni sismiche agenti lungo due direzioni
ortogonali sono identiche a quelle dell’Eurocodice 8, pur se, mentre il codice
europeo impone di applicarle sempre, quello statunitense prescrive la
combinazione degli effetti solo per determinate tipologie strutturali.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 63

Capitolo IV
Confronto numerico-sperimentale

4.1 INTRODUZIONE

Le analisi numeriche che saranno illustrate in questa tesi sono state tutte
realizzate mediante il programma di calcolo CANNY-E [Li, 1996a, b],
recentemente sviluppato presso l’Università di Singapore. Infatti, quando, agli
inizi del 1998, si è dovuto scegliere un programma per eseguire le analisi in
campo non lineare, questo era uno dei pochi che permetteva di modellare il
comportamento dinamico di edifici tridimensionali multipiano. Inoltre, rispetto
ad altri che pure davano tale possibilità, quali per esempio l’IDARC-3D [Park
et al. 1987] ed il DRAIN-3DX [Powell & Campbell 1994, Prakash et al. 1993],
presentava alcuni vantaggi. Il più importante è senz’altro quello che il
CANNY-E nasce proprio per il calcolo di edifici in cemento armato e, quindi,
presenta modelli che ben riproducono il comportamento di tale materiale.
Inoltre esso è in via di perfezionamento e ciò da un lato fa ben sperare per il
futuro, dall’altro garantisce l’interesse da parte dell’autore, un giovane
ricercatore, a mantenere contatti con gli utenti dello stesso, cosa che
effettivamente si è verificata in questi anni. Infine è noto che l’utilizzo in
ambito scientifico di altri programmi di pari potenzialità, ha messo in evidenza
loro carenze.
Ovviamente prima di adoperare il CANNY-E in maniera diffusa, si è ritenuto
necessario effettuare una serie di verifiche del buon funzionamento dello
stesso. Tralasciando le più banali, per la maggior parte rappresentate dal
64 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

confronto con altri programmi circa la risposta dinamica di semplici sistemi


strutturali, si vuole diffusamente parlare, invece, del confronto numerico-
sperimentale relativo alle prove eseguite presso l’ELSA di Ispra, ampiamente
descritte nel prossimo paragrafo. E’ necessario sottolineare, comunque, che lo
scopo più importante di tale confronto non è quello di verifica del programma
di calcolo adottato, ma quello di taratura dei modelli scelti. Infatti allorquando
si vuole riprodurre numericamente il comportamento complesso di una
struttura sollecitata mediante azioni cicliche bisogna fornire una serie di
informazioni, le quali condizionano la risposta molto più di ogni altra cosa. La
conoscenza di alcune di esse è banale, quale per esempio la geometria della
struttura; per altre, si pensi ad esempio alla resistenza ed alla deformabilità del
calcestruzzo confinato, esistono formulazioni teoriche, supportate da studi
sperimentali, che possono ritenersi più o meno affidabili. Ma esistono taluni
parametri, come quelli che regolano il degrado di rigidezza allo scarico o
l’effetto “pinching”, che non sono facilmente determinabili; per la taratura
degli stessi, che possono anche condizionare significativamente la risposta
della struttura, è importante effettuare un confronto numerico-sperimentale.

4.2 PROVE SPERIMENTALI

Le prove sperimentali descritte sono state realizzate ad Ispra (VA) presso lo


European Laboratory for Structural Assessment (ELSA) del Joint Research
Centre della Commissione Europea.
L’edificio è realizzato in scala reale [Negro et al. 1994]; esso è di quattro
piani, con pianta quadrata di lato uguale a 10 m ed altezze di interpiano pari a 3
m, tranne quella del primo interpiano che è uguale a 3.5 m. La struttura in
cemento armato è intelaiata, priva di tamponature, con tre telai per ciascun
lato; nella direzione lungo la quale sono state eseguite le prove essa è
simmetrica presentando due campate da 5 m ciascuna, mentre nella direzione
ortogonale essa è asimmetrica, con una campata lunga 6 m ed una lunga 4 m.
Tutte le colonne hanno sezione quadrata di lato 0.4 m, tranne la colonna
interna la cui sezione ha lati pari a 0.45 m. Tutte le travi hanno sezione uguale
a 0.45 x 0.30 m, mentre gli impalcati sono costituiti da una soletta piena di
spessore pari a 0.15 m. I materiali utilizzati sono calcestruzzo ordinario di
classe C25/30 e barre di acciaio B500 Tempcore, con giunzioni saldate; tale
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 65
acciaio è stato utilizzato perché molto diffuso in Europa, pur se non rispetta i
limiti fissati dall’Eurocodice 8 per quanto concerne il rapporto fra la resistenza
ultima e quella di snervamento. In tabella 4.1 è riportata la resistenza massima
in compressione ottenuta mediante prove su elementi cubici di lato 150 mm di
cemento prelevati dal getto; in tabella 4.2, invece, sono mostrati i risultati di
alcune prove di trazione sulle barre di armatura.

Tabella 4.1. Resistenza a compressione cubica media Rc del conglomerato

Elementi strutturali Data del getto Rc [N/mm2]

Colonne del I piano 26/02/93 49.8


Travi del I piano 08/03/93 56.4
Colonne del II piano 09/03/93 47.6
Travi del II piano 16/03/93 53.2
Colonne del III piano 17/03/93 32
Travi del III piano 24/03/93 47.2
Colonne del IV piano 25/03/93 46.3
Travi del IV piano 31/03/93 42.1

Tabella 4.2. Caratteristiche medie dell’acciaio in trazione

Diametro Area Tensione di Tensione Deformazione


snervamento ultima ultima
[mm] [mm2] [Mpa] [Mpa] A5 %

6 29.2 566.0 633.5 23.5


8 51.4 572.5 636.1 22.3
10 80.3 545.5 618.8 27.5
12 113.1 589.7 689.4 23.0
14 153.3 583.2 667.4 22.7
16 199.2 595.7 681.0 20.6
20 310.0 553.5 660.0 23.1
26 517.2 555.6 657.3 21.6
66 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

Il progetto è stato condotto in base alle prescrizioni degli Eurocodici 2 ed 8,


assumendo i valori dei carichi usuali, quali 2.0 kN/m2 per le tramezzature e le
finiture e 2.0 kN/m2 quale carico accidentale; inoltre è stato utilizzato uno
spettro con accelerazione massima al suolo pari a 0.3 g, suolo tipo B e fattore
di importanza pari ad 1.0. E’ stata, inoltre, scelta una classe di duttilità “alta”,
con fattore di comportamento pari a 5; ciò è anche conseguenza del fatto che
l’edificio soddisfa completamente i criteri di regolarità in pianta ed in
elevazione [fig. 4.1].

Figura 4.1. Geometria dell’edificio oggetto delle prove sperimentali.

Innanzitutto sono state realizzate prove di rilascio di bassa intensità, cioè


tali da non determinare un significativo stato di fessurazione. L’obiettivo di
questi tests preliminari è quello di determinare le caratteristiche dinamiche
dell’edificio, vale a dire le frequenze iniziali e lo smorzamento e quindi di
valutare l’attendibilità delle successive prove pseudodinamiche. Al fine di
portare in conto i carichi fissi non strutturali ed i carichi accidentali calcolati
secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 8, sono state aggiunte masse pari a
24.3 t ai primi tre piani e 26.1 t al piano superiore. In media lo smorzamento è
risultato pari ad 1.8%.
Per quanto concerne le prove pseudodinamiche, queste sono state condotte
nella direzione in cui l’edificio è simmetrico, modellando la struttura come un
sistema a quattro gradi di libertà; infatti apposita strumentazione è stata posta
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 67
al fine di eliminare i gradi di libertà rotazionali e traslazionali nella direzione di
asimmetria dell’edificio. L’algoritmo utilizzato deriva dalle equazioni di
1
Newmark avendo assegnato ai coefficienti β e γ i valori β = 0 e γ = ; in tale
2
modo esso diventa matematicamente uguale a quello delle differenze centrali,
diventando, quindi, un metodo esplicito, condizionatamente stabile e privo di
smorzamento numerico. E’ preferibile utilizzare la formulazione di Newmark
rispetto a quella delle differenze centrali, perché il comportamento della prima
è migliore per quanto concerne gli errori di troncamento quando il passo di
integrazione è piccolo. Lo spostamento, la velocità e l’accelerazione iniziale
sono assunte nulle, l’intervallo temporale di integrazione è posto pari a 4 msec
e non è assegnato alcun smorzamento viscoso. Nel seguito si riporta
brevemente la procedura iterativa considerando lo step n-esimo della prova:
1) il vettore delle forze esterne {Fn +1 } è noto, essendo ovviamente

{F (t )} = −[A]{I }s(t ) (4.1)

dove [A] è la matrice delle masse pari a (le misure sono in tonnellate):

⎡86.9 0 0 0 ⎤
⎢ 0 85.9 0 0 ⎥⎥
⎢ (4.2)
⎢ 0 0 85.9 0 ⎥
⎢ ⎥
⎣ 0 0 0 83.0⎦

2) si calcola il vettore degli spostamenti:

{q n +1 } = {q n } + ∆t ⋅ {q n } + ∆t {qn }
2
(4.3)
2

3) tali spostamenti {q n +1 } sono imposti alla struttura mediante attuatori


elettroidraulici;
4) si attende che gli attuatori si fermino e si misurano le forze interne
{Rn+1 } associate ai nuovi spostamenti;
5) si calcolano i nuovi valori dell’accelerazione e della velocità:
68 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale
−1

{qn +1 } = ⎛⎜ [A] + ∆t [C ]⎞⎟ ⎛⎜ {Fn +1 } − {Rn +1 } − [C ]{q n } − ∆t [C ]{qn }⎞⎟ (4.4)


⎝ 2 ⎠ ⎝ 2 ⎠

{q n +1 } = {q n } + ∆t ({qn } + {qn +1 }) (4.5)


2

6) si pone n = n+1;
7) si riprende dal passo 1).
Nella (4.4) la matrice [C ] è quella degli smorzamenti, che nel caso in esame
risulta nulla.

1.2

0.8
S7
Sa/g

0.6
EC8
0.4

0.2

0
0 0.4 0.8 1.2 1.6 2
Periodo [sec]

Figura 4.2. Spettri elastici dell’Eurocodice 8 e generato.

L’accelerogramma {s(t )} utilizzato (definito S7) è stato generato sulla base


di alcune registrazioni del terremoto del Friuli del 1976 e modificato in
modo che il suo spettro elastico approssimasse quello dell’Eurocodice 8 per
suolo tipo B, smorzamento pari al 5% ed accelerazione massima al suolo
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 69
pari a 0.30 g [fig. 4.2]. Tale accelerogramma, di durata uguale ad 8 sec, è
stato scalato per un coefficiente pari ad 1.5 al fine di sollecitare la struttura
decisamente in campo plastico e sono stati forniti i risultati delle prove in
termini di spostamenti e tagli di piano.

4.3 MODELLAZIONE NUMERICA DELL’EDIFICIO TESTATO AD ISPRA

Come detto nell’Introduzione a questo capitolo tutte le analisi numeriche


sono state effettuate mediante il programma di calcolo CANNY-E e, quindi,
anche i modelli utilizzati, che ora saranno descritti, sono alcuni tra quelli di
libreria di tale programma.
Il modello adottato per riprodurre la risposta ottenuta dalle prove
pseudodinamiche è del tipo con mocromodelli a livello di elementi, nel senso
che si può considerare un insieme di travi e pilastri, con le solette rappresentate
da impalcati infinitamente rigidi nel loro piano. Le masse assegnate nel
baricentro di ciascun impalcato, sono quelle utilizzate per le prove sperimentali
e riportate nella (4.2).
E’ stata assegnata una matrice degli smorzamenti proporzionale a quella
delle masse e delle rigidezze iniziali [Ramasco 1993]:

[B] = am [M ] + a0 [K 0] (4.6)

dove i due coefficienti a m ed a0 sono stati ricavati mediante le equazioni:

⎧ 2a 0
⎪⎪ 2a mω 1 + ω = ν 1

1
(4.7)
2a 0
⎪2 a m ω 2 + =ν 2
⎪⎩ ω2

avendo assegnato ai fattori di smorzamento ν1 e ν2 relativi al primo ed al


secondo modo di vibrazione un valore pari a 0.4%.
70 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

4.3.1 Travi
Il modello adottato per le travi è quello di Giberson [Giberson 1969], già
descritto nel Capitolo II. Il comportamento a taglio è ipotizzato essere elastico,
la deformabilità assiale nulla in virtù dell’ipotesi di impalcato infinitamente
rigido.

Figura 4.3. Modello numerico utilizzato per le travi.

L’elemento è capace di assorbire momenti flettenti agenti in una sola


direzione; tutta la deformazione flettente non elastica è concentrata agli estremi
ed è rappresentata dalla rotazione di due molle a comportamento non lineare
[fig. 4.3]. Il modello isteretico assegnato [Edo & Takeda 1977] è una versione
modificata di quello ben noto di Takeda [Takeda et al. 1970], descritto nel
Capitolo II di questa tesi.
La curva monotona è trilineare, definita dai momenti di fessurazione e
snervamento e dalle rigidezze iniziale, post-fessurazione e post-snervamento.
Tali parametri sono stati ricavati mediante una semplice routine numerica [Li
1996b], che, come dati di ingresso, richiede le caratteristiche dei materiali di
cui la sezione è costituita, essendo questa divisa in fibre. Come poi verrà
ampiamente illustrato quando verrà descritto il modello utilizzato per le
colonne, quali tensioni e deformazioni medie dell’acciaio e del calcestruzzo
non confinato sono stati assunti i valori sperimentali riportati nelle Tabelle 4.1
e 4.2, mentre nel caso del calcestruzzo confinato esse sono state calcolate
mediante le formule di Mander [Mander et al. 1988, Paulay & Priestley 1991].
Per calcolare le rotazioni dalle curvature, la routine di calcolo assume una
distribuzione variabile linearmente delle curvature stesse con punto di nullo
costantemente coincidente con la mezzeria della trave.
L’unico valore della curva monotona che è stato valutato in base a
considerazioni diverse è la pendenza del tratto post snervamento nel caso di
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 71
momento negativo, vale a dire quando questo tende le fibre superiori. Infatti è
ben noto che la zona in cui l’armatura della soletta si snerva aumenta al
crescere della rotazione della trave [CEB 1994, Dolsek & Fajfar 2000, Negro
et al. 1994]e ciò può essere tenuto in conto considerando un’ampiezza
crescente della soletta, e quindi della sua armatura, partecipante al meccanismo
resistente. Questo fenomeno può essere modellato più semplicemente lasciando
invariata la geometria rettangolare della sezione ed incrementando
fittiziamente la rigidezza del tratto tra il momento di snervamento e quello
ultimo: tale rigidezza è stata assunta pari al 5% di quella iniziale nel caso dei
telai esterni e pari al 10% di quella iniziale per le travi afferenti ai telai interni.

Figura 4.4. Fase di scarico dalla curva principale prima e dopo lo snervamento.
72 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

Si ritiene interessante a questo punto descrivere le leggi che regolano lo


scarico ed il ricarico nel modello isteretico utilizzato. Per quanto concerne lo
scarico dalla curva monotona, bisogna distinguere il caso in cui esso avvenga
prima dello snervamento o dopo di esso [fig. 4.4]. Nel primo caso risulta:

⎧K 5 f p' < f p ⎧K 4 f p < f p'


⎪ ⎪
⎪ ⎪
K 10 =⎨ ' ; K 11 = ⎨ (4.8)
⎪ fp − fc ⎪ fp − fc
'

f ≥ fp
'
fp ≥ f '
⎪ d' − d p ⎪ d − d' p
⎩ p c ⎩ p c

Per quanto concerne, invece, lo scarico da un punto della curva monotona


successivo a quello di snervamento, valgono le regole geometriche:

γ γ
f y' − f c ⎛ d 'y ⎞ f y − f c' ⎛ d y ⎞
K8 = ' ⎜ ⎟ ; K9 = ⎜ ⎟ (4.9)
d y − d c ⎜⎝ d 'm ⎟
⎠ d y − d 'c ⎜⎝ d m ⎟

Per quanto concerne lo scarico relativo ai cicli interni, cioè quelli per cui lo
scarico avviene prima del raggiungimento del picco, la rigidezza è pari a:

K '8 = ξ ⋅ K 8 , K ' 9 = ξ ⋅ K 9 (4.10)

Si deve osservare che, al fine di ottenere la migliore corrispondenza


possibile tra i risultati delle analisi numeriche e le prove sperimentali, alle
curve di scarico è stata assegnata la pendenza più dolce possibile (γ = 0.5 e ξ =
0.5) ; ciò implica che la rigidezza allo scarico e l’energia dissipata nei cicli
dopo lo snervamento sono molto piccole. In tal modo si è anche cercato di
tenere parzialmente in conto, sebbene in modo approssimativo, l’effetto dello
scorrimento delle barre di armatura.
Per quanto concerne la retta di ricarico, questa punta al picco più esterno
raggiunto nei cicli precedenti. Bisogna sottolineare, però, che il modello tiene
conto dell’effetto “pinching” assegnando una rigidezza al ricarico pari a [fig.
4.5]:
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 73
λ λ
f' ⎛ d 'y ⎞ fm ⎛ dy ⎞
K = ' m '
' ⎜ ⎟ ; Ks = ⎜ ⎟ (4.11)
s
dm − d0 ⎜ d' ⎟ dm − d0 ⎜d ⎟
⎝ m ⎠ ⎝ m ⎠

essendo (fm, dm) e (f’m, d’m) i punti corrispondenti ai picchi sulla curva
monotona dopo lo snervamento, d0 e d’0 le rotazioni in corrispondenza
dell’inversione del carico e λ un parametro da cui dipende l’entità dell’effetto
“pinching”. A tale parametro è stato assegnato un valore medio, cioè λ = 0.5.

Figura 4.5. Modello isteretico assegnato alle sezioni di estremità delle travi.

All’estremità di ciascuna trave sono stati considerati dei conci rigidi la cui
lunghezza è stata calcolata mediante la formula:

hc ht
l crt = − (4.12)
2 4
74 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

essendo hc la dimensione della sezione del pilastro nella direzione della


trave di cui si sta calcolando la lunghezza del concio rigido ed ht l’altezza di
tale trave.

Figura 4.6. Modello numerico utilizzato per i pilastri.

4.3.2 Pilastri
Le colonne sono idealizzate mediante un modello multi-molle [fig. 4.6].
Esso è costituito da un elemento elastico lineare a comportamento sia tagliante
che flessionale elastico in entrambe le direzioni principali della sezione
trasversale e con deformazioni assiali elastiche. Agli estremi di ciascuna
colonna sono presenti due elementi multi-molle, capaci di modellare il
comportamento flessionale ed assiale non lineare delle sezioni trasversali di
estremità e che tengono conto dell’interazione triassiale; con tale terminologia
si vuole intendere la mutua dipendenza delle tre sollecitazioni, flettenti nelle
due direzioni ortogonali ed assiale, quando la sezione si trova in fase plastica e
che è legata dalla forma del dominio di plasticizzazione, a sua volta dipendente
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 75
dalle caratteristiche di resistenza e deformabilità dei materiali che costituiscono
la sezione stessa.
L’elemento multi-molle, di lunghezza nulla, è separato dal resto della
colonna da due nodi interni ed è caratterizzato da almeno quattro molle, che
riproducono il comportamento delle aree in cui è stata divisa la sezione stessa.
Ciascuna molla è sollecitata mediante una forza assiale ed è soggetta ad uno
spostamento assiale. Tale spostamento è basato sull’ipotesi di sezione piana ed
è determinato dalla rotazione flessionale non lineare e dalla deformazione
assiale dell’elemento multi-molle. Poiché da un punto di vista numerico è
difficile considerare delle molle con comportamento rigido-plastico, la
flessibilità dei due conci di estremità della colonna, di lunghezza pari a quella
ipotizzata di cerniera plastica, è assegnata alle molle come flessibilità iniziale.
Alla generica molla, quindi, si fornisce la rigidezza iniziale:

EiAi
K is 0 = (4.13)
η L0

dove:
K si 0 è la rigidezza iniziale dell’i-esima molla;
Ei è il modulo di Young del materiale;
Ai è l’area della molla;
ηL0 è l’assegnata lunghezza della cerniera plastica;
L0 è la lunghezza dell’elemento colonna, a meno, ovviamente, dei conci
rigidi.
La flessibilità iniziale dell’elemento colonna è divisa tra l’elemento lineare
e l’elemento multi-molle. Supponendo la sezione trasversale della colonna
simmetrica, le molle possono essere disposte simmetricamente attorno al
baricentro della sezione. In questo caso la deformabilità iniziale alla rotazione
δsr dell’elemento multi-molle lungo l’asse principale e la deformabilità iniziale
a sforzo normale δs0 possono essere calcolate attraverso le espressioni:
76 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

η L0 η L0
δ sr = ≈
∑E A Yi i i
2
0.9 EI

(4.14)
η L0 η L0
δ s0 = ≈
∑ EiAi EA

dove Ei è la rigidezza flessionale iniziale della sezione dell’elemento


colonna lungo l’asse considerato ed EA la sua rigidezza assiale iniziale. La
deformabilità flessionale in una direzione dell’elemento elastico può essere
espressa come:

⎡γ a L 0 − L0 ⎤
⎢ 3 EI 6 EI ⎥
⎢ ⎥
⎢ ⎥ (4.15)
⎢ − L0 γ b L0 ⎥
⎢⎣ 6 EI 3 EI ⎥⎦

e la deformabilità assiale come:

γ 0 L0
(4.16)
EA

dove γa, γb e γ0 sono i fattori di riduzione della deformabilità associati


all’elemento multi-molle disposto alle due estremità dell’elemento colonna.
Poiché la deformabilità totale a flessione uniassiale della colonna è:

⎡ L0 − L 0 ⎤ ⎡γ a L 0 η L 0 − L0 ⎤
⎢ 3 EI +
6 EI ⎥ ⎢ 3 EI 0.9 EI 6 EI ⎥
⎢ ⎥ ⎢ ⎥
⎢ ⎥=⎢ ⎥ (4.17)
⎢ − L0 L0 ⎥ ⎢ − L0 γ b L0 η L0 ⎥
⎢⎣ 6 EI +
3 EI ⎥⎦ ⎢⎣ 6 EI 3 EI 0.9 EI ⎥⎦
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 77
i fattori di riduzione γa, γb e γ0 risultano pari a:

η
γ a = γ b = 1.0 −
0.3
(4.18)
γ 0 = 1. 0 − η − η

Figura 4.7. Modellazione numerica delle sezioni di estremità dei pilastri.

Nel caso in esame, ciascun elemento multi-molle costituito da otto molle


rappresentative delle barre di armatura e da sedici molle rappresentative del
calcestruzzo, di cui otto relative al calcestruzzo non confinato ed otto a quello
confinato [fig. 4.7].
Il comportamento di ciascuna molla è caratterizzato da un legame forza-
spostamento, che per l’acciaio è riportato in Figura 4.8. Ciascun valore di forza
è ricavato moltiplicando la tensione assegnata per l’area di armatura afferente
alla molla in esame. Ciascun valore di spostamento è ottenuto, invece,
moltiplicando la corrispondente deformazione per l’assegnata lunghezza della
cerniera plastica. Tale lunghezza è stata assunta pari alla metà del lato della
sezione trasversale [Priestley & Park 1987].
Le otto molle che riproducono il comportamento dell’acciaio sono poste ad
una distanza dal bordo della sezione pari al copriferro; quattro di esse sono
poste negli angoli, le altre quattro al centro dei quattro lati. Le aree di armatura
afferenti a ciascuna molla sono pari a:
78 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

xi y i x i (J y − y i ) (J − xi ) y i
A1 = Asi ; A2 = Asi ; A8 = x Asi (4.19)
JxJy JxJy JxJy

dove:
x ed y sono gli assi principali della sezione trasversale;
A1, A2 ed A8 sono le aree delle molle rispettivamente d’angolo, giacente
sull’asse positivo delle x e giacente sull’asse positivo delle y [fig. 4.6];
Jx e Jy sono l’ascissa e l’ordinata di tali molle;
Asi l’area della i-esima barra di armatura;
xi ed yi l’ascissa e l’ordinata della i-esima barra di armatura.

Figura 4.8. Legame forza-spostamento assegnato alle molle di acciaio.

La curva monotona del legame forza-spostamento è bilineare, con tensione


di snervamento e rigidezza post-snervamento ricavate in base alle tensioni e
deformazioni medie riportate in tabella 4.2. Lo stesso legame è assegnato sia in
compressione che in trazione. La rigidezza allo scarico è stata assunta pari a
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 79
quella iniziale, mentre il coefficiente θ [fig. 4.8], che tiene conto dell’effetto
Baushinger, è stato assunto pari a 0.75.

Figura 4.9. Legame forza-spostamento assegnato alle molle di calcestruzzo.

Per quanto concerne il calcestruzzo, ciascuna molla è posta nel baricentro


dell’area ad essa relativa; al calcestruzzo non confinato è stato assegnato uno
spessore pari a due volte il copriferro, per tener conto del minore effetto di
confinamento delle staffe lungo i lati della sezione. Il legame assegnato è
riportato in figura 4.9.
In compressione la curva monotona è trilineare. Per quanto concerne il
calcestruzzo non confinato, come tensione massima è stata assunta quella
riportata in tabella 4.1, la corrispondente deformazione pari allo 0.2%; per
ottenere ciò, in corrispondenza di una tensione pari alla metà di quella
massima, si è assunto un valore della rigidezza minore di quello iniziale. La
deformazione massima è stata, invece, assunta pari allo 0.4%, la
corrispondente tensione nulla.
Per quanto concerne il calcestruzzo confinato, la tensione massima e la
corrispondente deformazione e la deformazione massima e la corrispondente
80 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

tensione sono calcolate mediante le formule di Mander [Mander et al 1988,


Paulay & Priestley 1991]. Poiché tutti i pilastri hanno sezione quadrata, il
rapporto tra la tensione massima del calcestruzzo confinato e quella del
calcestruzzo non confinato risulta:

f ' cc 7.94 f ' l 2 f ' l


= −1.254 + 2.254 1 + − (4.20)
f 'c f 'c f 'c

dove:
f ' l = K e ρf yh è la tensione di confinamento,
K e = 0.75 per sezioni generalmente rettangolari è il coefficiente di
confinamento,
fyh è la tensione di snervamento delle staffe, il cui valore è riportato in
Tabella 2.2.,
A
ρ = s è il rapporto tra la sezione trasversale complessiva delle staffe e
sh"
l’area del calcestruzzo confinato ottenuti tagliando la sezione con un piano
ortogonale alla direzione in esame,
s è il passo delle staffe,
h” è la larghezza della parte di sezione confinata.
Per quanto riguarda le travi, essendo le sezioni delle stesse rettangolari, si
f ' ly f'
sono dovuti calcolare i rapporti ed lx e mediante un abaco [Mander
f 'c f 'c
et al 1988, Paulay & Priestley 1991], quindi, si è potuto calcolare il rapporto
f ' cc
.
f 'c
La deformazione del calcestruzzo confinato relativa alla tensione massima,
considerando che la corrispondente deformazione del calcestruzzo non
confinato è stata assunta uguale a 0.002, è pari a:

⎡ ⎛ f ' cc ⎞⎤
ε cc = 0.002⎢1 + 5⎜⎜ − 1⎟⎟⎥ (4.21)
⎣⎢ ⎝ f 'c ⎠⎥⎦
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 81
Al fine di ottenere tale deformazione, la rigidezza iniziale è stata
decrementata in corrispondenza di un valore della tensione pari alla metà della
tensione massima.
La deformazione massima del calcestruzzo confinato, considerando che la
corrispondente del calcestruzzo non confinato è stata assunta uguale a 0.004,
risulta pari a:

1.4 ρ s f yh ε sm
ε cu = 0.004 + (4.22)
f ' cc

dove:
ρ s = ρ x + ρ y è il rapporto volumetrico del calcestruzzo confinato,
ρx, ρy coincidono con il rapporto ρ prima descritto nel caso di sezioni
quadrate, assumono valori tra loro differenti nel caso di sezioni rettangolari,
εsm è la deformazione dell’acciaio corrispondente alla tensione massima,
valore che è stato letto nella Tabella 4.2.
La tensione corrispondente alla deformazione ultima è stata calcolata
mediante l’espressione:

f ' cc x u r
f ' cu = (4.23)
r −1+ xr

essendo:

ε cu
xu = (4.24)
ε cc

Ec
r= (4.25)
E c − E sec

con
E c = 4700 f ' c [MPa] modulo tangente,
82 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

f ' cc
E sec = modulo secante.
ε ' cc
Sia per il calcestruzzo confinato che per il calcestruzzo non confinato la
retta di scarico prima dell’attingimento della massima tensione di
compressione è diretta verso il punto appartenente alla retta di carico iniziale e
di ordinata pari alla metà della tensione massima, ovviamente di segno opposto
rispetto alla tensione che si sta scaricando.
La tensione massima di trazione è stata ricavata dalla relazione fornita dalla
Portland Cement Association:

f ct = 0.606 f ccil
0.538
[MPa] (4.26)

essendo
f ccil = 0.83 f c la tensione cilindrica di compressione massima,
fc la tensione massima di compressione letta dalla Tabella 2.1.
La deformazione corrispondente a tale tensione massima è quella del punto
giacente sulla retta elastica; è verso tale punto che è diretta anche la curva di
carico in trazione successiva ad uno scarico dalla curva monotona di
compressione prima dell’attingimento della tensione massima. Non c’è
trazione, invece, quando lo scarico dalla curva monotona di compressione
avviene da un punto che è sul ramo discendente. Lo scarico dalla tensione
massima di trazione è diretto ad un punto sull’asse delle tensioni nulle che
presenta una deformazione pari a tre volte quella corrispondente alla tensione
massima di trazione.
Anche agli estremi dei pilastri è stata tenuta in conto la presenza di conci
rigidi, la cui lunghezza è data da:

ht hc
l crc = − (4.27)
2 4

essendo ht l’altezza della trave in corrispondenza della quale termina il


pilastro di cui si sta calcolando il concio rigido e hc la dimensione della sezione
di tale pilastro.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 83
4.4 ANALISI NUMERICHE

Per calibrare il modello numerico alcuni parametri sono stati assegnati sulla
base di valutazioni teoriche, come sinteticamente illustrato nei paragrafi
precedenti, mentre altri sono stati determinati elaborando i risultati delle prove
sperimentali descritte. Per la valutazione di tali ultimi parametri sono state
condotte numerose analisi, facendoli variare all’interno di intervalli
fisicamente ammissibili e scegliendo i valori che hanno fornito la migliore
correlazione tra risultati sperimentali ed analisi numeriche. Nelle analisi, come
già detto, si è posta particolare attenzione nella determinazione dei coefficienti
di smorzamento, dei parametri che regolano l’andamento dei cicli di isteresi
delle travi e dei pilastri (quali la pendenza della curva di scarico e di ricarico) e
della porzione di soletta collaborante. Come in parte prevedibile si è rilevato
che il comportamento non lineare delle travi condiziona il comportamento
della struttura più di quello delle colonne; questo fenomeno è legato al tipo di
progetto che l’Eurocodice 8 impone, vale a dire a colonne forti e travi deboli,
per cui queste ultime sono interessate più delle prime da plasticizzazioni.
Le analisi sono state condotte sollecitando la struttura con lo stesso
accelerogramma utilizzato per eseguire le prove pseudodinamiche, scalandolo
per un coefficiente amplificativo pari a 1.5 al fine di riprodurre i tests di alto
livello.
Nelle figure 4.10, 4.11, 4.12 e 4.13 è mostrato il confronto tra i risultati
delle prove sperimentali e quelli delle analisi numeriche in termini di storie
temporali degli spostamenti dei baricentri dei quattro impalcati. In tutti e
quattro i casi il massimo spostamento viene colto molto bene; riteniamo che
questo sia un dato importante dal momento che quasi tutti i risultati presenti in
questa tesi sono riportati in termini di massimi valori di storie temporali e ciò
ci garantisce la loro affidabilità. Ovviamente è importante sottolineare che,
oltre al valore massimo, è tutto l’andamento nel tempo delle due curve per
ciascun caso che corrisponde abbastanza bene, sia in termini di forma
dell’andamento stesso che in termini di fase e di massimi relativi.
Analoghe osservazioni si possono fare in merito al confronto numerico-
sperimentale relativo agli spostamenti di interpiano, riportato, per i quattro
piani dell’edificio, nelle figure 4.14, 4.15, 4.16 e 4.17 in termini percentuali
rispetto all’altezza di interpiano. Questo confronto è ancora più significativo
del precedente dal momento che i risultati non sono sommati a quelli dei piani
inferiori. A questo proposito è doveroso osservare che, in corrispondenza
84 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

dell’ultimo livello, gli spostamenti ottenuti dall’analisi numerica sono


generalmente più ampi di quelli ottenuti sperimentalmente; è pur vero che
anche gli sperimentatori [Negro et al. 1994] osservano che spostamento tanto
bassi in corrispondenza dell’ultimo piano non erano attesi.
Anche in termini di taglio di piano, come mostrato nelle figure 4.18, 4.19,
4.20 e 4.21 per i quattro piani dell’edificio, esiste una buona corrispondenza in
termini di fase tra i risultati sperimentali e quelli numerici. E’ pur vero che i
picchi delle storie temporali ottenute numericamente sono generalmente un po’
inferiori rispetto ai corrispondenti valori sperimentali e soprattutto nel primo
caso l’andamento della curva si presenta più irregolare rispetto al secondo.
Questa discrepanza, che in misura minore può essere notata anche in termini di
spostamento, è legata allo smorzamento. Infatti, essendo le prove
pseudodinamiche comunque prove statiche, esse non tengono naturalmente
conto dello smorzamento; questo, inoltre, è stato posto uguale a zero
nell’algoritmo utilizzato nelle prove stesse. Nelle analisi numeriche, di tipo
dinamico, al contrario deve necessariamente essere assegnato un valore dello
smorzamento. Nel caso in esame, quindi, al fine di ottenere degli spostamenti
di entità prossima a quelli sperimentali è stato assegnato uno smorzamento
relativo molto basso, come illustrato nel paragrafo 4.3; ciò
contemporaneamente, però, è causa dell’irregolarità degli andamenti delle
storie temporali.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 85

I impalcato

60

40

20

Spostamento [mm]
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-20

-40

-60

-80
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.10. Storia temporale degli spostamenti del I impalcato.

II impalcato

100

50
Spostamento [mm]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8

-50

-100

-150
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.11. Storia temporale degli spostamenti del II impalcato.


86 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

III impalcato

150

100

50
Spostamento [mm]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-50

-100

-150

-200
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.12. Storia temporale degli spostamenti del III impalcato.

IV impalcato

200
150
100
Spostamento [mm]

50
0
-50 0 1 2 3 4 5 6 7 8

-100
-150
-200
-250
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.13. Storia temporale degli spostamenti del IV impalcato.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 87

I piano

2.0
1.5

Spostamento d'interpiano/Hi [%]


1.0
0.5
0.0
-0.5 0 1 2 3 4 5 6 7 8

-1.0
-1.5
-2.0
-2.5
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.14. Storia temporale degli spostamenti di interpiano (I piano).

II piano

2.0
1.5
Spostamento d'interpiano/Hi [%]

1.0
0.5
0.0
-0.5 0 1 2 3 4 5 6 7 8

-1.0
-1.5
-2.0
-2.5
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.15. Storia temporale degli spostamenti di interpiano (II piano).


88 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

III piano

2.0
1.5
Spostamento d'interpiano/Hi [%]

1.0
0.5
0.0
-0.5 0 1 2 3 4 5 6 7 8

-1.0
-1.5
-2.0
-2.5
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.16. Storia temporale degli spostamenti di interpiano (III piano).

IV piano

2.0
1.5
Spostamento d'interpiano/Hi [%]

1.0
0.5
0.0
-0.5 0 1 2 3 4 5 6 7 8

-1.0
-1.5
-2.0
-2.5
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.17. Storia temporale degli spostamenti di interpiano (IV piano).


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 89

Taglio alla base

1500

1000

500

Taglio [kN]
0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-500

-1000

-1500
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.18. Storia temporale del taglio alla base.

II piano

1500

1000

500
Taglio [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-500

-1000

-1500
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.19. Storia temporale del taglio relativo al secondo piano.


90 Capitolo IV – Confronto numerico-sperimentale

III piano

1000
800
600
400
Taglio [kN]

200
0
-200 0 1 2 3 4 5 6 7 8
-400
-600
-800
-1000
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.20. Storia temporale del taglio relativo al terzo piano.

IV impalcato

800

600

400

200
Taglio [kN]

0
0 1 2 3 4 5 6 7 8
-200

-400

-600

-800
Tempo [sec]

Test Analisi

Figura 4.21. Storia temporale del taglio relativo al quarto piano.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 91

Capitolo V
Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

5.1 INTRODUZIONE

Negli edifici intelaiati l’azione bidirezionale del sisma tende a ridurre la


resistenza delle colonne a causa degli effetti dell’interazione biassiale. Inoltre,
mentre in campo elastico esiste accoppiamento latero-torsionale solo in caso di
strutture asimmetriche in pianta, in campo anelastico la plasticizzazione degli
elementi strutturali può innescare oscillazioni torsionali anche negli edifici
simmetrici.
Per questo motivo negli ultimi anni si è molto discusso della possibilità di
cogliere mediante analisi di tipo unidirezionale l’effettiva risposta degli edifici,
che generalmente presentano elementi resistenti orientati lungo due direzioni
ortogonali e che ovviamente sono soggetti ad entrambe le componenti
orizzontali dell’azione sismica. De La Llera e Chopra [De La Llera & Chopra
1995] correlano la possibilità o meno di trascurare gli elementi ortogonali
all’intensità dell’azione sismica; i risultati ottenuti da Riddel e Santa-Maria
[Riddel & Santa-Maria 1999] mostrano, invece, che l’effetto dell’input sismico
bidirezionale si risente in particolar modo sul lato flessibile delle strutture
asimmetriche in pianta di basso periodo ed aumenta all’aumentare
dell’eccentricità e dell’intensità della componente secondaria del sisma ed al
diminuire della resistenza e del periodo.
92 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

Come già ampiamente detto nel capitolo III, le moderne normative, quali
l’Eurocodice 8, l’Uniform Building Code ed il NEHERP, generalmente
prescrivono di combinare gli effetti ottenuti dall’applicazione delle due
componenti orizzontali mediante la radice quadrata della somma dei quadrati
oppure, per ciascuna delle direzioni di analisi, aggiungendo agli effetti ottenuti
dall’applicazione della componente agente in quella direzione, un’aliquota
degli effetti ottenuti dall’applicazione della componente agente nella direzione
ortogonale, aliquota generalmente pari al 30%.
Tali incrementi delle sollecitazioni di progetto mirano, ovviamente,
all’aumento della resistenza degli edifici, affinché il progettista sia cautelato
nei confronti di alcuni effetti negativi legati alla esistenza, nella realtà fisica, di
due componenti orizzontali dell’azione sismica. Tali effetti sono: 1)
l’incremento di energia che la struttura deve assorbire in virtù della presenza
non di una, ma di entrambe le componenti orizzontali dell’azione sismica; 2)
gli effetti dell’interazione triassiale (vale a dire l’interazione sul dominio di
plasticizzazione della sezione delle due azioni flettenti agenti in piani
ortogonali e dello sforzo normale variabile); 3) la variazione dell’angolo di
incidenza del sisma, il quale potrebbe sollecitare l’edificio lungo direzioni di
minore resistenza rispetto a quelle principali di progetto.
A sottolineare l’attualità dell’argomento trattato, si osserva che oltre dieci
articoli presentati all’ultima Conferenza Mondiale di Ingegneria Sismica,
tenuta in Nuova Zelanda nel febbraio 2000, avevano come oggetto il problema
in esame.

5.2 PROVE SPERIMENTALI

I risultati sperimentali analizzati nel seguito sono in particolare relativi ad


elementi in cemento armato sollecitati mediante presso-flessione deviata
ciclica, tipo di sollecitazione caratteristico dei pilastri di un edificio intelaiato
soggetto ad azione sismica. L’interesse specifico relativo al comportamento
degli elementi colonna è giustificato dal fatto che, mentre le travi sono quasi
per nulla condizionate da azioni ortogonali al piano cui appartengono, i pilastri,
soprattutto se quadrati, sono preposti a sopportare indistintamente
sollecitazioni flettenti agenti secondo entrambe le direzioni principali delle loro
sezioni trasversali. Quindi, la diversa risposta della struttura nei casi in cui
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 93
questa sia sollecitata da azioni orizzontali cicliche in una sola direzione oppure
in entrambe è fortemente legata proprio al loro diverso comportamento nei due
casi.

Figura 5.1. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a flessione


deviata [Takizawa & Aoyama 1976].

Tra le diverse prove eseguite con controllo degli spostamenti su elementi a


sezione trasversale quadrata incastrati ad un estremo e privi di sforzo normale
riportate in [Takizawa & Aoyama 1976] una di esse presenta risultati che
appaiono interessanti. Essa è caratterizzata da un carico monotono con
spostamento imposto parallelo ad un lato del provino condotto oltre la
condizione di snervamento e spostamenti successivi a 45° rispetto a tale
direzione, la cui traccia sul piano cartesiano forma tre quadrati ognuno
94 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

contenente il precedente [fig. 5.1]; ciascuno dei due quadrati interni è tracciato
due volte. Riportando su un piano cartesiano i valori delle forze necessarie per
ottenere gli spostamenti assegnati, si osserva che i punti corrispondenti a tali
valori formano dei quadrati che sono ruotati di circa 15°-20° rispetto a quelli
relativi agli spostamenti. Ciò è dovuto al fatto che quando viene fatto variare lo
spostamento in una direzione la forza necessaria a mantenere costante lo
spostamento nella direzione ortogonale diminuisce; questo fenomeno rivela un
decremento di resistenza in una direzione a causa dell’azione nella direzione
ortogonale.

Figura 5.2. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a flessione


secondo le due direzioni principali [Otani et al. 1980].

Anche in [Otani et al. 1980] sono presentate alcune prove su mensole in


cemento armato a sezione quadrata sollecitate a flessione deviata mediante
spostamenti imposti. Una delle prove è caratterizzata da due cicli di
spostamenti in una direzione di entità pari a 2 volte lo spostamento al limite
elastico, seguiti da otto cicli nella direzione ortogonale con spostamento
massimo pari a 4.5 volte lo spostamento al limite elastico; seguono, infine, 2
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 95
cicli identici, in direzione ed entità, ai primi due. Il confronto in termini di
diagramma forza-spostamento fra la prima e l’ultima serie di cicli, mostra in
questo secondo caso un forte abbattimento della resistenza, il quale rivela che
per l’elemento esaminato azioni cicliche di alta intensità in una direzione
influenzano decisamente il comportamento nella direzione ortogonale.
Altra prova interessante condotta dagli stessi autori su un provino simile
consta di cicli di spostamenti assegnati caratterizzati da una duttilità massima
pari a 2 e seguiti da cicli nella direzione ortogonale caratterizzati da duttilità
massima pari a 2 i primi due e pari a 4 i secondi due. I risultati ottenuti da tale
prova sono confrontati con quelli determinati su un provino identico, al quale è
stata imposta la stessa storia di spostamenti, ma tutti nella stessa direzione. I
diagrammi forza-spostamento ottenuti nei due casi si presentano molto simili,
pur se nel caso unidirezionale l’abbattimento della resistenza in corrispondenza
dell’ultimo ciclo è molto più evidente [fig. 5.2]. Ciò da un lato conferma
l’influenza che l’azione in una direzione presenta nella direzione ortogonale,
dall’altro mostra, però, che l’azione ciclica secondo una direzione fissa
determina un danneggiamento maggiore rispetto al caso in cui la direzione di
tale azione sia variabile.
[Takiguchi et al. 1980] e [Kobayashi et al. 1984] confermano quanto detto
sopra confrontando la risposta di un provino incastrato ad entrambe le
estremità soggetto a flessione uniassiale a quella dello stesso provino soggetto
a flessione deviata. Tale flessione è indotta mediante una storia di spostamenti
imposti caratterizzata da quattro orbite circolari o ellittiche, ciascuna
contenente la precedente e di raggio pari all’ampiezza dei cicli uniassiali di
riferimento; tale ampiezza è circa pari a 0.5, 1.5, 2.5 e 3.5 volte lo spostamento
corrispondente allo snervamento. I diagrammi forza-spostamento dei provini
con storie di spostamenti indotti uniassiale e biassiale sono simili, pur se nel
secondo caso si mostrano più stretti, rivelando un decremento della resistenza
di snervamento. Considerando la forma del dominio di resistenza di una
sezione in cemento armato, tale decremento è facilmente spiegabile.
[Saatcioglou 1984] e [Saatcioglou & Ozcebe 1989] sollecitano provini di
sezione quadrata incastrati ad un estremo a pressoflessione deviata. E’ imposta
una storia di spostamenti la cui traccia nel piano orizzontale è tale da formare 5
ellissi concentriche con raggio minore pari alla metà del maggiore e
quest’ultimo pari a 0.5, 1.0, 2.0, 3.0 e 4.0 volte lo spostamento al limite di
snervamento; ciascuna ellisse è tracciata 3 volte in senso orario. I risultati sono
confrontati con quelli ottenuti sollecitando provini uguali a flessione retta
96 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

mediante la stessa storia di carico. I cicli forza-abbassamento nella direzione


dei lati della sezione ottenuti nel primo caso risultano più ampi di quelli
ottenuti nel secondo, mostrando un incremento di energia dissipata dovuto
all’accoppiamento delle sollecitazioni agenti nelle due direzioni. Tale
accoppiamento si manifesta anche nel decremento, rispetto al caso di
sollecitazione uniassiale, della forza massima attinta nella direzione dell’asse
minore dell’ellisse a parità di spostamento.

Figura 5.3. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a flessione


deviata [Bousias et al. 1992].
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 97

Figura 5.4. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a pressoflessione


deviata [Li et al. 1987].

Molte sono le prove sperimentali presentate in [Bousias et al. 1992, Bousias


1993] relative a provini tipo mensola ai quali è imposta una storia di
98 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

spostamenti secondo due direzioni ortogonali, essendo assegnato uno sforzo


normale costante; i risultati sono confrontati con quelli ottenuti su un provino
simile da una storia di spostamenti imposti unidirezionale. Una prima prova è
caratterizzata da cicli di spostamenti applicati separatamente nelle due
direzioni ortogonali in maniera alternata di ampiezza crescente linearmente. Da
questa si osserva un certo degrado di resistenza in una direzione dovuto al ciclo
immediatamente precedente di uguale ampiezza nella direzione ortogonale.
Inoltre sono misurati gli spostamenti assiali dovuti sia all’accumulo di
deformazione plastica nelle barre di armatura sia allo scorrimento delle stesse.
Si rileva che tali spostamenti sono proporzionali alle deformazioni flessionali,
indipendenti dalla direzione dello spostamento trasversale imposto e molto
legati, invece, all’entità dello sforzo assiale applicato. Considerando anche
altre prove si deduce che quando tale sforzo normale ha un valore basso tali
spostamenti sono degli allungamenti, altrimenti sono degli accorciamenti;
inoltre, gli iniziali allungamenti possono convertirsi in accorciamenti col
progredire del danneggiamento.
Una prova è caratterizzata da uno spostamento nella direzione trasversale
costante a tratti e crescente da tratto a tratto e per ciascuno di tali tratti da
spostamenti ciclici crescenti nella direzione principale da zero al valore
imposto nella prima direzione. Se da un lato si può notare che la presenza di
tale ultimo spostamento influenza poco l’andamento dei cicli nella direzione
principale, dall’altro si osserva che la forza necessaria a mantenere lo
spostamento costante decresce decisamente, fin quasi ad annullarsi, al crescere
dell’ampiezza dei cicli nella direzione principale [fig. 5.3]; quest’ultimo
fenomeno determina un forte incremento dell’energia dissipata.
In [Li et al. 1987] sono riportate 5 prove sperimentali con provini sollecitati
mediante flessione biassiale, una delle quali caratterizzata da sforzo normale
costante, le altre da sforzo normale variabile. Il percorso di spostamenti
imposti consiste in due quadrati uniti a formare un 8; per ogni massimo
spostamento sono tracciati quattro 8, il cui asse longitudinale è nei primi due
parallelo ad una diagonale della sezione quadrata del provino, nei secondi due
è parallelo all’altra diagonale della sezione. Nel primo e nel terzo caso tale
percorso è compiuto in senso antiorario, nel secondo e nel quarto in senso
orario. In due delle prove (B8-1, B8-2) lo sforzo normale adimensionalizzato

N
ν= (5.1)
Ac f c
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 99
dove Ac è l’area di calcestruzzo ed fc la resistenza dello stesso, varia intorno
ad un valore medio pari a 0.07, nelle altre due (B40-1, B40-2) il valore medio
di ν è pari a 0.32. Se si considerano le prove B8-1 e B40-1, in cui lo sforzo
normale varia con l’entità della forza trasversale nella direzione NS, il
diagramma momento rotazione si presenta asimmetrico sia in termini di
rigidezza che di resistenza quasi unicamente nella direzione NS e nel caso di ν
basso [fig. 5.4]; gli effetti di tale variazione sono lievi per ν alto e nella
direzione EW. Nelle prove B8-2 e B40-2, invece, ν è fatto variare
proporzionalmente ad entrambe le azioni trasversali; in tutte e due le direzioni
nel caso di sforzo normale medio adimensionalizzato basso i cicli sono
fortemente asimmetrici, mentre nel caso in cui ν medio sia alto tale fenomeno
non si rileva sistematicamente.

Figura 5.5. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a pressoflessione


deviata [Low & Moehle 1987].

In [Low & Moehle 1987] sono riportate alcune prove su elementi in


cemento armato incastrati ad un’estremità di sezione rettangolare in cui la
sollecitazione di sforzo normale è tenuta costante oppure è fatta variare da un
valore di ν = 0 ad un valore di ν = 0.13. Tra le altre è interessante la prova in
cui la storia di spostamenti imposti è del tipo “a quadrifoglio” [fig. 5.5], con
quattro diversi livelli di spostamento: innanzitutto è tracciato il quadrato nel
primo quadrante in senso antiorario, dopodiché quello nel quarto quadrante
100 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

sempre in senso antiorario, quindi quelli nel secondo e terzo quadrante in senso
orario. Facendo variare l’entità dello sforzo normale in funzione dello
spostamento trasversale nella direzione debole, si osserva che nella direzione
forte i cicli relativi a valori crescenti dello sforzo normale presentano rigidezza
e resistenza crescenti, quelli relativi a valori decrescenti, al contrario,
presentano rigidezza e resistenza decrescenti. Tale fenomeno è evidenziato
anche dalle prove di [Li et al. 1987].

Figura 5.6. Prova sperimentale su elemento in c.a. sollecitato a pressoflessione


deviata [Bousias et al. 1992].

In [Bousias et al. 1992] sono riportate, sulla stessa tipologia di provini


sollecitati a pressoflessione deviata ciclica con sforzo normale costante
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 101
descritti precedentemente, prove in cui lo sforzo normale adimensionalizzato ν
è fatto variare da 0 a 0.27 ciclicamente proporzionalmente alla forza in una
delle direzioni trasversali, mentre in quella ortogonale lo spostamento è tenuto
costante. Le prove sono realizzate considerando sei combinazioni tra quattro
valori dell’eccentricità (0.4, 0.6, 1.0 e 1.2) e tre dello spostamento trasversale
costante (pari ad 1.0, 2.0 e 2.5 volte lo spostamento uniassiale di snervamento).
I cicli forza-spostamento trasversale si presentano asimmetrici con il già
osservato abbattimento della resistenza e della rigidezza in fase di carico ed
allo scarico al decrescere dello sforzo normale [fig. 5.6]. In tal caso
l’asimmetria è molto marcata dal momento che il dominio limite della sezione
è raggiunto nella direzione dello sforzo normale decrescente, mentre per sforzi
normali alti il comportamento è quasi elastico. Dai cicli che differiscono
unicamente per una variazione dell’entità dello spostamento trasversale
costante si osserva che l’incremento di questo determina un generale
abbattimento di rigidezza e resistenza da cui deriva un incremento di
deformabilità flessionale ed assiale. Infine si nota ancora che la forza
necessaria al mantenimento di tale spostamento costante all’aumentare dei cicli
flessionali ed assiali decresce decisamente, tanto che i diagrammi
rappresentanti tali azioni in funzione della suddetta forza puntano al piano in
cui essa è nulla.

5.3 STATO DELL’ARTE

5.3.1 Sistemi doppiamente simmetrici


I primi passi nello studio di edifici in cemento armato intelaiati soggetti ad
azioni sismiche in cui gli effetti ortogonali sono portati in conto sono compiuti
negli anni Settanta.
In [Takizawa & Aoyama 1976] è sviluppato un modello di comportamento
di una sezione in cemento armato soggetta a pressoflessione che estende al
caso bidimensionale quello con curva monotona trilineare e degrado di
rigidezza. La bontà di tale modello è verificata sulla base di prove sperimentali
statiche eseguite su pilastri in cemento armato soggetti a pressoflessione
deviata. E’ inoltre esteso al caso bidimensionale il modello senza degrado di
rigidezza, in modo da valutare l’influenza di tale degrado sulla risposta di
102 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

elementi colonna sollecitati da azioni sismiche (terremoti reali) bidirezionali di


forte intensità. Tale confronto mostra che gli effetti dell’interazione biassiale
possono essere significativi nel caso in cui il modello numerico assunto tenga
conto del degrado di rigidezza della sezione all’aumentare delle deformazioni
plastiche, mentre non lo sono in assenza di tale degrado. Inoltre tali effetti si
risentono di più quando il livello di sollecitazione è tale che la sezione si trovi
nella zona di passaggio tra il comportamento elastico e quello plastico,
piuttosto che nel caso in cui essa sia fortemente plasticizzata.
In [Park et al. 1986] vengono presi in considerazione sistemi a due gradi di
libertà traslazionali. Ad essi viene assegnato sia un comportamento tipo
acciaio, vale a dire elasto-plastico con incrudimento senza alcun degrado, sia
tipo cemento armato; in quest’ultimo caso il legame forza-spostamento
presenta una curva monotona di tipo trilineare ed un comportamento ciclico
caratterizzato dal degrado sia della rigidezza che della resistenza. L’eccitazione
sismica è rappresentata da accelerogrammi generati. La duttilità richiesta nella
direzione orizzontale X del sistema di riferimento (µIX), quella nella direzione
Y (µIY) ottenute per eccitazione unidirezionale agente rispettivamente lungo X
e lungo Y e la radice quadrata della somma della somma dei loro quadrati (µIR)
sono confrontati con gli stessi parametri calcolati sotto eccitazione
bidirezionale (µX, µY, µR). Tale confronto è realizzato al variare del rapporto tra
le resistenze in corrispondenza dello snervamento nelle due direzioni ed la
variare di µIX. Si osserva che µX e µR sono maggiori dei corrispondenti
parametri ottenuti sotto eccitazione unidirezionale e tale differenza aumenta al
crescere del livello di impegno plastico del sistema e del rapporto tra la
resistenza nella direzione X e quella nella direzione Y; inoltre gli effetti
dell’interazione biassiale sono più evidenti nel caso in cui il modello presenti
degrado di rigidezza e resistenza. Si conclude, quindi, che nel caso di sistemi in
cui tale degrado è assente ed in cui la richiesta plastica non è molto elevata (µIX
< 4), la:

µ IR = µ IX
2
+ µ IY
2
(5.2)

fornisce risultati attendibili; altrimenti bisogna considerare l’azione


contemporanea delle due componenti dell’eccitazione sismica.
Anche in [De Stefano & Faella 1993, De Stefano & Faella 1995, De Stefano
& Faella 1996] viene studiato un sistema a due gradi di libertà traslazionali. Al
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 103
modello è assegnato un comportamento elastico perfettamente plastico ed un
dominio di plasticizzazione di forma ellittica. La resistenza massima nelle due
direzioni orizzontali è assegnata mediante spettri inelastici a duttilità
controllata di sistemi ad un grado di libertà soggetti alle due componenti dei
terremoti utilizzati nelle analisi agenti separatamente; i terremoti scelti sono sia
generati che storici. Questo tipo di progetto ha permesso di isolare la duttilità
richiesta dal periodo del sistema e dal fattore di riduzione adottato. Dalle
analisi eseguite si è potuto osservare che un indice di danneggiamento
dipendente dalla dissipazione di energia, quale la duttilità isteretica biassiale,
permette di determinare in maniera più chiara gli effetti dell’azione
contemporanea di entrambe le componenti del sisma rispetto ad un parametro
dipendente dal massimo spostamento attinto, quale la duttilità radiale richiesta.
Per duttilità isteretica biassiale si è definita l’espressione:

E hx E hy
µ hr = 1 + + (5.3)
Fxo u xo F yo u yo

essendo Ehx, Fxouxo ed Ehy, Fyouyo le energie plastiche dissipate e quelle


elastiche che il sistema può assorbire rispettivamente nella direzione X ed in
quella Y. Inoltre le analisi numeriche svolte hanno mostrato che l’incremento
di danno nel caso di eccitazione bidirezionale rispetto a quella unidirezionale
dovuto agli effetti dell’interazione biassiale è maggiore nel caso di sistemi a
basso periodo (Tx < 0.5 sec); tale risultato è confermato al variare dell’input
sismico utilizzato, della rigidezza del sistema e dell’impegno plastico richiesto.
Infine sono stati calcolati i fattori di sovraresistenza da assegnare al sistema al
fine di ricondurre il danneggiamento ottenuto sotto doppia componente del
sisma a quello accettato sotto singola componente. Poiché le analisi
parametriche mostrano che tali sovraresistenze variano dal 20% al 40%, si
afferma che è confermata l’adeguatezza delle prescrizioni dell’Eurocodice 8
relative agli effetti ortogonali.
[Kitajima et al. 1996] confrontano la risposta in termini di spostamenti di
colonne in cemento armato soggette ad una sola delle componenti di terremoti
reali con quella ottenuta utilizzando entrambe le componenti degli stessi
terremoti. Il modello computazionale utilizzato è del tipo a fibre ed è tarato
sulla base di prove sperimentali realizzate su tavola vibrante e descritte nel II
capitolo di questa tesi. Si osserva che i massimi spostamenti delle colonne
ottenuti sotto eccitazione bidirezionale sono uguali a quelli che si otterrebbero
104 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

sotto eccitazione unidirezionale se la resistenza delle colonne fosse ridotta


1
mediante un coefficiente variabile da 1.0 ad ; ciò è evidentemente dovuto
2
al noto fenomeno dell’interazione biassiale che si verifica nel primo caso.
Molto interessanti sono i risultati presentati in [Zeris & Mahin 1991],
relativi allo studio di un edificio intelaiato in cemento armato di due piani e
con una campata per ciascun lato. I pilastri della struttura sono modellati
mediante il metodo agli elementi finiti. Essi sono divisi in cinque conci, le cui
sezioni trasversali sono divise in un certo numero di fibre, che riproducono il
comportamento del calcestruzzo confinato, di quello non confinato e
dell’acciaio delle barre di armatura. La risposta di tale edificio sollecitato da
una delle componenti del terremoto registrato a Taft nel 1952 è confrontata con
quella ottenuta applicando la stessa componente contemporaneamente nella
direzione ortogonale; in entrambi i casi tale componente è amplificata per
ottenere un picco di accelerazione assegnato. Si osserva che nel caso di
eccitazione bidirezionale la resistenza e la rigidezza flessionale dei pilastri
sollecitati a pressoflessione deviata si riduce rispetto al caso di eccitazione
unidirezionale. Inoltre, a livello locale, le deformazioni aumentano, soprattutto
quelle delle barre di armatura d’angolo; da ciò segue che il danneggiamento
delle sezioni trasversali delle colonne a causa dell’eccitazione bidirezionale
cresce. Tale incremento, però, non è ben quantificabile mediante gli indici di
danno utilizzati nel caso di edifici in cemento armato soggetti a carichi ciclici
uniassiali. Infine si fa notare che, a causa della presenza contemporanea di due
componenti ortogonali dell’azione sismica, anche una struttura doppiamente
simmetrica in pianta può manifestare una risposta non lineare di tipo
torsionale. Le asimmetrie in termini di rigidezza e resistenza che si generano
sono accentuate dalla variazione di sforzo assiale nelle colonne, dovuta alle
azioni orizzontali.

5.3.2 Sistemi asimmetrici


Negli ultimi anni la comunità scientifica si è molto interessata agli effetti
dell’eccitazione bidirezionale nell’ambito del più vasto filone di ricerca
relativo alla risposta torsionale di strutture asimmetriche in pianta. Lo studio di
tali effetti in questo ambito è strettamente legato al problema della valutazione
dell’importanza della presenza nei modelli di calcolo di elementi resistenti alle
azioni orizzontali ortogonali alla direzione di analisi. Si vuole osservare che
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 105
generalmente tutti gli elementi resistenti di tali strutture sono modellati
numericamente mediante molle a comportamento elastico-perfettamente
plastico ed i cui cicli isteretici non prevedono degrado, né in termini di
rigidezza né in termini di resistenza. Tali elementi, ovviamente, offrono
resistenza unicamente in una direzione.
In [Correnza et al. 1994] è studiata la risposta torsionale di edifici
monopiano intelaiati in entrambe le direzioni aventi l’impalcato infinitamente
rigido; essi, progettati secondo le prescrizioni dell’Uniform Building Code,
sono simmetrici in una direzione e con eccentricità delle rigidezze variabile
nell’altra. La loro risposta sotto entrambe le componenti di terremoti storici è
confrontata con quella ottenuta facendo agire la sola componente principale
degli stessi nella direzione di asimmetria. Si osserva che, nel caso di edifici
aventi periodo fondamentale basso, una esatta valutazione degli effetti
torsionali in campo non lineare può essere ottenuta unicamente mediante
eccitazione bidirezionale; ciò è particolarmente vero per quanto concerne la
risposta inelastica degli elementi appartenenti al lato flessibile, che sotto
eccitazione unidirezionale può essere sottostimata anche del 100%. Invece, per
quanto concerne gli elementi del lato rigido, l’eccitazione della struttura
mediante una sola componente del sisma permette di ottenere una risposta non
lineare soddisfacente, sebbene leggermente non cautelativa. Inoltre si fa notare
che gli elementi resistenti ortogonali alla direzione principale di analisi,
manifestano, nel caso di strutture fortemente eccentriche di basso periodo, un
comportamento fortemente non lineare anche quando agisce la sola
componente principale del terremoto; invece in tal caso gli elementi ortogonali
di strutture di periodo più elevato, attingono un valore di duttilità al più pari a
2. Tale valore cresce molto, ovviamente, se è applicata anche la seconda
componente del sisma.
Anche in [Goel 1997] si eseguono analisi non lineari di edifici monopiano
con eccentricità delle rigidezze variabile (in entrambe le direzioni), soggetti ad
entrambe le componenti di terremoti storici. Si osserva che gli elementi
resistenti del lato flessibile dei sistemi asimmetrici in pianta sono soggetti a
richieste di duttilità isteretica di gran lunga maggiori rispetto ai corrispondenti
elementi dei sistemi simmetrici; ciò non accade per gli elementi resistenti del
lato rigido. Tale fenomeno può spiegare il collasso, durante i recenti terremoti
del Messico (1985) e di Kobe (1995), di alcuni edifici i quali presentavano
elementi resistenti ad azioni orizzontali con bassa capacità di dissipare energia
isteretica. Si conclude, quindi, osservando che le normative dovrebbero
106 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

prevedere particolari prescrizioni per gli edifici asimmetrici in pianta, che


assicurino che tale capacità sia pari a quella richiesta.
[De Stefano et al. 1996, De Stefano et al. 1998] studiano, come [Correnza et
al. 1994], sistemi monopiano ad eccentricità variabile in una sola direzione e
simmetrici nell’altra, progettati secondo le prescrizioni dell’Uniform Building
Code e soggetti ad entrambe le componenti di terremoti storici. Gli autori,
però, in questo caso concentrano la loro attenzione proprio sugli elementi
resistenti del lato simmetrico; essi osservano che, a causa della rotazione
dell’impalcato, la massima duttilità richiesta a tali elementi è sempre maggiore
rispetto ai corrispondenti elementi di edifici dello stesso tipo ma doppiamente
simmetrici. Da ciò concludono che l’asimmetria non può essere considerata
una caratteristica della direzione di analisi, ma è una proprietà intrinseca
dell’edificio; essi sottolineano, quindi, la necessità di modelli ed input sismici
bidirezionali al fine di studiare taluni aspetti della risposta torsionale delle
strutture. Per quanto concerne il progetto, essi sostengono, infine, che la pratica
comune di considerare le azioni sismiche agenti non contemporaneamente
lungo due direzioni ortogonali arbitrarie dovrebbe essere abbandonata.
Confronti molto interessanti fra la risposta non lineare dello stesso tipo di
edifici sotto eccitazione unidirezionale e bidirezionale al variare dei due
periodi traslazionali e del rapporto tra rigidezza torsionale e laterale sono
condotti da [Riddel & Santa Maria 1999]. Dal rapporto tra le deformazioni
massime ottenute sollecitando la struttura con entrambe le componenti
orizzontali di diversi terremoti reali e con la sola componente principale degli
stessi, gli autori deducono che la presenza della seconda componente del sisma
amplifica evidentemente la risposta degli elementi appartenenti al lato
flessibile della pianta di sistemi di basso periodo fondamentale. Tale effetto
aumenta all’aumentare dell’eccentricità delle rigidezze e della intensità della
seconda componente ed al diminuire della resistenza massima e del periodo
fondamentale. Al contrario, la risposta gli elementi resistenti appartenenti al
lato rigido della struttura varia lievemente in caso di eccitazione bidirezionale
rispetto al caso di eccitazione unidirezionale.
[De la Colina 1999] riprende lo studio dei sistemi finora analizzati, pur se
agli estremi degli elementi resistenti assegna un legame isteretico del tipo
Clough-Otani, caratteristico degli elementi in cemento armato soggetti a
flessione; la rigidezza post-snervamento è assunta pari al 10% di quella
iniziale. Anche in tale lavoro per le analisi sono utilizzate entrambe le
componenti di terremoti storici. Le componenti di ciascuno di essi aventi
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 107
l’accelerazione di picco più elevata (principali) sono scalate in modo che tale
picco sia uguale ad 1g; quelle secondarie sono moltiplicate per lo stesso
coefficiente in modo che conservino il rapporto reale rispetto alle principali.
L’autore conclude sottolineando la necessità di eseguire studi specifici per
indagare circa l’equivalenza, in termini di risposta torsionale degli edifici, tra
analisi unidirezionali e bidirezionali, avendo egli stesso notato differenze di
risultati tra i due tipi di analisi.
Decisamente differente è il tipo di struttura analizzata in [Cruz and
Cominetti 2000]. Gli autori analizzano la risposta elastica e non lineare di
edifici di 5 piani in cemento armato in cui vengono fatti variare l’eccentricità
delle rigidezze in pianta, la rigidezza traslazionale e rotazionale ed il periodo
fondamentale. Tali edifici sono progettati secondo le prescrizioni della
normativa cilena, la quale non tiene conto degli effetti ortogonali, prevedendo
che l’azione sismica orizzontale possa agire nelle due direzioni principali in
maniera indipendente. Il modello numerico prevede la formazione di cerniere
plastiche agli estremi di ciascun elemento e tiene conto dell’interazione fra
momenti flettenti agenti nelle due direzioni e sforzo assiale sulla superficie di
snervamento. La risposta sismica di tali edifici è valutata in termini di massimi
spostamenti di piano, sforzi normali e duttilità rotazionali delle travi e delle
colonne del primo livello. Per ciascuno dei terremoti reali utilizzati, i risultati
ottenuti considerando agente la sola componente orizzontale avente picco di
accelerazione maggiore sono confrontati con quelli ottenuti considerando
agenti entrambe le componenti orizzontali. Gli autori asseriscono che il
progetto unidirezionale delle resistenze, cioè non considerando gli effetti
ortogonali, è adeguato, tranne nel caso in cui le rigidezze nelle due direzioni
risultino molto differenti. Essi, inoltre, osservano che, tranne nel caso degli
elementi resistenti del lato flessibile, le massime rotazioni plastiche delle
colonne, valutate nella direzione di azione della componente principale del
sisma, sono generalmente poco sensibili alla presenza della componente
secondaria; l’entità degli sforzi normali, invece, varia molto rispetto al caso di
eccitazione unidirezionale. Inoltre essi legano il marcato comportamento
torsionale rilevato nel caso di eccitazione bidirezionale, all’aumento delle
rotazioni plastiche massime degli elementi resistenti appartenenti al lato
flessibile. Infine concludono che, se lo scopo dell’analisi è conoscere il livello
di danno attinto dai pilastri di un edificio oppure il suo comportamento
torsionale elastico o non lineare, è necessario considerare l’azione
contemporanea di entrambe le componenti orizzontali del terremoto. Invece, se
lo scopo è definire le resistenze di progetto, l’azione sismica può essere
108 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

considerata agente secondo le due direzioni principali della struttura


separatamente.

Tabella 5.1. Principali caratteristiche dei terremoti utilizzati.

PGA PGA
Terremoto Data Stazione Durata Comp. Comp.
principale secondaria
[sec] [g] [g]
Imperial Valley 18-05-40 El Centro 53.40 0.348 0.214
Kern County 21-07-52 Taft 54.40 0.179 0.156
Montenegro 15-04-79 Petrovac 19.60 0.438 0.305
Valparaiso 03-03-85 El 72.02 0.284 0.159
Northridge 17-01-94 Almendral 59.98 0.590 0.583
Newhall

0.15m
6.0 m 4.0 m

3.0 m
0.30x0.45
5.0 m

3.0 m
0.45x0.45
Componente
secondaria 0.45x0.45

3.0 m
0.40x0.40
5.0 m

0.30x0.45
3.5 m 0.8 m

0.40x0.40
Y

Z X Componente
principale

Figura 5.7. Direzione delle componenti dell’azione sismica.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 109
5.4 ANALISI NUMERICHE

In questo paragrafo si esegue un confronto fra i risultati di un’analisi


bidirezionale e di un’analisi completamente bidirezionale. Con la prima delle
due dizioni si intende un’analisi numerica eseguita considerando un modello
strutturale tridimensionale, eccitato, però, da una sola delle componenti
orizzontali del terremoto; in un analisi completamente bidirezionale, invece, il
modello strutturale è sempre tridimensionale, ma esso è eccitato da entrambe le
componenti orizzontali dell’azione sismica.

2.5

El Centro
Taft
1.5 Petrovac
Sa/g

El Almendral
Newhall
1 Eurocodice 8
MEDIA

0.5

0
0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 1.6 1.8 2
Periodo [sec]

Figura 5.8. Spettri elastici delle componenti principali dei terremoti utilizzati.

L’edificio descritto ed analizzato nel capitolo precedente è soggetto a due


diverse condizioni di eccitazione sismica, utilizzando le registrazioni di cinque
terremoti storici violenti [tabella 5.1]. Nel primo caso la componente principale
di ciascuno di tali terremoti è fatta agire nella direzione in cui l’edificio si
comporta in maniera asimmetrica [fig. 5.7], cioè lungo l’asse Y del riferimento
110 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

globale; nel secondo caso è fatta agire anche la componente secondaria, nella
direzione ortogonale. Per componente principale di un terremoto si intende
quella che, fra le due orizzontali, presenta il picco al suolo più alto.

2.5

2
El Centro
Taft
1.5 Petrovac
Sa/g

El Almendral
Newhall
1 Eurocodice 8
MEDIA

0.5

0
0 0.5 1 1.5 2
Periodo [sec]

Figura 5.9. Spettri elastici delle componenti secondarie dei terremoti utilizzati.

Poiché, come è noto, l’input sismico condiziona significativamente il


risultato delle analisi, per tutte quelle presenti in questa tesi sono stati utilizzati
gli stessi cinque terremoti, in modo da ottenere risultati fra loro confrontabili.
Essi sono stati scelti perché la media degli spettri elastici delle loro componenti
principali approssima abbastanza bene [fig. 5.8] lo spettro elastico
dell’Eurocodice 8, calcolato per un picco di accelerazione al suolo pari a 0.4g e
per un suolo medio (tipo B). Inoltre essi presentano intensità diverse tra loro e
rapporti diversi tra le intensità della componente principale e della componente
secondaria; in questo modo il confronto in esame è realizzato considerando
diversi livelli di danno dell’edificio in esame. In [fig. 5.9] sono riportati gli
spettri elastici delle componenti secondarie delle cinque registrazioni utilizzate.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 111
Il confronto fra i risultati dell’eccitazione bidirezionale e quelli
dell’eccitazione unidirezionale è condotto sia in termini di risposta globale
dell’edificio che a livello delle sezioni trasversali delle colonne. Tutti i risultati
di tipo “direzionale”, come il taglio alla base e gli spostamenti dei baricentri
degli impalcati sono valutati sia nella direzione di azione della componente
principale che calcolando i loro massimi valori vettoriali.

1400

1200

1000
Taglio [kN]

800

600

400

200

0
El Centro Taft Petrovac El Newhall MEDIA
Almendral

Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

Figura 5.10. Massimi tagli alla base.

5.4.1 Confronto in termini di risposta globale dell’edificio


Quali parametri globali della risposta dinamica dell’edificio in esame sono
valutati il taglio alla base, lo spostamento del baricentro dell’impalcato più
alto, gli spostamenti di interpiano, la rotazione dell’impalcato più alto e gli
spostamenti di sommità dei singoli telai. Nelle figure che seguiranno con “Uni-
dir Y” sono indicati i risultati ottenuti nella direzione Y del riferimento globale
112 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

applicando la sola componente principale di ciascun terremoto in tale


direzione. Con “Bi-dirY” sono indicati sempre i risultati nella direzione Y, ma
in questo caso sono ottenuti facendo agire anche la componente secondaria di
ciascuno dei cinque terremoti nella direzione X del riferimento globale.
Sempre dall’analisi con eccitazione bidirezionale provengono i risultati
denominati “Bi-dir vec”, questa volta, però, calcolati mediante l’espressione:

max (E x (t i ))2 + (E y (t i ))2 (5.4)

essendo Ex(ti) ed Ey(ti) i generici effetti rispettivamente nella direzione X e


nella direzione Y all’istante i-esimo della storia temporale.

300

250
Spostamento [mm]

200

150

100

50

0
El Centro Taft Petrovac El Newhall MEDIA
Almendral

Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

Figura 5.11. Massimi spostamenti dei baricentri dell’impalcato più alto.

In figura 5.10 sono riportati i risultati “Uni-dir Y”, “Bi-dirY” e “Bi-dir vec”
relativi ai massimi tagli alla base, per i cinque terremoti considerati e facendo
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 113
la media aritmetica tra i risultati ottenuti per ciascun terremoto. Il massimo
taglio alla base ottenuto nella direzione Y sotto eccitazione bidirezionale è
generalmente inferiore rispetto a quello ottenuto sotto eccitazione
unidirezionale, sebbene tale decremento è sempre inferiore al 10%: in media
tale decremento è pari a circa il 4%. Al contrario, i tagli alla base “Bi-dir vec”
sono generalmente maggiori di quelli “Uni-dir Y”, sebbene l’incremento,
eccetto che nel caso della registrazione di Taft (28%), è al massimo pari al
12%: in media risulta uguale all’8%.
Si osservi che i risultati ottenuti nel caso della registrazione di Taft risultano
essere differenti dagli altri dal momento che in tal caso l’edificio si danneggia
pochissimo, cioè ha un comportamento quasi elastico.
I risultati riportati in figura 5.11 confermano il precedente andamento. Il
massimo spostamento del baricentro dell’impalcato più alto calcolato sotto
eccitazione bidirezionale nella direzione Y è prossimo a quello ottenuto sotto
eccitazione unidirezionale. Gli spostamenti di tipo “Bi-dir vec” sono
generalmente maggiori rispetto a quelli “Uni-dir Y”, sebbene la differenza,
eccetto che nel caso della registrazione di Taft (29%), è inferiore al 10% ed in
media è pari al 6%.
Considerando le figure 5.10 e 5.11 si possono fare osservazioni molto
interessanti: quando il comportamento dell’edificio è di tipo non lineare, la
presenza della componente secondaria del terremoto generalmente determina
una diminuzione del massimo taglio alla base e del massimo spostamento del
baricentro dell’impalcato più alto valutati nella direzione Y del riferimento
globale. Al contrario, i valori massimi vettoriali calcolati sotto eccitazione
bidirezionale mediante la formula (5.4) sono generalmente superiori a quelli
calcolati sotto eccitazione unidirezionale, sebbene, quando il comportamento
dell’edificio è non lineare, l’incremento è basso: esso è inferiore al 13%.
Ciò è dovuto all’accumulo, quando agisce unicamente la componente
principale del terremoto, del danno e, soprattutto, dello spostamento plastico
nella direzione Y. Al contrario sotto eccitazione bidirezionale, la direzione
della componente vettoriale dell’eccitazione sismica (somma delle componenti
agenti nella direzione Y e nella direzione X) e delle oscillazioni dell’edificio
varia istante per istante; di conseguenza, lo spostamento plastico ha una
direzione variabile e non si accumula nella direzione Y. Inoltre, nel secondo
caso, le forze di smorzamento isteretico, che tendono a decrementare lo
spostamento, sono istante per istante maggiori rispetto al primo caso. Gli effetti
determinati da tali condizioni risultano essere mediamente maggiori di quelli
114 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

opposti dovuti alla riduzione della resistenza flessionale dovuta all’interazione


dei momenti flettenti agenti nel piano YZ e nel piano XZ e dello sforzo
normale, sollecitazioni la cui contemporanea presenza su ciascuna colonna
cresce quando agisce anche la componente secondaria del terremoto. Questo,
come si è detto, è un risultato medio; analizzando i massimi spostamenti di
interpiano si osserva che piano per piano si determinano condizioni differenti.

4
3.5
Rotazione [mrad]

3
2.5
2
1.5
1
0.5
0
El Centro Taft Petrovac El Newhall MEDIA
Almendral

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.12. Massime rotazioni dell’impalcato più alto.

In figura 5.12 sono riportate le massime rotazioni, intorno all’asse verticale,


dell’impalcato più alto per i cinque terremoti esaminati e considerando la
media dei risultati, nel caso di eccitazione unidirezionale e di eccitazione
bidirezionale. E’ evidente, in questo secondo caso, il forte incremento di tali
rotazioni che in media risultano essere 2.5 volte maggiori. Questo effetto è
determinato dalle asimmetrie generate in campo non lineare dalla presenza
della componente secondaria. Infatti, tale componente determina la presenza di
un diverso livello di sforzo normale nei pilastri simmetrici appartenenti ai telai
esterni; per cui la plasticizzazione in tali pilastri è raggiunta in punti diversi del
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 115
dominio e quindi per valori di sollecitazione differenti. Tale tipo di asimmetria,
di rigidezza e resistenza nella direzione Y del riferimento globale, si aggiunge
a quella propria dell’edificio.

Telaio di estremità - Lato rigido

300
Spostamento [mm]

250
200
150
100
50
0
El Centro Taft Petrovac El Newhall MEDIA
Almendral

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.13. Spostamenti di sommità del telaio appartenente al lato rigido.

Tale incremento di rotazione, però, non ha effetti significativi sugli


spostamenti di sommità dei telai laterali, come mostrato nelle figure 5.13 e
5.14. In particolare, in figura 5.13 gli spostamenti massimi (in direzione Y) di
sommità del telaio parallelo all’asse Y ed appartenente al lato rigido, cioè più
vicino al centro delle rigidezze, calcolati considerando entrambe le componenti
orizzontali dei cinque terremoti, sono confrontati con quelli ottenuti sotto
eccitazione unidirezionale: la figura mostra che tali risultati sono molto simili a
quelli trovati per i massimi spostamenti del baricentro del piano più alto. In
figura 5.14 è mostrato lo stesso confronto in termini di spostamenti massimi di
sommità del telaio appartenente al lato flessibile, cioè più distante dal
baricentro e si possono trarre le stesse conclusioni. L’effetto trascurabile
dell’ampio incremento di rotazione sui telai laterali è legato alla comunque
116 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

bassa entità delle rotazioni stesse; infatti in media nel caso di eccitazione
bidirezionale l’incremento di spostamento dovuto alla rotazione dell’impalcato
è inferiore al 10% dello spostamento massimo complessivo del lato flessibile.
Quindi, si può affermare che l’asimmetria generata nella direzione Y in campo
non lineare dalla presenza della componente secondaria del terremoto agente
nella direzione X non condiziona in maniera significativa la risposta torsionale
dell’edificio.

Telaio di estremità - Lato deformabile

300
Spostamento [mm]

250
200
150
100
50
0
El Centro Taft Petrovac El Newhall MEDIA
Almendral

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.14. Spostamenti di sommità del telaio appartenente al lato


deformabile.

Confrontando le ultime due figure, infine, si osserva che l’input sismico


bidirezionale determina un aggravio in termini di spostamento per il lato
flessibile della struttura; questo conferma quanto notato nel caso di studi
parametrici su sistemi più semplici da [Correnza et el. 1994] e [Riddel & Santa
Maria 1999]. E’ ovvio che, nel caso in esame tale effetto è poco evidente in
virtù della bassa eccentricità statica dell’edificio, il quale può essere definito
regolare.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 117

El Centro El Centro El Centro


Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

4 4 4

3 3 3

2 2 2

1 1 1

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

Spostamento di Spostamento di Spostamento di


interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%]

Taft Taft Taft


Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

4 4 4

3 3 3

2 2 2

1 1 1

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7

Spostamento di Spostamento di Spostamento di


interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%]

Petrovac Petrovac Petrovac


Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

4 4 4

3 3 3

2 2 2

1 1 1

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

Spostamento di Spostamento di Spostamento di


interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%]

Figura 5.15. Massimi spostamenti di interpiano adimensionalizzati.


118 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

El Almendral El Almendral El Almendral


Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

4 4 4

3 3 3

2 2 2

1 1 1

0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4 0 0.2 0.4 0.6 0.8 1 1.2 1.4

Spostamento di Spostamento di Spostamento di


interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%]

Newhall Newhall Newhall


Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

4 4 4

3 3 3

2 2 2

1 1 1

0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3 0 0.5 1 1.5 2 2.5 3

Spostamento di Spostamento di Spostamento di


interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%]

MEDIA MEDIA MEDIA


Uni-dir Y Bi-dir Y Bi-dir vec

4 4 4

3 3 3

2 2 2

1 1 1

0 0.3 0.6 0.9 1.2 1.5 0 0.3 0.6 0.9 1.2 1.5 0 0.3 0.6 0.9 1.2 1.5

Spostamento di Spostamento di Spostamento di


interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%] interpiano/Hi [%]

Figura 5.16. Massimi spostamenti di interpiano adimensionalizzati e loro


media.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 119
120 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

Nelle figure 5.15 e 5.16 sono riportati i massimi spostamenti di interpiano,


calcolati in percentuale rispetto all’altezza di interpiano, per tutti e cinque i
terremoti e considerandone la media. Ancora una volta si osserva che per i
terremoti di El Centro, Petrovac, El Almendral e Newhall i risultati ottenuti in
direzione Y considerando la sola componente principale del terremoto o
entrambe le componenti orizzontali sono prossimi tra loro. E’ interessante
notare, però, che esiste una certa differenza tra il comportamento dei piani alti
e quello dei piani bassi. Infatti generalmente lo spostamento dell’interpiano più
alto nella direzione Y sotto eccitazione bidirezionale è inferiore a quello
relativo al caso di eccitazione unidirezionale, tanto che nel caso di Newhall,
che è il terremoto più violento fra quelli considerati, tale decremento è pari al
19%, mentre considerando la media di tutti e cinque i terremoti è pari al 9%; al
contrario, lo spostamento dell’interpiano più basso, nel primo caso è
generalmente superiore rispetto al secondo tanto da raggiungere nel caso di
Newhall un incremento pari al 16% e nel caso medio un incremento pari 6%.
Per quanto concerne gli spostamenti di interpiano “Bi-dir vec”, essi sono
generalmente superiori rispetto agli “Uni-dir Y”, pur se, anche in questo caso,
si osserva una forte differenza fra i piani alti ed piani bassi. Dando uno sguardo
ai valori medi sui cinque terremoti al primo piano si osserva un incremento pari
al 19%, che diminuisce con l’aumentare dei piani, fino a diventare un
decremento del 7% all’ultimo piano.
Queste differenze tra i piani bassi ed i piani alti sono determinate dalla più
forte entità e variazione ai piani bassi dello sforzo normale, condizione che è
incrementata dalla presenza, nel caso di eccitazione bidirezionale, della
componente secondaria; cosa che determina, come si è visto, anche un
incremento delle rotazioni degli impalcati e quindi del momento agente nella
direzione ortogonale a quella di azione della componente principale. Tutto ciò
determina un effetto più marcato dell’interazione triassiale e, quindi, una
maggiore riduzione della resistenza flessionale nella direzione del riferimento
globale Y. Tale riduzione determina, soprattutto al primo piano, un incremento
di spostamento nella direzione Y rispetto al caso di eccitazione unidirezionale.
E’ ovvio che, se si assume una relazione tra lo spostamento massimo di
interpiano ed il danneggiamento degli elementi strutturali, si può concludere
che le colonne ai piani bassi nel caso di eccitazione bidirezionale sono più
danneggiate rispetto al caso di eccitazione unidirezionale. E’ per questo motivo
che risulta interessante, come si farà nel prossimo paragrafo, indagare circa il
danneggiamento delle sezioni dei pilastri.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 121
Due sono le ragioni dell’effetto opposto ai piani alti. La prima è legata senza
dubbio alla minore entità e variazione dello sforzo normale, per cui gli effetti
dell’interazione triassiale sono di minore entità. Inoltre il fatto stesso che sotto
eccitazione bidirezionale i piani bassi siano più danneggiati determina una
variazione del periodo dell’intera struttura, il quale si sposta verso valori più
alti, corrispondenti ad ordinate spettrali dei terremoti utilizzati più basse. Per
questo motivo la restante parte della struttura è meno sollecitata rispetto al caso
di eccitazione unidirezionale.
Concludendo tale paragrafo, si può affermare che dall’analisi del
danneggiamento globale dell’edificio, appare che le regole prescritte
dall’Eurocodice 8 per la combinazione degli effetti dovuti all’applicazione
dell’azione sismica secondo due direzioni orizzontali ed ortogonali, siano
cautelative.

5.4.2 Confronto in termini di danneggiamento delle colonne


In questo paragrafo è presentata un’analisi più dettagliata della risposta
sismica delle sezioni trasversali di estremità delle colonne, al fine di
comprendere il livello di danno nelle colonne stesse dovuto all’azione
contemporanea delle componenti orizzontali del terremoto. Tale risposta locale
sotto eccitazione bidirezionale ed unidirezionale è analizzata in termini di
richiesta plastica delle barre di armatura, stato di danneggiamento delle sezioni
trasversali, storie temporali del momento-rotazione e storie temporali forza-
spostamento delle barre di armatura. L’attenzione è ovviamente concentrata sui
pilastri dell’edificio e non sulle travi, dal momento che queste ultime, essendo
elementi resistenti di tipo prevalentemente unidirezionale, quasi per nulla
risentono degli effetti dell’eccitazione bidirezionale.
Nella figura 5.17 è riportato il rapporto tra l’allungamento massimo e quello
di snervamento della molla d’acciaio più allungata per ciascuna sezione
trasversale. E’ presentata nel caso di eccitazione unidirezionale e bidirezionale,
per ciascun piano, la media dei risultati ottenuti per le sezioni di base e di
sommità dei pilastri e facendo la media aritmetica sui cinque terremoti
utilizzati; gli ultimi due istogrammi rappresentano le medie sui quattro piani.
La figura 5.18 mostra gli analoghi risultati, ma per ciascun terremoto e sempre
mediati sui quattro piani. E’ evidente che nel caso in cui agiscono entrambe le
componenti orizzontali dell’azione sismica la richiesta plastica delle sezioni
trasversali esaminate è molto maggiore rispetto a quella ottenuta nel caso in cui
122 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

agisce unicamente la componente principale; l’incremento è pari al 53% al


primo piano ed al 40% in media.

3.0
Allungamento max/A. allo snervamento

2.5

2.0

1.5

1.0

0.5

0.0
I piano II piano III piano IV piano MEDIA

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.17. Impegno plastico delle barre di armatura dei pilastri.

In figura 5.19 è riportato il numero delle sezioni fessurate snervate, ed in cui


per almeno una molla di calcestruzzo è stata superata la deformazione
corrispondente alla tensione massima e quindi si è raggiunta la crisi; tale
numero è valutato considerando le sezioni trasversali di estremità di tutte le
colonne dell’edificio e per tutti e cinque i terremoti. Si osserva che sotto
eccitazione bidirezionale il numero delle sezioni fessurate è maggiore del 13%,
quello delle sezioni snervate del 53%, quelle in cui il calcestruzzo va in crisi
sono in numero cinque volte maggiore rispetto al caso di eccitazione
unidirezionale.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 123

Allungamento max/A. allo snervamento


4.0
3.5
3.0
2.5
2.0
1.5
1.0
0.5
0.0
El Centro Taft Petrovac El Newhall MEDIA
Almendral

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.18. Impegno plastico delle barre di armatura dei pilastri.

Tali risultati mettono chiaramente in evidenza che la componente


secondaria del terremoto incrementa molto il danneggiamento a livello delle
sezioni trasversali delle colonne. Ciò è dovuto a:
1. la maggiore energia che deve essere assorbita dalla struttura quando è
eccitata da entrambe le componenti orizzontali rispetto al caso in cui
agisca unicamente la componente principale del terremoto;
2. l’incremento del campo di variazione delle sforzo normale delle colonne
dovuto alla componente secondaria;
3. l’interazione momenti flettenti nelle due direzioni ortogonali-sforzo
normale che interessa le sezioni trasversali delle colonne.
124 Capitolo V – Effetti dell’eccitazione sismica bidirezionale

360
330
300
270
Numero di sezioni

240
210
180
150
120
90
60
30
0
Fessurate Snervate Crisi del cls

Eccitazione unidirezionale Eccitazione bidirezionale

Figura 5.19. Stato di danneggiamento delle sezioni dei pilastri.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 125

Capitolo VI
Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in
pianta

6.1 STATO DELL’ARTE

La vulnerabilità sismica delle strutture asimmetriche, dotate cioè di


eccentricità in pianta, è stata ripetutamente dimostrata durante i terremoti
violenti. I rilevamenti e le analisi, condotte successivamente a tali eventi
sismici portano alla conclusione che circa il 50% dei collassi sono direttamente
o indirettamente attribuibili ad asimmetrie strutturali nella forma, nella
distribuzione di massa o nel rapporto rigidezza/resistenza.
Sebbene un considerevole numero di ricerche sia stato condotto negli ultimi
15 anni, non esiste un accordo generale né tra i ricercatori né tra i legislatori
circa i criteri per giungere ad una soluzione dei problemi posti dalla presenza
di tali asimmetrie. Ciò è principalmente dovuto al fatto che i complessi effetti
dei parametri che governano la risposta sismica in campo non lineare di
strutture con eccentricità del centro delle rigidezze rispetto a quello delle masse
non sono stati pienamente compresi. L’influenza di questi sulla distribuzione
della richiesta di duttilità degli elementi posti ai bordi, come pure una chiara
relazione tra la risposta inelastica ed i fondamentali parametri elastici di una
struttura che presenta asimmetrie in pianta devono ancora essere pienamente
definite.
126 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

6.1.1 Parametri del problema


Spesso gli studi effettuati da diversi ricercatori hanno condotto a risultati e
conclusioni differenti tra loro perché differenti sono state le scelte relative a
parametri fortemente condizionanti. Nel caso monopiano i più importanti sono:
1. differente localizzazione e distribuzione delle rigidezze tra gli elementi
resistenti;
2. considerazione o meno dell’eccentricità accidentale nel calcolo delle
resistenze degli elementi strutturali;
3. variazioni tra i modelli di riferimento per normalizzare i risultati dei
modelli asimmetrici;
4. diverse sovraresistenze dovute all’applicazione delle diverse
prescrizioni normative per tener conto degli effetti torsionali (cioè legati
alla rotazione degli impalcati dovuta alle asimmetrie in pianta);
5. influenza degli elementi resistenti trasversali;
6. resistenza rotazionale e raggio di resistenza;
7. definizione di rapporto tra le frequenze disaccoppiate torsionale-laterale
(Ω)
8. livelli di smorzamento strutturale;
9. rapporto di incrudimento nel legame forza-spostamento;
10. input sismico.
Nel seguito si riportano in maniera sommaria alcune delle differenti scelte
effettuate dai vari studiosi in merito ad alcuni dei parametri sopra citati.
Eccentricità accidentale: il considerare o meno l’eccentricità accidentale
(ea) (del baricentro rispetto al centro geometrico dell’impalcato) di progetto
può condurre a differenti conclusioni. Essa tiene conto di effetti imprevisti
come moto sismico rotazionale, differenze tra rigidezze progettate e costruite e
distribuzione reale delle masse, mai uniforme. Si osserva che, mentre in campo
elastico gli effetti in termini di risposta dell’aver considerato o meno in fase di
progetto l’eccentricità accidentale sono chiari, ciò non è vero in campo
plastico; per questo motivo sovente risultati di studi diversi non sono
confrontabili.
Modello di riferimento: la scelta di un modello di riferimento è utile al fine
di confrontare la risposta di un sistema asimmetrico con il modello a
comportamento regolare. Tale modello di riferimento può essere il sistema
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 127
simmetrico o un oscillatore semplice avente lo stesso periodo naturale e la
stessa resistenza totale al limite elastico, uguale al taglio statico alla base
calcolato secondo normativa. In alternativa il sistema di riferimento può essere
il sistema torsionalmente bilanciato (TB), ossia il modello è geometricamente
uguale a quello torsionalmente non bilanciato (TU) ma avente il centro di
rigidezza coincidente con il centro di massa (CR=CM).
Sovraresistenza (OSR): si presenta quando le forze statiche laterali di
progetto per il sistema torsionalmente non bilanciato sono maggiori di quelle
corrispondenti al sistema di riferimento, queste ultime calcolate con lo spettro
elastico di progetto divise per un coefficiente di riduzione R. Il rapporto tra
queste due forze statiche totali è chiamato sovraresistenza; essa è maggiore
dell’unità e dipende dall’eccentricità statica (eo), distanza tra centro di
rigidezza e centro di massa, dall’eccentricità accidentale (ea) e dall’eccentricità
aggiuntiva che tiene conto degli effetti torsionali. Quindi la sovraresistenza è
una caratteristica della struttura e della normativa utilizzata.
Rapporto tra frequenze disaccoppiate torsionale-laterale (Ω): è un
importante parametro dinamico elastico e può essere calcolato intorno al centro
di massa o di rigidezza del modello di riferimento. Quando Ω è maggiore
dell’unità il sistema è detto torsio-rigido, quando è minore è torsio-
deformabile. Il comportamento di sistemi torsio-rigidi è generalmente migliore
rispetto ai sistemi torsio-deformabili.
Smorzamento: è scelto dal 2 al 5%, ma le differenze di smorzamento non
sono causa di significative variazioni dei risultati finali, soprattutto nelle analisi
in campo non-lineare.
Input sismico: i risultati delle analisi dinamiche in campo non-lineare
dipendono dall’input sismico ed in particolare dal suo contenuto in frequenze.
Utilizzando pochi accelerogrammi, ognuno dei quali aventi differenti
caratteristiche, si ottengono differenti risposte sismiche. Due sono i metodi
generalmente utilizzati per rendere confrontabili i risultati. Il primo consiste
nell’utilizzare per il modello asimmetrico e per quello di riferimento una serie
di registrazioni e per ognuna di loro calcolare il rapporto di duttilità o di
spostamento, evidenziando così l’amplificazione dovuta all’asimmetria, e poi
calcolare la media o la media + 1.0 σ (con σ = deviazione standard).
L’approccio alternativo consiste nel selezionare o scalare una serie di
accelerogrammi affinché abbiano uno spettro compatibile a quello elastico di
normativa. Ovviamente non essendo lo spettro di tali accelerogrammi piatto,
128 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

per un dato periodo l’ordinata spettrale può essere più grande o più piccola del
valore letto sullo spettro di normativa.
Modello strutturale: la scelta dei modelli per le analisi non-lineari sembra
essere il motivo più importante della variazione dei risultati ottenuti dai vari
ricercatori; per questo motivo, nel prossimo paragrafo, si cercherà di illustrare
il problema.

6.1.2 Modello strutturale


Lo studio degli edifici intelaiati irregolari in pianta implica l’abbandono di
una visione completamente piana della struttura, vale a dire a livello del
singolo telaio, e la necessità di una visione spaziale della stessa. Questo
passaggio, e conseguentemente l’evoluzione del modello spaziale di edificio,
sono problemi più complessi di quanto possano sembrare, tanto che il dibattito
nel mondo scientifico ad essi relativo è a tutt’oggi acceso. Non a caso, nelle
circostanze in cui è possibile, come ad esempio nel caso di confronti numerico-
sperimentali relativi alla risposta sismica di edifici simmetrici [Dolsek & Fajfar
2000] o per lo studio delle irregolarità in elevazione [Al-Ali & Krawinkler
1998], ancora si preferisce riferirsi a schemi del tutto piani e quindi l’edificio
viene progettato in una sola direzione e studiato come treno di telai o isolando
il singolo telaio.
Fino ad oggi, nello studio delle strutture irregolari in pianta, i ricercatori
hanno utilizzato per lo più modelli molto semplici. Essi sono caratterizzati da
tre elementi resistenti, generalmente modellati numericamente con delle molle
elasto-plastiche, posti nella direzione dell’eccitazione sismica; talvolta, sono
anche presenti due o tre elementi resistenti ad essi perpendicolari. Tuttavia tali
modelli standard sono lontani dall’essere univoci nelle varie ricerche; infatti,
perfino quando presentano lo stesso comportamento elastico, non
necessariamente hanno uguali proprietà inelastiche. La più grande differenza
tra modelli apparentemente simili, nei quali le resistenze degli elementi sono
state calcolate con le prescrizioni statiche torsionali delle norme, è la
localizzazione degli elementi ai bordi, poiché differenti valori della dimensione
(b) dell’impalcato ortogonale a quella di non simmetria implicano notevoli
variazioni nel raggio di giratore di massa, ρm, normalizzato a b.
I modelli studiati possono dividersi in due grandi categorie:
a) modelli a rigidezza eccentrica (SES = stiffness eccentric system). La
distribuzione di rigidezza dei tre elementi è non simmetrica rispetto al
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 129
centro di rigidezza (CR), mentre l’elemento centrale è localizzato sul
centro di massa (CM) coincidente generalmente con il centro
geometrico.
b) modelli a massa eccentrica (MES = mass eccentric system). La
distribuzione di rigidezza dei tre elementi è simmetrica rispetto al centro
di rigidezza (CR) e l’eccentricità è dovuta allo spostamento del centro di
massa (CM) dal centro di rigidezza (CR).

6.1.3 Valutazione delle prescrizioni sismiche di progetto relative agli


effetti torsionali
In questo paragrafo ho ritenuto opportuno riportare i risultati più recenti
ottenuti relativamente alla risposta torsionale di edifici asimmetrici in pianta,
con particolare riferimento ai sistemi bidirezionali ed ai confronti fra
prescrizioni di normativa. Infatti è proprio in tale direzione che punta il
presente lavoro di tesi.
[De Stefano et al. 1996] analizzano la risposta sismica non lineare di un
monopiano asimmetrico in pianta in una direzione e simmetrico nella direzione
ortogonale, soggetto ad entrambe le componenti di un terremoto e progettato
sia secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 8 che secondo quelle dell’Uniform
Building Code. La massa totale M è uniformemente distribuita sulla soletta,
così che il centro di massa (CM) è coincidente con il centro geometrico. Al
contrario la distribuzione di rigidezze lungo y è asimmetrica e lungo x è
simmetrica, pur se le rigidezze totali nelle due direzioni sono uguali, vale a dire
Kx=Ky=K.
Le analisi compiute sono di tipo parametrico; infatti sono assunti diversi
valori per il periodo Tx=Ty=T disaccopiato traslazionale, per il rapporto tra
frequenze disaccoppiate torsionale-laterale (d/ρ = Ω), e per l’eccentricità
statica. E’ stato variato anche il rapporto fra le dimensioni in pianta. In tutti i
casi per gli elementi resistenti è stato assunto un legame isteretico non
degradante con curva monotona elastica-perfettamente plastica ed ai primi due
modi è stato assegnato uno smorzamento relativo pari al 5%. Gli
accelerogrammi utilizzati per le analisi numeriche sono gli stessi adoperati nel
presente lavoro di tesi.
Il progetto dell’edificio è stato realizzato calcolando gli spettri a duttilità
controllata (assunta costantemente uguale a 4) di ciascuna delle due
componenti dei cinque terremoti, e calcolando, nota la massa, la resistenza
130 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

totale nelle due direzioni. L’eccentricità delle azioni orizzontali di progetto è


stata calcolata sia considerando le prescrizioni dell’appendice A
dell’Eurocodice 8 [CEN 1994b], sia quelle previste dall’Uniform Building
Code e trascurando sempre l’eccentricità accidentale. Tali prescrizioni
determinano, ovviamente, un incremento di resistenza nella direzione in cui
l’edificio si comporta in maniera asimmetrica, che, rapportata alla forza statica
di progetto, determina il fattore di sovraresistenza. Gli autori osservano che per
bassi valori di eccentricità statica, l’EC8 fornisce un valore di sovraresistenza
più grande di quello dell’UBC, mentre accade l’opposto se l’eccentricità statica
aumenta. Il danno strutturale è stato quantizzato mediante la richiesta di
duttilità in termini di spostamento; infatti, al fine di confrontare le prestazioni
delle due normative, per entrambe le direzioni, è stata calcolata la richiesta di
duttilità media per i cinque terremoti dei vari elementi resistenti.

Figura 6.1. Duttilità richiesta in sistemi progettati secondo l’EC8 e l’UBC.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 131

Le analisi numeriche eseguite mostrano che le prescrizioni torsionali


statiche dell’UBC conducono ad un miglior comportamento non lineare da
parte degli elementi resistenti disposti in maniera asimmetrica, rispetto alle
corrispondenti prescrizioni dell’EC8. Infatti per tali elementi le prescrizioni
dell’UBC determinano una distribuzione delle azioni in campo non lineare più
uniforme, con massime richieste di duttilità di gran lunga inferiori; queste
risultano essere prossime o anche minori rispetto a quelle che caratterizzano la
risposta dei sistemi simmetrici equivalenti. Al contrario i sistemi progettati
secondo l’EC8 presentano maggiori richieste di duttilità, che si concentrano
sempre sugli elementi resistenti appartenenti al lato rigido, mentre quelli
appartenenti al lato flessibile appaiono sovradimensionati [fig. 6.1].
[De Stefano et al. 1996] analizzano, per i casi considerati, anche il
comportamento degli elementi disposti simmetricamente. Essi osservano che
entrambi i codici non proteggono sufficientemente tali elementi, dal momento
che non tengono conto degli effetti indotti dalla rotazione degli impalcati. Si è
osservato che, in media, le richieste di duttilità massima degli elementi disposti
simmetricamente superano sempre quelle relative ai corrispondenti elementi
dei sistemi simmetrici equivalenti.
Gli autori concludono, quindi, che l’asimmetria dovrebbe essere considerata
dai codici quale proprietà intrinseca del sistema; perciò gli edifici asimmetrici
in una sola direzione dovrebbero essere progettati mediante prescrizioni
specifiche che tengono conto degli effetti torsionali anche nella direzione in cui
sono simmetrici.

6.2 PROGETTO DEGLI EDIFICI ESAMINATI

In questo capitolo si riporta lo studio del comportamento di un edificio


multipiano in c.a., asimmetrico lungo una sola direzione, soggetto a terremoti
reali violenti e progettato secondo diverse prescrizioni.
Come si è visto nel capitolo III i codici sismici permettono di utilizzare due
procedure per stimare la distribuzione delle azioni orizzontali su di un edificio:
l’analisi statica equivalente, che si applica sostanzialmente a strutture regolari,
o che pur non essendo regolari rispettino determinate caratteristiche
geometriche, e quella dinamica; nel primo caso, le prescrizioni relative
132 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

all’eccentricità da assegnare alla forza orizzontale a ciascun piano variano di


codice in codice. L’edificio in esame è stato scelto in modo che consentisse di
utilizzare entrambe le procedure; sono stati eseguiti tre progetti diversi:
1. mediante analisi dinamica;
2. mediante analisi statica equivalente secondo le prescrizioni
dell’Eurocodice 8 con calcolo delle eccentricità riportato nell’appendice
A [CEN 1994b];
3. mediante analisi statica equivalente con calcolo dell’eccentricità
effettuato secondo le prescrizioni dell’Uniform Building Code.
E’ importante sottolineare che le resistenze del secondo e del terzo schema
sono state modificate mediante coefficienti moltiplicativi, in modo da ottenere
nei tre casi differenti la stessa resistenza totale. Ovviamente anche i carichi
verticali da combinare in fase di progetto con le azioni sismiche sono gli stessi
per i tre schemi ed in particolare si sono utilizzate le prescrizioni degli
Eurocodici 1, 2 ed 8 [CEN 1989, 1994a, b, c, d].

6.2.1 Geometria
L’edificio progettato secondo diverse prescrizioni è di quattro piani, con sei
telai resistenti lungo le due direzioni ortogonali X e Y, come mostrato in figura
6.2. La pianta è di forma rettangolare con lati di dimensioni 10 ed 8 m. Il lato
asimmetrico è quello lungo X con i telai disposti rispettivamente alle ascisse
x=0, x=3m e x=10m; quello simmetrico, lungo Y, ha i telai in corrispondenza
delle ordinate y=0, y=4m ed y=8m. L’interpiano è costante lungo tutta l’altezza
dell’edificio ed è di 3m. I pilastri, di sezione costante a ciascun piano, al primo
livello hanno dimensione pari a 50x50 cm2, all’ultimo 35x35 cm2, essendo
rastremati di 5 cm per ogni piano. Tutte le travi hanno la stessa sezione pari a
30x50 cm2.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 133

Figura 6.2. Geometria dell’edificio studiato e modelli numerici utilizzati.

Tali dimensioni e la disposizione asimmetrica dei telai paralleli all’asse Y


del riferimento globale sono stati fissati in modo che l’edificio possa essere
definito irregolare, secondo le prescrizioni dell’Eurocodice 8 (cfr. cap. III
parag. 3.1.1). Infatti, applicando staticamente le azioni orizzontali di
normativa, con la prescritta eccentricità accidentale (±5% della dimensione
dell’impalcato ortogonale alle azioni), si ottiene a ciascun piano uno
spostamento massimo maggiore di circa 20% dello spostamento medio. E’
stata scelta una condizione limite tra regolarità ed irregolarità per due motivi. Il
primo è legato alla scelta di ottenere l’eccentricità in pianta solamente
traslando il telaio centrale ed assumendo rigidezze uguali per tutti i telai
dell’edificio; in questo modo la loro risposta sismica è facilmente
confrontabile. Il secondo motivo è legato alla volontà di passare gradualmente,
in termini di analisi della risposta sismica, da edifici regolari ad edifici
irregolari.

6.2.2 Calcolo delle azioni di progetto


Per quanto concerne il calcolo dei carichi verticali, eseguito secondo le
prescrizioni dell’Eurocodice 1, è stato assunto un coefficiente moltiplicativo
dei carichi permanenti γG = 1.35 ed uno moltiplicativo dei carichi accidentali
γQ = 1.50. Nel calcolo dei carichi verticali da combinare con le azioni
orizzontali, il coefficiente di combinazione, relativo ai carichi accidentali, è
stato assunto pari a 0.3. Lo stesso coefficiente, nel calcolo dei pesi sismici, è
stato ridotto della metà ai piani intermedi e lasciato invariato al piano più alto
(0.3). In tabella 6.1 sono riportati i pesi e le masse sismiche calcolati espressi
in tonnellate e metri.

Tabella 6.1 Pesi e masse sismiche dell’edificio.

Piani Wi [ton] M [ton*s^2/m]


1 88.030 8.97
2 84.992 8.66
134 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

3 82.292 8.39
4 76.892 7.84

totale 332.207 33.86

Lo spettro di progetto utilizzato è quello dell’Eurocodice 8, con


accelerazione massima al suolo (PGA) 0.4g, per suolo medio (tipo B) e fattore
di comportamento q = 5 (Alta Duttilità). In figura 6.3 sono riportati lo spettro
elastico di normativa e quello di progetto adottati fino ad un periodo di 0.6 sec,
essendo il periodo fondamentale dell’edificio in esame pari a 0.456 sec.

Spettri
Spettro di progetto Spettro di risposta elastico
1.20
1.10
1.00
0.90
Accelerazione

0.80
0.70
0.60
0.50
0.40
0.30
0.20
0.10
0.00
0.00 0.05 0.10 0.15 0.20 0.25 0.30 0.35 0.40 0.45 0.50 0.55 0.60
Periodo

Figura 6.3. Spettro elastico di normativa e spettro di progetto adottati.

Innanzitutto è stato verificato che tale edificio si trovasse in una condizione


limite tra irregolarità e regolarità, cioè che, applicando staticamente le azioni
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 135
orizzontali di progetto con una eccentricità pari a quella accidentale, a ciascun
piano lo spostamento massimo dell’impalcato fosse circa maggiore del 20% di
quello medio. Perciò è stato calcolato il taglio alla base di progetto mediante
l’espressione:

Fb = S d (T1 )W (6.1)

essendo Sd(T1) l’ordinata spettrale in corrispondenza del periodo


fondamentale e W il perso sismico totale. Considerando che la deformata
associata al primo periodo può essere approssimata mediante spostamenti
linearmente crescenti lungo l’altezza, le forze a ciascun piano sono state
calcolate mediante la:

z i Wi
Fi = Fb (6.2)
∑ z jW j
essendo zi l’altezza del piano i-esimo e Wi il suo peso sismico.
Dopo tale verifica, l’edificio è stato progettato mediante analisi modale,
analisi statica equivalente con il calcolo delle eccentricità descritto
nell’appendice A dell’Eurocodice 8 [CEN 1994b] e mediante analisi statica
equivalente con calcolo dell’eccentricità effettuato secondo le prescrizioni
dell’Uniform Building Code.
Nel primo caso è stato utilizzato il programma di calcolo SAP90 [CSI
1991].
Nel secondo caso è sorta innanzitutto la necessità di calcolare ad ogni piano
l’eccentricità statica e0, vale a dire la distanza fra baricentro delle masse,
assunto coincidente col baricentro geometrico dell’impalcato, e baricentro
delle rigidezze, che, ovviamente, sarà spostato nella direzione in cui è traslato
il telaio centrale. La posizione di tale baricentro è stata valutata calcolando le
rigidezze effettive di ciascun telaio, vale a dire applicando le forze orizzontali
statiche di progetto e facendo il rapporto fra il taglio relativo al telaio in esame
ed il suo spostamento di interpiano. L’eccentricità statica è risultata
coincidente a tutti i piani e circa pari a 0.65 m.
A questo punto è opportuno osservare che si è potuta utilizzare un’analisi
statica sebbene l’edificio sia irregolare in pianta, perché lo stesso soddisfa due
requisiti:
136 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

1. è soddisfatta l’ipotesi di impalcato infinitamente rigido;


2. i baricentri di tutti i piani sono allineati su di una stessa verticale e lo
stesso accade per i centri delle rigidezze, calcolati come descritto sopra.
Essendo, però, l’edificio irregolare, per tenere conto degli effetti torsionali,
il calcolo statico secondo l’Eurocodice 8 prevede che la forza orizzontale sia
applicata con una eccentricità aggiuntiva pari alla minore delle (3.24). Nota
questa, possono essere calcolati i momenti torsionali mediante la (3.21) e la
(3.22). In tali formule, però, si è deciso di trascurare l’eccentricità accidentale,
onde evitare di aggiungere al problema in esame un ulteriore parametro non
indispensabile. Perciò i momenti torsionali sono uguali a:

M i1 = Fi emax = Fi (e0 + e2 ) (6.3)

M i1 = Fi emin = Fi e0 (6.4)

Il valore minore fra i due calcolati mediante le espressioni (3.24) risulta


essere a ciascuno dei quattro piani circa e 2 = 0.60 m.
Il terzo modello è stato, invece, progettato calcolando le eccentricità che
tengono conto degli effetti torsionali secondo le espressioni (3.28) e (3.29),
vale a dire secondo quanto prescrive l’Uniform Building Code. Trascurando,
come già detto, l’eccentricità accidentale e considerando che nel caso in esame
δ max
risulta = 1 , esse diventano:
1.2δ avg

e1 = emax = e0 (6.5)

e 2 = e min = e0 ≤ 0 (6.6)

Poiché risulta e0 ≥ 0 , allora si assume e 2 = 0 , che vuol dire applicare la


forza nel centro delle rigidezze e, quindi, non avere momento torsionale (cioè
rotazionale nel piano dell’impalcato). Invece e1 coincide proprio con
l’eccentricità statica e quindi determina un momento torsionale che è uguale a
quello riportato nella (6.4).
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 137
Una volta note le azioni orizzontali ed i momenti torsionali di progetto, è
nota la resistenza totale, in termini di taglio alla base, dei tre modelli. Tali tre
resistenze sono state uguagliate, al fine di poter comprendere quale delle tre
metodologie di progetto adottate determina una distribuzione di resistenze più
efficace, indipendentemente dalla entità della resistenza totale. Perciò sono
stati calcolati i coefficienti riduttivi delle resistenze totali ottenute nei due casi
di analisi statica equivalente al fine di uguagliarle al caso dell’analisi dinamica.
Come è noto, infatti, quest’ultimo tipo di analisi determina una resistenza
totale inferiore di circa il 20% rispetto all’analisi statica; ciò è dovuto al fatto
che in quest’ultimo caso si assume che la massa partecipante associata al primo
modo sia coincidente con la massa totale del sistema, mentre in realtà tale
massa è circa l’80% di quella totale. I coefficienti α di riduzione dei tagli per le
due analisi statiche risultano:

T yDin , max 521[kN ]


α y , EC 8 = = = 0.76236 (6.7)
T yEC 8, max 683.4[kN ]

T yDin , max 521[kN ]


α y ,UBC = = = 0.75246 (6.8)
T yUBC , max 692.4[kN ]

T xDin, max 527.1[kN ]


α x , EC 8 = α x ,UBC = = = 0.79367 (6.9)
T x , max 664.2[kN ]

I tagli massimi lungo il lato simmetrico, vale a dire lungo X, sono uguali per
le due analisi statiche, in quanto non c’è l’effetto dovuto all’eccentricità; da ciò
segue che il coefficiente riduttivo nei due casi è lo stesso. Operando in campo
elastico è lecito, a questo punto, moltiplicare le forze orizzontali, da applicare
ai casi statici, per i coefficienti prima calcolati così da progettare le strutture a
parità di resistenza totale.
Il calcolo delle sollecitazioni di progetto è stato eseguito tenendo conto,
come prescritto dall’Eurocodice 8, degli effetti ortogonali, secondo le
combinazioni (3.31) e (3.32).
138 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

6.2.3 Calcolo delle armature


I materiali utilizzati sono il calcestruzzo classe C20/25 e l’acciaio FeB38k.
Le caratteristiche meccaniche del conglomerato cementizio, riportate
nell’Eurocodice 2 [CEN 1989] sono:
resistenza caratteristica cilindrica fck = 20 N/mm2;
resistenza cilindrica di calcolo fcd = 13.3 N/mm2;
resistenza media a trazione fctm = 2.2 N/mm2;
modulo di Young Ecm = 29 kN/mm2.
Quelle dell’acciaio sono:
tensione caratteristica di snervamento fyk = 380 N/mm2;
tensione di calcolo di snervamento; fyd = 330.4 N/mm2;
modulo di Young Es = 200 kN/mm2.
Note le sollecitazioni massime relative agli elementi resistenti di ciascun
modello sono state calcolate le armature utilizzando il metodo semi-
probabilistico agli stati limite ultimi secondo quanto previsto dall’Eurocodice.
A questo punto è importante sottolineare che, secondo quanto previsto
dall’Eurocodice 8 per colonne progettate in Alta Duttilità, si sarebbe dovuta
effettuare la verifica delle stesse a pressoflessione deviata. Invece, al fine di
snellire la procedura di calcolo delle armature, le colonne sono state verificate
nella maniera semplificata prevista dall’Eurocodice 8 per le colonne progettate
in Media e Bassa Duttilità, vale a dire separatamente in ciascuna delle due
direzioni ortogonali riducendo il momento resistente del 30% in modo che
risultasse:

0.7 M Rdi ≥ M Sdi (6.10)

essendo MRdi il momento resistente ed MSdi il momento sollecitante.


Al fine di evitare variazioni di caratteristiche meccaniche del calcestruzzo
confinato è stata assunta una staffatura uguale per tutti gli elementi strutturali
in corrispondenza dei loro estremi e cioè di diametro φ10 ogni 10 cm.
Ai pilastri è stata assegnata un’armatura minima pari a 2 φ14 per lato. Per le
travi si è imposto che l’armatura al lembo inferiore fosse pari ad almeno la
metà di quella calcolata al lembo superiore. Sia per le travi che per i pilastri è
stato assunto un copriferro pari a 3 cm.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 139
Come si può osservare da quanto riportato finora, nel progetto non è stato
utilizzato il Capacity Design, con il preciso intento di non assegnare ai tre
modelli sovraresistenze che potessero mascherare le differenze di risposta
dovute esclusivamente alla differente metodologia di progetto utilizzata nei tre
casi.

6.3 ANALISI NON LINEARI

I tre edifici, progettati secondo quanto descritto al paragrafo precedente,


sono stati modellati numericamente mediante il programma di calcolo
CANNY-E. Per le travi e per i pilastri sono stati utilizzati gli stessi modelli
numerici descritti nel capitolo IV, assegnando lo stesso degrado di rigidezza
allo scarico ed al ricarico e gli stessi andamenti delle curve monotone descritti
nel caso del confronto numerico-sperimentale. I valori assegnati alla resistenza
ed alla deformabilità di acciaio e calcestruzzo, però, sono quelli caratteristici.
Anche in tal caso sono state utilizzate le formule di Mander per il calcolo delle
proprietà del calcestruzzo confinato. Per quanto concerne le travi, a differenza
del confronto numerico-sperimentale, non è stata tenuta in conto la
collaborazione dell’armatura della soletta, cioè non è stata incrementata la
rigidezza post-snervamento relativamente al caso in cui il lembo superiore
della trave sia teso. Tale scelta, ancora una volta, è legata alla volontà di non
assegnare sovraresistenze ai tre edifici, al fine di non mascherare le differenze
legate alle tre differenti metodologie progettuali adottate.
Per lo stesso motivo l’armatura assegnata agli elementi resistenti del
modello numerico è perfettamente coincidente con quella ottenuta dal progetto,
nel senso che non è approssimata per trasformarla in aree di tondini
equivalenti. Per quanto concerne le sezioni dei pilastri, ai quattro angoli di
ciascuna sezione sono assegnate quattro aree di ferro uguali e ciò che rimane
dell’area di armatura totale in una direzione è posta sull’asse di simmetria della
sezione avente quella direzione, sempre con lo stesso copriferro. Per quanto
concerne le travi, a ciascuno dei due lembi della sezione tutta l’armatura è
posta allo stesso livello.
L’intento delle analisi dinamiche effettuate è quello di comprendere quali
delle tre metodologie di progetto adottate garantisce, allorquando la struttura si
comporti in maniera non elastica, una migliore distribuzione del
140 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

danneggiamento e quindi maggiori garanzie che la stessa struttura non collassi.


Per questo motivo i tre edifici sono stati sottoposti ad entrambe le componenti
di cinque terremoti reali violenti, gli stessi utilizzati e descritti al capitolo
precedente. La componente principale di ciascuno di essi è stata fatta agire
nella direzione in cui l’edificio si comporta in maniera asimmetrica, vale a dire
lungo la direzione Y del riferimento globale, la componente secondaria,
ovviamente, è stata fatta agire nella direzione ortogonale.
Inoltre, al fine di confrontare le differenze in termini di risposta, anche nel
caso di edifici irregolari, tra eccitazione unidirezionale e bidirezionale, le
stesse analisi sono state ripetute considerando agente unicamente la
componente principale del sisma nella direzione Y del riferimento globale.

800
700
600
Taglio [kN]

500
400
300
200
100
0
IV III II I
Piano

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.4. Massimi tagli di piano in direzione Y.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 141
6.3.1 Risultati in termini di comportamento globale
I primi risultati che si vogliono mostrare sono quelli che descrivono il
comportamento globale dei modelli esaminati. Si riportano, infatti, gli
spostamenti massimi in valore assoluto e di interpiano in corrispondenza dei
baricentri degli impalcati ed in corrispondenza di ciascuno dei tre telai nella
direzione in cui gli edifici si comportano asimmetricamente; si mostrano,
inoltre, i tagli di piano calcolati in tale direzione e le rotazioni degli impalcati.
Tali risultati sono relativi al solo terremoto di El Centro, sia considerando
agenti entrambe le componenti orizzontali dello stesso, che nel caso in cui
agisca la sola componente principale.

90
80
Spostamento [mm]

70
60
50
40
30
20
10
0
IV III II I
Impalcato

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.5. Massimi spostamenti del baricentro degli impalcati in direzione Y.

Analizzando innanzitutto il caso di eccitazione bidirezionale si osserva che


il massimo taglio alla base [fig. 6.4] è molto simile per i tre modelli; ciò
ovviamente deriva dal fatto che essi sono stati progettati a parità si resistenza.
142 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analogamente accade per quanto riguarda gli spostamenti di piano e di


interpiano valutati in corrispondenza del baricentro di ciascun impalcato;
questi ultimi sono calcolati in percentuale rispetto all’altezza di ciascun
interpiano [figg. 6.5 e 6.6]. Da ciò si evince che, nel caso in esame, in termini
di risposta globale della struttura non esistono grandi differenze tra i tre tipi di
progettazione adottati. Sicuramente più interessante è l’analisi del
comportamento dei singoli telai, con particolare riferimento a quelli esterni, dal
momento che è proprio in base alla risposta di questi che si valuta la bontà
della prescrizione di normativa adottata.
Spostamento di interpiano/Hi [%]

1
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
IV III II I
Piano

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.6. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi al baricentro.

8
7
Rotazione [mrad]

6
5
4
3
2
1
0
I II III IV
Impalcato

Analisi modale EC8 UBC


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 143

Figura 6.7. Massime rotazioni degli impalcati intorno all’asse verticale.


144 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Telaio 1 (lato rigido)

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamento di interpiano/Hi [% ]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 2

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamento di interpiano/Hi [% ]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 3 (lato deformabile)

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamento di interpiano/Hi [% ]

Analisi modale EC8 UBC


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 145
Figura 6.8. Spostamenti di interpiano in direzione Y in corrispondenza dei
telai.
146 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

A questo proposito si vuole ricordare che in un edificio caratterizzato da


eccentricità del centro delle rigidezze rispetto a quello delle masse, si definisce
lato rigido quello che è più vicino al centro delle rigidezze; il lato opposto è
definito deformabile o flessibile.
La risposta dei telai esterni è sicuramente condizionata dalle rotazioni degli
impalcati. Dalla figura 6.7, dove queste sono riportate in termini massimi, si
osserva che nel caso dell’edificio progettato secondo l’analisi statica
equivalente prescritta dall’Uniform Building Code esse sono decisamente
maggiori rispetto agli altri due casi; per l’impalcato più alto, l’incremento
rispetto all’analisi dinamica, che determina le rotazioni più basse, è maggiore
del 100%, mentre rispetto al terzo caso è maggiore del 50%. Per quanto
concerne gli spostamenti di interpiano, calcolati in percentuale rispetto
all’altezza del relativo interpiano, in corrispondenza dei tre telai ai vari piani,
dalla figura 6.8 si osserva che l’analisi secondo l’Uniform Building Code
protegge il lato rigido decisamente meglio rispetto agli altri due casi, pur se, al
contrario, sul lato flessibile presenta la peggiore risposta. L’analisi dinamica
presenta, invece, la peggiore risposta sul lato rigido, mentre quella sul lato
flessibile è praticamente equivalente a quella ottenuta utilizzando le
prescrizioni dell’Eurocodice 8.

6.3.2 Risultati in termini di risposta locale


Al fine di comprendere quale delle tre metodologie di progetto utilizzate
protegge meglio l’edificio con eccentricità di rigidezza in esame, è necessario
un confronto in termini di danneggiamento locale degli elementi resistenti.
Tale danneggiamento è stato valutato in termini di duttilità massima richiesta
in corrispondenza delle sezioni di estremità delle travi e rotazioni massime
delle sezioni di estremità delle colonne. Nel caso delle travi, cioè, è stato
considerato il rapporto tra la rotazione massima e quella di snervamento;
ovviamente per i pilastri questo rapporto sarebbe stato più difficile da valutare
dal momento che la rotazione di snervamento varia al variare dello sforzo
normale. Nelle figure che seguono, i risultati saranno riportati considerando per
ciascuno dei telai giacenti nel piano YZ (1, 2 e 3) la media delle duttilità
richieste alle estremità delle due travi appartenenti a ciascun piano; tale valore
viene riportato in termini di lunghezza di un segmento. I segmenti relativi a
ciascun piano, per tutti e quattro i piani dell’edificio, vengono posti uno
sull’altro, in modo che il segmento somma sia indicativo della duttilità
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 147
richiesta alle travi del telaio in esame. Analogamente, per quanto riguarda le
colonne, ciascun segmento rappresenta la media delle rotazioni massime di
estremità dei tre pilastri appartenenti a ciascun piano del telaio in esame. I
segmenti relativi ai quattro piani vengono posti uno sull’altro in modo che il
segmento somma possa essere indicativo del danneggiamento delle colonne di
un telaio.
In figura 6.9 è riportata la duttilità richiesta alle travi ottenuta eccitando la
struttura mediante il terremoto di El Centro; il telaio 1 è quello all’ascissa zero,
il telaio 2 è quello all’ascissa tre, il telaio 3 all’ascissa dieci. Il danno in
assoluto minore si osserva nel caso dell’edificio progettato mediante l’Uniform
Building Code, dal momento che i due telai posti sul lato rigido presentano
duttilità richieste totali inferiori (misurate dall’altezza di ciascuna colonnina in
figura); per quanto concerne il telaio più esterno fra i due, rispetto al caso di
edificio progettato mediante analisi dinamica il decremento è del 12%, rispetto
a quello progettato mediante l’Eurocodice 8 è dell’8%.
Si deve osservare, però, che la struttura progettata con l’Uniform Building
Code presenta, al contrario, una duttilità richiesta superiore a quella degli altri
due casi per il telaio sul lato flessibile, pur se questo incremento è inferiore al
10%. Tale circostanza è negativa dal momento che tale telaio è proprio quello
che in assoluto è il più danneggiato.
Dalla figura in esame si osserva, inoltre, che l’analisi dinamica determina la
distribuzione del danneggiamento più uniforme, nel senso che sono inferiori
rispetto agli altri due casi le differenze tra i tre telai; in sostanza si manifesta un
incremento di duttilità richiesta sul lato rigido ed un decremento su quello
flessibile, dato molto positivo perché, come si è già detto, quest’ultimo è in
assoluto il più danneggiato.
Infine è doveroso osservare che le massime differenze riscontrate nei tre
casi sono di poco superiori al 10% e quindi abbastanza basse. Questo risultato
è sicuramente confortante, dal momento che implica che non esiste in
particolare una metodologia di progetto, fra le tre analizzate, decisamente
errata. D’altra parte si deve osservare che un’importante motivazione di questa
scarsa differenza è legata alla resistenza dell’edificio nella direzione ortogonale
(direzione X del riferimento globale) a quella in esame , cioè quella lungo la
quale esso si comporta in maniera simmetrica. Tale resistenza, infatti, si
presenta molto simile nei due casi di analisi statica ed, inoltre, abbastanza
elevata se paragonata a quella relativa alla direzione in cui la struttura è
asimmetrica (Y del riferimento globale). A questo proposito si ricorda che il
148 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

progetto lungo X avviene applicando le azioni di calcolo lungo X con il loro


intero valore e quelle ortogonali, con le relative eccentricità, per un valore pari
al 30%. La somiglianza delle resistenze nei due casi di analisi statica è dovuta
al fatto che le azioni lungo X, essendo applicate senza eccentricità, producono
effetti identici. Il fatto che la resistenza sia elevata rispetto a quella calcolata in
direzione Y è legato innanzitutto all’asimmetria presente in direzione Y, la
quale determina effetti lungo X. Inoltre i coefficienti moltiplicativi delle forze,
utilizzati al fine di uguagliare nei tre casi le resistenze totali di progetto,
calcolati lungo X sono maggiori rispetto a quelli calcolati lungo Y, proprio
perché in quest’ultima direzione cresce l’importanza nell’analisi dinamica dei
momenti di piano rispetto ai tagli e quindi si ha necessità di un maggior
decremento delle forze orizzontali calcolate con i metodi statici.
I risultati riportati in figura 6.10 in termini di rotazioni massime di estremità
dei pilastri, nella forma descritta sopra, confermano completamente quanto
osservato nel caso delle travi. Il decremento della somma delle medie delle
rotazioni massime a ciascun piano relativamente al telaio appartenente al lato
rigido è, nel caso del progetto effettuato con l’Uniform Building Code, di circa
il 4% rispetto al progetto realizzato con le altre due normative. Per quanto
concerne il telaio appartenente al lato flessibile, l’incremento è dell’8% rispetto
al progetto effettuato con l’analisi dinamica e del 4% rispetto al progetto
effettuato con l’analisi statica equivalente prescritta dall’Eurocodice 8.
Le duttilità massime richieste alle travi e le rotazioni massime alle estremità
dei pilastri sono calcolate anche sollecitando i tre edifici diversamente
progettati mediante altri quattro terremoti reali, Taft, Petrovac, El Almendral e
Newhall, di cui si è parlato nel capitolo precedente. Nella figura 6.11 per
ciascun telaio ciascun segmento corrisponde alla media aritemetica,
considerando tutti e cinque i terremoti, della media delle duttilità richieste alle
due estremità delle due travi di ciascun piano; i quattro segmenti, posti uno
sull’altro, corrispondono ai quattro piani. Gli stessi risultati sono riportati in
figura 6.12 in termini di rotazioni massime alle estremità dei pilastri. Dalle
ultime due figure si nota che le osservazioni fatte relativamente alla risposta
della struttura sollecitata dal solo terremoto di El Centro sono pienamente
confermate considerando le medie su tutti e cinque i terremoti.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 149

Analisi modale

9.00
8.00

Duttilità richiesta
7.00
6.00
5.00
4.00
3.00
2.00
1.00
0.00
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

9.00
8.00
Duttilità richiesta

7.00
6.00
5.00
4.00
3.00
2.00
1.00
0.00
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

9.00
8.00
Duttilità richiesta

7.00
6.00
5.00
4.00
3.00
2.00
1.00
0.00
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.9. Duttilità richiesta alle travi (terremoto di El Centro).


150 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analisi modale

12
Rotazione [mrad]

10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

12
Rotazione [mrad]

10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

12
Rotazione [mrad]

10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.10. Rotazioni massime dei pilastri (terremoto di El Centro).


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 151

Analisi modale

14

Duttilità richiesta .
12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

14
Duttilità richiesta .

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

14
12
Duttilità richiesta .

10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.11. Duttilità richiesta alle travi (media dei cinque terremoti).
152 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analisi modale

16
14
Rotazione [mrad]

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

16
14
Rotazione [mrad]

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

16
14
Rotazione [mrad]

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.12. Rotazioni massime dei pilastri (media dei cinque terremoti).
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 153
6.4 CASO DI EDIFICIO CON ECCENTRICITÀ DI MASSA

Il progetto e le analisi descritti sopra sono stati ripetuti nel caso di un


edificio di uguale geometria, ma con eccentricità di massa. Infatti è stato
traslato il centro di massa dal centro geometrico di 1 metro verso il lato
flessibile, in modo da aumentare l’eccentricità statica. Note le azioni
orizzontali di progetto, già calcolate mediante la (6.1) e la (6.2), queste sono
state applicate con l’eccentricità accidentale (3.23) ed è stato calcolato il
rapporto tra lo spostamento massimo dell’impalcato e lo spostamento medio
nella direzione di applicazione di tali forze; tale rapporto è risultato pari ad
δ max
1.35. Poiché si ha che > 1.2 allora, per quanto prescritto sia
δ avg
dall’Eurocodice 8 che dall’Uniform Building Code, la struttura in esame è
decisamente irregolare.
Successivamente sono state calcolate le eccentricità statica e dinamiche,
cioè che tengono conto degli effetti torsionali, al fine di applicare i metodi di
progetto statici equivalenti dei due codici; per tale calcolo sono state utilizzate
le rigidezze valutate come nel caso precedente, cioè applicando nel baricentro
le forze statiche di progetto e calcolando il rapporto tra il taglio relativo a
ciascun pilastro e lo spostamento di interpiano in corrispondenza del telaio cui
il pilastro appartiene. Anche in questo caso è stata sempre posta uguale a zero
l’eccentricità accidentale.
L’eccentricità statica, uguale a tutti i piani, è risultata pari a 1.63 m. Per
quanto concerne le eccentricità dinamiche calcolate secondo l’Eurocodice 8,
poiché l’eccentricità accidentale è assunta pari a zero, la prima è proprio pari a
quella statica. Dalla (3.24) risulta, invece, e2 = 1.21 m a tutti i piani, la quale si
somma a quella statica. I momenti torsionali saranno calcolati come nelle (6.3)
e (6.4).
Per quanto concerne il calcolo secondo l’Uniform Building Code le (3.28) e
(3.29), eccentricità calcolate rispetto al centro delle rigidezze, al fine di
escludere l’eccentricità accidentale, diventano:

⎡⎛ δ ⎞
2

e1 = e max = e 0 + 0.05 L ⎢⎜ max ⎟ − 1⎥ (6.11)
⎢⎜⎝ 1.2δ avg ⎟
⎠ ⎥
⎣ ⎦
154 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

⎡⎛ δ ⎞
2

e 2 = e min = e0 − 0.05 L ⎢⎜ max ⎟ − 1⎥ ≤ 0 (6.12)
⎢⎜⎝ 1.2δ avg ⎟
⎠ ⎥
⎣ ⎦

δ max
Considerando che, secondo quanto detto in precedenza, risulta = 1.35 ,
δ avg
allora si ottiene e1 = 1.76 m ed e2 = 1.50 m. Poiché risulta e2 > 0, allora si
assume e2 = 0, cioè la forza è applicata nel centro delle rigidezze.
Si è proceduto, quindi, al calcolo dei tagli complessivi alla base agenti sia
lungo la direzione del riferimento globale Y, che lungo X per i tre casi di
analisi dinamica, analisi statica equivalente secondo l’Eurocodice 8 ed analisi
statica equivalente secondo l’Uniform Building Code. Sono stati, quindi,
calcolati i coefficienti riduttivi dei tagli ricavati nei casi statici, necessari al fine
di eguagliare questi quelli ottenuti mediante analisi dinamica. Si è ottenuto:

T yDin, max 498.3[kN ]


α y , EC 8 = = = 0.69546 (6.13)
T yEC 8, max 716.5[kN ]

T yDin, max 498.3[kN ]


α y ,UBC = = = 0.67329 (6.14)
T yUBC , max 740.1[kN ]

T xDin, max 527.1[kN ]


α x , EC 8 = α x ,UBC = = = 0.79367 (6.15)
T x , max 664.2[kN ]

Ovviamente i tagli alla base e di conseguenza il coefficiente riduttivo


calcolati nella direzione X rimangono inalterati; infatti la traslazione del
baricentro lungo l’asse di simmetria parallelo all’asse X non modifica
assolutamente le caratteristiche dell’edificio in tale direzione.
Si osserva, inoltre, che il taglio dinamico calcolato nella direzione Y del
riferimento globale si riduce. Questa è una conseguenza del crescere, con
l’aumentare dell’eccentricità, dell’importanza dei modi torsionali rispetto a
quelli traslazionali e quindi dei momenti che sollecitano la struttura rispetto ai
tagli. Al contrario, nel caso delle analisi statiche equivalenti il taglio
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 155
complessivo cresce; infatti l’incremento del valore delle eccentricità cosiddette
dinamiche determina un aumento dei tagli agenti sui telai laterali e, quindi, un
incremento del taglio complessivo. Da ciò segue ovviamente che i coefficienti
che consentono di eguagliare le resistenze complessive di progetto relative alle
analisi statiche equivalenti a quella relativa all’analisi dinamica, si riducono
drasticamente.
Il calcolo delle sollecitazioni di progetto e quindi delle armature è stato
condotto in maniera completamente analoga al caso descritto nei paragrafi
precedenti.

6.4.1 Analisi numeriche


Anche la modellazione numerica dei tre edifici progettati presenta le stesse
caratteristiche relative al caso in cui il baricentro coincideva col centro
geometrico degli impalcati.
Tali modelli sono stati sollecitati dinamicamente mediante i cinque
terremoti precedentemente descritti, sia considerando agenti le due componenti
orizzontali secondo le direzioni principali degli edifici, sia facendo agire la
sola componente principale dell’azione sismica nella direzione caratterizzata
dal comportamento asimmetrico.
I risultati che saranno mostrati nelle figure che seguono, relativi al caso di
eccitazione bidirezionale, mettono in evidenza come qualitativamente essi
siano dello stesso tipo di quelli già mostrati nel caso in cui la massa non
presentava eccentricità. Per questo motivo tutte le osservazioni fatte in
precedenza sono pienamente confermate.
Le figure 6.13, 6.14 e 6.15 rappresentano rispettivamente, per i tre edifici
progettati, il massimo taglio alla base, il massimo spostamento del baricentro di
ciascun impalcato ed il massimo spostamento di interpiano per ciascun piano
calcolato in corrispondenza del baricentro. Tali risultati sono ottenuti eccitando
la struttura mediante entrambe le componenti orizzontali del terremoto
registrato ad El Centro e sono ovviamente tutti calcolati nella direzione Y del
riferimento globale.
156 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

800
700
600
Taglio [kN]

500
400
300
200
100
0
IV III II I
Piano

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.13. Massimi tagli di piano in direzione Y.

90
80
Spostamento [mm]

70
60
50
40
30
20
10
0
IV III II I
Impalcato

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.14. Massimi spostamenti del baricentro degli impalcati in direzione Y.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 157

Spostamento di interpiano/Hi [%]


1
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
IV III II I
Piano

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.15. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi al baricentro.

8
7
Rotazione [mrad]

6
5
4
3
2
1
0
I II III IV
Impalcato

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.16. Massime rotazioni degli impalcati intorno all’asse verticale.


158 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Telaio 1 (lato rigido)

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamenti di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 2

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamenti di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 3 (lato flessibile)

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamenti di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.17. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi ai telai.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 159

Analisi modale

14
12

Duttilità richiesta .
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

14
Duttilità richiesta .

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

14
Duttilità richiesta .

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.18. Duttilità richiesta alle travi (media dei cinque terremoti).
160 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analisi modale

16
14
Rotazione [mrad]

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

16
14
Rotazione [mrad]

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

16
14
Rotazine [mrad]

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.19. Rotazioni massime dei pilastri (media dei cinque terremoti).
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 161
In figura 6.16 sono riportate le massime rotazioni degli impalcati.
Confrontandole col caso in cui non era presente l’eccentricità di massa [Fig.
6.7], si osserva che esse sono pressoché raddoppiate, come era prevedibile.
Ancora una volta si osserva che l’edificio progettato secondo l’Uniform
Building Code ruota più di quello progettato secondo l’Eurocodice 8, che a sua
volta ruota di più di quello progettato mediante analisi dinamica; tuttavia le
differenze percentualmente diminuiscono.
Nella figura 6.17 sono riportati i massimi spostamenti di interpiano, in
percentuale rispetto all’altezza di piano, calcolati relativamente al telaio posto
sul lato rigido (1), a quello centrale e a quello posto sul lato flessibile (3).
Come per le quattro figure precedenti, l’eccitazione sismica è quella di El
Centro bidirezionale. Anche in questo caso, da un punto di vista qualitativo,
sono confermati i risultati mostrati nei paragrafi 6.3.1 e 6.3.2. [fig. 6.8], pur se
sono evidenti le conseguenze dell’incremento di rotazione degli impalcati.
Infatti, gli spostamenti di interpiano massimi relativi ai due telai posti sul lato
rigido dell’edificio decrescono, mentre aumentano quelli relativi al telaio posto
sul lato flessibile.
Quanto detto è evidente in figura 6.18 dove è riportata, per ciascuno dei tre
telai e per ciascuno dei tre edifici, la media per piano delle massime duttilità
richieste alle travi. Il modo in cui tale figura deve essere letta è stato
diffusamente spiegato in precedenza. A differenza delle figure precedenti i
risultati riportati sono relativi alle medie fatte piano per piano considerando
tutti e cinque i terremoti utilizzati. L’incremento di rotazione degli impalcati,
rispetto al caso di assenza di eccentricità di massa [fig. 6.9], accentua le
differenze di duttilità richiesta tra i telai appartenenti al lato rigido e quello
appartenente al lato flessibile, pur se gli andamenti rimangono inalterati.
Questo risultato è molto importante, dal momento che mostra come tutte le
metodologie progettuali prescritte siano carenti, in quanto proteggono poco gli
elementi strutturali appartenenti al lato flessibile rispetto a quelli posti sul lato
opposto. Tale osservazione è evidente nel caso dell’Uniform Building Code, la
cui caratteristica è proprio quella di proteggere maggiormente il telaio posto
sul lato più vicino al centro delle rigidezze. E’ da sottolineare, infine, il
comportamento dell’edificio progettato secondo l’analisi statica equivalente
prescritta dall’Eurocodice 8; nonostante le prescrizioni di tale codice mirino ad
assegnare più resistenza agli elementi strutturali lontani dal centro delle
rigidezze, anche in tal caso tali elementi sono i più danneggiati.
162 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Le medie per i cinque terremoti utilizzati delle medie per piano delle
rotazioni massime alle estremità delle colonne, riportate in figura 6.19
confermano quanto sopra osservato.

6.5 RISPOSTA SOTTO ECCITAZIONE UNIDIREZIONALE

Come è già stato accennato, sono state condotte analisi numeriche anche
utilizzando unicamente la componente principale, cioè quella tra le due
orizzontali con accelerazione massima, dei cinque terremoti violenti descritti.
La direzione assegnata a tale componente è quella Y del riferimento globale
[fig. 6.2], secondo la quale l’edificio si comporta in maniera non simmetrica.
Ciò è stato fatto sia per l’edificio con sola eccentricità del centro delle
rigidezze rispetto al centro geometrico, che per quello in cui è presente anche
l’eccentricità di massa. Poiché i due casi presentano risposte qualitativamente
simili, i risultati riportati nel seguito sono tutti relativi al solo secondo caso.
Le figure 6.20, 6.21 e 6.22 mostrano, per i tre differenti progetti,
rispettivamente il massimo taglio alla base, il massimo spostamento assoluto di
ciascun impalcato ed i massimi spostamenti di interpiano per tutti i piani,
calcolati in corrispondenza del baricentro del relativo impalcato, ovviamente
nella direzione Y. Fin da questi primi risultati, confrontandoli con quelli
riportati nelle figure 6.13, 6.14 e 6.15, si osserva che i rapporti fra le risposte
dei tre modelli sono praticamente inalterati. Inoltre anche quantitativamente,
per quanto concerne il massimo taglio alla base e gli spostamenti assoluti del
baricentro degli impalcati, l’eccitazione unidirezionale fornisce risultati molto
prossimi a quelli ottenuti mediante eccitazione bidirezionale. Sotto singola
componente del terremoto si osserva, però, che gli spostamenti di interpiano ai
piani alti sono leggermente superiori rispetto al caso bidirezionale, mentre
accade il contrario ai piani bassi.
In figura 6.23 sono riportate le massime rotazioni degli impalcati intorno
all’asse verticale; il confronto con la figura 6.16 mostra una diminuzione del
valore assoluto delle stesse, soprattutto in relazione ai sistemi strutturali
progettati mediante analisi dinamica ed analisi statica equivalente secondo
l’Eurocodice 8. Le osservazioni fatte fino a questo momento sono pienamente
concordi con quelle riportate nel capitolo V.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 163
Questo decremento determina, come era da aspettarsi, rispetto al caso di
eccitazione bidirezionale, un incremento degli spostamenti di interpiano
massimi sul lato rigido ed un decremento sul lato flessibile. Ciò si deduce
confrontando la figura 6.24 con la 6.17.
Questa variazione, seppur in maniera minima, si riflette sul danneggiamento
delle travi e delle colonne. Confrontando le figure 6.25 e 6.26 con le
corrispondenti 6.18 e 6.19 si deduce che, nel caso in cui agisce la sola
componente principale del terremoto, le differenze di danneggiamento tra il
telaio appartenente al lato rigido e quello appartenente al lato flessibile
diminuiscono lievemente, aumentando quello relativo al primo telaio e
diminuendo quello relativo al secondo. Sebbene questa variazione tende a
sottostimare il danneggiamento proprio lì dove è massimo, essa è talmente
bassa da potersi ritenere trascurabile.
164 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

800
700
600
Taglio [kN]

500
400
300
200
100
0
IV III II I
Piano

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.20. Massimi tagli di piano in direzione Y.

90
80
Spostamento [mm]

70
60
50
40
30
20
10
0
IV III II I
Impalcato

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.21. Massimi spostamenti del baricentro degli impalcati in direzione Y.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 165

Spostamenti di interpiano/Hi [%]


1
0.9
0.8
0.7
0.6
0.5
0.4
0.3
0.2
0.1
0
IV III II I
Interpiano

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.22. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi al baricentro.

8
7
Rotazione [mrad]

6
5
4
3
2
1
0
I II III IV
Impalcato

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.23. Massime rotazioni degli impalcati intorno all’asse verticale.


166 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Telaio 1 (lato rigido)

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 2

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Telaio 3 (lato flessibile)

IV
Interpiano

III

II

0 0.1 0.2 0.3 0.4 0.5 0.6 0.7 0.8 0.9 1 1.1 1.2 1.3
Spostamento di interpiano/Hi [%]

Analisi modale EC8 UBC

Figura 6.24. Spostamenti di interpiano in direzione Y relativi ai telai.


Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 167

Analisi modale

14

Duttilità richiesta .
12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

14
Duttilità richiesta .

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

14
Duttilità richiesta .

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.25. Duttilità richiesta alle travi (media dei cinque terremoti).
168 Capitolo VI – Analisi non lineari relative ad edifici irregolari in pianta

Analisi modale

16
Rotazione [mrad] .

14
12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

EC8

16
14
Rotazione [mrad] .

12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

UBC

16
Rotazione [mrad] .

14
12
10
8
6
4
2
0
0 1 2 3 4
Telaio

Telaio 1 (l. rigido) Telaio 2 Telaio 3 (l. flessibile)

Figura 6.26. Rotazioni massime dei pilastri (media dei cinque terremoti).
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 169

Capitolo VII
Conclusioni

I risultati relativi al confronto numerico-sperimentale mostrano che la


risposta sismica non lineare di un edificio intelaiato in cemento armato privo di
tamponature può essere riprodotta numericamente in maniera abbastanza
soddisfacente. Ciò può essere fatto idealizzando le travi mediante dei modelli
uniassiali elastici, che tengono conto del comportamento flessionale non
lineare concentrandolo agli estremi dell’elemento; ed utilizzando, invece, per
le colonne, un modello multi-molle.
Relativamente all’edificio esaminato, sono fornite indicazioni circa le
correzioni da applicare ai legami momento-rotazione assegnati agli estremi
delle travi e ricavati utilizzando i legami tensione-deformazione dei materiali
ottenuti sperimentalmente. Sono anche fornite indicazioni circa i valori da
assegnare ai parametri che regolano l’andamento dei cicli isteretici assegnati
sia alle travi che alle colonne. In questo modo è stata ottenuta una buona
corrispondenza tra risultati numerici e sperimentali in termini di storie
temporali degli spostamenti di piano, di interpiano e dei tagli di piano.
Lo stesso modello è stato utilizzato al fine di valutare gli effetti della
presenza di entrambe le componenti orizzontali del terremoto sulla risposta non
lineare di un edificio. Risultati interessanti sono ottenuti confrontando la
risposta di questa struttura eccitata mediante la componente principale di alcuni
terremoti storici a quella ottenuta facendo contemporaneamente agire anche la
componente secondaria di ciascuno di tali terremoti.
Il massimo taglio alla base e lo spostamento del baricentro dell’impalcato
più alto, valutati nella direzione di azione della componente principale, non
aumentano in virtù della contemporanea presenza della componente
170 Capitolo VII – Conclusioni

secondaria. Inoltre, l’incremento dei loro massimi valori vettoriali, valutati cioè
considerando la radice quadrata della somma dei quadrati dei valori ottenuti in
direzione X ed Y, dovuto all’eccitazione bidirezionale rispetto a quella
unidirezionale, è basso. Ciò è dovuto al fatto che, quando agiscono entrambe le
componenti del terremoto, l’edificio oscilla in molte direzioni;
conseguentemente, il danno ed in particolare lo spostamento plastico non si
accumula in una sola direzione, come nel caso in cui agisce la sola componente
principale del sisma. Questo effetto globalmente copre anche il possibile
decremento di resistenza dovuto all’interazione, sul dominio plastico delle
sezioni dei pilastri, tra i momenti flettenti agenti nelle due direzioni e lo sforzo
normale (interazione triassiale). Si osserva, quindi, che, quando si vuole
confrontare la risposta di una struttura sotto eccitazione unidirezionale con
quella ottenuta sotto eccitazione bidirezionale, i parametri della risposta
caratterizzati da una direzione, come gli spostamenti ed i tagli, ottenuti in
questo secondo caso non vanno valutati calcolandone il massimo vettoriale.
Osservando i massimi spostamenti di interpiano, si deduce che nel caso in
cui agiscono entrambe le componenti orizzontali del terremoto i piani bassi
sono più danneggiati rispetto al caso in cui agisce la sola componente
principale dell’azione sismica; ciò non si verifica ai piani alti. Questa è una
chiara conseguenza dell’incremento di variazione di sforzo normale
determinato nei pilastri dall’eccitazione sismica bidirezionale. La conferma
viene proprio dall’analisi del danneggiamento delle sezioni trasversali dei
pilastri; in media, considerando l’intero edificio, la richiesta plastica
dell’armatura delle colonne aumenta del 40% rispetto al caso unidirezionale,
mentre il numero di sezioni in cui il calcestruzzo va in crisi per compressione è
cinque volte maggiore. Questo incremento dipende non solo dall’aumento della
variazione dello sforzo normale, ma anche dall’aumento di energia che la
struttura deve assorbire quando è eccitata da entrambe le componenti
dell’azione sismica ed è anche legato agli effetti dell’interazione triassiale.
Volendo valutare, quindi, in base ai risultati ottenuti, le prescrizioni
dell’Eurocodice 8, simili a quelle delle altre moderne normative, relativamente
agli effetti ortogonali, si deve concludere che, se si considera la risposta
globale della struttura, esse appaiono cautelative; ad una conclusione opposta
si giunge, invece, osservando il danneggiamento delle sezioni trasversali dei
pilastri. Tale differenza è probabilmente in parte legata alla non eccessiva
sofisticatezza del modello numerico utilizzato per le colonne.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 171
Come è stato detto nel primo capitolo di questa dissertazione, l’obiettivo
principale della stessa è quello di valutare la bontà di alcune prescrizioni di
normativa in merito al progetto di edifici irregolari in pianta. Per questo motivo
un edificio di quattro piani intelaiato in cemento armato è stato progettato
mediante analisi modale, analisi statica equivalente secondo quanto dettato
dall’Eurocodice 8 ed analisi statica equivalente secondo le prescrizioni
dell’Uniform Building Code. E’ stato considerato sia il caso in cui tale edificio
presentasse unicamente eccentricità del centro rigidezze, sia il caso in cui alla
stessa fosse aggiunta un'eccentricità del baricentro, dovuta alla traslazione
dello stesso di un metro nella direzione del lato flessibile dell’edificio. Poiché
interessava capire quali delle tre metodologie progettuali distribuisse meglio le
resistenze, si è operato sia a parità di geometria che a parità di resistenza
globale, cioè uguagliando nei tre casi i tagli alla base di progetto in ciascuna
delle due direzioni principali della struttura.
Per gli edifici così progettati, è stata utilizzata la stessa modellazione
numerica tarata mediante confronto con i dati sperimentali. Inoltre, nel caso
delle analisi non lineari, tali edifici sono stati sollecitati mediante entrambe le
componenti orizzontali di cinque terremoti storici.
I risultati ottenuti mostrano che il progetto mediante l’analisi statica
equivalente secondo l’Uniform Building Code determina una distribuzione
delle resistenze da cui risulta un danneggiamento degli edifici globalmente
minimo; infatti i due telai posti sul lato rigido della struttura sono meno
danneggiati rispetto agli stessi progettati secondo le altre due metodologie. Si
deve sottolineare, però, che, al contrario, dal confronto emerge che il telaio
posto sul lato flessibile presenta gli spostamenti e le richieste plastiche
massime. Questo dato è certamente negativo dal momento che tutte e tre le
metodologie progettuali adottate determinano una distribuzione delle resistenze
tale che le richieste plastiche maggiori sotto azioni sismiche sono relative al
telaio appartenente al lato flessibile della struttura; perciò è proprio tale telaio
dell’edificio progettato secondo la normativa americana a presentare in
assoluto la peggiore risposta. Al contrario il progetto mediante analisi dinamica
appare quello da cui scaturisce la risposta della struttura più uniforme, nel
senso che le richieste plastiche dei tre telai tendono ad essere meno differenti
ed, in particolare, quella massima, sempre relativa al lato deformabile, è
minore rispetto a quella ottenuta progettando mediante le due analisi statiche
equivalenti.
172 Capitolo VII – Conclusioni

L’incremento di eccentricità della struttura, ottenuto, come si è detto,


spostando il centro delle masse dal centro geometrico dell’impalcato, ha come
conseguenza, in termini di risposta non lineare dell’edificio, l’aumento della
rotazione degli impalcati. Ciò determina l’accentuarsi delle differenze tra i telai
posti ai lati opposti della struttura, il che si traduce in un ulteriore incremento
di danneggiamento del lato flessibile rispetto a quello rigido. E’ questo,
probabilmente, il dato più significativo e meno atteso che emerge da tutte le
analisi effettuate.
Dato non atteso nel senso che, in lavori svolti in precedenza da altri
ricercatori, si era osservato che, soprattutto nel caso di progetto effettuato
mediante analisi statica equivalente come prescritto dall’Eurocodice 8, il
danneggiamento degli elementi strutturali appartenenti al lato rigido della
struttura poteva anche superare quello relativo agli elementi posti sul lato
flessibile. E’ ovvio che il confronto con questi risultati deve tenere conto di due
differenze fondamentali. La prima è relativa ai modelli strutturali adottati; la
seconda concerne le prescrizioni progettuali non relative strettamente alla
protezione delle strutture dagli effetti torsionali.
Infine bisogna osservare che, tutto sommato, gli edifici esaminati non
presentano una risposta molto variabile al variare della metodologia
progettuale adottata. Ciò, in verità, è anche dovuto alla forte resistenza ad essi
assegnata nella direzione in cui si presentano simmetrici; questa, infatti, tende
ad abbattere le differenze, in termini di risposta strutturale, legate alla diversa
distribuzione delle resistenze, che caratterizza le tre metodologie nella
direzione di asimmetria della struttura.
Comportamento sismico degli edifici intelaiati in c.a. con irregolarità in pianta 173

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