Genoese Art

Il titolo di questo volume trae la citazione dalla deposizione rilasciata nel 1624 da Bernardo Strozzi, chiamato con Luciano Borzone a stimare i lavori-pala d'altare e affreschi-eseguiti da Andrea Ansaldo per la cappella di San Carlo nella chiesa di Nostra Signora della Concordia ad Albissola Marina. Il committente, Giuseppe Ghirardi, riteneva di dover pagare l'intero lavoro 470 lire; l'Ansaldo ne reclamava 2.400, una cifra non troppo distante da quella di 2.130 lire stabilita dallo Strozzi e dal Borzone, suoi periti di parte, di cui 500 per la sola pala d'altare. Alla fine, l'artista riceverà complessivamente 1.200 lire, la metà di quanto reclamato ma comunque quasi il triplo di quanto il Ghirardi pretendeva di sborsare inizialmente. La vicenda, ben documentata attraverso il verbale dell'interrogatorio reso dai due pittori periti, risulta paradigmatica per comprendere come fosse percepito e su quali parametri fosse valutato il lavoro del pittore in questi primi decenni del Seicento, attestando il netto scontro tra una mentalità provinciale e arretrata, quella del Ghirardi-per cui il prezzo della pittura doveva essere ancora stabilito sulla base del numero delle figure e delle ore impiegate per realizzarle-, e una visione più emancipata, esposta dai due artisti, secondo la quale il criterio per attribuire un prezzo doveva essere essenzialmente basato sull'abilità e sulla fama dell'autore.

Porre l'attenzione sui termini spazio e collezionismo è sembrato particolarmente stimolante alla luce degli studi che nell'ultimo trentennio hanno legittimato il consolidarsi di una accezione locale -pur nel quadro di una koiné internazionale, così consono a una classe di potere "europea" -del termine barocco applicato alla cultura artistica e alla qualità di vita dell'aristocrazia dominante nella Repubblica di Genova. Proprio la ricchezza con la quale i due termini si sono venuti a configurare nella cultura e nella socialità di uomini e donne nei secoli del barocco spinge a considerare in piena libertà, senza vincoli di sudditanza a tradizionali consuetudini accademiche, la categoria di spazio e le modalità di collezionismo, tradotte anzitutto in senso antropologico, come "circostanza" del vivere di quei personaggi. Lo spazio del collezionismo quindi dovrebbe in prima istanza configurarsi come spazio culturale del collezionista e la tessitura della collezione come prova visiva, oggi, di una potenzialità di lettura della realtà, allora. Questo primo volume di studi collettaneo, unito al secondo monografico, raccoglie i risultati del gruppo di lavoro attivo intorno al progetto finanziato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca "Collezionismo e spazi del collezionismo a Genova nel XVII e nel XVIII secolo: unità e rapporti nella dimora aristocratica tra architettura, apparati decorativi, scelte collezionistiche e di committenza" e riprende i termini scaturiti dal confronto con altri ricercatori in occasione della giornata di studio conclusiva del progetto tenutasi a Genova nel settembre del 2012. Collezionismo e spazi del collezionismo a cura di LAURO MAGNANI Collezionismo e spazi del collezionismo Temi e sperimentazioni a cura di LAURO MAGNANI con saggi di In copertina: Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Salotto Galeotti (Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologi della Liguria, su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Sullo sfondo: Bartolomeo Guidobono, Sala del Tempo che scopre la Verità, (particolare). Genova, Palazzo De Mari. © Proprietà letteraria riservata Gangemi Editore spa Piazza San Pantaleo 4, Roma w w w . g a n g e m i e d i t o r e . i t Nessuna parte di questa pubblicazione può essere memorizzata, fotocopiata o comunque riprodotta senza le dovute autorizzazioni. : Collezionismo e spazi del collezionismo a Genova nel XVII e nel XVIII secolo: unità e rapporti nella dimora aristocratica tra architettura, apparati decorativi, scelte collezionistiche e di committenza. La redazione del volume Collezionismo e spazi del collezionismo. Temi e sperimentazioni è a cura di Valentina Borniotto. 1. Art Collecting -17 th and 18 th century. 2. Display of art -17 th and 18 th century. 3. Architecture -17 th and

Un aggiornamento sul pittore genovese Anton Maria Vassallo (1617/8-1660), dal punto di vista soprattutto del collezionismo, con un saggio ospitato nel volume a cura di Gianluca Zanelli, "Anton Maria Vassallo. Un dipinto per la Galleria Nazionale della Liguria", Sagep, Genova 2018

Il testo vuole intessere, impiegando diverse fonti, il dialogo che intercorreva tra Domenico Piola e i suoi committenti. All'interno del contributo si presentano l'attribuzione di alcune opere al pittore genovese, come un disegno conservato presso il Metropolitan Museum di New York

Carte d'Arte. Studi e riscoperte di collezionismo a Genova è la collana editoriale ideata e diretta da Anna Orlando che presenta il frutto delle ricerche storiche, archivistiche e storico artistiche di un team di studiosi di volta in volta impegnati ad approfondire un capitolo importante della storia dell'arte e del collezionismo della città nel momento in cui Genova è indiscussa capitale artistica d'Europa.

Porre l'attenzione sui termini spazio e collezionismo è sembrato particolarmente stimolante alla luce degli studi che nell'ultimo trentennio hanno legittimato il consolidarsi di una accezione locale -pur nel quadro di una koiné internazionale, così consono a una classe di potere "europea" -del termine barocco applicato alla cultura artistica e alla qualità di vita dell'aristocrazia dominante nella Repubblica di Genova. Proprio la ricchezza con la quale i due termini si sono venuti a configurare nella cultura e nella socialità di uomini e donne nei secoli del barocco spinge a considerare in piena libertà, senza vincoli di sudditanza a tradizionali consuetudini accademiche, la categoria di spazio e le modalità di collezionismo, tradotte anzitutto in senso antropologico, come "circostanza" del vivere di quei personaggi. Lo spazio del collezionismo quindi dovrebbe in prima istanza configurarsi come spazio culturale del collezionista e la tessitura della collezione come prova visiva, oggi, di una potenzialità di lettura della realtà, allora. Questo primo volume di studi collettaneo, unito al secondo monografico, raccoglie i risultati del gruppo di lavoro attivo intorno al progetto finanziato dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca "Collezionismo e spazi del collezionismo a Genova nel XVII e nel XVIII secolo: unità e rapporti nella dimora aristocratica tra architettura, apparati decorativi, scelte collezionistiche e di committenza" e riprende i termini scaturiti dal confronto con altri ricercatori in occasione della giornata di studio conclusiva del progetto tenutasi a Genova nel settembre del 2012. Collezionismo e spazi del collezionismo a cura di LAURO MAGNANI Collezionismo e spazi del collezionismo Temi e sperimentazioni a cura di LAURO MAGNANI con saggi di In copertina: Genova, Galleria Nazionale di Palazzo Spinola, Salotto Galeotti (Soprintendenza per i Beni Storici Artistici ed Etnoantropologi della Liguria, su concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo. Sullo sfondo: Bartolomeo Guidobono, Sala del Tempo che scopre la Verità, (particolare). Genova, Palazzo De Mari. © Proprietà letteraria riservata Gangemi Editore spa Piazza San Pantaleo 4, Roma w w w . g a n g e m i e d i t o r e . i t Nessuna parte di questa pubblicazione può essere memorizzata, fotocopiata o comunque riprodotta senza le dovute autorizzazioni. : Collezionismo e spazi del collezionismo a Genova nel XVII e nel XVIII secolo: unità e rapporti nella dimora aristocratica tra architettura, apparati decorativi, scelte collezionistiche e di committenza. La redazione del volume Collezionismo e spazi del collezionismo. Temi e sperimentazioni è a cura di Valentina Borniotto. 1. Art Collecting -17 th and 18 th century. 2. Display of art -17 th and 18 th century. 3. Architecture -17 th and

Questa l'immagine di Genova tracciata in pochi versi del poeta savonese Gabriello Chiabrera . La città ligure gode dei favori di Pomona, la divinità latina che presiede alla maturazione dei frutti e alla coltura degli orti e dei giardini, e di Flora, la dea italica della primavera, dei fiori, della gioventù, delle forze rinnovatrici della natura. I versi sono tratti dal poemetto Galatea, o vero le Grotte di Fassolo, stampato a Genova presso l'editore Giuseppe Pavoni nel 1620, e il titolo fa esplicito riferimento alla zona dell'immediato suburbio genovese, allora rinomata per le splendide ville immerse nel verde e affacciate sul mare, tra le quali primeggiava quella di Andra Doria. Pochi anni dopo, nel 1627, l'architetto tedesco Joseph Furttenbach visitò Genova; le sue entusiastiche descrizioni sono una testimonianza quanto mai preziosa, in grado di restituirci l'immagine perduta di una città di ville immerse nel verde, circondate di parchi, di orti e agrumeti. Egli descrive accuratamente sette giardini genovesi sottolineandone i risvolti ludici, nei curiosi spazi riservati allo svago dell'aristocrazia: ricchi di automi, curiosità, grotte, giochi d'acqua, enormi uccelliere, grandi peschiere 2 . Tutto ciò aveva già colpito Pietro Paolo Rubens, che dopo una prima visita a Genova nel gennaio del 1604 3 , vi tornò per accompagnare il duca di Mantova, ospite nella villa di Sampierdarena di Pasquale e Giulia Grimaldi dalla fine di giugno alla fine di agosto del 1607 4 . E di questo resta traccia nelle due note incisioni dal titolo Il giardino d'amore ( ) 5 . Negli anni Trenta il pittore fiammingo Cornelis de Wael inviò a Cassiano dal Pozzo a Roma una "veduta di Nervi in Riviera di Genova" , "Per servirsi nel Libro degl'Agrumi". Cassiano stava partecipando attivamente alla raccolta di dati utili alla pubblicazione del testo di Giovanni Battista Ferrari Hesperides sive de malorum aureorum cultura et usu, pubblicato poi solo nel 1646 6 . Non è un caso che la Riviera venga additata per questo tipo di coltivazioni, e non è un caso se una delle incisioni inserite nel volume a stampa, mirata a illustrare l'allestimento di una limonaia, sia immaginata da Guido Reni (che fornì il disegno all'incisore J. F. Greuter) in un giardino inequivocabilmente genovese (

The introduction of the exhibition catalogue on Sinibaldo Scorza (1589-1631) that I have curated in 2017 ( which is the first monograph on the the Genoese painter with almost all paitings know illustrated and many addictions to his catalogue)

Il saggio percorre due secoli di leggi suntuarie a Genova, portando alla luce anche un inedita legge del 1566. L'analisi è corredata da riscontri archivistici sulle tendenze della moda a Genova tra i diversi strati sociali, da quello nobiliare e quello borghese-mercantile.

Redigere una rassegna degli studi critici sulla scultura in legno in area genovese fra XII e XIV secolo limitata a quanto prodotto fra il secondo dopoguerra e il 1987 sarebbe compito agevole. Di un argomento del genere, infatti, fino a quella data, ci si era occupati ben poco, a tal punto che il patrimonio scultoreo medievale figurava, in termini di mere presenze più o meno individuali, piuttosto nelle pubblicazioni a carattere locale, o parrocchiale (quando non addirittura sulle immaginette votive), che non in sedi scientifiche. Dal 1987 ad oggi, invece, le cose stanno altrimenti, visto che un'intensa e pluriennale attività di tutela, di restauro, curata dalla Soprintendenza, e di studio, da parte di alcuni specialisti, ha rivelato (soprattutto nella parte occidentale di una regione che, diversamente da altre, già nel Medioevo aveva un'estensione territoriale paragonabile all'attuale, andava cioè da Monaco a Capo Corvo) un patrimonio ancora ricco. Cospicuo soprattutto a partire dal Quattrocento, com'è normale, ma significativo, seppur eterogeneo in massima parte, con diverse presenze notevoli anche più antiche. Così, la mia incombenza s'è fatta più scomoda, per quanto mi sia limitato ad affrontare solo i documenti del XII-XIV secolo e abbia per giunta operato una selezione spietata anche in chiave tematica. 115 SMM 1-2/2011 * Per l'invito a partecipare a questo convegno e l'amichevole accoglienza, ringrazio Alessandro Tomei e Gaetano Curzi; un grazie speciale a Costantino Gilardi, dei Padri Domenicani di Santa Maria di Castello di Genova, per l'aiuto, come sempre prontissimo e generoso, e a Piero Donati, con cui ho discusso alcuni dei problemi qui esaminati.

Varcato il portale su piazza Fontane Marose, il palazzo Pallavicino accoglie il visitatore in un atrio ornato da una ricca decorazione ad affresco, che investe pareti e volta, e da una serie di sculture in marmo di Carrara che si stagliano sulle pareti colorate e le cui elaborate basi, pure in marmo bianco, si staccano con decisione dal nero della pietra di Promontorio del pavimento. La volta affrescata costituisce il primo capitolo di un ciclo essenzialmente incentrato sulla Bibbia che si dipana lungo lo scalone ed entrambi i piani nobili, opera di Pantaleo Calvi (morto nel 1595), membro di una delle più accreditate famiglie di pittori genovesi del Cinquecento, in parte coadiuvato da almeno uno dei suoi figli. La scelta tematica, mantenuta anche in parte degli interventi ottocenteschi, costituisce un significativo riscontro delle idee maturate per effetto del rigore imposto dal Concilio di Trento (1542-1563): abbandonando temporaneamente mitologia e antichità classica, le storie della Bibbia divennero allora una fonte ispiratrice per la decorazione di alcuni interni genovesi, fra i quali appunto il palazzo fatto costruire da Paolo Battista e Nicolò Interiano. Secondo un documento reperito dallo storio-Tav. 37. L'atrio con la volta affrescata da PANTALEO CALVI (XVI secolo) e con interventi di FEDERICO PESCHIERA (XIX secolo). Alle pareti busti e statue del XIX secolo. / PRIDIE CAL. IANUAR. MDCCCXX / ET MAIORUM SUORUM / QUI REM PUBLICAM GESSERUNT / IMAGINES PIE-TATIS ET OBSEQUI CAUSSA / HONESTANDAS CURAVIT». Con la vivace decorazione neorinascimentale delle pareti contrasta il rigoroso candore dei quattro busti marmorei, che poggiano su elaborati basamenti di gusto neobarocco, pure di marmo di Carrara, appositamente eseguiti dallo scultore genovese Santo Varni (1807-1885). Questi supporti sono fregiati degli stemmi Pallavicino e Corsi e i busti raffigurano: «Teresa Corsi Pallavicino», opera firmata dal genovese Salvatore Revelli (1816-1859), che la scolpì però a Roma nel 1847; «Alessandro Amerigo Pallavicino», un suo figlio morto giovinetto nel 1843, effigiato da Santo Varni; «Stefano Lodovico II Pallavicino», figlio secondogenito della gentildonna, busto pure di Santo Varni; e «Maria Spinola Pallavicino», prima moglie di Stefano Lodovico II, ritratta ancora dal Revelli che firmò è datò l'opera nel 1857. In un corridoio attiguo si trova un altro busto, con l'effigie postuma di «Domenico I Pallavicino», il marito di Teresa Corsi, dovuto anch'esso allo scalpello del Varni. Sulla parete di fondo, ai lati del pianerottolo di accesso allo scalone che porta ai piani superiori, si aprono due nicchie che ospitano le statue in marmo bianco con «Elena» e «Paride», datate 1854 e anch'esse firmate dal Revelli, che qui manifesta al meglio la propria formazione classicistica cui si unisce una vena di tenue naturalismo. Pur ritenute dalla fonti ottocentesche frutto degli interessi artistici di Teresa Corsi, munifica sostenitrice delle arti, esse compaiono nei libri di conti dell'Archivio Pallavicino, pagate da suo figlio Stefano Lodovico II, che le fece poi qui sistemare vent'anni dopo il loro arrivo a Genova, nell'ambito di un intervento che fu forse dettato dalla volontà di collocare adeguatamente un importante acquisto del 1872 da parte del gentiluomo: l'elegante statua marmorea raffigurante «Antinoo», il bellissimo giovane amato dall'imperatore Adriano, opera di Nicolò Traverso (1745-1823). Questa scenografica sistemazione di sculture pare volta a compensare la mancanza di un affaccio esterno sul lato a mon-Tav. 40. La parete di fondo dell'atrio con ai lati le statue ottocentesche di «Elena» e «Paride», di SALVATORE REVELLI (scheda II.42), e al centro, in secondo piano, quella di «Antinoo», opera di NICOLÒ TRAVERSO (scheda II.38).

Автор монографии, сопоставив гербы на каменных плитах генуэзского нобилитета XIV-XV вв. с их изображениями в гербовниках, прослеживает, как реализовывались задачи геральдической практики в генуэзских факториях Крыма.
Публикация представляет интерес для специалистов в области вспомогательных исторических дисциплин, для медиевистов-итальянистов и всех тех, что интересуется историей Северного Причерноморья.

The paper examines the artistic relations between Lombardy and Ligura in Seventeenth and Eighteenth centuries in the field of marble sculpture and wood carving. It analyzes the type of the altar in form of tabernacle, in polychrome marble, and its spread in Lombardy by the Genoese artists "della Nazione lombarda" as Tomaso Orsolino and Tomaso Carlone. It attaches to the workshop of Tomaso Carlone the inedited altar of the sanctuary of Boschetto in Dorno (Pavia). It reports new attributions for Tomaso Orsolino in the cathedral of Pavia (Bishop Sfondrati's bust) and it clarifies the closing stages of the altar of Suffrage in Eighteenth century . Finally it attributes to Giovan Battista Bissone the dramatic wooden Crucifix in the church of Carpignago di Giussago, near the Certosa di Pavia.

Also enlightening are essays on Cusan ethics and politics and Aristotle's appearance in his sermons. Gerhard Krieger's essay, "Was ist eine gerechte Herrschaft?" and its accompanying bibliography is useful for the way Nicholas connects his ethics of equality and his political thought. Nicholas underscores the notion of active equality as expressed for individuals in the golden rule, and Krieger remarks how Nicholas's founding of the St. Nikolaus Hospital (still in Bernkastel-Kues today) is an example in his own life of what Nicholas intended. He also quotes Nicholas's idea that justice is founded on the golden rule-both as an internal principle and a condition of acting for and with others as one's equals. He describes Nicholas thus as seeing political life founded both on the necessity to live together voluntarily and equally in community and on the political and moral duty of freedom under political rule. Taken as a whole, then, no one reading all the essays could deny Nicholas's respect for Aristotle. But neither could they affirm that the Cusan is an Aristotelian and not a Neoplatonist. It would not be a negative judgment to say that their essays demonstrate exactly how and why Aristotle figures in Nicholas's thought, but only, as it were, at its edges, not its heart. The cumulative effect of these essays thus ends up underscoring exactly what scholarship on Nicholas has almost always indicated about his thought having basically Neoplatonic roots.

l'autorizzazione alla pubblicazione delle immagini. Le referenze fotografi che sono state inserite, in caso di esplicita richiesta, a corredo delle singole immagini o raggruppate alla fi ne di ogni contributo. Tutte le immagini sono state fornite dagli Autori, sotto la loro responsabilità, libere da diritti. Gli Autori restano a disposizione per qualsiasi eventuale ulteriore obbligo in relazione alle immagini riprodotte. progetto grafi co Il Poligrafo casa editrice Laura Rigon

The strongly oligarchic aspect of the Republic of Genoa influences on iconographical
choices of public commission, which fall primarily back to the celebration of local heroes,
prestigious models for citizens. The dogal government considered unnecessary the creation
of an allegorical personification of the city and decided to privilege the commemoration of
the ancient Genoese splendour, finding the celebration of the collective pride as an efficient
system of self-legitimateness.

D i famiglia milanese trapiantata a Modena, Barnaba degli Agocchiari è probabilmente il pittore più celebre e stimato fra quelli attivi a Genova nel secondo XIV secolo. Fu anche uno dei più fecondi, giudicando da quel che finora s'è riscoperto di un'attività che fu intensa anche nel campo dell'affresco, oltre che nella pittura su tavola. Tra opere complete e frammenti, restano una sessantina di suoi dipinti mobili, a fronte di un unico murale sopravvissuto (il piccolo Giudizio Finale della chiesa di Sant'Agostino, non legato a documenti), più un altro ciclo, quello della cappella del Palazzo Ducale di Genova, documentato nel 1364 ma non più esistente. Che la sua fama nell'affresco valicasse i confini locali è attestato anche dall'offerta, che Barnaba ricevette nel 1380 ma non accolse, di completare le Storie di san Ranieri nel Camposanto pisano, lasciate interrotte dal fiorentino Andrea Bonaiuti 1 .

A. Orlando, Sinibaldo Scorza e gli “animalisti” della pittura fiammingo-genovese del Seicento, in Animali parlanti. Letteratura, teatro, canzoni, atti del convegno a cura di C. Mordeglia, Università di Trento (aprile 2016), Sismel - Edizioni del Galluzzo, Firenze 2017, pp. 203-217