Architettura e arte a Nardò

Un saggio che vuole essere un punto di raffronto fra quelle che sono le due città del Salento che vennero maggiormente colpite dal terremoto del febbraio del 1743. Nardò e Francavilla F. subirono danni ingenti e un numero di vittime che ben sottlineano la gravità dell'evento sismico e grazie allo studio delle fonti e della bibliografia esistente, comprenderne le conseguenze nel constesto sociale, economico e storico. Al centro di tutto, si analizzeranno i presupposti che porteranno la comunità francavillese a porre le basi della costruzione del massimo emblema religioso cittadino : la Colleggiata del Santissimo Rosario.

Ai cittadini neritini, ma anche a tutti i cultori della bellezza, è offerta -attraverso quest'opera dedicata al VI centenario dell'elevazione della Terra di Nardò a Città e del tempio abbaziale di Sancta Maria de Nerito a Cattedrale -la possibilità di una "contemplazione" estetica e spirituale. Suggestivo è questo termine che evoca proprio il templum, uno spazio centrale nel perimetro urbano circostante, un'area serena verso cui (la preposizione cum) converge la vita quotidiana per scoprirvi il suo significato ultimo. Entrare nel tempio è dunque contemplare, cioè trovare il "centro" dell'essere e dell'esistere … .

Ubicato sull’attuale corso Garibaldi a Nardò, nei pressi
di un ufficio postale e di una chiesa dedicata all’Immacolata,
il sito d’indagine, palazzo Sambiasi, è poco distante dalla cattedrale
di Maria SS. Assunta e dall’antica porta urbica di San
Francesco, una delle quattro poste alla città; la posizione
in una zona fortemente urbanizzata è da intendersi dunque
come strategica sfruttando in passato quella che era
una delle maggiori vie di transito a ridosso della rocca e
del vecchio castello. Il quartiere era conosciuto dunque
come pittagio Castelli Veteris (poi di San Salvatore) e
l’isolato specifico era detto di San Francesco d’assisi dal
nome della chiesa e dei luoghi riferibili ai conventuali4.
attualmente la zona interessa diverse proprietà private
e una chiesa nominata di Santa Teresa, risultanti dai continui
rimaneggiamenti interni ed esterni, superfetazioni,
parcellizzazioni continue dalla fine del XVII secolo fino
a pochi decenni fa, passaggi di proprietà e relativi accomodamenti.

Le vicende della confraternita sono legate alla chiesa omonima, che fu edi cata nella piazza principale nei primi decenni del XVIII secolo; in essa i confratelli avevano la sede e si preoccupavano del suo decoro e mantenimento, oltre a tenere vivo il culto del santo. La devozione verso il santo era però antecedente, visto che nel 1543 in Cattedrale vi era già un altare dedicato a lui dedicato, di patronato dei nobili De Persona, collocato vicino la sacrestia e poi rimosso con le modi che apportate da Mons. Salvio. Nella visita pastorale del vescovo Luigi de Franchis del 1613, ma anche in quella del Vicario Granafei del 1643, risulta sopravvissuto come Oratorio con il medesimo nome e il De Franchis volle dotare la cattedrale di un reliquiario ligneo a forma di braccio contenente la reliquia del dito medio del santo. I documenti poi tacciono per tutto il secolo, nchè, tra 1710 e 1721, non fu costruita la chiesa, nella piazza pubblica, essendo vescovo Antonio Sanfelice, che evidentemente promosse la fondazione del sodalizio, che si aggiunse agli altri 10 esistenti. In assenza di fonti certe occorre considerare primo documento pubblico della confraternita quello del 17 settembre 1798, quando i confratelli inoltrarono supplica al Re delle Due Sicilie, mediante il cappellano maggiore del regno. Questi, come da prassi, sottopose il memoriale alla Regia Camera di Santa Chiara e riferì a Ferdinando IV la petizione per ottenere l'assenso sulle regole che sarebbero state osservate in futuro dagli iscritti e che erano raggruppate in nove "Capi di regole". Ad aprire il testo è l'intitulatio al re Ferdinandus quartus Dei Gratia rex, utriusque Siciliae, et Hierusalem, Infans Hispaniarum, Dux Parmae, Placentiae, et Castri, ac Magnus Princeps Haereditarus Haetruriae, seguita dai destinatari della relazione del cappellano maggiore e dall'esplicitazione della volontà di conformarsi alle leggi emanate dal re ed in particolare a quella del 28 giugno 1776: […] si è degnata la pregiata maestà sua con Real Carta del 28 Giugno 1776 stabilire per punto generale di accordare alle Congregazioni, sia loro fondazioni, e Regole il Regio Assenso, che perciò incombendo alli Supplicanti rendere legittima la loro Adunanza. Quindi è che ne ricorrono dalla somma clemenenza della Maestà sua, ed esibendo le regole di detta Congregazione. La supplicano benignamente degnarsi avvalorare del Real Beneplacito non solo le suddette Regole; ma bensì la Congregazione, e sua fondazione a norma del succennato Real Rescritto e l'avreanno a grazia ut Deus. Viene poi l'elenco con nome e cognome, in buona parte contrassegnati dal segno della croce vista la loro incapacità di leggere e scrivere, di 77 confratelli. Dalla loro lettura si evince che si riunivano ogni domenica per l'istruzione del padre spirituale e la recita dell'uf cio della B. Vergine o dei defunti ed altre preghiere. Non potevano essere più di centodieci fratelli, tutti laici, ed erano guidati dal superiore, che con gli altri uf ciali veniva eletto tramite bussola e a voto segreto ogni anno nella quarta domenica di novembre: due assistenti, un segretario, un consultore, un lettore, due razionali, due pacieri, due infermieri, due sacrestani, un maestro dei novizi ed un procuratore benestante, ovvero il cassiere. Il regio Assenso delle Regole "circa il buongoverno di detta Congregazione, il modo di eligere gli Of ciali, la recezione de' Fratelli, e godimento de' suffragi in tempo della di loro morte" fu concesso il 16 novembre 1798. In pratica esse trascrissero lo statuto precedente, descrivendone la

recenti studi hanno documentato molti degli interventi promossi dai più illustri vescovi della diocesi di nardò per il recupero dell'identità storica, la formazione culturale e il rinnovamento architettonico ed urbanistico della città 1 . le opere avviate da mons. salvatore lettieri (1825-1839) si inseriscono pienamente nel filone del mecenatismo religioso che ha contraddistinto la diocesi di nardò sin dalla sua remota fondazione (1413) 2 . in particolare, l'ampliamento ottocentesco del casino di campagna nella località Le Cenate, la cui realizzazione nel 1755 fu affidata dal vescovo aldo Petruccelli (1754-1781) ad un progettista romano tuttora sconosciuto 3 , risvegliò l'attenzione sulla rinomata località neritina ed anticipò di circa mezzo secolo lo svi-

Non è esauriente la ricerca finora condotta sulla chiesa di San Giuseppe Patriarca, né mai è stata trattata nei vari aspetti storico-artistici, come merita, tantomeno apprezzata per alcune inusuali soluzioni architettoniche che offre e che ci si sforza di sottolineare con questo lavoro.

The city of Nardò was previously analysed by the writer as a glazed
ceramic production center. The aim of the work is to give a reading
of the compendiary typologies circulating in the 17th century
in the Terra d’Otranto based both on archive investigations and
on the frescoes present in the convents of S. Antonio di Padova
in Nardò and the Madonna della Favana in Veglie (LE). The very
rare number of publications made in Salento during this specific
period of time made this study very difficult to conduct. However,
every difficulty has been overcome thanks to the unpublished
archival resources, preserved in the archive of the Biblioteca “A.
Vergari” in Nardò, that reveal a completely unknown aspect of
ths production centers, of the costs, of the shapes and the use of
canteen products that are commercialized in this territory.

Keywords: Nardò, Veglie, glazed pottery, compendiary
decorations, frescoed Franciscan tables.

Il restauro della Torre costiera di S. Caterina in Nardò tra gli anni 2014-2018, grazie alla sensibilità e all'impegno economico della proprietà Giulio coadiuvato parzialmente dalla Misura 323 Azione 1 del G.AL. Terra d'Arneo (Regione Puglia) ha permesso-oltre al recupero funzionale di un'opera monumentale-di indagare su aspetti ignoti ed inediti di una delle aree costiere più importanti dell'Italia meridionale soprattutto in merito alle fasi di cantiere ed alle tecniche costruttive. La Torre di S. Caterina fu realizzata nell'ambito della riorganizzazione difensiva del Regno di Napoli dopo la conquista turca di Otranto del 1480, in seguito all'assalto a tradimento della flotta veneziana a Gallipoli del 1484 e dopo i programmi di conquista da parte dei Turchi per la conquista di Malta e di altre isole, fondamentali per il controllo marittimo delle rotte di navigazione nel Mediterraneo.

The transfer of masters and skilled from and to Salento from the half to the beginning of the XX century. · The objectives of the work presented here are various. Through the study of archival documents we intend clarifying both the transfer of masters and skilled workers involved in the transformation and processing of clay from region to region and, through these movements, to understand the transmission over the centuries of new methods and technologies to the many production centres of the Terra d’Otranto and especially in southern central Salento.
For this purpose, we will take the lead from the two major centres present in this area : Cutrofiano and Nardò.Cutrofiano was the principal centre of production of ceramics of daily use, both because of the number of workshops present (103 over a period of a hundred and fifty-seven years) and their specialised craftsmen, and because it was the largest supplier through migration of specialized labour throughout Puglia and even the island of Corfu.
In the context of the Terra d’Otranto, Nardò, on the contrary, stands out
for its production of tin-glazed ceramics that were so admired that its particular “compendiary” style influenced the eighteen or more centres existing inthe current provinces of Lecce, Brindisi and Taranto.

Uno dei più bei complessi masserizi dell’agro di Copertino è la masseria “la Torre”, sulla strada Nardò-Copertino, a pochi chilometri da quest’ultima, raggiungibile mediante strada interpoderale. Posta al centro di un territorio coltivato ad uliveto di antico impianto, confina a nord con la masseria Li Tumi, a ovest con proprietà Licastro, a sud con la linea ferroviaria, ad est con altra proprietà Licastro.
La peculiarità della sua forma, pur nella varietà delle tipologie masserizie salentine, è data nel nostro caso dall’imponenza del torrione, che rinvia al mastio e alle torri angolari  del cinquecentesco castello copertinese e particolarmente allo stile delle torri costiere a pianta quadrata della “serie di Nardò”.
Siamo molto propensi a considerarla opera dei neritini Spalletta, abili e avviati costruttori di svariate torri costiere in terra d’Otranto, ben inseriti tra i partitari del regno di Napoli. Nardo e Angelo Antonio Spalletta, padre e figlio, con certezza ne avevano realizzate due sull’Adriatico (Novaglie e Tricase) e ben undici sullo Ionio, delle quali sette nel tratto di costa di pertinenza del territorio di Nardò (Fiume, S. Caterina, dell’Alto, Uluzzo, S. Isidoro, Porto Cesareo, Castiglione) e quattro sul litorale tarantino (Borraco, Castelluccia, Tara e Saline).

La biblioteca “Antonio Sanfelice” della diocesi di Nardò-Gallipoli. La restitutio ad integrum di una pregevole raccolta defraudata, D. Levante (a cura di) Studia Humanitatis. Scritti in onore di Elio Dimitri, Barbieri Selvaggi Ed., Mottola 2010, pp. 167-208.

Il seguente articolo trascrive una storia di Nardò nel 1643, rinvenuta nel novembre del 1999 presso la Sezione Manoscritti della Biblioteca Apostolica Vaticana di Roma nel Fondo Barberini. Essa è stata pubblicata nel 2003 nella rivista della Società di Storia Patria per la Puglia - Sezione di Nardò denominata NERETUM n. 1/2002  a cura della casa editrice Congedo di Galatina.

La chiesa dei SS. Cosma e Damiano a Nardò non smette di sorprendere e fa registrare ancora una peculiarità, che merita altri approfondimenti che le fonti documentarie potrebbero ben definire. L’occasione è fornita dalla reiterazione dell’emblema con il monogramma bernardiniano JHS che in questo edificio è ripetuto per ben quattro volte: sul prospetto principale, sulla volta della sacrestia, sull’architrave del secondo altare, sul blocco lapideo errante sul presbiterio. Tali repliche, inspiegabili per una piccola chiesa come la nostra, devono far pensare a qualche comunità religiosa che lo avrebbe fatto scolpire in più riprese, vista la differenza stilistica.
Il pensiero potrebbe rimandare ai gesuiti, che lo ebbero come caratteristico simbolo, ma che non risultano aver avuto sede a Nardò. Più probabile invece collegarlo alla fraternità francescana, presente in città sin dal XIII secolo, che tanto ebbe a cuore l’emblema del santo senese che aveva predicato nella cattedrale della città ai tempi del vescovo Ludovico de Pennis (1451-1484)

Nardò è una cittadina di circa 32.000 abitanti, giunta di recente alle cro-nache per via del ritrovamento di due denti molari da latte durante le campa-gne di scavo condotte negli anni Sessanta del secolo scorso all'interno della Grotta del Cavallo, nel parco di Portoselvaggio. La rilettura alla luce dei moderni strumenti di datazione ha consentito di scoprire i resti di un Homo sapiens di 44.000 anni fa, che avrebbe convissuto, nello stesso spazio fisico, con gli esemplari della specie dell'uomo di Neanderthal. Importante centro messapico, la città fu municipium romano e rappresen-tò un'importante tappa della via Traiana. Ospitò buona parte degli ordini mo-nastici, a cominciare dai monaci greci, e prestigiose istituzioni cavalleresche come quelle dei Templari e dei Teutonici. Contea normanna, tra Medioevo e Rinascimento Nardò vantava all'inter-no delle sue mura, presso l'abbazia benedettina di Sancta Maria de Nerito, uno scriptorium e un gymnasium, celeberrimo in Italia per l'insegnamento delle lettere e per la copiatura di testi cum graecas literas quae Neretinae dicunt 1. Il progresso culturale fu incentivato dal marchese e poi duca Belisario Acquaviva d'Aragona (fine XV secolo), che istituì un'accademia di studi 2 1 Il dotto Antonio de Ferraris, detto il Galateo, scrive: "In hac urbe et gymnasium quon-dam fuit graecarum disciplinarum tale, et cum Mesapii Graeci laudare graecas literas volunt, Neritinas esse dicunt. Sunt enim hae literae perpulchrae, et castigatae, et hiis quibus nunc utuntur impressores orientalibus ad legendum aptiores" (Nardò ebbe una volta un ginnasio di greche discipline chiaro così che quando i messapo-greci encomiar voleano le lettere greche le appellavano neritine. Queste lettere infatti sono molto belle e forbite, ed a leggersi più acconcie di quelle orientali, di cui si servono i moderni stampatori"; cfr. A. De Ferrariis, De situ Japigiae, in Epistole Salentine, a cura di M. Paone, Galatina, Congedo Ed., 1974, pp. 168-169; iD., De situ Iapygiae, La Iapigia, la più antica guida delle nostre provincie, a cura di A. Maglio, suppl. a «Quotidiano di Lecce», luglio 1995, fascc. I-IV, p. 255. Sulle scuole scrittorie e sulle accademie di Nardò si veda V. Zacchino, Studiorum artisque magistra, viaggio nella civiltà di Nardò, in Storia e cultura in Nardò fra medioevo ed età contemporanea, Galatina, Congedo Ed, 1991. 2 Su questo argomento si vedano anche c. Minieri riccio, Notizie sulle Accademie istituite nelle

Chi entra nella chiesa resta senz'altro colpito dall'apparato scenografico dell'altare privilegiato, dedicato a San Giuseppe, certamente anteriore rispetto ai due laterali dedicati a Sant'Apollonia e Sant'Oronzo, entrambi del XVIII secolo. L'altare, che dunque è l'elemento di maggior pregio architettonico della chiesa, tutto in pietra leccese, occupa interamente la parete frontale, che sembra quasi incapace di contenerlo.