Nardò

Con la pubblicazione Le industrie mancate. L’archivio di Gregorio Leone e Salvatore Napoli Leone a Nardò si realizza una sintesi del lavoro di conservazione e valorizzazione delle testimonianze documentali prodotte dal noto inventore neretino e del padre adottivo Gregorio Leone, affidate alcuni anni fa alla Fondazione Terra d’Otranto. Quest’ultima si è preoccupata di redigere un inventario del patrimonio archivistico dei due industriali salentini ante litteram e particolarmente di Salvatore, «genio» locale, per decenni rimasto inesplorato e sconosciuto.

(in: a cura di D. de Lorenzis/M. Gaballo/P. Giuri, Sancta Maria de Nerito. Arte e devozione nella Cattedrale di Nardò, Lecce, Mario Congedo editore 2014, pp. 15÷69, sotto l'egida della “Fondazione Terra d'Otranto”)
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Stemmi, ritratti e annotazioni dei vescovi che hanno governato l'episcopato di Nardò (Lecce), una cronotassi iniziata nel XIV secolo e giunta fin all'attuale diocesi di Nardò-Gallipoli con quarantasei presuli, un “precursore” e un vicario.
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Coats-of-arms, portraits and annotations about bishops who ruled the episcopate of Nardò (Lecce, Southern Italy), a chronotassium begun in the 14th century and reached the current diocese of Nardò-Gallipoli with forty-six prelates, a "precursor" and a vicar.

Studio dedicato agli stemmi del vescovo Salvatore Lettieri e della sua famiglia, rinvenuti in diversi luoghi della natia Foggia e della diocesi di Nardò (Lecce): finora ignoti alla letteratura araldica, ne vengono qui schedati i nove esemplari maggiormente significativi allo scopo di dare spunto per ulteriori futuri approfondimenti.
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Essay dedicated to the coats of arms of Bishop Salvatore Lettieri and his family, found in various places in his native Foggia and in the diocese of Nardò (Lecce): hitherto unknown to heraldic literature, the nine most significant specimens are listed here in order to give an opportunity to further future insights.

Il contributo evidenzia le peripezie di Anna Massa Capece, figlia del barone Nicola Massa di Nardò e di Beatrice Capece, ormai prossima al matrimonio con il duca di Lizzano Ottavio Clodinio. Questi, già reo di offese alla persona, alla reputazione ed ai beni del futuro suocero, mandò dei sicari per ucciderlo, ma l’agguato fallì. La reazione di Nicola, essendo la figlia ancora intenzionata a convolare alle programmate nozze, fu immediata e drastica.

This input highlights the vicissitudes of Anna Capece, daughter of the baron Nicola Massa of Nardò and Beatrice Capece, now closet o marriage with the duke of Lizzano Ottavio Clodinio. This one, already guilty of offenses to the person, reputation and property of his future father-in-law, sent assassins to kill him, but the ambush failed. Nicola’s reaction, being the daughter still intent on getting married in the planned wedding, was immediate and drastic.

Uno dei luoghi a cui sono più affezionati i neritini è quello noto
come “Scrasceta”, che intere generazioni hanno portato stabilmente
nell’animo per via di quei “pupi” regolarmente piazzati
lungo il viale d’accesso e che potevano ritenersi come patrimonio
della memoria collettiva.

Libro d’annali de successi accatuti nella Città di Nardò, notati da D. Gio: Battista Biscozzo di detta Città. Per quanto lacunosa sia la vicenda personale dell’autore, l’abate neretino Giovan Battista Biscozzi, nondimeno questo suo libro di “notamenti”, più cronaca che diario, ha rappresentato una miniera di notizie per tutti coloro che, dal settecento in poi, si sono confrontati con questa pagina di storia. Non siamo certamente di fronte ad una fonte “oggettiva” (ciò renderebbe questa opera, a nostro modo di intendere le fonti, non solo eccezionale, ma assolutamente unica), nondimeno la sua utilità è indiscutibile.
Nelle righe degli Annali l’abate Biscozzi appunta i principali avvenimenti avvenuti in città tra il 1632 ed il 1666, con un’eccezionale frequenza di notazioni negli anni della rivolta. La sua posizione è esplicitamente quella di un cittadino ostile al feudatario, pur non essendo un ribelle. Proprio per questo, la sua narrazione è distaccata: il prelato cerca di tenersi lontano da giudizi di valore e solo di tanto in tanto soccombe all’emozione, ad esempio nel racconto del martirio di altri sacerdoti; è una cronaca che non cede quindi a pretese di oggettività ed assolutezza, riportando le voci del popolo, dei protagonisti e, seppur raramente, dello stesso Biscozzi. Il risultato di tutto ciò è una fonte sicuramente affidabile e, in ogni caso, impareggiabilmente ricca di informazioni. Nessun’altra cronaca, tra quelle a noi pervenute, racconta così nel dettaglio i fatti che si svolsero a Nardò, soprattutto  nel biennio 1647 – 1648.

Le vicende della confraternita sono legate alla chiesa omonima, che fu edi cata nella piazza principale nei primi decenni del XVIII secolo; in essa i confratelli avevano la sede e si preoccupavano del suo decoro e mantenimento, oltre a tenere vivo il culto del santo. La devozione verso il santo era però antecedente, visto che nel 1543 in Cattedrale vi era già un altare dedicato a lui dedicato, di patronato dei nobili De Persona, collocato vicino la sacrestia e poi rimosso con le modi che apportate da Mons. Salvio. Nella visita pastorale del vescovo Luigi de Franchis del 1613, ma anche in quella del Vicario Granafei del 1643, risulta sopravvissuto come Oratorio con il medesimo nome e il De Franchis volle dotare la cattedrale di un reliquiario ligneo a forma di braccio contenente la reliquia del dito medio del santo. I documenti poi tacciono per tutto il secolo, nchè, tra 1710 e 1721, non fu costruita la chiesa, nella piazza pubblica, essendo vescovo Antonio Sanfelice, che evidentemente promosse la fondazione del sodalizio, che si aggiunse agli altri 10 esistenti. In assenza di fonti certe occorre considerare primo documento pubblico della confraternita quello del 17 settembre 1798, quando i confratelli inoltrarono supplica al Re delle Due Sicilie, mediante il cappellano maggiore del regno. Questi, come da prassi, sottopose il memoriale alla Regia Camera di Santa Chiara e riferì a Ferdinando IV la petizione per ottenere l'assenso sulle regole che sarebbero state osservate in futuro dagli iscritti e che erano raggruppate in nove "Capi di regole". Ad aprire il testo è l'intitulatio al re Ferdinandus quartus Dei Gratia rex, utriusque Siciliae, et Hierusalem, Infans Hispaniarum, Dux Parmae, Placentiae, et Castri, ac Magnus Princeps Haereditarus Haetruriae, seguita dai destinatari della relazione del cappellano maggiore e dall'esplicitazione della volontà di conformarsi alle leggi emanate dal re ed in particolare a quella del 28 giugno 1776: […] si è degnata la pregiata maestà sua con Real Carta del 28 Giugno 1776 stabilire per punto generale di accordare alle Congregazioni, sia loro fondazioni, e Regole il Regio Assenso, che perciò incombendo alli Supplicanti rendere legittima la loro Adunanza. Quindi è che ne ricorrono dalla somma clemenenza della Maestà sua, ed esibendo le regole di detta Congregazione. La supplicano benignamente degnarsi avvalorare del Real Beneplacito non solo le suddette Regole; ma bensì la Congregazione, e sua fondazione a norma del succennato Real Rescritto e l'avreanno a grazia ut Deus. Viene poi l'elenco con nome e cognome, in buona parte contrassegnati dal segno della croce vista la loro incapacità di leggere e scrivere, di 77 confratelli. Dalla loro lettura si evince che si riunivano ogni domenica per l'istruzione del padre spirituale e la recita dell'uf cio della B. Vergine o dei defunti ed altre preghiere. Non potevano essere più di centodieci fratelli, tutti laici, ed erano guidati dal superiore, che con gli altri uf ciali veniva eletto tramite bussola e a voto segreto ogni anno nella quarta domenica di novembre: due assistenti, un segretario, un consultore, un lettore, due razionali, due pacieri, due infermieri, due sacrestani, un maestro dei novizi ed un procuratore benestante, ovvero il cassiere. Il regio Assenso delle Regole "circa il buongoverno di detta Congregazione, il modo di eligere gli Of ciali, la recezione de' Fratelli, e godimento de' suffragi in tempo della di loro morte" fu concesso il 16 novembre 1798. In pratica esse trascrissero lo statuto precedente, descrivendone la

Nella secolare storia della biblioteca comunale di Nardò, creata
dopo l’ Unità, i protagonisti principali delle raccolte in essa contenute
sono stati i frati, ed in particolare i Minori Riformati di S.
Antonio da Padova (di cui ci sono pervenuti 2.098 volumi), i Domenicani
(1.757 volumi), ed i Conventuali francescani.
A parte vanno considerati il medico Achille Vergari (1791-1875),
squisito collezionista di libri di medicina, e le diverse amministrazioni
comunali neritine, che della civica libreria ne hanno fatto un organismo
indissolubilmente legato al patrimonio cittadino, al servizio
della città e dei suoi abitanti, adatto alla conservazione e all’uso.
Nato l’8 aprile 1791 a Nardò, da Bonaventura, medico, e da
Agnese Caselli, Achille muore in Napoli l’11 febbraio 1875.
Intensa è stata la sua produzione scientifica a stampa, in gran parte
conservata nella Biblioteca Nazionale di Napoli, di cui risultano:
Nozioni generali di clinica – Napoli 1825, Società Filomatica; Igiologia
– Napoli 1822, Società Tipografica; Preliminari allo studio della
scienza salutare – Napoli 1828, Società Filomatica; Patologia generale
– Napoli 1830; Procedura medica – Napoli 1830, Società Filomatica5;
Clinica – Napoli 1836, Società Filomatica6; Tarantismo – Napoli
1839, Società Filomatica; Osservazioni su la norma da tenersi nel fare
la relazione di una malattia al perito dell’arte per conseguire il suo avviso,
Società Tipografica, Napoli, 1814; Novo stromento per vaccinare, Società
Tipografica, Napoli, 1818; Norma per ben ricettare, Società Tipografica,
Napoli 1819; Nuovo trattato sulla vaccinia, Società
Tipografica, Napoli, 1822...

Quaderni degli archivi diocesani di Nardò e Gallipoli. N. S., Congedo, Galatina  2017.
333 p. : ill. ; 31 cm  [ISBN] 978-88-6766-178-7

Il 13 aprile 1568, come da rogito del notaio neritino Tommaso Gaballo, riunitasi in Regimento la maggiore parte de Gentiluomini e Popolo, ad Sonum Campanae , in presenza dei Sindici Magnifici Vincenzo de Vito de Nobili e Giosuè Nociglia del Popolo i frati  si insediarono in città su assenso rilasciato dal duca della città Giovan Bernardino Acquaviva d’Aragona e con beneplacito del 3 aprile del prozio il vescovo Giovan Battista (1536-1569) che assegnarono loro la chiesetta sub titulo S. Mariae ab Angelo Annuntiatae sita intra Urbis moenia prope portam Lupiensem .
Su deliberazione della civica amministrazione fu dunque concluso e deliberato che la predetta Chiesa della Nunziata, con tutti i suoi luochi al presente si rattrova, si conceda, e dasse al predetto Padre Maestro Crisostomo in nome della Sua Religione, ovvero l’Ordine della Beata Vergine del Monte Carmelo , detti anche Carmelitani dell'antica osservanza o Carmelitani calzati . Il consesso si impegnava a concedere tutto quello che ad essa Università aspetta sopra di detta Chiesa, et de jure se li compete

La biblioteca “Antonio Sanfelice” della diocesi di Nardò-Gallipoli. La restitutio ad integrum di una pregevole raccolta defraudata, D. Levante (a cura di) Studia Humanitatis. Scritti in onore di Elio Dimitri, Barbieri Selvaggi Ed., Mottola 2010, pp. 167-208.

The Santa Maria dellʼAlto tower in Nardò (Lecce, Italy) represents one of the many types of coastal towers of the ancient Terra dʼOtranto province. It was built between 1568 and 1569 becoming part of the defensive system of the Ionian coast of Salento against the Turkish threat. The architectural survey ad analysis of the tower allowed us to investigate constructive elements, wall discontinuities, additions, subtractions and functional modification in order to understand the phases and the change of the structure over the centuries. Digital photogrammetry and infrared photography have been useful to elaborate a mapping of all the surface degradation and of the different construction materials. The information collected will be used for a restoration and environmental qualification project in order to offer new features to a building abandoned for years. The final phase of the work involved the creation of contributions in 3D Computer Graphics to offer a graphic and documented visualization of the achieved results.

The Monastery of S. Chiara of Nardò, the oldest in southern Italy, was erected in 1256, only three years after the birth of St. Chiara in heaven. It was Tommaso Gentile, Count of Nardò, who opened the doors of the medieval city walls to receive the first Clarisse nuns. Following the example of Mother St. Chiara, many young women over the centuries have consecrated their lives at the service of the Lord and of the brothers in the cloister, generous and holy souls among whom Sister Chiara Isabella D'Amato of Seclì, who died in the concept of holiness. A study was undertaken in some areas inside of the Monastery to investigate the buried archaeological structures. The ground-penetrating radar analysis showed them to be anomalies likely associated with archaeological remains.

Su questi presupposti si sviluppa il linguaggio pittorico della tela dell’altare maggiore della chiesa di San Giuseppe a Nardò, che si ritiene di attribuire al pittore neritino Donato Antonio D’Orlando, concordando con l’attribuzione a suo tempo avanzata da Mario Cazzato, a differenza di Stefano Tanisi che l’assegnava al neritino Ortensio Bruno (notizie dal 1629 al 1638), un misconosciuto pittore che opera nel Salento tra gli anni Venti e Trenta del Seicento. Bruno, che
probabilmente fece apprendistato presso il D’Orlando, aveva adottato simbolicamente in due dettagli le architetture della terra d’origine, Porta S. Paolo e l’Osanna, associandole ad altrettante didascalie mariane (rispettivamente Civitas
Dei e Templum Dei) in una sua opera esposta nel territorio di Cascia.

ell'aprile del 1892, al termine del lungo dibattito tra i sostenitori del restauro della Cattedrale di Nardò e il partito dei demolitori, mons. Giuseppe Ricciardi 1 diede avvio al progetto per la realizzazione della nuova chiesa, redatto da Filippo e Gennaro Bacile di Castiglione. Le motivazioni di questa scelta, sostenute dai progettisti che si erano avvicendati sin dal 1867, furono riassunte chiaramente nella prefazione all'ipotesi progettuale di Emilio e Domenico de Rossi: "il carattere dell'edificio è così sbagliato, erroneamente barocco, pesante e goffo, che entrando in esso, l'animo anziché elevarsi serenamente a Dio, non può che subire la triste influenza dell'ambiente che lo circonda […]. Il vecchio tetto lascia libero il varco alla pioggia, che attraversando il cadente e marcito soffitto, rende vana la covertura, le cui incavallature minacciano rovina; grandi lesioni solcano dall'alto al basso il prospetto, il lato verso mezzogiorno, e fendono tutte e due le volte delle navate laterali per la loro intiera lunghezza; le parti in molti siti sono scalcinate, e da per tutto l'intonaco è reso indecente dal tempo e dal grosso strato di calce, che le continue attintature vi hanno deposto. [La cattedrale n.d.a.] non può dirsi monumento di architettura, o costruzione tale che meriti esser conservata alla più tarda età, tranne che non vogliasi farlo nello intendimento di mostrare come seppesi rovinare un bell'edifizio in un tempo nel quale l'arte pure rifioriva. E noi crediamo che, se è dovere il sacro rispetto e le più affettuose cure per i monumenti che servono a tramandarci l'arte attraverso i secoli, sia anche più imperioso quello di abbattere le opere che danno si fallace idea del gusto ed arte di un'epoca" 2 .

Dizionarietto etimologico salentino sulle malattie e stati parafisiologici della pelle, con alcune indicazioni terapeutiche presso il popolo di Nardò 1 S ono state raccolte le voci e le locuzioni dialet-tali riferentisi, direttamente o indirettamente, all'argomento indicato nel titolo e, dopo aver a lungo riflettuto, si è deciso, anziché inserirle in una struttura narrativa certamente più accatti-vante ma più dispersiva e certamente non adatta alla consultazione tipica di un dizionario, di ri-portarle in ordine alfabetico unendo ad ogni lemma il corrispondente nome scientifico e/o co-mune e le relative osservazioni di natura filolo-gica 1 e altra. Il che non impedirà al lettore di cogliervi, anche attraverso le terapie anticamente praticate il ricordo della civiltà contadina e dello stretto contatto, diremmo partecipe, affettuoso, di-retto ma pieno di rispetto, in qualche caso poetico, nella varietà delle ardite metafore, tra l'uomo e la natura, cosa che raramente è dato di ravvisare nella coeva terminologia scientifica. Di quella dei nostri giorni (pur con il dovuto rispetto per gli evi-denti e perciò innegabili, almeno nella stragrande maggioranza dei casi, progressi della medicina uf-ficiale) si preferisce non dire... BRUSCATÚRA Eczema o dermatite. Da bruscàre, voce per la quale il Rohlfs propone solo un con-fronto "col toscano bruscàre=abbrustolire", voce che è da un latino *brusicàre, da *brusiàre probabilmente di origine preindoeuropea; tuttavia, una certa in-congruenza semantica (la dermatite non si spinge, di regola, fino all'"abbrustolimento" della pelle) induce a ipotizzare l'etimo da brusca (spazzola per strigliare il cavallo), dal latino tardo bruscu(m)= pungitopo, a sua volta dal classico ruscus. Il topo-nimo Brusca, indicante una masseria in territorio di Nardò, potrebbe avere la stessa etimologia, con-nessa con la diffusione in zona dell'arbusto prima indicato, utilizzato per la strigliatura dei cavalli. BRUSCIATÚRA Ustione. Corrisponde all'ita-liano bruciatura, da bruciare e questo da un latino brusiàre, probabilmente di origine preindoeuro-pea. Terapia: applicazione della polpa della patata cruda (l'amido del tubero procurava sollievo) o di un empiastro di farina e vino, o di un unguento di olio di oliva e zolfo in polvere abitualmente usato per la vigna, o col sapone fatto in casa, o con un balsamo formato da cera gialla, olio e tuorlo d'uovo; qualcuno bagnava la parte con l'acqua di calce, cioè l'acqua in cui era sedimentata la calce viva. Ancora oggi qualcuno usa spalmare del den-tifricio (magari alla menta, per avere la sensazione di freschezza). CADDHU Ipercheratosi o callosità. Come l'ita-liano callo, dal latino callu(m). Per un particolare tipo di callo e per la terapia in generale vedi uèc-chiu ti pesce. CANIGGHIÓLA Forfora. Diminutivo di canìg-ghia=crusca, da un latino *canìlia=cose da cani, neutro plurale sostantivato da *canìlis, dal classico canis=cane; evidente la somiglianza tra la forfora e la crusca, già evidente per i latini per i quali fur-fur (per lo più usato al plurale) significava forfora oppure crusca. CARÁNDULA Linfadenite. Deformazione della voce italiana di basso uso glàndula [dal latino glàn-dula(m), da glans/glandis=ghianda] che è la madre di ghiàndola. Trafila: glàndula>*galàndula (epentesi di-a-come in cancarèna rispetto all'italiano cancrena)> caràndula (passaggi g->c-e l->-r-). CESTA Cisti. Come la voce italiana, dal latino me-dioevale cystis/c•stidis=vescica, a sua volta dal greco kustis; in più la terminazione in-a dovuta, più che a regolarizzazione della desinenza, ad un probabile incrocio con cesta [dal latino cista(m), a sua volta dal greco kiste)]; dopo l'incrocio, per evi-tare confusioni, per indicare il cesto il dialetto ha usato solo cistu [dal latino medioevale cistu(m), dal classico già citato cista], mentre l'italiano ha svi-luppato cesta e cesto.

Chi entra nella chiesa resta senz'altro colpito dall'apparato scenografico dell'altare privilegiato, dedicato a San Giuseppe, certamente anteriore rispetto ai due laterali dedicati a Sant'Apollonia e Sant'Oronzo, entrambi del XVIII secolo. L'altare, che dunque è l'elemento di maggior pregio architettonico della chiesa, tutto in pietra leccese, occupa interamente la parete frontale, che sembra quasi incapace di contenerlo.

Nardò è una cittadina di circa 32.000 abitanti, giunta di recente alle cro-nache per via del ritrovamento di due denti molari da latte durante le campa-gne di scavo condotte negli anni Sessanta del secolo scorso all'interno della Grotta del Cavallo, nel parco di Portoselvaggio. La rilettura alla luce dei moderni strumenti di datazione ha consentito di scoprire i resti di un Homo sapiens di 44.000 anni fa, che avrebbe convissuto, nello stesso spazio fisico, con gli esemplari della specie dell'uomo di Neanderthal. Importante centro messapico, la città fu municipium romano e rappresen-tò un'importante tappa della via Traiana. Ospitò buona parte degli ordini mo-nastici, a cominciare dai monaci greci, e prestigiose istituzioni cavalleresche come quelle dei Templari e dei Teutonici. Contea normanna, tra Medioevo e Rinascimento Nardò vantava all'inter-no delle sue mura, presso l'abbazia benedettina di Sancta Maria de Nerito, uno scriptorium e un gymnasium, celeberrimo in Italia per l'insegnamento delle lettere e per la copiatura di testi cum graecas literas quae Neretinae dicunt 1. Il progresso culturale fu incentivato dal marchese e poi duca Belisario Acquaviva d'Aragona (fine XV secolo), che istituì un'accademia di studi 2 1 Il dotto Antonio de Ferraris, detto il Galateo, scrive: "In hac urbe et gymnasium quon-dam fuit graecarum disciplinarum tale, et cum Mesapii Graeci laudare graecas literas volunt, Neritinas esse dicunt. Sunt enim hae literae perpulchrae, et castigatae, et hiis quibus nunc utuntur impressores orientalibus ad legendum aptiores" (Nardò ebbe una volta un ginnasio di greche discipline chiaro così che quando i messapo-greci encomiar voleano le lettere greche le appellavano neritine. Queste lettere infatti sono molto belle e forbite, ed a leggersi più acconcie di quelle orientali, di cui si servono i moderni stampatori"; cfr. A. De Ferrariis, De situ Japigiae, in Epistole Salentine, a cura di M. Paone, Galatina, Congedo Ed., 1974, pp. 168-169; iD., De situ Iapygiae, La Iapigia, la più antica guida delle nostre provincie, a cura di A. Maglio, suppl. a «Quotidiano di Lecce», luglio 1995, fascc. I-IV, p. 255. Sulle scuole scrittorie e sulle accademie di Nardò si veda V. Zacchino, Studiorum artisque magistra, viaggio nella civiltà di Nardò, in Storia e cultura in Nardò fra medioevo ed età contemporanea, Galatina, Congedo Ed, 1991. 2 Su questo argomento si vedano anche c. Minieri riccio, Notizie sulle Accademie istituite nelle