Agro Pontino

La notevole flessibilità mediatica attraverso cui l'apparato propagandistico di regime seppe veicolare linee d'azione e direttive politico-ideologiche, costituisce senza alcun dubbio una delle caratteristiche piú moderne del fascismo, capace di farne penetrare l'ideologia in ogni fibra della società e convogliare sempre piú larghi strati di popolazione verso un'esperienza nazionale uniforme e totalitaria 1 . In questo contesto s'inserisce anche il diffuso ricorso alla scrittura con finalità di propaganda politica, che assunse un'enfasi particolare specie nel corso degli anni Trenta. A causa della grande versatilità d'impiego, oltre che per il loro capillare utilizzo, iscrizioni, lapidi e scritte murali contribuirono infatti a delineare un sempre piú pervasivo orizzonte di riferimento ideologico, in grado di contrassegnare la quotidianità d'ogni italiano. L'obiettivo di questo studio è analizzare le iconografie, le scritture d'apparato e le scritture esposte realizzate nell'Agro Pontino, con l'intenzione di riflettere sulla funzione che assunsero per le comunità locali (e non solo) nell'ambito dell'estetica del potere fascista, ma anche sul valore loro attribuito, ancora nell'odierno assetto democratico, per l'affermazione di un essenziale desiderio identitario.

Attraverso le vicende che caratterizzarono la presenza salesiana a Littoria – poi Latina – tra guerra e dopoguerra (1942-1953), il volume offre un sostanziale contributo alla ricostruzione della difficile transizione della «città nuova» fascista nel nuovo orizzonte democratico. Le tragiche giornate in cui il capoluogo pontino si trovò sulla linea del fronte, la ricostruzione post-bellica, l’aspra lotta politica culminata nella piena affermazione democristiana, costituiscono infatti lo sfondo sul quale i Salesiani svolsero la loro azione educativo-pastorale, ponendosi come un saldo punto di riferimento in grado rilegittimare la stessa identità cittadina.
Ha scritto Augusto D’Angelo nella sua prefazione al libro: «La storia della Chiesa è anche vicenda di comunità concrete, legate ad un territorio, e quella nell’Agro pontino, che Ciammaruconi ha analizzato con capacità di indagine e fedeltà alle fonti, è caratterizzata anche dall’intreccio appassionante della sorte della famiglia salesiana con una porzione di società italiana in profonda trasformazione. L’autore ha ripercorso in questo volume quell’intreccio in maniera documentata, profonda e, soprattutto, appassionata. Per questo le sue pagine meritano la nostra grata attenzione»

Il saggio narra del ruolo della bonifica e dei consorzi di bonifica nella storia dell'Italia unita a partire dal caso dell'area dell'attuale  Provincia di Latina che, nella prima metà del '900, passò da  zona, spopolata, paludosa ad economia agricola arcaica a territorio fortemente abitato, ad economia agricola e industriale avanzata, per via dell'opera di bonificazione svolta durante il fascismo e dalla Cassa per il Mezzogiorno negli anni '50 e '60 del '900.
La ricerca descrive l'influenza dell'attività dei consorzi di bonifica dell'Agro pontino nella storia di comuni e della provincia istituiti a seguito della bonifica degli anni '30, la relazione con l'attività della Cassa per il Mezzogiono, nel territorio, e l'evoluzione delle condizioni ambientali locali.

Il volume ricostruisce le vicende che portarono ad assegnare alla Congregazione salesiana la parrocchia di Littoria (oggi Latina), la «città nuova» fondata nell’Agro Pontino bonificato dal fascismo negli anni Trenta, seguendone lo sviluppo fino alla crisi del regime mussoliniano (1932-1942). Il suo valore sul piano storiografico appare, tuttavia, assai più ampio. Come infatti riconosce nella propria prefazione Antonio Parisella, il libro «è testimonianza precisa, puntuale e – in certa misura – autorevole, di come un’opera di storia ad oggetto locale non si qualifichi tanto per tale carattere del teatro dove – necessariamente – hanno operato i suoi protagonisti, quanto per l’apporto di ulteriore conoscenza che riesce a recare a quanto già si sapeva: nel nostro caso, sulla società italiana, sul regime fascista, sull’operazione Agro Pontino, sulla Congregazione salesiana, sulle istituzioni della Chiesa cattolica in Italia».

L’indizione del primo Giubileo da parte di Bonifacio VIII il 22 febbraio 1300 appare come l’esito più sorprendente di quella diffusa aspirazione a un rinnovamento religioso che, alimentata da fattori come il gioachimismo e un certo francescanesimo d’impronta spirituale, aveva attraversato la cristianità per larga parte del XIII secolo. Risposta del papato a un’esigenza di salvezza che proveniva con forza dalla più profonda sensibilità popolare, la concessione dell’indulgenza plenaria a tutti coloro che ‒ pentiti e assolti dai propri peccati (vere poenitentibus et confessis) ‒ fossero andati a Roma e avessero visitato con devozione le tombe degli Apostoli, riuscì infine a incanalare a favore della Chiesa molte delle attese escatologiche del tempo.
Obiettivo del mio intervento è provare a comprendere ‒ in considerazione dell’assoluta carenza di fonti dirette ‒ quanto del fervore che animò le migliaia di pellegrini i quali nel corso del 1300 si recarono ad limina Apostolorum sia possibile trovare nella realtà religiosa della Marittima tardo-duecentesca. A questo scopo, sono esaminati i principali caratteri dell’esperienza di fede nella regione ‒ riconducibile ai territori delle diocesi di Velletri e Terracina ‒, con particolare attenzione a cogliere elementi di continuità o innovazione rispetto ai tradizionali assetti ecclesiali: dalle forme devozionali alla presenza di antichi e nuovi Ordini religiosi, in primo luogo dei Mendicanti. Da ultimo, un breve sguardo è rivolto anche alle ricadute che il pellegrinaggio romano dovette avere dal punto di vista economico-produttivo su alcuni centri abitati della Marittima.

A partire dalla fine degli anni venti, il fascismo guardò con sempre maggiore interesse alle tradizioni popolari, celebrate come strumento pedagogico e propagandistico, oltre che di fondamentale importanza per la creazione dei processi identitari locali (1) . Soprattutto con l'avvio da parte del regime di una pervasiva politica ruralistica, quel mondo contadino pre-industriale che pure rischiava di scomparire per effetto dell'urbanizzazione e della comunicazione di massa, venne infatti sempre più proposto agli italiani come un efficace serbatoio ideologico nel quale trovare l'antidoto contro la degenerazione morale imposta dalla civiltà moderna. È in quest'ottica che s'individuò nel folklore un importante mezzo per l'educazione delle masse. Il compito di sfruttarne appieno le potenzialità fu affidato all'opera nazionale dopolavoro (onD), organizzazione istituita nel 99 * Faccio ricorso alle seguenti abbreviazioni: ACS: Archivio centrale dello Stato, Roma; ASCLT: Archivio storico del Comune, Latina. Ringrazio l'amico Augusto Martellini per l'insostituibile aiuto prestatomi nel reperire le immagini che corredano questo saggio.

L’affidamento della parrocchia della «città nuova» di Littoria ai Salesiani sul finire del 1933, fortemente voluta da papa Pio XI, fu un’occasione in cui la Congregazione salesiana venne invitata a confrontarsi direttamente, e in qualche modo a suggellare una saldatura, con l’operato del regime fascista, proprio nel momento della massima celebrazione di don Bosco, la sua canonizzazione (1934). A rinsaldare tale adesione, per altro contingente ad una determinata fase storica e alla lunga, dimostratasi «parziale, temporanea e ipotetica», non mancarono contributi ad intra, intimamente connaturati alla stessa coscienza salesiana: la realizzazione delle «visioni profetiche» di don Bosco. Nella breve nota l’Autore si propone di evidenziare al riguardo alcuni aspetti significativi.

The entrustment of the parish of the «new city» of Littoria to the Salesians at the end of 1933, greatly desired by Pope Pius XI, was an occasion on which the Salesian Congregation was invited to face up directly and in a certain sense give its approval to the work of the Fascist regime precisely at the high point of celebrations for Don Bosco, his canonisation (1934). To strengthen that relationship, in itself dependent upon a certain historical situation, and seen to be «partial, temporary and theoretical», there was no lack of contributions ad intra, quite in harmony with Salesian thinking: the fulfilment of Don Bosco’s «prophetic dreams». The Author sets out to indicate in his short contribution some significant aspects of the situation.

Intervento al 2 convegno internazionale di araldica (2019) dal titolo: Araldica in periferia, stemmi di frontiera: luoghi, situazioni, contenuti.
Illustrazione del saggio Agraldica, crasi delle parole Agro e Araldica, sull'evoluzione degli stemmi araldici delle città fondate nell'Agro Pontino negli anni 30 del '900.

This paper examines unpublished archival documents preserved by the
Consorzio di Bonifica concerning archaeological finds during the reclamation
of the Thirties of last century, mostly of the letters where exchanged
between the Consorzio and the Office of Archaeological Heritage responsible
for the territory. Through the study of the documents was possible
to retrieve unknown information and to connect archaeological finds
and topographic contexts.

La parziale bonifica delle Paludi Pontine avvenuta durante il pontificato di papa Pio VI, deve molto alla cultura neoclassica che interessò gli ultimi decenni del Settecento. Essa va letta nel più ampio contesto politico dello Stato della Chiesa, così come non prescinde dalle ambizioni personali dei suoi protagonisti, né da compromessi politici e speculazioni economiche [...]

“Migranti di Stato” si presenta come l’epilogo di un percorso durato quasi un anno sulle pagine de’ Il Chinino. Il tentativo è di fare luce sulla storia di Pontinia e del suo territorio priva di superficiali giudizi e anche di radicati pregiudizi, che vada al di là di una ricostruzione puramente idealistica superando quegli ostacoli che spesso comporta l’approccio alla storia e alla cultura del Novecento. Su queste fondamenta Il Chinino ha intrapreso il cammino che porta all’80° compleanno di Pontinia per festeggiarne la fondazione, senza il timore di guardare in faccia alla realtà storica nella quale è nata e si è formata la città.

Taking as a starting point the idea of the Anthropocene, the article explores the environmental contestations affecting a particular wetland in Agro Pontino, Italy. These contestations concern the ownership of the area as well as its management, that is the management of the relation
between land and water, wet and dry. In this context, different understandings of the landscape’s temporality play an important role in triggering the conflict. On one hand, there is the temporality of geologists and environmentalists, grounded in geological time and devoid of humans; on the other stands the temporality of the inhabitants, grounded in their historical lives, experiences and imaginary.
The role of water is paramount in understanding these different temporalities: for scientists and environmentalists water is a natural element understood within a global imaginary; from the perspective of the local inhabitants, instead, water appears as an historical category embedded within their life-world. This dualism emerges in narratives
about hydrogeological risk, environmental conservation and landscape management. The conclusion reflects on the possibility of a resolution of the environmental conflicts, through a wise reading of the concept
of the Anthropocene.

Fin dalla loro fondazione, le «città nuove» sorte nell’Agro Pontino bonificato dal regime fascista negli anni trenta costituirono lo scenario ideale di molteplici liturgie politiche attraverso cui celebrare il «culto del littorio». L’autore si propone d’indicare secondo quali processi, nel corso del secondo dopoguerra, a Latina (già Littoria) si sia cercato di costruire una memoria condivisa ed un senso di appartenenza comunitaria capaci di ricomporre in chiave democratica l’eredità di quella «impresa» indelebilmente connessa al fascismo, nonché alla figura stessa di Mussolini. In tale prospettiva cerimonie, monumenti, anniversari, hanno rappresentato i cardini dell’opera di rielaborazione di un passato ancora recente che amministrazioni, prima democristiane e poi di destra, hanno condotto spesso non senza ambiguità: lo studio ne ricostruisce le diverse fasi, sia esaminando i nessi e le reciproche influenze tra memoria e retorica pubblica, sia indagando i criteri informatori che hanno orientato questa faticosa e tutt’altro che compiuta ricerca identitaria.

Since their foundation the so-called «new towns» which were built in the Pontine Marshes reclaimed by the Fascist regime in the 1930s, have been the ideal setting of several political liturgies aimed at celebrating the «cult of the Lictorian Fasces».
The author of this article intends to describe the process by which during the second postwar period, people tried to create in the town of Latina (once Littoria) a «shared memory» and a sense of belonging to a community, which could help re-interpret in a democratic key the inheritance of the Fascist venture and the figure of Mussolini himself.
Seen in this light, all ceremonies, monuments and commemorations have since been instruments through which the various local authorities (first Christian Democrats then right-wing) have tried to accomplish, not without ambiguities, a deep revision of the recent past.
This study detects the different stages of the aforesaid process and investigates the connections and mutual influences between memory and public rhetoric, together with the criteria by which the difficult and yet uncompleted search for an identity has taken place.

The presence of the Early Bronze Age Avellino (AV) tephra in the Holocene lacustrine deposits of the Agro
Pontino and Fondi basin provides a unique opportunity to reconstruct the Holocene depositional environment
at the time of AV-tephra deposition. Marine terraces of the last Pleistocene transgression have
been consolidated by soil formation and incised during the last glacial. This created a gully landscape in
the Fondi basin and in the southeastern Agro Pontino. The inland central part of the Agro Pontino was
drained by one major gully. At the final part of subsequent Holocene sea level rise, beach ridges closed
the southeastern marine lagoons, creating a lacustrine and marshy environment. Shortly after, the
Avellino eruption deposited its sandy tephra in these freshwater environments. By comparing altitudes
of the AV-tephra in different environments two major implications emerge. First, at those locations
where the AV-tephra is underlain by thick Holocene peaty and clayey deposits, significant subsidence
occurred, while this has been limited at locations where the Pleistocene marine terrace occurs close to
the surface. This subsidence is independently checked by comparing a modern LiDAR DEM and a detailed
DEM from 1928. Second, the altitude of the AV-tephra reflects sea level in the coastal positions
around
1.5 to
2m a.s.l., while the only gully draining the lacustrine and marshy inland Agro Pontino
was blocked around 0.5m a.s.l. by the expanding sediment wedge of the Amaseno River, the major
draining axis of the Agro Pontino. The AV-tephra layer will continue to play an important role in regional
geological, palaeoenvironmental and geo-archaeological research.

Le origini della chiesa e del complesso di S. Maria della Sorresca si perdono nella storia di un'Italia altomedievale nella quale il fermento religioso connesso all'espansione del monachesimo benedettino contribuì in maniera sostanziale a rivitalizzare regioni devastate dalla lunga guerra romano-gotica e dalla crisi che aveva colpito le campagne a partire dall'età tardo-antica.

L'importanza avuta dalla bonifica delle paludi pontine nell'accreditare il re gime fascista di un vasto <<consenso>> interno e di una piu ampia approvazio ne in ambito internazionale, in un contesto nel quale la sua politica economi co-sociale si proponeva come l'unica in grado di affrontare efficacemente la grave crisi che aveva investito il mondo occidentale a partire dal 1929, e or mai un dato acquisito in sede storiografica'. Grazie all'impiego di un'efficiente macchina propagandistica, agli inizi degli anni Trenta la <<redenzione>> dell'Agro pontino, la fondazione delle <citta' nuo ve>>, l'istituzione della provincia di Littoria, la ripetuta celebrazione dei suc

Manifesto della «battaglia demografica» con la quale il fascismo intese avviare un articolato programma volto ad accrescere la popolazione italiana e rafforzarne la salute fisica nell'ottica del «numero come forza», il celebre Discorso dell'Ascensione del 26 maggio 1927 costituí un punto di snodo fondamentale nella politica sociale del regime. Enunciando il concetto secondo il quale «il destino delle nazioni è legato alla loro potenza demografica» 1 , Mussolini decretò infatti l'avvio di una piú intensa azione pronatalista, imperniata su assunti di carattere eugenetico e, soprattutto, finalizzata a ridurre la tendenza al calo delle nascite, che -seppure in maniera inferiore rispetto ad altre nazioni occidentali -cominciava ad essere avvertita anche in Italia, tanto da diventare un vero e proprio assillo per il duce 2 . Nelle sue parole, l'azione dello Stato andava perciò orientata nel rispetto di linee-guida chiaramente definite: «Bisogna quindi vigilare seriamente sul destino della razza, bisogna curare la razza, a cominciare dalla maternità e dall'infanzia» 3 . A questo fondamentale compito fu deputata in maniera particolare l'Opera nazionale per la protezione della maternità e dell'infanzia (Onmi).

Nella Nuova Enciclopedia Popolare, ovvero Dizionario Generale di Scienze, Lettere, Arti, Storia, Geografia, ecc. ecc. [1841-48], primo grande esperimento italiano di divulgazione, voluto dall'editore Giuseppe Pomba e al quale collaborarono illustri studiosi quali Cesare Balbo, Cesare Cantù e Luigi Cibrario, alla voce "Paludi Pontine" così si legge: "Gran distretto degli Stati Pontificii nella provincia di Campania marittima, dagli antichi chiamati Agro Pometino. È composto di gran parte dell'Agro Romano, estendendosi da Cisterna a Terracina nella lunghezza di circa 30 miglia da maestro a sirocco, e di 25 in larghezza da Sezze a Monte Circello. Quest'estesa pianura circondata da città e da borghi, i quali anticamente formavano le campestri delizie della romana popolazione, è in tutta la sua larghezza intersecata dalla via Appia. Non più però di presente vi si veggono le 22 città e le centinaia di borghi e villaggi che a dir di Plinio, vi si annoveravano in tempo del dominio dei Romani. Le torbide acque che impetuose scendono dalle colline, le quali trovansi nei distretti di Velletri, di Core, di Carpineto, di Sermoneta, di Sezze, di Piperno, non che quelle de' monti Alto, Cacumano, Ema, Ardighetto ed Artemisio, tutte ramificazioni del subalpino romano sono la cagione per cui paludoso formossi l'intero Agro Pomezio, il quale dal lato australe è fiancheggiato da una doppia linea di boschive dune che lo separano dal mar Tirreno nella lunghezza di 26 miglia, cioè di 16 del capo d'Astura al Circello, e da questo monte sino a Terracina per altre 10. Quelle dune continuamente ingrossate per l'urto de' marosi, oltre all'impedire lo scolo delle acque, contribuiscono altresì a produrre quella mal'aria, la quale rende spopolato quest'ampio distretto." 1 Dopo averne così tracciato le coordinate geografiche, la voce illustra i numerosi tentativi di bonificare questi territori: da quelli del Console Cornelio Cetego, nel 163 a.C., a quelli di Giulio Cesare, di Augusto, di Nerva e Traiano, per passare a quelli del patrizio Decio, che tra il VI e il VII secolo ebbe in proprietà le paludi direttamente da Teodorico, re dei Goti. Non vengono citati Nerone, responsabile del progetto di unire Ostia a Baia con un maestoso canale navigabile, né Massenzio, né Costantino, anche loro impegnati a vario titolo per riscattare quelle terre. Poi un lungo buio fino alle opere di Martino V (al quale si deve l'attuale Rio Martino), Leone X (che approvò i progetti di bonifica di Leonardo da Vinci, ma non li realizzò completamente), Sisto V (al quale si deve la cosiddetta "linea Sisto") e Pio VI (1775-1799), che dette una svolta decisiva alle opere idrauliche con la "linea Pio". L'Enciclopedia ricorda, infine, che nel 1812 si propose di stabilire in quelle zone 70.000 coloni e che Napoleone decretò che tutto fosse attuato in un quinquennio! Ma non se ne fece nulla. L'ignoto estensore della voce "Paludi Pontine", sottolineando un quadro particolarmente desolante, così continua: "A malgrado però di tanti recenti lavori, una gran parte dell'Agro Pontino è tutt'ora paludosa o incolta, ed anche coperta dalle acque come la è tutta la parte orientale verso gli sbocchi dell'Aufento e dell'Amaseno, onde quella vasta estensione di terreno fu detta Pantano dell'Inferno."

Il contributo prende in esame il comprensorio costiero più meridionale dell’ager pomptinus esaminando le dinamiche di popolamento a esso connesse in relazione alla sua particolare situazione idrogeologica. Viene analizzata nello specifi co la porzione di litorale compresa tra il fiume Astura e il Rio Martino, caratterizzata dal sistema
lacustre e dunale. In questo contesto, sono presi in esame i tre corsi d’acqua che corrono ortogonali alla costa (Astura, Moscarello e Rio Martino) rispetto alla loro funzione nelle dinamiche di sviluppo della piana in relazione alle operazioni di regimentazione intraprese nel corso dei secoli fino alla Bonifica Integrale degli anni ’30 dello scorso
secolo.

TMA 5 mei 1990, 3de jaargang nr.1 prijs los nummer fl. 12,95 / bfr. 240 TMA is een onafhankelijke tijdschrift dat aandacht besteedt aan het actuele archeologische onderzoek in de Mediter rane wereld, in het bijzonder verricht vanuit Nederland en België. Het overnemen van artikelen is toege staan mits met bronvermelding. Bijdragen van lezers zijn welkom en k � nnen al dan niet verkort door de redactie worden gepubliceerd. Deze uitgave kwam tot stand met steun van de Stichting ter Ondersteuning van Oudheidkundig Onderzoek. abonnementen Tl\lA verschijnt twee keer per jaar. Opgave kan schriftelijk of door storting van fl. 25,-of bfr. 450 op girorekening 5859344. Studenten betalen fl. 22,50 of bfr. 410 (onder vermelding van studienummer). De abonnementen lopen van 1 januari tot 31 december en worden automatisch verlengd, tenzij een maand van tevoren is op gezegd. redactie en administratieadres Tijdschrift voor Mediterrane Archeologie Postbus 7030 9701 JA Groningen 050-635183 (maandag-en dinsdagochtend) n�dactie

The article explores the genealogy of Edenic narratives about the Pontine Marshes in Agro Pontino, Italy, and the imaginary of the Bonifica Integrale (integral reclamation). This process of reclamation, implemented by the fascist regime throughout the 1930s, drained the Marshes transforming their ecological, economic, and social structure. The dominant reading of Agro Pontino's history is polarised through a dualistic view that sees the Marshes as the realm of an almost pristine nature and the Bonifica Integrale as a life-giving event that transformed that environment, making it cultivable and inhabitable. This view reflects a modernist understanding of time as a series of punctuated events in a linear trajectory that leads to environmental degradation. In conservation, this interpretation produces problematic political effects resulting in a specific approach that positions agriculture and nature on opposite sides. The article presents ethnographic materials that challenge this view and suggests a different approach, an 'Anthropocene conservation', which looks at the sustainability of the future rather than defining an ecological baseline to restore.

Land subsidence has played and is still playing a significant role in coastal wetlands worldwide and in palaeogeographical reconstructions of such wetlands. The varying thickness of compaction-prone sediments over a stable subsurface is a key factor in determining its magnitude and in locating the most affected areas. In the coastal low-lying Agro Pontino (Lazio, Italy), subsidence of the past 90 years has been mapped using historical elevation data. Due to the fortunate preservation of distal Avellino tephra (AV-tephra, ca. 1900 cal. BCE) within its marshy strata, discovered a decade ago, detailed palaeogeographical reconstruction of the landscape in preparation for an assessment of its land use suitability in the Early Bronze Age (EBA) was possible. Current altitude variations of water-lain tephra in lake areas assumed to be connected necessitated a closer look at its original deposition altitude and the role of post-depositional subsidence. Recent subsidence patterns proved very ...

C ome nel resto d'Italia, all'indomani del 25 luglio 1943 gli infausti esiti della guerra voluta da Mussolini non impedirono nemmeno nell'Agro pontino «redento» di assistere a un progressivo distacco della popolazione da quel regime fascista che pure aveva profondamente connotato l'intera opera di bonifica. Dinnanzi alla tragedia in cui il paese era stato trascinato, anche per i coloni di Littoria nessuna gratitudine nei confronti del «duce»intorno al quale s'era alimentata un'autentica mitopoiesi (1) -valse infatti a giustificare la volontà di battersi apertamente in suo sostegno e ben pochi aderirono in maniera incondizionata all'esperienza della Repubblica sociale italiana (RSI) continuando ad affiancare in armi l'alleato tedesco (2) . Piuttosto, la distanza finì per accentuarsi in misura ancora maggiore quando nella prima metà del 1944 gli scontri travolsero direttamente il territorio pontino, rischiando persino di mettere in discussione gli assetti raggiunti dall'ancora recente trasformazione idraulico-ambientale.

I fascicoli del “Commissariato per le migrazioni interne e la colonizzazione interna”, fino a qualche anno fa giacevano inesplorati nell’Archivio Centrale dello Stato. Stefano Gallo, storico e ricercatore del Cnr, da dieci anni studia le migrazioni degli italiani interne e verso l’estero. Si è dedicato in particolare al periodo fascista per comprendere il governo della mobilità interna da parte del regime...

di Paolo Periati STORIA DI 46 SCHEDATI Emilio Drudi racconta l'applicazione delle leggi razziali Non c'era una sedia vuota nella libreria Kiryat Sefer, il centro di cultura ebraica nel cuore del ghetto di Roma, a due passi dal Tempio. Numerose persone sono accorse all'ora del tramonto per la presentazione del nuovo libro di Emilio Drudi, già responsabile de' "Il Messaggero" di Latina e ora storico per passione, gran conoscitore della realtà passata e presente dell'agro pontino. Con la curiosità e l'occhio meticoloso del giornalista di strada, con la precisione accademica dello storico di professione, Drudi nel suo "Non ha dato prova di serio ravvedimento. Gli ebrei perseguitati nella provincia del duce", racconta le vicende personali di 46 ebrei italiani residenti in provincia di Littoria tra il 1938 e il 1944 -dall'emanazione delle leggi razziali alla Liberazione -nel loro tentativo di sfuggire all'arresto e alla deportazione nei campi di sterminio nazisti. "Il Chinino", come altre associazioni, darà il suo contributo ai festeggiamenti per gli 80 anni di Pontinia. Oltre agli eventi però, abbiamo deciso di dare spazio sul bimestrale alla voce di cinque personaggi in grado di raccontare la storia del nostro territorio che, seppur breve, è senza dubbio densa e meritevole di essere portata alla luce perché crediamo che l'Italia si racconti meglio guardandola dal basso. Quando si parla della provincia di Littoria e delle città di fondazione,la storiografia e la letteratura tendono a concentrarsi di più su argomenti come la bonifica integrale delle paludi, l'architettura, le istituzioni, l'agricoltura e l'immigrazione interna. Pochi si sono cimentati con gli aspetti sociali e ancorameno con la storia degli ebrei pontini. Ecco perché abbiamo deciso di partire da qui: per non dimenticare che l'agro pontino e la provincia di Littoria nella mente di Benito Mussolini doveva essere il laboratorio del nuovo italiano fascista -l'italiano rurale, procreatore e soldatofunzionale al nuovo ordine vagheggiato dal duce. E dunque, nella gemma della propaganda di regime nel mondo non poteva esserci posto per gli ebrei, almeno a partire dal 1938. Già, perché gli ebrei italiani pur non formando una nutrita comunità radicata sul territorio, erano presenti nei paesi lepini ben prima della bonifica, mentre altri giunsero da lontano insieme a veneti e ferraresi proprio per contribuire alla realizzazione dell'opera in qualità di braccianti e commercianti, ma anche di medici e soldati, pienamente inseriti nella neonata realtà pontina. Gente come Fabio Steindler e sua moglie Giuliana Minerbi (farmacisti a Cisterna), come la famiglia di Amedeo Spagnoletto (che servì la patria in Abissinia nel '36), e quella Di Veroli a Sezze, la famiglia Sonnino di Priverno, i Marino di Sermoneta e così via, che con gli altri giunsero nell'agro redento per coltivare la terra, e invece si ritrovarono uguali ma diversi, isolati, sottoposti a divieti, discriminazioni e proibizioni, passando dal sogno di una degna vita rurale all'incubo della persecuzione: 46 ebrei braccati con accanimento perché dovevano sparire dalla fucina di Littoria. Questi nomi, riportati nella ricerca di Drudi, erano stati schedati insieme ad altri non perché avessero commesso chissà quali reati, ma solo perché di origine "non ariana". Nessuno di loro era un antifascista di spicco, un oppositore "pericoloso" per la patria fascista. Si trattava per lo più di anonimi cittadini che si erano sin lì segnalati per i loro comportamenti non trasgressivi, tanto che

Nel quadro di quella presunta «idoneità ideale» pervasivamente propagandata dal regime che faceva delle genti venete le più adatte a colonizzare l'Agro pontino «redento» dal fascismo, la religiosità, insieme alla sobrietà, all'operosità tenace, alla ruralità e alla prolificità, costituiva senz'altro uno degli aspetti maggiormente caratterizzanti (1) . Si ribadiva in tal modo la stereotipata visione di un popolo fedele alla Chiesa, ai propri santi nonché ai propri parroci: d'altro canto, soprattutto in ambito rurale, la componente religioso-devozionale rappresentava nel Veneto un riferimento irrinunciabile nell'esperienza quotidiana delle classi subalterne; in particolare nell'area pedemontana delle province di Vicenza, Padova e Treviso, il tradizionale patrimonio culturale cattolico forniva infatti un senso alla vita dandole un forte orienta-

A partire dagli studi che negli anni ha pubblicato sull'argomento, in questo ciclo d'incontri Clemente Ciammaruconi intende avviare una riflessione sulla storia e sulla memoria, sempre in evoluzione, della «città nuova» di Sabaudia a ottantacinque anni dalla sua fondazione. L'obiettivo è di focalizzare l'attenzione sulle vicende che ne caratterizzarono la nascita e il primo sviluppo tra fascismo, guerra e dopoguerra democratico, in riferimento alle più aggiornate acquisizioni della ricerca storiografica, ma anche di evidenziare attraverso quali chiavi interpretative questi momenti nodali siano stati di volta in volta riletti nella memoria collettiva e nel discorso pubblico. Come ha infatti sottolineato lo storico Pierre Nora, «la storia è la ricostruzione, sempre problematica e incompleta di ciò che non c'è più. La memoria è un fenomeno sempre attuale, un legame vissuto nell'eterno presente; la storia una rappresentazione del passato».