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2022_Architettura, Geometria, Astronomia

2022, 2022_ Rappresentare il tempo. Architettura, geometria, astronomia. REPRESENTING TIME Architecture, Geometry and Astronomy Full English texts. Proceedings of the first study day Palazzo Spada, Roma 23th march 2022 Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano (editors)

Esiste un patrimonio culturale tangibile e intangibile, rintracciabile in opere di architettura, siti archeologici e manifestazioni artistiche, fortemente connesso all’evoluzione del pensiero scientifico di carattere astronomico. La geometria e il disegno, attraverso l’elaborazione del pensiero astratto, hanno contribuito potentemente allo sviluppo delle capacità di misurare il tempo, di comprendere il movimento dei corpi celesti nello spazio e di rappresentarli in terra. La collana vuole essere luogo di riflessione delle varie discipline nello sviluppo di questi ambiti della conoscenza.

01*2022 RAPPRESENTARE IL TEMPO Architettura, geometria e astronomia Atti della prima giornata di studi Palazzo Spada, Roma → 23 marzo 2022 Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano (a cura di) 2 → Architettura, geometria e astronomia Collana diretta da Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano → Architettura, geometria e astronomia Direttrici della Collana Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano Comitato scientifico – Scientific Committee Elio Antonello, INAF (Italy); Mario Arnaldi (Italy); Carlo Bianvchini, Sapienza Università di Roma (Italy); Fabrizio Bònoli, Università di Bologna (Italy); Alessio Bortot, Università degli Studi di Trieste (Italy); Roberto Buonanno, Università di Roma Tor Vergata (Italy); Filippo Camerota, Museo Galileo Firenze (Italy); Marco Canciani, Università degli Studi Roma Tre (Italy); Cristina Candito, Università degli Studi di Genova (Italy); Massimiliano Ciammaichella, Università IUAV di Venezia (Italy); Luigi Cocchiarella, Politecnico di Milano (Italy); Agostino De Rosa, Università IUAV di Venezia (Italy); Salvatore Esposito, INFN Sezione di Napoli (Italy); Laura Farroni, Università degli Studi Roma Tre (Italy); Francesca Fatta, Università Mediterranea di Reggio Calabria (Italy); Angélique Ferrand, Université de Nantes (France); A. César González-García, Consejo Superior de Investigaciones Científicas Instituto de Ciencias del Patrimonio (Spain); Andrea Giordano, Università degli Studi di Padova (Italy); Paolo Giulierini, Museo Archeologico Nazionale di Napoli MANN (Italy); Stachel Hellmuth, Technische Universität Wien (Austria); Manuela Incerti, Università degli Studi di Ferrara (Italy); Alessandro Ippoliti, Università degli Studi di Ferrara (Italy); Nicoletta Lanciano, Sapienza Università di Roma (Italy); Matteo Flavio Mancini, Università degli Studi Roma Tre (Italy); Paola Moscati, CNR (Italy); Alessandra Pagliano, Università di Napoli Federico II (Italy); João Pedro Xavier, Universidade do Porto (Portugal); Ornella Zerlenga, Università della Campania L. Vanvitelli (Italy). La pubblicazione di ogni ricerca è subordinata all'accettazione da parte del comitato scientifico e ogni contributo è sottoposto a revisione cieca. atti pubblicati con il contributo di Progetto Grafico Giulia Pellegrini – variabile comunicazione visiva Comitato redazionale Greta Attademo, Stefano Costantini, Marta Faienza, Matteo Flavio Mancini, Gianmarco Mei progetto grafico con il contributo di Gestione profilo Instagram Gianmarco Mei Immagine di copertina: Giovan Battista Magni (progetto Emmanuel Maignan), dettaglio dell'Astrolabio catottrico di Palazzo Spada, 1644 (Fotografia di Matteo Flavio Mancini). Alla pagina seguente: Cortile interno di Palazzo Spada (Fotografia di Matteo Flavio Mancini). organizzazione giornata di studi con il contributo di Proprietà letteraria riservata © libreriauniversitaria.it Edizioni Webster, divisione di TXT SpA. I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi. Nessuna parte di questa pubblicazione può essere riprodotta, distribuita o trasmessa in qualsivoglia forma senza l’autorizzazione scritta dell’Editore, a eccezione di brevi citazioni incorporate in recensioni o per altri usi non commerciali permessi dalla legge sul copyright. Per richieste di permessi contattare in forma scritta l’Editore al seguente indirizzo: [email protected] ISBN: 978-88-3359-488-0 Prima edizione: settembre 2022 Il nostro indirizzo internet è: www.edizioni.libreriauniversitaria.it Per segnalazioni di errori o suggerimenti relativi a questo volume potete contattare: Webster, divisione di TXT SpA Via V.S. Breda, 26 - 35010, Limena PD Tel.: +39 049 76651 / Fax: +39 049 7665200 [email protected] con il patrocinio di ISGG 01*2022 RAPPRESENTARE IL TEMPO Architettura, geometria e astronomia Atti della prima giornata di studi Palazzo Spada, Roma 23 marzo 2022 Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano (a cura di) Full English texts REPRESENTING TIME Architecture, Geometry and Astronomy Proceedings of the first study day Palazzo Spada, Roma 23th march 2022 Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano (editors) 6 01*2022 RAPPRESENTARE IL TEMPO Indice 9 Saluti Solveig Cogliani Pasquale Basilicata Laura Farroni 15 Prefazione Francesca Fatta 17 Architettura, Geometria, Astronomia Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano 22 TEMPO Fabrizio Bònoli 30 Astronomia pre-strumentale Elio Antonello 38 Geometrie intuitive della percezione oraria, dall’Antichità al Medio Evo Mario Arnaldi 54 Penser et figurer le temps dans l’espace : le Zodiaque et les Occupations des mois Angélique Ferrand 70 Un approccio esperienziale al cielo: gli Utotombo della pedagogia del cielo Nicoletta Lanciano 80 Il tempo astronomico e l'impresa eterna nel Mosaico di Alessandro Paolo Giulierini 86 Heliographia mechanica: gli strumenti della gnomonica Filippo Camerota 96 Il ruolo dell’ottica e della prospettiva per lo studio della gnomonica e dell’astronomia: tre casi studio Cristina Càndito 106 Emmanuel Maignan’s gnomonic wonders in the project for Villa Pamphilj by Francesco Borromini Alessio Bortot 120 Spazio e tempo nel Roden Crater di James Turrell Agostino De Rosa 132 Rappresentazione del Tempo a Palazzo Spada tra immagini e accadimenti Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini 148 Geometrie della luce per il restauro degli orologi solari Alessandra Pagliano 162 Architettura e astronomia: il ruolo del disegno Manuela Incerti 184 Postfazione Ornella Zerlenga 188 Full English texts TIME, Fabrizio Bònoli → 188 / Pre-instrumental astronomy, Elio Antonello → 192 / Intuitive geometries of time perception, from Antiquity to the Middle Ages, Mario Arnaldi → 196 / Thinking and figuring time in space: the Zodiac and the Occupations of the months, Angélique Ferrand → 202 / An experiential approach to heaven: the Utotombo of the Pedagogy of heaven, Nicoletta Lanciano → 208 / Astronomical time and eternal enterprise in Alexander's mosaic, Paolo Giulierini → 213 / Heliographia mechanica: the instruments of gnomonics, Filippo Camerota → 215 / The role of optics and perspective for the study of gnomonics and astronomy: three case studies, Cristina Càndito → 219 / Space and Time in James Turrell’s Roden Crater Project, Agostino De Rosa → 224 / Representation of Time at Palazzo Spada between images and events, Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini → 228 / Geometries of light for sundials’ restoration, Alessandra Pagliano → 233 / Architecture and astronomy: the role of drawing, Manuela Incerti → 238 8 Saluti Solveig Cogliani Consigliere di Stato È un grande piacere ed onore per me rivolgere a tutti i Professori e gli Studiosi qui presenti il mio personale saluto nella sede del Consiglio di Stato ed il benvenuto del Presidente Franco Frattini, che per impegni istituzionali non può essere qui, ma che tiene moltissimo allo svolgimento dei presenti lavori e alla prosecuzione di questa proficua collaborazione. È un appuntamento, che giunge oggi, come tutti sappiamo, dopo già il conseguimento di importanti incontri, di cui Vi ringrazio, perché la sinergia tra il Consiglio di Stato e l'Università degli Studi Roma Tre ha portato alla pubblicazione di una monografia, L’arte del disegno a Palazzo Spada, edito da De Luca editori d’Arte nel 2019, e anche alla redazione di un video, Tra le “nuvole” di Palazzo Spada, in occasione della Notte europea dei Ricercatori nel 2021. Quindi, il convegno di oggi, dedicato all’approfondimento dei concetti di tempo e di spazio nell’architettura e nell’arte, attraverso quello che è il percorso che si può vivere nel Palazzo dove siamo, è un momento di grande rilievo per lo sviluppo dei predetti temi. Mi piace ricordare che questa iniziativa si inserisce in un percorso che, da tempo, è stato avviato dal Consiglio di Stato e al quale sono particolarmente legata per mio personale interesse alle tematiche dell’arte oltre che per motivi istituzionali. Dal 2012, in collaborazione con il quartiere, abbiamo avviato un progetto intitolato “Arte in Regola”, in cui la parola “regola” sta ad indicare l’apertura ai cittadini ed ai visitatori dei palazzi sede della nostra Istituzione (ovvero del complesso della giustizia amministrativa): Palazzo Aldobrandini, Palazzo del Monte di Pietà e Palazzo Spada, dove siamo oggi, con la sua prestigiosa Galleria, pregevoli luoghi dal punto di vista culturale e storico-artistico. La storia della giustizia amministrativa, in qualche modo, è sempre stata legata a siti di grande interesse storico e culturale. L’anno 2012 ha segnato per noi il punto di partenza e la presa di consapevolezza che tale azione tematica dovesse vivere dinamicamente, non limitando le nostre iniziative solamente alla semplice presenza dell’Istituzione nei preziosi luoghi sopra citati, ma divenendo sostenitori del dibattito su temi di filosofia e arte, in particolare sull'arte contemporanea. Abbiamo avuto per questo motivo la grande fortuna di ospitare importanti artisti contemporanei come Ennio Calabria, Tommaso Cascella e Luigi Ontani. La collaborazione con il Dipartimento risulta quindi una esperienza di continuità con la scelta operata dall’Istituzione. Per quanto concerne i temi oggetto della presente giornata di studi, lo “spazio” ed il “tempo”, costituiscono elementi che, per come si rappresentano nelle immagini, nella figurazione, ma anche nelle forme architettoniche, da sempre hanno occupato l’interesse e l’indagine dell’essere umano nella sua ricerca filosofica ed esistenziale. L’edificazione delle città, o il semplice orientamento in natura, presuppongono una chiave di interpretazione simbolica dello spazio percepito dall’uomo. Il concetto di “tempo” è sempre stato, tra tutte le realtà naturali osservabili, quella forse più difficile da definire a causa dell’inevitabile relativismo; forse proprio per questo, in ragione della necessità di ordinare e descrivere dell’essere umano, le riflessioni sul “tempo” sono costantemente presenti nella storia. Sicuramente, come è stato possibile approfondire in occasione degli eventi di “Arte in Regola”, i concetti di “spazio” e di “tempo” hanno visto delle evoluzioni nell’arte contemporanea, come ci consentono di dedurre rispettivamente l’esperienza di Duchamp e del maestro Calabria. Ma non voglio rubare altro tempo alla giornata di studio. Buon lavoro, dunque, ascolterò con grande interesse. → Architettura, geometria e astronomia 9 Pasquale Basilicata Direttore Generale, Università degli Studi Roma Tre Signor Presidente, Consigliere Cogliani, a nome anche del Rettore che non potrà partecipare ai lavori, Vi ringrazio per aver consentito che questa giornata di studi internazionali, fosse ospitata in questa straordinaria cornice, che quale tempio laico alla bellezza, è scrigno e allo stesso tempo, oggetto, parte, protagonista del lavoro che oggi verrà presentato. Un lavoro di ricerca e di svelamento dei segreti intimi fra il tempo e la sua rappresentazione attraverso le intenzioni architettoniche, il disegno, lo studio della scala cromatica, l’accrescimento e le invenzioni dello spazio; come pure tra il tempo e i mirabili strumenti che hanno provato a imprigionarlo sul valore di una “misura”, con l’illusione forse di controllarne il corso. Una giornata che vede la presenza di numerosi esperti appartenenti a diverse aree disciplinari in una prospettiva di analisi e di sistematizzazione inter-multidisciplinare, per favorire una comprensione completa, globale in tendenza, e a più voci, di uno degli esempi più belli di Architettura. Un capolavoro che, in verità, è tale, proprio grazie all’accorta e intima colleganza tra saperi (matematici, ingegneristici, di architettura, di astronomia) realizzata durante la sua edificazione. Un lavoro che ha preso le mosse da una convenzione stipulata nel 2018 tra il nostro dipartimento di Architettura e il Segretario Generale del CdS, e di cui è Responsabile Scientifico la Prof.ssa Laura Farroni. La convenzione sottolinea l’importanza della collaborazione nel settore pubblico, come strumento di coordinamento e di reciproca interrogazione, ma anche di conoscenza e di valorizzazione delle proprie missioni istituzionali. Una convenzione che testimonia il ruolo che l’Università, per le pluralità delle conoscenze che esprime, dei saperi che alimenta, e della capacità unica di innovazione che induce nei processi tecnologici, può svolgere nel settore della ricerca, comprensione e archiviazione delle informazioni sul Patrimonio Monumentale e Culturale del Paese, favorendone la conoscenza, la valorizzazione e la consapevole fruizione sociale. Interdisciplinarietà e multidisciplinarietà, sperimentazione e innovazione didattica, Terza Missione sono la cifra di riconoscimento di ogni vero progetto di eccellenza, che, come nel nostro caso, fa da sintesi tra i Tre Fronti della Missione Universitaria, senza che fra di essi si ritrovino cesure e/o cadute di qualità. Il progetto di cui ci occupiamo ha visto il coinvolgimento di un gran numero di studenti, ai quali ha offerto e offre un laboratorio inesauribile di materiale di studio, di provocazioni culturali, e di prospettive di approfondimento, come testimoniano le numerose tesi di laurea già completate e in corso; dall’accessibilità digitale, alla rappresentazione del tempo nella Meridiana Catottrica, al controllo dello spazio attraverso la prospettiva, per citarne alcune. Una collaborazione che ha portato inoltre al fiorire di studi, ricerche ed analisi grazie ai quali sono stati organizzati significativi eventi nell’ambito della più importante manifestazione di disseminazione scientifica presente nello Spazio Europeo della Ricerca noto come Notte Europea dei Ricercatori. Un primo evento è stato realizzato già nell’anno di avvio della convenzione nel 2018 - dal titolo La Meridiana Catottrica di Palazzo Spada. Poi nel 2019 con il titolo La Scienza dell’Arte a Palazzo Spada e nel 2021 con il titolo, fascinoso assai in verità, di Tra le "Nuvole" di Palazzo Spada è stato reso disponibile un video che consente una fruizione in alta definizione della opera. Il che testimonia che siamo in una fase avanzata di musealizzazione virtuale e di digitalizzazione di materiali cartacei, siamo ora in grado, come mi riferisce la Professoressa Farroni, di programmare un livello ancora più avanzato di lavoro e puntare alla realizzazione del rilievo definitivo del Palazzo e di una piattaforma per la gestione integrata delle conoscenze pluridisciplinari riguardanti il bene. Una collaborazione di cui siamo dunque fieri e sulla quale, Signor Presidente, Consigliere Cogliani, confermiamo l’intenzione di continuare a investire, convogliando le energie creative dei nostri talenti e dei nostri giovani studiosi e ricercatori. 10 Siamo infatti convinti che, al di là dei nostri specifici interessi: per noi, lo sviluppo della didattica e la sua sperimentazione, l'organizzazione di centri di formazione, l’avanzamento degli studi e della ricerca, la Terza Missione, con il trasferimento tecnologico e l’immissione di saperi nel tessuto vivo del corpo sociale; per Voi, l’acquisizione e la sistematizzazione di formazioni fondamentali per la conoscenza, il mantenimento e la messa in sicurezza di questi autentici gioielli, di valori incancellabili come custodi di espressioni del Genio dell’Uomo, nonché testimoni e interpreti di un sistema di relazioni – economiche, giuridiche, sociali, istituzionali e culturali – che ha dominato in particolare i secoli XVI-XVII; la nostra collaborazione rappresenta uno strumento formidabile di accrescimento dell’area della cittadinanza consapevole, di valorizzazione del Patrimonio Pubblico, e di abbattimento delle distanze tra paese legale/paese reale, e in questo senso è anche un’occasione per contribuire al radicamento dei valori di democrazia e di appartenenza. Con l’auspicio perciò che questa collaborazione possa trovare a breve e già prima della sua scadenza materiale (2023) una strutturazione più ampia e di più lungo periodo anche con un auspicabile allargamento degli obiettivi comuni e un conseguente ingresso di nuove aree disciplinari (penso ai Saperi Giuridici, a quelli Botanici, a quelli di Filosofia e di Economia per esempio) porgo a voi tutti l’augurio di buon lavoro. → Architettura, geometria e astronomia 11 Laura Farroni Dipartimento di Architettura, Università degli Studi Roma Tre La giornata di studi che ho il compito di aprire oggi a Palazzo Spada, è dedicata alla Rappresentazione del Tempo secondo visioni multidisciplinari e poi dal punto di vista della disciplina del Disegno. Ringrazio, con emozione, per i saluti che mi hanno preceduto, e per l’ospitalità del Consiglio di Stato che ci permette non solo di svolgere questo momento di confronto scientifico in questa sede meravigliosa, ma di visualizzare, attraverso appunto le meraviglie presenti, quanto noi studiosi stiamo tentando di evidenziare, ossia la relazione stretta tra Architettura, Geometria e Astronomia. Il momento di confronto fra studiosi segna, per me, Responsabile scientifico della convenzione tra il Segretariato Generale del Consiglio di Stato e il Dipartimento di Architettura di Roma Tre, risalente al 2018 e ancora in atto, un grande traguardo e al tempo stesso un nuovo avvio di iniziative. Considero questo momento, infatti, un punto di arrivo perché torniamo a relazionarci in questa sala a distanza di tre anni dalla presentazione del volume L’arte del disegno a Palazzo Spada. L’Astrolabium catoptrico gnomonicum di Emmanuel Maignan, edito dalla De Luca editori d’Arte nel 2019, che rappresentava il risultato di una ricerca sul palazzo e in particolare sull’orologio solare a riflessione presente nella galleria del piano nobile, di cui mi sono occupata con studiosi che partecipano all’evento di oggi, quali l’architetto Matteo Flavio Mancini e Giulia Tarei, che nella pausa ci illustrerà la Meridiana del Maignan. Si dimostra, così, che gli studi sono proceduti grazie alle condizioni costruite e alle strade tracciate tempo addietro. Un nuovo avvio, invece, perché, se la pandemia ha tentato di rallentarci, facendoci interrompere alcuni percorsi, sicuramente la nostra passione di ricerca ne ha tratto beneficio, spingendo in avanti gli approfondimenti e ampliando le interazioni, attraverso la rete di atenei, di associazioni scientifiche e di studiosi che hanno aderito a questa proposta scientifica con entusiasmo. Partecipano insieme al Dipartimento di Architettura di Roma Tre, il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara, l’Unione italiana per il disegno UID, The International Society for Geometry and Graphics ISGG, la Società Italiana di Archeoastronomia SIA, la Società astronomica Italiana SAIt, la Società Italiana degli storici della Fisica e dell’Astronomia SISFA. Su una cosa vorrei soffermarmi che si è posta con estrema chiarezza in questo difficile periodo della pandemia e sul quale, credo, ho trovato l’idea, la forza e la volontà di costruire relazioni. La pandemia ha dimostrato l’importanza dei processi e ne ha accelerato alcuni. È impensabile studiare il passato, senza ricercarne i fili, la rete di relazioni e stratificazioni che lo hanno generato, è impensabile vivere il presente senza coglierne la sua relazione con il passato, prevedendo gli effetti sul futuro. In tutti i campi della vita. Trovando una connessione con le attività del committente delle opere seicentesche presenti in questo palazzo, il Cardinale Bernardino Spada, credo sia importante ricordare che egli prima di acquisire il palazzo di Roma a piazza Capo di Ferro, era a Bologna, come legato pontificio. Fu inserito nella Assunteria della Sanità, poiché erano gli anni della peste, e si dedicò alla gestione degli affari ad essa attinenti permettendo, attraverso ordinanze ed emanazione di bandi il suo superamento tra il 1628 e il 1632. Prese, infatti, una serie di misure per il controllo della città: disposizioni sui divieti di comportamenti, indicazioni di aree della città con determinate funzioni, accessi limitati. Esse sono state strumenti utili per il governo della città e per debellare il problema del contagio. Attraverso il suo operato si evidenzia la capacità di acquisizione e elaborazione dei dati e una attitudine previsionale attraverso la dimestichezza del saper disegnare scenari guardando, anche, il comportamento degli altri paesi. Tutte queste erano capacità a cui il Cardinale era stato educato attraverso la formazione al rilievo e al disegno dell’architettura e in senso più ampio alla lettura e all’interpretazione dei fenomeni. A Roma, si dedica al rinnovamento della sua nuova proprietà creando, al contrario dei tristi scenari della peste, scenari di bellezza che oggi possiamo ammirare qui in questo palazzo, grazie appunto all’opera di manutenzione e gestione quotidiana del Consiglio di Stato. 12 Noi oggi siamo qui per perpetuare l’esigenza di bellezza nel senso più ampio del termine. Le amiche, colleghe e professoresse Manuela Incerti e Alessandra Pagliano, esperte delle relazioni tra architettura geometria e astronomia, che mi accompagnano nell’avventura di oggi, hanno subito risposto positivamente e con entusiasmo alla mia proposta di confronto scientifico. La riflessione in prima istanza è stata rivolta all’individuazione di quali processi sono in atto rispetto a un tema così vasto, così complesso, in un cui la geometria è il luogo di incontro di saperi diversi. Spinte dalla consapevolezza che esiste un patrimonio culturale visibile e intangibile, rintracciabile in opere di architettura, siti archeologici e manifestazioni artistiche, fortemente connesso all’evoluzione del pensiero scientifico di carattere astronomico, ma ancora da indagare nella sua completezza. Sapendo che la geometria e il disegno, attraverso l’elaborazione del pensiero astratto, hanno contribuito potentemente allo sviluppo delle capacità dell’uomo di misurare il tempo e di comprendere il movimento dei corpi celesti nello spazio, abbiamo ritenuto necessario trovare uno strumento per capire lo stato dell’arte degli studi, e riunire gli studiosi in una giornata dedicata al tema ci è sembrato l’avvio più idoneo da seguire. E quindi si è trattato di capire quali discipline si occupano del tema, quali studiosi, e quale rete di processi è in atto. Il fine di questo incontro scientifico attraverso la narrazione dei relatori è di tessere linee di interessi, riflettendo sul ruolo delle varie discipline nella conoscenza di questi manufatti, indagando sul loro stato di fatto e sui processi teorici e applicativi messi in atto durante la loro realizzazione. Avremo, insieme ai diversi relatori, un approccio multidisciplinare al tema, per valorizzare queste opere e porremmo, poi, gli aspetti dell’interdisciplinarietà per poter continuare ad operare in futuro, nel tempo. → Architettura, geometria e astronomia 13 14 Prefazione Francesca Fatta Presidente UID Unione Italiana per il Disegno Sono molto onorata di essere stata invitata ad introdurre la giornata di studi Rappresentare il tempo. Architettura, geometria e astronomia in questo palazzo che oggi è la prestigiosissima sede del Consiglio di Stato. Palazzo Spada rappresenta per noi studiosi un caposaldo testuale della cultura di passaggio tra XVI e XVII secolo a Roma e in Italia. Vorrei partecipare a questo incontro organizzato oggi da Laura Farroni, Manuela Incerti e Alessandra Pagliano, con una testimonianza sia come Presidente della Unione Italiana per il Disegno, la Società scientifica che ho l’onore di rappresentare, sia come ricercatrice che opera nel campo della rappresentazione poiché, a tutti gli effetti, questo luogo mi sovrasta col peso della sua magnificenza, e mi rimanda alla sublime dimensione di un’architettura che si accorda con l’universo della geometria e della astronomia. Il trinomio architettura, geometria e astronomia racchiuso in questo luogo mi riporta a quella che è la percezione dell’uomo e dell’architettura nel periodo in cui questo edificio è stato ideato nel XVI secolo e poi ripreso nel secolo successivo. Vi è una analogia tra casa e cosmo, in cui l’architettura si ritrova nell’epoca di passaggio tra Rinascimento e Barocco, e che segna il risveglio culturale che caratterizza la cultura del XVI secolo, ovvero il nuovo sentimento del valore dell’uomo sviluppatosi in tutti i campi, da quello politico a quello economico, da quello scientifico a quello artistico. Quest’uomo “nuovo” e “rinato” richiese per sé stesso un ambiente adeguato alla sua dignità; ne è derivata una nuova “cultura dell’abitare” alla ricerca di un equilibrio tra l’uomo e il suo spazio, che va molto oltre la perfetta coerenza tra le varie parti di un edificio. La “casa” viene intesa come la proiezione del sé, lo spazio abitativo diviene l’espressione percepita nel suo complesso come weltanschauung che si manifesta con una perfezione geometrica di spazi costruiti secondo rigorose formule matematiche per esprimere una rinnovata concezione della vita e del mondo. La nuova idea dell’abitare la casa - e chiamare “casa” questo Palazzo appare quanto meno limitativo - vuol rifarsi ad una metafora del cosmo; le stanze, le volte, i decori vogliono catturare una estensione fisica che va al di là di quella che è la concretezza dell’architettura, per spingersi verso spazi virtuali e addirittura siderali. Ma l’uomo del XVII secolo, pur costruendo metafore, perde quella apertura verso l’universo e, al contrario del Rinascimento, tende a catturare l’universo dentro lo spazio domestico, forse perché il mondo del ‘600 era considerato un mondo ostile, nel quale ci si doveva difendere a causa dei grandissimi disastri e delle lunghe guerre. La casa diventa il luogo dove “catturare” il cosmo e imprigionarlo nella fisicità del palazzo, secondo le grandi innovazioni e le meraviglie portate dalla rivoluzione scientifica di quel secolo concepite da architetti come Borromini e matematici come Maignan. Tali sperimentazioni confermano il profondo interesse, in epoca barocca, per gli studi che legano l’architettura alla geometria e all’astronomia, tanto che il magnifico orologio solare che sta nella galleria a fianco a noi, è un esempio del cosmo che entra nella dimora privata, testimone di un luogo dove le scienze dialogano tra loro e creano capolavori. In questi grandi palazzi, che riduttivamente chiamiamo case, si disegna il mondo e si dà corso al progresso tecnologico nel nuovo contesto dell’architettura barocca. Ringrazio il Consiglio di Stato, l’Università degli Studi Roma Tre, per questo appuntamento imperdibile a Palazzo Spada. Un grazie speciale va a Laura Farroni che da anni lavora con un preparato gruppo di ricerca per portare alla luce i tesori della Scienza della Rappresentazione custoditi nelle stanze di Palazzo Spada. Vorrei ringraziare non di meno Alessandra Pagliano e Manuela Incerti che con Laura Farroni hanno definito una perfetta triade. Manuela Incerti è una vera esperta degli studi archeoastronomici legati all’architettura che approfondisce da oltre venti anni; Alessandra Pagliano si occupa dei legami che la geometria intreccia con l’arte e la scienza. Questa convergenza di collaborazioni fa si che altre discipline possano trovare i loro spazi di ricerca all’interno di questa idea. → Architettura, geometria e astronomia 15 16 Architettura, geometria e astronomia Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano L’obiettivo della prima giornata di studi RAPPRESENTARE IL TEMPO è stato quello di riflettere su quell’ampia porzione del patrimonio culturale di tutti i tempi, rintracciabile in opere di architettura, siti archeologici e manifestazioni artistiche, che risulta fortemente connesso alle conoscenze scientifiche in campo astronomico sviluppate dai popoli di tutte le epoche storiche. Questi beni rendono manifesto l’immateriale contatto tra Cielo e Terra oltre che costituire un naturale luogo d’incontro di numerose discipline quali Arte, Filosofia, Geometria e Astronomia. La relazione tra questi saperi apparentemente molto distanti si fonda fin dall’antichità sulla geometria e il disegno, che hanno contribuito allo sviluppo delle capacità dell’uomo di misurare il tempo e di comprendere il movimento dei corpi celesti nello spazio, prima dei moderni strumenti ottici e digitali per l’osservazione. Geometrie della luce, dunque, come conoscenza indispensabile per comprendere il valore di beni architettonici e artistici che basano le proprie forme sull’etereo contatto con il Cielo. La possibilità di rappresentare tali fenomeni, altrimenti intangibili e di difficile comprensione per il largo pubblico, può promuovere oggi interventi di restauro scientifico e di divulgazione dei contenuti attraverso modelli digitali. La giornata di studi ha così suddiviso in tre grandi tematiche la lettura di questo ricco patrimonio culturale - architettura, astronomia e geometria - riportandone il dibattito nell’ambito delle discipline del disegno al fine di riflettere sul ruolo delle stesse nella conoscenza di questi peculiari manufatti, indagando sul loro stato di fatto e sui processi teorici e applicativi messi in atto durante la loro realizzazione. Per un approccio metodologico alla lettura dell’architettura costruita in relazione alla luce (L.F.) Il patrimonio culturale costruito si declina su tutto il territorio nazionale e internazionale in diversi modi, a diverse scale e con differenti tipologie di accessibilità. Al contempo, molte opere di rinomato valore storico artistico e scientifico sono conservate nei musei, altre invece appartengono ad episodi non accreditati che possono, però, partecipare a una definizione più ampia di museo, inteso come “luogo” e come molteplicità di “oggetti” frutto di storie e testimonianze del pensiero umano, del saper fare e delle relazioni intercorse tra culture. La misura del tempo, espressa attraverso gli orologi solari, nel corso dei secoli, si è presentata sotto diverse forme, da singoli oggetti nel territorio a strumenti costruiti negli edifici o costituenti l’edificio stesso Pagliano 2020). È compito degli studiosi delle discipline coinvolte in questo tema continuare a svelare quella magnifica capacità che hanno avuto gli uomini di relazionale se stessi, e quanto da loro creato, con il sistema solare e quindi con lo scorrere del tempo. La presenza di un orologio solare in un luogo, infatti, esprime un legame forte con il territorio, è il qui ed ora in relazione all’universo: per costruire questo rapporto uomo universo si è dovuto considerare l’orientamento e la latitudine locale. Occorre però una riflessione su quale approccio metodologico seguire nello studio di queste “architetture”. Bisogna affrontare la percezione del tempo nella storia e come il tempo possa essere stato valutato e vissuto. I ricercatori potranno, così, discretizzare al meglio le diverse testimonianze tenendo in considerazione i principi promotori della progettazione, anche attraverso l’approfondimento degli strumenti dedicati alla costruzione. E è bene, allora, introdurre il concetto di durata, come definita da Steven Holl nel testo Parallax, che individua in essa (riprendendo le posizioni di Henri Bergson in Materia e memoria del 1911, Pessina 1996) il momento in cui “ciò che non è ancora avvenuto incontra il già trascorso” (Holl 2004). Egli, infatti, riporta il tempo alla sua fluidità in cui il passato, il presente e il futuro si fondono. Il tempo dell’essere di ciascuno → Architettura, geometria e astronomia 17 è un tempo provvisorio, è una circostanza adottata. Il tempo come durata, può essere inteso unicamente in relazione a un processo o a un fenomeno facendo travalicare il provvisorio. Ed allora l’architettura può creare rapporti articolati con il tempo. E le architetture degli orologi solari questo dimostrano. Esse sono atti, incisioni, trasformazioni sul territorio che catturano la luce a prescindere dalla loro grandezza, ma che relazionano l’uomo con il giorno, la notte e le stagioni. Architetture della luce e del buio che ci regalano nel tempo prospettive diverse di percezione e fruizione. L’uomo percepisce lo spazio muovendosi attraverso il tempo. Rivelare questo, è unire il passato al presente in previsione del futuro. Uno dei metodi in grado di rilevare quanto detto è il disegno. Esso permette di muoversi tra la teoria scientifica e la pratica del costruire, attraverso l’analisi geometrica per la verifica dei principi astronomici e la realizzazione concreta attraverso strutture e materiali. Operazione che parte dallo stato di fatto per tornare all’incipit iniziale che ha mosso il progetto sulla luce nel tempo passato. Per questo il ruolo del disegno come disciplina trasversale nel riconoscimento dei modelli geometrici e proiettivi assume importanza per la rappresentazione e verifica del funzionamento e della struttura di queste opere, nella loro valenza tangibile e intangibile. Ed occorre avere un ulteriore obiettivo, quello di dimostrare che tali opere necessitano di essere valorizzate perché inclusive dell’identità culturale dei popoli e delle reciproche relazioni. Compito degli studiosi, in conclusione, è svelare e valorizzare quel patrimonio culturale visibile e intangibile, rintracciabile in opere di architettura, resti archeologici, e manifestazioni artistiche, che riguarda l’evoluzione del pensiero scientifico in relazione all’architettura e all’arte. Geometrie dei fenomeni luminosi (A.P.) La costanza dei fenomeni luminosi diurni e annuali ha spinto, fin dall’antichità, gli studiosi di tutto il mondo a creare modelli geometrici per la lettura, l’analisi, la misurazione e dunque il controllo di tali complesse manifestazioni. L’evidenza del moto apparente degli astri all’osservazione ad occhio nudo hanno spinto filosofi e scienziati a porre la Terra al centro dell’intero sistema geometrico data la sua supposta fissità. Tali modelli perdurano ancora oggi, nonostante la rivoluzione copernicana, come rappresentazione geometrica delle reciproche posizioni assunte durante l’anno dalla Terra, dal Sole e dagli altri copri celesti visibili nel cielo. Di tali complessi eventi astronomici perennemente in atto, a distanze da noi assimilabili all’infinito, gli orologi solari ne sono la testimonianza grafica sulla Terra grazie a un sistema proiettivo conico che allinea costantemente, mediante i raggi luminosi, la posizione del Sole, la punta dello gnomone e l’estremità della sua ombra sul quadrante (Pagliano et alt. 2012, p. 71). La realizzazione degli orologi solari vide frequentemente la convergenza multidisciplinare delle più svariate dottrine, dalla matematica alla fisica, dalla cartografia alla geografia, dalla geometria all’arte, che testimoniano il fervente clima culturale creatosi in Europa tra il XV e il XIX secolo. In Italia numerose meridiane e orologi solari di pregevolissimo valore artistico e scientifico, tuttavia non adeguatamente valorizzati per il progressivo disperdersi di questa antica cultura millenaria. Tra l’incuria e l’incapacità di adeguati restauri, gli orologi solari costituiscono un patrimonio culturale da salvare urgentemente con azioni di tutela e di recupero. A rischio di dispersione è inoltre il millenario sapere della gnomonica, scienza antichissima che trae origine dai primi esperimenti di misurazione del tempo attraverso la valutazione dell’estensione dell’ombra 18 proiettata da un bastone infisso al suolo. Grazie alla gnomonica, nell’antichità, fu inoltre possibile avere un riferimento misurabile degli altresì intangibili e lontanissimi moti astrali, legando per secoli indissolubilmente tale scienza al più ampio e generale campo degli studi astronomici. Ancora, alla proiezione di ombre solari si devono le prime misurazioni del globo terrestre ad opera di Eratostene (Columba 1895) ed numerosi critici (Higgins 2010) riportano un metodo empirico usato da Talete, già nel VII sec. a.C., per misurare l’altezza delle piramidi grazie alla comparazione tra l’estensione dell’ombra del monumento e quella proiettata, nello stesso istante e dunque secondo la medesima inclinazione dei raggi solari, da un bastone infisso al suolo di lunghezza nota. Astronomia, dunque, ma anche geodesia, architettura, matematica e geometria sono gli ambiti disciplinari ai quali la gnomonica, intesa comunque come scienza autonoma, si è tradizionalmente affiancata, talvolta traendo da essi importanti e basilari nozioni, altre volte offrendosi invece come strumento di indagine e di verifica. Ancora oggi, il ricorso al modello geometrico di rappresentazione del moto apparente del Sole permette a numerosi esperti della scienza gnomonica di analizzare e conseguentemente restaurare alcuni preziosi orologi solari, preziosi beni di un patrimonio culturale a rischio di dispersione. I processi grafici derivanti dalla geometria dei fenomeni luminosi applicati alla gnomonica sono dunque lo strumento comune per l’analisi e il restauro di orologi solari di qualsiasi forma e latitudine e in qualsiasi condizioni di degrado, ma anche una efficace forma di rappresentazione per la valorizzazione di questo patrimonio poco conosciuto ed apprezzato. L’astronomia nelle fonti (M.I.) Le fonti che trattano di conoscenze e tecniche utilizzate nel passato più lontano per progettare architetture e città in rapporto con il cielo sono state affrontate in diversi lavori caratterizzati da approcci di tipo generale (Briggs 1927; Brown 1963; Dilke 1979; Downey 1948a; 1948b; Kostof 1977; Meek 1952; Radding, Clark 1997; Schibille 2009), più raramente con un’attenzione specifica al tema (Castelli 1978; Tosi 1991; Incerti 2013). La ricerca diretta sulle architetture storiche e sulle eventuali implicazioni astronomiche, così come attestano anche gli studi raccolti in questo volume, si è invece enormemente arricchita negli ultimi trent’anni grazie ad associazioni scientifiche, centri di ricerca, università e musei che, tutti insieme, hanno prodotto un numero di pubblicazioni e di prodotti davvero molto elevato, ampliando di molto la conoscenza sul tema. Se l’architettura è essa stessa documento che testimonia il sapere astronomico posseduto dagli antichi costruttori attraverso la materia razionalmente e consapevolmente conformata, non meno preziose sono le evidenze etnografiche relative ai desideri e alle conoscenze messi in atto nella formulazione del progetto e della sua cantierizzazione. Il De Architettura di Vitruvio è certamente la testimonianza più significativa che documenta l’attenzione con cui gli antichi costruttori dell’occidente guardavano alla volta celeste. L’architetto romano include infatti l’astronomia tra le discipline che, congiuntamente alle cognizioni pratiche, sono necessarie alla formazione professionale dell’architetto. Il famoso passo in apertura al trattato ricorda l’opportunità che l’architetto […] abbia una istruzione letteraria, che sia esperto nel disegno, preparato in geometria, che conosca un buon numero di racconti storici, che abbia seguito con attenzione lezioni di filosofia, che conosca la musica, che abbia qualche nozione di medicina, che conosca i pareri dei giuristi, che abbia acquisito le leggi dell’astronomia (Vitruvio Pollione → Architettura, geometria e astronomia 19 1993, I,1,3). I contenuti delle nove discipline vengono subito dopo esposti brevemente (I,1,4-10) attraverso i loro caratteri, finalità e interrelazioni. La conoscenza del cielo, unitamente all’ottica (che è parte della geometria), è necessaria affinché l’illuminazione all’interno degli edifici sia correttamente progettata. La scienza medica non può prescindere dalla cognizione dell’inclinazione dell’asse terrestre che determina le differenti zone climatiche. Concordanze astrali e accordi musicali, quadrati e triangoli trovano nel tema dell’accordo un argomento di discussione comune tra astronomi e musicisti (I,1,16). Con lo studio infine dell’astronomia si acquisiscono le nozioni di oriente, occidente, mezzogiorno, settentrione, e ancora il sistema delle leggi del cielo, l’equinozio, il solstizio, il corso degli astri; se non si posseggono tali cognizioni, non sarà possibile comprendere il principio teorico degli orologi (I,1,10). Si tratta indubbiamente di un sapere di tipo medio, da inserire in un programma formativo di carattere enciclopedico (diremmo oggi generalista), i cui campi sono tra loro connessi e comunicanti; le competenze richieste all’architetto necessariamente non possono essere altissime (I,1,17), ma sono necessarie […] in modo da non essere preso alla sprovvista qualora ci fosse il bisogno di esprimere una valutazione e un giudizio relativamente a questi settori e a queste tecniche. La rilevanza assegnata all’astronomia tra le competenze professionali è confermata inoltre da un importante passaggio individuabile nella seconda ripartizione delle attività dell’architettura (meno celebre rispetto alla prima). Secondo Vitruvio la gnomonica costituisce, insieme alla costruzione di edifici e alla meccanica (I,3,1), una delle tre parti dell’architettura e, dunque, anche della stessa struttura del trattato. Se il libro IX è interamente dedicato all’astronomia (in particolare all’arte di costruire strumenti di misura del tempo), nozioni di tipo astronomico tuttavia sono largamente diffuse all’interno del trattato, prevalentemente in rapporto a due problematiche progettuali: la scelta dell’orientamento di edifici e città e l’illuminazione degli spazi. Come è noto, analoghe riflessioni di carattere astronomico, elementari ma indispensabili per il buon progettare, sono contenute anche nel Liber artis architectonicae di Marcus Cetio Faventinus (III sec. d.C.) e nella Constitutio limitum di Hyginus Gromaticus, e permangono nella formazione dell’architetto medioevale in un’epoca in cui Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica formano il Quadrivium (Krinsky 1967; Heitz 1975). Sono proprio le fonti che ci aiutano allora ad introdurre questo volume che raccoglie gli esiti della prima giornata di studio e l’intera collana Architettura, geometria e astronomia. Conoscenze teoriche e analisi degli artefatti procedono ancora oggi su una antica strada in cui l’approccio globale vede i vari campi del sapere tra loro legati e dialoganti. 20 Bibliografia Briggs M. S. (1927). The architect in history. Oxford: Clarendon Press. Brown F. E. (1963). Vitruvius and the Liberal Art of Architecture. Bucknell Review. 11, 1963, pp. 99–107. Castelli P. (1978). «Caeli enarrant»: astrologia e citta. In: Le città di Fondazione. Atti del II Convegno Internazionale di Storia urbanistica. Venezia: CISCU-Marsilio editori. 1978. Columba G. M. (1895). Eratostene e la misurazione del meridiano terrestre. Palermo: Clausen. Dilke O. A. (1979). Gli agrimensori di Roma antica: teoria e pratica della divisione e dell’organizzazione del territorio nel mondo antico. Bologna: Edagricole. Downey G. (1948a). Byzantine architects, their training and methods. Byzantion, 18, pp. 99-118. Downey G. (1948b). Pappus of Alexandria on architectural studies. Isis, 38, pp. 197-200. Heitz C. (1975). Vitruve et l’Architecture du Haut Moyen Age. In: La Cultura Antica nell’Occidente Latino dal VII all’XI secolo, Settimane di Studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, pp. 725-757. Spoleto: Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo. Higgins P. M. (2010). Un mondo di matematica. Dalle piramidi egizie alle meraviglie dell’Alhambra, Bari: Edizioni Dedalo. Holl, S. (2004). Parallax. Architettura e percezione. Milano: Postmedia srl. Traduzione dall’inglese di Bergamin A., pp.7384. Incerti M. (2013). Astronomical Knowledge in the Sacred Architecture of the Middle Ages in Italy. Nexus Network Journal, 15, pp. 503-526. Kostof S. (a cura di). (1977). The architect: chapters in the history of the profession. New York-Oxford: Oxford University Press. Krinsky C. H. (1967). Seventy-Eight Vitruvius Manuscripts. Journal of the Warburg and Courtauld Institutes. 30, 1, pp. 36-70. Mandelli E., Lavoratti G. (a cura di). (2010). Disegnare il tempo e l’armonia. Il disegno di architettura osservatorio nell’universo. Firenze: Alinea editrice. Meek H. A. (1952). The Architect and his Profession in Byzantium. Journal of the Royal Institute of British Architects ( JRIBA). 59, pp. 216-220. Pagliano A., Triggianese A. (2012). Passi del Sole: geometrie della luce negli orologi solari. In D’Acunto G. (a cura di). Complessità e configurazione. Disegno e geometria delle forme architettoniche. Venezia: Libreria Editrice Cafoscarina. p. 71. Pagliano, A. (2020). Le ore del Sole. Geometria e astronomia negli antichi orologi solari romani. Roma: Editori Paparo. Pessina A. (a cura di). (1996). Henri Bergson. Materia e memoria. Bari: Editori Laterza. Radding C., e Clark W.W. (1997). Architettura e sapere nel Medioevo: costruttori e maestri tra Romanico e Gotico. Milano: Vita e pensiero. Schibille N. (2009). The Profession of the Architect in Late Antique Byzantium. Byzantion, pp. 360-379. Tosi G. (1991). Architettura e astronomia nel De Architectura di Vitruvio. In: Archeologia e astronomia: colloquio internazionale Venezia 3-6 maggio 1989. Roma: Giorgio Bretschneider, pp. 74-82. Vitruvio Pollione Marco (1993). De Architectura. Gros P. (a cura di). Torino: Einaudi. https://www.icom-italia.org/definizione-di-museo-di-icom → Architettura, geometria e astronomia 21 Hilma af Klint (1862–1944), Urkaos, nr 16, The WU/Rose Series, Group I, 1906-1907. Olio su tela, 53 x 37 cm. The Hilma af Klint Foundation, Stockholm (Photo: Albin Dahlström, Moderna Museet, Stockholm). Abstract TEMPO Viene tracciata, a grandi linee, una storia del concetto di tempo, dagli antichi miti cosmogonici sull’origine dello spazio e del tempo, ai numerosi tentativi di definire il tempo, all’importanza che questo ha avuto ininterrottamente nelle relazioni con l’astronomia, una disciplina da sempre preposta alla sua misura e al suo utilizzo. Ma, nonostante questa lunga storia, il tempo è ancora una quantità difficile da definire e rimangono aperti molti problemi riguardo alla sua natura. Parole chiave A history of the concept of time is outlined, starting from the ancient cosmogonic myths about the origin of space and time, to the numerous attempts to define time, to the importance that time has always had in relations with astronomy, a discipline that has continually been responsible for its measurement and use. But, despite this long history, it is still difficult to define time and many problems regarding its nature remain open. Tempo Misura del tempo Miti cosmogonici Astronomia Orientamenti astronomici Fabrizio Bònoli Alma Mater Studiorum Università di Bologna → [email protected] 23 Crono: all’inizio del tempo In principio era Caos, una voragine, un vuoto oscuro, un abisso cieco, notturno, sconfinato, dove nulla poteva essere distinto. Poi apparvero Gaia, la Terra, e il Tartaro, le Tenebre, ed Eros, l’Energia dell’amore primordiale. Gaia generò, uguale a sé, Urano, il Cielo stellato, e Ponto, il Flutto marino. Da Gaia e Urano nacquero anche i sei Titani, l’ultimo dei quali fu Crono, il più terribile dei figli dai tortuosi disegni, che libererà la madre Gaia dal padre Urano che giaceva perennemente su di lei, castrandolo con una grande falce. Si separò in questo modo la Terra dal Cielo e si creò uno spazio libero tra di loro, sopra il quale la volta stellata rappresentava un grande soffitto. Sono nati così il Giorno e la Notte ed è nato Cosmo, l’Ordine, così come l’umanità lo vede. Allora, secondo il mito raccontato da Esiodo nella Teogonia (Ricciardelli 2018), è stato Crono – spesso identificato con il Tempo – a consentire l’inizio dello scorrere del tempo e anche della nostra storia. Una storia che è incominciata con le prime domande che possiamo immaginare l’Uomo si sia posto osservando il Cielo, e anche con le prime risposte: “Come sono nati l’Universo, il Cielo, la Terra, l’Uomo? Cosa c’era prima? Cosa ci sarà dopo? Ma ci sarà un dopo?”. E soprattutto: “Perché tutto questo?” E ancora: “Tutto questo è sempre esistito o è stato creato dal nulla? Oppure da una fluttuazione del ‘vuoto quantico’, come affermano alcune delle moderne ipotesi sull’origine dell’universo?”. Non possiamo che concordare con quanto ha scritto Virgilio nelle Georgiche: “Felix, qui potuit rerum cognoscere causas” (“Fortunato colui che ha potuto conoscere l’origine delle cose”) (Barchiesi 2019, Lib. II, v. 489). E poi una domanda ancora più difficile: “Pourquoi y a-t-il quelque chose plutôt que rien?” (“Perché esiste qualcosa anziché il nulla?”), si era chiesto Leibniz (Leibniz 1996, p. 228). E in quale tempo questa quelque chose, questo spazio, ha avuto inizio? Se ha avuto un inizio. Il tempo e lo spazio In definitiva, qualunque domanda ci poniamo sullo spazio in cui ci troviamo finiamo anche per parlare di tempo. Infatti, “nessuno ha mai fatto esperienza di un luogo se non in un tempo, e di un tempo se non in un luogo” ha affermato nel 1908 Hermann Minkowski, maestro di Einstein e fondatore con Poincaré della geometria quadridimensionale dello spazio-tempo, nella conferenza Raum und Zeit (Spazio e tempo) davanti all’80a Assemblea della Gesellschaft Deutscher Naturforscher und Ärzte (Società dei naturalisti e dei medici tedeschi). E poi aveva proseguito: “I concetti di spazio e di tempo che desidero esporvi traggono origine dal terreno della fisica sperimentale, e in ciò risiede la loro forza. Sono radicali. D’ora in avanti lo spazio singolarmente inteso, e il tempo singolar24 mente inteso, sono destinati a svanire in nient'altro che ombre, e solo una connessione dei due potrà preservare una realtà indipendente” (Minkowski 1909). Cos’è il tempo? Ora, se vogliamo definire gli oggetti di cui ci stiamo occupando – lo spazio e il tempo –, per lo spazio, di fatto, non abbiamo grandi problemi, ma per il tempo ecco che la cosa incomincia a farsi più complicata. In molti hanno cercato di definire il tempo ed è rimasta famosa la domanda di Agostino: “Quid est ergo tempus? ”. E anche la sua risposta: “Si nemo ex me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio” (“Cos’è allora il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so!”) (Cristiani 1996, Lib. XI, 14, p. 126). Altri, molto dopo, se la caveranno più facilmente, come Newton che, proprio all’inizio dei Principia, avverte i lettori che “tempus, spatium, locum et motuum ut omnibus notissima non definio” (“non darò la definizione di tempo, spazio e moto, in quanto è ben nota a tutti”), affermando subito dopo (Newton 1687, Lib. I, def. VIII, Scholium, p. 5): “Dicam tamen quod vulgus quantitates hasce non aliter quam ex relatione ad sensibilia concipit. Et inde oriuntur praejudicia quaedam, quibus tollendis convenit easdem in absolutas & relativas, veras & apparentes, Mathematicas et vulgares distingui” (“Io devo solo osservare che la gente comune concepisce quelle quantità sotto nessun’altra nozione se non dalla relazione che hanno con oggetti sensibili. E da qui sorgono certi pregiudizi, per la cui rimozione sarà conveniente distinguerli in assoluti e relativi, veri e apparenti, matematici e comuni”). Ma otto secoli prima di Agostino, Platone aveva dato nel Timeo (Cap. X, 37d) quella che ritengo sia la più suggestiva definizione di tempo: “Il Tempo è la mobile immagine dell’eternità” (Carena 1970, p. 442). Mentre subito dopo è Aristotele che entra nella questione in modo più operativo e pragmatico sostenendo che “Tempus est numerus et mensura motus, secundum prius et posterius” (“Il tempo è la misura del movimento, secondo un prima e secondo un dopo”) (Castelli 2012, IV, 11, 219b1, p. 103). E allora, possiamo chiederci quanto la definizione di Aristotele sia diversa da quella di ventidue secoli più tardi di Ernst Mach, il fisico e filosofo che ebbe grande influenza su Einstein e sulla sua rimozione del concetto newtoniano di tempo assoluto: “Dire che una cosa A muta con il tempo significa, semplicemente, dire che gli stati di una cosa A dipendono dagli stati di un’altra cosa B. Il tempo è un’astrazione, alla quale arriviamo proprio attraverso la constatazione del mutamento” (Mach 1968, pp. 241-242; Bergia 2006). Già Lucrezio, nel I secolo a.C., aveva espresso l’idea del tempo come un’astrazione, riconoscibile solo dalle sensazioni di movimento: “Tempus item per se non Fabrizio Bònoli est, sed rebus ab ipsis / consequitur sensus, transactum quid sit in aevo, / tum quae res instet, quid porro deinde sequatur; / nec per se quemquam tempus sentire fatendumst / semotum ab rerum motu placidaque quiete” (“Anche il tempo non esiste per sé, ma dalle cose stesse deriva il senso di ciò che si è svolto nel tempo, poi di ciò che è presente, infine di ciò che segue più tardi. E bisogna riconoscere che nessuno avverte il tempo per sé, separato dal movimento e dalla placida quiete delle cose”) (Cetrangolo 1969). È chiaro che molti problemi restano aperti riguardo al tempo (Rovelli 2017), alcuni possono essere affrontati con metodi scientifici, altri richiedono analisi filosofiche, altri ancora … chissà? • esisteva il tempo prima dell’inizio del tempo? • esiste il tempo quando non c’è alcun mutamento? il tempo futuro e quello passato sono reali? • il tempo futuro sarà finito o infinito? • cosa vuol dire “lo scorrere del tempo”? • perché c’è una “freccia del tempo”? • a livello macroscopico e a livello microscopico il tempo scorre nello stesso modo? • quali tipi di viaggi nel tempo sono possibili? • che ruolo gioca il tempo nel ragionamento? • il tempo fisico e il tempo filosofico sono gli stessi? • il tempo fisico e il tempo psicologico sono uguali o differenti? • quali sono i meccanismi neurali che spiegano la nostra esperienza del tempo? verso le cose del cielo. James Frazer, uno dei fondatori dell’antropologia sociale, nella sua opera enciclopedica The Golden Bough: A Study in Comparative Religion (Frazer 1911-1915) ha spiegato come tali analogie siano effetto di cause simili che agiscono in maniera analoga sulla costituzione della mente umana in diversi paesi e sotto diversi cieli. Cioè, l’Uomo, sottoposto alle stesse esperienze e alle stesse sensazioni, reagisce sempre in modi simili. Possiamo pensare, allora, che fin dai tempi più remoti l’osservazione del cielo abbia seguito due correnti di pensiero: da una parte, il tentativo – razionale – di comprendere l’esistenza di periodicità e leggi naturali da utilizzare per la propria sopravvivenza; dall’altra parte, il tentativo – mistico – di collocare nei cieli esseri soprannaturali e onnipotenti in grado di governare quei moti e ai quali rivolgersi per preservarne le regolarità. Nel corso della storia, queste due correnti di pensiero – razionale e mistica – sono state spesso legate tra loro, a volte anche avverse, talora nettamente distinte e anche con dei cambiamenti di paradigma: “Les dieux n’étant plus et le Christ n’étant pas encore, il y a eu, de Cicéron à Marc-Aurèle, un moment unique où l’homme seul a été” (Quando gli dèi non c’erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone e Marco Aurelio, c’è stato un momento unico in cui è esistito l’Uomo, solo”) scrive Flaubert (Flaubert 1930, p. 464). Il tempo, l’astronomia, le arti Tempo: la misura di un cambiamento Anche se con tutte queste domande ancora brancoliamo “in un tempo buio”, mi sembra che almeno una cosa sia condivisibile nel nostro discorso: il tempo è la misura di un cambiamento e infatti è così che l’umanità si è sempre confrontata con il tempo: misurandolo, cioè facendo una misura dei cambiamenti. E per fare questa misura, il metodo che tutte le civiltà hanno utilizzato è stato quello di osservare qualcosa che sembrava poter garantire una certa regolarità nei cambiamenti: il moto dei corpi celesti, del Sole, della Luna, degli astri erranti, della volta celeste. Una volta che, generazione, dopo generazione, ci si è accorti di come quei movimenti regolari e ciclici avessero una qualche relazione con ciò che avveniva qui sulla Terra, ecco che è nata quella che chiamiamo “la misura del tempo” (AA.VV. 2000a; 2000b; 2000c). Per tutte le culture, il passo successivo (o precedente? non lo sappiamo) è stato poi quello di immaginare che lassù ci fosse qualcuno (o qualcosa) in grado di governare quei movimenti e al quale rivolgersi perché rimanessero sempre uguali quelle regolarità, così faticosamente osservate, seguite, annotate, tramandate, e divenute così importanti per la vita quaggiù. E questo spiega le apparenti analogie che si ritrovano in molte civiltà nell’atteggiamento dell’Uomo → Architettura, geometria e astronomia Stiamo parlando, quindi, dei rapporti tra l’astronomia – e la sua capacità di misurare il tempo – e le attività umane, intese qui come tutte le manifestazioni artistiche: architettura, pittura, scultura, letteratura, musica. Ma prima mi piace fare una puntualizzazione come abbiamo provato a fare con il tempo, sempre nella logica di cercare di definire ciò di cui stiamo parlando, e cioè chiederci: cos’è l’astronomia? Cos’è l’arte? Come astronomo non fatico a rispondere in due parole alla prima domanda: l’astronomia è un tentativo di comprendere la realtà dell’universo. Come “non artista” fatico di più per la seconda, ma provo: l’arte è un tentativo di rappresentare la realtà. Possiamo dire di aver trovato, allora, un punto comune con cui confrontarci: l’astronomo e l’artista sono entrambi interpreti della realtà. E questo lo troviamo proprio come una prescrizione in una diffusissima opera astrologica del XIII secolo, Picatrix, versione latina del testo arabo Il fine del saggio, di due o tre secoli prima: “Quando vero sapientes antiqui voluerunt facere ymagines, non potuerunt refutare constellationes quae sunt radices in scientia ymaginum” (“Quando gli antichi saggi volevano rappresentare delle immagini, non potevano fare a meno delle configurazioni celesti, che sono le radici [in poche parole, le posizioni degli astri in un epoca definita] nella scienza delle raffigurazioni”) (Pingree 1986, p. 8). 25 Un esempio più vicino a noi? “J’ai parfois en moi un besoin terrible de – dirai-je le mot ? – de religion, alors je vais la nuit dehors pour peindre les étoiles” (“A volte sento dentro di me un bisogno terribile di – posso dirlo? – di religione, allora esco nella notte e dipingo le stelle”). È van Gogh che scrive al fratello (van Gogh 1888) e in queste poche parole e nei suoi numerosi cieli stellati troviamo la dimostrazione proprio di quanto dicevamo prima: “qualcosa di religioso”, l’atteggiamento mistico verso le cose del cielo che sta dipingendo; “qualcosa di razionale”, perché le stelle che dipinge non sono inventate o false, sono le stelle reali che vede e rappresenta con il suo grande genio artistico. Tempo e simboli: un legame tra microcosmo e macrocosmo Il titolo di questa giornata lega, insieme al tempo, architettura, geometria e astronomia e si possono fare molti esempi di questi legami: da Stonehenge e i circoli megalitici ai traguardi solstiziali o equinoziali in varie parti del mondo, dalle piramidi egizie a quelle maya, dai templi greci e romani all’orientamento delle chiese, dai riti di fondazione delle città alla supposta o reale geometria di Castel del Monte – vitruviana o esoterica che fosse – dalle volte affrescate a tante altre strutture architettoniche astronomicamente vincolate, gli esempi possono essere moltissimi e altri qui parleranno di casi specifici. Ma nella gran parte di questi il legame non consiste solo in un orientamento verso qualche direzione astronomicamente significativa: i punti del sorgere o tramontare del Sole o della Luna o di Venere nella stagione delle piogge o quello della levata eliaca di Sirio, e poi l’orientamento di cardo e decumano o dell’abside rivolto ad solem orientem nel giorno dedicato a un santo protettore e così via. Naturalmente, eviterò di parlare di immaginarie connessioni geometriche, quali perimetri diviso altezze, pi greco, numeri aurei, quadrature del cerchio, successioni di Fibonacci, per non cadere in discorsi che possono andare dall’ermetismo spinto alla cabala, alla numerologia e non correre il rischio di finire con il parlare anche di inesistenti antiche civiltà o addirittura di extraterrestri. Qui vogliamo parlare di qualcosa di più, e mi riferisco a quel legame di cui abbiamo detto tra l’astronomia e le altre discipline. Legame che abbiamo fatto consistere nelle relazioni tra la natura, l’Uomo, la realtà quotidiana, lo scorrere del tempo – il microcosmo – e il cielo, le stelle, l’universo, la conservazione del tempo – il macrocosmo. Ricordandoci che questo legame non è fatto solo di orientamenti e geometrizzazioni, ma anche, se non soprattutto, di allegorie e simbolismi, molti dei quali non sono più per noi immediatamente intellegibili, se non talora addirittura oscuri. 26 Mi limiterò solo a pochi esempi, iniziando dalla Cattedrale di Otranto, orientata astronomicamente – con la precisione degli allineamenti ottenibile all’epoca (di precisioni parleremo più avanti) – verso la levata solstiziale estiva, come probabilmente i resti messapici, romani e paleocristiani precedenti. O forse edificata semplicemente seguendo l’orientamento orografico sulla collina che guarda verso il mare? Non so rispondere. Abbiamo qui uno dei più affascinanti pavimenti musivi. Realizzato dal presbitero Pantaleone nel XII secolo, il grande Albero della vita che si estende per ottocento metri quadrati non è solo una Biblia pauperum che riporta storie tratte dall'Antico Testamento, dai cicli cavallereschi, dai bestiari medievali, dalle leggende su Alessandro Magno. È una sorta di poema in immagini che racconta il destino dell’Uomo attraverso la storia dei tempi precedenti con simboli anche geometrici e numerici rappresentanti ordine e misura. Prima di arrivare al termine dell'Albero della vita, con la Giustizia e il Peccato, e infine all’altare per raggiungere la Redenzione – il tutto in sedici tondi a indicare la Cosmogenesi – ecco che incontriamo i cicli dei mesi dell’anno – la scansione del tempo – in cui viene presentata l’associazione “costellazioni zodiacali - mesi - lavori dell'uomo”, un perfetto esempio illustrato della stretta relazione tra microcosmo e macrocosmo (Gianfreda 1996). La stessa associazione che ritroviamo nel Battistero di Parma, studiato in modo estremamente analitico – ed anche elegante – da Manuela Incerti (Incerti 2001) e sul quale quindi non mi soffermerò, se non per sottolineare, oltre alla classica e simbolica forma ottagonale, le numerose geometrie solari, che vanno a evidenziare il trascorrere del tempo per le diverse operazioni liturgiche, e la presenza del primo ciclo scultoreo italiano, realizzato dall’Antelami e di poco successivo alla Cattedrale di Otranto, che raffigura, come a Otranto, i mesi con i rispettivi segni zodiacali e i tipici lavori stagionali della zona: qui la Padania, là il Salento. Lo stesso accadeva nella Cappella degli Scrovegni a Padova, in cui si trova la prima raffigurazione della stella dei Magi come una cometa, eseguita da Giotto subito dopo il passaggio della cometa di Halley del 1301, e dove, sotto un cielo trapunto di stelle, voluti giochi di luce evidenziavano alcune immagini in giorni particolari (Romano 1992, pp. 57-67), come pure in diverse abbazie cistercensi, sempre secondo le accurate misure di Manuela Incerti (Incerti 1999). Proprio come probabilmente accadeva nel Partenone, in cui la grande statua di Fidia in oro e avorio di Atena Parthénos era illuminata dai raggi del Sole in un tempo particolare: al mattino del giorno di inizio delle feste Panatenaiche, dedicate alla dea. Fabrizio Bònoli Gli orientamenti e la precisione delle misure Avevo fatto prima un rapido accenno alla “precisione degli allineamenti”; un tema che merita alcune precisazioni (Neugebauer 1954; Price 1957; Singer 1957; Kolbe 2008). Quanto potevano essere precisi quegli allineamenti, delineati simbolicamente dopo svariate misure astronomiche oppure obbligati da opportune situazioni orografiche o mediati tra le due? Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, possiamo dire che gli orientamenti solari, visto il variabile moto del Sole nel corso dell’anno, anche se eseguiti con i metodi più accurati disponibili nelle varie epoche, non potevano essere più precisi di qualche grado: alcuni giorni. Solo per fare un esempio relativo a epoche a noi più vicine, nel determinare l’equinozio d’inverno del 1588 le Tabulae Alphonsinae, redatte a metà del Duecento a Toledo da un gruppo di astronomi per volontà di Alfonso X di Castiglia e León e usate per secoli, variavano di circa venti ore rispetto alle successive e più accurate Tabulae Prutenicae di Erasmus Reinhold del 1551, redatte seguendo il sistema copernicano. Per le posizioni delle stelle, se facciamo riferimento al catalogo nell’Almagesto di Tolomeo, la precisione media era di poco meno di un grado. E qui siamo alla fine della massima fioritura dell’astronomia greco-ellenistica, da cui si può essere certi che in epoche precedenti la precisione fosse ancora peggiore, mentre fino al Cinquecento, con Tycho Brahe, non migliora di molto, nonostante i successivi perfezionamenti e aggiustamenti ad opera degli astronomi arabi ed europei (Gingerich 1996; Bezza 2000); il che portava quindi a errori grossolani nelle misure di distanze angolari prese tra quelle stelle di riferimento e, per esempio, la Luna e i pianeti. Con tutte le conseguenti imprecisioni riguardo a eclissi, congiunzioni e occultazioni. Per quanto riguarda, infatti, il moto dei pianeti, così puntigliosamente registrato sin dalle tavolette babilonesi, va tenuto conto che, per esempio, Giove e Saturno, i più lenti, percorrono in media 5' e 2' al giorno, rispettivamente, il che portava a errori di tempo medi nella previsione della loro posizione in cielo di molti giorni: da ± 6 a ± 15 giorni (Strano 2003, pp. 337-338). Sempre a titolo di esempio, mentre le Alphonsinae sbagliavano di ben un mese nel prevedere la congiunzione di Saturno e Giove del 1563, le Prutenicae si accontentavano di sbagliare di un giorno! E tutto questo con buona pace sia delle previsioni astrologiche e degli influssi astrali che ci si aspettava derivassero da quelle errate previsioni, sia di quegli allineamenti astronomici che tanti libri, riviste, programmi televisivi, siti Web ci raccontano come “incredibilmente precisi”, dove, ovviamente, il termine “incredibilmente” non vuol dire assolutamente nulla. Dobbiamo però riflettere un attimo sul fatto che noi veniamo da alcuni secoli, post rivoluzione scientifica, → Architettura, geometria e astronomia in cui siamo abituati a pensare a osservazioni e misure dello spazio e del tempo avendo un approccio del tutto analitico e riduzionistico. Non dobbiamo dimenticarci, allora, che in altre epoche – e sono quelle alle quali ci riferiamo – l’aspetto simbolico, come abbiamo ricordato, era quello che molto spesso aveva una valenza superiore alla misura in quanto tale, misura che, probabilmente, gli stessi astronomi, astrologi, architetti, costruttori e geometri già sapevano non potesse essere migliore di tanto. Vitruvio e la conoscenza dell’astronomia per l’architetto Voglio fare un ultimo esempio dedicato all’architettura e relativo alle attenzioni da porre nell’orientamento di un edificio, ma questa volta senza alcun significato simbolico. Naturalmente si tratta di Vitruvio che, nel libro settimo del De Architectura (Vitruvio 2008, Lib. VII, Cap. 9 [1]) dedicato ai materiali e alle tecniche costruttive e non all’astronomia di cui parla invece nel libro nono, scrive: “Revertar nunc ad minii temperaturam. […] cum est in expolitionibus conclavium tectis inductum, permanet sine vitiis suo colore; apertis vero, id est peristyliis aut exhedris aut ceteris eiusdem modi locis, quo sol et luna possit splendores et radios inmittere, cum ab his locus tangitur, vitiatur et amissa virtute coloris denigratur. ltaque cum et alii multi tum etiam Faberius scriba, cum in Aventino voluisset habere domum eleganter expolitam, peristyliis parietes omnes induxit minio, qui post dies XXX facti sunt invenusto varioque colore. ltaque primo locavit inducendos alios colores” (“Ma torniamo alla preparazione del minio [in realtà di tratta di “cinabro”, un pigmento pittorico] […] Impiegato nella decorazione di ambienti chiusi mantiene inalterato il suo colore, ma in ambienti esposti all'aria aperta quali i peristili, le esedre o altri analoghi dove arrivano i raggi del Sole e la luce lunare, si guasta, perde il suo splendore e diventa opaco. Come molti altri, anche lo scriba Faberio, che voleva una casa sull'Aventino rifinita con particolare eleganza, fece dare il minio su tutte le pareti dei peristili, ma dopo trenta giorni il colore era già rovinato e a chiazze, tanto che dovette provvedere subito a far dipingere le pareti con altre tinte”)1. Ecco un’attenzione all’orientamento solare (e anche lunare, scrive Vitruvio, ma qui è la radiazione solare che conta, agendo sul mercurio di cui è composto il cinabro, ma lui non poteva saperlo) che non ha nulla a che vedere con simbolismi o cose simili, ma è di grande praticità. D’altra parte, proprio all’inizio del De Architectura (Vitruvio 2008, Lib. I, Cap. 1 [3,10]), lo stesso Vitruvio illustra quelle che devono essere le basi della preparazione dell’architetto, descrivendolo come una figura di cultura universale: “Et ut litteratus sit, peritus graphidos, eruditus geometria, historias complures noverit, philosophos diligenter audierit, musicam scierit, 27 medicinae non sit ignarus, responsa iurisconsultorum noverit, astrologiam caelique rationes cognitas habeat. […] Ex Astrologia autem cognoscitur Oriens, Occidens, Meridies, Septentrio etiam caeli ratio, Aequinoctium, Solstitium, astrorum cursus: quorum notitiam si quis non habuerit, horologiorum rationem omnino scire non poterit” (“egli deve essere versato nelle lettere, abile nel disegno, esperto nella geometria, conosca numerosi fatti storici, abbia ascoltato con diligenza la filosofia, sappia di musica, non sia digiuno di medicina, conosca la giurisprudenza e possieda conoscenze dell’astrologia e delle leggi che regolano i fenomeni celesti. […] Per mezzo dell’astrologia si riconoscono infatti l’oriente, l’occidente, il mezzogiorno, il settentrione ed anche la disposizione del cielo, l’equinozio, il solstizio e il corso degli astri; e chi non sa queste cose non comprenderà neanche il funzionamento degli orologi [solari]”)2. A parte il fatto che qui Vitruvio usa il termine “astrologia” in quanto all’epoca praticamente sinonimo di “astronomia”, questa importanza delle conoscenze astronomiche per un architetto non ci deve meravigliare se pensiamo a tutto quanto si è detto, e cioè che committenti, artisti, architetti, artigiani, maestranze che dovevano realizzare un manufatto di una qualche simbolica importanza lo consideravano qualcosa che doveva rispecchiare e interpretare le relazioni tra lo scorrere del tempo negli eventi terreni, nella vita di tutti i giorni, e il legame con i corpi celesti delegati alla regolazione di quel tempo, ed essere quindi riconoscibile come tale ai fruitori di quelle opere. Contemplazione dei cieli e scorrere del tempo Terminiamo allora con alcune parole tratte da una raccolta di testi mitopoietici mesopotamici derivati da copie anteriori o da antica tradizione orale tra il XV e il XIV secolo a.C., ritrovati nell'antica Ugarit, il Ciclo di Baal. Considerato probabile fonte del mito greco ricordato all’inizio, il poema narra la lotta del dio Baal, signore della fertilità, con altre divinità, quale probabile metafora dei cicli agrari stagionali e della vittoria dell'ordine sulle potenze primordiali del Caos. Vi viene ricordato il tempo dell’origine di tutte le cose (Lachièze-Rey 1998, p. 131): “Senza confini e senza tempo era l’Aria e un Vento ruotava incessantemente. E il Vento divenne l’amante del suo Principio e si riavvolse su se stesso. E da questo nacque il Desiderio e poi nacque il Verbo, con l’aspetto di un Uovo, e dall’Uovo uscirono esseri incoscienti, poi coscienti e contemplatori dei Cieli”. E così, secondo l’antico mito, il primo atto di coscienza dell’umanità è stato la contemplazione dei cieli, dei loro moti e dello scorrere del tempo. 28 Note 1. Traduzione 2. Traduzione dell'autore. dell'autore. Bibliografia AA.VV. (2000a). Art i temps. Barcelona: Centre de cultura Contemporània de Barcelona, Istitut d’Edicions Disputaciò de Barcelona. AA.VV. (2000b). Le Temps, vite. Journal de l’exposition. Paris: Éditions Du Centre Pompidou. AA.VV. (2000c). Tempo!. Roma: Castelvecchi Editoria. Barchiesi, A. (a cura di). (2019). Virgilio. Georgiche. Milano: Mondadori. Bezza, G. (2000). Le Tavole del Primum Mobile nel Medioevo. In Bònoli F. et al. (a cura di). Astronomical Amusements. Papers in Honor of Jean Meeus, pp. 11-21. Milano: Mimesis. Bergia, S. (2006). Il tempo degli astronomi e dei fisici al vaglio delle critiche dei filosofi. In Giornale di Astronomia, vol. 32, n. 18, pp. 27-32. Carena, C. (a cura di). (1970). Il Timeo ovvero Della natura. In Platone. Dialoghi, pp. 442. 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Amsterdam, van Gogh Museum, inv. no. b587 a V/1962. Vitruvio M.P. (2008). De Architectura. Roma: Edizioni Studio Tesi. 29 Il cielo nel 4000 a.C., con Orione e il Toro, visibile a latitudini medie (simulazione dell'autore con software Stellarium). Abstract Astronomia pre-strumentale In questa nota si illustrano brevemente alcune delle osservazioni astronomiche degli antichi effettuate senza strumenti, e si discute qualche problema archeoastronomico relativo ad esse, in particolare a quelle della Luna. L’osservazione del cielo aveva lo scopo pratico di definire un calendario, uno strumento essenziale per poter sviluppare l’agricoltura quando ancora non esisteva la scrittura. Parole chiave In the present note we discuss briefly some astronomical observations performed without instrumentation by ancient populations and some archaeoastronomical problems, in particular those in relation with the Moon. In the far past, the purpose of the skygazing was to get a calendar, a fundamental instrument for developing the agriculture when the writing had not yet been invented. archeoastronomia calendari agricoli solstizi costellazioni lunistizi → Architettura, geometria e astronomia Elio Antonello INAF-Osservatorio Astronomico di Brera, Società Italiana di Archeoastronomia → [email protected] 31 Introduzione Nel contesto del convegno odierno dedicato alla rappresentazione del tempo, poteva essere utile discutere alcune caratteristiche archeoastronomiche riguardanti l’uso degli astri principali a fini calendariali, in particolare quando ancora non esisteva la scrittura, e inoltre menzionare alcune delle problematiche ad esse legate. Questi argomenti sono ampiamente trattati in diversi libri e manuali, e qui ricordiamo quelli di Ruggles (1999) per l’ambito europeo e Aveni (2001) per quello americano. Nella presente nota parleremo quindi brevemente di punti cardinali e solstiziali, dell’anno solare, dell’anno agricolo regolato dal Sole e dalle stelle, e concluderemo con il problema archeoastronomico della Luna. Punti cardinali e solstiziali Gli antichi avevano fissato i punti importanti dell’orizzonte basandosi sul Sole. La culminazione dell’astro al mezzogiorno locale fornisce la direzione Nord-Sud del luogo dove si sta osservando, mentre il sorgere e tramontare agli equinozi determina la direzione Est-Ovest. Oggi, per gli usi civili, noi usiamo l’orologio, ma in generale il mezzogiorno locale non è quello fissato dal fuso orario. Per cui, volendo ripetere l’esperienza degli antichi, ci si dovrebbe basare sull’ombra di uno gnomone. Esistono comunque utili programmi di calcolo, anche su web, che permettono di determinare il mezzogiorno di una località per una certa data. Gli altri punti importanti dell’orizzonte sono definiti dal sorgere e tramontare del Sole ai solstizi, e ci sono varie testimonianze nella letteratura classica ed etnografica sul loro uso come riferimento calendariale. Per un orizzonte piatto, senza montagne o altri ostacoli, il punto di levata del Sole al solstizio d’estate è diametralmente opposto al punto di tramonto del solstizio d’inverno, e la levata al solstizio d’inverno è diametralmente opposta al tramonto estivo. Il piano terrestre locale si può immaginare diviso allora in otto settori, avendo quindi l’apparenza di una ruota con i suoi otto raggi [fig. 1]. Non so se il simbolo celtico della ruota, che gli archeologi interpretano come simbolo solare (si veda per esempio il materiale raccolto da Bertrand 1897) possa essere associato a questa immagine, perché non ci sono testimonianze scritte che lo supportino. Possiamo invece effettuare l’associazione del piano diviso in quattro parti dai punti cardinali con il disegno di una croce inscritta in un cerchio, basandoci su testimonianze etnografiche. Infatti, questo simbolo viene descritto in dettaglio da Alce Nero (Black Elk 1953) dei Sioux Oglala. Secondo questa tribù americana c’erano sei direzioni principali: verso l’alto (zenit) dove stava Wakan-Tanka (Grande Spirito, padre-progenitore), verso il basso (la Madre Terra progenitrice), e verso i quattro punti cardinali nel cerchio dell’orizzonte. 32 Ci sono tipici monili Sioux costituiti appunto da una ruota che circonda una croce (‘medicine wheel’). Dai quattro punti provenivano quattro potenze, per esempio da Est la luce della sapienza che scacciava l’ignoranza, ed esse svolgevano un ruolo essenziale nel culto. Su di essi era regolata la semplice architettura delle capanne per i loro rituali. La posizione del sorgere e tramontare ai solstizi dipende dalla latitudine del luogo, e viene definita mediante l’azimut, l’angolo solitamente misurato dal punto cardinale Nord. Per esempio, alla latitudine di 42 gradi il Sole al solstizio estivo sorge con azimut di circa 57,7 gradi. Nel contesto che stiamo trattando, cioè l’osservazione effettuata dagli antichi, la longitudine della località e l’istante esatto non hanno importanza, perché lo spostamento del Sole all’orizzonte da un giorno all’altro intorno al solstizio è molto piccolo. Alle nostre latitudini medie, nei quattro giorni precedenti il solstizio e quattro giorni successivi, il Sole si sposta meno di un decimo di grado. Sempre in questo contesto, la precessione astronomica non ha alcuna importanza; essa invece è rilevante quando consideriamo il Sole rispetto alle stelle, come diremo più avanti. La variazione di obliquità dell’eclittica ha un suo effetto: l’inclinazione dell’asse terrestre oscilla di un paio di gradi in 41mila anni, e questo fa variare lentamente il valore dell’azimut. Oggi l’obliquità è di circa 23,4 gradi, e 4000 anni fa era di circa 23,9 gradi. Generalmente all’orizzonte ci sono però montagne e colline, per cui l’azimut del punto in cui si vede sorgere il Sole avrà un valore diverso dal caso perfettamente piatto che abbiamo considerato finora, e il Sole avrà anche un’altezza diversa da zero sopra l’orizzonte. Si deve tener conto inoltre degli effetti della rifrazione atmosferica, e questo anche nel caso di orizzonte perfettamente piatto, perché quando vediamo il sole spuntare, in realtà esso si trova ancora sotto l’orizzonte di circa mezzo grado. 1. Posizione del sorgere e tramontare del Sole ai solstizi per una latitudine di 42 gradi (elaborazione grafica dell'autore). 1. Elio Antonello 2a-2b. 2c-2d. 2e-2f. 2g-2h. Anno solare Per diverse popolazioni i solstizi erano utili anche come indicatori dell’inizio dell’anno. Il nostro stesso anno civile, che deriva da quello in uso in epoca romana, ne è un esempio, e possiamo trovare delle giustificazioni e motivazioni tra gli autori classici. Varrone (Varro, I sec. a.C., De lingua latina, VI, 8) dà questa definizione precisa di anno: tempus a bruma ad brumam dum sol redit vocatur annus, ovvero si chiama anno il tempo che va dalla bruma a quella successiva; bruma era il solstizio invernale, mentre solstitium indicava specificamente quello estivo. Ovidio (Ovidius; I sec. d.C.) nei Fasti descrive le feste e le ricorrenze a Roma durante l’anno, e per il mese di → Architettura, geometria e astronomia gennaio immagina di avere la visione del dio Giano. Il poeta chiede al dio come mai iniziamo l’anno quando la stagione è così brutta, mentre sarebbe meglio iniziarlo con la primavera, e si dilunga a descrivere la bellezza della natura primaverile. La risposta del dio è invece lapidaria: il solstizio è il primo giorno del nuovo sole e l’ultimo del vecchio; Febo e l’anno hanno il medesimo inizio. Plutarco (Plutarchos, II sec. d.C, Quaestiones romanae, 19) fornisce una giustificazione dettagliata. In generale non esiste per natura né un ultimo né un primo in un ciclo, ma per consuetudine alcuni adottano un inizio del periodo del tempo, altri un altro; meglio di tutti quelli che lo pongono dopo il solstizio d’inverno, quando il sole si 2a-2h. Posizione del Sole al momento del suo sorgere, nel periodo autunnoinverno. Il Sole inverte la direzione del suo cammino sull’orizzonte al solstizio invernale, punto indicato dalla freccia (visualizzazioni da Stellarium). 33 volta indietro e ritorna verso di noi. Tale inizio d’anno è in certo modo conforme a natura per gli uomini, dato che aumenta il tempo della luce che riceviamo. Gli indicatori solstiziali preistorici, come la famosa Stonehenge, suggeriscono che tale scelta per cominciare i giorni dell’anno è forse un retaggio del lontano passato. Ha quindi senso cercare orientamenti solstiziali di epoca preistorica in megaliti e rocce lavorate, perché possiamo giustificarli come riferimenti calendariali utilizzati per determinare l’inizio dell’anno, che era una cosa indispensabile per poter definire le attività agricole, quando non esistevano calendari scritti. Esiodo (Hesiodos), il poeta greco dell’VIII secolo a.C., originario della Beozia, nelle Opere e Giorni illustra molto bene il modo in cui si usava il cielo come calendario delle attività. Per esempio, scrive (v. 479-480) che se si attenderà il volgere del sole per arare, si mieterà quel poco che la mano riesce a tenere, cioè se si aspetta troppo per arare e seminare, si rischia poi di non raccogliere. E il volgere del Sole è appunto quanto avviene all’orizzonte al solstizio invernale [fig. 2]. Probabilmente è opportuno ricordare che, per gli antichi Greci, Eniautos era proprio la personificazione dell’anno, a volte rappresentato insieme ad Eleusi, la dea Demetra delle messi ( Jentoft-Nilsen 1991). Sole e stelle: l’anno agricolo Vediamo ora meglio il rapporto tra Sole e stelle, limitando il nostro discorso agli aspetti calendariali. Esiodo (v. 564-570) prescrive di contare sessanta giorni dal solstizio d’inverno, fino a quando si vedeva sorgere la stella Arturo in prima sera, e allora si iniziavano i lavori pesanti dell’anno con la potatura delle viti. Al solstizio, cioè, si cominciava il conteggio, che proseguiva giorno dopo giorno; però prima di arrivare a sessanta è anche facile perdere il conto1, e in questo caso c’era comunque il segnale dato da Arturo, un segnale che era valido per l’epoca di Esiodo [fig. 3]. C’è un passo famoso del poeta, spesso citato in letteratura (v. 383-386): “Quando le Pleiadi sorgono, figlie di Atlante, la mietitura incomincia”, e al quale poi aggiunge: “esse infatti quaranta giorni e quaranta notti stanno nascoste.” Utilizzando i moderni software, si può effettuare una verifica di queste affermazioni. Nella Beozia dell’VIII sec. a.C. si vedevano le Pleiadi in tramonto eliaco (che avviene subito dopo il tramonto del Sole) vari giorni dopo l’equinozio, e il software conferma che non erano più visibili in cielo per quaranta notti. Ovvero, ponendo l’equinozio al 21 marzo, esse tramontavano verso la fine di marzo, e il loro sorgere eliaco (subito prima del sorgere del Sole) avveniva verso la seconda settimana di maggio. Poiché la precessione astronomica, o precessione degli equinozi, fa variare lentamente la posizione del Sole all’equinozio rispetto alle stelle, le date del loro sorgere e tramontare sono generalmente valide solo per alcuni secoli intorno all’epoca presa in considerazione (cfr. Antonello 2013). Il sorgere eliaco era il momento di affilare le falci, come dice il poeta, perché si approssimava la mietitura. Siamo soltanto alla seconda settimana di mag- 3. Levata acronica, al tramonto del Sole, di Arturo (a Nord-Est), circa 60 giorni dopo il solstizio d’inverno, alla latitudine della Beozia nell’VIII sec. a.C. (visualizzazione da Stellarium). 3. 34 Elio Antonello gio; ma bisogna tener conto del tipo e della varietà di cereale. Per esempio, poiché l’orzo lasciava cadere i grani maturi, la soluzione del problema era di mieterlo molto in anticipo e farlo seccare in covoni, e dopo alcune decine di giorni effettuare la trebbiatura. La mietitura era comunque un’attività che in passato richiedeva parecchi giorni. Un altro esempio interessante è fornito dal calendario ebraico. Per determinare le date di Pesach (Pasqua) e Shavuot (Pentecoste) ci si basava sulla fase lunare. Il primo mese dell’anno nel calendario ebraico, chiamato abib2, cioè spighe, iniziava con la luna nuova di primavera. Due settimane dopo, con la luna piena, alla sera del quattordici del mese, si celebrava la festa di Pasqua. La legge prescriveva che si iniziasse a mietere l’orzo in questo periodo, e nella Bibbia (Deuteronomio 16, Levitico 23) è descritto il rituale che andava seguito. La Palestina è molto più a sud delle nostre latitudini, quindi non deve sorprendere l’inizio della mietitura mediamente ai primi di aprile. Un paio di settimane dopo si iniziava a mietere il frumento. Cinquanta giorni dopo l’inizio della mietitura c’era la festa di Shavuot, e per allora bisognava aver finito con la trebbiatura e vagliatura di orzo e di grano (Libro di Rut). Esiodo nel suo poema dà varie indicazioni calendariali per i lavori agricoli. Per la vendemmia consiglia (v. 609-611): “quando Orione e Sirio sono giunti a mezzo del cielo, e Arturo può essere visto da Aurora dalle dita di rosa, allora tutti i grappoli cogli e portali a casa”. Questo mi sembra un altro esempio della accuratezza delle sue osservazioni. In quell’epoca, Orione e Sirio erano circa in meridiano quando Arturo era in levata eliaca poco prima del sorgere del Sole, e questo avveniva alcuni giorni prima dell’equinozio di autunno, che era il momento della vendemmia. Il poeta conclude così il calendario (v. 614-617): “Poi, dopo che le Pleiadi e le Iadi e il forte Orione son tramontati, d’arare ricordati, è il momento opportuno…” L’aratura è quella autunnale, e l’autunno è quando Pleiadi, Iadi e Orione sono ben visibili durante la notte, ovvero Esiodo intende il tramonto di queste costellazioni al momento del sorgere del Sole. Bisogna immaginare che, dopo metà ottobre, al momento del sorgere del Sole, tramontavano le Pleiadi; una decina di giorni dopo, le Pleiadi ormai erano tramontate ben prima del sorgere del Sole, ed erano le Iadi a tramontare, e dopo un’altra quindicina di giorni ancora, Orione. Ormai siamo verso metà novembre, una data limite per l’aratura alla latitudine della Beozia. Ci pare opportuno ricordare che, dopo il poeta greco, calendari agricoli con varie indicazioni stellari erano stati compilati da diversi autori greci e latini, ma solo pochi di essi ci sono rimasti, come quelli molto dettagliati di Columella e Plinio (Plinius). Gli scrittori latini li avevano compilati sulla base dei dati riportati → Architettura, geometria e astronomia dagli autori precedenti. In passato, diversi studiosi hanno cercato di capire e risolvere le inconsistenze presenti nei calendari di Columella e Plinio, ma questo è stato, ed è, un tentativo inutile, perché, come aveva già ben notato Plinio, gli stessi autori delle compilazioni precedenti avevano fornito indicazioni evidentemente contraddittorie per uno stesso luogo (si veda la discussione in Antonello 2016). La Luna Per un uso calendariale della Luna, cioè per scandire il tempo con il mese lunare, basta seguire direttamente l’andamento delle fasi. Non occorre che sottolinei la loro importanza storico-culturale: le fasi lunari sono un fenomeno che dovrebbe aver colpito l’immaginazione umana fin dalla preistoria. Una lunazione (mese sinodico) è un ciclo di circa 29 giorni. Quando passa vicino al Sole la Luna è nuova, e a occhio nudo non si vede; circa 15 giorni dopo si trova dalla parte opposta della sua orbita ed è Luna piena. Nei giorni intorno alla Luna nuova, essa fa un percorso nel cielo da Est a Ovest analogo a quello del Sole, per cui se siamo a fine dicembre – inizi gennaio, farà un arco breve; ma 15 giorni dopo la Luna si trova all’estremo opposto della sua orbita, e fa un percorso ampio analogo a quello del Sole estivo. Viceversa, se è Luna nuova a fine giugno, fa un percorso ampio, e 15 giorni dopo quando è Luna piena farà un percorso breve. Questo è un fenomeno facilmente visibile pur nelle condizioni osservative difficili della vita attuale, con l’inquinamento luminoso e il nostro orizzonte spesso ostruito da edifici. Ora, per capire meglio il seguito del discorso, mettiamoci al centro dell’Universo. Il Sole orbita lentamente intorno alla Terra in un anno, e intanto la Luna compie rapidamente un’orbita in un mese nello stesso senso. L’orbita solare (eclittica) è inclinata di circa 23 gradi sull’equatore (obliquità dell’eclittica), e quella lunare è inclinata di circa 5 gradi sull’eclittica. 4. Schema grafico dei lunistizi. A questa latitudine mentre per il Sole l’azimut del sorgere estivo è 57,7 gradi, per la Luna l’azimut del lunistizio nord oscilla tra circa 49,7 e 65,2 gradi durante il periodo nodale (elaborazione grafica dell'autore). 4. 35 Le due orbite, quindi, non stanno sullo stesso piano, e la loro intersezione, linea dei nodi, si muove lentamente in circa 18 anni (periodo nodale) in senso retrogrado. Mentre il Sole all’orizzonte va avanti e indietro dai solstizi nel corso di un anno, la Luna all’orizzonte va avanti e indietro dai lunistizi più rapidamente con un periodo di circa 27 giorni (più breve del mese sinodico). Inoltre, poiché il piano dell’orbita lunare si muove rispetto a quello dell’eclittica, la loro posizione cambia durante i 18 anni del periodo nodale. Ovvero, il lunistizio non è fisso come il solstizio, ma varia all’interno di un arco delimitato dai punti estremi, denominati lunistizi maggiori e minori nord e sud [fig. 4]. Nonostante se ne sia parlato molto in archeoastronomia, per i lunistizi non ci sono testimonianze in letteratura classica né in etnografia come per i solstizi, e Schaefer (2007) aveva concluso in modo molto netto: “In all cases, the sole evidence for the intentional alignment is the existence of the alignment itself”. Ovviamente non si può escludere a priori l’intenzionalità di orientamenti in casi di megaliti come quelli molto studiati in Inghilterra (si veda una discussione in Ruggles 1999).3 Però, se dobbiamo basarci su testimonianze scritte, come chiedono gli archeologi, vediamo che ciò che importava agli antichi erano solo le fasi della Luna, il suo colore, e ovviamente le eclissi lunari e solari. Desta quindi perplessità la mancanza di una qualche evidente manifestazione di interesse per i punti estremi, data l’indubbia importanza della Luna per popolazioni sia del passato (per esempio in Mesopotamia) che moderne (Arabi). Per esempio, la divinità maschile riferita alla Luna (Nanna, Sin) era rilevante per le religioni dell’area mesopotamica, e in particolare il dio sembra essere stata la divinità principale della città di Harran o Carre (Green 1992). Anche se non si può escludere che qualche civiltà pre-letterata abbia considerato i lunistizi, è stato comunque l’astronomo francese Lalande (1761) a inventare tale termine specifico [fig. 5]. Le efemeridi astronomiche sono le posizioni degli astri calcolate con uno o due anni in anticipo, in modo che chi è interessato possa trovarli alla data voluta osservando il cielo alla posizione calcolata. In questo caso, Lalande, volendo descrivere nel 1761 le posizioni della Luna per il 1763, introduce il termine ‘lunistizio’ per indicare il punto estremo raggiunto dall’astro. Dopo Lalande, nell’Ottocento gli almanacchi agricoli hanno cominciato a menzionarlo (per esempio: Johnson-Shaw 1844, p. 31), e successivamente è stato preso in considerazione dagli archeoastronomi (lunar standstill; si veda per esempio: Ruggles 2005). Come nota conclusiva, sottolineiamo che sarebbe quindi di estrema importanza trovare, nella letteratura antica o in quella etnografica, qualche evidente indicazione di interesse verso i punti estremi lunari, che sia cioè precedente o indipendente da Lalande. 36 Conclusioni Abbiamo discusso alcune caratteristiche archeoastronomiche riguardanti l’uso nell’antichità degli astri principali, osservazioni che avevano avuto lo scopo di definire il calendario indispensabile per le attività agricole, e abbiamo riportato varie testimonianze prese dalla letteratura antica. In questo contesto, è possibile quindi discutere dei fenomeni all’orizzonte di Sole e stelle in un modo che potrebbe essere accettato dagli archeologi. Per la Luna, invece, la situazione appare più complessa. Mentre l’utilizzo calendariale delle fasi lunari è testimoniato dalle popolazioni fin dall’antichità, mancano invece chiare testimonianze storiche ed etnografiche dell’uso dei suoi punti estremi all’orizzonte. 5. Nella discussione della declinazione della Luna, Lalande (1761, p. 160) introduce il termine lunistizio. Durante il periodo nodale, la declinazione della Luna oscilla tra un massimo di circa 28,7 gradi e un minimo di circa 18,1 gradi, corrispondenti al lunistizio maggiore e minore. 5. Note 1. Penso bisognerebbe riflettere sulla necessità di un conteggio accurato dei giorni da parte delle popolazioni. Per esempio, in Mesoamerica, tra i discendenti dei Maya, una persona è specificamente incaricata di tale conteggio (daykeeper, in inglese), per i rituali tradizionali dipendenti dal calendario di 260 giorni (Sokol 2022). 2. Poi sarà chiamato nisan. 3. Schaefer, rispondendo puntualmente a obiezioni da parte di archeoastronomi che gli indicavano possibili esempi di lunistizi, concludeva: “Given this stunning lack of written or oral evidence, we can only conclude that most (but not necessarily all) cultures have zero or near-zero interest in lunar standstills” (Schaefer 1998). Più recentemente, Sims e Holbrook (2014) avevano discusso anche la possibilità che un allineamento solstiziale fosse in realtà lunistiziale, dato che i due coincidono ogni nove anni, ma si tratta solo di una possibile interpretazione di alcuni miti. Elio Antonello Bibliografia Antonello E. (2021). Hesiods’ calendar and the star Spica. In Rappenglück M.A., Saltout M. (a cura di), From Alexandria to Al-Iskandariya. Astronomy and Culture in the Ancient Mediterranean and Beyond. Proceedings of the SEAC 2009 Conference in Alexandria, Egypt. Antonello E. (2016). The dichotomy between ‘practical’ and ‘theoretical’ astronomy in ancient and late antique literature. Cornell University: arxiv.org:1606.01665. Aveni A.F. (2001). Skywatchers. Austin: University of Texas Press. Bertrand A. (1897). La religion des Gaulois: les druides et le druidisme. Paris: Forgotten Books. Black Elk (1953). The Sacred Pipe: Black Elk's Account of the Seven Rites of the Oglala Sioux, recorded and edited by J. E. Brown. Norman: University of Oklahoma Press. Columella L.G.M. (1977). De re rustica, XI. Torino: Einaudi. Green T.M. (1992). The city of the moon god: religious traditions of Harran. Leiden New York: E.J. Brill. Hesiodos (1914). The Homeric Hymns and Homerica. Works and Days. Cambridge: Harvard University Press. Hesiodos (1985). Opere e Giorni. Milano: Garzanti. Jentoft-Nilsen M.R. (1991). Corpus Vasorum Antiquorum. The J. Paul Getty Museum. South Italian Vases, fasc. 4, pp. 7-9. Verona: Stamperia Valdonega. Johnson C.W., Shaw W. (1844). The farmer’s almanac and calendar, p. 31. London: Ridgway. → Architettura, geometria e astronomia Lalande J. (1761). Connoissance des mouvemens célestes pour l'année 1763, publiée par l'ordre de l'Académie Royale des Sciences, et calculée par M. de La Lande, pp. 160-161, Paris: Forgotten Books. Ovidius (1999). Fasti, I, 145-165. Torino: UTET. Plinius (1982). Naturalis Historia, XVIII. Torino: Einaudi. Plutarchos (1936). Quaestiones romanae. Babbitt F.C. (a cura di). Cambridge: Harvard Univ. Press. Ruggles C. (1999). Astronomy in Prehistoric Britain and Ireland. New Haven: Yale Univ. Press. Ruggles C. (2005). Ancient astronomy: an encyclopedia of cosmologies and myth, pp. 272-273. Santa Barbara: ABC Clio. Schaefer B.E. (1998). Lunar Standstill Alignments? In H.A.D. News, The Newsletter of the Historical Astronomy Division of the American Astronomical Society, n. 46. https://had.aas.org/sites/had.aas.org/files/HADN46.pdf Schaefer B.E. (2007). The utter failure of the lunar standstill myth in archaeoastronomy, American Astronomical Society, AAS Meeting #2. Bulletin of the American Astronomical Society, Vol. 39, p. 872. Sims L., Holbrook J. (2014). Magic – another method for archaeoastronomers. In Silva F., Malville K., Lomsdalen T. and Ventura F. (a cura di), The Materiality of the Sky, Proceedings of SEAC 2014. Lampeter: Sophia Centre Press. Sokol J. (2022) The stargazers, Science, Vol. 376, n. 6597, p. 1036. Varro (1974). De lingua latina, VI, 2. Torino: UTET. 37 Gentile da Fabriano, L’Astronomia. Foligno, Palazzo Trinci: Sala delle arti liberali e dei pianeti (foto dell’autore). 38 Abstract Geometrie intuitive della percezione oraria, dall’Antichità al Medio Evo Oggi, in un mondo dominato dai personal computer, è difficile accettare valutazioni temporali approssimate. Nell’antichità e nel Medio Evo, invece, rappresentare la misura del tempo con semplici diagrammi era una parte fondamentale del pensiero. I modelli che ne derivavano, anche se imprecisi, erano comprensibili all’uomo comune e adeguati alle necessità di una vita senza fretta. Parole chiave Today, in a world dominated by personal computers, it is difficult to accept approximate time estimates. In ancient times and in the Middle Ages, however, representing the measure of time with simple diagrams was a fundamental part of thinking. The resulting models, though imprecise, were understandable to ordinary people and suited to the demands of an unhurried life. Medioevo Misura del tempo Diagrammi orari Ore canoniche Iconografia → Architettura, geometria e astronomia Mario Arnaldi → [email protected] 39 Introduzione Lo scopo del mio intervento in questa sede è quello di mettere in luce - se ancora ce ne fosse bisogno - la differenza fra la misura cronometrica del tempo e la sua quotidiana percezione nel Medio Evo. Persuaso, come sono, che la ricerca storica, anche in un campo come quello dell’astronomia, dell’archeoastronomia e della gnomonica antica, debba sempre preferire il metodo epistemologico piuttosto che quello razionale cui oggi siamo troppo spesso vincolati. Intendo dire che per comprendere la visione medievale, anche di un argomento tecnico-scientifico come potrebbe essere quello della misura del tempo, dobbiamo imparare a pensare con una mente medievale. Per entrare nel vivo dell’argomento, però, devo gioco forza iniziare da un po’ più lontano, cioè dall’introduzione degli orologi solari nella vita sociale. notte e quelle del dì, con l’allungarsi o l’accorciarsi delle giornate3.Con la raggiera di cui si sta parlando, invece, ogni ora dello stesso arco temporale aveva una durata differente dalla precedente e dalla successiva, ma nella convinzione che quel metodo fosse corretto, l’errore non era percepito. L’errata idea che le tappe percorse dal Sole sul piano inclinato dell’Eclittica restassero inalterate, ribaltando quest’ultimo sull’orizzonte, permise in Occidente l’invenzione dei primi orologi azimutali, L’Antichità e il Medio Evo A dispetto della corretta geometria elaborata dagli antichi matematici, la gnomonica Greco-Romana, considerata da Otto Neugebauer fra le “scienze esatte” dell’antichità (Neugebauer 1974), nella pratica, però, lo era molto meno. Bisogna ricordare che la produzione di orologi solari fu sempre delegata ad artigiani che, seppur specializzati, si avvalevano di manuali contenenti tavole precalcolate. Non sono molti i casi in cui possiamo parlare con certezza di misurazione esatta del tempo, perché non pochi orologi solari tra quelli che ci sono pervenuti dall’antichità contengono, nel tracciato, imprecisioni inammissibili dal concetto moderno di cronometria. Nella maggior parte dei casi possiamo sicuramente dire che prima dell’invenzione degli orologi meccanici, ci si accontentava di una semplice e accettabile percezione del tempo1.La lettura precisa dell’orario serviva soltanto all’astronomo, non all’uomo comune, e questo è dimostrato sia dai numerosi reperti archeologici antichi e medievali, sia dai testi giunti fino a noi. È ormai riconosciuto che molti orologi solari antichi non seguivano le regole ferree della geometria gnomonica che i matematici avevano elaborato. In diversi casi le linee orarie convergevano tutte nel piede dello gnomone — cosa che non dovrebbe avvenire se il tracciato fosse correttamente disegnato — e questo metodo costruttivo, già noto in Egitto molto tempo prima che Tolomeo ne scrivesse nella sua opera sull’Analemma, persistette anche nel Medio Evo2. Una raggiera di linee siffatta permetteva di misurare il tempo, ma non con le ore che ci si aspettava di leggere. Infatti, sebbene fossero anche dette ‘ineguali’, le ore temporali Greco-Romane erano in realtà tutte della medesima durata nell’arco di un singolo spazio temporale diurno o notturno che fosse. Differenze di ampiezza avvenivano soltanto fra quelle della 40 1. 2. 1. L’orologio solare azimutale di San Willibrord dal ms. BnF, lat. 10837, fol. 42r (disegno dell’autore). 2. distinguere l’ora del giorno osservando la direzione del Sole in cielo (disegno dell’autore). Mario Arnaldi 3. 4a. partendo da un modello geometrico essenziale [fig. 1]4. La medesima semplificazione fu probabilmente l’origine dell’uso di terminologie orarie anche per indicare le direzioni geografiche [fig. 2]5. Ci fu, nel Medio Evo, un altro aspetto della misurazione del tempo che si sottrasse inevitabilmente alla cronometria, e fu la grande mobilità dei tempi dedicati alla recita delle Ore canoniche6. I momenti della preghiera iniziarono a sfuggire alla severa gabbia delle linee orarie già dal secolo VI, e a tale proposito vale la pena ricordare che san Benedetto, nella sua Regola, ordinava le celebrazioni delle funzioni di Terza, di Sesta e di Nona a orari diversi, secondo i periodi dell’anno7. Terza, per esempio, poteva essere celebrata al termine della seconda ora del giorno (hora secunda plena), al termine della terza, oppure poco prima o poco dopo la fine della quarta (hora pene quarta)8. Sesta fu anticipata di un po’ (quasi sexta)9, mentre fra la Pasqua e il primo giorno d’ottobre Nona si celebrava alla metà dell’ottava ora (mediante octava hora), cioè alla settima ora e mezza10. Proprio l’uso dei termini “quasi” e “pene”, così incerti e difficilmente interpretabili, ci danno da soli la conferma che anche nella terminologia oraria necessaria alla vita comunitaria di quel tempo il concetto di cronometria fosse molto vago o scarsamente vincolante. → Architettura, geometria e astronomia Il mondo, l’anno e l’uomo divisi in quattro Per gli antichi filosofi, pagani e cristiani, soprattutto di estrazione aristotelica, il numero quattro, così come il tre, aveva una grande importanza. Alla tetrade corrispondevano gli elementi primari, i punti cardinali, le stagioni, le virtù, gli umori, le “complessioni”, e il tutto si rappresentava con un diagramma circolare [fig. 3]. A questa partitura si aggiunsero in seguito anche le quattro età dell’uomo, allegoria perfetta del tempo che passa11. Queste erano: l’adolescenza, la giovinezza, la vecchiaia e la decrepitezza. Ogni autore poneva piccole varianti, ma non è questo che ci interessa quanto il collegamento che le varie età avevano con le ore del giorno, essendo questo inteso come metafora della vita. Le età della vita umana non sono istanti ma periodi, ed è probabilmente per questo motivo che sempre si tentenna a dire a quali ore porre i vari stati. Si preferisce collocarle entro due cardini temporali distinti o al termine o all’inizio del periodo a ognuna relativo. Guglielmo di Conches (c. 1080 - post 1154) lo mostra in un diagramma [fig. 4] e lo lascia intendere quando parla della divisione del giorno naturale12: “I filosofi” — egli scrive — “divisero il giorno naturale in quattro parti: dalla nona parte (leggi, ‘ora’) della notte alla terza del giorno usabile, e dicono che è caldo e umido; dalla terza parte del giorno usabile 4b. 3. Diagramma da Isidorus Hispalensis, Opera, sec. IX. KBR, ms. 9311-19, fol. 74v. 4a-4b. Diagramma da Cologny, Cod. Bodmer 188, Dragmaticon di Guglielmo di Conches (si legge in senso antiorario) (elaborazione dell’autore). 41 fino alla sua nona parte, e dicono che è caldo e secco; da questa fino alla terza parte della notte è freddo e secco, e da questa fino alla nona parte della notte è freddo e umido” 13. Raimondo Lullo (1235 – 1315) inserì pueritia fra il Matutinum (la nona ora della notte) e la terza ora del giorno, iuventus fra la terza e Vespera, senesctus fra Vespera e primum somnum e decrepitas fra il primum somnum, cioè Compieta, e il Matutinum [fig. 5]. Dante Alighieri, che pure scrisse tanto nel suo Convivio sulla partizione del giorno, fedele ad Aristotele suddivise il tempo della vita umana in quattro parti, ma non ci disse a quale ora abbinarle14. Riusciamo rocambolescamente a intuirle dai numerosi argomenti trattati nella sua opera ma soprattutto quando giustifica la sua immagine quadripartita ricordando il carro di Febo che, secondo Ovidio (Metamorfosi), era trainato da quattro cavalli (Eoo, Pirroi, Eton e Flegon), ognuno simboleggiante una delle quattro tappe fondamentali del giorno; la prima finiva a Terza, la seconda a Nona15, la terza al Vespro e la quarta al tramonto16. Di conseguenza, sebbene il cerchio fosse la figura geometrica più comune per descrivere fenomeni ciclici, il diagramma che potremmo ricavare dalle parole dell'Alighieri nel suo Convivio, si presenterebbe con un aspetto differente: non più un cerchio ma un arco [fig. 6]17. 5. Diagramma secondo la descrizione di Raimondo Lullo (disegno dell’autore). 6. Diagramma ipotizzato da Dante Alighieri (disegno dell’autore). 7. Diagramma secondo la descrizione di Onorio d’Autun (disegno dell’autore). 5. La settimana, i sette pianeti e le sette età dell’uomo Assieme alla quadrupla partizione del giorno e al tema delle età dell’uomo incominciarono, però, a essere recuperate altre concezioni astrologiche del mondo antico, che alzarono il numero prima a sei18 e poi a sette. La partizione per sette deve ricercarsi soprattutto in ambito cristiano, perché le ore fondamentali, sia per i religiosi sia per i laici, erano sempre quelle canoniche: Mattutino, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri e Compieta19. Il famoso liturgista Onorio d’Autun, monaco, teologo e filosofo, vissuto fra la seconda metà del secolo XI e la prima metà del XII, fu uno dei primi autori che, pur non alterando la classica divisione quaternaria del giorno, descrisse questo nuovo schema. Nella sua opera Gemma Animae egli collocò l’infanzia al Mattutino: la puerizia a Prima, l’adolescenza a Terza, la giovinezza a Sesta, la senilità a Nona, la decrepitezza a Vespro e la morte a Compieta. Dalla sua descrizione possiamo ricavare il diagramma in figura 7. 6. Le ore di Francesco da Barberino Finora abbiamo incontrato rappresentazioni del tempo idealizzate dalla filosofia antica e medievale, ma fra i secoli XIII e XIV i modelli della diagrammatica precedente cambiano l’impianto geometrico utilizzato fino a quel momento. Il primo a testimoniarlo graficamente sembra essere stato Francesco da 42 7. Mario Arnaldi 8a-8f. Le sei età della vita abbinate alle ore, miniate nell’Officiolum di Francesco da Barberino (su gentile concessione della Salerno Editrice, Roma). 8a-8b. 8c-8d. 8e-8f. → Architettura, geometria e astronomia 43 Barberino (1264 – 1348), notaio, letterato, e poeta. Fra le varie opere che egli scrisse e che forse illustrò di propria mano due meritano la nostra attenzione: l’Officiolum o Officiolo e i Documenti d’Amore. Il primo è un piccolo libro d’Ore scritto probabilmente a Padova fra il 1304 e il 1309 20, il secondo è un’opera allegorica composta fra gli anni 1309-1310 ma pubblicata nel 1314. Questi due lavori sono importanti per la nostra esposizione perché contengono una serie di miniature di nuova concezione: le età della vita non sono più inserite in un diagramma, ma in una rappresentazione pittorica del cosmo. Il contenuto di ogni miniatura è racchiuso in un tondo così composto: al centro sta il globo terrestre, circondato dalle acque e sul quale si svolge la scena21; un secondo cerchio contiene l’atmosfera che circonda il globo terraqueo; un terzo cerchio, più esterno, rappresenta il cielo stellato dipinto con fondo blu. Il Sole e la Luna si muovono al suo interno collocandosi dove vuole l’ora interessata. Le sei età dell’uomo (questo è il numero considerato da Francesco da Barberino)22 sono abbinate alle Ore in questo modo: a Pri- ma (cioè Aurora), Infantia; a Terza, Pueritia; a Sesta, Adolescentia; a Nona, Iuventus; ai Vespri, Senectus; a Compieta, D[ecrepita] etas [figg. 8a-f ]23. Le miniature di Francesco da Barberino furono certamente una fonte iconografica di rilievo a quel tempo perché ritroviamo gli stessi disegni in un altro libro di preghiere composto sempre in area padovana attorno agli anni 1325-1330, ma non a lui attribuito [figg. 9a-g]. Si tratta di un piccolo volume appartenuto a Taddea Visconti (1351 – 1381) che lei portò con sé in Baviera dopo il suo matrimonio con il duca Stefano III24. La medesima sequenza è ripetuta quasi identica nei Documenti d’Amore e le uniche differenze con l’Officiolo stanno in una migliore sistemazione delle sfere omocentriche e nella presenza di casupole nella rappresentazione delle diverse età della vita [figg. 10a-g]25. Essendo l’Officiolo, un libro di preghiere, le ore mostrate non erano vincolate a quelle dell’orologio, perché quoad officium e non quoad tempus. È questo un punto importante da ricordare, che ci porta a considerare una variante che fino ad ora non aveva- 9a-9g. Le sei età della vita e le ore nelle miniature del Libro d'Ore appartenevano a Taddea Visconti (1351 - 1381). Le immagini, tratte dalle cc. 13r, 23r, 27r, 33r, 38r, 44r, 52r del codice di Monaco, BSB Clm 6116, sono stati messi a disposizione dal portale Biblissima, sulla base della licenza Open Licenses 2.0 https:// www.etalab.gouv. fr/licence-ouverteopen-licence/). 9a-9b-9c. 9d-9e-9f. 9g. 44 Mario Arnaldi mo incontrato: la mancanza di simmetria cronometrica, dovuta alla dislocazione delle Ore canoniche. Notiamo, infatti, che la posizione del Sole rivela luoghi dell’orologio a noi insoliti per la sistemazione dei momenti liturgici: il tempo di Nona, per esempio, è molto vicino al punto di Sesta e i Vespri molto vicini al termine della nona ora temporale. Non si tratta più di un modello geometrico idealizzato ma, pur senza abbandonare l’impianto filosofico che la generò, di uno schema più realistico e vicino ai ritmi percepiti ogni giorno dall’uomo comune attraverso il suono delle campane26. Gentile da Fabriano e le ore del giorno nel ciclo pittorico di palazzo Trinci a Foligno Ottant’anni dopo la pubblicazione dei Documenti d’Amore, Francesco da Barberino fu inequivocabilmente la fonte iconografica di Gentile da Fabriano nel notevole ciclo pittorico del palazzo Trinci a Foligno27. Come tutte le famiglie socialmente importanti di quel tempo anche i Trinci avevano bisogno di mostrare la loro grandezza e, come molti altri, lo fecero ampliando la loro dimora e arricchendola con grandiosi affreschi eseguiti dai migliori artisti del tempo. Nel 1411, per adempiere questo importante compito, fu chiamato a palazzo Gentile da Fabriano28. Fra tutte le sale meravigliosamente affrescate, però, una sola interessa questo studio, ed è quella che un tempo si chiamava ‘delle rose’ e che oggi, dopo la riscoperta degli affreschi che si nascondevano sotto lo scialbo tolto fra il 1918 e il 1919, porta il nome a essa più consono di ‘Sala delle Arti Liberali e dei Pianeti’ [fig. 11]. In quella stanza si concentra il nucleo della cultura umanistica di allora. Da una parte sono raffigurate le allegorie delle sette Arti Liberali, dall’altra sono dipinte le personificazioni mitologiche dei sette pianeti, associate ad altrettante fasi della vita umana che a loro volta sono connesse a precise ore del giorno. I pianeti non sono disposti qui secondo l’ordine Tolemaico dei cieli da essi presieduti ma secondo quello dei giorni della settimana29. Le età della vita e le ore di competenza sono raffigurate entro sette tondi dipinti presso il pianeta corrispondente [figg. 12a-g]. 10a-10g. Le sei età della vita e le ore nelle miniature dei Documenti d’Amore di Francesco da Barberino. Elaborazione grafica dell’autore, dal codice Vaticano Barb. Lat. 4076, cc.76v-77r (le miniature del codice vaticano sono molto rovinate e rese quasi illeggibili dall’usura. Nell’elaborazione grafica sono state molto schiarite per evidenziare la ricostruzione al tratto delle figure al loro interno). 10a-10b-10c. 10d-10e-10f. 10g. → Architettura, geometria e astronomia 45 11. Foligno, Palazzo Trinci: la sala delle Arti liberali e dei Pianeti (lato dei pianeti e delle ore). Da destra verso sinistra: il carro della Luna e l’ora del Mattutino, Marte e Prima, Mercurio e la terza ora, Giove e la sesta — Venere non c’è più — e Nona, Saturno e il Vespro. 12a-12g Le ore del giorno abbinate alle sette età della vita umana, dipinte da Gentile da Fabriano nel Palazzo Trinci a Foligno (foto di Andrea Carloni Rimini). 12a-12b-12c. 12d-12e-12f. 12g. 46 Mario Arnaldi Alla Luna corrispondono il Mattutino e la Decrepitezza (decrepita etas), a Marte l’aurora (cioè la prima ora) e l’Infanzia, a Mercurio la terza ora e l’Adolescenza, a Giove la sesta e la Giovinezza (tempo adulto), a Venere la nona ora e la Virilità (iovinil potenza), a Saturno il Vespro e l’Età matura (consistentia), al Sole la Compieta e la Vecchiaia (senectute)30. Come nell’Officiolo di Francesco da Barberino e nei suoi Documenti d’Amore, anche qui i tondi entro cui sono raffigurate le fasi delle varie età umane, sono composti di una serie di fasce circolari omocentriche, che rappresentano le sfere del cosmo, seppur limitato al solo percorso del Sole. Al centro si trova il globo terrestre sul quale si svolge la scena pertinente all’età e all’ora del giorno, subito dopo un cerchio di colore verde chiaro rappresenta l’acqua. Una fascia più larga contiene il cielo entro cui si muovono il Sole (dipinto su un campo chiaro) e la Luna (dipinta su un fondo oscuro); il cerchio più esterno contiene le stelle dipinte su un fondo blu, e rappresenta il cielo delle stelle fisse. Sebbene le immagini dipinte al palazzo Trinci siano quasi del tutto identiche alle ruote miniate nel manoscritto barberiniano dei Documenti d’Amore, Gentile non si limitò a copiarle acriticamente. Mentre Francesco da Barberino riconosce soltanto sei età della vita umana, a Foligno se ne dichiarano sette, dando al Matutinum l’età della decrepitezza, laddove Francesco da Barberino proponeva semplicemente un’allegoria della notte, e al Completorium la vecchiaia quando Francesco, invece, non scrive nulla; quell’Ora, probabilmente, rappresenta per lui la fine della vita, come scriveva Onorio d’Autun e come scrive egli stesso nei commenti a lato delle sue rime31. Come in Francesco da Barberino così anche in Gentile da Fabriano è presente la mancata simmetria oraria delle Ore canoniche, e il grafico risultante [figg. 13, 14], lo rende ben evidente. Nessuno dei due autori, però, mostra impostazioni del tutto identiche, perché i tempi dell’Ufficio divino non erano stabili e variavano durante l’anno liturgico ma anche da città a città. Tanto erano incerti che anche nelle due opere di Francesco da Barberino si notano chiare differenze. Nell’Officiolum, per esempio, vediamo che sia la Terza sia la Nona si trovano simmetricamente molto prossime alla posizione zenitale di Sesta, mentre Terza nei Documenti si colloca grossomodo al termine della terza ora temporale e Nona a metà dell’ottava ora. La posizione del Sole a Compieta, nell’Officiolo, è alla fine della prima ora della notte, ma nei Documenti d’Amore è già a metà della terza ora notturna. Nei dipinti di palazzo Trinci il punto di Nona è notevolmente avvicinato al mezzogiorno, ma anomala è la posizione di Compieta alla fine della quarta ora notturna. → Architettura, geometria e astronomia Conclusioni La cosmografia di Gentile da Fabriano — come abbiamo visto — è il frutto di un lungo processo del pensiero filosofico e astronomico che ebbe origine già nell’antichità greca e romana, e direi che quello di Foligno fu il punto oltre il quale i temi trattati iniziarono a perdere interesse o a essere usati solo in campo artistico per riprodurre iconografie note e dal vago sapore antico32. Quando Gentile da Fabriano lavorò agli affreschi di Palazzo Trinci era passato quasi un secolo dalla pubblicazione dei Documenti d’Amore e nel frattempo in Italia era avvenuta un’importante rivoluzione del sistema orario: l’entrata in vigore delle ore ab occasu solis, poi dette ‘italiane’33. Le ore temporali rimasero in uso solo alla Chiesa e con l’unico scopo di gestire la liturgia. 13. Diagramma della posizione del Sole alle ore descritte da Francesco da Barberino nei Dialoghi d’Amore (disegno dell’autore). 14. Diagramma della posizione del Sole alle ore dipinte da Gentile da Fabriano nella sala delle Arti liberali e dei Pianeti nel palazzo Trinci a Foligno (disegno dell’autore). 13. 14. 47 15. 15. La mostra d’orologio dipinta da Paolo Uccello nella controfacciata di Santa Maria del Fiore a Firenze. 48 Mario Arnaldi 16. 16. Orologio astronomico di Padova (foto dell’autore). → Architettura, geometria e astronomia 49 Agli inizi del Quattrocento già diverse città iniziarono a montare sulle torri i primi orologi meccanici con ore tutte uguali; dunque, sebbene ancora si trattasse di un periodo di lenta transizione, sicuramente Gentile doveva conoscerle. Ricordiamo che Jacopo Dondi nel 1344 costruì a Padova un famoso orologio astronomico e che Paolo Uccello (1397 – 1475) nel 1443 dipinse il bell’orologio a ore italiane nella controfacciata di Santa Maria del Fiore, a Firenze [fig. 15]. In effetti, a ben guardare, la disposizione dei cerchi concentrici nei tondi di Foligno, come in quelli dell’Off iciolo e dei Documenti d’Amore, è molto simile a quella presente anche in alcuni orologi astronomici da torre di quel tempo. Un esempio indicativo può considerarsi l’orologio pubblico di Padova [fig. 16]. Inserendo il diagramma ricavato dai dipinti di Foligno entro una ghiera oraria di un comune orologio da torre quattro-cinquecentesco, possiamo allora distinguere le corrispondenze fra le ore italiane e quelle temporali [fig. 17]. Ovviamente lo schema orario risultante si deve considerare valido soltanto agli equinozi, perché sia le antiche ore temporali sia le nuove ab occasu, erano comunque mobili, e anche se quelle canoniche avessero mantenuto la medesima posizione su un orologio a ore temporali, non l’avrebbero comunque potuta conservare sulla ghiera dell’orologio a ore uguali [figg. 18, 19]. Nei due grafici ho lasciato inalterate le posizioni del Sole sul cerchio delle ore temporali, così come ce le ha consegnate Gentile da Fabriano, anche nei momenti astronomici estremi dell’anno (i solstizi d’estate e d’inverno), quando cioè, le giornate raggiungono la loro maggiore lunghezza o brevità. Anche senza applicare le variazioni che la liturgia richiederebbe34, non possiamo non accorgerci della grande discordanza dei tempi fra le ore di un sistema e quelle di un altro. In un’epoca storica dove la vita era scandita dal suono delle campane della Chiesa e del Comune non possiamo sottovalutare la percezione del tempo valutata dalla semplice posizione del Sole in cielo. Così si regolavano tutti: i campanari, i pastori, i contadini, i viandanti, ecc.35 Dobbiamo tenerne conto quando facciamo ricerche storiche o quando cerchiamo le ragioni di un determinato allineamento. C’è il rischio di dare valore a risultati di nessuna importanza liturgica o sociale, perdendo di vista quelli che — se ci sono — l’avrebbero davvero meritata. 17. Il diagramma di Gentile da Fabriano — che ha un’impostazione del cielo equinoziale — inserito in una ghiera d’orologio meccanico per ore ab occasu (disegno dell’autore). 17. 18-19. Il diagramma di Gentile da Fabriano adattato per i due periodi solstiziali (d’estate e d’inverno). I tempi sul cerchio delle ore temporali sono stati mantenuti inalterati, mentre questi cambiano grandemente sul cerchio delle ore ab occasu (disegno dell’autore). 18. Note 1. Non dimentichiamo neppure tutti quei metodi mnemonici basati su una semplice aritmetica, che permettevano la lettura approssimata delle ore secondo la lunghezza della propria ombra o di quella di uno gnomone qualsiasi. Que- 50 19. Mario Arnaldi sti metodi erano largamente usati nel Medio Evo latino ma ebbero origine molto tempo prima, e il loro utilizzo non aveva quasi nessun confine di spazio e di tempo. Tutto il mondo antico dall’India fino al nostro estremo Occidente ne faceva largo uso. Per l’India e per le aree di cultura islamica vedi (Davidian 1960; King 1990; Charette 2003, pp. 145-153); Per gli schemi greci e copti vedi (Neugebauer 1975, vol. 2, pp.736-748); per la Persia Zoroastriana e la Mesopotamia vedi (Rezvani 2014, Steele 2013); per il nostro Medio Evo vedi (Schaldach 2008; Arnaldi 2020). 2. Il disegno di questo genere di orologi solari, sebbene fosse molto semplice da realizzare (si poteva fare con un semplice compasso), si basava in verità su una geometria precisa della sfera. In altre parole, utilizzava l’“angolo verticale” ricordato da Claudio Tolomeo nel suo libro De Analemmate, ma per le ore antiche era corretto solo alle latitudini vicine all’equatore. Vedi su quest’argomento (Savian 2009, Savian 2021). 3. Anticamente l’intera durata del nychthemeron (il ciclo temporale composto da notte e dì), era scandita da 24 ore, come oggi, ma il suo computo era diviso in due parti di 12 ore ciascuna. Il dì si misurava dalla levata del Sole fino al suo tramonto e la notte dal tramonto fino alla successiva levata. Essendo questi due archi di tempo sempre suddivisi in 12 porzioni uguali, ne conseguiva che in estate, quando le notti sono più brevi del dì, ci fosse un gran divario fra le durate delle ore dei due archi temporali: le ore del giorno erano più lunghe di quelle notturne, mentre in inverno, con le giornate più brevi, accadeva il contrario. Per questo furono dette ‘ineguali’, perché mai uguali fra notte e dì tranne che nei giorni degli equinozi. Per via del quotidiano divario fra le due durate queste ore si chiamavano anche ‘temporali’ (da tempora = stagioni). 4. Su quest’argomento vedi (Arnaldi 2011) e, più approfonditamente, (Arnaldi 2012). 5. Plinio, Nat. Hist., III. 45: “(Italia) incedit per maria caeli regione ad meridiem quidem, sed, si quis id diligenti subtilitate exigat, inter sextam horam primamque brumalem”; Ivi, VI. 202: “Fortunatas (insulas) contra laevam (partem) Mauretaniae in VIII horam solis (esse)”; Gregorio di Tours, Cur. Stell., 36: “et cum (stella) in hora diei quinta advenit, surge”; Lobinellus, Hist. Britan., t. 2, col 250 (carta di data incerta): “Usque dum pervenitur ad ipsum locum, ubi tres Fossæ simul adveniunt. Et tunc vadit Fossa sancti Catuodi quasi ad horam ix per abrupta loca usque dum pervenit ad unam nodula.”; Ibidem: “Et in capite marcasii levat fossa per montem Huelgoret quae recte vadit quasi ad Orientem. Tunc reliquens nodam quae vadit ad puteum tenens nodam unam cum fossam contra horam tertiam”. 6. Per evitare confusioni è bene che io specifichi qui quanto occorra tenere ben distinte le ore dell’orologio da quelle dell’Ufficio Divino, e così scriverò Terza, Sesta e Nona (in maiuscola) per indicare i tempi delle Ore canoniche e in minuscolo le ore del giorno. Le formule “a Terza” e “a ora di Terza” dovranno considerarsi esattamente come s’intendevano anticamente, cioè “nell’ora” o “all’ora in cui si suole recitare… – in questo caso – Terza”. 7. Sullo spostamento dei momenti canonici della liturgia, vedi (Arnaldi 2011, cap. 5). → Architettura, geometria e astronomia Benedicti, 48. Non è chiaro se sia da intendersi come “quasi all’inizio della sesta ora”, cioè un’ora prima del mezzodì, o “quasi alla fine della sesta ora”, ossia, poco prima del mezzogiorno. Tutto dipendeva dalle interpretazioni degli abati, come ricorda Ildemaro di Civate (sec. IX). 10. Ibidem. 11. Questo genere di diagrammi era davvero molto diffuso. Vedi (Incerti 2010, pp. 118-120). In questo capitolo analizziamo prevalentemente fonti testuali manoscritte, ma non dobbiamo dimenticare, benché rare, le testimonianze dipinte sui muri degli edifici. Gli affreschi duecenteschi della meravigliosa cripta della cattedrale di Anagni e quelli eseguiti da Gentile da Fabriano a Foligno – ne parleremo più avanti – ne sono un esempio di grande livello. 12. Guglielmo di Conches, Dragmaticon Philosophiae, lib. IV, in (Maccagolo 1980). 13. Nel Medio Evo il giorno si considerava di due tipi: il ‘giorno naturale’, composto di ventiquattro ore equinoziali, cioè uguali, comprendente notte e dì e il ‘giorno artificiale’ o ‘usabile’, misurato dalla levata del Sole fino al suo tramonto. Quest’ultimo aveva sempre dodici ore, che la giornata fosse lunga (estate) o breve (inverno). Avevano, però, durate diverse, sia da un giorno all’altro sia rispetto a quelle della notte, anch’esse sempre dodici. Sulla divisione per quattro vedi (Arnaldi 2011, parte II, cap. 1.2.2.1). 14. Dante Alighieri, Convivio, IV,23.12-13: “seguendo le quattro combinazioni de le contrarie qualitadi che sono ne la nostra composizione, a le quali pare essere appropriata, dico a ciascuna, una parte de la nostra etade, in quattro parti si divide, e chiamasi quattro etadi. La prima è Adolescenza, che s’appropria al caldo e all’umido; la seconda si è Gioventute, che s’appropria al caldo e al secco; la terza si è Senettute, che s’appropria al freddo e al secco; la quarta si è Senio, che s’appropria al freddo e a l’umido”. ; Ivi, 24.1: “Dico che la umana vita si parte per quattro etadi. La prima si chiama Adolescenzia, cioè ‘accrescimento di vita’; la seconda si chiama Gioventute, cioè ‘etate che puote giovare’, cioè perfezione dare, e così s’intende perfetta — ché nullo puote dare se non quello ch’elli ha —; la terza si chiama Senettute; la quarta si chiama Senio, sì come di sopra è detto”. 15. Al tempo di Dante Nona suonava all’inizio della settima ora, vale a dire a mezzogiorno, alla fine della sesta. Convivio, IV, 23.16. 16. Le ore del giorno toccate dai quattro cavalli furono ricordate da Fulgenzio (secc. V – VI) nelle Mitologie (Fabius Planciades Fulgentius, Mithol., I, 12): il cavallo Erytreus (il rosso) si alza rubicondo al mattino con la levata del Sole, Acteon (lo splendente) rifulge alla terza ora, Lampus (l’ardente) domina il centro del giorno alla sesta ora, il cavallo che ha nome Filogeo (amante della terra) dalla nona ora s’inclina verso l’occaso. Che Dante, pur non nominandolo, conoscesse l’opera di Fulgenzio sembra ormai provato dalla Albi (2021). 17. Dante Alighieri, Convivio: IV, 23.6, 12: “Onde, con ciò sia cosa che la nostra vita, sì come detto è, ed ancora d’ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo, e lo cielo a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto, 8. Regula 9. Ibidem. 51 ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che ‘l suo movimento sia sopra essi come un arco quasi, e tutte le terrene vite […] montando e volgendo, convengono essere quasi ad immagine d’arco assimiglianti”, “Veramente questo arco non pur per mezzo si distingue da le scritture; ma seguendo le quattro combinazioni de le contrarie qualitadi che sono nella nostra composizione, a le quali pare essere appropriata, dico a ciascuna, una parte della nostra etade, in quattro parti si divide…”. 18. Sei, infatti, sono le tappe della vita proposte da sant’Agostino e riprese anche da Rabano Mauro. Augustini hipponensis, De diversis quaestionibus LXXXIII, 58, 2, “Sunt enim aetates sex etiam in uno homine: infantia, pueritia, adolescentia, iuventus gravitas et senectus.” 19. Honorius Augustodunensis, Gemma animae, cap. 54, De horis et aetatibus, Migne PL, clxxii, coll. 633B-D. 20. Il manoscritto si credeva irrimediabilmente perduto, ma fu ritrovato nel 2003 in una biblioteca privata (tutt’ora si trova in una biblioteca privata, ma ne è stata realizzata una versione di pregio, facsimiliante, dalla Salerno editrice. 21. Questa è l’immagine tipica della mappa mundi medievale. Vedi per esempio la rappresentazione del globo nella carta dei tarocchi (il Mondo) dipinti per i Visconti-Sforza da Bonifacio Bembo negli anni '40 del Quattrocento. 22. Cristina Galassi ha ritenuto che Francesco da Barberino abbia trovato questa soluzione per poter conciliare la partizione della vita umana nei sei periodi fondamentali suggeriti da San’Agostino, all’interno di un progetto iconografico ormai basato sul numero sette (Galassi 2001, p. 287). 23. Non sono stato in grado di trovare online l’immagine della pagina con la miniatura del Matutinum (l’Officiolum è proprietà privata), ma non dovrebbe essere molto diversa da quella proposta nei Documenti d’Amore: una vecchia seduta con la testa fra le mani che rappresenta la Notte senza alcun abbinamento a una età specifica. 24. Il manoscritto, Clm 6116, è oggi custodito alla Bayerische Staatsbibliothek di Monaco. Le immagini si trovano alle cc. 13r, 23r, 27r, 33r, 38r, 44r, 52r. 25. Nei Documenti d’Amore il Sole e la Luna si spostano nel cerchio mediano, lasciando quello esterno libero di rappresentare il cielo delle stelle fisse. La sfera delle ‘stelle fisse’, l’ottavo cielo, era la sfera più esterna del cosmo aristotelico, anche detta ‘primo mobile’, perché imponeva il moto a tutte le sfere del cielo a essa sottostanti. La cosmologia tolemaica ipotizzò un cielo superiore a quello delle stelle fisse, il cielo cristallino ricordato da Dante, e a quest’ultimo passò l’incarico di ‘primo mobile’. Sull’incertezza della rappresentazione cosmologica vedi (Pegoretti 2014, pp. 187-211). 26. Le posizioni di queste Ore canoniche furono dichiarate da Dante Alighieri in: Convivio, IV, 15-16. 27. Cristina Galassi ne riconobbe l’origine nelle miniature dipinte nelle cc. 76v-77r del manoscritto dei Documenti d’Amore (Bibl. Vat. Codice Barb. Lat. 4076); (Galassi 1991); (Galassi 2001). l’Officiolo non era ancora 52 stato ritrovato, ma solo nei Documenti l’impianto cosmografico è identico a quello usato da Gentile, e nelle scene sono previste le piccole case che, invece, non sono presenti nelle mianiature dell’Officiolo. La fonte iconografica individuata da Cristina Galassi resta dunque ancora valida. 28. Dopo numerose ipotesi sull’anonimo autore dei dipinti fu finalmente identificato Gentile da Fabriano e la sua bottega grazie a un taccuino settecentesco che riportava alcune note di un documento del 1411. Salmi (1919). 29. Si credeva che i pianeti presiedessero, con i loro influssi, alle varie ore del giorno e della notte. Quello che governava la prima ora del dì dominava maggiormente per tutto il tempo, fino alla levata successiva del Sole. Quel pianeta, dunque, assegnava il nome all’intero giorno: secondo quella dottrina la prima ora del lunedì era presieduta dalla Luna, la prima del martedì da Marte e così via fino il sabato (presieduto da Saturno, che però prenderà in seguito la forma ebraica dello shabbat) e la domenica (governata dal Sole, la cui radice con l’avvento del cristianesimo mutò in Dominus). 30. I nomi delle Ore erano scritti in endecasillabi dentro pannelli dipinti a trompe l’oeil nella decorazione della cornice sottostante. Purtroppo, molti di questi sono ormai perduti, ma possiamo conoscerne il contenuto perché ci fu tramandato da chi li poté leggere prima che fossero nascosti dall’intonacatura eliminata nel 1918. Qualche sentenza in versi fu trascritta nel Seicento da Ludovico Iacobilli nel suo Discorso della città di Foligno (manoscritto); (Faloci-Pulignani 1888; Faloci-Pulignani 1906; Salmi 1919; Caciorgna 2001). 31.“Vide etiam ut tibi pulcrior appareat hic tractatus quod insimul cun horis rapresentantur etates ita etiam per se in ipso officiolo presentabantur ystorie ut in completorio decessit virgo beata et complete sint etates et completus sit dies et actente quod in matutino non presentatur etas sed nox”. 32. Vedi ad esempio il pavimento intarsiato intorno al 1475-76 dallo scultore Antonio Federighi nello spiazzo antistante alla Cappella del Voto nel duomo di Siena (le tarsie oggi si conservano nel Museo dell’Opera della Metropolitana); (Caciorgna 2014). A mia conoscenza solo Raffaello Sanzio (1483 – 1520) riprese il tema delle ore e dei pianeti nel suo periodo romano, ma la documentazione a riguardo è tuttora incompleta. 33. Le ore ab occasu, sempre uguali fra loro, erano ventiquattro e iniziavano a contarsi dal tramonto del Sole. 34. A parte Prima, che si recitava sempre alla levata del SSSole, le Ore canoniche non potevano essere regimentate sulla partitura di un orologio, qualunque fosse il sistema orario mostrato. Vedi a tal proposito l’Ordinarium della cattedrale di Parma, datato 1417, in (Arnaldi 2011, parte I, cap. 5.4). 35. Ce ne hanno dato testimonianza in più luoghi Dante Alighieri e Giovanni Boccaccio. Dante Alighieri, Divina Commedia, Inf. 34, 91: “… e già il Sole a mezza terza riede”; Purg. 4, 137-139 “Vienne omai: vedi ch’è tocco / meridian dal Sole, ed a la riva / copre la notte già col piè Marrocco”; Purg. 15, 1-6 “Quanto tra l’ultimar dell’ora terza / e ‘l principio del dì par della spera, / Mario Arnaldi che sempre a guisa di fanciullo scherza, / tanto pareva già inver la sera / essere al sol del suo corso rimaso: / vespero là, e qui mezza notte era”. Giovanni Boccaccio, Decameron, I, concl. “Già era il Sole inchinato al vespro”; III, intro. “L’aurora già di vermiglia cominciava, appressandosi il Sole, a divenir rancia”; IV intro. “essendo il Sole nella sua maggior sommitá”; VII, concl. Bibliografia Albi V. (2021). Sotto il manto delle favole. La ricezione di Fulgenzio nelle opere di Dante e negli antichi commenti alla Commedia. Ravenna: Longo editore. Arnaldi M. (2011). Tempus et Regula. Orologi solari medievali italiani: Le Origini, la Storia. vol. 1. Ravenna: Tip. 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The Illustrated Treatise of Najm al-Dīn al-Miṣrī. Leiden-Boston, Brill ed. Davidian M. (1960). Al–Bīrunī on the Time of Day from Shadow Lengths. In Journal of the American Oriental Society, vol. 80, no. 4, pp. 330-335. “essendo ancora il Sole alto a mezzo vespro”; VIII, 7 “Il Sole, il quale era ferventissimo, essendo già al mezzogiorno salito”; X, concl.”levato il viso verso il cielo e veggendo che il Sole era giá basso all’ora di vespro”. L’orario intuito dalla posizione del Sole in cielo era pratica comune fra XIII e XIV secolo (ancora molto praticata dai contadini di fine Settecento (Toaldo 1802, p. 260). La metafora del “tempo che passa” in un ciclo pittoresco degli inizi del Quattrocento. In Bollettino storico della città di Foligno, vol. 15, pp. 35-50. Galassi C. (2001). Un signore e il suo palazzo: iconografia, cronologia e committenza dei cicli pittorici nelle “case nuove” di Ugolino Trinci. In Il Palazzo Trinci di Foligno, cit. pp. 269-298. Incerti M. (2010). 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Arti liberali, pianeti, età dell’uomo, ore del giorno nella “Camera delle Rose” di Palazzo Trinci: → Architettura, geometria e astronomia Toaldo G. (1802). Nel Giornale dell’Anno 1789. Delle Ore Oltramontane. In Completa raccolta di opuscoli, osservazioni, e notizie diverse, contenute nei Giornali Astro-Metereologici. Dall’Anno 1773 sino al’Anno 1798. Del fu signor Abate Giuseppe Toaldo, Tomo II, pp. 244-260. Venezia: Tip. F Andreola. 53 Hagios Eleutherios (Theotokos Gorgoepikoos), Athènes, détail de la frise du calendrier réemployée sur la façade. (Photo © Ferrand, 2014). Abstract Penser et figurer le temps dans l’espace: le Zodiaque et les Occupations des mois L’article s’intéresse à la figuration des signes du Zodiaque et des Occupations des mois, deux thèmes iconographiques étroitement liés aux concepts de temps et d’espace. Les articulations sensibles entre le registre scientifique et le registre symbolique, entre les rythmes cosmiques et les rythmes liturgiques, sont mises en exergue par le biais de témoignages textuels et visuels extraits de manuscrits et de décors monumentaux. Parole chiave The article focuses on the figuration of the signs of the Zodiac and the Occupations of the Months, two iconographic themes closely linked to the concepts of time and space. The sensitive articulations between the scientific and symbolic registers, between cosmic and liturgical rhythms, are highlighted through textual and visual evidence extracted from manuscripts and monumental decorations. Zodiaque Occupations des mois Moyen Âge Calendrier Rythmes Angelique Ferrand Nantes Université → [email protected] 55 Introduction Fréquemment associés dans l’art médiéval, les Occupations des mois et les signes du Zodiaque donnent à voir de manière symbolique des repères dans le temps de l’année, fondés à partir de l’observation du ciel et des rythmes du cosmos. “Si les phénomènes rythmiques s’ancrent dans le temps et font de lui leur vecteur privilégié, ils s’inscrivent aussi et simultanément dans l’espace. Ou plutôt dans des lieux […]” (Schmitt 2016, p. 361). Les Occupations des mois et les signes du Zodiaque font partie de ces rythmes, à la croisée entre temporalité et spatialité. D’ailleurs, l’ambiguïté du terme spatium en latin médiéval illustre bien cette idée. De fait, spatium peut aussi bien désigner un intervalle entre deux points, une durée temporelle ou bien encore un lieu précis (Guerreau 2004 ; Schmitt 2006, p. 320). Dans tous les cas, il ne désigne pas une grande étendue comme dans notre définition contemporaine. Entre le XIe et le XIIIe siècle, les scènes mensuelles et les signes du ciel ont connu un certain succès dans le décor ecclésial de l’Occident chrétien. Nous proposons ici de nous intéresser aux manières de penser et de figurer le temps à travers ces deux thèmes iconographiques, en particulier dans l’espace ecclésial. Il s’agit de montrer comment les repères astronomiques ont été utilisés pour faire valoir l’harmonie de l’ordre cosmique, soutien des rythmes temporels propres à la culture chrétienne médiévale. Pour ce faire, nous reviendrons rapidement sur les origines antiques de ces thèmes iconographiques. Nous nous intéresserons aux articulations entre repères astronomiques et rythmes liturgiques, entre registres scientifique et symbolique, qui se font jour à travers leur transmission au cours du Haut Moyen Âge. Nous observerons ensuite comment les douze signes du ciel et les images d’activités terrestres permettent de penser et figurer le temps dans l’espace ecclésial. Dans cette optique, nous examinerons leur répartition dynamique dans le lieu construit, ainsi que les dispositifs visuels rythmiques, notamment géométriques, qui participent à ces images liant le ou les temps et le ou les espaces, mais aussi la terre et le ciel. Aux origines antiques des signes et images du temps Pour commencer, il s’agit de revenir rapidement sur les origines antiques du Zodiaque et des Occupations des mois et d’observer le glissement des repères astronomiques vers la mise en images, davantage symbolique, des rythmes cosmiques. Les signes du Zodiaque plongent leurs racines dans l’Antiquité avec pour prémices les observations astrologico-astronomiques des anciens Mésopotamiens que les Grecs vont ensuite systématiser (Bottéro 1998). En effet, les douze signes du Zodiaque ont été établies et fixées entre les Ve et IIIe siècles avant notre ère, mais les images zodiacales n’ont connu un véritable essor qu’à partir du Ier siècle de notre ère (Gury 1982). Les constellations – dont celles des signes 1. 1. Hagios Eleutherios (Theotokos Gorgoepikoos), Athènes, détail de la frise du calendrier réemployée sur la façade. (Photo © Ferrand, 2014). 56 Angelique Ferrand 2. 2. Hellín, mosaïque de pavement d’une villa, fin du IIe siècle-milieu du IIIe siècle ap. J.-C., Musée archéologique de Madrid. (CC-BYSA-4.0 Miguel Hermoso Cuesta, 2014, Wikimedia Commons). du Zodiaque – sont fondées sur un processus de schématisation de la répartition des étoiles. Les figures ainsi distinguées ont fait l’objet d’une mythologisation inaugurée par les Phénomènes d’Aratos de Soles et amplifiée par la suite dans les traductions et commentaires latins1. Les récits catastérismiques visent à ancrer dans la mémoire les connaissances relatives aux astres de manière générale en expliquant chaque figure et ses caractéristiques, ses gestes, sa position, sa posture, etc. Ils sont ainsi les véhicules d’informations de localisation dans un ciel idéalisé mais aussi d’indications calendaires (Soubiran 2005; Carruthers 2002, p. 41). Au-delà de sa dimension mnémotechnique, le fonds mythologique porté par les catastérismes constitue un répertoire visuel riche pour la tradition iconographique du Zodiaque. Dès les premiers siècles de notre ère, le Zodiaque va véritablement se dégager de la tradition purement astronomico-astrologique pour participer à une iconographie davantage symbolique, comme synthèse du cosmos (Gury 1982). Le développement autonome du Zodiaque a été favorisé par des objets et décors monumentaux issus d’un contexte impérial mettant en valeur le concept d’éternité ainsi que la domination cosmique d’une divinité ou de l’empereur (Musso 2000). Sur la voûte du temple d’Hercule à Sabratha, l’apothéose de Marc-Aurèle donne à voir ce dernier porté par un aigle pour passer à travers le cercle zodiacal2. Le Zodiaque, cercle de figures catastérisées, traduit ainsi le fait que l’apothéose → Architettura, geometria e astronomia impériale correspond à l’outrepassement des limites spatiales et temporelles terrestres, humaines pour atteindre l’au-delà et le divin (Ghedini 2001). Quant aux Mois, ils ont d’abord été personnifiés durant l’Antiquité par des figures allégoriques plutôt statiques et associées aux fêtes (Le Sénécal 19211923). Au cours des IIIe et IVe siècles, les allégories des mois sont devenues des Occupations des mois à proprement parler en prenant l’apparence de personnages en mouvement, occupés à des activités spécifiques au fil des saisons et du calendrier3. L’un des plus anciens témoignages de l’association figurative des mois avec les signes du Zodiaque pourrait être la frise dite du Calendrier d’Athènes. Cette frise a été réemployée au XIIe siècle, voire au XIIIe siècle, dans la façade de l’église de la Petite Métropole (Hagios Eleutherios ou Theotokos Gorgoepikoos) à Athènes [Fig. 1]. Sa datation, sujet à polémique, est à situer dans la première moitié du IIe siècle (Palagia 2008). Les Occupations des mois et les signes du Zodiaque font partie plus largement des thèmes iconographiques cosmologiques qui ont connu un grand succès notamment sur les mosaïques de pavement tardo-antiques, tel celui de la villa située à Hellín (fin du IIe siècle-milieu du IIIe siècle ap. J.-C.) [Fig. 2]4. Ce décor a été organisé par un maillage ornemental géométrique qui délimite notamment des octogones. Dans ces derniers, les mois et/ou les signes zodiacaux ont été fusionnés sous la forme de personnifications anthropomorphes ou zoomorphes accompagnées 57 3. 3. Bâle, Universitätsbibliothek, ms. F III 15a, fol. 23. Numérisé : https:// www.e-codices. ch/en/list/one/ ubb/F-III-0015a. (Domaine public CC0 1.0). par la divinité tutélaire du mois dont le nom est inscrit en abrégé en dessous, de sorte que différentes informations relatives au ciel et à des questions de temporalité se trouvent entremêlées sur le décor du sol (Stern 1965). 4. Des repères astronomiques aux rythmes liturgiques C’est en grande partie par le biais de leur appartenance à une tradition encyclopédique scientifique que les Occupations des Mois et les signes du Zodiaque ont été transmis au Moyen Âge. Les textes copiés et commentés qui relèvent de cette tradition sont souvent accompagnés de compositions diagrammatiques qui réunissent et mettent en réseau les différentes unités spatiales et temporelles (Obrist 1996; 2004). D’une part, dans l’espace construit du manuscrit, les 58 4. Saint-Gall, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 250, fin du IXe siècle, p. 497. Numérisé : https://www.ecodices.ch/en/ list/one/csg/0250 (Domaine public CC0 1.0). Angelique Ferrand signes du Zodiaque et les Occupations des mois ont été utilisés dans ces “images classificatrices” qui reposent notamment sur des formes géométriques et compositions concentriques (Schmitt 1989). L’aspect géométrique de ces compositions traduit à la fois le processus d’ordonnancement des repères spatiaux et temporels tout autant que leur dimension synthétique et cosmique. Les préoccupations astronomiques, computistiques et cosmologiques sont étroitement liées au cours du Haut Moyen Âge. Le développement du comput pour le calcul des fêtes mobiles de l’année dans lequel les mois et les signes du Zodiaque constituent des repères a favorisé leur essor. De fait, l’essor du comput répond à un besoin de lier les rythmes de la vie terrestre avec l’ordre d’origine divine du cosmos (Garcia Aviles 2001). Les correspondances entre les rythmes mensuels et célestes et ceux du Zodiaque en relation avec le Soleil, sont mis en valeur dans les textes – en particulier chez Bède et son De temporum ratione – ainsi que dans les images5. Dans un manuscrit datant des alentours de 800 et provenant de l’abbaye de Fulda, on trouve l’un des plus anciens témoignages picturaux de la tradition médiévale des signes du Zodiaque [Fig. 3]6. Ces derniers sont disposés dans une composition circulaire concentrique qui fait partie d’un ensemble de figures portant notamment sur des questions de comput et de cosmographie. Les figures zodiacales sont accompagnées de textes qui les mettent en correspondance avec les patriarches, les apôtres, les mois ou bien encore avec les parties du corps dans une perspective de mélothésie zodiacale. D’autre part, au cours des IXe-Xe siècles, au-delà de leur fonction pratique, les signes du Zodiaque et les Occupations des mois sont devenus des repères symboliques de l’ordre divin du cosmos. (Blume, Haffner e Metzger 2012, p. 158 ; Schmitt 2016, p. 276). Ils ont été figurés dans ce sens dans de nombreux calendriers liturgiques, comme des repères visuels dans l’espace construit du manuscrit, de manière à relier rythmes cosmiques et temps liturgique. De manière similaire, les signes du Zodiaque et les mois ponctuent un Martyrologe daté de la fin du IXe siècle. Provenant sans doute de Reichenau, ce manuscrit renferme le calendrier versifié de Wandalbert de Prüm7. Les mois sont encore proches des personnifications antiques, mais ils esquissent des gestes caractéristiques des activités mensuelles. En outre, ils prennent ici l’apparence des apôtres selon un jeux de correspondances symboliques établi dès la littérature chrétienne des premiers siècles, notamment chez Clément d’Alexandrie (Daniélou 1959 ; Jullian 2005). Le signe zodiacal est soit tenu par la personnification du mois, soit il est placé dans la partie inférieure de la scène. Personnifications mensuelles et signes zodiacaux sont placés sous des structures architecturées semblables à des portes ouvertes pour → Architettura, geometria e astronomia 5. 5. Pilier lacunaire de Saint-Pierre de Souvigny (dit Colonne du Zodiaque), conservé au Musée de Souvigny. (Cl. A. Ferrand, 2022). chaque mois. Ils introduisent le texte du martyrologe et la temporalité cyclique du sanctoral. Ces cadres architecturés sont surmontés des vers du poème de Bède, De signis duodecim mensium, qui soulignent les correspondances entre signes et mois. L’iconographie de certains signes zodiacaux présentent des similitudes stylistiques avec un recueil computistique et astronomique qui provient de Saint-Gall et renferme également l’œuvre de Wandalbert de Prüm8. Le Capricorne illustrant le corpus aratéen dans le manuscrit de Saint-Gall (p. 497) [Fig. 4] est similaire à celui du martyrologe de Wandalbert provenant de Reichenau (fol. 2r), avec ses cornes allongées et dentelées et sa queue de poisson. La position, le geste et le vase des signes du Verseau présentent également des analogies (p. 496 ; fol. 4r). Ces similitudes mettent ainsi en exergue les passerelles entre un manuscrit au contenu plutôt liturgique et un autre au contenu plus largement encyclopédique. Elles témoignent de la façon dont les connaissances astronomiques ont été orientées pour soutenir les rythmes du temps liturgique. De fait, “la valeur symbolique de ce savoir astrologique hérité des Anciens est plus forte que sa fonction pratique” et cela vaut aussi pour 59 les Mois en grande partie. (Schmitt 2016, p. 278). L’observation du ciel est aussi étroitement liée à une conception symbolique de l’espace ecclésial. L’Horologium stellare monasticum témoigne d’une observation des étoiles par les moines pour se repérer dans le ciel nocturne (Palazzo, 2002). Il s’agit d’un texte conservé dans un recueil composite qui date du XIe siècle et provient sans doute de l’abbaye de SaintBenoît-sur-Loire9. Dans ce texte, les repères astronomiques sont articulés à des repères dans l’espace monastique, en particulier autour du cloître, de manière à construire une sorte de circuit observatoire des étoiles pour repérer et ordonner l’heure des offices. Au Moyen Âge, le cosmos était perçu comme un reflet de la Cité céleste et du Paradis, tandis que le cloître, notamment par sa forme carrée, était vu luimême comme une préfiguration du Paradis et une synthèse cosmologique (Palazzo 2002, p. 43). Ainsi, dans ce texte s’entrelacent la construction pratique – astronomique – et symbolique du calendrier liturgique, ainsi que la perception symbolique et idéalisée de l’espace construit. Cette dimension cosmique accordée au cloître et son rapport aux rythmes, cosmiques, calendaires ou bien encore liturgiques, ne sont pas sans évoquer le pilier de Saint-Pierre de Souvigny (1130-1150)10. À l’origine, ce pilier prenait sans doute place dans un cloître. Aujourd’hui lacunaire, il rassemblait sur son pourtour les signes du Zodiaque, les Occupations des mois, les Peuples de la terre ainsi qu’un bestiaire, autant de thèmes composant une synthèse cosmologique, à la fois temporelle et spatiale, astronomique et géographique, mise en relation avec l’espace idéalisé du cloître (Stratford 2005). [Fig. 5] Dans le Psautier d’Utrecht, le cercle du Zodiaque sert de muraille symbolique et cosmique à la Jérusalem céleste11. Au folio 36 du manuscrit produit près de Reims dans la première moitié du IXe siècle, la Croix tenue par le Christ-Logos s’insère entre les signes zodiacaux des Poissons et du Bélier, repères de la fin de l’hiver et du début du Printemps, tenant lieu d’alpha et oméga [Fig. 6]. Le signe de la Vierge est quant à lui positionné dans l’axe de la Croix comme une subtile allusion à l’Incarnation. Les bustes du Soleil et de la Lune flanquent la partie supérieure de cette muraille céleste. L’articulation entre les rythmes cosmiques et le temps de l’historia chrétienne est traduite visuellement dans cette image synthétique. Cette image nous paraît témoigner que, de part sa dimension à la fois temporelle et spatiale, le cercle zodiacal contribue à la construction symbolique et concrète de l’e(E)cclesia. siècle que les signes du Zodiaque et les Occupations des mois ont été figurés dans les décors monumentaux des églises. Les premiers exemples connus sont des signes du Zodiaque figurés en hauteur et à l’extérieur sur des plaques sculptées quadrangulaires en bas-relief. Trois cycles sculptés de ce type ont été retrouvés à Lyon et sont aujourd’hui conservés au Musée Gadagne et au Musée des moulages de l’Université Lumière – Lyon 2. Deux d’entre eux proviennent de l’Île-Barbe et ont été réemployés dans des édifices lyonnais. Le troisième cas provient de l’église Sainte-Foy-lès-Lyon et ses éléments auraient été réemployés pour former une horloge solaire [Fig. 7]. Leur format quadrangulaire et la présence d’inscriptions témoignent d’une influence des enluminures de manuscrits, en particulier des listes de constellations copiant des textes hérités de l’Antiquité. Le corpus que nous avons réuni et indexé dans une base de données comporte 239 occurrences des signes du Zodiaque et des Occupations des mois, associés ou non, dans des décors monumentaux d’églises en France et en Italie essentiellement, mais aussi en Espagne, en Allemagne ou bien encore au 6. Psautier d’Utrecht, Utrecht, Universiteitsbibliotheek, ms. 32, fol. 36, vers 820-835, prov. abbaye d’Hauvillers (près de Reims). Numérisé < http://www. utrechtpsalter. nl/#digital-edition> (Domaine public CC0 1.0). 7. Lyon, relief provenant de Sainte-Foy-lèsLyon, XIe siècle, Lyon, musée Gadagne. Le Capricorne. (Photo © Ferrand, 2015). 6. Rythmer l’espace ecclésial des signes et images du temps Il s’agit ensuite de nous intéresser à la répartition dynamique de ces images liées à la fois à l’espace et au temps dans l’édifice ecclésial. C’est à partir du XIe 60 7. Angelique Ferrand 8. 8. Chartres, Notre-Dame, déambulatoire sud, baie n°28, verrière 28a, vers 12171220. Détail, au centre, le mois de janvier et le signe du Verseau. (Photo © Ferrand, 2015). Royaume-Uni, entre le XIe siècle et la fin du XIIIe siècle (Ferrand 2017). Les occurrences répertoriées sont des peintures murales, des décors de pavement, des vitraux et surtout des ensembles sculptés. L’iconographie des figures zodiacales est héritée de l’Antiquité avec des resémantisations chrétiennes qui ne sont pas systématiques et ont été nourries par la tradition textuelle, notamment par les écrits de Zénon de Vérone, Jean Scot Erigène ou bien encore par la glose du De signis duodecim mensium de Bède12. Par exemple, le signe de la Vierge est fréquemment associé à Marie et la Balance est souvent présentée dans la perspective de l’Incarnation du Christ Rédempteur et du Jugement Dernier. Les scènes des Occupations des mois donnent quant à elles à voir des activités agricoles au fil des saisons, mais aussi des activités non laborieuses, évoquant par exemple le renouveau du Printemps avec Marcius Cornator ou bien enco→ Architettura, geometria e astronomia re le début et la fin de l’Année avec Janus bifrons13. À Notre-Dame de Chartres, le mois de Janvier tricéphale fait allusion à la Trinité [Fig. 8]. La majorité des calendriers médiévaux monumentaux débutent par janvier, sans que cela n’ait de rapport ni avec le début de l’année civile ni avec le début de l’année liturgique (Schmitt 2016, p. 277). Dérivant du calendrier julien, le calendrier médiéval a perpétué l’usage de faire débuter l’année en janvier en fonction de l’année solaire. L’assimilation du Christ à l’année et au Soleil a sans doute favorisé le maintien de cet usage. Le sens de lecture est le plus souvent horaire puisque cela concerne près de 71 % des cas. L’exploitation statistique de ce corpus permet aussi d’observer la répartition des images des mois et des signes du Zodiaque dans l’espace construit de l’église et de faire valoir que le portail fut une zone privilégiée avec 90 exemples, soit 38 % du corpus global 61 mouvement ascendant et symétrique par rapport au centre de la voussure. Ils traduisent ainsi en images le dépassement des “limites entre le ciel et la terre” par le Christ et mettent en valeur l’éternité divine (Schmitt 2016, p. 509). Cela n’est pas sans rappeler le rôle joué par le cercle zodiacal dans les scènes d’apothéose antiques évoquées précédemment. En outre, l’Ecole de Chartres était un centre particulièrement important au Moyen Âge pour l’étude du quadrivium. À l’intrados de l’arc triomphal de SaintHilaire-le-Grand de Poitiers, les signes du Zodiaque ont été peints à la fin du XIe siècle sans les scènes des Occupations des mois. [Fig. 10] Seuls les noms des mois accompagnent en effet les figures zodiacales disposées dans des méandres de rubans plissés formant une frise géométrique dont le module central est une croix. Or, la croix est présentée comme l’axe et la mesure du monde dès la tradition patristique, de sorte que ce signe a une dimension cosmique qui entre en résonnance avec les douze signes du ciel (Prieur 2006). Ce cycle zodiacal introduit un cycle d’épisodes de l’Apocalypse peints au-dessus des sept arcades couronnant l’autel et débutant avec la traduction visuelle de la “porte ouverte du ciel” et de la “voix” évoquées dans le texte15. Ainsi, la temporalité cosmique des signes du Zodiaque ouvre ici vers le “temps eschatologique” et la Cité céleste (Le Goff 1982, p. 148-149; 2011, p. 11). Les signes du Zodiaque et les Occupations des mois sont également récurrents sur des décors de pavement, surtout dans la première moitié du XIIe siècle. La plupart sont localisés dans le chœur ou dans la crypte. Par leurs thèmes et leur organisation ordonnée à la manière des schémas cosmologiques des manu- [Tableau 1]. Le portail est une zone de tension entre extérieur et intérieur, associée symboliquement à l’idée d’une transformation spirituelle. La deuxième zone privilégiée pour la représentation de ces thèmes est le chœur avec 70 exemples soit 29 % des occurrences, une zone rayonnante de sacralité et ouverte vers les cieux par la liturgie célébrée sur l’autel. Dans ces deux principales zones, les supports sont également intéressants de par leur forme et leur position. Dans l’ensemble du corpus, les deux supports les plus fréquents, la voussure et l’intrados d’arc, sont de forme semi-circulaire, sculptés et/ou peints [Tableau 2] . Ils marquent les deux pôles de l’édifice, la porte et le chœur. On peut ajouter que l’intrados est principalement celui de l’arc triomphal, tandis que la voussure en question est souvent celle de l’archivolte du portail central. Autrement dit, il s’agit de positions axiales et dominantes. Le décor souligne ainsi les dynamiques architecturales de l’église14. Au seuil de l’église et du sanctuaire, la figuration des douze signes du ciel donnent à voir symboliquement l’ouverture de la porte du ciel (Ferrand 2020). En effet, l’église est désignée comme la Porta coeli dans la liturgie de dédicace, expression empruntée à la Genèse (Gn 28, 17) (Treffort 2014). Associé aux Occupations des mois, aux rythmes de la vie terrestre, le Zodiaque opère et rend visible la rencontre entre la terre et le ciel qui a lieu dans l’église14. Sur l’un des portails de la façade occidentale de Notre-Dame de Chartres (vers 1145-1155), Zodiaque et Occupations des mois prennent place sur les deux voussures surmontant l’Ascension du Christ [Fig. 9]. Signes du ciel et scènes terrestres alternent sur les deux arcs et sont disposés en quatre groupes selon un 62 Zone concernée Portail Chœur Nef Autre Occurrences 90 70 22 57 Soit 38% 29% 9% 24% Principaux supports Nombre d’occurrences Soit Mur hémicycle de l’abside 16 6,7% Arc (intrados) 35 14,6% Chapiteau 14 5,9% Pavement 32 13,4% Piédroit 14 5,9% Voussure 52 21,8% Autre 76 31,8% tab 1. Répartition des signes du Zodiaque et/ou des Occupations des mois entre les principales zones de l’édifice ecclésial, XIe-XIIIe siècles. tab 2. Répartition des signes du Zodiaque et/ou des Occupations des mois dans l’architecture ecclésiale en fonction des supports, XIe-XIIIe siècles. tab 1. tab 2. Angelique Ferrand 9. Chartres, NotreDame, portail nord de la façade occidentale, vers 1145-1155, l’Ascension et les deux voussures faisant alterner les signes du Zodiaque et les Occupations des mois. (Photo ©. Ferrand, 2015). 10. Poitiers, SaintHilaire-le-Grand, fin du XIe siècle, arc triomphal peint des signes du Zodiaque accompagné des noms des mois. (Photo © Ferrand, 2015). 9. scrits, ces pavements donnent à voir une synthèse du cosmos. Sur le pavement du chœur de la cathédrale d’Aoste daté du milieu du XIIe siècle, différentes unités spatiales et temporelles participent ainsi à une synthèse cosmique au cœur de l’église. De fait, cela rejoint la conception symbolique de l’espace ecclésial, exprimée ainsi par Honorius Augustodunensis au XIIe siècle, “aux quatre angles de l’église sont les quatre parties du mondes”16. Dans le même ordre d’idée, le pavement de la crypte de San Savino de Piacenza réalisée au cours de la première moitié du XIIe siècle donne à voir les signes du zodiaque et les Occupations mensuelles associés dans douze médaillons disposés sur un fond marin schématisé par des chevrons blancs et noirs [Fig. 11] (Nicklies 1995 ; Barry 2007). Les vers du De signis duodecim mensium de Bède reprenant les Églogues d’Ausone sont inscrits dans la bordure des médaillons et renforcent la mise en correspondance des signes du ciel et des activités mensuelles. À Saint-Philibert de Tournus, le déambulatoire a été orné vers 1200 d’un cycle de médaillons avec les signes du Zodiaque alternant avec les Occupations des mois [Fig. 12]. Les figures sont disposées de manière à rayonner autour du sanctuaire de sorte que celui-ci se trouve inscrit dans cette synthèse cosmologique qui lie la temporalité liturgique aux rythmes cosmiques. Ainsi, dans ces décors ancrés dans une architecture efficace, le ciel et la terre, l’ordre du cosmos et les rythmes terrestres ont été associés à travers les Occupations des mois et les signes du Zodiaque. → Architettura, geometria e astronomia 10. 63 Éléments séparateurs Nombre d'occurrences Soit Arcature 16 6,7% Frise continue 21 8,8% Médaillons 56 23,4% Médaillons et arcatures 3 1,3% Médaillons et panneaux 4 1,7% Panneaux quadrangulaires 55 23 % Par claveau 17 7,1 % Par claveau et par socles radiants 7 2,9 % Rayons 5 2,1 % Rinceaux 6 2,5 % Socles radiants séparateurs 5 2,1 % Autre 20 8,4 % Indéterminé 24 10 % De fait, la manière dont sont disposés ces cycles témoigne d’une certaine “spatialisation symbolique” de ces images liées au(x) temps (Marchesin 2015, p. 215). Les formes semi-circulaires et circulaires, au pouvoir évocateur du fait de leur dimension cosmique, sont fréquentes dans l’iconographie du cycle du Zodiaque et des Occupations des mois. “Le cercle engendre la sphère, image cosmique déposée dans la main de Dieu ou celle de l’Empereur ; il se manifeste dans le schème omniprésent de la roue : perpétuel retour, totalité spatio-temporelle du Zodiaque, roue de Fortune, thème médiéval inépuisable offert aux moralistes, aux écrivains, aux peintres et sculpteurs” (Zumthor 1993, p. 23). Au-delà de la forme de la composition, les rythmes du calendrier sont également mis en valeur par la répétition de certains motifs, souvent géométriques ou d’origine géométrique, mais aussi de rinceaux, aussi bien dans les décors monumentaux que dans les manuscrits. Ces ornements itératifs soulignent l’ordre, celui du cosmos dont les rythmes sont mis en relation avec les rythmes de la vie humaine. Les médaillons circulaires et les panneaux quadrangulaires sont les formes les plus fréquemment utilisées pour mettre en ordre et en réseau les signes et images du calendrier [Tableau 3]. Sur les voussures, les claveaux, mais aussi parfois des socles disposés de manière rayonnante, compartimentent l’arc et soulignent ainsi l’organisation concentrique du portail. 64 tab 3. Eléments séparateurs dans les cycles des Occupations des mois et/ou des signes du Zodiaque figurés dans le décor ecclésial, XIe-XIIIe siècles. tab 3. L’utilisation des médaillons est particulièrement intéressante. Le médaillon ou clipeus est une forme à dimension cosmique héritée de l’Antiquité (L'Orange 1953; Musso 2000). À Vézelay, sur le portail central de l’avant-nef de la Madeleine (vers 1120-1130), le double cycle du Zodiaque et des Occupations des Mois est complété d’autres unités temporelles. On trouve notamment les Saisons ou bien encore l’Ancienne année portée par la Nouvelle, tandis que les Peuples de la Terre – et surtout des confins de la Terre – sont figurés en dessous [Fig. 13]. Cet ensemble cosmologique soutient le thème de l’évangélisation du monde créé. Sur la voussure dite du Calendrier, les signes du ciel alternent avec les scènes mensuelles terrestres. Le médaillon circulaire est le module de cette mise en liste spatio-temporelle qui fait résonner ensemble différentes temporalités, polarisées par l’éternité eschatologique. Dans le cycle des Occupations des mois, ce ne sont pas seulement des activités agricoles qui sont données à voir. Ainsi, dans le médaillon du mois de décembre, le personnage attablé tient dans sa main une coupe, allusion au calice eucharistique, de sorte que les rythmes liturgiques s’inscrivent dans les rythmes saisonniers et plus largement cosmiques [Fig. 14]. On retrouve cette même figure et cette idée dans la verrière de Notre-Dame de Chartres [Fig. 8, 15]. Les signes du Zodiaque et les Occupations des mois sont disposés de manière ascendante et géométrique dans des médaillons cirAngelique Ferrand 11. Piacenza, San Savino, crypte, décor de pavement en mosaïque, XIIe siècle. (Photo © Ferrand, 2012). 12. Tournus, SaintPhilibert, vestiges du pavement du déambulatoire, vers 1200. (Photo © Ferrand, 2017). 11. culaires et des quadrilobes. Ce calendrier est dominé par le Christ trônant sur un autel, tenant le Livre et flanqué de l’alpha et de l’oméga. Cette iconographie traduit visuellement la perspective eschatologique de la liturgie. Dans le registre inférieur, à l’aide d’une corde parallèle à l’axe vertical du cycle calendaire, un moine sonne les cloches qui entrent en résonnance avec les différentes temporalités ainsi réunies17. Conclusion À plusieurs niveaux et dès l’Antiquité se nouent autour du Zodiaque et des Occupations des mois un ensemble d’imbrications sémantiques entre données spatiales et temporelles. Repères dans les manuscrits liturgiques dès le IXe siècle, signes du Zodiaque et scènes mensuelles scandent le lieu ecclésial, depuis l’arc du portail jusqu’à l’arc du chœur, en passant par le décor du sol. Dans le même temps, ils entrent en résonnance avec plusieurs temporalités, celle du tem- → Architettura, geometria e astronomia 12. 65 13. poral, du sanctoral ou bien encore avec la “temporalité eschatologique” (Le Goff, 2011, p. 11). Les signes du Zodiaque, en particulier, témoignent aussi d’une perception symbolique de l’architecture ecclésiale articulée à son modèle céleste et comme synthèse cosmique. La figuration conjointe des signes du ciel et des scènes mensuelles terrestres dans le décor ecclésial témoigne non seulement de la volonté de faire coïncider rythmes liturgiques et rythmes cosmiques, mais aussi de soutenir la conjonction entre terre et ciel dans l’église. En filigrane de ces deux thèmes iconographique se dessine l’articulation entre l’église terrestre et son modèle, la Jérusalem céleste, à la fois comme allégorie de l’Église et comme principe eschatologique (Christe 1996). Comme l’a souligné Jean-Claude Schmitt, “dans les tympans romans […] comme dans les calendriers des manuscrits, la présence du zodiaque rappelle et magnifie l’ordre cosmique de la Création” (Schmitt 2016, p. 278). Note 1. Une dense bibliographie porte sur ces questions (Martin 1955 ; Bakhouche, Moreau et Turpin (éd.) 1996). fresque, abside ouest du temple d'Hercule, règne de Commode (180-192), apothéose de Marc-Aurèle. 3. Sur ces questions, voir notamment les travaux d’Henri Stern (Stern 1953 ; Stern 1955). 4. Conservé au Musée archéologique de Madrid. 2. Sabratha, 66 14. 13. Vézelay, SainteMarie-Madeleine, portail central de l’avant-nef, vers 1120-1130. (Photo © Ferrand, 2015). 14. Vézelay, SainteMarie-Madeleine, portail central de l’avant-nef, vers 1120-1130, détail de la voussure du calendrier se terminant avec le mois de décembre en bas, surmonté du signe du Capricorne et de l’Ancienne Année portée par la Nouvelle (?). (Photo © Ferrand, 2015). Angelique Ferrand 15. Chartres, Notre-Dame, déambulatoire sud, baie n°28, verrière 28a, vers 12171220. (Cl. A. Ferrand, 2015) 15. 5. Notons au passage les travaux portant sur l’analyse lexica- le du vocabulaire touchant au “temps” chez Bède et plus largement dans la Patrologie latine (Frigault Hamel 2018). 6. Bâle, Universitätsbibliothek, ms. F III 15a, fol. 23. Numérisé: https://www.e-codices.ch/en/list/one/ubb/FIII-0015a (Obrist 2001). 7. Martyrologe de Wandalbert, Bibliothèque Vaticane, Reg. Lat. 438, prov. Reichenau ou Saint-Gall (?), fin du IXe siècle, fol 2r à 27v (Numérisé http://digi.vatlib.it/view/ MSS_Reg.lat.438 ). → Architettura, geometria e astronomia 8. Saint-Gall, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 250, fin du IXe siècle. Numérisé: https://www.e-codices.ch/en/list/one/ csg/0250 9. Oxford, Bodleian Library, ms. Bodley 38 (S. C. 8849), part. 2, fol. 19v-23v. 10. Aujourd’hui conservé au musée de Souvigny. 11. Psautier d’Utrecht, Utrecht, Universiteitsbibliotheek, ms. 32, fol. 36, vers 820-835, prov. abbaye d’Hauvillers (près de Reims). Numérisé < http://www.utrechtpsalter. nl/#digital-edition> 67 12. Zénon de Vérone, Tractatus XLIII, Ad Neophitos…VI, PL XI, col. 492-496 ; Jean Scot Érigène, Carmina, IX, 100, PL 122, col. 1238 ; Bède, De temporum ratione, XVI, De signis duodecim mensium, Glossae. PL 90, col. 361. (Ferrand 2017). 13. L’historiographie du sujet est marquée par les travaux de Mane, Castiñeiras, Jullian et Le Luel (Mane 1983 ; Jullian 1995 ; Castiñeiras 1996 ; Le Luel 2009). 14. Sur le rapport entre ces thèmes iconographiques et leur localisation, voir aussi les travaux de Wittekind et Le Luel (Wittekind 2013 ; Le Luel 2016). 15. Ap. 4, 1. (Klein 2002, p. 466). 16. Honorius Augustodunensis, Gemma Animae, PL 112, col. 1023C. 17. Sur l’importance des cloches comme marqueurs sensibles du temps, voir les remarques de Schmitt (Schmitt 2016, p. 312-319). Bibliografia Bakhouche B., Moreau A. et Turpin J.-C. (éd.) (1996). Les astres, actes du colloque international, Montpellier, 1995, Tome I : Les astres et les mythes. La description du ciel. Montpellier: Université P. Valéry. Barry F. (2007). Walking on water : cosmic floors in Antiquity and Middle Ages. In Art Bulletin, 89/4, p. 627-656. Blume D., Haffner M., Metzger W. (2012). 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Parole chiave The paper presents reflections and characteristics of ways to approach and learn about objects and phenomena related to Astronomy, through different languages and codes of expression. These works are developed within the framework of research in the didactics of Geometry and Astronomy, with a focus on what aids and what hinders learning. Pluralità di linguaggi Didattica dell’Astronomia e della Geometria Osservazione diretta Costruzione di monumenti e strumenti Invenzioni Nicoletta Lanciano Sapienza Università di Roma → [email protected] 71 Introduzione “Prima farò alcuna esperienza, avanti ch’io più oltre proceda, perché mia intenzione è allegare prima la sperenzia e po' con la ragione dimostrare perché tale sperenzia è constretta in tal modo ad operare; e questa è la vera regola come li speculatori delli effetti naturali hanno a procedere”1. Anche in opere nate nell’ambito dell’insegnamento e della ricerca didattica della geometria e dell’astronomia “esiste un patrimonio culturale visibile e intangibile, fortemente connesso all’evoluzione del pensiero scientifico di carattere astronomico” come è indicato nella presentazione della giornata di studi Rappresentare il tempo. Inoltre, se è vero, cito ancora dalla presentazione della giornata di studi, che anche nell’azione didattica “la geometria e il disegno e più in generale le costruzioni tridimensionali aiutano a comprendere il movimento dei corpi celesti nello spazio e a rappresentarli in terra”, anche altri mezzi e altri codici espressivi, aiutano ad affrontare ostacoli, difficoltà ed errori e a mettere attenzione sulle “buone idee, le domande e le trovate” prodotte da insegnanti e studenti. Mi occupo di didattica dell’Astronomia e della Geometria, quindi di aspetti di comunicazione e di insegnamento. Studio difficoltà e buone pratiche di carattere cognitivo, epistemologico, sensoriale, linguistico: le cerco nella storia della scienza e in manufatti artistici e tecnologici, le metto in evidenza nell’insegnamento e trovo che molto spesso non sono affrontate in modo esplicito nei manuali. Per questi motivi gli errori, le incertezze e le invenzioni dei miei collaboratori ma anche di allievi, studenti universitari e insegnanti in formazione, sono preziosi indizi e materiale per la ricerca. In Astronomia ciò che sappiamo non è direttamente ciò che percepiamo guardando, e questa discrepanza produce un “ostacolo inevitabile” (Sbaragli 2005, pp. 57-71), infatti neanche il nostro corpo percepisce la rotazione della Terra! Costruiamo, con esperienze e riflessioni, un modello mentale in cui convivono la percezione e il linguaggio di una visione topocentrica locale in cui noi vediamo il Sole sorgere a oriente e diciamo “il Sole sorge”, con la consapevolezza dell’utilità e della fondatezza di un modello eliocentrico globale, in cui è la rotazione della Terra che produce la visibilità del Sole ad oriente, e molto altro. Ma sugli ostacoli che sono evitabili serve creatività, fantasia, e più lingue, e più linguaggi, più codici semiotici sappiamo usare, più saremo in grado di proporre percorsi efficaci per aiutare a mettere in dialogo e in accordo, ciò che vediamo con ciò che sappiamo, ciò che vediamo da un certo punto sulla superficie del pianeta e ciò che può essere visto considerando uno spazio più grande, in cui gli oggetti sono i corpi celesti, la Terra, il Sole e la Luna, e poi oltre, 72 lo spazio cosmico. In questo percorso più discipline prendiamo in considerazione, di quelle codificate e separate nell’Accademia (ma tutto questo la natura non lo sa, come possiamo dire parafrasando Faraday) più aiuteremo tanti, bambini e adulti con le loro diverse modalità conoscitive, ad avvicinarsi davvero alla comprensione di carattere spazio-temporale dei fenomeni astronomici. Scrive Oreste Brondo “in questa libertà di connettere, di mettere in comunicazione dinamica quelle aree del conoscere e dell'esplorare che l'uomo per comodità ha suddiviso in discipline, consiste uno degli sfondi integratori assai utili per esplorare e cercare di decodificare il complesso di fenomeni che accade intorno a noi”2. Per fare ricerca su ciò che esplicito in seguito attraverso alcuni esempi, sono necessarie anche libertà di pensiero e di azione, e per questo ho spesso cercato un fuori luogo, un luogo protetto dove lavorare e ricercare, nelle attività del Movimento di Cooperazione Educativa e presso la Casa-laboratorio di Cenci, in Umbria. Qui dai primi anni Ottanta abbiamo iniziato a tentare, inventare e poi trasferire i risultati di queste ricerche esperienziali, per quanto possibile e con opportune modifiche, anche nelle strutture universitarie, nelle scuole, nei parchi, nei musei, in Italia e all’estero. Il corpo e il suo movimento sono strumenti essenziali ed irrinunciabili in questo percorso, nella convinzione che, come sostenuto anche da illustri matematici, senza movimento non si sarebbe potuta inventare la geometria. E il movimento è indispensabile per capire la geometria: stare seduti in un’aula non basta! Scrive ancora Oreste Brondo che “il nostro lavoro sulla percezione è ben descritto dalla frase di Wittgenstein che si trova sul suo testo Osservazioni sui colori ‘si osserva per accorgersi di cosa non ci si è accorti quando non si osservava’. Osservare non è guardare, imparare a memoria e ripetere, quanto piuttosto costruirsi degli strumenti di indagine che ti permettano di guardare l'oggetto della tua attenzione da diversi punti di vista, cogliere aspetti e organizzare in una rete di relazioni ciò che appunto stai osservando, capire ciò che guardi e questo lo puoi fare in modo proficuo, se hai acquisito degli strumenti, alcuni dei quali fanno parte delle nostre naturali facoltà percettive e di ragionamento, mentre altri ancora hanno a che fare specificatamente con la cultura. L'arte ci dà degli strumenti che scopriamo, in diversi casi, connessi profondamente con la scienza e la matematica”3. In questo lavoro ci siamo subito resi conto che erano necessarie delle invenzioni per sostenere attività di osservazione diretta del cielo, con una modalità che fosse efficace nel mantenere la connessione con la natura, di giorno e di notte. Per questo abbiamo inventato strumenti, monumenNicoletta Lanciano ti che si fanno nel tempo di un dì o di una notte, che si trasformano nel passare da una situazione ad un’altra, da una scuola ad un parco, da un emisfero della Terra ad un altro. Nel costruire i nostri strumenti ci prendiamo cura della bellezza degli oggetti, della loro solidità perché possano essere usati e abitati nel tempo e in sicurezza, della loro correttezza rispetto a ciò su cui vogliamo lavorare e quindi siano di aiuto, e non di ostacolo o disturbo, alla conoscenza percettiva ed esperienziale, e capaci di generare domande. Nella ricerca ci siamo chiesti: perché di solito le persone, anche adulte, anche colte, nel nostro mondo occidentale non capiscono perché il Sole non può essere ogni giorno sopra le nostre teste, allo Zenit, a mezzogiorno da noi in Italia, e perché non riescono ad interrogarsi su alcuni fatti quotidiani come le fasi della Luna? E perché credono a “orrori comunicativi” dei media e della rete, quali “il mese prossimo Marte si vedrà grande come la Luna”? La risposta è in parte legata al fatto che di questi fenomeni non si può solo leggere sui libri, e guardare in supporti piatti ma per poterci ragionare serve mettere in connessione il mondo intorno a noi e l’immagine che ci costruiamo dei suoi movimenti: è necessario guardare nello spazio tridimensionale e trovare modi di registrare ciò che si osserva per poter fare previsioni e trovare conferme e smentite, ragionare con altri, arrivare a costruire modelli mentali e strumenti concreti che chiariscono i vari tasselli di un puzzle. La nostra prospettiva è quindi multidisciplinare, e include gli artigianati e la manualità. Gli strumenti, le attività e le costruzioni presentati in seguito sono ampiamente decritti con indicazioni pedagogiche nel mio testo Strumenti per i giardini del cielo, che ha la prefazione di Margherita Hack. successive, che la memoria non riesce a trattenere perché in cielo non ci sono riferimenti. Per questo ho ideato un’attività che consiste nel seguire il Sole nel cielo e nel materializzare le sue posizioni successive, osservate da un punto ben preciso dello spazio. Recuperiamo in tal modo anche un’attenzione ad aspetti simbolici legati alla luce e all’ombra. Ogni ora circa piantiamo in terra una canna di bamboo nella direzione del Sole. Le canne sono piantate su un arco di cerchio del raggio di circa un metro con centro in chi traguarda attraverso un occhiello posto su un paletto fissato in terra, proteggendosi gli occhi con gli occhiali da eclisse. Attacchiamo poi un piccolo “sole” nel punto della canna in cui dal nostro occhiello, quel “sole” copre il Sole vero in quell’istante e tendiamo un filo tra la canna e l’occhiello. La prima volta i fili li abbiamo legati ad un grosso sasso, ma il nostro punto di vista era a terra ed era molto scomodo. Alla fine della giornata il “monumento” ci restituisce il percorso del Sole sopra l’orizzonte: i fili e la superficie, non sempre piana, costituita da tutti i fili tesi materializzano angoli e superfici coniche diverse, in relazione alla latitudine e al periodo dell’anno solare [fig. 1]. 1. L’invenzione delle canne di bamboo per seguire il percorso osservato del Sole in un giorno vicino all’Equinozio di Autunno (foto dell'autrice). 1. Le canne di bamboo: un’invenzione del 1983 per registrare il percorso osservato del Sole Quando ho iniziato, alla fine degli anni ’70, ad occuparmi di didattica dell’Astronomia, ho trovato che tutti poggiavano gnomoni in terra, e osservavano le ombre: per fare ciò voltavano le spalle al Sole e guardavano in terra. Questo comportava diversi problemi che si configuravano come difficoltà percettive di carattere geometrico e fisico: guardare verso nord invece che verso sud, guardare in basso invece che in alto e non dichiarare il proprio sistema di riferimento per la descrizione dei cambiamenti osservati nell’ombra. Il nostro monumento al Sole nasce dalla necessità di aiutare a registrare il percorso osservato (non uso la parola apparente di proposito) del Sole, rispetto all’orizzonte locale. Per realizzarlo lavoriamo se possibile dall’alba al tramonto. Il Sole non lascia tracce, e non è possibile disegnare nel cielo le sue posizioni → Architettura, geometria e astronomia 73 Mettiamo così un’attenzione, supportata dalla concretezza del manufatto, sulle direzioni del sorgere e tramontare del Sole in quel giorno, sull’altezza massima raggiunta dal Sole sopra l’orizzonte, sulla diversa velocità dell’astro nel cambiare azimut e altezza nei periodi del giorno vicini all’alba e al tramonto o intorno al mezzogiorno vero. Aver fatto questo lavoro per una giornata dà corpo a tanti termini, riempie il linguaggio di visioni, pone domande che permettono di ipotizzare quali aspetti variano e quali risulteranno costanti anche in altre giornate dell’anno. Questo strumento permette di cogliere la genesi dell’impianto geometrico degli orologi solari. È importante sottolineare che le canne di bamboo, che suggeriamo di utilizzare, sono assai facili da reperire, economiche e facili da tagliare e possono essere anche piantate in vasi da fiori. L’efficacia sul piano didattico di questo strumento ha fatto sì che sia stato ripetuto e utilizzato in tante scuole, e anche in attività di divulgazione scientifica presso alcuni Osservatori (Mizar) e sotto forma di piccolo modello in esposizioni di materiali didattici (Franco). I fili sugli alberi: il disegno come modalità di conoscenza Per aiutare a prestare attenzione in particolare all’allineamento tra il Sole, il raggio di luce che arriva all’occhio di chi guarda, l’occhio stesso e l’estremo dell’ombra dell’osservatore in terra, proponiamo di legare un filo ad un ramo nella direzione del Sole e fissarlo in terra passando vicino all’occhio di chi osserva. Ciò può essere utile anche in caso di difficoltà nel piantare in terra le canne. Il disegno è utilizzato in questo caso come modalità per fissare l’esperienza stessa e i gesti fatti per incorporare le conoscenze, in una fase che è di consolidamento e aiuto per la memoria. Il disegno permette di scegliere e riconoscere gli elementi essenziali di una attività e portarla ad essere una esperienza conoscitiva: il disegno della figura [fig. 2], fatto da un bambino durante un campo scuola, mostra gli elementi essenziali dell’allineamento a cui si è prestata attenzione.Emergono in tal modo la cura e il senso estetico che ciascuno mette nel lavoro e la differenza tra il disegno e la fotografia, che pure è utilissima per ripensare e, a volte, per scoprire qualcosa che ci era sfuggito nel momento del fare, ma che in questo caso potrebbe contenere elementi sovrabbondanti e di distrazione rispetto alla nostra riflessione. Ad esempio, l’albero è disegnato come se fosse spoglio per permettere di vedere il Sole attraverso i rami. che si può tradurre con “oggetto efficace costruito con amore”. È questa parola che abbiamo scelto per molti dei nostri strumenti-monumenti costruiti durante attività le educative. Avevo ricevuto un racconto sui Daiacchi del Borneo dall’amico archeoastronomo Giuliano Romano, nel 1992. Me lo aveva affidato certo che ne avrei tratto qualcosa di utile per l’insegnamento, per aiutare a vedere qualcosa dei fenomeni celesti e per affrontare ancora una volta, i problemi dati da una rappresentazione piana. Nell’osservazione notturna delle stelle la sfida era quella di tradurre angoli e lunghezze lineari … in suoni tra loro diversi e ordinati. Nel tempo di una notte intera ho proposto la registrazione del passaggio in meridiano di alcune stelle di magnitudine tale da poter essere certo riconoscibili da tutti. La nostra scelta è andata da Denebola, stella del Leone, attraverso Alkaid, Arturo, Alioth, Spica, Zuben Elghenubi, fino ad Antares stella dello Scorpione: ben quattro costellazioni dell’Eclittica erano passate in meridiano tra l’inizio e la fine dell’osservazione, ad altezze assai diverse rispetto al piano orizzontale [fig. 3]. Mi piace citare un testo, particolarmente caro, da Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar: “Una volta nella mia vita ho fatto di più: ho offerto il sacrificio di una notte intera alle costellazioni. Quella notte mi tracciò i movimenti celesti con una precisione che nessuna osservazione parziale avrebbe mai consentito di raggiungere”. È questa convinzione che mi ha portato spesso a far osservare il cielo a lungo, in situazioni residenziali, per avere il tempo di veder sorgere e tramontare le costellazioni zodiacali in punti diversi dell’orizzonte, proprio come fa il Sole quando è ospite in ciascuna di esse. E osservare costellazioni circumpolari e dare corpo e senso a parole come sorgere e tramontare, e dare una fisionomia a ciascun punto di quel grande arco di orizzonte locale orientale che va da nord a sud, passando per il punto cardinale est. 2. Disegno di bambino. 2. I nostri Utotombo: oggetti efficaci costruiti con amore (Congo) Durante la visita ad una mostra a Bruxelles negli anni Ottanta, di oggetti di uso quotidiano, provenienti dal Congo, ho incontrato la parola Utotombo 74 Nicoletta Lanciano 3. Lo schema grafico [fig. 4], del fenomeno osservato è rigoroso ma freddo e difficile da leggere. I suoni delle canne di ottone da noi prodotti, al tempo del passaggio di ogni stella in meridiano, sono tra loro diversi quando al mattino li ascoltiamo ad uno ad uno: quelli più bassi, prodotti da canne lunghe per le stelle che avevano attraversato il palo del meridiano in punti più alti del cielo si confrontavano con i suoni più acuti delle stelle che avevano compiuto un arco più piccolo, verso sud, e avevano raggiunto un’altezza minore sull’orizzonte. Nello schema grafico, O è l’occhio dell’osservatore sdraiato lungo QO, QACR sono punti dell’asse terrestre verso la Stella Polare e sono nel piano meridiano, OC e OA indicano le direzioni delle linee visuali verso due diverse stelle. L’angolo RQO è l’angolo di latitudine del luogo di osservazione. I tubi corrispondono alle lunghezze CD e AB. Se questo strumento è nato legato alla notte, è possibile costruirlo di giorno e registrare, ad esempio, l’altezza del Sole di mezzogiorno, in diversi mesi dell’anno, o della Luna in diverse fasi. → Architettura, geometria e astronomia 3. Utotombo costruito a Cenci nel 1992 per sentire i suoni delle diverse altezze angolari delle stelle in meridiano (foto dell'autrice). 4. Schema grafico delle altezze angolari meridiane di diverse stelle (elaborazione grafica dell’autrice). 4. 75 La sdraio celeste: un’invenzione per guardare il cielo nei casi limite Emma Castelnuovo (Castelnuovo 1964) ci ha insegnato a ragionare in Geometria per “casi limite” cioè estremi, ma anche con quei casi che, se studiati e osservati, aiutano a capire un fenomeno in tutti gli altri casi possibili. In Astronomia questo vuol dire ad esempio pensare a che cosa succede al Sole nei giorni dei Solstizi, oppure come si produce un fenomeno astronomico ai poli e all’Equatore. La Sdraio Celeste è uno strumento grande, da abitare con la postura del corpo e con lo sguardo. La Sdraio è formata da un piano inclinato rispetto al terreno, in modo da risultare parallelo al piano dell’Equatore, su cui è possibile sdraiarsi per guardare il cielo. Un asse parallelo all’asse del mondo, e quindi perpendicolare al piano della Sdraio e orientato sud-nord, la attraversa ed è puntato sulla stella Polare. Stare sdraiati sulla Sdraio è come stare sdraiati in terra al Polo Nord e avere la Stella Polare alta, al proprio Zenit, ma è anche come stare in piedi all’Equatore e avere la Polare bassa sull’orizzonte. Questa invenzione ci aiuta nella lettura di molti manufatti astronomici, ad esempio per capire il funzionamento dell’orologio solare equatoriale, da cui si genera, per proiezione, ogni altro tipo di orologio solare. Anche in questo caso presento lo schema geometrico di riferimento [figg. 5, 6], un disegno che si trova nei testi di gnomonica e che prende in considerazione la geometria dell’orologio solare equatoriale in relazione al piano orizzontale a una data latitudine terrestre. Nella foto [fig. 7], al fianco di un Mappamondo Parallelo "messo in posizione omotetica alla Terra" (Lanciano 2019), si vede una Sdraio Celeste costruita per la latitudine di Francoforte nel 1992, quando fummo invitati alla Fiera del libro per gestire laboratori di Astronomia all’aperto. Questo monumento-strumento è stato realizzato ad esempio a Murcia in Spagna, nel piazzale di fronte al Museo de Ciencia y el Agua, come arredo fisso vicino ad un grande Mappamondo Parallelo in pietra. Ho spesso suggerito infatti di promuovere l’educazione in Astronomia attraverso oggetti astronomici messi in spazi pubblici con l’intento di attivare la capacità di leggere gli strumenti che sono democraticamente a disposizione di tutti sulle facciate dei palazzi, in terra, nelle chiese e nelle piazze… in tante città. 5. 6. 5. Schema geometrico della costruzione della Sdraio Celeste (elaborazione grafica dell’autrice). 6. Schema di Mitsumasa Anno (Anno 1987) con un piano parallelo al piano equatoriale, e il rispettivo asse parallelo all’asse della Terra, per diverse latitudini, lungo uno stesso meridiano. La stella a sette punte e i giorni della settimana: l’invenzione di una danza Perché a lunedì, giorno della Luna, segue martedì, giorno di Marte e poi mercoledì, giorno di Mercurio...? Quale ordine in questo apparente dis-ordine? In diverse culture antiche la Luna, con il suo ciclo, aveva fornito una misura: il mese (da mensura) di 28 giorni, ossia 4 cicli di 7 giorni. Il giorno era poi diviso in 24 ore. Ogni ora era “dedicata” a uno dei 76 7. Foto della Sdraio Celeste a Francoforte (foto dell'autrice). 7. Nicoletta Lanciano 7 corpi planetari nell’ordine da Saturno, a Giove, a Marte… e ogni giorno della settimana prendeva il nome dal corpo celeste a cui era dedicata la sua prima ora. Poiché le ore sono 24 e i giorni 7, per cui si ha 24:7=3, con il resto di 3. Si ha così che nel giorno in cui la prima ora è dedicata alla Luna (ed è lunedì) anche l’ottava, la quindicesima e la ventiduesima ora sono dedicate alla Luna; quindi, la ventitreesima ora è dedicata a Saturno, la ventiquattresima a Giove e, per continuare il ciclo, la prima ora del giorno successivo è dedicata a Marte (ed è quindi martedì). Poi, con lo stesso procedimento, la prima ora del giorno successivo è dedicata a Mercurio (ed è mercoledì), poi a Giove (ed è giovedì), poi a Venere (venerdì), poi a Saturno (ed è sabato, Saturday), poi al Sole (ed è domenica, Sunday). Unendo tra loro in questo nuovo ordine i 7 corpi celesti mobili si ottiene una stella a 7 punte che nasce dallo specchiarsi nello spazio di un’organizzazione del tempo. Nella nostra rielaborazione, a partire da uno schema grafico [fig. 8], che si trova spesso nei testi che trattano di storia dell’organizzazione del tempo, in cui il ritmo dei giorni della settimana si vede nella stella a sette punte, lo abbiamo tradotto in un movimento nello spazio, attraverso l’invenzione di una danza. In terra, su un cerchio, vengono collocati nell’ordine corretto i nomi dei 7 dei planetari o dei 7 giorni della settimana. Un danzatore percorre il cammino da lunedì a martedì… percorrendo il tracciato della stella fino a tornare al suo posto. Entra poi un secondo danzatore che inizia da martedì e così fino a 7 danzatori che si muovono con lo stesso ritmo. Questa azione scenica comporta la ricerca di un ritmo adatto ad accompagnare il movimento sincrono dei partecipanti, in un lavoro giocoso e integrato di astronomia, ritmo e movimento. La pluralità dei linguaggi usati, dallo schema grafico, alla tabella con i dati numerici relativi ai pianeti, ai calcoli con i numeri 24 e 7 portano ad entrare a fondo nel ritmo e nel senso della stella a 7 punte. È questo tipo di lavoro del cimentarsi con la costruzione artigianale che ci rende capaci di una lettura più attenta dei manufatti e ci ha portato ad evidenziare un errore, probabilmente dell’artigiano, proprio nella lettura di un manufatto astronomico: la tabella Planetaria di Palazzo Spada a Roma [fig. 9], in cui il ritmo non è del tutto trasparente e nel giorno di mercoledì vi è un errore (Lanciano 2018). Siamo peraltro convinti che l’insegnamento, per essere efficace, ha bisogno di suggerimenti legati al corpo e di sguardi e parole suggerite da altre scienze e da altre arti, che aiutano a raffigurare ma anche che siano capaci di generare nuove descrizioni [fig. 10]. 8. Schema della stella dei giorni della settimana (elaborazione grafica dell’autrice). 9. Foto della Tabella Planetaria di Palazzo Spada a Roma (foto dell'autrice). 10. Foto della realizzazione della stella a sette punte nel giardino di una scuola a Roma (foto dell'autrice). Leggere e tra-scrivere Galileo in diversi linguaggi Mostro, infine, alcuni esempi del nostro costruire modelli come modalità di lettura approfondita di un testo che in questo caso è il Sidereus Nuncius di 9. 8. 10. → Architettura, geometria e astronomia 77 Galileo, scritto nel 1610 e da noi “tradotto” in oggetti dinamici nell’Anno Mondiale dell’Astronomia, a 400 anni da quelle prime osservazioni astronomiche realizzate con il telescopio. La questione percettiva che sta dietro la scelta di costruire i modelli delle osservazioni che Galileo descrive, quando possibile rispettando le proporzioni tra le parti, ha origine dal dato percettivo problematico che noi vediamo il cielo come una superficie piatta, la volta celeste, e anche il Sole e la Luna e i pianeti, che sappiamo essere sferici, li vediamo come dischi bidimensionali, e ne produciamo e vediamo disegni e foto con 2 dimensioni: il passaggio al modello in 3 dimensioni ci permette una modalità di lettura di un testo che restituisce tridimensionalità e forma corretta agli oggetti, ai movimenti reciproci, alle questioni di scala nello spazio e ai fenomeni nel tempo. In particolare, rispetto alle osservazioni di Saturno le ipotesi e le questioni poste, e non risolte, da Galileo si trovano in lettere che l’astronomo scrisse a vari amici, e nei suoi disegni. Ma furono i suoi allievi, riuniti nell’Accademia del Cimento a Firenze, il cui motto era «provando e riprovando», che trovarono una risposta alla questione della forma di Saturno che salvava tutte le apparenze e dava una spiegazione organica a ciò che da Terra era possibile vedere al passare dei mesi: arrivarono alla forma sferica circondata da un anello piatto, anche attraverso la costruzione di un modello tridimensionale e dinamico [figg. 11a-d], che osservarono ad una distanza sufficiente per vedere gli anelli inclinati in vario modo, fino a scomparire in un segmento [fig. 11c]. La bellezza del percorso di Galileo astronomo cosciente dell’essere il primo a vedere cose nuove nei cieli, la sua ricchezza di novità per la storia della scienza – i monti della Luna, i satelliti di Giove, gli anelli di Saturno – ci ha portato a tradurre la sintesi delle scoperte galileiane in un canto, mescolando ancora una volta i linguaggi dell’arte a quelli dell’artigianato, della geometria, e dell’osservazione celeste. Peraltro, Galileo ci è maestro nell’uso di una pluralità di codici: mentre osservava, stimava distanze relative e proporzioni, dettava ciò che vedeva al suo amanuense, disegnava… e nel suo nominare cose mai viste prima da alcun umano, faceva ricorso anche al linguaggio dei miti. E ben conosceva il mito che vuole il dio Saturno, feroce nell’ingoiare i suoi figli, quando Dite li partoriva, perché un vaticinio gli aveva predetto che uno di loro lo avrebbe spodestato, e così fu. Ecco che il pianeta sferico gli appariva a volte con due macchie scure e poi due macchie chiare ai lati, che, dopo aver scoperto i satelliti di Giove, gli fecero pensare a due satelliti (le macchie chiare) oppure a due satelliti chiari e due scuri, e questo accadeva quando gli anelli erano molto inclinati sull’orbita vista dalla Terra. Poi i satelliti sembravano scomparire, quando gli anelli erano visti di taglio: sembrava proprio che il dio ingoiasse i suoi figli! 78 11a-d. Diverse configurazioni viste dalla Terra di Saturno con i suoi anelli in un modello in scala (foto dell'autrice). 11a. 11b. 11c. 11d. Nicoletta Lanciano Conclusioni Bibliografia Gli strumenti e i modelli che ho scelto di presentare in questo testo sono una parte dei tanti, che abbiamo ideato e usato in modo efficace dagli anni ’80 ad oggi e che continuiamo a trasformare nella ricerca e nella pratica della cooperazione educativa. In gran parte sono nati all’aperto, spesso in natura e non solo di giorno. Sono stati inventati attraverso l’osservazione diretta del cielo, dallo studio di questo, e dall’ascolto delle difficoltà e delle "trovate" di molti. Non sono oggetti ideati solo a tavolino e bloccati in una forma definitiva, ma hanno una storia che si è arricchita degli scambi tra educatrici e educatori che condividono manualità, dialoghi, letture di libri, conoscenze, canti, valori educativi, Maestre e Maestri, viaggi in altri paesi e lingue diverse. Sono il precipitato di tutto questo e tutto questo aiuta e permette di liberare la fantasia e il senso estetico e permette di liberarsi dai confini delle discipline, delle aule scolastiche e del tempo diurno e di incontrare lo spazio tra terra e cielo. Dentro i nostri Utotombo c’è tutto questo. Brondo O. (2021). Saggio non pubblicato. Note 1. 2. 3. Leonardo da Vinci nel Ms E, folio 55 r. Estratto da un saggio non pubblicato di Oreste Brondo, 2021. Idem. → Architettura, geometria e astronomia Castelnuovo E. (1964). Didattica della matematica. Firenze: La Nuova Italia. Lanciano N. (2019). Strumenti per i giardini del cielo, IV Edizione. Triste: Asterios Editore. Lanciano N. (2018). In luna, stellis et sole – Guida alla scoperta dell’Astronomia a Roma in dodici itinerari. Napoli: Apeiron Edizioni. Lanciano N., Morellato J. (2010). Il regolo lunare di Palazzo Spada, Roma. Indagine su un errore. Atti del X Convegno SIA di Archeoastronomia. Trinitapoli (BT, Puglia), 22 - 23 ottobre 2010, pp. 187-198. Reggio Calabria: Città del Sole Edizioni. Lanciano N. (2013). L’ordine geometrico del tempo: Emmanuel Maignan e le sue meridiane a Roma. In De Rosa A. (a cura di). Jean François Nicéron. Prospettiva catottrica e magia artificiale, pp. 195-210. Roma: Aracne Editrice. Lanciano N. (2014). Le osservazioni astronomiche di Galileo. In Giannetto C., Ricciardo S., Antonello E., Mazzoni M. (a cura di). Cielo e terra – fisica e astronomia un antico legame. Atti del IX Convegno della Società Italiana di Archeoastronomia a Firenze, settembre 2009, pp. 5565. Roma: Aracne Editrice. Sbaragli S. (2005). Misconcezioni “inevitabili” e misconcezioni “evitabili”. In La matematica e la sua didattica, 1, pp. 57-71. Mitsumasa A. (1987). La Terre est un cadran solaire. Parigi: L’école des Loisirs. 79 Dettaglio del Mosaico di Alessandro, Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Foto di proprietà del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Abstract Il tempo astronomico e l'impresa eterna nel Mosaico di Alessandro Ben poco delle conquiste dell’arte nel mondo antico sarebbe stato possibile senza una corretta conoscenza scientifica e una padronanza delle tecnologie. Il contributo intende mostrare una innovativa lettura delle geometrie luminose rappresentate attraverso le ombre nel celebre Mosaico di Alessandro, grazie alle quali è stato possibile avanzare nuove ipotesi sul tempo e sul luogo preciso della battaglia di Gaugamela. Parole chiave So little of the art achievements in the ancient world would have been possible without proper scientific knowledge and control of technology. The paper aims to show an innovative reading of the light-based geometries represented through shadows in the famous Mosaico di Alessandro, through which new hypotheses about the precise time and place of the Battle of Gaugamela could be advanced. Geometrie luminose Arte Tecnologia Misurazione del tempo Tempo eterno Paolo Giulierini Direttore Museo Archeologico Nazionale di Napoli → [email protected] 81 L'avvento della tecnologia al Mann Scienza ed arte sono separate nel mondo museale italiano quasi ab origine. È banale invece ricordare come ben poco delle conquiste dell’arte del mondo antico sarebbe stato possibile senza una corretta padronanza delle tecnologie. Nel caso del Mann i reperti tecnologici provenienti da Pompei hanno accelerato sempre di più tale processo di ricongiungimento dei due mondi perché, caso unico insieme al mondo egizio, rinvenuti in gran numero e con un ottimo stato di conservazione. Spesso il mondo antico non ci ha restituito tali categorie di materiali oppure, nel migliore dei casi, gli studiosi moderni li hanno tenuti in disparte in oscuri depositi, rispetto ai più empatici e comunicativi oggetti d’arte, quasi a significarne l’estraneità dai classici temi dell’antico. Ne è conseguito, per il grande pubblico, un’idea falsa della società passata, come se fosse popolata unicamente da artisti e filosofi. In realtà già Amedeo Maiuri intorno agli anni Trenta del Novecento ebbe la felice intuizione di dar vita ad una Sezione Tecnologica nel Braccio Nuovo del Museo, poi dismessa, nella quale si contemplavano tanti settori delle scienze e delle discipline applicate (dall’idraulica, all’agricoltura, all’astronomia). Oggi il Mann, cosciente che la società antica non può essere raccontata senza ristabilire tale connubio, che la rende, tra l’altro, molto più vicina a quella attuale, ha avviato, da una parte, il progetto di rinnovo, riallestimento e ammodernamento di quella che fu la dismessa sezione tecnologica, affidandosi ad una collaborazione con il Museo Galileo Galilei, che già lavorò alla mostra “Homo Faber. Natura, scienza e tecnica a Pompei”1; in tale ambito saranno presentate l’astronomia, l’agricoltura, le tecniche di agrimensura e molto altro; dall’altra, nel frattempo, ha intrapreso un percorso di mediazione culturale, tramite mostre, eventi, convegni, per condividere tali argomenti con la propria comunità; tra le attività più significative citiamo la mostra “Le ore del sole”, dedicata al funzionamento delle meridiane di Pompei organizzata con la consulenza scientifica della prof.ssa Alessandra Pagliano, con relativo catalogo, del 2018; la successiva ristampa del volume nel 2022, aggiornata in forma monografica2; i molti progetti scientifici tesi a dare un’idea completa del mondo antico, come Mann in colours, dedicato alla restituzione delle cromie originali delle statue. Nel tempo molte sono state le mostre dedicate alla tecnologia antica romana, organizzate dal Mann all’estero o i prestiti dello stesso museo per esposizioni di contenuto affine, come quella di recente svoltasi ad Agrigento, dal suggestivo titolo “Costruire per gli dei. Come nacque la valle dei templi”. Ma sull’argomento si può andare oltre. Il senso dell’intervento di 1. Mosaico di Alessandro, Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Recente è l'identificazione del luogo di battaglia. Foto del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 2. Mosaico di Alessandro. Lo schema evidenzia l'altezza del Sole dedotta dall'ombra della lancia e dal chiaroscuro del cavallo (elaborazione grafica dell'autore). 1. 82 Paolo Giulierini 2. oggi è, infatti, quello di dimostrare come si possano riscontrare, anche in un’opera d’arte, tematiche che riguardino aspetti di natura scientifica e tecnologica, nel caso specifico, quello della misurazione puntuale del tempo, che si affianchino ad argomenti più classici come il tempo eterno. L’opera in questione è il celebre Mosaico di Alessandro [fig. 1], rinvenuto nella Casa del Fauno di Pompei nel 1831 e conservato al Mann fin dal 1843, datato intorno al 100 a.C., attualmente sottoposto ad un intervento di restauro. Il contesto storico del quadro e della battaglia di Gaugamela Secondo le più recenti interpretazioni il mosaico della battaglia di Alessandro, potrebbe essere una copia di un celebre dipinto di Apelle, uno degli artisti di corte del re macedone, del IV secolo a.C., rappresentante la battaglia di Gaugamela, avvenuta ad est dell’attuale Mosul, svoltasi il 1 ottobre del 331 a.C., le cui fonti sono le opere di Arriano (Anabasi di Alessandro) e di Quinto Curzio Rufo (Storie di Alessandro Magno) e, in misura minore, Diodoro Siculo (Biblioteca Storica) e Plutarco (Vita di Alessandro), tutti posteriori e dipendenti da fonti coeve, a partire dagli scritti di Nearco, Tolomeo, Aristobulo (Moreno, 2000). Attraverso l’impiego di circa un milione e mezzo di tessere, nella tecnica dell’ opus vermiculatum3, si rappresenta la scena saliente della battaglia quando Alessandro Magno, a sinistra del mosaico, in groppa a Bucefalo, carica centralmente il Re Dario III di Persia, ubicato nel carro reale accanto all’auriga e circondato dalle sue guardie del corpo. Il re è rappresentato con lo sguardo palesemente impaurito, mentre l’auriga compie il gesto di spronare i cavalli che determinano → Architettura, geometria e astronomia una brusca virata del carro. Un guerriero indiano si frappone tra il re macedone e Dario ricevendo un colpo mortale dalla lancia di Alessandro che, per l’urto, vede il suo elmo sbalzato e caduto a terra. I colori, pur se fondamentalmente solo quattro, appaiono molto attenuati, quasi a significare l’intento dell’artista di rievocare la grande nube di polvere alzata dagli eserciti nella piana, di cui fanno menzione gli storici. Sullo sfondo si nota un albero secco. Le lance e l'affollamento di uomini e cavalli evocano il frastuono della battaglia. Lo schema avrà grande fortuna, pur se non in un processo di continuità: basti pensare ai celebri dipinti di Paolo Uccello o a La Lanzas di Velásquez. La scena, la luce e il paesaggio: dal tempo momentaneo all’eternità La scena prende spazio dalle armi perdute e in primo piano cui corrispondono contro luce i rami contorti dell’albero e l’affollamento delle lance e dello stendardo. L’albero, secondo alcuni, sarebbe quello che, oltre 1500 anni dopo, sarebbe stato descritto nel Milione di Marco Polo4, un relitto vegetale segnacolo della contesa finale per la conquista dell’Asia; forse un platano, noto come "l’albero solo", per i Cristiani "l’albero secco", isolato per molte miglia. La piana di Gaugamela, secondo le fonti, era stata rasa e pianeggiata per poter permettere di lanciare i carri falcati persiani; l’albero sarebbe stato lasciato per segnalazione e peraltro non senza significato: il “platano d’oro” infatti era un prezioso ornamento della corte achemenide, simbolo dei nemici dei Greci. Cinquanta personaggi sono rappresentati nella scena, tutti con colori attenuati probabilmente per 83 3. 3. Mosaico di Alessandro, particolare dell'ombra della ruota proiettata sul carro. Foto del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 4. Ipotesi ricostruttiva del dipinto originale tratta da un quadro moderno conservato al MANN. Foto del Museo Archeologico Nazionale di Napoli. 4. 84 Paolo Giulierini ricordare, come già detto, l’enorme nube di polvere sollevata dai combattenti ed esplicitata dalle fonti. La luce del Sole viene dall’alto, a sinistra di colui che guarda, di tre quarti alle spalle degli attaccanti (gli opposti allineamenti a Gaugamela erano disposti da nord a sud; i Macedoni muovevano da Occidente contro i Persiani, attestati a Oriente). Alessandro, come noto, riuscirà a sfondare in obliquo il fronte nemico, puntando Dario in direzione nord est. La galoppata trasversa avrebbe visto l’illuminazione del Sole sui Macedoni in carica. L’altezza del Sole si deduce dall'ombra della lancia spezzata in basso a destra o dal chiaroscuro del cavallo scorciato di tergo [fig. 2]. Sulla fiancata del carro cade l’ombra della ruota [fig. 3]. Apelle, almeno nel dipinto originale (difficile affermare quanto i cartoni successivi che hanno ispirato il nostro mosaico si discostino dall’opera primigenia)5 [fig. 4], cerca presumibilmente di rappresentare l’ora pomeridiana: quella che, secondo le fonti, vede la cavalleria di Alessandro combattere a lungo contro la cavalleria nemica fino a sfondare e raggiungere addirittura la strada per Arbela. Nell’opera pittorica del IV secolo a.C., imitata comunque mirabilmente nel mosaico pompeiano, l’artista fissa, attraverso le gesta dei personaggi e i chiaroscuri, il tempo momentaneo propizio, il kairòs, che porta alla vittoria il condottiero macedone. Non solo: il momento descritto dall’opera dell’artista è, anche e soprattutto, storico, essendo collocato nello spazio e nel tempo, attraverso anche una tecnica filologica di riproduzione dell’episodio in sé ma anche delle vesti, delle armi dei personaggi che costituisce un unicum. Chi ha realizzato il capolavoro ha realmente visto quel genere di milizie o ha avuto informazioni di prima mano. È ben chiaro, tuttavia, che nel momento in cui si compie un’impresa del genere, a seguito della quale il potere in Asia si sposta, per la prima volta, dalla parte persiana a quella greca, si entri in una nuova dimensione del tempo: questo non è più misurabile puntualmente perché siamo oramai nella dimensione dell’eterno. E, forse, secondo alcuni (Tuccinardi 2015), l’albero stesso può assumere un nuovo significato: non solo di riferimento storico-topografico ma di allegoria del limite che è superato da un’impresa umana che intende quasi assestarsi al rango di divina, compiendo alla fine un atto di hybris: un’orgogliosa tracotanza che porta l’uomo a paragonarsi agli dei e, conseguentemente, subirne la vendetta (così da molti sarà letta la successiva dipartita a Babilonia di Alessandro Magno, morto a Babilonia il 10 o l’11 giugno del 323 a.C., a soli 33 anni. Anche attraverso l’arte, in definitiva, si può tornare al mondo della tecnologia: in questo caso sia attraverso la più classica descrizione degli apparati militari sia approfondendo la rappresentazione della luce per suggerire il momento cruciale che, tramite una vittoria strepitosa fa passare dall’ora specifica ad → Architettura, geometria e astronomia un’aura di interminabile e perenne gloria, dove l’unità di misura non è più fornita dagli strumenti tecnici ma dal genio del pittore e dalla poesia degli scrittori. Nella vittoria di Alessandro, che fa cadere un impero secolare come quello persiano, si celebra anche un tempo eterno: quello della gloria del detentore di un nuovo impero che va dalla Grecia all’Egitto fino all’India. L’arte del mosaico, che dipende però con tutta probabilità da un quadro (se ne ravvede anche la cornice riprodotta con le tessere), ci consente dunque di contemplare due tipologie di tempo: una, misurabile attraverso una serie di espedienti artistici (utilizzo della luce) e tecnici (utilizzo della geometria e della profondità); l’altro, non misurabile, che attiene la sfera dell’eternità per chi, come il macedone, supera i confini umani. Note 1. Per approfondimenti sulla mostra organizzata in collaborazione con il Museo Galileo Galilei di Firenze si veda (Ciarallo, de Carolis 1999). 2. Per approfondimenti sulla mostra organizzata in collaborazione con la professoressa Alessandra Pagliano si veda (Pagliano 2022). 3. Tipologia di mosaico antico di probabile invenzione alessandrina, caratterizzato da piccole tessere che, disposte in maniera asimmetrica, seguono il contorno delle immagini. Le tessere impiegate, di forma e colori diversi, possono avere dimensioni che variano dai 4 mm fino ad un solo millimetro. Il nome vermiculatum deriva dal latino vermiculus, vermicello, in riferimento alla sottigliezza e anche alla forma a volte ondulata della linea di contorno che caratterizzava questo tipo di mosaico. 4. Cfr. (Polo, Ciccuto 2003, pp. 4-7). 5. La presenza di diversi cartoni del dipinto originale si deduce anche dalla discreta diffusione di parti della scena principale su ceramica, rilievi, urnette etrusche, come ad esempio quelle provenienti dall’ipogeo dei Volumnii di Perugia. Bibliografia Ciarallo A., de Carolis E. (a cura di). (1999). Homo Faber. Natura, scienza e tecnica nell’antica Pompei. Roma: Electa. Moreno P. (2000). Apelle. La battaglia di Alessandro. Milano: Skira. Pagliano A. (2022). Le ore del Sole. Geometria e astronomia negli antichi orologi solari romani. Napoli: Editori Paparo. Polo M., Ciccuto M. (a cura di). (2003). Il Milione. Milano: Rizzoli. Tuccinardi M. (2015). L’albero secco nel mosaico pompeiano di Alessandro Magno. In La Rivista di Engramma, 2015, pp. 11-55. 85 C. Clavius, Fabrica et usus instrumenti ad horologiorum descriptionem, Roma 1586, p. 8: strumento per il disegno degli orologi solari. Abstract Heliographia mechanica: gli strumenti della gnomonica Lo spazio dedicato all'invenzione degli strumenti nei trattati tecnico-matematici della prima età moderna è sintomatico di un interesse che mostra due aspetti fondamentali della ricerca scientifica: da un lato la soluzione pratica di problemi geometrici e meccanici, dall'altro la necessità di dimostrare materialmente la verità dei concetti teorici. Questo articolo intende analizzare alcuni di questi strumenti per la misurazione e la rappresentazione del mondo visibile al fine di descriverne le operazioni, evidenziando al tempo stesso quei principi geometrici o meccanici che caratterizzano tali strumenti come utili modelli esplicativi dei concetti teorici che regolano il disegno delle meridiane. Parole chiave The space dedicated to the invention of tools in the technical and mathematical treatises of the early modern age is symptomatic of an interest that shows two fundamental aspects of scientific research: on the one hand the practical solution of geometric and mechanical problems, on the other the need to experimentally prove the validity of theoretical concepts. This paper intends to analyze some of these tools for the measurement and representation of the visible world in order to describe their operations, highlighting at the same time those geometric or mechanical principles characterizing them as useful models to explain the theoretical concepts that govern the drawing of sundials. Gnomonica Astronomia Geometria Strumenti scientifici Misura del tempo Filippo Camerota Direttore Scientifico Museo Galileo di Firenze → [email protected] 87 La letteratura tecnica dell’età moderna è costellata di invenzioni, spesso originalissime, di strumenti per la misura e la rappresentazione del mondo visibile. Interi capitoli, spesso interi trattati, sono dedicati a quei prodotti dell’ingegno che oggi usiamo raccogliere sotto la denominazione generale di strumenti scientifici. Lo scopo primario di tali invenzioni è l’applicazione pratica ma la caratteristica intrinseca che le contraddistingue come espressioni materiali dei principi geometrici o meccanici che ne guidano il funzionamento ha reso talvolta gli strumenti anche utili modelli esplicativi dei concetti teorici. È il caso, ad esempio, del celebre “sportello” di Albrecht Dürer, uno strumento prospettico che il cosmografo Egnazio Danti descrisse nei suoi commentari alla Prospettiva pratica del Vignola solo per dimostrare il principio geometrico di intersezione della piramide visiva (Barozzi da Vignola 1583, p. 55). In alcuni casi gli strumenti si configurano perfino come rappresentazioni tridimensionali dell’oggetto stesso che sono chiamati a misurare e a rappresentare. Tali sono i compassi per sezioni coniche che nella loro operazione simulano la superficie di un cono sezionato da un piano (il foglio da disegno). Ma questo è anche il caso degli strumenti della gnomonica che racchiudono nei loro componenti i circoli principali della sfera celeste, talvolta senza discostarsi dal modello geometrico di riferimento. Lo strumento più eloquente in questo senso fu descritto da Daniele Barbaro nel suo trattato di prospettiva dove ampio spazio è dedicato alla proiezione piana della sfera celeste come rappresentazione del cielo (Barbaro 1568, pp. 187-190). Barbaro lo riteneva particolarmente bello “perché rappresenta la sfera” e perché, oltre a consentire il disegno degli orologi solari per ogni latitudine, è esso stesso un orologio [fig. 1]. Nello specifico lo strumento è parte di un orologio meccanico in forma di globo terrestre e celeste diffuso fin dai primi del Cinquecento. Il più noto di questi strumenti è il cosiddetto globo Jagellonico dell’università di Cracovia, costruito forse in Francia verso il 1510. Ma l’esemplare noto a Barbaro era forse quello oggi conservato al Museo Correr di Venezia che, a differenza del precedente, presenta la sfera delle stelle fisse secondo il modello iconografico disegnato da Albrecht Dürer [fig. 2]. In entrambi i casi, il meccanismo di orologeria è contenuto all’interno del globo terrestre e tramite l’asse mette in movimento un indice che compie un giro completo ogni ventiquattro ore. Le ore sono indicate da ventiquattro archi di meridiano saldati ai due circoli tropicali in una sfera essenziale che avvolge l’intero strumento. Quest’ultima sfera è quella che Barbaro prende a modello per lo strumento da lui chiamato “Horario universale”. Per disegnare un orologio solare bisognava inclinare la sfera secondo la latitudine del luogo e proiettare 88 1. D. Barbaro, La pratica della perspettiva, Venezia 1568, IX, I-II, pp. 187-190: “Horario universale”. 2. Anonimo, Globo celeste e terrestre meccanico, XVI secolo, Venezia, Museo Correr, Cl. XXIX, 31. 1. 2. Filippo Camerota gli archi orari sul foglio da disegno, traguardandoli ciascuno dall’arco opposto. Dalle divisioni orarie sul tropico del Cancro si proiettavano quelle opposte sul tropico del Capricorno, e viceversa. Tutti i raggi visivi, o in alternativa dei fili di seta, passavano per il centro della sfera sfiorando la punta di uno stilo infisso in uno dei poli. Il disegno risultante avrebbe mostrato una serie di linee rette convergenti le cui estremità indicavano il tracciato delle curve iperboliche raffiguranti i tropici del Cancro e del Capricorno, ovvero i limiti settentrionale e meridionale del corso annuo del Sole. Il disegno poteva essere eseguito senza tenere conto delle reali dimensioni dell’orologio solare perché un ingegnoso procedimento ideato dal matematico milanese Giovanni Battista Vimercato consentiva di ingrandirlo o ridurlo alla grandezza desiderata (Vimercato 1565, II, II, pp. 117-125). Il procedimento, che Barbaro descrive nella stessa sezione del trattato, consisteva nell’uso di due gnomoni, uno commisurato alla grandezza del disegno già eseguito, l’altro proporzionalmente più grande o più piccolo, per eseguire la riproduzione alla grandezza desiderata (Barbaro 1568, p. 193). Entrambi gli gnomoni, il disegno da copiare e un foglio bianco venivano posti su un tavolo basculante esposto al Sole. Muovendo il tavolo, l’ombra del primo gnomone andava a via via a toccare i punti significativi del disegno, mentre quella del secondo ne indicava la posizione corrispondente sul foglio bianco. Come dimostra un disegno di Giulio Parigi che documenta la presenza dello strumento nella bottega di Buontalenti [fig. 3], il procedimento consentiva facilmente di disegnare anche un orologio emisferico a partire da uno piano, oppure più genericamente di ingrandire qualsiasi disegno di architettura civile o militare (Parigi ca. 1600, c. 247r). Vimercato aveva descritto il procedimento nel Dialogo degli horologi solari (Vimercato 1565, I, XII, pp. 52-56) dove troviamo anche la prima descrizione del trigono dei segni che l’autore chiama “raggidico solare” [fig. 4]. Questa figura contiene le linee di proiezione delle intersezioni tra il coluro solstiziale e i paralleli passanti per i segni zodiacali, ed è uno degli elementi fondamentali degli strumenti diffusi nel Cinquecento per disegnare gli orologi solari. La troviamo, ad esempio, negli strumenti di Pietro Apiano, Oronce Finé e Crisotoforo Clavio, sempre in combinazione con il disco equinoziale che, grazie alla divisione oraria, ne guida la rotazione intorno all’asse celeste [fig. 5]. 3. G. Parigi, Taccuino di arte militare, Washington, Library of Congress, Rosenwald Collection, c. 247r: procedimento di G.B. Vimercato per la riproduzione dei disegni. 4. G.B. Vimercato, Dialogo […] de gli horologi solari, Venezia 1566, cap. XII, p. 42: il “raggidico solare” o trigono dei segni. 5. C. Clavius, Fabrica et usus instrumenti ad horologiorum descriptionem, Roma 1586, p. 10: strumento per il disegno degli orologi solari. 4. 3. 5. → Architettura, geometria e astronomia 89 In questa tipologia di strumenti la sfera è scomposta in varie figure piane. Il circolo dell’orizzonte è solitamente posto alla base dello strumento in figura semicircolare, in modo che il suo diametro resti parallelo alla parete su cui si disegna l’orologio solare. Su di esso è imperniato un quadrante verticale che, orientato a nord, indica la direzione del coluro solstiziale, e dunque la linea del mezzogiorno. Al centro è imperniata una linda che, fissata sulla latitudine del luogo in base alla scala graduata del quadrante, indica l’inclinazione dell’asse celeste1. Ortogonalmente alla linda è fissato il disco equinoziale con la divisione oraria, e su di esso, imperniato alla sommità della linda, è posto il trigono dei segni. Un filo di seta legato al vertice del triangolo permette di proiettare i paralleli zodiacali per ogni posizione del trigono sulle divisioni orarie del disco equinoziale. In pratica, posizionando il trigono dei segni sulle ore anti e post meridiane, e proiettando per ciascuna ora i sette paralleli passanti per i segni zodiacali, si ottengono una serie di punti che una volta uniti permettono di visualizzare le linee orarie e le curve dei mesi. Alla cerchia di Daniele Barbaro appartiene uno strumento di questo tipo dettagliatamente disegnato dal senatore Jacopo Contarini, noto collezionista di libri e strumenti scientifici ed erede intellettuale dell’umanesimo scientifico del patriarca eletto di Aquileia [fig. 6] (Contarini 1590 ca, pp. 28-29; Camerota 2000, pp. 252-253). Nel disegno di Contarini, il semicerchio dell’orizzonte presenta due staffe che servivano presumibilmente a fissarlo al bordo della tavoletta da disegno; la mancanza di un testo descrittivo ci obbliga a interpretare ma la precisione del disegno non sembra lasciare molti dubbi. Al centro del semicerchio è imperniato un raggio mobile che porta un quadrante graduato e una bussola per l’orientamento a nord. Al centro del quadrante è imperniato un lungo stilo metallico che funge da asse celeste e porta un disco graduato con la doppia funzione di disco equinoziale e trigono dei segni. Una volta bloccato il quadrante in direzione del nord e fissato lo stilo secondo la latitudine del luogo, il disco graduato veniva montato ortogonalmente allo stilo in un punto qualsiasi scelto come centro della proiezione gnomonica. Un filo di seta consentiva a questo punto di proiettare le divisioni orarie sul foglio da disegno, ottenendo una serie di punti allineati lungo una linea retta che rappresentava la linea equinoziale. Terminata questa operazione, il disco veniva rimosso e montato nuovamente sullo stilo ma in tangenza, grazie ai due cilindri con vite di bloccaggio posti sulla faccia versa. Il filo di seta in questo caso serviva dapprima a determinare la posizione del disco, allineandolo volta per volta con i punti sulla linea equinoziale – il disco dunque poteva ruotare intorno all’asse celeste – e successivamente a proiettare gli altri paralleli dello Zodiaco. A operazione 90 ultimata, sul foglio risultavano una serie di punti che una volta uniti visualizzano le linee orarie convergenti e le curve iperboliche dei mesi. Per l’orientamento a nord si usava solitamente la bussola – ignorando evidentemente, o sottostimando, il problema della declinazione magnetica – ma Contarini mostra un altro strumento che serviva a trovare il meridiano anche senza l’ago magnetico: “Inst[rument]o p[er] trovar il meridiano in ogni hora del giorno senza calamita” [fig. 7] (Contarini 1590 ca; Camerota 2000, p. 251). 6. 6. G. Contarini, Figure d’istromenti matematici e loro uso, ms., ca. 1590, Oxford, Bodleian Library, Ms. Canon Ital. 145, ff. 28-29: strumento per il disegno degli orologi solari. 7. G. Contarini, Figure d’istromenti matematici e loro uso, cit., f. 19: strumento trovare la linea meridiana. 7. Filippo Camerota Lo strumento è formato da un disco orizzontale con alidada, un triangolo rettangolo la cui ipotenusa corrisponde all’inclinazione dell’asse celeste, il trigono dei segni e un indice con traguardi di cui uno forato. Imperniato al vertice del trigono dei segni, l’indice veniva fissato sul segno di riferimento e il trigono dei segni ruotato sull’asse celeste in riferimento all’ora corrispondente al momento della misura. L’insieme veniva poi ruotato sul piano orizzontale tramite l’alidada che indicava la direzione del meridiano quando il raggio del Sole attraversava il traguardo forato per cadere al centro dell’altro. La costruzione degli orologi solari diretti era sufficientemente soddisfatta da strumenti di questo tipo che troviamo illustrati almeno fino alla raccolta settecentesca di strumenti matematici di Nicholas Bion (Bion 1709). Ben più difficile era il caso degli orologi solari catottrici e diottrici, quelli cioè che sfruttavano le leggi ottiche della riflessione e della rifrazione dei raggi. La gnomonica è una disciplina che rientra nell’ambito della scienza ottica, e la costruzione degli orologi solari si fondava pertanto sulla geometria della visione che, contemplando la propagazione dei raggi visivi e luminosi, suddivideva la disciplina in tre casi di studio relativi ai raggi diretti (ottica), riflessi (catottrica) e rifratti (diottrica). I componenti degli strumenti per il disegno degli orologi solari sono sostanzialmente sempre gli stessi ma la loro combinazione cambia in funzione della diversa tipologia delle meridiane. Il primo orologio solare catottrico conosciuto risale al 1519 e fu disegnato da Niccolò Copernico sul muro d’ingresso delle sue stanze nel Castello di Olsztyn (Graßhoff 2018). I frammenti sopravvissuti indicano le linee orarie in prossimità della linea equinoziale e una serie di paralleli ogni cinque gradi di latitudine. Il corso del Sole era segnato dal raggio riflesso da un piccolo specchio posto davanti all’apertura centrale di una loggia a tre arcate, secondo un modello gnomonico diffuso più di un secolo dopo da Athanasius Kircher e Emmanuel Maignan. Un breve cenno su questo tipo di meridiane lo troviamo nella Specularia di Raphael Mirami (Mirami 1582) ma è solo nel Seicento che il problema gnomonico è adeguatamente trattato. Il gesuita George Schönberger ne fece una delle sezioni della sua Demonstratio et constructio di “nuovi orologi per raggi diretti, rifratti nell’acqua e riflessi negli specchi” (Schönberger 1622), mentre Kircher vi dedicò un intero trattato, le Primitiae gnomonicae catoptricae (Kircher 1635), e Maignan una parte fondamentale della sua Perspeciva horaria (Maignan 1648). Nel suo trattato Kircher descrisse una meridiana catottrica da lui costruita nella Tour de la Motte del Collegio gesuitico di Avignone dove dal 1632 insegnava matematica e lingue orientali. Si trattava di una meridiana doppia, in realtà, perché faceva uso di → Architettura, geometria e astronomia due specchietti collocati sui davanzali delle finestre situate a est e a ovest della torre per mostrare le ore al mattino e alla sera [fig. 8]. Per eseguire il disegno senza margine di errore, il gesuita tedesco elaborò uno strumento formato da una tavoletta orizzontale con bussola e linea meridiana, e da un semicerchio verticale graduato raffigurante il semicircolo meridiano [fig. 9]2. Ortogonalmente al semicircolo meridiano, ma ruotante sull’asse degli equinozi, vi era il semicircolo equinoziale diviso il dodici ore, sul quale scorreva il trigono dei segni che Kircher chiama “zodiaco radioso” o “horario mobile”. Il centro comune dei due semicircoli e del trigono dei segni corrisponde alla posizione dello specchio gnomonico. Per disegnare le linee orarie e quelle dei mesi bisognava dapprima orientare la base orizzontale in direzione nord-sud seguendo l’indicazione dell’ago magnetico. Poi bisognava inclinare e fissare il semicircolo equinoziale secondo la latitudine ‘specchiata’ del luogo (in una meridiana a raggi diretti il semicircolo è inclinato verso il basso mentre in questo caso è rivolto verso 8. A. Kircher, Primitiae gnomonicae catoptricae, Avignone 1635, antiporta con illustrazione della meridiana catottrica di Avignone. 8. 91 l’alto). Infine bisognava portare il trigono dei segni su ciascuna linea oraria e da ogni posizione proiettare le sue divisioni sulle pareti destinate ad accogliere il disegno della meridiana. Consapevole del fatto che la flessione naturale del filo eventualmente usato per proiettare i punti avrebbe potuto produrre errori non marginali, Kircher elaborò uno strumento ottico accessorio formato da un bacolo munito di alidade che venivano orientate per mezzo di un filo verso il vertice del trigono dei segni [fig. 10]. Ciascuna alidada, munita di traguardi, consentiva poi di proiettare i punti otticamente senza margini di errore. Kircher giunse a Roma nel 1635 per insegnare matematica al Collegio Romano, e nel 1637 Emanuel Maignan costruì la sua straordinaria meridiana catottrica nel Convento dei Minimi di Trinità dei Monti, un capolavoro gnomonico che nove anni più tardi replicò, con maggiore sfarzo decorativo, in una sala del palazzo del cardinale Bernadino Spada, protettore dell’ordine dei Minimi. Questi due orologi catottrici restano esempi insuperati di abilità tecnica e sapere scientifico, i cui fondamenti sono illustrati da Maignan nella sua celebre Perspectiua horaria, siue, De horographia gnomonica tum theoretica tum practica libri quatuor (Maignan 1648). Volendo semplificare, un orologio solare catottrico non è altro che un orologio solare visto allo specchio. Lo specchietto usato come gnomone devia i raggi solari e produce un’immagine rovesciata che mo- stra l’emisfero meridionale verso l’alto. Un’incisione di Maignan mostra bene come la sfera celeste che dovrebbe avere l’asse rivolto a nord, in questo tipo di proiezione lo abbia invece rivolto a sud [fig. 11]. Un’altra incisione mostra ancora come disegnare l’orologio solare catottrico a partire da un orologio diretto orizzontale che una volta disegnato, viene ruotato verso sud per essere poi proiettato ‘a specchio’ in direzione nord, servendosi dello gnomone come centro di controllo della proiezione. Il tropico del Capricorno che nel quadrante diretto è più vicino alla base dello gnomone, e cioè ‘in basso’, viene così proiettato verso l’alto sulla volta della loggia, mentre il tropico del Cancro viene a trovarsi sulla parete quasi in prossimità del pavimento [fig. 12]. Le tavole che illustrano le fasi esecutive delle due meridiane catottriche illustrano vari strumenti ideati e messi a punto per queste specifiche realizzazioni. Stabilita la posizione dello specchietto-gnomone sul davanzale di una finestra, Maignan passò a determinare la direzione del piano meridiano e a tracciarne l’intersezione con il pavimento, la parete di fondo e la volta della stanza [fig. 13]. Compiuta questa operazione collocò un quadrante con il trigono dei segni in posizione tale da replicare l’inclinazione dell’asse celeste ‘specchiato’ verso sud, e da avere il vertice del trigono dei segni in corrispondenza dello specchietto. Facendo ruotare il quadrante intorno all’asse celeste, e proiettando con un filo i paralleli dei mesi, 9. A. Kircher, Primitiae gnomonicae catoptricae, cit., lib. II, probl. I, p. 100: strumento “anacamptico” o “catottrico”. 10. A. Kircher, Primitiae gnomonicae catoptricae, cit., lib. II, probl. III, p. 107: strumento “ottico”. 9.-10. 92 Filippo Camerota l’artefice ottenne l’intera proiezione della sfera celeste all’interno della galleria [fig. 14]3. All’opera di Maignan si deve anche la più puntuale e completa trattazione della terza categoria ottica di orologi solari, quella degli orologi a rifrazione che comportava un grado ulteriore di difficoltà. Mentre le leggi della riflessione seguono un principio costante e facilmente misurabile - raggi incidenti e raggi riflessi formano angoli uguali sulla superficie dello specchio – quelle della rifrazione impongono ai raggi rifratti angoli sempre diversi rispetto a quelli dei raggi incidenti. E diversi anche rispetto al mezzo trasparente che devono attraversare: la rifrazione nell’acqua è diversa da quella prodotta nel vetro. Il problema comincia a essere studiato verso la metà del Cinquecento. Al costruttore tedesco Georg Hartmann si attribuiscono i primi orologi a rifrazione in tazze di ottone magistralmente lavorate, mentre ad alcuni matematici italiani si devono i tentativi di definire l’indice di rifrazione ed elaborare tavole delle corrispondenze per ogni grado di incidenza del raggio visivo o luminoso. A partire dai dati forniti nei trattati ottici medievali di Alhazen e Vitellione, se ne occuparono Federico Commandino, Ettore Ausonio, Guidobaldo del Monte e Giovanni Battista Benedetti, ma nessuno ottenne risultati degni di essere pubblicati4. Poi fu la volta di Thomas Hariot, all’inizio del XVII secolo, di Willebrod Snell nel 1621, di Schönberger nel 1622, e infine di René Descartes che nella Diotrique del 1637 gettò i fondamenti scientifici e filosofici di questa branca dell’ottica (Shirley 1951; Sabra 1981; Descartes 1637). In tutti i casi si tratta di orologi incisi all’interno di una coppa solitamente emisferica, tenendo conto 12. → Architettura, geometria e astronomia 13. 11. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. III, Catoptrice horaria, prop. XX: proiezione dei circoli della sfera per un orologio catottrico. 12. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. III, Catoptrice horaria, prop. LXXV: costruzione dell’orologio catottrico per mezzo di un orologio orizzontale rovesciato. 13. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. III, Catoptrice horaria, prop. XXXV: tracciamento della linea meridiana. 11. della rifrazione che i raggi del Sole avrebbero subito una volta riempito il recipiente di acqua. La rifrazione dei raggi obbligava l’artefice a calcolare con precisione lo ‘schiacciamento’ del disegno per far sì 14. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. III, Catoptrice horaria, prop. XLVI: costruzione degli altri meridiani e delle curve dei mesi. 14. 93 che l’ombra dello gnomone cadesse nel punto corretto ma è probabile che, nonostante le tavole delle rifrazioni, l’approccio empirico fosse sempre seguito, anche solo come riprova. Per un matematico come Muzio Oddi che nel 1638 pubblicò la versione ampliata del suo trattato sugli orologi solari (1614) includendo quelli a rifrazione, la costruzione di questi orologi si eseguiva “per mera pratica”. A lui dobbiamo la notizia che un orologio a rifrazione in coppa di ottone fu fatto costruire da Guidobaldo del Monte a Urbino nel 1572 dal costruttore di strumenti Simone Barocci, ed è probabile che il procedimento empirico di cui fornisce una dettagliata descrizione sia riferibile proprio a quella esperienza (Oddi 1638, pp. 99-102; Camerota 2003, pp. 25-37)5. Il procedimento consisteva nel disegnare provvisoriamente all’interno della coppa il quadrante di un orologio emisferico a secco, che altro non era che una mezza sfera celeste inclinata secondo la latitudine del luogo. Servendosi di una lanterna, l’artefice portava l’ombra dello gnomone su un qualsiasi punto del disegno preliminare, riempiva quindi la coppa d’acqua, e tracciava con uno stilo metallico il punto in cui appariva l’ombra rifratta della punta dello gnomone [fig. 15]. La coppa veniva poi svuotata e la lanterna spostata per individuare un altro punto sul disegno preliminare, e procedere come sopra fino al compimento del disegno. Per effetto della rifrazione, l’intero quadrante risultava più basso e compresso rispetto al disegno preliminare, così come si vede nella bellissima incisione di Maignan che illustra questo tipo di orologio solare [fig. 16]. In questo caso Maignan non descrive uno strumento per tracciare le linee orarie ma uno strumento che chiama “rifractometro” per comporre una tavola degli indici di rifrazione per ogni grado di incidenza [fig. 17]6. Lo strumento riproduce quello descritto da Tolomeo nel quinto libro dell’Ottica che Maignan deriva dai testi di Alhazen (lib. VII, prop. 10) e Vitellione (lib. X, prop. 5), e consiste in un cerchio graduato con alidada e indice. Lo strumento è immerso per metà in un recipiente pieno d’acqua e tenuto ben fermo in quella posizione. L’osservatore porta l’indice sul valore dell’angolo di incidenza desiderato e traguarda dalla sua estremità fino a far coincidere le due mire dell’indice con quella dell’alidada immersa nell’acqua. L’estremità scoperta dell’alidada mostra così sulla scala dei gradi il valore dell’angolo di rifrazione. L’attenzione rivolta da Maignan alla ‘gnomonica mechanica’ è dichiarata fin dall’antiporta della Perspectiva horaria dove le arti del Quadrivio assistono il lavoro meticoloso delle muse che, armate di strumenti e guidate dalla scienza ottica di Vitellione, mostrano le tre tipologie di meridiane illustrate nell’opera: ottiche, catottriche e diottriche. L’attenzione rivolta agli strumenti va ben oltre la necessità pratica di eseguire il tracciato delle linee orarie. Tali 94 invenzioni si configurano come raffinate espressioni materiali della geometria ottica, oggetti di ammirazione, artifici tecnologici, prodotti dell’ingegno meritevoli della massima considerazione. Non semplici espedienti per la soluzione empirica del problema ma forme visibili e tangibili del pensiero matematico. 15. Procedimento descritto da Muzio Oddi per il disegno degli orologi a rifrazione (Degli horologi solari, Venezia 1638, pp.99-102). Note 1. 2. 3. 4. 5. 6. La linda è un accessorio analogo all’alidada dell’astrolabio e, come quello, funge da indice e traguardo ottico. Il termine è diffusamente usato in (Bartoli 1564). Si veda il Problema I in (Kircher 1635, p. 100). Sulle operazioni di questi strumenti cfr. (Farroni 2019, pp. 70-79). Si veda (Ibn al-Haitham 1572). Gli studi di Commandino, Guidobaldo e Benedetti sono citati in (Oddi 1638, p. 100; Benedetti 1574, cap. XCII: De horologio ex refractione radiorum). (Oddi 1638, pp.99-102). Un esemplare dell’orologio a rifrazione di Guidobaldo del Monte entrò presto a far parte della collezione di Cosimo I de’ Medici ed è oggi conservato al Museo Galileo di Firenze, Inv. 241. Cfr. (Camerota 2003). Si veda in proposito il Lib. IV, Dioptrice horaria, prop. XLVI, p. 647: Instrumentum refractorium construere in (Maignan 1648). Bibliografia Barbaro D. (1568). La pratica della perspettiva, Parte IX, Capp. I-II, pp. 187-190, Parte IX, Cap. V, p. 193. Venetia: appresso Camillo & Rutilio Borgominieri fratelli. Barozzi da Vignola J. (1583). Le due Regole della prospettiva pratica [1530-1545] di M. Iacomo Barozzi da Vignola con i commentari del R. P.M. Egnatio Danti, Regola I, Cap. III, p. 55. Roma: F. Zannetti. 15. Filippo Camerota Bartoli C. (1564). Del modo di misurare le distantie, le superficie, i corpi, le piante, le provincie, le prospettive, & tutte le altre cose terrene, che possono occorrere a gli huomini, secondo le vere regole d'Euclide, & de gli altri piu lodati scrittori. Venetia: per Francesco Franceschi Sanese. nunc primùm editi. Eiusdem liber De crepusculis & nubium ascensionibus. Item Vitellonis Thuringolopoli libri 10. Omnes instaurati, figuris illustrati & aucti, adiecti etiam in Alhazenum commentarijs, a Federico Risnero. Basileae: per Episcopios. Benedetti G. B. (1574). De gnomonum umbrarumque solarium usu Liber, cap. XCII. Torino: Apud Haeredes Nicolai Bevilaquae. Kircher A. (1635). Primitiae gnomonicae catoptricae, hoc est horologiographiae novae specularis. Avenione: ex typographia I. Piot. Bion N. (1709). Traité de la construction et des principaux usages des instrumens de mathématiques. Paris: de l'Imprimerie de Jacques Collombat. Maignan E. (1648). Perspectiva horaria, sive de horographia gnomonica tum theoretica, tum practica libri quatuor. Romae: Typis, & Expensis P. Rubei. Camerota F. (2000). Il compasso di Fabrizio Mordente. Per la storia del compasso di proporzione. Firenze: Leo S. Olschki. Mirami R. (1582). Compendiosa introduttione alla prima parte della specularia, parte seconda, f. 10. Ferrara: appresso gli heredi di Francesco Rossi, & Paolo Tortorino, compagni. Contarini G. (ca. 1590). Figure d’istromenti matematici e loro uso, ms., pp. 28-29. Oxford, Bodleian Library, Ms. Canon Ital. 145. Oddi M. (1638). Degli horologi solari, pp. 99-102. Venetia: per il Ginammi Farroni L. (2019). L’arte del disegno a Palazzo Spada. L’Astrolabium Catoptrico-Gnomonicum di Emmanuel Maignan. Roma: De Luca Editori d’arte. Schönberger G. (1622). Demonstratio et constructio horologiorum novorum. Radio recto; refracto in aqua; reflexo in speculo; solo magnete hora astronomicas, italicas, babylonicas indicantium. Friburgum: Brisgoviae. Sabra A. I. (1981). Theories of Light from Descartes to Newton. Cambridge: University Press. Graßhoff G., Fischer G. (2018). Copernicus’s Heliograph at Olsztyn: the 500th Anniversary of a Scientific Milestone. In Annalen der Physik, vol. 530, n. 11. Shirley J. W. (1951). An Early Experimental Determination of Snell's Law. In American Journal of Physics, 19, 507. Ibn al-Haitham, Risner F., Episcopius E., Episcopius N. (1572). Opticae thesaurus. Alhazeni Arabis libri septem, Vimercato G.B. (1565). Dialogo della descrittione teorica et pratica de gli horologi solari. Ferrara: Valente Panizza. → Architettura, geometria e astronomia 17. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. IV, Dioptrice horaria, prop. XLVI: strumento per la misura degli angoli di rifrazione. Parigi G. (ca. 1600). Taccuino di arte militare. Washington, Library of Congress, Rosenwald Collection, c. 247r. Descartes R. (1637). La Dioptrique, discours premiere del la lumiere. In Discours de la méthode pour bien conduire sa raison & chercher la vérité dans les sciences. Plus la dioptrique et les météores. Leyde: de l'imprimerie de Ian Maire. 16. 16. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. IV, Dioptrice horaria, prop. LXIV: orologio a rifrazione in vasca emisferica. 17. 95 Gli affreschi della volta della Sala di Leda con evidenziazione della disposizione ellittica dei sei piccoli dodecaedri stellati (elaborazione grafica dell'autrice). 96 Abstract Il ruolo dell’ottica e della prospettiva per lo studio della gnomonica e dell’astronomia: tre casi studio La scelta dei tre casi studio illustrati è motivata dall’esigenza di evidenziare un filo conduttore che è costituito dalla interdisciplinarità necessaria per lo studio di questo tipo di soggetti, caratterizzata dalla diversa natura di fonti che provengono dal mondo della storia dell’arte e della storia delle scienze. A questi elementi si aggiungono gli strumenti e i metodi della storia della rappresentazione che si concretizzano in e immagini dei soggetti studiati, in grado di costituire indispensabili verifiche per le ipotesi avanzate a livello teorico. Parole chiave The choice of the three illustrated case studies is motivated by the need to highlight a common thread that is constituted by the interdisciplinarity necessary for the study of astronomical and geometrical subjects, highlighted by the different nature of sources that come from the world of art history and the history of sciences. To these elements are added the tools and methods of the history of representation that is based on surveys and images of the subjects studied, able to constitute indispensable tests for the hypotheses advanced at a theoretical level. Prospettiva Astronomia Gnomonica Ottica Poliedri stellati → Architettura, geometria e astronomia Cristina Càndito Università degli Studi di Genova → [email protected] 97 Introduzione In questo contributo si documenta lo stretto legame tra l’ottica e la prospettiva con la gnomonica e l’astronomia attraverso l’illustrazione di tre casi studio. La relazione tra le discipline è provata attraverso l’evidente condivisione di fondamenti scientifici che ha condotto, nei secoli passati, diversi studiosi ad occuparsi di queste tematiche nel loro insieme, in una modalità che non sembra essere più percorribile nei tempi attuali. Quello che si intende qui testimoniare è che per approfondire alcuni oggetti di studio, proprio in virtù di tale legame antico, si rende necessario il coinvolgimento di quelle che oggi consideriamo come branche distinte della scienza. Infatti, uno strumento astronomico dei secoli XVII o XVIII può coinvolgere elementi ottico-prospettici o, allo stesso tempo, un affresco prospettico può essere documentato attraverso studi storici artistici, ma anche gnomonico astronomici, o ancora, una meridiana può essere riattivata grazie alla collaborazione di competenze gnomoniche e architettoniche. L’esposizione nel testo è articolata nella descrizione di tre casi studio che sono esposti in un ordine cronologico coincidente con la successione con la quale sono stati oggetto di approfondimento da parte di chi scrive, non per interesse autobiografico. Si tratta piuttosto della documentazione del contributo storico dell’ottica e della prospettiva e del suo riflesso nell’attuale progressiva definizione di un campo di studi che registra una confluenza interdisciplinare nell’interesse per oggetti complessi e dallo straordinario valore artistico e scientifico. Il primo caso è l’orologio solare catottrico di Palazzo Spada a Roma di Emmanuel Maignan (1644) al cui studio si è contribuito attraverso il reperimento di un precedente nell’ambito degli studi ottici (Mi- rami 1582) e con l’individuazione di una relazione geometrica con il Colonnato di Francesco Borromini (1652-1653). Il secondo caso è stato individuato nel ciclo secentesco di affreschi di Palazzo Balbi Senarega di Genova, in cui alcuni poliedri geometrici dipinti della Sala di Leda (1655 ca.) assumono un più esteso significato se letti in un ampio contesto culturale, attraverso l’individuazione di riferimenti agli studi geometrici e astronomici di Johannes Kepler. Il terzo caso, ancora appartenente al patrimonio artistico genovese, riguarda un raro esempio di meridiana a foro gnomonico realizzato da François Rodolphe Corréard (1771) nel Collegio dei Gesuiti, che trova una sua valorizzazione attraverso gli strumenti del disegno e della rappresentazione. 1a-1c. Frontespizi di: R. Mirami, Compendiosa introduttione alla prima parte della specularia, Ferrara 1582; A. Kircher, Primitiae gnomonicae catoptricae, Avignon 1635; E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648. L’orologio solare di Palazzo Spada: precedenti ottici e relazioni geometriche Il singolare connubio tra la perfezione del meccanismo e l’armonia dello spazio dipinto rende la galleria della meridiana di Palazzo Spada a Roma uno degli esempi più affascinanti di orologio solare catottrico, o speculare, in grado di testimoniare la collaborazione tra discipline scientifiche e arte. Un piccolo specchietto circolare permette di condurre il riflesso della luce solare all’interno dello spazio in modo da indicare dati orari, calendariali e di posizione attraverso il suo percorso lungo linee e segni dipinti sulla superficie interna di un ambiente voltato affacciato su un cortile del palazzo. L’orologio Spada è realizzato nel 1644 da Emmanuel Maignan (1601-1676) appartenente all’ordine dei Minimi, ed è caratterizzato dalla pregevolezza della sua esecuzione avvenuta con la collaborazione del pittore Giovan Battista Magni (1592-1674) detto il “Modanino” 1. Nell’ambito degli studi legati alla prospettiva e ai 1a-1b-1c. 98 Cristina Càndito suoi legami con la scienza degli specchi -la catottrica- si è reperito presso la Biblioteca Nazionale di Roma un testo che costituiva un precedente per tali tipi di strumenti: un trattato sulla catottrica redatto dal medico Raphael Mirami (Compendiosa introduttione alla prima parte della specularia, 1582) [fig. 1a]2. Nella prima parte, l’autore espone in 25 capitoli le leggi che regolano il fenomeno della riflessione, mentre nella seconda -Come si possano col mezo de gli specchi fare horalogi solari in luoghi ombrosi- espone in tre pagine la costruzione degli orologi catottrici. Si tratta di strumenti capaci di funzionare in zone che non ricevono la luce diretta, che nel testo di Mirami sono descritti sinteticamente e senza illustrazioni, confidando nella capace interpretazione da parte degli esperti di gnomonica e rimandando ad una futura più ampia trattazione, purtroppo non pervenuta. Mirami desidera mostrare l’applicazione pratica della teoria degli specchi enunciata nella prima parte e suggerisce il posizionamento di uno specchio piano posto in posizione orizzontale che, grazie ad una finestra, possa proiettare il raggio riflesso nel luogo in cui si costituisce l’orologio. L’area interessata dal percorso del riflesso è individuata con l’ausilio di un tradizionale orologio solare con gnomone e si accenna anche alla possibile estensione del metodo per diversi posizionamenti e configurazioni dello strumento. Il testo precede di circa cinquanta anni la redazione dello scritto dal gesuita Athanasius Kircher (Primitiae gnomonicae, 1635) dedicato all’orologio solare catottrico da lui realizzato nella scala del Collegio dei gesuiti di Avignone. L’orologio di Avignone è oggi faticosamente interpretabile a causa delle scarse tracce rimaste e inoltre non risulta congruente con lo strumento collocato in un ambiente voltato che è illustrato nella controcopertina dello stesso testo [fig. 1b]. La migliore testimonianza è fornita dall’esemplare realizzato nel 1673 dal gesuita Jean Bonfa (1638-1724) all’interno della torre scalare del collegio di Grenoble (Foyer du lycée Stendhal 1984), che costituirebbe una sorta di replica dell’esemplare kircheriano. Lo stesso Emmanuel Maignan aveva realizzato a Trinità dei Monti un precedente orologio catottrico (1637) e probabilmente altri esemplari in Francia3. La descrizione dell’orologio Spada è contenuta nella Perspectiva horaria (1648) [fig. 1c] in quattro parti, la cui terza è dedicata alla gnomonica catottrica: nella proposizione XXXVI si illustra un orologio catottrico in galleria e la proposizione LVI fa riferimento all’orologio di Palazzo Spada, illustrato nella tavola popolato da alcuni personaggi, tra cui forse lo stesso Bernardino Spada [fig. 3a]. Alla base di questa rarità stanno quindi gli studi di gnomonica ma anche di ottica, come testimonia la raffigurazione dell’antiporta del testo di Maignan [fig. 2] che riproduce quasi fedelmente quella posi→ Architettura, geometria e astronomia 2. 3a-3b. zionata ad un’estremità della volta, nella quale sono rappresentate quattro figure allegoriche che costruiscono un orologio catottrico: l'Astronomia; la Cosmografia, la Geometria e l'Ottica (o Perspectiva), quest’ultima con la mano sul fondamentale trattato duecentesco di Vitellione4. Le personificazioni mostrano la collaborazione tra ambiti del sapere che costituiscono il fondamento per un altro capolavoro presente nel palazzo: il Colonnato prospettico realizzato da Francesco Borromini (1652-1653). Per questo motivo è apparso opportuno indagare sulla relazione tra le due opere realizzate a pochi anni di distanza per volere dello stesso committente, Bernardino Spada [fig. 3b]. Si tralasciano qui le fasi di costruzione e i pregevoli ambienti che esulano dal tema trattato, per concentrarsi sul Colonnato Prospettico5, realizzato dal grande architetto probabilmente in collaborazione con Giuseppe Maria di Bitonto (n. 1586) che ne segue i lavori. Il Colonnato, com’è noto, costituisce un esempio di prospettiva solida in grado di far apparire una profondità maggiore rispetto a quella reale, grazie all’inclinazione della pavimentazione e al digradare 2. Antiporta del testo di Maignan (1948) che rappresenta le figure allegoriche di Astronomia, Cosmografia, Geometria e Ottica. 3a-3b. L’orologio Spada di Maignan (da Maignan 1648) e il Colonnato Spada di Borromini (alzato del progetto per la galleria prospettica di Palazzo Spada; disegno di F. Righi, Accademia albertina, Vienna, Az. Rom. 1156). 99 delle misure in profondità. L’illusione è integrata da elementi che si trovano oltre l’apertura opposta al suo ingresso sul cortile: quattro aiuole in prospettiva e un dipinto eseguito da Giovan Battista Magni6, coinvolto anche nei dipinti dell’orologio solare di Maignan. Il punto di vista prospettico del Colonnato risulta sul piano di simmetria, sul cui prolungamento è posizionato anche lo specchio gnomonico dell’orologio solare di Maignan. L’allineamento non sembra essere casuale, in quanto trova corrispondenza in alcune testimonianze storiche che attestano come dalla sua Camera delle udienze, collocata al primo piano del braccio centrale che separa il cortile dal giardino segreto, Bernardino Spada mostrasse il Colonnato7. Dallo stesso ambiente, infatti, è possibile percepire anche il prospetto del cortile su cui si affaccia l’orologio solare, anche se quest’ultimo può essere visto solo esternamente. Si è infatti verificato il perfetto allineamento tra lo specchio gnomonico dell’orologio stesso (al livello di imposta della volta al primo piano) con l’imbocco del colonnato prospettico (al piano terreno) e la loro visibilità attraverso la Camera delle udienze [figg. 4, 5]8. non convessi che si aggiungono ai cinque poliedri regolari convessi o platonici: un’autentica rarità geometrica. Il piccolo dodecaedro stellato è costituito da un dodecaedro i cui spigoli sono prolungati a costituire delle piramidi pentagonali su ogni faccia [fig. 8]. È interessante rilevare come, nonostante si possano reperire le rappresentazioni di generici dodecaedri elevati (con piramidi non derivate dal prolungamento degli spigoli del dodecaedro di base), questa costituisca la prima rappresentazione prospettica di tale poliedro che si verifica a 36 anni dalla sua scoperta da parte di Johannes Kepler, nel suo testo Harmonices 4. L’allineamento tra l’asse prospettico e lo specchio dell’Orologio di Maignan. Il punto di vista V (Camerone per l’udienza di Bernardino Spada, primo piano) è allineato con il Colonnato di Borromini (G, piano terra) e lo specchio gnomonico (S, primo piano). Immagine assonometrica delle piante, del modello realizzata su coordinamento di C. Càndito, con disegni di Andrea Salmaso e Andrea Quartara). 5. Immagini delle due opere viste dallo stanzino privato di Bernardino Spada (foto dell’autrice). Una geometrica presenza nei quartieri privati di una nobildonna Nell’ambito delle ricerche sulle prospettive architettoniche dipinte, si sono individuati i misteriosi poliedri stellati dipinti nella Sala di Leda di Palazzo Balbi Senarega, che hanno suggerito di effettuare alcuni approfondimenti alla ricerca del loro significato. Gli affreschi sono eseguiti nel 1655 circa da Valerio Castello (1624-1659) con il quadraturista Andrea Seghizzi (1613-1684) nella probabile camera privata della moglie del proprietario Francesco Maria Balbi (1619-1704): Barbara Airolo (nata nel 1624) [fig. 6] (Magnani 2008). Il palazzo era stato costruito a partire dal 1616 da Bartolomeo Bianco per volere di Giacomo e Pantaleo Balbi, rappresentanti di una cospicua famiglia genovese di commercianti che nel XVII raggiunge un potere economico tale da poter costruire un’intera strada cittadina ed ambire a riconoscimenti nobiliari e politici (Lamera Pigafetta 1987). L’occhio ovale di cielo illusorio che ritrae Leda e il suo incontro con Zeus in aspetto di cigno è incorniciato da un’architettura dipinta dorata che simula una cupola ovale con sei fori illusori circolari alternati ad altrettanti poliedri stellati [fig. 7, 1-6]. Completa la decorazione una struttura marmorea dipinta costituita da gruppi di colonne poggianti su muri angolari inframmezzati da quattro raffigurazioni allegoriche [fig. 7, A-D]. Le analisi effettuate con gli strumenti del rilievo e della rappresentazione9 hanno permesso di identificare i solidi geometrici con il piccolo dodecaedro stellato (Càndito, Celoria 2019), che è riconosciuto come uno dei quattro poliedri regolari 100 4. 5. Cristina Càndito 6. Mundi (1619) [fig. 9] (Field 1979; Cromwell 1995). Sembra interessante porsi il quesito circa le motivazioni della collocazione di questo particolare soggetto proprio nella stanza privata della signora del palazzo. Il mito principale si riferisce a Leda, madre di Elena di Troia e degli eroici figli avuti da Zeus: Castore e Polluce. Il soggetto può essere inteso come un omaggio alla stirpe dei Balbi, anche se si rileva l’incongruenza del mito con quello celebrativo della consorte, visto il tema della relazione extraconiugale con Zeus. I citati quattro dipinti mitologici completano il quadro con le rappresentazioni di Venere, Diana e Minerva, quali allegorie degli attributi di bellezza, riservatezza e prudenza, e di Mercurio, protettore dei commerci, ma anche figura benaugurante, oltre che simbolo dell’unione tra uomini e dei. Molte sono le interpretazioni simboliche e mitologiche che possono essere formulate in questo quadro celebrativo circa la presenza dei solidi geometrici, tuttavia, si può riconoscere una chiara intenzione nella rappresentazione di fare riferimento al poliedro recentemente scoperto da Kepler, che può costituire un rafforzamento simbolico degli attributi di bellezza, in virtù della sua raffigurazione quale stella a cinque punte dalle perfette proporzioni armoniche [fig. 8b] (Càndito; Celoria 2022). L’idea dell’adozione di questo soggetto nell’affresco può forse essere attribuita ad Andrea Seghizzi, quadraturista di vasta cultura architettonica e geometrica10. Lo spunto può provenire dallo stesso committente, ma anche da colei che occupa l’ambiente decorato: Barbara Airolo, che sposò Francesco Maria Balbi nel 1640 (a soli 16 anni!) da cui ebbe il figlio Giacomo. Come accade di norma alle protagoniste femminili della storia, non si reperiscono molte informazioni su di lei, a parte un riconoscimento della sua considerazione, e forse della sua competenza in campo artistico, nel testamento del padre Giovanni Tomaso Airolo (1644), che la indica come beneficiaria di un dipinto a sua scelta dalla sua collezione (Lercari 2010). L’ipotesi più plausibile, comunque, sembra essere → Architettura, geometria e astronomia quella di un suggerimento alla committenza o agli esecutori fornito da studiosi in ambito geometrico e astronomico, quali i gesuiti del Collegio che si insedia pochi anni prima proprio di fronte al Palazzo, per volere, come vedremo, della stessa famiglia Balbi. Sono state effettuate ricerche circa i professori di matematica del tempo, tra cui Giacomo Bonvicino, che insegna a Genova tra il 1651 e il 1656 11. Si sono anche effettuate verifiche circa i testi presenti nel registro della biblioteca storica del collegio, tra i quali si trovano le ineludibili Tabulae Rudolphinae redatte da Kepler (1627) sulla scorta delle osservazioni di Tycho Brahe, ma non il testo del 1619, in linea con la diffidenza mostrata dalla Chiesa cattolica nei confronti di un autore protestante che non ha rinnegato apertamente le teorie copernicane (Aricò 1996). Nel 1596, Kepler aveva redatto il Mysterium Cosmographicum in cui i 5 solidi regolari erano assimilati alle orbite dei cinque pianeti in un costrutto ingegnoso ma non convincente. Nel 1604 aveva pubblicato Ad Vitellionem Paralipomena, un testo di ottica basato sul citato testo di Vitellione, mentre nel 1609 aveva esposto nella sua Astromonia Nova, tra le altre cose, la cosiddetta prima legge di Kepler, che identifica la forma ellittica delle orbite dei corpi celesti. In funzione di quest’ultima nota acquisizione dell’astronomo tedesco, si può avanzare anche una ulteriore chiave di lettura integrativa legata alla configurazione ovale della composizione dell’affresco, che può costituire, appunto, un riferimento all'orbita ellittica dei pianeti individuata da Keplero [fig. 10]. La presenza di ellissi ed ovali risulta comune nel Seicento, soprattutto nell'architettura barocca12, e si può spiegare anche con la sola necessità di ricoprire uniformemente la superficie rettangolare della stanza. 6. La Sala di Leda a Palazzo Balbi Senarega. 7. Gli affreschi della volta della Sala di Leda: i poliedri stellati (1-6) e i dipinti mitologici (A-D) (elaborazione grafica dell'autrice). 7. 101 Rimane affascinante l’ipotesi che i sei soggetti geometrici rappresentino altrettanti corpi celesti, implicando quindi un’assimilazione della Terra agli altri cinque pianeti noti all’epoca ed una rappresentazione del modello copernicano efficacemente celata fino ai nostri giorni 13. La meridiana a foro gnomonico dell’Università di Genova Le relazioni tra geometria e astronomia sono alla base di una particolare presenza proprio nel citato Collegio dei gesuiti di Genova, attuale Palazzo dell’Università. Si tratta di un raro esemplare di meridiana a foro gnomonico collocato al terzo piano dell’edificio che è costruito a partire dal 1633 per volere congiunto dell’Ordine dei Gesuiti e della famiglia Balbi [fig. 11] (Lamera, Pigafetta 1987; Càndito 2001). Il Collegio conta tra gli ambienti più rappresentativi anche l’Aula Magna a doppia altezza al secondo piano che prospetta sulla strada, mentre le aule si allineano in profondità, affacciate alle logge del cortile. Sopra le aule si trovano le abitazioni dei padri, distribuite dal Corridoio di Sant'Ignazio, che a sud conduce alla Libreria domestica, anch’essa affacciata su Via Balbi e in posizione simmetrica rispetto alla più ampia Libreria lignea, che conserva i testi dei fondi del collegio gesuitico. Un insegnante di matematica, il gesuita François Rodolphe Corréard (1725-1794), realizza nel 1771 la meridiana a foro gnomonico (Balestrieri 2000) nella Libreria domestica, ora denominata Aula della Meridiana e destinata ad attività didattiche e di rap- presentanza. Corréard si trova a Genova dal 1766, dopo aver compiuto gli studi astronomici presso l'Osservatorio di Marsiglia, e aver scritto le Mémoires de mathématique et de physique (Avignon, 17551756). L'astronomo gesuita aveva abbandonato la Francia a causa della soppressione dell'Ordine nel paese (1762), in seguito alla quale si trova ad insegnare matematica nel collegio gesuitico genovese14 e poi a ricoprire lo stesso ruolo presso l'Università della Repubblica, anche dopo la soppressione della Compagnia in Italia (1773). Una meridiana a foro gnomonico (o a camera oscura) è costituita da una linea meridiana (orizzontale e orientata nord-sud), posizionata in uno spazio interno, e da uno stretto foro che proietti l’immagine solare sulla stessa linea meridiana alle ore 12 15. La proiezione avviene nel corso dell’anno con inclinazioni che si collocano tra il limite più lontano del solstizio invernale e quello più vicino del solstizio estivo [figg. 12, 13] 16. Tale realizzazione si inserisce nella storia relativa all’adozione dell’ora francese o astronomica, che a Genova sostituisce l’ora all’italiana nel 31 dicembre 1771, per la praticità del cambio di data alla mezzanotte. Diviene così necessario regolare gli orologi meccanici con il mezzogiorno locale, che può essere correttamente individuato, appunto, da una meridiana a foro gnomonico. Questo strumento a Genova si può inquadrare anche nel rafforzamento dell’interesse astronomico del collegio, testimoniato anche dal gesuita Ruggero Boscovich (1711-1787) nel 1767, pur rilevando che un vero osservatorio astronomico sembra istituito solo 8. Il piccolo dodecaedro stellato della Sala di Leda e il suo modello ideale con l’evidenziazione della continuità tra gli spigoli delle basi del dodecaedro e quelli delle piramidi, a formare la stella a cinque punte. 9. J. Kepler, Harmonices Mundi, 1609: frontespizio e raffigurazione del piccolo dodecaedro stellato. 10. Costruzione grafica con evidenziazione della disposizione ellittica dei sei piccoli dodecaedri stellati (elaborazione grafica dell'autrice). 8. 9. 102 10. Cristina Càndito 11. Il Palazzo dell’Università di Genova (ex Collegio dei Gesuiti) e la meridiana a foro gnomonico (Elaborazione grafica degli autori). m 11. nel XIX secolo17. Recentemente la meridiana a foro gnomonico è stata oggetto di studi da parte di un gruppo di lavoro dell’Università di Genova per giungere alla sua riattivazione, che permetterà di conciliare l’interesse storico scientifico con quello funzionale dell’Ateneo18. Conclusioni L’esposizione dei tre casi studio è motivata dall’esigenza di evidenziare un filo conduttore che è costituito dalla ineludibile interdisciplinarità necessaria per lo studio dei soggetti esaminati. Il contributo della rappresentazione è riconoscibile sia sul piano scientifico, come strumento di verifica, sia su quello divulgativo, quale indispensabile strumento per la simulazione e per il supporto nell’illustrazione della complessità. Nel primo caso studio, quello dell’orologio catottrico Spada (1644), infatti, l’individuazione di un testo ignoto alla storia della gnomonica (Mirami 1582) è avvenuta attraverso le ricerche legate all’ottica. Il riconoscimento delle possibili relazioni spaziali con il Colonnato prospettico di Borromini, inoltre, si è compiuto a partire dalle testimonianze storico-grafiche verificate attraverso la rappresentazione degli spazi coinvolti. La geometria ha poi stimolato un → Architettura, geometria e astronomia approfondimento su un soggetto apparentemente trascurabile, un solido geometrico, all’interno del ciclo decorativo tra i più pregevoli del Seicento genovese: l’affresco della Sala di Leda in Palazzo Balbi Senarega (1655 ca.). Attraverso la ricerca del significato della sua presenza si sono reperite stimolanti suggestioni sui possibili legami con la figura di Johannes Kepler attraverso una criptata rappresentazione astronomica. Il terzo caso studio illustra come il Collegio dei Gesuiti di Genova entri nella storia della gnomonica grazie alla presenza di un raro esemplare di meridiana a foro gnomonico realizzato nel 1771 da François Rodolphe Corréard, professore di matematica dello stesso collegio, a ulteriore testimonianza del connubio tra le discipline della geometria e dell’astronomia, ben individuabile nel passato ed ancora capace di fornire chiavi di lettura interdisciplinari nel mondo contemporaneo delle specializzazioni. Questo tipo di studi, infatti, fornisce ai ricercatori di svariate discipline delle occasioni di dialogo che introducono nuove (o antiche) chiavi di lettura per oggetti difficilmente classificabili secondo le attuali suddivisioni dei saperi19. 103 m 12. 13. Note 1. Per gli studi su questo raro strumento e sul palazzo: (Neppi 1975; Tabarrini 2008; Farroni 2019). Si rimanda a quest’ultimo e ad altri capitoli in questo stesso volume per nuovi studi e rilievi. 2. L’interesse per questo oggetto è nato per chi scrive dal suo legame con lo sviluppo scientifico della prospettiva secentesca, sviluppato in particolare da studiosi appartenenti a due ordini religiosi: i gesuiti e i francescani minimi. cfr. (Càndito 2001; Càndito 2005). 3. Cfr. (Lanciano 2013, De Rosa 2013). Maignan costruisce forse altre meridiane catottriche ad Aubeterre (Dordogne), Tolosa e Bordeaux (J. Saguens, Philosophia Maignani scholastica, Tolosa 1703; cfr. Neppi 1975). 4. Vitellione o Witelo (1220 ca.-1300 ca.), Perspectiva Libri X, 1270 ca.; prima edizione: F. Risner, Opticae Thesaurus, Basilea 1572 5. I lavori del palazzo sono documentati nell’Inventario dei beni di Bernardino Spada (1631), dalle Minute de’ capitoli della Vita di Bernardino Spada (stilato da Virgilio Spada nel 1662) e dalla Descrizione delle Stanze del Palazzo. Cfr. Neppi 1975. Si vedano inoltre i testi in (Tabarrini 2008; Sinisgalli 1998) e la bibliografia citata in (Càndito 2013). 6. Neppi 1975, pp. 177, che riporta i dati del pagamento del 1653. 7. Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli, Descrizione delle stanze del palazzo a Capo di Ferro fatta da mons.r Virgilio Spada, 1662; cfr. Neppi 1975, p. 290. 8. Risulta inoltre che nel 1665 si sia sperimentata la possibilità di percepire il colonnato proprio dalla Galleria della meridiana attraverso l’apertura di un foro sotto la finestra centrale della galleria di Maignan. Il foro, successivamente chiuso, attraversava il fregio esterno dei centauri. Per i lavori eseguiti, cfr. Neppi 1975, p. 181. 104 9. I rilievi fotogrammetrici e le riprese di fotografia panoramica sono stati eseguiti da C. Càndito e I. Celoria (2019). 10. Per le sue opere, cfr. (Pigozzi 2006; L’Occaso 2018). 11. (Garibaldi 1992; Cosentino 1987). Si è consultato il suo manoscritto Brevis introductio in totam mathematicam (1654) (Ms. VI 6, Biblioteca Universitaria di Genova) che non contiene riferimenti ai poliedri stellati, ma neanche ai poliedri e sembra perciò incompleto su questa parte della geometria. 12. Non è possibile qui citare neanche in parte l’ampia bibliografia su ellissi ed ovali, ma un riferimento alle possibili influenze da parte di Keplero alla diffusione di queste forme nel Seicento si trova in (Colonnese 2014). 13. Sono in corso di svolgimento ulteriori studi circa le fonti astronomiche e geometriche di studiosi potenzialmente coinvolti nella redazione di un così complesso programma allegorico. 14. Cfr. Garibaldi 1992. 15. Per un’analisi delle meridiane a foro stenopeico in Italia, cfr. (Mesturini 2002). 16. La proiezione dell’immagine solare agli equinozi avviene ad una distanza uguale alla latitudine geografica moltiplicata per l’altezza del foro gnomonico. 17. Alizeri, 1875, p. 431. 18. Il gruppo è composto da C. Càndito, W. Riva e V. Scelsi. Chi scrive sta sviluppando un progetto di percorsi di accessibilità. (https://www.youtube.com/watch?v=ujpD7j7HHl8). 19. Le ricerche presenti sono state possibili grazie all’impostazione effettuata da altri studiosi, come Filippo Camerota, Agostino De Rosa e Manuela Incerti. Si ringrazia per i preziosi suggerimenti Fabrizio Bònoli. L’autrice si assume comunque tutte le responsabilità per le ricerche presentate. 12. Pianta e sezione dell’Aula della Meridiana (Elaborazione grafica degli autori). 13. L’Aula della meridiana del Palazzo dell’Università di Genova: foto e modello fotogrammetrico sezionato (foto e disegni realizzati su coordinamento dell'autrice, su rilievi di C. Càndito e I. Celoria e modello schematico di A. Meloni). Cristina Càndito Bibliografia Alizeri F. (1875). Guida illustrativa del cittadino e del forestiero per la città di Genova e sue adiacenze, Genova: Sambolino. Aricò D. (1996). 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Parole chiave It exists an unrealised project in the baroque Rome particularly able to stress the relation between Architecture and Science. The drawings of the project have been attributed to Francesco Borromini (1599-1667), they stay with a handwritten by father Emmanuel Maignan (1601-1676). The text by him describes, among the others, the scientific games referring to direct, catoptric and dioptric sundials. Francesco Borromini Emmanuel Maignan Gnomonics Catoptrics Dioptrics Alessio Bortot Università degli Studi di Trieste → [email protected] 107 Introduction In the Roman context of the seventeenth century, scientific research is well summed-up by an unbuilt project that arose from the collaboration between an architect and a religious man: Francesco Borromini (1599-1667) and the Minim Friar Emmanuel Maignan (1601-1676). A fortified villa would have been built outside the Gate of St. Pancrazio in Rome as a residence for Cardinal Camillo Pamphilj. This dwelling was finally built according to a totally different project conceived by Alessandro Algardi (1598-1654) and Giovanni Francesco Grimaldi (1606-1680). The material related to this project - ascribed to Borromini by Paolo Portoghesi (Portoghesi 1964) is composed by two technical drawings, a plan showing a façade in two different solutions and a sketch plan with some alterations, if compared to the Borromini’s one, probably carried out by Virgilio Spada. Among Spada’s papers there is a letter addressed to Camillo Pamphilj written by Borromini and a manuscript including some pages entitled Mathematica Pamphilianos hortos exornans. The handwritten shows a detailed and meticulous list of scientific games that would have been installed in the villa. The above-mentioned ‘games’ (mirabilia) represent the main fields of research carried out by some eclectic Baroque scholars. These personalities 1. 1. Digital reconstruction of the project for Villa Pamphilj: isometric axonometric projection from the south-eastern side (Graphic elaboration by the author). 108 Alessio Bortot often belonged to religious orders and used scientific, theological and philosophical speculations in their works. The authorship of this work was ascribed to Emmanuel Maignan (1601-1676) after researches carried out by Paolo Portoghesi and Filippo Camerota (Camerota 2000a). Maignan was a Friar from the Order of Minims who used to live and teach in Rome in the Convent of Trinità dei Monti for some years. These scientific wonders are divided into a list of 21 numbered points that seem to represent the whole scientific-experimental knowledge of the time in the fields of optics, gnomonics, existence of void, acoustics, magnetism, and so on. In this paper the focus is the analysis and digital reconstruction of the devices related to gnomonic science, even if all the scientific devices and the villa have been completely hypothesized via digital tools (Bortot 2020), [fig. 1]. We have supposed the villa was oriented northsouth, with the main façade looking to south. Point number one and two: the automaton and the dark room sundial The first point of the manuscript describes a sculpture representing Pope Innocent X (named “our holiest Lord”, an expression used to indicate the Pontiff at the time) located in the main hall of the villa. A possible reference to this sculpture - which spanned the centuries as it is outlined in point 1 - is perhaps recognizable in the bronze artwork by Alessandro Algardi (1595-1654), dated back to 1645 and currently hosted in Roman Capitoline Museums. This hypothesis is confirmed by the pontiff ’s pose which displays a foot coming out from his long shirt, as indicated in the manuscript, although this detail was a standard canon in the sculptural style of the time depending on the subject. The foot position is very important because it was supposed to be reached by a sunbeam every year on the day of the Pope’s election, as mentioned in point 2. 2. 2. Reconstruction of mirabilia number 1 and 2: calculation of the trajectory of a sunbeam on the 15th of September at 10 in the morning (Graphic elaboration by the author). → Architettura, geometria e astronomia 109 According to what is reported in the chronicle by Andrea Taurelli, the election to the papal throne of Giovanni Battista Pamphilj (1574-1655) took place on the 15th of September 1644 at 10 in the morning (Taurelli 1644, p. 22). Another important detail is the fact that at the latitude of Rome (41°53’14’’ approximated to 42°, not indicated by Maignan in his manuscript) the height of the Sun on the horizon at 10 am was 38° 49’. Every year, in that day and at that precise time, the solar ray would have activated a mechanism capable of raising the papal cap up to show a dove hidden inside. The letter written by Borromini shortly describes the same scientific game even and underlines the classical heritage of the device, considering it as a “thought practiced by the ancients, and reported by Baronio”. The advice was to place the statue of the Pontiff in the southern area of the hall, according to the hypothesis of letting the sunlight pass through the main access door to the villa. Whereas the obliqueness of the sunbeam in that hour and the presence of shadows produced by the loggia on the southern side, convinced us that a similar effect would have been easier to obtain by forming a circular small hole on the façade, at the height of the first level, following a practice used for the so-called ‘darkroom sundials’. In order to build what is described in the three-dimensional digital environment, an ideal cone of light (an oblique circular one) was used: its vertex was placed in the center of the entrance hole of the ray and the directrix was supposed to be the circumference described by the Sun in its apparent motion on the 15th of September. The intersection of this cone and the floor of the main hall produced a hyperbola indicating the path of the solar projection from sunrise to sunset that day [fig. 2]. This period was quite ideal considering the impediments to the light generated both by architectural elements on the façade and by the interior walls of the villa. According to the simulations carried out, the effective projection of light crosses the environment from a timeframe going before 10.00 a.m. up to approx. noon. However, a particular attention was given to that specific generatrix of the cone of light representing the direction of the solar radius at 10.00 a.m.: when we established the point of intersection between the sunbeam and the floor, we decided to place the statue of Innocent X [fig. 3]. We were doubtful about the expedient through which the statue could move: first, we thought of a tube filled with mercury (or perhaps alcohol) hidden in the Statue [fig. 4]. This conduit could have connected Pope’s foot with his head and, thanks to a sort of small piston, it would have probably processed the opening mechanism of the Pope’s hat showing the 110 3. 3. Pope Innocenzo X’s statue located in the main hall (Graphic elaboration by the author). 4. 4. Small tube containing a liquid that may overheat due to a sunbeam touching the Pope’s foot (Graphic elaboration by the author). 5. 5. René Descartes, Traité de l’homme (Parigi 1662), illustrations showing the human perceptive mechanism of external stirring. Alessio Bortot dove due to a certain pressure exerted by the fluid heated by the sunbeam. Obviously, this is a simple assumption that would have given an essential weight to the dove and the cap. What’s more, perhaps a biconvex lens would have been used to amplify the heat of the macula in the moment of his transit on the Pope’s foot. The apparatus would have certainly required specific astronomical knowledge by its hypothetical maker who could have sourced information via experiments in the fields of pneumatics or hydrostatic pressure. In conclusion, we dare to affirm that this mirabilia would have been probably appreciated by René Descartes if we consider his Traité de l’homme, and in particular, the passage wherein the philosopher explains the process by which the human body reacts to external stimuli through the action of animal spirits. The illustration aims to schematize this assumption [fig. 5] and the explanation along it, but it seems to be particularly evocative in relation to the first points of the manuscript. Point number 6: the catoptric sundial In Maignan’s manuscript point number 6 there is a description of a sundial which does not employ the traditional shadow projected by a gnomon, but a small mirror positioned on a windowsill enabling to reflect sunbeams on the hemispherical ceilings covering the towers situated in the north-eastern and south-western corners. The direct reference to this mirabilia is represented by the sundials created by Emanuel Maignan in Rome. The first is located in the cloister of Trinità dei Monti and the other one in Palazzo Spada - not neglecting the ones that the Minim built before his stay in Rome in Aubeterre (Dordogne), Toulouse and Bordeaux (no more visible), as affirmed by Jean-François Niceron (1613-1646), (Niceron 1638). According to Gianni Ferrari the most ancient catoptric clock (now only partially visible) was created by Nicolaus Copernicus in one of the towers in the Castle of Olsztyn in Poland approximately in 1520 (Ferrari 2005). Maignan even authored a book on solar clocks entitled Perspectiva Horaria (Maignan 1648). According to the treaties instead, the oldest one dealing with this subject - although not as detailed as the Minim Father’s creation - is the Compendiosa introduttione alla prima parte della specularia by the Jewish Raffaele Mirami, written in vernacular and published in Ferrara in 1582. There is also another one published by the German Jesuit Georg Shonberger in 1622 (Shonberger 1622), and obviously the one by Athanasius Kircher (16021680) (Kircher 1635) on the same subject. It is important to confirm that Mirani’s summary work was dedicated to the catoptrics in general explaining the → Architettura, geometria e astronomia physical-geometrical principles, the applications to the perspective views in addition to gnomonic ones. In the first pages the author claims to have been inspired by Euclid: “ad Euclide, à Vitellone ad Alhazeno, et altri, che dottamente ne scrissero,” while and when he had to explain the practical ramifications of such matter, he refers to the use of “tali principi per illuminar luoghi oscuri, per voltare alcune sorti d’ombre [...] per fare Horaloggi e per trasportarli da un sito all’altro” by introducing ‘specularia’ (Mirami 1582). This digital twin of Maignan’s device was built and inspired by the catoptric clock on the first floor of Trinità dei Monti Convent. There are four time measurement systems in this device: the system of ‘hours temporarie’, ‘Italic hours’, the ‘babilonian’ and finally the one of ‘astronomical hours’. In the sumptuous astrolabe in Palazzo Spada (1644) - whose creation is probably due to Maignan’s experience at the Trinità dei Monti - the clock can also be read at night through a moonlight projection. In fact this device involves a circular wheel conceived for both daytime and nighttime reading. Faithful to Maignan’s assumption “any sundial is a certain projection of a sphere and its circle toward some flat surface or any other kind of it” (Maignan 1648), we have reconstructed an ideal celestial sphere related to the latitude of Rome. We identified the various hour lines and references on its surface thanks to the intersection with some fundamental geometric entities such as cones, sheafs and stars of plans made of light. The center of the sphere with its fundamental entities was then positioned in correspondence with the center of the mirror located on the windowsill [figs. 6-7]. At this point the geometric light entities have been intersected one by one with the spherical vault covering the circular environment. Therefore, they have been intersected with parts of the walls over the ideal plane where the mirror was located and they generated a dense network of curves visible from the inside of the room [fig. 8]. Maignan suggests that geographic places of the world should be aligned along the projection on the spherical vault of a perpetual rainbow obtained via a tool, Iride Horariae Dioptricae, in order to identify the midday time throughout the world. In other words, the position of the arc will indicate the parallel where the Sun is located during the year, showing the specific places every day in which the star is at its zenith. Book IV of Perspectiva horaria is entirely dedicated to the explanation of how to achieve these refraction sundials, but not only: Maignan writes about the topic of the iris, produced by the afore-mentioned instrument, mentioning to the reader that he had already discussed on the same concept in Book III concerning catoptrics, exactly 111 6. 6. On the left, celestial meridians and parallels derived from the intersection of the room to host the catoptric clock with the spherical vault; on the right, the lines representing sun declinations (Graphic elaboration by the author). 7. 7. On the left, the astronomic and unequal hour lines derived from the intersection of the room to host the catoptric clock with the spherical vault; on the right, the Italic and Babiloninian hour lines obtained with the same process (Graphic elaboration by the author). 112 Alessio Bortot in Propositio CXI. The Minim Father writes in Propositio LXVIII, Book IV: “The reflected light shows only the candor that is in its nature. Instead, when it is refracted according to the way and the amount of refraction, it becomes yellow, green, purple and blue. So, given these assumptions that I said in the place mentioned (Book III, Propositio CXI) I will add to it only the refraction for exposing the perfect iris, i.e. with many colors, the only missing thing to what I said before” (Maignan 1648, p. 684). Then the iris mentioned in relation to the catoptric clock is only an arc of light ‘with candor that is in its nature’. Then it begins the explanation of how to achieve this → Architettura, geometria e astronomia iris, this time dioptric: “Prepare then a mirror made of crystal, perfectly cylindrical, very well polished around its circumference”. Maignan proposes to set the device with a cylinder made of (not reflecting) glass, otherwise not mirroring, although he defines it as “a mirror”. Such a diaphanous solid could be reflective only under particular conditions of light, for example, if exposed to the penumbra or illuminated by grazing light. Then Maignan keeps on explaining how to produce the iris. In this case it’s an authentic rainbow, more glaring through the use of the cylinder diaphanous: “nevertheless you can obtain more vivid colors if you 8. Perspective view of the south-western room from below; in the center the projection of the sunbeam (Graphic elaboration by the author). 8. 113 make some grooves on the cylindrical surface of the mirror […], small and in very frequent intervals and equal, because the effect of the rainbow would be nicer if these facets [those regarding the grooves], come in succession one after the other. In fact in this way the rainbow would be interrupted and it would not be a continuous arc but necessarily an arc with some breaks” (Maignan 1648, pp. 684-685). In order to obtain the desired effect, it will not be sufficient to smooth the outer surface of the crystal cylinder, but also highlight the generatrices by slicing them, somehow amplifying the refractive phenomenon. From all of this we can deduce that the term iris is indifferently used to allude both to a ‘white’ arc of light or to an arc composed of rainbow colors. The term ‘mirror’ is even used to define reflective surfaces tout-court, but also transparent surfaces such as glass that can become reflective only in certain conditions. The digital simulations refer to point 6 of the manuscript. As soon as the planar gnomonic mirror is fixed on the windowsill, two distinct admirable effects will appear depending on whether conditions using a catoptric or a dioptric cylinder mounted on suitable supports. In particular, there will be a projection of a portion of an arc of light on the hemispheric vault, if the portion of the cone of light reflected (produced by infinite generatrices of the solar rays) intercepts (reflecting obliquely) a mirrored cylinder tilted in function of the coverage area to be illuminated. Otherwise, we will see an arc of a refracted circle, now deconstructed in rainbow colors [fig. 9], intersecting the cone of light reflected with a cylinder of a transparent material, whose axis must be placed orthogonally to that of the reflected cone [fig. 10]. In short, it is once again a problem due to conical sections, already explained by Apollonius of Perga in the II century B.C.1, no more connected to a small object but to phenomena of astronomical nature. gested in the manuscript, we realize that the wavy pattern of the scale indicated in Borromini’s plan, wouldn’t have been suitable for the production of the apparatus imagined by Maignan. The other solution (as arisen in the documents) would be the most canonical double staircase, only sketched in the drawing attributed to Virgilio Spada. Also in this case, however, the parallelism between the steps of the first flight and the orthogonality (related to the second one) are difficult to be combined with the framework resulting from Italic and Babylonian hour lines. In our digital hypothesis we preferred not 9. Interior perspective view of the catoptric solar clock with the projection of the rainbow on the vault obtained with Iridi Horariae Diopticae tool (Graphic elaboration by the author). 10. Cylindrical lens with external grooving to decompose the sunbeam on its apparent spectrum (Graphic elaboration by the author). 9. 10. Point number 9: a casting shadow sundials Among all the wonders digitally interpreted in three dimensions (as described in Maignan’s manuscript and in the letter addressed to Cardinal Camillo Pamphilj) the wonder illustrated in point number 9 is probably the one that most ‘betrays’ Borromini’s project. It had to do with the construction of the main staircase of access to the villa in a way that the edges of the steps played the role of hour lines related to Italic and Babylonian hourly systems. These time system layouts are easily recognizable because the hour lines, unlike those involving astronomical and unequal clocks, do not converge in a single point. Observing the system of straight lines originated from overlapping two types of solar clocks sug- 114 Alessio Bortot to adapt the stairs indicated in the drawings, but we opted for a new one starting precisely from tracing two hour systems. First of all, it is important to claim that it is a casting shadow sundial with a horizontal quadrant and equipped with two gnomons, represented by the lifted forefingers of both the statues. In digital environment, as soon as we fixed the position of the two statues, we positioned the center of the ideal sphere (with Italic plans) on the tip of the sculpture’s raised forefinger on the right side and the center of the star of Babylonian plans in a symmetrical position considering the villa’s façade [fig. 11]. The next step has required the intersection of the two stars with planes passing through the hypothetical position of the single treads. The steps thus obtained, albeit with an irregular configuration, respect the idea suggested in point 9 of the manuscript and presented in Borromini’s letter [fig. 12]. In this latter the architect describes approximately the same apparatus even assigning a calendar function to the clock. As a general rule, the two clocks would have worked in a range between the twelfth and the twenty-second hours for the Italic system and from time zero to the tenth for the Babylonian one. We preferred not to mark the hour numbers on each step in the digital reconstruction basically due to an idea. As a matter of fact, we like thinking that these scientific games drafted by Borromini and Maignan not always declare openly their presence, but rather generate architectural forms of space preserving their basic mathematical function as hidden aspects. Certainly, every day, from sunrise to sunset, the shadow of fingers cast by the two statues [fig. 13] would go up to the steps one by one, but only the ‘scientists’ would have seen a sundial in this architectural element. 11. 11. Reconstruction of mirabilia 9 through the intersection of Italic and Babilonic planes with ideal planes containing step treads (Graphic elaboration by the author). 12. 12. The main staircase to enter the villa according to the reconstruction of mirabilia 9 (Graphic elaboration by the author). → Architettura, geometria e astronomia 115 Point number 11: the dioptric sundials The tank with gnomonic function described in passage number eleven refers to the theoretical discussion of these kinds of tools that Maignan analyzed in the fourth book of his treatise entitled Dioptrice Horaria sive Horographiae Gnomonicae. It is an astrolabe whose hour lines are drawn on the bottom of the tub considering, in this case, the refraction undergone by the rays of the Sun or by the shade of the stylus in their passage from air to water surface. Before describing how to make these apparatuses, the Minim Friar underlined the importance of the refractive phenomenon produced by the atmosphere, essential to be considered during astronomical observations. The oldest text about refraction clocks was written by Giovambattista Benedetti in 1574 (Benedetti 1574); in addition, in the same field, follows the volume by the pupil of Guidobaldo Dal Monte, Muzio Oddi (1569-1639), (Oddi 1614). According to Nicola Severino2, the text in which the topic is extensively developed would be that of the Jesuit George Schoenberg dated back to 1622 (Schoenberg 1622), few decades before the publication of gnomonic treatises by Kircher (1635) and Maignan (1648). Parts of these tools are usually present in the form of small-scale hemispherical cups equipped with a space where a compass is placed, functional to the alignment of the local meridian, as we can see in the sample displayed in Galileo Museum or as it is illustrated in one of plates in Maignan’s treatise. In this book, the ‘Neptune or Triton’ suggested in the manuscript for Villa Pamphilj is replaced by a unicorn (“Monoceros”) functioning as a gnomon3. Instead, the oldest literary reference would be a biblical episode where a displacement of the shadow in King Achaz ‘s sundial (736-721 B.C.) is described in the same way as it appears finely engraved in the upper edge of a cup with gnomonic function, created by Georg Hartmann in 1547 (Colombo 1993). However, the apparatus described in point 11 of the reminder does not refer to a small cup but to a pool; in fact, in the handwritten it is defined as a “very big pot”. Perhaps the Minim Friar referred to a further illustration of the treatise (used as a model for our digital reconstruction) in the chapter concerning catoptrics that clearly shows the deformation of hour lines drawn on a planar surface, if they are projected onto a concave one. A quite big copy of a similar device is still visible in the garden of Ducal Palace of Urbino (Panicali 1988, pp. 122-129). As hour lines on a concave surface are curves, in order to draw each of these it is necessary to have a considerable number of points corresponding to the coordinates of altitude and azimuth of the Sun. Not only. Given the fact that these rays will be deviat13. 13. Perspective view from above and simulation of shadow projection of the statues on the gnomonic staircase. (Graphic elaboration by the author). 116 Alessio Bortot ed because of the phenomenon of dioptric, it will also be important to know the angle of deviation after the passage from air to water. Nowadays we know that the refractive index of water (n) is assumed to be equal to 1.33. Thanks to the tool shown in the Perspectiva and taking as a sample a certain number of days, Father Maignan was able to write down the angles of deviation in precise tables, concluding that the index of refraction had to vary for the air/water in a range between 1.28 and 1.33 at the latitude of Rome. Finally, in order these devices properly work, they need to be positioned perfectly horizontal, especially if designed as mobile tools. Going back to the reconstruction of the digital dioptric clock of point 11, given the extreme complexity of the calculation of hour lines, and believing in the importance to point out, in this case, the ‘installations’ proposed by the monk and the architect, we preferred to produce an approximated digital mod- el, visually plausible but without the analytical rigor required for its real functioning. So, the proposed method would not be really valid if the fountain was actually filled with water because the marked lines would be subject to a mutual contraction. Once again we used the ideal celestial sphere built for the latitude of Rome whose center (with some geometric fundamental entities) was positioned at the tip of the gnomon. In particular, between the various time systems, we selected the Italic and the Babylonian one, the astronomical hours and the cones related to declinations of the Sun over the year. These entities were then intersected with the bottom of the tank, obtained by subtracting from the total volume a half ellipsoid of rotation [fig. 14]. Specifically, the lines of declination of the Sun are the result of the intersection between a star of cones and the aforesaid surface of revolution, thus resulting hunched curves. All the other elements are 14. 14. Reconstruction of mirabilia 11 through the intersection of the garden tank with gnomonic function with the Italic, Babilonic and astronomical hour systems (Graphic elaboration by the author). → Architettura, geometria e astronomia 117 arcs of ellipses arising from the intersection of the surface with a double curvature and plans variously arranged in the space. The tank thus obtained was finally located in the place indicated by Maignan: “Ante porticum Meridionalem”. The comparison between the two renderings created, one with the tank filled with water and the other empty [fig. 15], at least can give an idea of how the projection of a shadow changes and, consequently, the pattern of clock lines varies. Conclusion The list of solar clocks described by Maignan in his handwritten for Villa Pamphilj seems to be conceived to connect gnomonics to optics. The same approach is recognizable in the structure of the Perspectiva Horaria where after a general overview on the fundamental concept about gnomonics (Book I), the author considers the solar clocks employing a direct projection (Book II), then the catoptric ones (Book III) and finally the dioptrics (Book IV ). It is interesting to highlight that an analogous order can be seen in La Perspective Curieuse (1638) by Niceron concerning the main types of anamorphoses, but also in the Dioptrique by Descartes (Descartes 1637). Optics and gnomonics relation is due to universal laws. More in detail, this is particularly true if we take into account the frontispiece of the Perspectiva Horaria: the engraving shows the ‘mother perspective’ who is explaining to her daughters - Optics, Catoptrics and Dioptrics - the laws to trace all the typologies of sundials. Notes 1. From the treatise on conic sections by Apollonius only four of the eight volumes have been preserved: one in Greek, three in Arabic; the latter would have been rebuilt by Alhazen. Many of the works related to the classic science spread in Europe from the Renaissance period on (Russo 2003, pp. 25, 181). 2. Severino 2014. Storia dell’orologio solare a rifrazione, all’indirizzo. <http://www.nicolaseverino.it/> (consulted on the 23th of November 2014). 3. Filippo Camerota claims that in a Kircher’s version of the dioptric instrument (described in the Ars Magna) a floating siren appears in the center of the tank, provided with a gnomonic mirror and held in position due to a magnet placed on the bottom (Camerota 2000b). 118 15. 15. Above, the shadow projection of the gnomon on the garden tank filled with water; below, the shadow projection of the gnomon on the empty tank in order to highlight the different length of the cast shadows (Graphic elaboration by the author). Alessio Bortot Bibliography Benedetti, G.B. (1574). De Gnomonum Unmrarumque Solarium Usu Liber. Turin. Bortot, A. (2020). Emmanuel Maignan e Francesco Borromini. Il progetto di una villa scientifica nella Roma barocca. Siracusa: LetteraVentidue. Brusatin, M. (1986). Arte della meraviglia. Torino: Giulio Einaidi Editore. Camerota, F. (2000a). 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Demonstratio et Constructio Horologiorum novorum. Radio recto; refracto in Acqua; reflexo in speculo; solo magnete horas astronomicas, italicas, babylonicas indicatium. Friburgi Brisgoiae: apud Ioannem Strasserum. Farroni L. (2019). L’ arte del disegno a Palazzo Spada. L’Astrolabium Catoptrico-Gnomonicum di Emmanuel Maignan. Roma: De Luca Editori d’Arte. Stafford B. M., Terpak F. (eds.). (2001). Devices of wonder, from the world in a box to images on a screen. Los Angeles: Getty Research Institute. Ferrari, G. (2005). Copernico e la prima meridiana a riflessione. In Atti del XIII Seminario Nazionale di Gnomonica. Lignano 2005, 8-10 april 2005, pp. 88-89. Taurelli, A. (1644). De novissima electione Innocentii X. Bologna: typis Nicolai Tebaldini. → Architettura, geometria e astronomia 119 James Turrell, Alpha tunnel. Roden Crater, Arizona, 2009 (foto dell'autore). Abstract Spazio e tempo nel Roden Crater di James Turrell Un’opera visionaria in cui architettura, ingegneria, astronomia, archeo-astronomia, fisica, geologia e antropologia si fondono a formare un luogo di luce, spazio e tempo Il progetto artistico che il saggio illustra consiste nella realizzazione, all’interno di un cratere vulcanico spento, situato nel Painted Desert (AZ, USA), di un insieme di camere ipogee, collegate da tunnel e predisposte per accogliere la luce desertica, diurna e notturna, offrendola ai visitatori secondo modalità sperimentate da James Turrell nelle sue celebri installazioni. Parole chiave A visionary work in which architecture, engineering, astronomy, archeo-astronomy, physics, geology and anthropology are fused to create a place of light, space and time. The artistic project illustrated in this essay consists in the creation, within the crater of an extinct volcano in the Painted Desert (AZ, USA), of a suite of underground rooms, connected by tunnels and so laid out as to let in the desert light by day and night, offering it to visitors in modes experimented by James Turrell in his installations. Geometria Astronomia Land art Modellazione digitale Archeo-astronomia Agostino De Rosa Università IUAV di Venezia → [email protected] 121 Introduzione Il mio primo incontro ‘fisico’ con James Turrell risale al Settembre del 2004, a Parigi dove lo raggiunsi per l’inaugurazione di una sua mostra, presso la galleria Almine Rech. A partire dal 2002, avevamo avuto modo di sentirci frequentemente al telefono e via e-mail perfezionando, inconsapevolmente, le condizioni di quell’incontro che, almeno per me, risultò fatidico. Ad accogliermi nella hall dell’Hotel du Boucy trovai, oltre a sua moglie, Kyung-Lim Lee, un uomo ad un tempo mite e deciso, esatta incarnazione di una tipologia di sincero e devoto quacchero che imparai presto a riconoscere e ad apprezzare. La barba e i capelli canuti, nonostante la relativa giovane età, delineavano i tratti somatici più di un profeta biblico che di una delle star del panorama artistico internazionale. L’affabilità dei modi e la profondità dell’attenzione prestata ai contenuti della conversazione che andava dipanandosi, nonostante le inevitabili trappole linguistiche in cui cadevamo reciprocamente, mostravano la sua straordinaria attitudine all’ascolto, controbilanciata solo dalla generosità di informazioni tecniche che, nel corso delle successive tre ore, elargì a profusione. In quell’occasione, Jim ebbe modo di vedere de visu, per la prima volta, le elaborazioni digitali che l’équipe da me diretta, presso l’Università IUAV di Venezia, aveva realizzato nei due anni precedenti. Si trattava dei disegni, dei rendering e delle animazioni ottenute da un clone digitale di un progetto al quale l’artista californiano aveva dedicato gli ultimi trent’anni della sua vita, il Roden Crater project e che noi avevamo tentato di ricostruire, sfruttando le potenzialità fornite dai nuovi strumenti di rappresentazione eidomatica. Avevo sentito parlare di quest’opera, monumentale nella concezione e sbalordente nei contenuti, molti anni prima, precisamente nel 1993, durante un soggiorno di studio in California: il progetto consisteva nella realizzazione, all’interno di un cratere vulcanico spento [fig. 1], situato nel nord-est dell’Arizona, di un insieme di camere ipogee, collegate da tunnel, anch’essi sotterranei, predisposte per accogliere la luce desertica – diurna e notturna – , offrendola così ai visitatori secondo modalità che l’artista aveva sperimentato in vitro nelle sue celebri installazioni luminose. Ogni camera avrebbe anche svolto una funzione astronomica, orientata com’era, grazie ad apposite aperture, verso una specifica regione celeste in cui sarebbe avvenuto un particolare fenomeno solare, lunare o stellare. Naturalmente, cercai di reperire tutto il materiale bibliografico disponibile sull’argomento, scoprendo, tra gli altri, il sublime e insuperato testo di Craig Adcock (Adcock 1990) che al Roden Crater project aveva dedicato un intenso e dettagliatissimo capitolo. Le molte letture mi convinsero dei profondi fondamenti scientifici di quest’opera che, per essere concepita e realizzata, sembrava richiedere un 122 coacervo di competenze impressionante: architettura, ingegneria, astronomia, archeo-astronomia, fisica, geologia, antropologia etc., erano discipline che sembravano trovare un comune orizzonte applicativo nell’opera visionaria di James Turrell. Ad un giovane dottorando in architettura, all’epoca, suonava altresì non casuale che il Roden Crater si configurasse come l’apice, fin’ora mancante, di un ideale triangolo ‘di frontiera’ che vedeva in Taliesin West (nei pressi di Scottsdale) di Frank Lloyd Wright e in Arcosanti (a settanta miglia a nord della città di Phoenix) di Paolo Soleri gli altri due vertici: tutte le tessere, geografiche e culturali, del mosaico sembravano ora disporsi coerentemente, a conferma dell’immagine canonica di un ovest americano in cui i sogni e le utopie artistiche potevano trovare un luogo di compimento. Conoscevo le opere di altri protagonisti della Land art americana, ma nessuna ai miei occhi poteva rivaleggiare, per complessità e caratura spirituale, con il Roden Crater project [fig. 2]. I disegni allora disponibili, eseguiti dallo stesso Turrell a partire dal 1974, o da alcuni architetti, grazie alle generose donazioni del Conte Giuseppe Panza di Biumo, mostravano i rilievi topografici del cratere ai quali venivano sovrapponendosi le piante dei futuri spazi ctoni; le sezioni mongiane, praticate sul corpo del vulcano spento, rivelavano arcani allineamenti di tunnel e spazi con specifici punti della volta celeste; modelli fisici in scala dei singoli ambienti ne 1. 1. Veduta da sud ovest del Roden Crater, Arizona (foto dell’autore). Agostino De Rosa rivelavano caratteristiche configurative molto prossime alle scelte formali degli architetti rivoluzionari francesi o a quelle dei minimalisti americani e giapponesi contemporanei. La reale comprensione del progetto e delle sue plurime funzioni, terrestri e siderali, tuttavia, era affidata principalmente alle descrizioni verbali fornite dallo stesso Turrell e raccolte, da intervistatori occasionali o da storici dell’arte, in articoli e saggi. Mentre gli anni passavano, non perdevo interesse per l’attività dell’artista americano, approfittando di qualsiasi occasione si presentasse per rinnovare la conoscenza, diretta o indiretta, della sua opera: si sapeva però che i lavori al cratere procedevano a rilento, sia per questioni economiche, che per le difficoltà tecniche implicite nelle operazioni di scavo in blocchi di magma solidificato, e nel rispetto di precisi allineamenti astronomici da parte di ogni singolo elemento tettonico. Nel 2000, personali vicende accademiche mi condussero all’allora IUAV (Istituto Universitario di Architettura di Venezia) in veste di docente, e in quel nuovo ruolo decisi di inaugurare un filone di ricerca sul carattere interdisciplinare dell’opera di James Turrell: più o meno risale a quegli anni l’idea, sincrona alla rapida evoluzione dei programmi di modellazione e restituzione cromo-luministica computerizzati, di creare un modello digitale del Roden Crater project che cercasse di prefigurarne, non solo il compiuto aspetto finale, da un punto di vista architettonico e paesaggistico, ma anche la funzione di osservatorio ad occhio nudo di particolari eventi astronomici. Il Roden Crater project Le prime elaborazioni furono condotte sui documenti allora disponibili attraverso le pubblicazioni inerenti il Roden Crater project, dunque mostrando lacune e omissioni che solo l’incrocio di più fonti – grafiche e scritturali – permise di limitare al minimo: in particolare, le animazioni degli effetti del moto solare, virtualmente ricreati in alcuni degli spazi ipogei del progetto, iniziarono a mostrarci, sia pure filtrata dal mezzo digitale, la natura esperienziale che caratterizza l’opera, difficilmente restituibile attraverso i tradizionali mezzi di rappresentazione. Il passo successivo era convincere James Turrell dell’interesse scientifico e documentale del lavoro dell’équipe veneziana, affinché ci affidasse la documentazione originale di progetto sorretta dalle sue preziose spiegazioni: le finalità e il carattere di un’opera che richiedeva tempi molto lunghi per essere completata, si sarebbero potute comunicare più agevolmente con le moderne tecnologie info-grafiche, e la nostra disponibilità, in tal senso, era totale. Così decidemmo di offrirla a Jim, con semplicità e immediatezza, e ciò fu reso possibile grazie all’attività di mediazione del Conte Giuseppe Panza di Biumo, straordinario collezionista e intellettuale italiano, che immediata→ Architettura, geometria e astronomia 2. 2. Veduta del Roden Crater dai ruderi della casa della famiglia Roden. Painted Desert, Arizona, 2009 (foto dell'autore). 123 mente comprese la natura del nostro lavoro e, con entusiasmo, se ne fece portavoce presso l’artista californiano. Infrante le prime barriere, i contatti con James Turrell si fecero più frequenti e proficui, fino al primo incontro diretto avvenuto, come ricordato, a Parigi nel Settembre del 2004. Da allora, ho avuto modo di approfondire la conoscenza dell’uomo e dell’artista nel corso dei molti incontri succedutisi in Europa, e che sono culminati nel primo viaggio al Roden Crater (Arizona, USA) avvenuto nell’autunno del 2006, a cui ne sono seguiti molti altri, da solo o con i miei studenti. È quasi impossibile descrivere con parole la bellezza dell’opera, fin’ora compiuta limitatamente ad alcuni spazi (South Lodge [figg. 3-4], South Space, Sun and Moon space [figg. 5a-c, fig. 6], Alpha tunnel [fig. 7], East portal [fig. 8, figg. 9a-b] e Eye of the Crater [fig. 10]) che però preludono al suo futuro sviluppo: osservare delinearsi il profilo del Roden Crater nella luce assoluta e adamantina del Painted Desert, così mutevole e accogliente, già parla - in un linguaggio sconosciuto e al contempo familiare - ad una parte del nostro inconscio. Il naturale adattarsi del sistema percettivo alle inedite condizioni ambientali del sito, induce una progressiva predisposizione all’incontro con l’inaspettato che, una volta palesatosi, si scopre articolarsi in forme radianti e acustiche dalle risonanze archetipiche. I passaggi graduali dal fulgore della luce naturale ai silenziosi spazi ipogei ‘intossicati d‘ombra’, parafrasando Tanizaki Jun’ichiro (Tanizaki 1982), sono modulati con sapienza da James Turrell attraverso vani caliginosi immersi nelle viscere di una formazione geologica che continuamente sciorina la sua storia secolare: lo scopo dell’artista è quello di indurre una dilatazione degli organi sensoriali così che il visitatore sappia farsi massimamente cavo, ricettivo ad ogni presenza fotonica, sia che essa giunga dal Sole, dalla Luna o da stelle lontane anni luce, forse già estinte; ma anche ad ogni suono, proveniente sia dai dintorni terrestri, che dall’immenso spazio siderale che ci circonda. Il primo giorno di visita, Jim ci consigliò di non usare macchine fotografiche e telecamere, lasciando che per ognuno di noi si compisse l’esperienza del Roden Crater: aderimmo forzatamente all’invito, ma naturalmente l’artista aveva ragione. Le sollecitazioni visive e sonore, e più in generale sensorie, in quel luogo sono così intense che è necessario solo abbandonarsi ad esse, risvegliando il lato più istintivo, animale del nostro vedere e sentire: nessuna pellicola fotografica potrà venire mai impressa dalla luce che il nostro sistema visivo rielabora e che la nostra antropologia interpreta; nessun registratore audio sarà mai in grado di restituire il carattere immersivo del suono che viaggia circolarmente negli spazi e nei tunnel sotterranei, parendo provenire da un passato così remoto, da farsi tutt’uno con le note originarie delle creazione. La moderna e con124 3. 4. 3. James Turrell, South Lodge. Roden Crater, Arizona, 2009 (foto dell’autore). 4. James Turrell South Lodge. Roden Crater, Arizona, 2009. Il belvedere rivolto verso il Painted Desert (foto dell’autore). 5a-5c L’ingresso a tholos del Sun and Moon space. Roden Crater, Arizona, 2009. Immagine del monolite collocato al centro del Sun and Moon space. Roden Crater, Arizona, 2009. Fotografi: a) Agostino De Rosa b) Antonio Calandriello, c) Sissi Rosselli. Agostino De Rosa 5a. 5b. 5c. → Architettura, geometria e astronomia 125 temporanea diffidenza nel credere che sia possibile dare consistenza fisica, realtà materica, spessore costruttivo ad un sogno, qui si azzera, facendosi largo una suggestione antica, apparentemente non rinnovabile ai nostri giorni. I progetti visionari popolano i libri di storia dell’architettura, così come i testi sapienziali: l’immagine fugace, ricevuta in sogno da un sovrano di un passato oramai remoto, conduceva inesorabilmente alla costruzione di una città, il cui perimetro murario mimava, amplificandolo, il confine di un recinto sacro; e così, la mistica ispirazione che illuminava un profeta si traduceva in palazzi la cui articolazione planimetrica e altimetrica parlava un linguaggio iniziatico fatto di numeri e proporzioni accordate alle armonie celesti. Tuttavia, questa immaginazione superiore, capace di distanziarsi dal pulviscolo della storia aspirando a collocarsi nel piano dell’eterno, sembrava non registrare, oramai da decenni, nuovi adepti capaci di sacrificare un’intera esistenza perché quella visione fugace, quel sogno fatidico di un universo sì evanescente, ma perfettamente coerente, potesse inverarsi in forme solide. Il progetto del Roden Crater rinnova questa tradizione, con una non trascurabile eccezione: Turrell non parla la lingua degli iniziati, non permea di ermetismo i suoi spazi sotterranei, ma si rivolge direttamente al nostro sistema comunicativo più basico, quello sensoriale, sollecitandoci a compiere un’esperienza che ci risvegli ad una soglia fisiologica, quasi biologica, di attenzione alle modalità con le quali vediamo, sentiamo e percepiamo. Più che spiegarci il cammino, ci invita a compiere il cammino; più che rappresentare la luce, ci spinge ad immergerci nella vera luce, anche se questa spesso assume la consistenza che le riconosciamo in ambito onirico. Proprio dalla constatazione dei lunghi tempi previsti per il completamento del Roden Crater project è dunque nata l’idea, maturata nel 2002 presso l’Università Iuav di Venezia e da me coordinata scientificamente, di realizzare un modello digitale interattivo dell’intero complesso, grazie al quale fosse possibile descrivere e documentare criticamente – sia dal punto di vista figurativo che tecnico-scientifico – il ruolo che la luce, l’ombra e la lettura dei fenomeni celesti svolgono e svolgeranno nella definizione degli spazi architettonici progettati da James Turrell. I risultati di questa ricerca, condotti attraverso uno stretto contatto tra l’équipe veneziana1 e l’artista californiano, hanno costituito il nucleo di una serie di mostre (presso l’Aula Gino Valle dell’Università IUAV di Venezia, ottobre 2007; la Galleria e collezione Panza di Biumo, Varese, giugno-agosto 2008; presso la Galleria d'Arte Moderna, Palermo luglio 2009, Zentrum für Internationale Lichtkunst, Unna 2009; e il Museo Solomon R. Guggenheim, New York 2011) e dei relativi cataloghi2, in cui sono state (e saranno in futuro) esposte, oltre alle ricostruzioni digitali di 126 6. Il Sun and Moon space come camera oscura: la proiezione parastatica del cielo sul monolite. Roden Crater, Arizona, 2009 Fotografo: Amos Zampatti. 7. L’Alpha tunnel. Roden Crater, Arizona, 2009. Fotografo: Amos Zampatti. 6. 7. 8. Agostino De Rosa 8. Alpha Space (East Portal). Roden Crater, Arizona, 2009 (foto dell'autore). 9a-9b. Veduta della copertura dell’Alpha Space (East Portal). Roden Crater, Arizona, 2009. Veduta notturna del catino. In evidenza, la copertura dell’East portal. Roden Crater, Arizona, 2009. Fotografo: Alberto Falasco. 9a. 9b. → Architettura, geometria e astronomia 127 10. L’accesso interrato all’Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2006 (foto dell'autore). 11a-11b. Vedute dello skyspace all’interno dell’Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2009. Sequenza di vedute, al tramonto, dello skyspace all’interno dell’Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2009. Fotografo: Alberto Falasco. 10. 11a. 128 Agostino De Rosa ciascuna singola installazione, soprattutto gli inediti metodi combinatori dei così tanti saperi coinvolti nell’opera di Turrell, definendo i ruoli che il progetto e la sua rappresentazione geometrica giocano all’interno di ambienti che si situano al confine tra architettura tout-court, progettazione paesistico-ambientale e archeo-astronomia. Gli ambienti sonori delle mostre sono state curate da un team di musicisti, provenienti dall’area dell’improvvisazione jazz e da quella della musica contemporanea ed elettro-acustica (Eivind Aarset, Maria Pia De Vito, Maurizio Giri, Anja Lechner, Michele Rabbia e Huw Warren), che hanno scritto e improvvisato la colonna sonora di un video digitale, prodotto da Imago rerum-Iuav, suggestivo dei futuri scenari - terrestri e celesti - visibili nel sito. Come è facile desumere, la ricerca artistica di James Turrell nel Roden Crater project coinvolge molteplici discipline e interessi, ma ognuna di esse ruota intorno ad un centro immobile, costante e onnipresente: la percezione, soprattutto quella visiva, nel suo modo di strutturarsi e de-strutturarsi attraverso l’impiego controllato della luce, artificiale e naturale [figg. 11ab]. Come ha osservato Theodor Wolff l’opera di James Turrell ammette diversi livelli esegetici: “…come motivata sul piano estetico; come una dimostrazione accuratamente calcolata di certe leggi applicabili alla percezione e alla cognizione umana; come un processo demistificatorio teso a incrementare la consapevolezza del funzionamento della relazione tra l’uomo e il suo ambiente; come uno strumento per investigare stati mentali sottilmente trascendentali o metafisici” (Wolff 1985, p. 22). Nonostante Turrell non attribuisca, almeno in apparenza, alcun significato mistico-religioso alle sue creazioni artistiche, in esse è potentemente attivo l’archetipo della luce, riconducibile alle sue radici quacchere, e alle correlate pratiche del silenzio e dell’accoglienza della radiazione luminosa. I suoi spazi fin dagli esordi, si servono di un vocabolario 'limitato' di elementi che si combinano a seconda delle esigenze del luogo o della funzione, nel rispetto di un rigorosa sobrietà di soluzioni formali e scelte materiche [figg. 12-14]. La grammatica formale di James Turrell è come fondata su una serie ristretta di segni la cui elasticità e la cui bellezza, isolata o derivata dalla reciproca combinazione, ne fanno una serie di 'concetti assoluti', prossimi alle scelte linguistiche di un importante architetto contemporaneo, Tadao Ando, con il quale, fra l’altro, l’artista ha frequentemente collaborato. Due elementi avvicinano decisamente il modo di Ando e di Turrell di impiegare la luce nelle loro realizzazioni: anzitutto l'idea che la luce possa sinesteticamente trasformarsi in materia quasi tangibile, odorabile, udibile. Scrive Ando: "La luce dona un'esistenza agli oggetti in quanto tali e relaziona lo spazio alla forma. Isolato in uno spazio architettoni→ Architettura, geometria e astronomia 11b. 129 co, un raggio di luce indugia sulla superficie degli oggetti e evoca le ombre sul fondo. Quando l'intensità della luce varia seguendo i cambiamenti temporali e stagionali, anche l'apparenza degli oggetti muta. Ma la luce non diventa oggetto, né prende forma finché gli oggetti materiali non l'hanno accettata ed isolata" (Ando 1984, p. 84). Per Turrell: "...lavorando con la luce, ciò che è veramente importante... è creare una esperienza di pensiero senza parole, rendere la qualità e la sensazione della luce stessa in qualche modo realmente vicina al tatto. Spesso la gente si sporge e cerca di toccarla." (Adcock 1990, p. 2). Il secondo aspetto che lega i due personaggi è l'interesse per il dissolvimento dei limiti spaziali: da un lato, James Turrell ha sperimentato la possibilità di colmare un ambiente o con una foschia luminosa e colorata tale da essere difficilmente discriminabile il suo confine, o con un'ombra tale che i contorni energetici dell'opera sono indistinguibili "…dalla luce idioretinale prodotta nel nostro sistema visivo da una casuale scarica nervosa"(Adcock 1990, p. 2); dall'altro, Tadao Ando sfrutta l'ombra per definire, all'interno dei suoi edifici, delle terre ignote i cui confini fisici, puramente accademici, sono scalzati dalla mobilità di fendenti luminosi che rivelano la natura più riposta e rituale di uno spazio. Conclusioni Strumento teso ad ampliare i confini della percezione, ad implementare la conoscenza del mondo fenomenico, per James Turrell la luce non è veicolo di informazioni, poiché essa stessa, e di per se stessa, è informazione: "le mie opere non sono uno sguardo su qualcosa, bensì uno sguardo dentro qualcosa; non il posizionamento di una massa, ma l'intervenire nello spazio; non oggetti in una stanza, bensì la stanza. Il formato non è costituito da cose all'interno di un ambiente, ma è l'ambiente stesso." (Adcock 1990, p. 36). Turrell crea, con le sue installazioni luminose, volumi di luce e ombra che vengono percepiti come essenze fluttuanti, e l'osservatore è disorientato tra la consapevolezza della loro immaterialità e l'illusione che comunque esse costituiscano un'entità percepibile, talvolta più degli oggetti materiali. "Più che essere incentrate sulla percezione (il che potrebbe ritenersi valido per l'arte minimalista o, complessivamente, per tutta l'arte), le immagini luminose di Turrell sono composte dalla percezione. I suoi 'oggetti' sono luce e spazio, e sono così fondamentalmente integrati con la percezione che sarebbe senza senso separare queste opere dalla psicologia e dai processi psicologici che esse disgelano" (Adcock 1990, p. 38). Sorge allora la domanda se sia lecito, nel caso di simili opere, l’uso dei tradizionali metodi della rappresentazione geometrica e della teoria delle ombre (anche attraverso i più sofisticati software di rendering digitale) per ricostruire i confini cangianti delle 130 12. 13. 12. La rampa di accesso al cratere. Roden Crater, Arizona, 2009 (foto dell’autore) Agostino De Rosa loro apparenze. La risposta dovrebbe essere negativa; le opere di James Turrell indicano l’inadeguatezza dell'idea di una propagazione rettilinea della luce – e dunque dell’ombra –, e alludono invece al modello quantistico, oggi prevalente, che tuttavia non ha trovato ancora una coerente traduzione in termini info-grafici; ma soprattutto quelle opere suscitano in noi uno stimolo all’osservazione dei fenomeni umbratili del tutto analogo a quello provocato dai fenomeni luminosi, suggerendoci così di ridefinire in qualche modo le leggi della visione, e più in generale della percezione sensoria. Forse il nostro occhio interiore, capace di leggere le stratificazioni secolari – fisiche e metafisiche – di un segno naturalmente iconografico come l’ombra, è stato abbagliato dal concetto manicheo di una rappresentazione che, illuminando ogni angolo del suo edificio teorico, ha risposto a necessità meramente razionali, a finalità tettoniche o meccaniche. Così facendo probabilmente abbiamo smarrito uno dei valori aggiunti del disegno che con la precisa descrizione delle ombre, in un soprassalto di húbris (tracotanza), tenta di fissare sulla carta o nella schermata di un monitor il moto eternamente cangiante del Sole. Note 1. Il 14. 13. Veduta delle coperture dell’Alpha Space (East Portal) e dell’Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2009 (foto dell’autore). 14. Veduta di uno dei quattro giacigli, orientati cardinalmente, dell’Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2009(foto dell’autore). → Architettura, geometria e astronomia gruppo di lavoro, coordinato dal sottoscritto, è composto dai membri dell’Imago rerum team. Le elaborazioni digitali del Roden Crater Project sono state eseguite presso l’allora Dipartimento di Progettazione Architettonica (dPA) e il Laboratorio di Architettura Digitale (LAR) dell’Università Iuav di Venezia, tra gli anni 2002-2007. 2. Per approfondimenti sui cataloghi si vedano i testi: (De Rosa 2007, AA. VV. 2009, Sinnreich 2009). Bibliografia AA. VV. (2009). Terra e Luce. Dalla Gurfa al Roden Crater di James Turrell. Land And Light. From Gurfa's cave to Roden Crater. Milano: Skira. Adcock J. (1990). James Turrell. The Art of Light and Space. Berkeley, Los Angeles, Oxford: University of California Press. Ando T. (1984). Buildings, Writings, Projects. New York: Rizzoli International. De Rosa A. (a cura di). (2007). James Turrell. Il Roden Crater project. Geometrie di luce. Milano: Electa. Sinnreich U. (2009). James Turrell: Geometrie des Lichts/ Geometry of Light. Stoccarda: Hatje Cantz Verlag. Tanizaki J. (1982). Libro d’ombra. Milano: Feltrinelli. Wolff T. (1985). Introduction. In Brown J. (a cura di). Occluded Front, James Turrell. Los Angeles: Lapis press. 131 Giovan Battista Magni (progetto Emmanuel Maignan), dettaglio dell'Astrolabio catottrico di Palazzo Spada, 1644 (Fotografia degli autori). 132 Abstract Rappresentazione del Tempo a Palazzo Spada tra immagini e accadimenti Gli interventi seicenteschi voluti da Bernardino Spada sulla sua residenza romana ruotano intorno al tema delle proiezioni centrali e delle loro applicazioni. L’astrolabio catottrico gnomonico di Emmenuel Maignan (1644) è al centro del sistema di trasformazioni e il presente saggio mostra la simulazione del processo progettuale e la verifica dell’accuratezza realizzativa in relazione ai modelli geometrici di riferimento. Parole chiave The 17th-century interventions commissioned by Bernardino Spada on his Roman residence centre around the theme of central projections and their applications. Emmanuel Maignan's gnomonic catoptric astrolabe (1644) is at the transformation system's core. This essay shows the simulation of its design process and the verification of its construction accuracy in relation to geometric reference models. Gnomonica Rilievo integrato Modellazione tridimensionale Emmanuel Maignan Palazzo Spada → Architettura, geometria e astronomia Laura Farroni Università degli Studi Roma Tre → [email protected] Matteo Flavio Mancini Università degli Studi Roma Tre → [email protected] 133 Introduzione Questo saggio raccoglie alcuni approfondimenti di una ricerca in corso sugli episodi artistico-architettonici presenti a Palazzo Spada, realizzati durante la committenza del cardinale Bernardino Spada e tenuti insieme da un filo conduttore: la rappresentazione del tempo tra immagini e accadimenti. Essa è riconoscibile ancora oggi a prescindere dal momento in cui è stata ideata, commissionata, e realizzata; tra immagini di diverso tipo con richiami diretti e/o indiretti al tempo e accadimenti del palazzo, oggi gli studiosi possono interpretarla a seconda della loro sensibilità e cultura, perché essa è lì al di sopra delle singole azioni umane, ad animare la wunderkammer secentesca. Dagli affreschi cinquecenteschi risalenti all’impianto del 1548 e poi a quello del Seicento, all’orologio solare catottrico gnomonico, alla galleria in prospettiva solida accelerata di Francesco Borromini e di Giovanni Maria Bitonto, il tempo e la sua rappresentazione si presentano sotto forme diverse, rivelandosi attraverso la pittura, l’architettura, la scultura, in un continuo di rimandi e relazioni tra reale e virtuale. Essi sono risultanti dall’uso di procedimenti e proiezioni geometriche, immagini, quindi, da considerare come esiti delle applicazioni delle proiezioni centrali, prima tra tutte alla prospettica e alla gnomonica che ha nell’Astrolabio, appunto, la sua massima astrazione. Visibili all’occhio umano e fruibili nella loro spazialità architettonica, rivelano un unico disegno legato alla misura del tempo declinata in diverse narrazioni. L’intento degli autori è cogliere, attraverso l’approccio scientifico disciplinare del disegno, il valore conoscitivo dell’immaginale, che solo attraverso la considerazione della variabile temporale, può essere individuato nel magnifico Palazzo Spada. Bernardino Spada, la formazione di un committente La storia di Palazzo Spada e degli episodi artistici che più lo caratterizzano è indissolubilmente legata ai trent’anni di permanenza del cardinale Bernardino Spada (1594-1661) a Roma, alle sue passioni e al contributo del fratello Virgilio (1596-1662) che, negli stessi anni, dimorava nell’Oratorio della Chiesa Nuova e seguiva i principali cantieri della Roma barocca come elemosiniere segreto dei papi Innocenzo X e Alessandro VII (Haskell 2020, p. 106). Entrambi i fratelli avevano ricevuto dal padre, Paolo Spada (1541-1631), la passione per l’architettura e la costruzione, una caratteristica che attraverserà trasversalmente tutta la discendenza Spada e che porterà i componenti della famiglia non solo a interagire con gli architetti di volta in volta incaricati di seguire i lavori, ma a partecipare attivamente alla progettazione, esorbitando il ruolo di committenti ed entrando 134 in conflitto con i responsabili dei lavori. Bernardino indirizzò la sua passione per l’edificazione verso il ruolo di committente rivelandosi tanto munifico e originale quanto volubile e autoritario. Il susseguirsi senza soluzione di continuità degli interventi nel palazzo romano e le critiche che il fratello Virgilio inserisce a tal proposito nella biografia di Bernardino ne sono testimonianza (Tabarrini 2008, p. 4). Le origini romagnole della famiglia, Bernardino nasce a Brisighella nei pressi di Forlì, e l’importan1. 1. Frontespizio con dedica a Bernardino Spada (Raccolta di tutti li bandi, ordini, e provisioni Fatte per la città di Bologna in tempo di Contagio Imminente, e Presente, Li Anni 1628. 1629. 1630. & 1631. Bologna: Girolamo Donini, 1631). te incarico di legato papale a Bologna nel triennio 1627-1631 spiegano le predilezioni artistiche e alcuni interessi del cardinale che si possono rintracciare sia nella sua attività di committente che in quella di collezionista. Negli anni bolognesi Bernardino aveva avuto modo di apprezzare i grandi artisti di figura emiliani, come Guido Reni e Giovan Francesco Barbieri (il Guercino), dai quali si farà ritrarre in due opere ancora oggi presenti nella collezione della Galleria Spada, ma anche quadraturisti virtuosi come Girolamo Curti (il Dentone), Angelo Colonna e Agostino Mitelli; questi ultimi due saranno chiamati nel 1635 per realizzare le quadrature della Sala grande (attuale Sala di Pompeo e/o Aula delle udienze) (Cannatà 1992, pp. 39-42). Il triennio bolognese fu un importante banco di prova per le capacità di Bernardino perché fu caratterizzato da un’epidemia di peste. La formazione del Cardinale, il suo interesse per l’architettura, le sue Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini capacità di lettura della città e del modo in cui i cittadini la fruivano lo portarono a prendere numerosi provvedimenti che riguardarono anche la costruzione di un nuovo lazzaretto fuori le mura. Ma le scelte adottate da Bernardino, di cui si può avere conoscenza grazie alla Raccolta di tutti li bandi, ordini e provvisoni Fatte per la città di Bologna in tempo di Contagio Imminente, e Presente, Li anni 1628. 1629. 1630. & 1631. Dedicata all’Emin.mo e Revr.mo Sig.Cardinale Spada Nel suddetto Tempo. Meritissimo legato di tica e all’astronomia, che si intrecciavano indissolubilmente con il tema delle proiezioni centrali, della prospettiva e delle sue varie applicazioni. Entrambi detenevano nelle loro collezioni strumenti di misura sia geografici che astronomici, conservati nella collezione della Galleria Spada, quelli di Bernardino, e presso la Biblioteca Vallicelliana, quelli di Virgilio. Proprio intorno a questi temi vedremo svolgersi i maggiori interventi compiuti nel palazzo di piazza Capodiferro. 2. 2. Episodi artisticoscientifici riconducibili alle tematiche del tempo e dell’astronomia: (a) Verità svelata dal Tempo (Galleria degli Stucchi); (b) Globo terrestre, 1630; (c) personaggio con cannocchiale, 1635; (d) astrolabio catottrico, 1644; (e) Sala del Sole con pittura prospettica, 1653 (Fotografie degli autori). Bologna. In Bologna per Girolamo Donini Stampatore Camerale MDCXXXL, non riguardano solo gli spazi ma anche le modalità e i tempi d’uso da parte dei cittadini e richiesero dunque, per la loro adozione, una sensibilità alla misura e al controllo dello spazio in termini previsionali, quindi temporali [fig. 1]. I fratelli Spada condividevano anche importanti interessi scientifici, in particolare quelli relativi all’ot- → Architettura, geometria e astronomia Immagini e accadimenti a Palazzo Spada L’attenzione alle trasformazioni edilizie e alla valorizzazione attraverso l’arte e la scienza da parte di Bernardino è ben rappresentata dalla cronologia degli interventi sul palazzo (Farroni 2019). Nell’arco di trent’anni di permanenza a piazza Capodiferro sono numerose, infatti, le trasformazioni attuate sia imponendo un nuovo impianto, sia modificando quanto 135 esistente, rimaneggiando, spesso, anche ciò che era stato appena modificato (Neppi 1975, Tabarrini 2008, Urcioli 2017, Farroni 2019). I numerosi interventi decorativi promossi da Bernardino Spada si innestano sul preesistente ciclo cinquecentesco che non era estraneo al tema del tempo, si pensi al dipinto La Verità svelata dal Tempo nella Galleria degli Stucchi appartenente al ciclo pittorico attribuito a Giulio Mazzoni e a maestranze francesi (Cannatà 1992, pp. 39-42, Urcioli 2017, p. 65). Gli interessi scientifici verso l’astronomia e l’interesse per l’arte del Cardinale lo spingono verso opere su cui era necessaria la sperimentazione dell’interazione tra diverse discipline accumulando anche strumenti come i due globi, celeste e terrestre, realizzati da Willelm Van Blaeu (1630 ca.), o richiamandoli, ad esempio, negli affreschi di Angelo Colonna e Agostino Mitelli nella Sala di Pompeo (1635) dove un personaggio viene rappresentato intento nell’uso di un cannocchiale. Ma l’apice della speculazione teorico-pratica, nella quale la rappresentazione del tempo è immagine e accadimento, si trova nella volta della galleria del piano nobile, dove il Cardinale impone la realizzazione dell’astrolabio catottrico progettato da Emmanuel Maignan (1644) e dipinto da Giovan Battista Magni. Il Sole, i raggi luminosi, lo specchio, la sfera celeste e la dimensione temporale sono i protagonisti dell’opera. Il Sole trova al contempo una ulteriore collocazione in altri ambienti della Casa dell’Arco, acquisita dal Cardinale, nelle sale dette, appunto, del Sole e dello Zodiaco (1653) [fig. 2]. Tra questi interventi, l’astrolabio catottrico è quello più emblematico perché lega esplicitamente competenze astronomiche e proiettive per rappresentare la misura del tempo e il moto degli astri e, dunque, materializza la sfera celeste sulla volta della galleria del piano nobile, attuando un processo di indagine della Natura svolto attraverso l’unione delle scienze matematiche in relazione ad una architettura esistente, quella della volta a botte e delle pareti verticali, opache e finestrate. L’astrolabio del Maignan costituisce il principio ordinatore del sistema spaziale seicentesco voluto dal Cardinale per la sua proprietà (Farroni 2019, pp. 28-30) che si innesta sul preesistente, lo dilata e lo governa tenendo conto dell’esposizione solare e appoggiando sull’orientamento nord-sud due assi tra loro ortogonali. Su questo nuovo tracciato si aggancia lo sviluppo spaziale di numerosi episodi artistici. In sintesi, il centro dello specchio coincide con il centro della facciata sul cortile su cui, a sua volta, si imposta l’asse della prospettiva solida del Borromini, realizzata tra il 1652 e il 1653. Il centro dello specchio diviene il caposaldo di un sistema dinamico, quello della prospettiva solida il cui asse risulta ruotato di 131° rispetto al Nord. Non sono estranee a questo tracciato neanche le posizioni dei corpi scala, specialmente quello che sostituisce il corpo cinquecentesco a “U” verso il giardino grande. Si 3. Planimetria del piano terra di Palazzo Spada con evidenziati i principali allineamenti individuati (Disegno degli autori). 3. 136 Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini può affermare, grazie alle campagne di rilievo effettuate dagli autori tra il 2018 e il 2021, che il sistema astrolabio-cortile costituito nel 1644 permette alla prospettiva solida del 1652-1653 di trovare la sua ragione di esistere in quel contesto, non rimanendo un oggetto isolato, ma potenziando il progetto di una wunderkammer a scala di isolato urbano [fig. 3]. A rafforzare questa affermazione vi è il confronto tra i dati di rilievo della galleria solida e i disegni di progetto conservati all’Albertina di Vienna. Tra questi vi è il foglio Alb. AZ.Roma 335r [fig. 4], dove è presente anche lo schizzo a mano libera di un Sole nascente all’interno di un sistema architettonico voltato: la galleria solida costruita è ruotata di 41° rispetto all’Est. È emersa, inoltre, la coerenza tra l’idea di progetto, rappresentata nei disegni dell’Albertina, e l’opera realizzata: essa, infatti, si sviluppa tra due piani “limite” quadrati (dati dalla disponibilità effettiva di spazio fisico). Un primo piano di ingresso di 14x14 palmi e un piano di fondo di 7x7 palmi. All’interno di questo intervallo, lungo circa 38 palmi (considerando che il piano di 7x7 palmi è letto sulla penultima fila di colonne), viene sviluppato lo scorcio, il cui controllo è gestito dalle interruzioni presenti nella struttura (composta da quattro parti indipendenti). Gli elementi architettonici (colonne, trabeazioni, parti di volta) presenti in questo intervallo hanno diversi punti di convergenza (Farroni, Mancini, Cecili 2022, pp. 73-87) [fig. 5]. La prospettiva solida accelerata è stata progettata, 4. 4. Francesco Borromini, schizzo Alb. AZ.Roma 335r (Albertina, Vienna. Pubblico dominio). 5. Galleria prospettica: a sinistra, i quattro blocchi indipendenti; a destra, in blu il piano frontale con le linee convergenti degli elementi del primo blocco di colonne, in rosso il piano posteriore con le linee convergenti degli elementi dell’ultimo blocco di colonne (Disegno degli autori). 5. → Architettura, geometria e astronomia 137 6. quindi, anch’essa con criteri proiettivi all’interno di uno spazio dato, con le stesse condizioni dell’astrolabio: dimensioni vincolate, orientamento vincolato, area di convergenza di un sistema proiettivo, lo specchio per l’astrolabio e la statua sul fondo per la prospettiva solida. La sezione trasversale del palazzo passante sull’astrolabio catottrico e la galleria prospettica accelerata, quindi per lo specchio del primo e l’asse longitudinale della seconda, mostra un sistema non riconoscibile attraverso statici punti di osservazione ma, piuttosto, da percepire dinamicamente attraverso la fruizione del palazzo e quindi legato allo scorrere del tempo [fig. 6]. Il progetto dell’astrolabio catottrico gnomonico L’astrolabio catottrico tiene insieme il sistema di interventi seicenteschi alla scala dell’edificio ma coinvolge diversi elementi anche al suo interno: un raggio di luce (solare e lunare), uno specchio che lo riflette, una superficie curva su cui è rappresentato il quadrante che riceve l’immagine riflessa, un’architettura che ospita l’ambiente in cui è dipinto il quadrante che deriva a sua volta dalla proiezione gnomonica della sfera catottrica orizzontale (Maignan 1648, Liber III Prop. XIX). La struttura e la composizione formale del quadrante è quindi funzione delle caratteristiche della superficie che lo ospita, della confi- 7. 6. Sezione trasversale di Palazzo Spada passante per lo specchio dell’astrolabio catottrico e l’asse longitudinale della Galleria prospettica. In rosso i possibili punti di traguardo della galleria (Disegno degli autori). 7. Emmanuel Maignan, Perspectiva horaria, 1648: da sinistra a destra, Liber III Prop. XIX, XX e LXXV. 138 Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini gurazione spaziale dell’architettura, delle sue dimensioni, del suo orientamento, della sua localizzazione. La realizzazione dell’immagine, poi, è dovuta all’uso degli strumenti scientifici per il rilievo e il riporto delle misure sistematizzati, nel caso specifico, dallo stesso Maignan (Farroni 2019, pp. 39-43). L’astrolabio di Palazzo Spada viene descritto accuratamente nel trattato Perspectiva horaria (1648) di Emmanuel Maignan e ciò ha permesso agli autori, in possesso del rilievo dello stato di fatto, la verifica del rapporto tra la teoria espressa nel trattato e l’applicazione pratica testimoniata dalla realizzazione romana. Il trattato, si ricorda, contiene presupposti teorici, come la concezione della sfera catottrica orizzontale (Maignan 1648, Liber III Prop. XIX), esemplificazioni concettuali (Maignan 1648, Liber III Prop. XX) e operative (Maignan 1648, Liber III Prop. LXXV) riguardanti la realizzazione di un orologio catottrico [fig. 7]. Seguendo le indicazioni del Maignan è stato verificato il posizionamento dello specchio e il tracciamento della linea meridiana sia in relazione al palazzo (Maignan 1648, Liber II Prop. XII) che all’interno dell’ambiente che deve ospitare l’astrolabio catottrico (Maignan 1648, Liber III Prop. XXXVI) [fig. 8]. La linea meridiana stabilisce il riferimento per la proiezione di tutti gli altri elementi del quadrante solare; perciò, il cambiamento di posizione del sistema specchio-linea meridiana comporterebbe una diversa configurazione del sistema di linee proiettato sulla volta che, a seconda della finestra considerata, risulta sbilanciato rispetto all’ambiente con l’eliminazione della rappresentazione di parte delle ore e quindi della misura del tempo durante il giorno. La posizione dello specchio sull’asse centrale della facciata rivolta a sud-est permette di soddisfare più condizioni: maggiori ore di Sole, maggiore equilibrio tra le parti della composizione, ottimizzazione quindi dell’ambiente che ospita l’astrolabio (Farroni 2019, pp. 33-39). La rappresentazione del tempo nell’astrolabio catottrico di Palazzo Spada è ricca e articolata, esso contiene informazioni astronomiche, non solo orarie. La rete di linee che si sviluppa è un sistema di otto diagrammi, di cui quattro forniscono informazioni sull’orario in altrettanti sistemi orari convenzionali (ore italiche, babilonesi, temporarie e civili) e quattro forniscono informazioni astronomiche sulla posizione dell’astro rispetto ai modelli geometrici della sfera celeste (altezza, azimut, declinazione, case astrologiche). Ogni famiglia di linee ha una propria grafia nel quadrante che permette di districare l’apparente groviglio generato dalla proiezione sulla superficie voltata. Esse consentono ad esempio di determinare il mese in corso o la stagione, attraverso la lettura delle coordinate celesti del Sole (Farroni 2019) [fig. 9]. 8. Verifica tridimensionale dei procedimenti descritti da Emmanuel Maignan per tracciare la linea meridiana dell’astrolabio catottrico (Elaborazione grafica degli autori). Il rilievo della volta La superficie voltata che accoglie il quadrante dell’astrolabio catottrico è stato oggetto, come già detto, di un rilievo integrato eseguito con le tecniche laser scanner e fotogrammetrica structure from motion. La duplice acquisizione ha permesso di ottenere sia informazioni metrico-morfologico accurate, grazie alla nuvola di punti da laser scanner, che dettagliate informazioni cromatiche, grazie alla mesh texturizzata 8. → Architettura, geometria e astronomia 139 9. 9. Giovan Battista Magni (progetto Emmanuel Maignan), Astrolabio catottrico di Palazzo Spada, 1644 (Fotografia degli autori). 140 Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini 10. 10. Rilievo integrato dell’astrolabio catottrico: pianta e prospetti longitudinali della volta della galleria (Elaborazione grafica degli autori). → Architettura, geometria e astronomia 141 11. Rappresentazione a curve di livello e sezioni trasversali della volta della galleria dell’astrolabio catottrico (Disegno degli autori). 11. ottenuta dalla fotogrammetria. I dati metrici della nuvola di punti laser scanner sono stati utilizzati per scalare e orientare il modello fotogrammetrico, dotandolo quindi dell’accuratezza metrica necessaria per la successiva analisi delle linee del quadrante in relazione ai loro modelli geometrici di riferimento. L’ambiente su cui insiste il quadrante dell’astrolabio catottrico misura circa 21,30m in lunghezza e 3,40m in larghezza, la volta imposta a circa 4,40m dal pavimento e presenta un’ideale linea di chiave inclinata, in senso ascendete verso Est dove raggiunge i 2,50m di altezza [fig. 10]. La rappresentazione della volta attraverso due schiere significative di sezioni - orizzontali a distanza di 10cm e verticali, passanti in corrispondenza delle finestre della galleria - permette una visualizzazione immediata della morfologia del supporto murario evidenziando alcune caratteristiche: il cervello del- la volta sale di circa 40cm verso Est, dove si trova la Galleria degli Stucchi; i vani delle cinque finestre reali della galleria hanno forme sostanzialmente paragonabili, fatta eccezione per l’imbotte della finestra C che accoglie lo specchio ed è stata pertanto oggetto di uno specifico intervento di ampliamento; la linea di imposta sul fianco sinistro delle sezioni, rivolto verso Nord, sul lato dello scalone d’onore, mostra un progressivo innalzamento che culmina in corrispondenza della finestra C per poi scendere nuovamente [fig. 11] (Mancini 2019, p. 91). Il piccolo davanzale della finestra centrale della galleria, corrispondente alla sezione C, ospita lo specchio dell’astrolabio catottrico che dunque si trova a 4,70m dal pavimento. Stando al modello geometrico della sfera catottrica orizzontale illustrato dallo stesso Emmanuel Maignan nel suo trattato (Maignan 1648, Liber III, Prop. XIIII, XIX), alla stessa 12. 12. Orientamento geografico e astronomico dell’astrolabio catottrico (Elaborazione grafica degli autori). 142 Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini 13. 13. Individuazione dei piani limite che delimitano il quadrante dell’astrolabio catottrico (Elaborazione grafica degli autori). quota dello specchio dovrebbe trovarsi anche la linea dell’orizzonte del quadrante che però, nel caso di Palazzo Spada, risulta essere 10cm più in basso (Farroni 2019, pp. 36, 78). La verifica di accuratezza di alcuni sistemi di linee La prima operazione necessaria per procedere all’analisi geometrica di alcune famiglie di linee appartenenti al quadrante dell’astrolabio catottrico consiste nel ricostruire il suo orientamento geografico e astronomico. L’asse della galleria che accoglie l’astrolabio è orientato secondo un angolo di azimut di 43° mentre il modello geometrico della sfera celeste deve tener conto della latitudine di Roma, pertanto, scegliendo il centro dello specchio come origine del sistema di riferimento, il piano equinoziale è inclinato di 42° (come indicato da Maignan) rispetto allo Zenit ed è incernierato intorno all’asse cardinale Est-Ovest. Ortogonale a questo piano si trova il Polo nord celeste mentre due piani paralleli al piano equinoziale, posizionati a una distanza angolare di ±23,5° da quest’ultimo, individuano i piani solstiziali e con essi la fascia sferica all’interno della quale avviene il moto apparente del Sole nel cielo di Roma (Pagliano 2020, pp. 23-28) [fig. 12]. Una volta ricostruito l’orientamento del sistema di riferimento è possibile verificare quale sia la parte della fascia sferica di cielo effettivamente rappresentata all’interno dei limiti del quadrante solare. I limiti del quadrante sono identificati sulla volta dalle fasce decorative che convergono verso la finestra centrale e lo specchio. Queste fasce sono individuate dall’intersezione della volta con due piani verticali che, una volta estesi, intersecando la sfera celeste, ne circoscrivono la parte corrispondente al quadrante dell’astrolabio. La porzione di cielo individuata ha un’ampiezza di 136°, compresa tra gli angoli di azimut 26,3° e 162,3° [fig. 13]. Dato l’orientamento della galleria e la latitudine di Roma in questa porzione di cielo rientrano solo alcune delle linee che permettono di leggere i diversi tipi di informazioni presenti sulla volta. Sistama di linee Scarto medio [cm] Scarto quadratico medio [cm] Linee orarie astronomiche 2,05 2,31 Linee di uguale azimut 3,96 8,93 Linee di uguale altezza (quota specchio) 6,54 5,21 Linee di uguale altezza (quota orizzonte) 5,15 3,63 → Architettura, geometria e astronomia Tab. 1. 143 Volendo valutare la precisione con cui è stato realizzato l’astrolabio catottrico di Palazzo Spada, sono stati individuati tre sistemi significativi di linee - le ore astronomiche, le linee di uguale azimut e le linee di eguale altezza, altrimenti dette almucantarat - caratterizzati da diverse genesi geometriche. Ciascun sistema è stato pertanto isolato sulla volta della galleria, ridisegnato sulla superficie del modello fotogrammetrico e confrontato con la sua ricostruzione ottenuta attraverso il proprio modello geometrico di riferimento. Per una lettura completa del confronto tra l’andamento delle linee rilevate e di quelle ricostruite, la volta è stata poi sviluppata sul piano e gli scarti tra le linee rilevate e ricostruire sono stati descritti attraverso i valori della distanza media e dello scarto quadratico medio, utilizzati rispettivamente per interpretare l’accuratezza realizzativa media e la distribuzione degli errori misurati [tab. 1]. Le ore astronomiche sono rappresentate nella porzione sferica precedentemente individuata da archi di cerchi massimi, generati dall’intersezione della porzione sferica con un fascio proprio di 24 piani (uno per ogni ora del giorno) che ruotano progressivamente di 15° intorno all’asse che indica il Polo Nord Celeste. La loro corrispondente rappresentazione nel quadrante dell’astrolabio catottrico è composta da linee curve piane generate dall’intersezione con un analogo fascio di piani sottoposto all’effetto di riflessione speculare dovuto al funzionamento catottrico dello strumento. Le ore astronomiche che rientrano nell’intervallo del quadrante di Palazzo Spada sono comprese tra le 6 e le 13 antimeridiane ma, a causa della conformazione del cortile centrale del palazzo che impedisce l’ingresso dei raggi solari nella prima parte della mattina, in realtà non tutte sono effettivamente leggibili. Lo scarto medio tra le linee curve rilevate e quelle ricostruite attraverso il modello geometrico è di 2,05cm con uno scarto quadratico medio di 2,31cm la cui lettura combinata indica un elevato livello di corrispondenza tra i due sistemi di linee e una distribuzione omogenea degli scarti e, quindi, una notevole accuratezza nel tracciamento delle linee sulla volta [fig. 14]. Le linee di uguale azimut sono rappresentate nella porzione di sfera celeste da archi di cerchi massimi, generati dall’intersezione con un fascio proprio di 36 piani che ruotano progressivamente di 10° intorno all’asse che indica lo Zenit. La loro corrispondente 14. Sistema orario astronomico: in alto a sinistra, generazione delle linee orarie sulla sfera celeste; in alto a destra, generazione delle linee orarie sul quadrante dell’astrolabio catottrico; in basso, confronto tra i tracciati rilevati (nero) e quelli ricostruiti (giallo) con mappa in falsi colori degli scarti misurati (Elaborazione grafica degli autori). 14. 144 Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini rappresentazione nel quadrante dell’astrolabio catottrico è composta da linee curve piane generate da un analogo fascio di piani sottoposto all’effetto di riflessone che, a causa della coincidenza tra la direzione dell’asse del fascio e la normale al piano di riflessione, risulta coincidere con il primo fascio di piani. Le linee di uguale azimut che rientrano nel quadrante dell’astrolabio catottrico sono 14 e coprono la porzione sferica da azimut 70° a azimut 200° rispetto al Nord. Lo scarto medio tra le linee curve rilevate e quelle ricostruite è di 3,96cm con uno scarto quadratico medio di 8,93cm che segnala una distribuzione degli scarti caratterizzata da oscillazioni significative che, grazie alla visualizzazione della distribuzione degli scarti sullo sviluppo piano, vediamo concentrarsi in corrispondenza delle linee marginali della metà sinistra della volta, quella verso il Salone di Pompeo [fig. 15]. Le linee di uguale altezza o almucantarat sono state ricostruite due volte con l’intenzione di verificare se la mancata corrispondenza tra la quota dello specchio e quella della linea dell’orizzonte precedentemente evidenziata abbia influenza su questo particolare sistema di curve che, per la sua generazione geometrica è più sensibile alla posizione del centro adottato per il sistema di riferimento. Le linee di uguale altezza sono infatti rappresentate sulla sfera celeste da circonferenze di raggio variabile generate dall’intersezione della sfera con una famiglia di 8 coni coassiali, con asse diretto verso lo Zenit, vertice comune e inclinazione → Architettura, geometria e astronomia della generatrice crescente progressivamente di 10° rispetto all’asse comune di rivoluzione. La loro corrispondente rappresentazione nel quadrante è composta da linee curve gobbe generate dall’intersezione tra la volta e una famiglia di coni analoga alla precedente ma sottoposta alla trasformazione di riflessione speculare dovuta allo specchio. Come nel precedente caso, data la coincidenza tra la direzione dell’asse delle superfici e quella della normale al piano di riflessione, le due famiglie di coni coincidono. Le linee di uguale altezza presenti nel quadrante variano tra 0° e 80° gradi rispetto alla quota dello specchio. Il confronto tra le linee rilevate e quelle ricostruite attraverso una famiglia di coni con vertice coincidente con lo specchio presenta una distanza media di 6,54cm con uno scarto quadratico medio di 5,21cm e una distribuzione particolare: la migliore corrispondenza si ha nell’imbotte della finestra, nelle immediate vicinanze dello specchio, mentre le curve sulla volta, quelle più importanti per la lettura delle informazioni astronomiche, evidenziano uno scarto maggiore e pressoché costante. Questa distribuzione dell’errore lascia supporre un errore sistematico. La controverifica è stata eseguita ricostruendo le linee di uguale altezza tenendo conto della quota della linea dell’orizzonte, più bassa di 10cm rispetto a quella dello specchio: la ricostruzione mostra un errore inferiore alla precedente, pari a 5,15cm con uno scarto quadratico medio significativamente inferiore pari a 3,63cm. La distribuzione dell’errore è inoltre significativamente diversa dalla 15. Sistema delle linee di uguale azimut: in alto a sinistra, generazione delle linee sulla sfera celeste; in alto a destra, generazione delle linee sul quadrante dell’astrolabio catottrico; in basso, confronto tra i tracciati rilevati (nero) e quelli ricostruiti (lavanda) con mappa in falsi colori degli scarti misurati (Elaborazione grafica degli autori). 15. 145 precedente, anzi invertita, poiché gli errori maggiori sono ora rilevati nell’imbotte della finestra mentre migliora notevolmente la corrispondenza delle linee nella parte utile del quadrante, quella che appartiene alla superficie voltata della galleria [fig. 16]. Conclusioni Quanto esposto suggerisce alcune riflessioni conclusive sui temi toccati. Esiste un filo tangibile e a volte invisibile, tra architettura e astronomia che attraverso la geometria regola gli spazi del palazzo e la sua fruizione e questo si riesce a leggere nelle corrispondenze in pianta, che tengono uniti i nuovi interventi seicenteschi effettuati legandoli anche ai corpi scale; un legame inedito che richiederà ulteriori e specifiche verifiche. In riferimento all’Astrolabio, la quota dello specchio e quella dell’orizzonte rappresentato sulla volta sono diverse, dunque, i due elementi sembrano non appartenere allo stesso piano come invece dovrebbero rispetto al modello geometrico di riferimento esposto nel Perspectiva horaria da Maignan. Questa caratteristica potrebbe rimandare a una realizzazione con metodo integrato del quadrante, basata sia sull’uso degli strumenti descritti dal Maignan sia sul supporto di un quadrante sciaterico tradizionale, che potrebbe aver, dunque, tenuto conto dell’altezza di uno gnomone ausiliario con il vertice coincidente con lo specchio e il piede alla quota dell’orizzonte rappresentato 10cm più in basso (Maignan 1648, Liber III Prop. LXXV). Questo aspetto peculiare dell’astrolabio di Palazzo Spada richiederà ulteriori confronti con il trattato Perspectiva horaria e specifiche simulazioni digitali tanto dei modelli geometrici di riferimento quanto delle possibili strategie adottate in cantiere per la realizzazione. Le analisi svolte sui primi sistemi di linee qui presentate mostrano un’elevata corrispondenza tra le linee 16. Sistema delle linee di uguale altezza: in alto a sinistra, generazione delle linee sulla sfera celeste; in alto a destra, generazione delle linee sul quadrante dell’astrolabio catottrico; al centro e in basso, confronto tra i tracciati rilevati (nero) e quelli ricostruiti (ciano) con mappa in falsi colori degli scarti misurati (Elaborazione grafica degli autori). 16. 146 Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini rilevate e i modelli geometrici di riferimento rispetto ai quali presentano scarti medi compresi tra i 2,05cm e i 5,15cm con scarti quadratici medi relativamente contenuti, soprattutto per quanto riguarda i sistemi delle ore astronomiche e delle linee di uguale altezza. Si intende, inoltre, procedere alla verifica delle attribuzioni a determinati estensori di alcuni disegni di rilievo e di progetto del palazzo in seguito ai risultati sulle relazioni geometriche-astronomiche che intercorrono tra gli elementi architettonici e gli apparati figurativi realizzati nel periodo di proprietà degli Spada Veralli. Nei piani è anche la sperimentazione attraverso simulazioni virtuali che le svelino in modo esplicito. Nell’ambito dello studio della relazione tra teoria e pratica nell’opera di Emmanuel Maignan, si ritiene necessario completare il confronto tra i tracciati del quadrante e i rispettivi modelli geometrici di riferimento per avere un quadro completo dell’accuratezza con cui è stata realizzata l’opera. Sulla scorta di tali informazioni, si intende inoltre simulare con prototipi digitali e analogici il funzionamento degli strumenti illustrati dal Maignan per il tracciamento delle linee in cantiere. Un ultimo aspetto da indagare riguarda l’effettivo arco temporale giornaliero di funzionamento dello strumento in relazione ai limiti fisici imposti all’ingresso della luce dalla struttura architettonica del cortile e la verifica di possibili allineamenti astronomici tra gli episodi più significativi di Palazzo Spada. Bibliografia Raccolta di tutti li bandi, ordini e provvisoni. Fatte per la città di Bologna in tempo di Contagio Imminente, e Presente, Li anni 1628. 1629. 1630. & 1631. Dedicata ALL’EMIN. MO E REVR.MO SIG.CARDINALE SPADA Nel suddetto Tempo. Meritissimo legato di Bologna. in Bologna per Girolamo Donini Stampatore Camerale MDCXXXL Cannatà, R. (1992). Palazzo Spada. Arte e storia. Roma: Bonsignori. Farroni, L. (2019). L’arte del disegno a Palazzo Spada. L’Astrolabium Catoptrico-Gnomonicum di Emmanuel Maignan. Roma: De Luca. Maignan, E. (1648). Perspectiva Horaria sive de Horographia Gnomonica tum theoretica tum pratica libri quatuor. Roma: Philippi Rubei. Mancini, M. F. (2019). Rilievo e modelli dell’apparato architettonico-figurativo della Galleria del piano nobile: i tracciati geometrici sulla superficie voltata. In Farroni, L. L’arte del disegno a Palazzo Spada. L’Astrolabium Catoptrico-Gnomonicum di Emmanuel Maignan, pp. 85-98. Roma: De Luca. Neppi, L. (1975). Palazzo Spada. Roma: Editalia. Pagliano, A. (2020). Le ore del Sole. Geometria e astronomia negli antichi orologi solari romani. Roma: Editori Paparo. Farroni, L. Mancini, M. F. Cecili, A. (2022). Il rilievo della Prospettiva a Palazzo Spada. In Capriotti, A. Roca De Amicis, A. (a cura di), La Prospettiva di Palazzo Spada, pp. 73-87. Roma: Artemide. Tabarrini, M. (2008). Borromini e gli Spada. Un palazzo e la committenza di una grande famiglia nella Roma barocca. Roma: Gangemi. Haskell, F. (2020). Mecenati e pittori. L’arte e la società italiana nell’epoca barocca. Torino: Einaudi. Urciuoli, S. (2017). Palazzo Spada il percorso ritrovato. Nuovi studi sulle decorazioni cinquecentesche. Roma: De Luca. → Architettura, geometria e astronomia 147 Orologio solare della Certosa di San Martino, dettaglio (foto dell'autrice). Abstract Geometrie della luce per il restauro degli orologi solari Il saggio propone una metodologia geometrica adottata per il restauro di alcuni orologi solari monumentali nella regione Campania. La metodologia è basata sul ritrovamento degli allineamenti geometrici tra le posizioni del Sole, la punta dello gnomone e le corrispondenti linee sul quadrante solare, per le quali si fornisce un modello 3d utile sia per la progettazione di nuove meridiane sia per il restauro. Parole chiave The paper proposes a geometric methodology that has been adopted for the restoration of some monumental sundials in the Campania region. The methodology is based on finding the geometric alignments between the positions of the Sun, the tip of the gnomon and the corresponding lines on the sundial, for which a 3d model is provided that is useful both for the design of new sundials and for their restoration. Geometria proiettiva Orologi solari Meridiane Gnomone Sfera celeste Alessandra Pagliano Università Federico II di Napoli → [email protected] 149 La gnomonica e gli orologi solari tra incuria e abbandono: un patrimonio culturale fragile da preservare La misura del tempo nell’antichità e fino al XIX secolo si è basata sull’osservazione della ciclicità dei fenomeni astronomici: le antiche comunità hanno legato per secoli le abitudini quotidiane e le proprie ricorrenze annuali sulla periodica ripetitività dei fenomeni osservati nel cielo. La gnomonica è infatti una scienza antichissima e trae origine dai primi esperimenti di misurazione del tempo attraverso la valutazione della lunghezza dell’ombra proiettata da un bastone infisso al suolo. Questo semplice gnomone ante litteram permetteva di conoscere una approssimata misura del tempo: l’ombra più corta segnava infatti il sud e dunque il momento della giornata in cui il Sole assumeva la sua maggiore altezza sul piano dell’orizzonte e le più lunghe permettevano di collocare con le direzioni dell’oriente e dell’occidente, significative perché associate rispettivamente al sorgere e al tramontare del Sole. Grazie alla gnomonica i popoli antichi di tutto il mondo ebbero un riferimento calcolabile degli altresì intangibili e lontanissimi moti astrali in quanto l’ombra di uno gnomone riporta al suolo quello che, in assenza di moderni strumenti tecnologici, sarebbe invece stato impossibile da misurare in termini astronomici. Alla proiezione di ombre solari si devono anche le prime misurazioni del meridiano terrestre ad opera di Eratostene1 mentre alcuni critici riportano un metodo empirico usato da Talete, già nel VII sec. a.C., per determinare l’altezza delle piramidi grazie alla similitudine tra l’estensione dell’ombra del monumento e quella proiettata, nello stesso istante (e dunque secondo la medesima inclinazione dei raggi solari), da un bastone infisso al suolo di lunghezza nota. Astronomia, dunque, ma anche geodesia, architettura, matematica e geometria sono gli ambiti disciplinari ai quali la gnomonica, intesa comunque come scienza autonoma, si è tradizionalmente affiancata, talvolta traendo da essi importanti e basilari nozioni, altre volte offrendosi invece come strumento di indagine e di verifica geometrica. Tale raffinato sapere ha prodotto alcuni strumenti di enorme pregio, con la realizzazione di meridiane, orologi solari portatili e fissi, tavole astronomiche, sestanti, astrolabi e sfere armillari, il cui valore scientifico e tecnologico è pari solo alla loro raffinatezza artistica. Per millenni, dunque, gli orologi solari hanno regolato le attività di tutte le popolazioni del mondo e, a differenza di quanto si possa comunemente pensare, la comparsa dei primi orologi meccanici non indebolì la loro indispensabile funzione e diffusione. Provando a ripercorrere le tracce che ne hanno invece determinato il progressivo abbandono, ricordiamo che a partire dal 1800 nacque l’esigenza di svincolare la misurazione del tempo dal singolo luogo geogra150 1. Modello geometrico del percorso apparente del Sole sulla sfera celeste per una data latitudine (elaborazione grafica dell'autrice). latitudine 23°27' 2. Modello geometrico dei coni luminosi per i solstizi (elaborazione grafica dell'autrice). 23°27' 1. latitudine 23°27' 23°27' 2. Alessandra Pagliano fico, in quanto le ferrovie permettevano finalmente spostamenti rapidi e più ampi di quanto fosse mai accaduto in passato. Lungo la sola linea italiana esistevano, fino alla metà del 1800, ben sei ore ferroviarie diverse (Torino, Verona, Firenze, Roma, Napoli e Palermo) da cui la necessità di adottarne una unica, riferita alla città di Roma, come già effettuato in Gran Bretagna nel 1848 con l’adozione di Greenwich per tutte le località britanniche. Questa decisione venne applicata progressivamente anche alla vita civile dell’intera penisola, con la conseguente nascita del concetto di 'tempo medio', che impose per legge una convenzione da adottare obbligatoriamente a dispetto delle misurazioni effettuate dai millenari orologi solari. Questo cambiamento si legò alla adozione universale del concetto di longitudine, ovvero la divisione dell’intero globo terrestre in ventiquattro settori di ampiezza costante, pari circa a 15°, e la conseguente imposizione di un unico riferimento temporale per tutte le località ricadenti in ogni fascia. La geodesia e la cronometria diventarono quindi sempre più lontane dal tempo solare misurato in uno specifico luogo, con il conseguente abbandono degli studi di gnomonica e la nascita del moderno concetto di tempo, convenzionale, ritmato, costante, universalmente riconosciuto. Contemporaneamente, nel campo dell’astronomia i progressi tecnologici permisero la costruzione di strumenti in grado di osservare i lontanissimi corpi celesti, senza utilizzare la gnomonica e la geometria per 'riportare al suolo' ciò che in cielo era fino ad allora altresì incommensurabile. Gradualmente, quindi, gli orologi solari persero le loro pluridisciplinari funzioni, taluni sbiadendo nel tempo fino alla completa cancellazione. L’Italia può essere considerato come il paese delle meridiane, con circa 20.000 quadranti censiti2, che testimoniano il ruolo propulsore che, fin dall’antichità, il nostro Paese ha avuto nel campo dell’astronomia e della gnomonica. In questo ricco scenario, la Campania vanta la realizzazione di numerosi orologi solari di elevatissimo valore artistico e scientifico, purtroppo non adeguatamente valorizzati, per il progressivo disperdersi di questa cultura millenaria. Alcuni versano in evidenti condizioni di degrado, di altri sono andate perdute le linee del quadrante o lo gnomone, altri ancora hanno subito inopportuni restauri che ne hanno alterato la funzionalità. Accade frequentemente che, orologi solari di riconosciuto pregio artistico, spariscano progressivamente dai muri delle case, dei palazzi o delle chiese dopo una lenta agonia: inizialmente sbiadiscono, erosi dagli agenti atmosferici, fino a lasciare di sé solo poche righe scarsamente riconoscibili. L’assenza poi di competenze scientifiche nel campo della gnomonica impedisce frequentemente ai restauratori di ricostruire il tracciato del reticolo orario o ricollocare lo gnomone caduto. Un orolo→ Architettura, geometria e astronomia gio solare, prima di essere un dipinto murale, è uno strumento scientifico e necessita di una corretta interpretazione anche nelle più semplici operazioni di ricalco: troppo spesso è infatti accaduto che siano state sovvertite le originali differenze grafiche tra le curve che permettevano la corretta e agevole lettura del tempo, alterando così la testimonianza storica e destinando comunque l’orologio all’oblio conseguente alla sua scarsa decifrabilità. In accordo con la prospettiva moderna della tutela, conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali, appare particolarmente inusuale l’abbandono cui sono destinati gli orologi solari, sia a confronto con altri dispositivi tecnologici antichi e non più d’uso comune (le clessidre, gli astrolabi e le sfere armillari sono conservati, restaurati e musealizzati con gran cura), sia nel paragone con decorazioni ed elementi scultorei architettonici che vengono con attenzione riparati perché parti integranti e significative per la definizione dell’aspetto delle facciate di edifici monumentali. Eppure, escludendo la lettura dell’ora, un quadrante solare può fornire ancora una serie di informazioni di indubbia utilità quali: 1. Il tempo solare ‘vero’ del luogo; 2. La direzione dei punti cardinali e dunque l’orientamento delle principali facciate di un edificio monumentale; 3. Il moto apparente del Sole lungo la fascia delle costellazioni zodiacali; 4. La data del giorno, la declinazione del Sole, la costellazione zodiacale in cui si trova l’astro, la durata del giorno. 5. L’evidenza tangibile, la direzione e la velocità del moto apparente del Sole. 3. Sfera celeste con le circonferenze orarie del sistema cronometrico attuate (ore francesi) con indicazione del piano delle ore 10 (elaborazione grafica dell'autrice). stella polare 3. 151 A causa dell’incuria e dell’incapacità di adeguati restauri, gli orologi solari costituiscono un patrimonio culturale da salvare urgentemente con azioni di tutela e di recupero, ma soprattutto di diffusione della conoscenza di questo antico sapere che rischia di disperdersi velocemente nei prossimi decenni. Le geometrie della luce per il disegno e il restauro degli orologi solari I quadranti solari altro non sono che la rappresentazione grafica sulla terra dei principali circoli dell’eterea sfera celeste.3 Tale rappresentazione si ottiene a mezzo di rette proiettanti, ovvero i raggi luminosi che allineano le diverse posizioni assunte dall’astro, nel suo moto apparente diurno e annuale, con la punta dello gnomone e con l’ombra portata lungo la superficie del quadrante. La costanza dei fenomeni luminosi diurni e annuali ha permesso agli astronomi di creare un modello geometrico per la lettura, l’analisi e la misurazione di tali manifestazioni, che pone la Terra al centro di un sistema formato da due sfere concentriche; quella celeste che la avvolge ha un raggio maggiore ma di arbitraria lunghezza e determina una superficie regolare lungo la quale il Sole percorre le sue traiettorie di moto apparente. Ogni giorno l’astro traccia infatti un arco di circonferenza la cui lunghezza è funzione del periodo dell’anno considerato. Tali archi hanno tutti la medesima giacitura, la cui inclinazione sul piano dell’orizzonte dipende dalla latitudine del luogo considerato [fig. 1]; uno solo degli innumerevoli circoli diurni percorsi dal Sole è un cerchio massimo, diviso esattamente in due dall’equatore celeste, nei punti cardinali dell’Est e dell’Ovest. Tale curva corrisponde ai due giorni dell’anno in cui è possibile osservare lo stesso numero di ore di luce (lungo la semicirconferenza al di sopra del piano dell’orizzonte) e di oscurità (lungo la semicirconferenza al di sotto del piano dell’orizzonte) e, precisamente, il 21 marzo (equinozio di primavera) e il 23 settembre (equinozio di autunno). Nel disegno dei quadranti solari altre due date risultano sempre rappresentate e sono quelle del 21 giugno (solstizio d’estate) e del 21 dicembre (solstizio d’inverno), giorni in cui il numero delle ore di luce nelle quali il Sole si trova al di sopra dell’equatore celeste, è rispettivamente minimo e massimo. Tali circoli diurni presentano lunghezze differenti poiché, non passando per il centro della sfera, i cerchi non sono massimi. Esiste inoltre una relazione angolare tra i segmenti di retta che uniscono il centro della sfera con i punti in cui il Sole si trova, lungo il meridiano principale Nord Sud, al mezzogiorno nei giorni suddetti e dipende dal valore della declinazione solare, che è la stessa per tutti i luoghi della terra, e varia dal valore nullo durante gli equinozi a quello massimo positivo di 23°27' durante il solstizio d'estate, fino a quello minimo negativo di 23°27' al solstizio d'inver152 4. 5. 6. Alessandra Pagliano no, misurando l’angolo di inclinazione dei raggi luminosi sull’equatore terrestre in una determinata data. Per ogni data durante il corso dell’anno è possibile individuare un cono avente il vertice nella punta dello gnomone (o nel centro del foro eliotropico nel caso di meridiane a camera oscura), coincidente a sua volta con il centro della sfera celeste. La direttrice di ciascun cono di luce è il percorso diurno circolare del Sole lungo la superficie della sfera celeste [fig. 2]. Possiamo definirli appunto ‘coni di luce’, riprendendo la definizione di Riccardo Migliari4, nella porzione di superficie compresa tra la direttrice circolare sulla sfera celeste e il vertice, per differenziarli così dalle rispettive seconde falde - dal vertice, dunque, fino alla superficie del quadrante solare - definibili invece come ‘coni d’ombra’ e la cui intersezione descrive le linee diurne da tracciare sull’orologio. Per quanto riguarda le linee orarie, si determinano mediante intersezioni del quadrante con i piani orari, delimitati da quelle circonferenze tracciate dall’unione, sulla sfera celeste, dei punti nei quali il Sole segna la medesima ora in diversi giorni dell’anno [fig. 3]. L’orologio assurge così alla funzione di ‘modello del tempo’ in quanto rappresentazione grafica tridimensionale di un fenomeno astronomico. Il problema del disegno delle traiettorie dell’ombra in un quadrante solare di qualsiasi forma diviene così un problema puramente geometrico di intersezione tra la superficie sulla quale lo gnomone proietta l’ombra e i coni luminosi diurni determinati sulla sfera celeste costruita per quella specifica latitudine. Nel sistema cronometrico ad ore francesi, in uso attualmente, viene così a determinarsi un fascio di piani avente per asse la diserzione che dal centro della sfera celeste punta verso la stella polare, coincidente con il polo nord celeste. Il restauro dei quadranti solari monumentali: il caso della Certosa di San Martino (NA) e del Real sito di Carditello (CE) La possibilità di analizzare e descrivere il moto apparente del Sole da un punto di vista rigorosamente geometrico mi ha permesso negli ultimi anni di restaurare alcuni preziosi orologi solari del patrimonio monumentale campano applicando il metodo geometrico appena descritto, che si basa sull’allineamento dei tre punti gnomonici fondamentali: la posizione del Sole sulla sfera celeste, la punta dello gnomone e l’ombra di quest’ultima all’intersezione del raggio luminoso passante per i primi due con la superficie del quadrante. Le ombre, diventano così una inequivocabile rappresentazione grafica sul quadrante solare delle diverse posizioni assunte reciprocamente da questi tre punti significativi, che mantengono costante l’allineamento lungo il raggio di luce, nella sua duplice valenza geometrica di retta luminosa e proiettante. I processi grafici derivanti dalla suddetta geometria dei fenomeni luminosi applicati → Architettura, geometria e astronomia alla gnomonica sono stati lo strumento comune per l’analisi e il restauro di orologi solari in condizioni di degrado molto differenti tra di loro, senza ricorrere all’ausilio di software specialistici nel campo della gnomonica, così da controllare tutto il processo di eventuali scarti, imprecisioni e difformità dei reticoli orari calcolati e quelli da restaurare. L’orologio solare verticale del Chiostro grande nella Certosa di San Martino a Napoli Lungo la facciata principale del Chiostro grande sono collocati due antichi orologi a quadrante circolare. Sul lato destro si trova un orologio meccanico “a sei ore” e, in posizione simmetrica, si trova un quadrante solare verticale, anch’esso circolare e di uguale diametro [fig. 4]. Per circa un secolo, di questo monumentale orologio rimaneva solo l’originario gnomone infisso nella parete. Si tratta di un’asta metallica dalla punta arrotondata, che sporge di 40 cm dalla parete in direzione perpendicolare e che dunque assume il termine di “ortostilo”. Il ripristino della funzionalità dell’orologio è consistito dunque nel ridisegno del reticolo del tempo del quadrante solare, praticamente illeggibile poiché parzialmente sbiadito nel tempo e successivamente coperto da alcuni strati di pittura bianca con la quale si era inteso coprire, nel corso del XX sec., il degrado del vecchio quadrante. Le linee del quadrante sono state ridisegnate in funzione della posizione della punta dell’asta gnomonica (vertice del cono e centro della sfera celeste), della latitudine del luogo (che determina l’inclinazione dei circoli diurni sulla sfera celeste rispetto al piano dell’orizzonte) e della declinazione gnomonica della parete (piano che opera la sezione del cono d’ombra). Il quadrante della Certosa in termini gnomonici si definisce infatti declinante di 75° verso est poiché offre la sua superficie ai raggi provenienti da Oriente a causa dell’angolo antiorario (di 75°) di cui è ruotato rispetto alla giacitura est-ovest che si assume come declinazione nulla [fig. 5]. Il ridisegno dell’antico tracciato delle linee del tempo in relazione allo gnomone esistente ha richiesto l’apposita realizzazione di un modello 3D della sfera celeste per la latitudine di Napoli (40°51’ N), con l’individuazione dei circoli diurni dei giorni corrispondenti ai solstizi e degli equinozi e con le circonferenze orarie che il Sole descrive nel modello geometrico relativo al sistema cronometrico all’italiana [fig. 6]. Dalle foto storiche è possibile notare che già nel 1910 le linee del quadrante solare erano illeggibili: il veloce sbiadimento del tracciato orario dipinto, ma soprattutto l’abbandono delle ore italiche a favore delle ore francesi, hanno certamente determinato il progressivo oblio dell’orologio. Un dipinto di Gabriele Carelli [figg. 7a-b], dal titolo Il Chiostro grande della certosa di San Martino (1853) raffigura una vista interna in cui compaiono in dettaglio entrambi gli orologi e 4. L’orologio solare del Chiostro grande prima dei restauri (foto dell'autrice). 5. La sfera celeste per la latitudine di Napoli con le curve orarie del sistema cronometrico all’italiana (elaborazione grafica dell'autrice). 6. Declinazione gnomonica della facciata del Chiostro contenente il quadrante solare (elaborazione grafica dell'autrice). 153 7a-b. Gabriele Carelli, Il Chiostro grande della certosa di San Martino (1853). Vista complessiva e dettaglio dell’orologio solare. 8. Determinazione delle iperboli solstiziali mediante intersezione del piano del quadrante con i coni di luce (elaborazione grafica dell'autrice). 7a. 7b. 154 Alessandra Pagliano da tale testimonianza è stato possibile capire che il sistema cronometrico del tracciato delle linee orarie fosse stato quello italico, dal tipico andamento ascendente verso l’ora ventitreesima. Non è tuttavia possibile affermare con certezza se il sistema orario fosse quello italico o quello ad usum campanae, comparso in Italia qualche secolo dopo l’introduzione delle ore italiche, quando i campanili delle torri civiche iniziarono a suonare l’Ave Maria mezz’ora dopo il tramonto del Sole, all’imbrunire, nel momento coincidente con l’effettivo termine della luminosità diurna, che era attentamente seguito dalla popolazione per la recita dell’Angelus. Nel sistema ad ore italiche il conteggio del tempo diurno iniziava al tramonto del Sole, dal quale si numeravano ventiquattro ore fino al tramonto successivo con il vantaggio principale di semplificare il calcolo delle ore di luce residue semplicemente sottraendo l’ora segnata sul quadrante dalle ventiquattro totali in cui era diviso il giorno. L’oscurità rappresentava, infatti, il pericolo più temuto dai popoli antichi: i pastori temevano di attardarsi al pascolo e perdere nell’oscurità i capi di bestiame, i contadini di rincasare nel buio dai campi, i mercanti preferivano riportare le merci nelle proprie dimore extra moenia in salvo da briganti e predoni altrimenti favoriti nelle ruberie dalla densa oscurità. La linea diurna del quadrante solare che misura il tempo alla data del 21 dicembre si ottiene come sezione conica iperbolica, nell’intersezione tra il piano della facciata lungo il quale è disposto il quadrante e il cono luminoso, avente vertice nella punta dello gnomone e direttrice piana coincidente con la circonferenza sulla sfera celeste corrispondente al solstizio d'inverno [fig. 8]. Con un analogo processo geometrico di intersezione tra il quadrante e il cono luminoso avente direttrice coincidente con il circolo diurno percorso dal Sole il 21 giugno, è stato possibile determinare la curva iperbolica che l’estremità dell’ombra dello gnomone proietta durante l’intera giornata [fig. 9]. Nel 2018, grazie al progetto che ho fornito alla direzione del Polo museale di Napoli, il quadrante solare è stato dipinto nuovamente nella cornice circolare sottostante lo gnomone e dunque l’orologio è oggi nuovamente funzionante [figg. 10, 11]. In analogia con quanto ritratto dal Carelli, le linee diurne sono state ridipinte lungo il quadrante con il colore rosso, calibrando lo spessore del tratto sulle originarie tracce di colore ancora presenti e verificando, ai fini dell’ottimale leggibilità del tempo, che tale larghezza fosse maggiore di quella dell’ombra proiettata dallo gnomone. Il restauro degli sito di Carditello orologi solari del 9. 9. Determinazione linee orarie come intersezione dei piani orari (nel sistema cronometrico ad ore italiche) con la superficie del quadrante (elaborazione grafica dell'autrice). Real Il Real sito di Carditello a San Tammaro (CE) [fig. 12], casino di caccia del re Ferdinando IV di Borbone, costruito dall’architetto Francesco Colle→ Architettura, geometria e astronomia 8. 10. 10. Ridisegno del reticolo del tempo in relazione allo gnomone (elaborazione grafica dell'autrice). 155 11. 11. Orologio solare restaurato, 2018 (foto dell'autrice). 12. Il Real sito di Carditello (CE) (foto dell'autrice). 156 cini nel 1787, presenta l’interessante peculiarità della presenza al suo interno di quattro orologi solari verticali di maestose dimensioni, progettati dall’astronomo Giuseppe Cassella, che aveva precedentemente realizzato anche la meridiana nel gran salone dell’attuale Museo Archeologico Nazionale di Napoli. Gli orologi sono posizionati a coppie lungo le due torrette più esterne del complesso; si tratta di maestosi esemplari di orologi solari piani, all’interno di una cornice di stucco di 5,20 x 5,20 metri. Nonostante le imponenti dimensioni assolutamente non trascurabili, gli orologi sono quasi del tutto assenti dalle descrizioni storiche del Real sito: due di essi sono rivolti verso le maggiori strade di accesso al sito provenienti da sud-ovest e sud-est e dunque erano anticamente visibili a chi si accingesse ad entrare nel perimetro della reggia, altri due sono invece rivolti verso l’interno, in posizione simmetrica rispetto al tempietto circolare al centro del galoppatoio di forma ovale, a favore del balcone della camera del re Ferdinando IV, dal quale il sovrano amava affacciarsi per godere dello spettacolo equestre [fig. 13]. Due dei quattro quadranti solari presentano il sistema cronometrico italico: i due orologi che si rivolgono verso l’interno del sito, a favore del punto di vista del re, sono fortemente declinanti e dunque segnano solo poche ore del giorno. In particolare, quello che si osserva alla destra dal balcone, presenta un quadrante con le linee orarie francesi dalle ore 6:00 alle ore 10:00 poiché successivamente va in ombra. Alla sinistra invece troviamo un orologio ad ore italiche con sette linee orarie dalla n.17 alla n.23, dal caratteristico andamento ascendente verso l’ora ventitreesima, che misurava l’avvicinarsi del tramonto e dunque dell’oscurità. Durante i primi sopralluoghi nel 2017 le linee dei quadranti solari, incise in uno strato di intonaco fortemente danneggiato e anche parzialmente crollato, erano scarsamente visibili [fig. 14]. Tre dei quattro orologi si presentavano inoltre senza lo gnomone: l’unico superstite, che proiettava ombra in un quadrante ad ore francesi era ortostilo, ovvero un’asta orizzontale perpendicolare al piano del quadrante. Le problematiche del restauro dei quattro orologi di Carditello sono state molto diverse da quelle affrontate per l’orologio della Certosa di San Martino in quanto è stato innanzitutto necessario rilevare i quadranti solari per avere il tracciato piano delle linee del tempo, oltre a determinare la lunghezza e la posizione precisa dello gnomone superstite. Gli orologi sono stati in una prima fase rilevati mediante fotogrammetria digitale [fig. 15] per ottenere un modello 3D mesh con texture ad alta definizione dal quale dedurre la posizione delle incisioni visibili. Successivamente sono stati montati i ponteggi per la pulitura delle superfici dalle efflorescenze che ha portato alla luce numerose incisioni altrimenti non Alessandra Pagliano 13. La torretta con l’orologio solare del mattino, ad ore francesi, osservato dal balcone del piano nobile; stato di fatto prima dei restauri (foto dell'autrice). 14. Stato di fatto prima dei restauri (foto dell'autrice). 15. Prime verifiche geometriche sulla base del rilievo fotogrammetrico digitale (elaborazione grafica dell'autrice). 12. 13. 14. → Architettura, geometria e astronomia 15. 157 16. 18. 17. più visibili [fig. 16], e delle quali è stato fatto un rilievo diretto per ascisse e ordinate al fine di integrare il modello 3D derivante dal rilievo fotogrammetrico effettuato in precedenza. Numerose lacune dovute a distacchi di intonaco avevano portato alla perdita di alcune parti del quadrante e dunque è stato necessario ridisegnare il reticolo completo integrando le lacune oltre ad interpretare le frasi complete dei motti, in italiano nel caso dei quadranti solari ad ore italiche, in latino per i due orologi ad ore francesi. Il Motto è tradizionalmente parte integrante di un orologio solare; è il messaggio che il suo costruttore formula, rivolgendosi a chiunque si fermi a leggere il tempo. Il messaggio è a volte ammonitorio, canzonatorio, poetico, religioso, spesso filosofico; trattandosi di strumenti misuratori del tempo, spesso il motto ammonisce sulla caducità delle cose terrene e sulla morte, altre volte introduce riflessioni sul Sole e sul tempo legate all’antica saggezza popolare. Poche tracce di colore nero sono state ritrovate lungo le linee orarie ancora visibili grazie ai bordi incisi 158 nell’intonaco superstite mentre le curve iperboliche dei solstizi apparivano estremamente frammentarie e solo accennate con flebili tracce di colore rosso scuro senza incisioni. Tuttavia, le linee orarie terminavano esattamente lungo tali iperboli e dunque sono state ridisegnate sul quadrante come interpolazione del termine delle linee orarie [fig. 17]. Una volta definito dunque il progetto di restauro pittorico del reticolo del tempo sul quadrante è stato necessario, per tre dei quattro orologi, ritrovare la posizione e le dimensioni dell’ortostilo. L’operazione è stata condotta ricreando nel modello 3D gli allineamenti tra le posizioni del Sole sulla sfera celeste opportunamente costruita per la latitudine di San Tammaro e i punti sul quadrante corrispondenti nei quali lo gnomone da ripristinare avrebbe dovuto proiettare la sua ombra [fig. 18]. Il modello tridimensionale dotato di texture ad alta definizione ci ha permesso di verificarne geometricamente il funzionamento gnomonico, evidenziando alcune diffuse imprecisioni soprattutto a carico delle iper- 16. Ritrovamento di alcune tracce incise dopo la pulitura dell’intonaco (foto dell'autrice). 17. Restauro pittorico delle linee orarie e diurne in base alle incisioni ritrovate (foto dell'autrice). 18. Determinazione della posizione della punta dello gnomone ortostilo (elaborazione grafica dell'autrice). Alessandra Pagliano 19. Orologio n. 1 dopo il restauro; sistema cronometrico ad ore italiche da campanile; motto: (il Sole) sempre è lo stesso o nasca o che tramonti; esempio di lettura: l’estremità dell’ombra dello gnomone (punto rosso) cade a metà tra la linea oraria n.14 e n. 15, dunque mancano 24-14,5= 9,5 ore al tramonto (all’inizio dell’oscurità). La data è indicata dall’iperbole del solstizio d’estate (21 giugno) (foto dell'autrice). 20. Orologio n. 2, sistema cronometrico ad ore francesi; motto: Hora terit horam; esempio di lettura: l’estremità dell’ombra dello gnomone (punto rosso) tocca la linea oraria X, dunque sono trascorse 10 ore dalla mezzanotte. La data è indicata dalla linea equinoziale, quindi può essere il 21 marzo o il 23 settembre (foto dell'autrice). 19. 20. → Architettura, geometria e astronomia 159 21 . Orologio n. 3; sistema cronometrico ad ore italiche da campanile; motto: Volan i giorni e gli anni; esempio di lettura: l’estremità dell’ombra dello gnomone (punto rosso) tocca la linea oraria n.18, dunque mancano 2418= 6 ore al tramonto (all’inizio dell’oscurità). La data è indicata dalla linea equinoziale, quindi può essere il 21 marzo o il 23 settembre (foto dell'autrice). 21. 22. Orologio n. 4; sistema cronometrico ad ore francesi; motto: (Tempus) nec cessat nec errat; esempio di lettura: l’estremità dell’ombra dello gnomone (punto rosso) tocca la linea oraria XI, dunque sono trascorse undici ore dalla mezzanotte. La data è indicata dall’iperbole del solstizio invernale (21 dicembre) (foto dell'autrice). 22. 160 Alessandra Pagliano boli solstiziali: trattandosi di un restauro delle tracce storiche presenti sul quadrante solare e non solo di un ri-disegno geometrico come quello operato, in assenza totale di segni storici, nella Certosa di San Martino, ho deciso di mantenere, ove visibile, l’antico tracciato senza alcuna correzione, semplicemente integrando le porzioni mancanti dovute a crolli di intonaco e segnalando ogni nuova integrazione con l’indicazione della data del restauro, dipinta lungo le linee nuove del tracciato in modo da essere praticamente invisibile dalla quota di calpestio ma invece evidente per gli eventuali studiosi del futuro che vogliano esaminare l’orologio più nel dettaglio per scopi culturali e scientifici. La posizione e la dimensione dello gnomone sono state dunque definite con riferimento alla retta degli equinozi, accettando alcune piccole approssimazioni nelle parti laterali del quadrante, dove la misura del tempo risulta talvolta meno accurata [fig. 19-22]. Note 1. La prima stima del meridiano terrestre risale al periodo ellenistico, essendo stata eseguita da Eratostene nel III secolo avanti Cristo. Per approfondimenti si veda (Agnoli 2004). 2. Si veda http://sundialatlas.net/atlas.php?cmbm=1 3. La sfera celeste è un modello geometrico per la rappresentazione del moto apparente del Sole, ancora oggi in uso nella comunità scientifica, in particolar modo per le ricerche in campo gnomonico e archeo-astronomico, nonostante la ormai acclarate conoscenze astronomiche del sistema eliocentrico. 4. Per approfondimenti sul modello geometrico che descrive il moto apparente del Sole si veda (Migliari 1984). → Architettura, geometria e astronomia Bibliografia Agnoli P. (2004). Il senso della misura. La codifica della realtà tra filosofia, scienza ed esistenza umana. Roma: Armando. Alisio G. (1975). Il Sito Reale di Carditello. In Napoli Nobilissima, marzo 1975, pp. 41-54. Arnaldi M. (2006). Le ore italiane. Origine e declino di uno dei più importanti sistemi orari del passato. In Gnomonica italiana, Anno IV, n. 11, luglio 2006, pp. 10-18. Farroni L. (2019). L'arte del disegno a Palazzo Spada. L'Astrolabium Catoptrico-Gnomonicum di Emmanuel Maignan. Roma: De Luca Editori d'Arte. Incerti M. (2002). Solar geometry in Italian Cistercian architecture. In Ar-cheoastronomy: The Journal of Astronomy in Culture, n. 16, pp. 3-23. Mandelli E., Lavoratti G. (a cura di). (2010). Disegnare il tempo e l’armonia. Il disegno di architettura osservatorio nell’universo. Firenze: Alinea editrice. Migliari R. (1984). Dieci lezioni di geometria descrittiva - la teoria delle ombre e del chiaroscuro - il modello geometrico del moto apparente del Sole. In Fasolo O., Migliari, R. (a cura di). Quaderni di Applicazioni della Geometria Descrittiva, n.3, p. 494. Roma: Edizioni Kappa. Pagliano A., Murolo R., Santoro L. (2014). Disegnare il tempo. Rocco Bovi e gli orologi solari della Certosa di San Martino. Roma: Aracne. Pagliano A. (2018). Le ore del Sole. Geometria e astronomia negli antichi orologi solari romani. Napoli: Editori Paparo. Paltrinieri G. (2005). Meridiane e orologi solari d’Italia, con la prefazione di M. Hack. Roma: l’Artiere. Severino N. (settembre 2006). L’orologio multiplo della Certosa di San Martino a Napoli: nuove ipotesi e considerazioni http://www.nicolaseverino.it (consultato il 20 giugno 2022). Spinosa, N. (2000). San Martino immagini e memorie. Napoli: Grimaldi & C. Editori. 161 Il cielo stellato musivo della pseudo cupola del Mausoleo di Galla Placidia. Si ringrazia la Curia Arcivescovile di Ravenna e Cervia per la gentile concessione (foto dell'autrice). Abstract Architettura e astronomia: il ruolo del disegno Il contributo ripercorre alcuni passaggi dello sviluppo della ricerca nazionale e internazionale sul patrimonio culturale con valore astronomico, evidenziando la progressiva affermazione di nuovi approcci interdisciplinari in cui scienze fisiche e scienze umane, congiuntamente, collaborano alla costruzione di nuova conoscenza. Nella seconda parte sono esposte alcune riflessioni metodologiche sul ruolo del disegno sulla base delle categorie individuate dall’iniziativa tematica Astronomy and World Heritage (UNESCO). Parole chiave This paper retraces some steps of the development of national and international research on cultural heritage with an astronomical value. It highlights the progressive affirmation of new interdisciplinary approaches, in which physical and human sciences collaborate for the construction of new knowledge. The second part outlines some methodological reflections on the role of drawing based on the categories individuated in the thematic initiative Astronomy and World Heritage (UNESCO). Disegno Rilievo dell'architettura Astronomia culturale Modellazione digitale Comunicazione multimediale Manuela Incerti Università degli Studi di Ferrara → [email protected] 163 L’evoluzione di un ambito di ricerca Ricostruire i passaggi fondamentali dello sviluppo della tematica patrimonio culturale e astronomia può non essere cosa semplice soprattutto a causa del numero di enti, eventi e studiosi coinvolti, la cui produzione scientifica è cresciuta esponenzialmente negli ultimi trent’anni. Un tentativo di sintesi deve tuttavia essere formulato per poter definire lo stato dell’arte e per individuare i possibili sviluppi. È abbastanza immediato individuare, tra i momenti fondativi della ricerca italiana, i primi convegni internazionali lincei, promossi dall’allora Presidente Sabatino Moscati che, come ricorda Francesco Bertola (Bertola 2001, p. 8), “ha dato grande impulso a questa attività interdisciplinare che vede la partecipazione di soci di entrambe le Classi dell’Accademia, quella delle Scienze Fisiche e quella delle Scienze Morali”. I titoli delle giornate − Archeologia e Astronomia, esperienze e prospettive future (1° convegno, 1994), Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico (2° convegno, 1997), L’uomo antico e il cosmo (3° convegno, 2000)1 − attestano come l’impulso principale sia venuto dal confronto tra archeologia e astronomia, e dall’esigenza di iniziare a definire ambiti e metodiche dell’archeoastronomia, la cui diffusione in Italia fu avviata da alcuni astronomi tra cui Giuliano Romano2. Già nel secondo convegno emerge immediatamente l’apertura dei successivi comitati scientifici alle tematiche appartenenti ad altre epoche storiche con contributi relativi ai periodi medioevale e moderno, all’architettura e ad argomenti non esclusivamente legati agli orientamenti astronomici. Margherita Hack nella tavola rotonda del 2000 (Aa.Vv. 2001, p. 408), pur evidenziando prontamente le possibili difficoltà della ricerca interdisciplinare, sottolineò con forza l’importanza dell’archeoastronomia nell’istruzione di base, per riscoprire e sperimentare in prima persona il percorso di conoscenza realizzato dagli antichi: dal puro dato sensoriale (la visione del movimento del cielo) all’astrazione teorica (interpretazione dei corpi e dei moti). Alludeva allo sviluppo del pensiero umano (in particolar modo del pensiero geometrico) che, come ben sappiamo, è stato favorito sino dagli albori della civiltà dall’osservazione dei fenomeni astronomici e dai tentativi di darne un’interpretazione. Proprio in chiusura al terzo convegno furono presentate la Società Italiana di Archeoastronomia fondata a Milano nel dicembre del 20003, l’intenzione di dare vita alla Rivista Italiana di Archeoastronomia diretta dall’Accademico Linceo Gustavo Traversari4 e annunciati i Convegni Nazionali SIA, con cadenza annuale, ancora oggi in essere. È del 2012 l’ultimo convegno Lo sguardo sugli astri. Scienza Cultura e Arte (Bertola, Incerti 2016), organizzato dal Centro Linceo Interdisciplinare Benia- 164 mino Segre, promosso dai membri di due dipartimenti universitari (Dipartimento di Astronomia di Padova e Dipartimento di Architettura di Ferrara), in collaborazione con INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), SIA (Società Italiana di Archeoastronomia) e SAIt (Società Astronomica Italiana). Elio Antonello in quell’occasione fece il punto della situazione dai primi convegni lincei, con un’approfondita riflessione sul tema dell’interdisciplinarità (Bertola, Incerti 2016). Importanti contributi al dibattito sono giunti dunque dai ricercatori dell’INAF (tra cui ricordiamo la luminosa figura di Francesco Maria Polcaro recentemente scomparso) e dalla Società Astronomica Italiana SAIt, antica associazione scientifica (già Società degli Spettroscopisti, 1871) costituitasi nel 1920, rinnovatasi nel 19935. Diretta da Roberto Buonanno, la SAIt cura l’edizione delle MEMORIE della Società Astronomica Italiana6 e il Giornale di Astronomia, nato nel 1975 come “rivista di informazione, cultura e didattica della Società Astronomica Italiana”7. Occorre aggiungere ancora la Società Italiana degli Storici della Fisica e dell’Astronomia (1999, già Società Italiana degli Storici della Fisica) associazione che promuove gli studi di Storia della Fisica e dell’Astronomia, persegue la salvaguardia, la valorizzazione e la fruizione pubblica dell’ingente patrimonio storico-scientifico: strumenti scientifici, archivi storici e fondi librari8. Sensibilità al tema è infine stata dimostrata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche, Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (Dirigente di ricerca Paola Moscati) e dall’ENEA con il Dipartimento FSN-FUSPHY-SAD (Divisione Fisica della Fusione). La ricerca è sostenuta non solo dai ricercatori professionisti, provenienti dalle università o dai centri di ricerca, ma anche da numerosi studiosi indipendenti. Tra le eccellenze deve essere citata l’attività degli gnomonisti italiani, piccola realtà estremamente specializzata, che ha prodotto riviste come Gnomonica Italiana e Orologi Solari, in questo volume rappresentati da Mario Arnaldi9. In ambito internazionale occorre menzionare l’attività di diverse società scientifiche che organizzano regolarmente convegni e giornate di studio. - La European Society for Astronomy in Culture, SEAC, è stata fondata nel 1992 ed è diretta da A. César González-García (Spagna). Si tratta di una associazione professionale di scienziati che si occupano dell'astronomia nella cultura e dell'astronomia antropologica (compresi gli ambiti interdisciplinari di archeoastronomia ed etnoastronomia, storia dell'astronomia, mitologia, archeologia spaziale o cosmologia). Gli atti dei convegni della SEAC, giunti oramai alla 29a edizione, sono editi dal 199310. Manuela Incerti - Il vasto ciclo di conferenze internazionali The Inspiration of Astronomical Phenomena, INSAP, è nato nel 1994 da un’idea di Ray White (Università dell'Arizona), padre George Coyne (già Direttore della Specola Vaticana) e Rolf Sinclair (già US National Science Foundation), a partire dal tema “cosa accadrebbe se le stelle uscissero solo una notte in mille anni”11. - La International Society for Archaeoastronomy and Astronomy in Culture, ISAAC, è stata fondata nel 1996 e la sua attuale Presidente è Jarita Holbrook (University of Edinburgh). Di respiro transcontinentale la società, già dai suoi esordi, ha inserito tra i propri interessi non solo l’archeoastronomia ma anche l’etnoastronomia12. Una tappa fondamentale nello sviluppo di queste ricerche è da individuare nel 2003, anno in cui l’UNESCO Word Heritage Center, ha istituito l’iniziativa tematica Astronomy and World Heritage coordinata da Anna Sidorenko-Dulom13. Poco tempo dopo, durante le giornate di inaugurazione dell’Anno Internazionale dell’Astronomia (IYA09, Parigi 2009) è iniziato un lavoro operativo sulle procedure e le prassi per definire questa nuova tipologia di tutela. Nucleo della sua azione è la necessità di elaborare filoni di ricerca congiunti tra le diverse discipline delle scienze storiche e delle scienze fisiche. Tra gli obiettivi principali si riscontra l’opportunità di raccogliere il maggior numero di dati disponibili non solo per ampliare l’orizzonte conoscitivo, ma anche per migliorare la tutela e promuovere i siti e i beni d’interesse astronomico. Il progetto UNESCO è stato elaborato in concerto con gli Stati parti e l’ICOMOS. Attualmente vi collaborano anche l’Unione Astronomica Internazionale e la sua Commissione 41 in Storia dell’Astronomia14. L’ultimo incontro è avvenuto nel 2018 a Gran Canaria (Spagna); l’International Expert Meeting on Astronomical Heritage and Sacred Places e ha portato al primo sito con ricono- → Architettura, geometria e astronomia scimento UNESCO Astronomy and World Heritage (Risco Caído e le montagne sacre di Gran Canaria)15, cui ha fatto seguito nel 2021 l’area di Chankillo in Perù16. Le categorie individuate dagli esperti UNESCO per il patrimonio astronomico, che consentono di orientarci con maggiore agio sulle possibilità in essere, sono [fig. 1]: - Tangible Fixed_Monument and sites; - Tangible movable_Instruments and artefacts; - Intangible_Knoweled and Ideas; - Natural_landscapes and skies. Può essere significativo ricordare che, negli anni in cui questo ambito di ricerca si sviluppava, l’UNESCO promuoveva anche il progetto Transdisciplinarity: stimulating synergies, integrating knowledge (1998): un approccio che “dissolve i confini tra le discipline convenzionali e organizza l'insegnamento e l'apprendimento attorno alla costruzione del significato nel contesto di problemi o temi del mondo reale” (progetto ancora oggi in essere)17. Per completare la descrizione del panorama internazionale e nazionale, in questo quadro così ampio e variegato, occorre includere i singoli filoni di ricerca del nostro settore scientifico disciplinare ICAR 17 - Disegno (come testimoniano anche i vari saggi di questo volume) promossi da una serie di giornate di studio e convegni, anche di respiro internazionale, coordinati da alcuni docenti dell’area18: - Imago rerum/03, Seminario Internazionale di studi Tra luce e ombra, Venezia 2004 (a cura di Agostino de Rosa); - Cielo dal mediterraneo all’oriente, VI Forum Internazionale di Studi - Le Vie dei Mercanti, Caserta/ Capri 2008 (a cura di Carmine Gambardella); - Mensurā Caeli. Territorio, Città, Architettura Strumenti, VIII Convegno SIA, Ferrara 2008 (a cura di Manuela Incerti); - Disegnare il tempo e l’armonia: il disegno di architettura osservatorio nell’universo, Convegno Internazionale AED, Firenze 2009 (a cura di Emma Mandelli); - Il dentro e il fuori del cosmo. Punti di vista per interpretare il mondo, XI Convegno SIA, Bologna/ Marzabotto 2011 (a cura di Manuela Incerti); - IX Convegno Internazionale NEXUS - Relationships between Architecture and Mathematics, Politecnico di Milano 2012 (a cura di Michela Rossi, sezione sull’archeoastronomia a cura di Giulio Magli); - Lo sguardo sugli astri. Scienza Cultura e Arte, Acca- 1. Portale dell'iniziativa tematica UNESCO Astronomy and World Heritage. 1 165 demia dei Lincei, Roma 2012 (a cura di Francesco Bertola e Manuela Incerti). Il ruolo del disegno: un approccio metodologico Lo scorrere degli eventi e i relativi protagonisti sopra citati consentono di cogliere come la categorizzazione in quattro gruppi delle aree di interesse di questa tematica UNESCO abbia permesso nel tempo di allargare l’orizzonte inglobando progressivamente nuovi ambiti. La curiosità sull’influenza dei fenomeni astronomici nella cultura materiale e immateriale ha portato progressivamente a declinare il nostro specifico disciplinare nello studio di “monumenti e siti”, “strumenti e artefatti”, “storia della conoscenza e delle idee”, infine a riflettere sugli aspetti percettivi innescati dal rapporto “paesaggio-cielo”. Aspetti storici e contemporanei delle macro-tematiche rappresentazione, geometria, rilevamento, sono stati approfonditi della nostra comunità del disegno che ha progressivamente aggiunto parole chiave più circoscritte come: analisi dei dati, modello digitale, reverse modeling, disegno e grafica digitale, comunicazione, prodotti multimediali, analisi delle immagini. I nuovi strumenti digitali di rilievo e di gestione dei dati, il cui sviluppo negli ultimi venti anni è stato esponenziale, hanno consentito di interrogare gli oggetti con modalità efficaci e realmente potenti, consentendo così di contribuire allo sviluppo del tema, raggiungendo risultati di grande originalità e interesse. Tuttavia, affinché il Disegno possa continuare a dare il suo contributo innovativo alla ricerca sul patrimonio con valore astronomico, a mio parere, è necessario confrontarsi su tre punti cruciali. 166 In primo luogo occorre riconoscere, anche in questo ambito, che le azioni in essere possono riguardare sia i fondamenti, sia le applicazioni, quest’ultime realizzate sulla scorta di metodi e processi messi in atto da chi ha preceduto. Questa differenza sostanziale deve consentire di distinguere l’apertura di una nuova linea di ricerca dalla replicazione di percorsi per l’ottimizzazione o la messa a sistema di procedure. In secondo luogo ciascuno di noi ha sperimentato la complessità di questo tipo di ricerche specialistiche: non è sufficiente avere competenze di base sull’astronomia sferica, ma è indispensabile avere conoscenze sulla cultura astronomica, astrologica, calendariale e gnomonica in essere nell’età storica (pre-storica, antica, medievale, moderna, contemporanea) a cui i beni con valore astronomico appartiene, per riuscire a contestualizzarne il senso ed evidenziarne il valore. Per questa ragione, già dagli esordi delle prime società scientifiche, l’organizzazione dei convegni e delle pubblicazioni inerenti questo tema mantiene saldamente una struttura multidisciplinare, così come è avvenuto in questa giornata di studi. Per ultimo il rigore del linguaggio diviene un ulteriore, importante, ambito di riflessione da curare con grande attenzione data la necessità di tenere insieme competenze diverse come, per esempio, geometria descrittiva, gnomonica, astronomia. Le fasi del workflow Le differenti esperienze condotte in questi anni sul campo19, in zone di confine e, come tali, spesso Manuela Incerti inesplorate, hanno consentito di ragionare su questi aspetti epistemologici e di elaborare un flusso di lavoro funzionale agli obiettivi conoscitivi, valorizzativi e divulgativi di volta in volta presenti. La figura 2 delinea, a questo proposito, le relazioni spaziali e temporali tra le diverse fasi e le relative connessioni che possono essere così declinate sui casi studio dei Mausolei di Galla Placidia e di Teodorico20: 1. Acquisizione dei dati. Raccolta dei dati con la campagna di rilievo integrata (laser scanner, campagna fotografica di tipo generale, riprese fotografiche per fotogrammetria digitale, orientamento archeoastronomico), e ricerca dei dati storici, bibliografici e iconografici. 2. Processamento dei dati. Trattamento ed estrazione dei dati finalizzata alle restituzioni 2D e la loro realizzazione, costruzione del data-base delle ortofoto e delle texture necessarie per le restituzioni materiche. Selezione ed elaborazione dei dati testuali ed iconografici ai fini dell’analisi critica. 3. Analisi dei dati 2D. Formulazione delle prime ipotesi interpretative sulla forma, la geometria, l’unità mensoria e sulle eventuali implicazioni astronomiche: le verifiche iniziali sono condotte sulla base dei disegni CAD. 4. Estrazione dei dati per la costruzione del modello. I dati 2D sono ottimizzati per la realizzazione dei diversi modelli 3D. 5. Modellazione 3D e ottimizzazione dei dati. Sono prodotti dei modelli ottimizzati per le diverse finalità della ricerca: dalla lettura critica, alle esigenze della divulgazione. 6. Analisi e verifica dei dati sui modelli 3D. Studio delle geometrie, reverse modeling, rendering. Alcuni aspetti dell’indagine, per esempio lo studio delle ragioni proiettive del cielo stellato di Galla Placidia, o l’esistenza di effetti luminosi con valore archeoastronomico all’interno dei due edifici, si avvalgono anche delle potenzialità dei modellatori e dei motori di render capaci di simulare il percorso della luce all’epoca di costruzione. 7. Integrazione modelli 3D con software astronomici: il caso di Stellarium. 8. Editing e produzione multimedia. I video di studio vengono resi disponibili al pubblico attraverso una interfaccia appropriata, capace di favorire una fruizione semplificata dei contenuti scientifici. 9. Editing e produzione applicazioni. Produzione di applicazioni interattive, come momento più alto della comunicazione, in grado di coinvolgere e di rendere protagonista il visitatore nel suo percorso di conoscenza. La ricaduta di queste azioni sui quattro gruppi delle aree di interesse della tematica UNESCO, ed in particolar modo sulle prime tre (monumenti e siti, strumenti e artefatti e storia della conoscenza e delle idee) può essere meglio descritta attraverso alcuni casi-studio già condotti. 2. Schema del flusso di lavoro (immagine a cura di S. Iurilli, rielaborazione dell'autrice). Monumenti e siti L’analisi archeoastronomica di un bene monumentale deve necessariamente avere come punto di partenza il rilevamento architettonico secondo le metodiche condivise e consolidate nel settore scientifico disciplinare. Particolare cura deve essere posta 2 → Architettura, geometria e astronomia 167 3. 4. 168 Manuela Incerti 3. Mausoleo di Teodorico, restituzione materica del prospetto Ovest e di una sezione da fotogrammetria digitale e rilievo laser scanner (G. Lavoratti e dell'autrice). 4. Mausoleo di Teodorico, pianta di rilievo a quota + 1,20 metri (a cura di G. Lavoratti) con analisi metrica e geometrica dell’impianto (elaborazione grafica dell'autrice). 5. Mausoleo di Teodorico: modello e render dell’edificio (S. Iurilli). 5. → Architettura, geometria e astronomia 169 6. Mausoleo di Teodorico: frames del video con la simulazione della luce all’interno della cella superiore (S. Iurilli). 7. Mausoleo di Teodorico: render dell’edificio con la simulazione della luce all’interno della cella superiore (modello di S. Iurilli, gestione del modello in Stellarium di G. Zotti, interrogazione dati a cura dell'autrice). 8. Mausoleo di Galla Placidia: restituzione del rilievo integrato (G. Lavoratti e dell'autrice). al rilievo degli elementi potenzialmente coinvolti in significati astronomici (finestre, piccole bucature, porte, altari)21. Il rilievo dell’orientamento, con tecniche classiche (cioè astronomiche) o mediante GPS, se svolto con accuratezza consentirà di cogliere la differenza tra la misura teorica e quella reale, ben sapendo che gli strumenti oggi in uso sono estremamente più sofisticati di quelli un tempo disponibili in un antico cantiere. Per entrambi i mausolei ravennati, Teodorico (520) e Galla Placidia (432-450), sono stati realizzati i rilievi laser scanner e fotogrammetrici e, dai dati processati, sono stati estratti gli elementi utili sia per la restituzione nelle viste ortogonali (piante, prospetti e sezioni) [figg. 3-4] sia quelli per la modellazione tridimensionale. L’analisi dei dati 2D ha consentito di identificare, geometrie nascoste, come le tre circonferenze circoscritte ai decagoni di raggio 45-3525 piedi bizantini nel Mausoleo di Teodorico [fig. 4], allineamenti significativi con elementi morfologici ed effetti di luce in date particolari dell’anno astronomico che coinvolgono l’ambiente superiore (Incerti, Lavoratti 2016; Incerti, Lavoratti, Iurilli 2019). Grande attenzione deve essere ovviamente posta alle questioni calendariali in relazione all’epoca dell’edifico (date giuliane, gregoriane, liturgiche), al sistema di computo del tempo e all’evoluzione del manufat170 6. 7. Manuela Incerti 8. → Architettura, geometria e astronomia 171 9. Mausoleo di Galla Placidia: simulazione della luce sull’antico pavimento posto a -1.40 m rispetto alla quota attuale (S. Giannetti). 10. Pseudo cupola di Galla Placidia: le curve colorate al di sopra degli arconi sono quelle selezionate per l’analisi della geometria (elaborazione grafica dell'autrice). 11. Analisi della geometria delle curve in Geogebra (elaborazione grafica dell'autrice). 9. 172 Manuela Incerti to. L’uso dei modelli tridimensionali (realizzati con modellatori per superfici) in una prima fase consente di ripetere le stesse analisi condotte sul 2D allo scopo di verifica (facendo le opportune attenzioni alle questioni calendariali dei software). In un momento successivo è possibile poi realizzare video per prodotti multimediali utili alla divulgazione di contenuti molto complessi, che divengono indubbiamente semplici se trasmessi attraverso immagini in movimento [figg. 5-6]. L’inserimento di un modello ottimizzato e correttamente orientato all’interno del software Stellarium22, consente un ulteriore livello di controllo e di verifica del dato astronomico [fig. 7], oltre che di rapida visualizzazione dei fenomeni data la possibilità di accelerare la velocità del trascorrere del tempo nelle impostazioni generali previste nell'interfaccia. Anche per il Mausoledo di Galla Placidia è stato messo in atto il workflow appena descritto: rilievo, processamento dei dati, restituzione [fig. 8], analisi delle geometrie e degli orientamenti attraverso cui è possibile ipotizzare una ragione archeoastronomica per la rotazione reciproca tra i due bracci della croce latina e alcuni effetti di luce. La costruzione di modelli 3D dello spazio nella sua conformazione originaria (il pavimento era più basso di 140 cm circa) consente di visualizzare gli effetti luminosi [fig. 9] che nel solstizio invernale coinvolgevano la porta di accesso (Incerti, Lavoratti, D’Amico 2020; Incerti, Lavoratti, D’Amico, Giannetti 2018) Il rilievo avanzato tridimensionale, morfologico e materico, permette anche di realizzare analisi in passato impossibili da eseguire con le metodiche tradizionali. Apparentemente irregolare, la pseudo cupola di Galla Placidia è impostata su un parallelogramma e non è riconducibile ad operazioni di rivoluzione di una curva, ad una volta a crociera o a padiglione. La sezione della mesh di rilievo con un fascio di piani orizzontali con passo di 10 cm ha restituito un insieme di linee curve, tutte differenti tra loro, che intuiamo comunque connesse da una regola inconsueta [fig. 10]. Una prima analisi ha consentito di verificare che si tratta di porzioni di iperboli, curve di complesso tracciamento, soprattutto nell’ambito di un cantiere edilizio [fig. 11]. L’ipotesi formulata propone l’esistenza di una macchina di cantiere basata sul principio del compasso perfetto (che, anche se codificato nel X secolo, trova i suoi fondamenti teorici nell’ultimo gruppo di proposizioni del Libro I delle Coniche di Apollonio) e sulla misura degli angoli attuata da Tolomeo con il Triquetro, strumento astronomico che utilizza la tavola delle corde (sempre di Tolomeo) [fig. 12]. Questa ricostruzione ipotetica pare compatibile anche con curve che si ottengono sezionando la superficie della pseudo-cupola di Santa Maria di Casaranello (Lecce, V secolo) (Incerti 2022a). Nell'ambito della tematica "monumenti e siti" un → Architettura, geometria e astronomia 10. 11. 173 ultimo cenno può essere fatto alle geometrie e agli orientamenti degli impianti urbani, la cui forma può contenere riflessioni sulla dimensione del cielo23. 12. Finaeus Orontius, 1544. Orontii Finaei Quadratura circuli, tandem inuenta & clarissimè demonstrata. Lutetiae Parisiorum: apud Simonem Colinaeum, p. 84. Strumenti e artefatti Anche aspetti artistici come la composizione di un cielo stellato musivo possono essere oggetto di nuove interpretazioni grazie alle potenzialità del disegno. A Galla Placidia, anche se, ad occhio nudo, i ricorsi delle stelle sembrano descrivere delle circonferenze regolari apparentemente giacenti su piani paralleli, nella realtà il loro andamento segue un motivo “festonato” (curva gobba) risultato di un’operazione di proiezione sulla superficie della copertura da un punto collocato centralmente, circa all’altezza della base delle finestre. La geometria che sottende questo tracciamento si fonda su una serie di coni il cui angolo al vertice aumenta progressivamente, e la cui possibilità di materializzazione è data dalla conoscenza del principio di funzionamento del Triquetro [figg. 12-14]. Il medesimo principio sottende il 13. Vista della pseudo cupola di Galla Placidia: in evidenza l'andamento “festonato” delle curve gobbe che seguono la disposizione dei giri di stelle in mosaico (disegno dell'atrice). 12. 13. 14. Viste ortogonali della pseudo cupola di Galla Placidia. In basso la sequenza di coni che, intersecati con la superficie della copertura, generano le curve gobbe che descrivono l'andamento dei circoli di stelle (elaborazione grafica dell'autrice). 174 Manuela Incerti 14. → Architettura, geometria e astronomia 175 15. 16. 15. Pseudo cupola di Santa Maria di Casaranello (LE): viste del modello elaborato con fotogrammetria digitale. Sulla sinistra, in alto, i coni con angolo al vertice di 80° dalla cui intersezione con la superficie della copertura si ottengono le curve gobbe del motivo decorativo (elaborazione grafica dell'autrice). 16. Il cielo stellato musivo della pseudo cupola di Santa Maria di Casaranello (LE) (foto di G. Martiriggiano). 176 Manuela Incerti → Architettura, geometria e astronomia 177 17. Le ragioni geometriche dell’eclisse, problemi di visibilità dovuti dalla sfericità della terra nel Sphaera coelestis et planetarum descriptio, Modena, Biblioteca Estense Universitaria, lat. 209=Alfa.X.2.14, c. 2v. Su gentile concessione del Ministero della Cultura Gallerie Estensi, Biblioteca Estense Universitaria. 18. Esempio di Planisfero: Bern, Burgerbibliothek, Cod. 88, f. 11v, AratusGermanicus: Phaenomena, (inizio del sec. XI, https://www.ecodices.ch/en/list/ one/bbb/0088). Su gentile concessione della Burgerbibliothek. 19. Esempio di due emisferi: Aratea, St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 902 p. 76, versione Latina di Arato (primo quarto-prima metà 9 sec.). Su gentile concessione della Stiftsbibliothek St. Gallen. 20. Esempio di cerchio zodiacale che circonda Sole e Luna o altre figure: manoscritto Annales - Cod. hist. fol. 415 fol. 17v (1162), Württembergische Landesbibliothek Stuttgart, Public Domain Mark 1.0. 17. 18. 19. 20. 178 Manuela Incerti tracciamento del cielo stellato di Casaranello (Lecce, V secolo) [figg. 15-16] e della Cappella della Pace nella necropoli paleocristiana di el-Bagawat (Egitto, V sec.) (Incerti 2022b; Incerti, Giannetti 2020). Conoscenza e idee La capacità di decodificare un disegno alla luce delle competenze disciplinari permette di dare un contributo originale riconnettendo i reperti alle conoscenze scientifiche e alle idee che li hanno prodotti. È il caso delle tavole astronomiche del De sphaera estense, manoscritto steso sulla fine del XV secolo, composto da disegni sciolti, dotati di sintetiche didascalie ma sprovvisti di riferimenti alle fonti. L’analisi comparativa ha consentito di individuare nel Tractatus de Sphaera di Johannes de Sacrobosco24 una possibile fonte delle tavole astronomico-cosmologiche del trattato [fig. 17] affiancate da diagrammi da far risalire invece al Computus. Il disegno diviene ancora uno strumento potente allorché si indaghi sui modelli rappresentativi del cielo. Nel caso particolare dello Zodiaco in età medioevale, secondo gli esperti le sue rappresentazioni sono riconducibili a tre tipologie principali: il planisfero [fig. 18], i due emisferi [fig. 19] e il cerchio zodiacale [fig. 20] che circonda Sole, Luna o altre figure25. La fascia zodiacale ruota da est a ovest (senso orario) intorno alla terra alla velocità di un grado ogni quattro minuti, completando un giro in ventiquattro ore. La sua rappresentazione sul piano tuttavia può dare luogo a due tipi di orientamento diversi: orario, se il punto di vista è al centro della sfera, e antiorario, se il punto di vista è esterno alla sfera celeste. Lo Zodiaco dell’Atlante Farnese (Museo Archeologico Nazionale di Napoli, II secolo d.C.), oggetto scultoreo tridimensionale, è visto dall'esterno, mentre una serie di altre testimonianze, in particolar modo di età medioevale, la sequenza dei segni procede in senso orario. È il caso del mosaico pavimentale di San Miniato al Monte, monumento in cui le rilevanze archeoastronomiche sono evidenti e attestate anche da spettacolari eventi luminosi. La disposizione del grande rosone segue la direzione di un asse solstiziale26 e il circolo zodiacale s’inserisce in una ampia tradizione iconografica, probabilmente di tipo computistico-calendariale [fig. 21], in cui la cultura classica si trasfigura nel simbolo cristiano (Incerti 2013). Due brevi cenni possono essere fatti ancora sulla questione della geometria elementare al servizio dell’iconografia, come strumento di lettura degli apparati decorativi dei cieli stellati (dettaglio e struttura) e infine sull’influenza dei fenomeni astronomici nelle rappresentazioni artistiche. L’analisi statistica 21. 21. Basilica di San Miniato al Monte, orientamento del mosaico pavimentale. La direzione della levata del Sole nel solstizio invernale-tramonto solstizio estivo è contraddistinta dai due segni-limite del circolo zodiacale: Cancro (verso l’abside, sud-est) e Capricorno (verso la porta, nordovest). La freccia gialla indica il segno dell’Ariete e il senso di lettura dello zodiaco (elaborazione grafica dell'autrice). → Architettura, geometria e astronomia 179 attesta che l’avvento di alcuni stupefacenti eventi astronomici in alcuni periodi storici ha effettivamente prodotto un incremento di figurazioni della stella nella narrazione dei Magi e, in alcuni casi, una rappresentazione particolarmente sensibile ai dati visivo-percettivi (Incerti, Polcaro, Bònoli 2011). 23. Conclusioni Nel corso del tempo il patrimonio astronomico intangibile, come attestano alcuni saggi di questo volume, è stato variamente declinato negli artefatti artistici. Valorizzare e trasmettere questo tipo di contenuti può risultare particolarmente difficile e complesso, in relazione alla loro astrattezza e all’eterogeneità, tuttavia il contributo della rappresentazione può fare la differenza. Per il Museo di Schifanoia di Ferrara è stato realizzato un prodotto multimediale [figg. 22-23] basato su un modello navigabile e interrogabile in Real Time dal visitatore su schermo touch. La complessità e la stratificazione delle informazioni contenute nel programma pittorico del Salone dei Mesi (1469-70) (Bertozzi 1999) hanno sempre 22. 180 reso difficile e impegnativo il racconto del percorso culturale, geografico e iconografico delle immagini astrologiche [fig. 24]: per questa ragione è stato sviluppato un prodotto di facile fruizione, volutamente accessibile solo da un dispositivo presente sul posto a disposizione dei visitatori27. L’ospite, grazie ad un modello navigabile con texture fotografiche ad alto dettaglio appositamente realizzate, può liberamente muoversi nello spazio virtuale e interrogare le immagini. Avvicinandosi ad uno dei dodici settori si attiva difatti una cornice luminosa che segnala l’esistenza di contenuti esplorabili28. Questo esempio dimostra come le digital humanities possono realmente migliorare l’accessibilità e la fruibilità di un bene secondo i criteri della sostenibilità, ovvero proteggere il bene da un uso eccessivo (per esempio accorciando i tempi di permanenza in locali sensibili alla presenza umana), rendendolo nello stesso momento più comprensibile ed inclusivo. Attraverso le possibilità del digitale si amplia dunque il numero dei possibili fruitori e, nel contempo, si aumentano le conoscenze trasmissibili, facilitandone la loro comprensione. In questo contesto quindi il rilievo, la documentazione, l’analisi critica e la comunicazione multimediale acquisiscono un ruolo di primo piano nelle politiche della sostenibilità culturale29. In conclusione attraverso le riflessioni sopra condotte, spesso frutto di esperienze di ricerca personali, si è proposta una visione sulla tematica patrimonio culturale e astronomia, sul suo stato dell’arte, declinandola attraverso lo specifico disciplinare del Disegno. Si tratta di un ambito di ricerca in forte espansione e di grande complessità che richiede, insieme al rigore, anche la capacità di entrare in sintonia con altre competenze dalle quali non è possibile prescindere per raggiungere un reale ampliamento della conoscenza sul tema. Aby Warburg (Amburgo 1866 - ivi 1929), con la riscoperta e la decodificazione delle misteriose figure dei decani di Schifanoia (Warburg 1999), ci supporta nella conclusione di queste riflessioni testimoniandoci come le immagini − rilevate o create − sono e saranno, incessantemente, icone cariche di significati perché in stretta relazione con la cultura e la memoria della società che le produce. 22. Salone dei Mesi di Schifanoia, virtual tour interattivo, non immersivo, prodotto multimediale in uso nel Museo di Schifanoia. Si ringrazia il Museo di Schifanoia per la gentile concessione. 23. Salone dei Mesi di Schifanoia, Unreal Engine, Epic Games Unreal (Modelli 3D Video e Interattività: S. Iurilli, D. Arnone). Manuela Incerti Note 1. Gli Atti dei tre convegni sono editi nel volumi dei Lincei (Aa.Vv. 1995, 1998, 2001). 2. Tra i suoi lavori di più ampia diffusione: (Romano 1994, 1995, 1999). 3. Il prof. Gustavo Traversari con i colleghi prof. Edoardo Proverbio e prof. Giuliano Romano sono stati i principali promotori di questa società scientifica. Presidente: Edoardo Proverbio, già professore ordinario di Astronomia, Università degli studi di Cagliari. Vice-Presidente: Gustavo Traversari, Presidente del CE.VE.SCO. (Venezia), già professore ordinario di Archeologia classica, Università Ca' Foscari, Venezia, Accademico dei Lincei. Membri: Elio Antonello, astronomo, già Vice Direttore dell'Osservatorio Astronomico di Brera, Milano-Merate; Francesco Bertola, professore ordinario di Astrofisica, Università di Padova, Accademico dei Lincei; Pino Calledda, ricercatore presso l'Osservatorio Astronomico di Cagliari; Vittorio Castellani, professore ordinario di Fisica stellare, Università di Pisa, Accademico dei Lincei; Giovanni Lilliu, professore emerito di Archeologia, Università di Cagliari, Accademico dei Lincei; Paola Moscati, ricercatrice presso l'Istituto per l'Archeologia Etrusco-Italica del CNR, Roma; Giuliano Romano, già professore di Storia dell'astronomia, Università di Padova; Rodolfo Striccoli, professore di Archeologia, Università di Bari; Pasquale Tucci, professore ordinario di Storia della fisica, Università di Milano; Nedim Vlora, professore di Geografia, Università di Bari. 4. Edita tra il 2002 e il 2006 per le edizioni Quasar. 5. Il suo nuovo statuto è stato curato dal Ministero per i Bene Culturali e Ambientali, attualmente Ministero della Cultura, da cui la società dipende. 6. Rivista trimestrale dedicata alla pubblicazione in lingua inglese di atti di conferenze e articoli su invito nel campo dell'astronomia e dell'astrofisica, è probabilmente la più antica rivista dedicata all'astrofisica. 7. Il Giornale di Astronomia è diretto da 25 anni da Fabrizio Bònoli. 8. Gli Atti della Società Italiana degli Storici della Fisica e dell’Astronomia sono giunti al numero 40. 9. Occorre, in questo contesto, ricordare anche Alessandro Gunella, autore della traduzione italiana dell’opera Perspectiva horaria, sive de horographia gnomonica, edita a Roma nel 1648 da Emmanuel Maignan. Lo scritto è edito come allegato ad alcuni numeri della rivista Orologi Solari (https://www.orologisolari.eu/ ). Maria Luisa Tuscano ha collaborato nella ricerca storica sull’Astrolabio catottrico di Palazzo Spada edita nel volume di Laura Farroni (Farroni, 2019). Tutti i siti web editi in nota sono stati consultati in data 02/06/2022. 10. http://www.archeoastronomy.org/content/publications/ 11. https://insap.org/publications/ 12. https://www.archaeoastronomy.org/publications 13. https://whc.unesco.org/en/activities/19/#meetings 14. I lavori del working group hanno trovato esito nel manuale (C. L. N. Ruggles 2015). 15. Si veda (Belmonte et al. 2018). L’autrice ha partecipato a questo e ad altri meeting del working group, colla- → Architettura, geometria e astronomia borando anche al Thematic Studies jointly prepared by ICOMOS and the International Astronomical Union (IAU) Commission C4 (Incerti 2010). 16. https://whc.unesco.org/en/list/1624/ 17. Il Manifesto sulla transdisciplinarità fu elaborato e poi pubblicato nel 1994 ad opera di Basarab Nicolescu, Edgar Morin e Lima de Freitas (primo Congresso Internazionale della Transdisciplinarità, Convento di Arrabida, Portogallo). Le versione italiana è (Nicolescu, 2014), una recente raccolta di scritti su questo approccio è edita in (Ruta 2021). 18. Tutti hanno pubblicato gli atti dei lavori che sono individuabili attraverso il titolo dell’iniziativa. 19. Ringrazio per i preziosi e originali contributi le persone che nel tempo si sono avvicendate nel gruppo di ricerca e, in particolare, Uliva Velo, Stefania Iurilli, Gaia Lavoratti, Stefano Giannetti. Ringrazio Marco Bertozzi e gli astronomi Elio Antonello, Fabrizio Bònoli e Vito Francesco Polcaro, per aver condiviso con me l’elaborazione di diversi lavori scientifici. Nella seconda parte di questo scritto verranno elencate alcune ricerche già edite con lo scopo di declinarne gli aspetti relativi alle categorie UNESCO. Le auto-citazioni hanno dunque la funzione di richiamare le singole esperienze a cui si rimanda per approfondimenti sul tema. 20. Queste fasi, qui integrate, sono state esposte anche in (Incerti, D’Amico, Giannetti, Lavoratti, Velo 2018). 21. La scoperta di effetti ierofanici, legati alla luce nelle architetture preistoriche, antiche o moderne, sono oggi 24. Salone dei Mesi di Schifanoia, il primo decano del mese di Marzo (foto di A. Cesari, Bologna). 24. 181 numerosissimi e in continua espansione. Questi fenomeni erano collegati alla dimensione cultuale dei luoghi, e gli esiti di queste ricerche sono presentati annualmente nei maggiori convegni nazionali e internazionali. 22. Il software per desktop open source Stellarium (https:// stellarium.org) è stato arricchito negli ultimi anni principalmente da George Zotti per soddisfare i requisiti di accuratezza necessari agli studi di astronomia culturale come la ricreazione accurata di viste storiche del cielo, ma anche viste di modelli 3D georeferenziati di edifici e siti archeologici sotto il cielo, inclusa la simulazione di luci e ombre (Zotti, Hoffmann, Wolf, Chéreau, Chéreau 2020). 23. Si vedano ad esempio (Bartoli 2010; González-García, Magli 2015; Incerti 1999; Magli 2008, Romano 1995). 24. I tre trattati Algoritmus, De Sphaera e Computus (gli unici a lui attribuiti con certezza) furono quasi certamente scritti come sussidio alle sue lezioni universitarie. In particolare il De sphaera, scritto intorno 1230 circa, ebbe una enorme diffusione, così come testimoniano i numerosi commentari stesi già a partire dalla fine del XIII secolo. La prima stampa è del 1472, anno in cui si pubblicarono una edizione a Venezia ed una nella Ferrara del Duca Ercole I (Venturi 2010). 25. Si rimanda a (Dekker 2013; Grimaldi 1905; Gundel 1992). 26. La direzione solstiziale è quella segnata dalla levata nel solstizio invernale il tramonto solstizio estivo (molto accurato sullo spartito architettonico del rosone); i due segni-limite del circolo zodiacale, Cancro e Capricorno sono rispettivamente posizionati verso l’abside e verso la porta. 27. Lo schermo touch è oggi posizionato in una sala che precede il Salone nei Mesi, a disposizione dei visitatori. Gruppo di ricerca: Angelo Andreotti, Marco Bertozzi, Manuela Incerti, Stefania Iurilli, Giovanni Sassu; Modelli 3D Video e Interattività: Stefania Iurilli, Dario Arnone; Fotografie, Settori marzo-settembre: Antonio Cesari, Settori ottobre-febbraio: Archivio Musei di Arte Antica di Ferrara, Ghiraldini-Panini; Voce narrante: Paolo Marchetti; Coordinamento Scientifico: Manuela Incerti. 28. Cliccando sulle aree si attivano i contenuti resi disponibili attraverso dei video-racconti con base musicale Si veda (Incerti, Iurilli 2018). In totale sono disponibili 60 video (5 per ciascuno dei 12 settori dipinti) della durata massima di circa 2 minuti. I testi sono stati scritti prevalentemente da Marco Bertozzi, mentre le immagini utilizzate per la creazione dei video sono state prodotte dal fotografo Antonio Cesari (Bologna). L’approfondimento possibile è diverso a seconda dello stato di conservazione dei reperti: gli affreschi conservati dalle intese cromie (marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto settembre) inevitabilmente hanno una descrizione più esaustiva rispetto ai dipinti perduti ed oggetto di alcune ipotesi ricostruttive (in bianco-nero e a colori) opera dell’artista Maurizio Bonora. 29. Sul tema della sostenibilità e astronomia culturale si vedano (Antonio César González-García, Belmonte 2019; Urrutia-Aparicio et al. 2022). 182 Bibliografia Aa.Vv. (1995). Archeologia e astronomia: esperienze e prospettive future. 1° Convegno internazionale di Archeologia e Astronomia. Atti dei Convegni Lincei 121. Roma: Bardi Edizioni. Aa.Vv. (1998). Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico. 2° Convegno internazionale di Archeologia e Astronomia. Atti dei Convegni Lincei 141. Roma: Bardi Edizioni. Aa.Vv. (2001). L’uomo antico e il cosmo. 3° Convegno internazionale di Archeologia e Astronomia. Atti dei Convegni Lincei 171. Roma: Bardi Edizioni. Bartoli M. T. (2010). In forma dunque di candida rosa. Un disegno gotico per Firenze. In Incerti, M. (a cura di), Mensura caeli, territorio, città, architetture, strumenti, pp. 63–74. Ferrara: UnifePress. Belmonte J. A., Sanabria J. C., Gil J. C., de León J., Marín C., Ruggles C. L. (2018). The cultural landscape ‘Risco Caído and the sacred mountains of Gran Canaria’: a paradigmatic proposal within unesco ‘Astronomy and World Heritage’ initiative. 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The Simulated Sky: Stellarium for Cultural Astronomy Research. In Journal of Skyscape Archaeology, n. 6 (2), pp. 221–258–221–258. 183 184 Postfazione Ornella Zerlenga Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” Il seminario di studi Rappresentare il tempo. Architettura, geometria e astronomia, organizzato il 23 marzo 2022 nel Salone di Pompeo di Palazzo Spada a Roma da Laura Farroni, Manuela Incerti e Alessandra Pagliano, nasce da una duplice volontà fondata sulla condivisione di temi e collaborazione di ricerca fra le tre studiose. Condivisione di un tema, per l’appunto quello dell’intrigante rapporto teorico-pratico nonché simbolico da sempre esistente fra architettura, geometria e astronomia. Relazione, questa, già saldamente affrontata negli anni precedenti dalle tre curatrici attraverso molteplici esperienze individuali e di cui, la più recente, svoltasi ancora una volta a Palazzo Spada il 23 settembre 2019 e organizzata da Laura Farroni. In quella occasione fu, non soltanto, presentato il volume curato dalla Farroni dal titolo L’arte del disegno a Palazzo Spada. L’Astrolabium Catoptrico-Gnomonicum di Emmanuel Maignan, ma illustrato ai presenti il complesso processo progettuale che portò Padre Emmanuel Maignan alla concezione di un disegno realizzato, quale apparente intricata immagine, da Giovanni Battista Magni nel 1644 sulla volta della Galleria del piano nobile del suddetto palazzo. L’attuale seminario riprende la relazione esistente fra architettura, geometria e astronomia, e lo fa con una notevole ricchezza e varietà di temi grazie alla molteplicità dei differenti sguardi disciplinari intervenuti durante la giornata, che ha permesso di formulare, a cura dei numerosi relatori ivi presenti, letture multiple su questa relazione fra architettura, geometria e astronomia. Un progetto colto, dunque, che ha la sua prima essenza nell’integrazione scientifico-culturale dei punti di vista delle tre curatrici, docenti e ricercatrici di tre differenti Atenei (Università Roma Tre, Università di Ferrara, Università di Napoli Federico II), ma unite da un comune interesse scientifico-culturale e dal desiderio di affrontare con vivacità culturale i diversi aspetti a cui il tema rinvia. Le relazioni presentate hanno infatti dimostrato una molteplicità complessa di argomenti trattati, dalla misura alla percezione del tempo, alle numerose e differenti teorie astronomiche che si sono succedute nel corso dei secoli, agli studi di ottica e prospettiva così come alla descrizione di strumenti fino alla costruzione di meraviglie architettoniche immaginate ricorrendo a un pensiero scientifico capace di concepire macchine fantastiche, spesso illusorie. Ma ancora, nell’opinione condivisa che gli orologi solari rappresentino oggi una importante testimonianza di un patrimonio culturale, materiale e/o immateriale, minacciato dalla vulnerabilità del disuso, alcuni interventi hanno affrontato la necessità del restauro di queste permanenze sia attraverso la descrizione di interventi su architetture storiche che attraverso simulazioni contemporanee. Infine, e non poteva essere altrimenti, vista l’appartenenza disciplinare delle tre curatrici, fra i temi affrontati non è mancato quello della relazione fra architettura, geometria, astronomia e disegno secondo una significativa dialettica, che attraversa epoche e culture e che identifica il contributo del disegno come fra i più interessanti nell’ambito dello sviluppo di teorie e applicazioni. In tal senso, sono stati presentati contributi sull’attività pubblicistica e convegnistica, sull’individuazione di possibili categorie, topics e parole chiave, sul ruolo disciplinare contemporaneo sempre più integrato, inclusivo e partecipato. In conclusione, sulla base dei diversi aspetti tematici affrontati nella giornata di studi e che hanno legato l’astronomia all’antico, alla percezione del cielo e, soprattutto, alla sua interpretazione attraverso culture e discipline molteplici in contesti anche contemporanei, il seminario è apparso decisamente piacevole e stimolante in virtù di quella sapiente capacità dimostrata nel sapere intrecciare costantemente, da parte delle curatrici, più saperi teorico-operativi e nel restituire nell’insieme una sintesi intelligente sull’argomento trattato, condotto con uno sguardo esteso e multidisciplinare e senza mai perdere la centralità del tema ovvero il rapporto tra l’architettura, la geometria e l’astronomia. → Architettura, geometria e astronomia 185 Questo seminario ha dunque arricchito i presenti di visioni e consapevolezze circa i temi trattati. E non solo per l’apporto di conoscenze diversificate e per la molteplicità dei punti di vista offerti al dibattito, ma anche perché questa giornata di studi ha aperto a una serie di nuove opportunità, che le curatrici hanno anticipato in questa occasione. Trattasi di una prossima fase di lavoro e approfondimento, ancora in forma collegiale, su questi argomenti che sarà resa possibile attraverso la redazione di una nuova collana editoriale a tanto dedicata. Un prosieguo dell’iniziativa, quindi, che le curatrici hanno presentato con grande entusiasmo e che vedrà riprendere molti degli spunti emersi nella giornata di studio del 23 marzo 2022. Laura Farroni, Manuela Incerti e Alessandra Pagliano saranno ancora in team per progettare un nuovo lavoro di ricerca, continuare quanto avviato e, soprattutto, condividerlo con il pubblico attraverso le tante diverse sfaccettature, che connotano il tema ma anche le stesse tre ricercatrici, pur restando ancorate a una comune visione, una comune matrice di ricerca capace di leggere il pensiero architettonico nelle sue geometrie e con uno sguardo rivolto al cielo e, dunque, al futuro. Un futuro, che non è fascinazione della tecnica tout court, ma attivazione di capacità critiche di studio e analisi nonché acquisizione di competenze scientifico-culturali per non perdere mai di vista i criteri che consentono di leggere con piena consapevolezza il portato di testimonianze culturali, siano esse materiali e/o immateriali. In tal senso, un ringraziamento pieno a Laura Farroni, Manuela Incerti e Alessandra Pagliano per aver organizzato con generosità e competenza questa giornata di studi, così piena di acquisizioni e spunti, e per tenere ancora vivo l’interesse attorno alle relazioni fra architettura, geometria e astronomia attraverso il lancio di questa nuova collana scientifica. 186 → Architettura, geometria e astronomia 187 English texts did this quelque chose, this space, began? If it had a beginning. TIME Time and Space Key words Fabrizio Bònoli Time Time measurement Cosmogonic myths AstronomY Astronomical orientations Cronus: at the Beginning of Time In the Beginning was Chaos, a chasm, a dark void, a blind, nocturnal, boundless abyss, where nothing could be distinguished. It was from Chaos that Gaia, the mother Earth, and Tartarus, the Darkness, and Eros, the Energy of primordial Love, were then formed. Gaia single-handedly bore Uranus, the starry sky, and Pontus, the sea flutter. With her son Uranus, she bore the six Titans. Cronus was the last of them, with tortuous designs the most terrible of the children. He set free his mother Gaia from his father Uranus, who laid perpetually on her, castrating him with a large sickle. The Earth was thus separated from Heaven and a free space was created between them, above which the starry vault represented a large ceiling. This is how Day and Night were born, and Cosmos too, the Order, as human beings view it. Therefore, according to the myth told by Hesiod in Theogony (Ricciardelli 2018), it was Cronus – frequently identified with Time – who allowed the beginning of the flowing of time and also of our history. A history that began with the first questions that we can imagine Man asked himself by observing Heaven, and with the first answers as well: “How were Universe, Heaven, Earth, human beings born? What was before? What’s next? But will there be an after?” And above all: “Why all this?” And again: “Has all this always existed or was it created out of nothing? Or by a fluctuation of the ‘quantum vacuum’, as some of the modern hypotheses about the origin of the universe claim?” We can only agree with what Virgil wrote in Georgics: “Felix, qui potuit rerum cognoscere causas” (“Fortunate is he, who was able to know the causes of things”) (Brachiesi 2019, Lib. II, v. 489). And then, an even more difficult question: “Pourquoi y a-t-il quelque chose plutôt que rien?” (“Why is there something rather than nothingness?”), Leibniz wandered (Leibniz 1996, p. 228). And at what time 188 Ultimately, whatever questions we ask ourselves about the space in which we are, we end up talking about time. In fact, “no one has ever experienced a place except in a time, and a time if not in a place” said Hermann Minkowski – Einstein’s teacher and founder with Poincaré of the four-dimensional geometry of space-time – in the 1908 Conference Raum und Zeit (Space and time) at the 80th Assembly of the Gesellschaft Deutscher Naturforscher und Ärzte (Society of German Naturalists and Physicians). And then he went on: “The views of space and time which I wish to lay before you have sprung from the soil of experimental physics, and therein lies their strength. They are radical. Henceforth space by itself, and time by itself, are doomed to fade away into mere shadows, and only a kind of union of the two will preserve an independent reality” (Minkowski 1909). What is Time? Now, if we want to define the objects we are dealing with – space and time – we do not have any major problem for space, but it’s more complicated for time. Many have tried to define time and Augustine’s question has remained famous: “Quid est ergo tempus?”. And his answer too: “Si nemo ex me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio.” (“What then is time? If no one asks me, I know, if I want to explain it to someone who asks, I don’t know.”) (Cristiani 1996, Lib. XI, 14, p. 126). Others, much later, will get by more easily, such as Newton who, at the very beginning of the Principia, warned readers that “tempus, spatium, locum et motuum ut omnibus notissima non definio” (“I do not define time, space and motion, as being well known to all”), stating immediately after (Newton 1687, Lib. I, def. VIII, Scholium, p. 5): “Dicam tamen quod vulgus quantitates hasce non aliter quam ex relatione ad sensibilia concipit. Et inde oriuntur praejudicia quaedam, quibus tollendis convenit easdem in absolutas & relativas, veras & apparentes, Mathematicas et vulgares distingui” (Only I must observe, that the common people conceive those quantities under no other notions but from the relation they bear to sensible objects. And thence arise certain prejudices, for the removing of which it will be convenient to distinguish them into absolute and relative, true and apparent, mathematical and common”). But eight centuries before Augustine, Plato gave in Timaeus (Chap. X, 37d) what I personally believe is the most evocative definition of time: “Time is the mobile image of Eternity” (Carena 1970, p. 442). While it was Aristotle who immediately after entered the question in a more operational and pragmatic way arguing that “Tempus est numerus et mensura motus, secundum prius et posterius” (“Time is the number of motion in respect of the before and after”) (Castelli 2012, IV, 11, 219b1, p. 103). And so, we can ask ourselves how much Aristotle’s definition is different from that of twenty-two centuries later by Ernst Mach, the physicist and philosopher who inspired the young Einstein and his removal of the Newtonian concept of absolute time: “To say that a thing A changes with time is, simply, to say that the states of one thing A depend on the states of another thing B. […] Time is an abstraction at which we arrive through the changes of things” (Mach 1968, pp. 241-242; Bergia 2006). Lucretius had already expressed in the first century BC the idea of time as an abstraction, recognizable only by the sensations of movement: “Tempus item per se non est, sed rebus ab ipsis / consequitur sensus, transactum quid sit in aevo, / tum quae res instet, quid porro deinde sequatur; / nec per se quemquam tempus sentire fatendumst / semotum ab rerum motu placidaque quiete.” (“Then, too, time in itself does not exist. / From things themselves our senses comprehend / what has been accomplished in the past, / what is present now, then what will follow / afterwards. We must concede that no one / has a sense of time in and of itself, / apart from things in motion or at rest.”) (Cetrangolo 1969). It is clear that many problems regarding time still remain open (Rovelli 2017). Some of them can be addressed with scientific methods, others require philosophical analysis, others still … who knows? • Did there exist time before the beginning of time? • Does there exist time when there is no change? • Are future and past time real? • Will future time be finite or infinite? • What does “the flow of time” mean? • Why does “the arrow of time” exist? • Does time flow in the same way both at macroscopic and microscopic levels? • What types of time travel are possible? • What is the role of time in reasoning? • Are physical and philosophical time the same? • Are physical and psychological time the same? • What are the neural mechanisms that explain our experience of time? Time: The Measure of a Change Even if all these questions leave us groping “in a dark time”, we can at least agree on one thing: time is the measure of a change. Actually, this is how humankind has always confronted time: measuring it, that → Architettura, geometria e astronomia is making a measure of changes. The method that all civilizations have used to make this measurement was to observe something that seemed to guarantee some regularity in the changes: the motion of the celestial bodies, of the Sun, of the Moon, of the wandering stars, of the celestial vault. Once people would realize, generation after generation, how those regular and cyclical movements had some relationship with what was happening here on Earth, what we call “the measure of time” was born. (AA. VV. 2000a; 2000b; 2000c). The next step (or previous? we don’t know) for all cultures was then to imagine that someone or something able to operate those movements was “up there”. And he or it had to be addressed so that those regularities – so laboriously observed, followed, noted, handed down, and became so important for life “here below” – would always remain the same. This can explain the apparent similarities found in many civilizations in their attitude towards the heaven. James Frazer, one of the founders of social anthropology, explained in his encyclopedic work The Golden Bough: A Study in Comparative Religion (Frazer 1911-1915) how such analogies are the effect of similar causes that act in a similar way on the structure of the human mind in different countries and under different skies. That is, humankind always reacts in similar ways when subject to the same experiences and sensations. We can therefore think that since ancient times the observation of the sky has followed two currents of thought. On the one hand, the attempt – rational – to understand the existence of periodicity and natural laws to be used for one’s survival; on the other, the attempt – mystical – to place in the heavens supernatural and omnipotent beings able to govern those movements and to whom to turn to preserve their regularity. Throughout history, these two currents of thought – rational and mystical – have often been linked together, sometimes even adverse, sometimes clearly distinct, and even with paradigm shifts: “Les dieux n’étant plus et le Christ n’étant pas encore, il y a eu, de Cicéron à Marc-Aurèle, un moment unique où l’homme seul a été” (“When the Gods were no longer there and Christ not yet, in a time between Cicero and Marcus Aurelius, there was a unique moment when Man existed alone”) writes Flaubert (Flaubert 1930, p. 464). Time, Astronomy, Arts Therefore, I’m talking about the relationships between astronomy – and its ability to measure time – and human activities, here understood as all artistic expressions: architecture, painting, sculpture, literature, music and so on. I would like to first clarify a point – always trying to define what we are talking 189 about, as I tried to do with time – that is to ask ourselves: what is astronomy? What is art? As an astronomer, I do not struggle to answer the first question in a few words: astronomy is an attempt to understand the reality of the universe. As a “non-artist”, I struggle more for the second one, but I’ll try: art is an attempt to represent reality. Hence, we can say that we have found a common point with which to confront: the astronomer and the artist are both interpreters of reality. We find this just as a prescription in a widespread astrological work of the thirteenth century, Picatrix, Latin version of the previous Arabic text from two or three centuries before, The Aim of the Wise (Pingree 1986, p. 8): “Quando vero sapientes antiqui voluerunt facere ymagines, non potuerunt recusare constellaciones que sunt radices in sciencia ymaginum” (“When the ancient sages wanted to represent images, they could not do without celestial configurations, which are the radices [in short, the positions of celestial bodies at a specific time] in the science of depictions”). An example closer to us? “J’ai parfois en moi un besoin terrible de – dirai-je le mot? – de religion, alors je vais la nuit dehors pour peindre les étoiles” (“Sometimes I feel within me a terrible need for – can I say that? – for religion, then I go out into the night and paint the stars”). It is Vincent van Gogh who writes to his brother (van Gogh 1888). In these few words and in his many starry nights we find evidence of what I said before: “something religious”, the mystical attitude towards the objects in the heaven that he is painting; “something rational”, because the stars he paints are not invented or false, they are the real stars he sees and represents with his great artistic genius. Time and Symbols: A Link between Microcosm and Macrocosm The title of this meeting links time with architecture, geometry and astronomy. Many examples of these links can be made: from Stonehenge and megalithic circles to solstitial or equinoctial orientations in different sites all around the world, from the Egyptian pyramids to the Mayan ones, from Greek and Roman temples to the orientation of churches, from the founding rites of the cities to the supposed or real, Vitruvian or esoteric geometry of Frederick’s Castel del Monte, from the frescoed vaults to the many astronomically constrained architectural structures. Colleagues will today talk about specific cases. However, in many of those the link is not only in an orientation towards some astronomically significant direction: the rising or setting points of Sun or Moon or Venus in the rainy season, or the equinoctial rise of Sirius, and then the cardo and decumanus, and the apsis ad solem orientem on the day dedicated to a patron saint, and so on. Of course, I avoid talking about 190 imaginary geometric connections – such as perimeters over heights, Greek-pi, golden sections, squaring of the circle, Fibonacci numbers – so as not to run the risk of falling into discourses that can range from Hermeticism to Cabala, to numerology, ending up also talking about non-existent ancient civilizations or even extraterrestrials. Here I want to talk about something more, and I refer to that link between astronomy and other disciplines I have said about. A connection which lies in the relationships between nature, Man, everyday reality, the flow of time – the microcosm – and the sky, the stars, the universe, the conservation of time – the macrocosm. I remind this link does not only consist in orientations and geometrizations, but also, if not above all, in allegories and symbolisms, many of which are no longer immediately intelligible to us, if not sometimes even obscure. I shall mention just a few examples, starting with the Cathedral of Otranto. This suggestive church is astronomically oriented towards the summer solstice rise, with the precision of the alignments obtainable at the time (I will later talk about precisions), probably like the previous Messapian, Roman and early Christian remains. Or perhaps was it built simply following the orographic orientation on the hill overlooking the sea? I don’t know the answer. One of the most fascinating pavement mosaics stand out in the Cathedral, executed in the twelfth century by artists headed by Basilian monk Pantaleon. The great Tree of Life, extending for eight hundred square meters, is not only a Biblia pauperum which describes stories from the Old Testament, from the chivalric cycles, from the medieval bestiaries, from the legends about Alexander the Great. It is a sort of poem in images that tells the destiny of humankind through the history of previous times, with geometric and numerical symbols representing order and measure. Before arriving at the end of the Tree of Life, where Justice and Sin are represented and the Cosmogenesis in sixteen tondos too, and finally at the altar to reach the Redemption, we meet the cycles of the months – i.e., the passing of time – where the association “zodiacal constellations - months – man’s works” is presented: a perfect illustrated example of the close relationship between microcosm and macrocosm (Gianfreda 1996). We find the same association in the Baptistery of Parma, analytically – and elegantly as well – studied by Manuela Incerti (Incerti 2001). I will not dwell on it, except to underline the classic and symbolic octagonal form, the many solar geometries highlighting the passing of time for the several liturgical celebrations, and the presence of the first Italian sculptural cycle, made by Benedetto Antelami shortly after the Cathedral of Otranto. Just like in Otran- to, the months with the relative Zodiac signs and the typical seasonal works of the territory are depicted in the sculptures: here the Padania, there the Salento. Similar hierophanies happens in the Scrovegni Chapel in Padua, where there is the first depiction of the Star of Bethlehem as a comet, done by Giotto immediately after the 1301 passage of Halley’s comet. In the Chapel, under a blue starry sky, wanted plays of light highlight defined images on particular days (Romano 1992, pp. 57-67), as well as in several Cistercian abbeys, always according to the accurate measures of Manuela Incerti (Incerti 1999). Just as it probably would happen in the Parthenon, where the Sun’s rays throwed a streaming light on the colossal gold and ivory Athena Parthénos statue by Phidias at a particular time: at the sunrise of the day of the beginning of the Panathenaic celebrations, dedicated to the goddess herself. Orientations and Accuracy of Measures I before quickly mentioned the “precision of alignments”, a topic that deserves some clarification (Neugebauer 1954; Price 1957; Singer 1957; Kolbe 2008). How precise could those alignments be? Symbolically delineated after a number of astronomical measures, or forced by appropriate orographic situations, or mediated between the two? Without going into too much technical details, we can say that solar orientations could not be more precise than a few degrees – a few days – even if performed with the most accurate methods available in the various epochs. Just to give an example relating to closer-to-us epochs, the Tabulae Alphonsinae, written in the mid-thirteenth century by astronomers in Toledo by the will of Alfonso X of Castile and León and used for centuries, varied in determining the 1588 winter equinox by about twenty hours, compared to the later and more accurate 1551 Tabulae Prutenicae by Erasmus Reinhold, drawn up following the Copernican system. With respect to stars coordinates, the average accuracy was just under a degree in second century Ptolemy’s Almagest catalog. That was the ending time of Greek-Hellenistic astronomy flowering. We can be sure that in earlier times the precision was even worse and did not improve much until Tycho Brahe in the sixteenth century, despite the subsequent refinements and adjustments by Arab and European astronomers (Gingerich 1996; Bezza 2000). As a consequence, this led to gross errors in measurements of angular distances taken between those reference stars and, for example, the Moon and the planets, so leading to the consequent inaccuracies about eclipses, conjunctions and occultations. In fact, as regards planetary motions, so methodically recorded in tablets since Babylonian times, it must → Architettura, geometria e astronomia be taken into account that, for example, Jupiter and Saturn, the slowest, travel on average 5 and 2 arcminutes per day, respectively, which means average time errors of many days in predicting their position in the sky: from ± 6 to ± 15 days (Strano 2003, pp. 337-338). Again as an example, while the Alphonsinae tables were wrong for a month in predicting the 1563 conjunction of Saturn and Jupiter, the Prutenicae were content to make a mistake by a day! And all this with good peace of both the astral influences derived from wrong astrological predictions, and those astronomical alignments that many books, magazines, television programs, websites tell us as “incredibly precise”, where, of course, the word “incredibly” means absolutely nothing. However, we must bear in mind that we come from a few centuries, after the Scientific Revolution, in which we are accustomed to think about the observations and measurements of space and time through a completely analytical and reductionist approach. And so, we must not forget that in other times – the ones to which we here refer – the symbolic aspect we highlighted very often had a value greater than the measure as such, measure that the same astronomers, astrologers, architects, builders and surveyors already probably knew could not be better than much. Vitruvius and the Knowledge of Astronomy for the Architect I want to give a last example concerning architecture and the attention to be placed in the orientation of buildings, but in this case without any symbolic meaning. The Roman architect Vitruvius writes in the seventh book of his De Architectura (Vitruvio 2008, Lib. VII, Cap. 9 [1]), addressed to building materials and techniques and not to astronomy of which he speaks in the ninth book: “Revertar nunc ad minii temperaturam. […] cum est in expolitionibus conclavium tectis inductum, permanet sine vitiis suo colore; apertis vero, id est peristyliis aut exhedris aut ceteris eiusdem modi locis, quo sol et luna possit splendores et radios inmittere, cum ab his locus tangitur, vitiatur et amissa virtute coloris denigratur. ltaque cum et alii multi tum etiam Faberius scriba, cum in Aventino voluisset habere domum eleganter expolitam, peristyliis parietes omnes induxit minio, qui post dies XXX facti sunt invenusto varioque colore. ltaque primo locavit inducendos alios colores.” (“But let’s go back to the preparation of the minium [actually it is “cinnabar”, a pictorial pigment]. [... ] When used in indoors decorations, it maintains its color unchanged, but in spaces exposed to the open air, such as peristyles, exedras or other analogues where sunlight and moonlight arrive, it gets damaged, loses its splendor and becomes opaque. Like many others, even the scribe Faberius, who wanted his house on the Aventine finished with 191 Contemplation of the heavens and the passing of time I’m going to finish with some words taken from the Cycle of Baal, a collection of Mesopotamian mythopoietic texts, found in ancient Ugarit and derived from earlier copies or from ancient oral tradition between the fifteenth and fourteenth centuries BC. The poem is considered a probable source of the Greek 192 myth here at the beginning mentioned. It narrates the struggle of the god Baal, lord of fertility, with other deities, as a probable metaphor of the seasonal agrarian cycles and the victory of the Order over the primordial powers of Chaos. The Time of the origin of all things is described (Lachièze-Rey 1998, p. 131): “Without borders and without time was the Air, and a Wind relentlessly rotated. And the Wind became the lover of his Principle and rewound upon himself. And from this the Desire was born and then the Word was born, with the appearance of an Egg, and unconscious beings came from the Egg, then conscious and contemplators of the Heavens”. And so, according to the ancient myth, the first act of consciousness of humankind was the contemplation of the heavens, their regular and periodic motions and the passing of time. Notes 1. Translation by the author. 2. Translation by the author. Pre-instrumental astronomy Elio Antonello Key words particular elegance, had the minium on all the walls of the peristyles, but after thirty days the color was already ruined and patchy, so that he had to immediately arrange to paint the walls with other colors.”)1. Here is an attention to the solar orientation (and also lunar, writes Vitruvius, but it is the solar radiation that counts, acting on the mercury of which cinnabar is composed, but he could not know it) that has nothing to do with symbolism or similar things, but it is of great practical importance. On the other hand, Vitruvius himself illustrates what must be the basis of the architect’s education, describing him as a figure of universal culture just at the beginning of De Architectura (Vitruvio 2008, Lib. I, Cap. 1 [3,10]): “Et ut litteratus sit, peritus graphidos, eruditus geometria, historias complures noverit, philosophos diligenter audierit, musicam scierit, medicinae non sit ignarus, responsa iurisconsultorum noverit, astrologiam caelique rationes cognitas habeat. […] Ex Astrologia autem cognoscitur Oriens, Occidens, Meridies, Septentrio etiam caeli ratio, Aequinoctium, Solstitium, astrorum cursus: quorum notitiam si quis non habuerit, horologiorum rationem omnino scire non poterit.” (“Let him be educated, skillful with the pencil, instructed in geometry, know much history, have followed the philosophers with attention, understand music, have some knowledge of medicine, know the opinions of the jurists, and be acquainted with astrology and the theory of the heavens. […] From astrology we find the East, West, South, and North, as well as the theory of the heavens, the Equinox, the Solstice, and the courses of the stars. If one has no knowledge of these matters, he will not be able to have any comprehension of the theory of sundials”)2. Apart from the fact that Vitruvius here uses the word “astrology” since at the time it was practically synonymous with “astronomy”, this importance of astronomical knowledge for an architect should not surprise us, if we think of what has been said before. Namely that clients, artists, architects, craftsmen, workers who had to create “things” of some symbolic importance wanted those things had to reflect and interpret the relationships between the passing of time in the Earthly events and in everyday life and the celestial bodies which regulates that flowing time, and therefore be recognizable as such to the users of those works. Archaeoastronomy Farming calendars Solstices Constellations Lunistices Introduction In the context of the present-day meeting devoted to the representation of time, it could be useful to discuss some archaeoastronomical characteristics regarding the observations of the main celestial bodies for calendrical purposes in the antiquity, particularly when the writing did not yet exist, and moreover to mention some of the problems related to them. These topics are dealt with at length in several books, and here we recall that of Ruggles (1999) for the European area, and Aveni (2001) for the American one. In the present note we will talk briefly of cardinal and solstitial points, the solar year, the farming calendar governed by the Sun and the stars, and we will conclude with the archaeoastronomical problem of the Moon. Image p. 16: Hilma af Klint (1862–1944), Urkaos, nr 16, The WU/Rose Series, Group I, 1906-1907. Oil on canvas, 53 x 37 cm. The Hilma af Klint Foundation, Stockholm (Photo: Albin Dahlström, Moderna Museet, Stockholm). Cardinal and solstitial points The ancients established the important points of the horizon by looking at the Sun. Its culmination at the local midday gives the North-South direction of the place where we are observing, while its rising and setting at the equinox give the East-West direction. Today we have the clock for civil uses, but generally the local midday is not that defined by the time zone. Therefore, if we wish to repeat the experience of the ancients, we must take into account the shadow of a gnomon. There exist, however, useful computational programs on the web that calculate the true midday of a site for any date. The other important points at the horizon are defined by the rising and setting of the Sun at the solstices; there are many records in the classical literature and ethnography about their use as a calendrical reference point. In the ideal case of a flat horizon, with no mountains, hills or obstacles, the rising point of the Sun at the summer solstice is diametrically opposite to the setting point at the winter solstice, and the rising at the winter solstice is opposite to the summer setting. The local Earth plane can then be imagined as a circle divided in eight sectors, that is, it has the appearance of a wheel with eight spokes [fig. 1]. I do not know whether the Celtic symbol of the wheel, which is interpreted as a solar symbol by archaeologists (see for example, the collected material in Bertrand 1897) could be associated with this image, since there are no written records that could support this view. We can make, however, the association of the plane divided in four sectors by the cardinal directions with a cross inscribed in a circle, on the basis of the ethnographic records. This symbol, the medicine wheel, is well described by Black Elk (Black Elk 1953) of the Sioux Oglala tribe. According to this tribe there were six main directions: to the zenith, that is the site of Wakan-Tanka (the Great Spirit, father-progenitor), to the ground (Mother Earth, mother-progenitor), and to the four cardinal points in the circle of the horizon. Four powers came from the four points; for example, the light of the wisdom dispelling the ignorance came from the East. These points played an essential role in the worship, and the simple architecture for the ritual was based on them. The position of the rising and setting at the solstices depends on the latitude of the site, and it is defined by the azimuth, the angle usually measured from the North. For example, for the latitude of 42 degrees the Sun at the summer solstice rises with azimuth of about 57.7 degrees. For our discussion of the observations performed by the ancients, the longitude of the site and the exact time have no importance, since the displacement of the Sun on the horizon is very small, that is, it changes very little from one day to → Architettura, geometria e astronomia the next around the solstice. At our mean latitudes, during the four days preceding and four days following the solstice the Sun moves by less than one tenth of a degree. Moreover, in our discussion the astronomical precession has no importance, whereas it is important when we consider the Sun with respect to the stars, as we will say in the next sections. The variation of the obliquity of the ecliptic has an effect. The axial tilt of the Earth oscillates by a couple of degrees in 41 thousand years, and this changes slowly the value of the azimuth. Today the obliquity of the ecliptic is about 23.4 degrees, and four thousand years ago it was about 23.9 degrees. Generally, however, there are mountains and hills on the horizon, hence the azimuth of the rising Sun will be different from that considered up to now, and the height above the horizon will be different from zero. Moreover, one has to take into account the effects of the atmospheric refraction, also in the case of a horizon with no obstacles, since when we see the rising Sun on the horizon actually it is located about half a degree below it. Solar year The solstices were useful indicators of the beginning of the year. Our civil year itself, that derives from the Roman one, could be considered an example, and we can find some justifications in the classical literature. Varro (1st century BC; De lingua latina, VI, 8) writes a precise definition of year: "tempus a bruma ad brumam dum sol redit vocatur annus", that is, it is the time from the bruma to the next one; bruma was the winter solstice, while solstitium indicated the summer solstice. Ovid (Ovidius; 1st century CE) in the Fasti explains the origins of Roman holidays and associated customs. He writes an interview between the poet and the god Janus. He asks the god why does the year begin during a so bad season, while it would be much better to begin during spring, and he describes at length such a beautiful season. The answer of Janus is concise: the solstice is the first day of the new year and the last day of the old one, Phoebus and the year have the same beginning. Plutarch (Plutarchos; 2nd century CE; Quaestiones romanae, 19) supplies us with a detailed justification. Generally, there is not naturally either last or first in a cycle, and it is by custom that some adopt one beginning of this period and others another. The best is to adopt the beginning after the winter solstice, when the Sun turns about and retraces his course toward us. For this beginning of the year is in a certain way natural to mankind, since it increases the amount of light that we receive. The prehistoric solstitial indicators, such as Stonehenge, suggest us that this choice could be a legacy of the far past. Therefore, it is meaningful to look for 1. Position of the rising (sorgere) and setting (tramonto) of the Sun at the summer (estivo) and winter (invernale) solstice, for a latitude of 42 degrees. The azimuth (azimut) is the angle from North (Graphic elaboration by the author). 193 solstitial alignments in megaliths and rocks, because we could interpret them as calendrical reference points that were used to determine the beginning of the year. In the past, when written calendars did not exist yet, this was an essential procedure for defining the farming activities. The Greek poet Hesiod (8th century BC) from Boeotia, in the Works and Days illustrates very well the way in which the sky was used as a calendar for the farming activities. For example, he writes (v. 479-481) that if one will wait for the turning around of the Sun to plough the ground, he will reap sitting, grasping a thin crop in the hand. That is, if one waits for the solstice for ploughing and sowing, he risks reaping very little. The turning around of the Sun is indeed what occurs on the horizon at the solstice [fig. 2]. It may be worth to recall that, for ancient Greeks, Eniautos was the embodiment of the year, and sometimes represented along with Eleusis, the goddess Demeter of the crop ( Jentoft-Nilsen, 1991). The Sun and the stars: the farming year Let us see with some detail the relation between the Sun and the stars as regards the calendrical applications. Hesiod (v. 564-570) prescribes to count sixty days after the winter solstice, until the star Arcturus leaves the holy stream of Ocean and first rises brilliant at dusk; it was the time to start the hard farming works after the winter by pruning the vines. That is, one had to count the days starting from the solstice. We can presume that, after many days, it had been possible to have miscounted1, but, in any case, one had the help of the star Arcturus; it was a calendrical indication valid only for some centuries around the epoch of Hesiod [fig. 3].A famous passage often quoted by scholars (v. 383-386) is: “When the Pleiades, daughters of Atlas, are rising, begin your harvest”, and then the poet adds “forty nights and days they are hidden”. By using the modern software one can make a verification of these sentences. In Boeotia, 8th century BC, it was possible to see the heliacal setting (i.e., just after the sunset) of the Pleiades several days after the spring equinox, and they were not more visible for forty nights. That is, assuming the equinox on 21st March, they set by the end of March, and the heliacal rising (just before the rising of the Sun) occurred by the second week of May. Since the effect of the astronomical precession is to change the location of the Sun at the equinox with respect to the stars, the date of their rising or setting is generally valid only for some centuries around the considered epoch (e.g., Antonello 2013). The heliacal rising of Pleiades was the time, as the poet says, of sharpen the sickle, since harvesting was approaching. It is only the second week of May, but one should take into account the species and varie- 194 ties of cereals. For example, since the barley had a brittle spike, upon maturity, the spikelets separated, facilitating seed dispersal; this problem was overcome by harvesting well before its ripening, putting the barley in drying sheaves, and after some tens of days threshing it. Anyway, in the past, harvesting itself usually required many days. Another interesting example is given by the Hebraic calendar. In order to determine the date of Pesach (Easter) and Shavuot (Pentecost) the lunar phase was taken into account. The first month of the year in the Hebraic calendar, named abib2, that is ‘spikes’ ore ‘ears’, begun with the new moon of spring. Two weeks later, with the full moon, on the 14th of the month, the feast of Pesach was celebrated. The law prescribed to begin harvesting barley during this time, and the Bible (Deuteronomy, Leviticus) describes the ritual to be followed. Palestine is much southern than our latitudes, hence the beginning of barley harvesting around April should not be surprise. Two weeks later the wheat harvesting started. Fifty days later, there was the feast of Shavuot, and the law prescribed that the activity of threshing and winnowing should have finished by that time (Book of Ruth). Hesiod provides other calendrical indications for the farming activities. As regards the grape harvest, he suggests (v. 609-611): “when Orion and Sirius are come into mid-heaven, and rosy-fingered Dawn sees Arcturus, then cut off all the grape-clusters and bring them home”. This sentence appears as another example of the good quality of his astronomical observations. Orion and Sirius were about on the meridian when Arcturus was rising just before the sunrise, few days before the autumn equinox, the time of the grape harvest. The poet concludes in this way the calendar (v. 614617): “But when the Pleiades and Hyades and strong Orion begin to set, then remember to plough in season…” It is the ploughing in the autumn, when Pleiades, Hyades and Orion are well visible during the night, that is, Hesiod means the setting of these constellations just before the sunrise. After the mid October, when the Sun was rising, the Pleiades were setting. About ten days later, the Pleiades were set well before the sunrise, and it was the Hyades that were setting, and after another fifteen days it was Orion. By then, it was the middle of November, which could be considered a limiting date for ploughing at the latitude of Boeotia. It is worth to recall that, after Hesiod, farming calendars with stellar indications had been compiled by several Greek and Latin authors; however, just few of them are existing, such as the very detailed ones by Columella and Plinius. The Latin writers compiled them taking into account the data reported by the previous authors. In the past, several scholars tried 2. Location on the horizon of the rising Sun in autumnwinter, from October (ottobre) to February (febbraio). The Sun turns around at the winter solstice; this point is indicated by an arrow. (Visualization from software Stellarium). 3. Rising of Arcturus at the sunset, about 60 days after the winter solstice, for the latitude of Boeotia, 8th century BC. (Visualization from software Stellarium). to understand and solve the inconsistencies that are found in the calendars of Columella and Plinius, but this was, and it is, a worthless attempt, since, as it was already noted by Plinius, the authors themselves of the previous compilations gave contradictory indications for a given place (Antonello 2016). The Moon For a calendrical use of the Moon, that is, the lunar months, it is sufficient to follow directly its phases. There is no need to remark the socio-cultural importance of the moon phases, as they are a phenomenon that should have caught the imagination since the prehistory. A lunation (synodic month) is a cycle of about 29 days. New Moon is when our satellite is close to the Sun, and it is not possible to see it with the naked eye; about 15 days later it is located on the opposite side of its orbit and it is full Moon. The path of the new Moon is similar to that of the Sun: it arcs low across the southern sky in December-January; however, 15 days later (full Moon) it arcs high in the sky as the Sun in summer. On the contrary, when the new Moon occurs in June-July, the arc path is wide, while 15 days later (full Moon) it is narrow. This phenomenon is easily visible even in the present-day difficult observational conditions owing to the light pollution and horizon obstructed of urbanscape. Now, for a better understanding, let us place ourselves at the centre of the Universe. The Sun orbits the Earth slowly in one year, while the Moon makes an orbit in the same direction more quickly in one month. The solar orbit (ecliptic) is tilted about 23 degrees with respect to the terrestrial equator, and the lunar orbit is tilted about 5 degrees with respect to the ecliptic. Hence the two orbits do not lie on the same plane, and their intersection (lunar nodal line) moves slowly in about 18 years (nodal period) by retrograde motion. When the Sun on the horizon goes back and forth from the solstices during one year, the Moon on the horizon goes back and forth from the lunistices (lunar standstill) more quickly with a period of about 27 days (shorter than the synodic month). Moreover, since the plane of the lunar orbit moves with respect to the ecliptic, the locations of the lunistices change during the nodal period. In other words, the azimuth of the lunistice is not fixed as that of solstice, and it oscillates within an arc defined by the extrema which are termed major and minor lunistice, north and south [fig. 4]. Although the lunistices have been dealt at length in archaeoastronomy, there are no records about them in classical literature or in ethnography as for the solstices, and Schaefer (2007) concluded in a rather clear-cut way: “In all cases, the sole evidence for the intentional alignment is the existence of the align- → Architettura, geometria e astronomia ment itself ”. Of course, one cannot exclude a priori the intentionality of the alignments in the case of megaliths such as those much studied in Great Britain (for a discussion, see Ruggles, 1999)3. However, if we have to rely on some written record as required by archaeologists, we should conclude that what the ancients felt important were just the phases of the Moon, its colour and the eclipses. The lack of evident interest for the Moon extrema arouses perplexity, given the undeniable importance of the Moon for past and modern populations (e.g., Mesopotamia, Arabs). For example, the lunar male god (Nanna, Sin) was relevant in the area of Mesopotamia, and in particular it seems that the god was the main deity of the town of Harran (Green 1992). Even though one cannot exclude that some pre-literate civilization took in consideration the lunistices, it was however the French astronomer Lalande (1761) who invented such a specific term [fig. 5]. The astronomical ephemerides were the positions of the celestial objects computed one or two years in advance, so that the interested people could find the objects at the given date by looking up to the sky in the direction of the computed position. Lalande, when describing in 1761 the positions of the Moon for the year 1763, introduced the term lunistice to indicate the extremum of the lunar path. After Lalande, in 19th century the farmer’s almanachs begun to mention it (e.g., Johnson and Shaw, 1844), and then it was taken into consideration by archaeoastronomer (lunar standstill; e.g., Ruggles 2005). As a concluding note, we remark that it would be extremely important to find in ancient or in ethnographic literature some clear indication of interest for the extrema of the Moon on the horizon, preceding (or independent on) that of Lalande. Conclusions We discussed some archaeoastronomical characteristics regarding the observation in the antiquity of the celestial bodies; such observations had also the purpose of defining a calendar that was essential for the farming activities, and we showed several records taken from ancient literature. In this context it is possible to discuss about the phenomena on the horizon of the Sun and the stars in a way that perhaps could be acceptable by archaeologists. As regards the Moon, the situation is more complex. While the calendrical use of the lunar phases is shown by populations since the antiquity, clear historical and ethnographical records of the use of the extrema of the Moon on the horizon are still lacking. Notes 1. I think that one should consider the need for an accurate counting of the days in the past. For example, in 4. Scheme of the lunistice (lunar standstill; lunistizio) for the latitude of 42 degrees. Whereas the azimuth of the summer solstice is 57.7 degrees (sunrise), that of the North lunistice at the moonrise oscillates between about 49.7 (lunistizio maggiore nord) and 65.2 degrees (lunistizio minore nord), during the nodal period (Graphic elaboration by the author). 5. In the discussion of the declination of the Moon, Lalande (1761, p. 160) introduces the term lunistice. During the nodal period, the Moon declination oscillates between a maximum value of about 28.7 degrees and a minimum value of about 18.1 degrees, corresponding to the major and minor lunistice. Image p. 24: The sky in 4000 BC, with Orion and Taurus, visible at medium latitudes (Stellarium simulation). 195 Mesoamerica, among the Maya descendants, presently a daykeeper is assigned specifically for this purpose, which was and is needed for their traditional rituals based on a calendar of 260 days (Sokol 2022). 2. It was later named nisan. 3. Schaefer replied clearly to archaeoastronomers that indicated some possible examples of the use of lunar standstills, and concluded: “Given this stunning lack of written or oral evidence, we can only conclude that most (but not necessarily all) cultures have zero or near-zero interest in lunar standstills” (Schaefer 1998). More recently, Sims e Holbrook (2014) discussed also the possibility that solstitial alignments were lunistitial, due to their coincidence each nine years, but it is just a possible interpretation of some myths. Intuitive geometries of time perception, from Antiquity to the Middle Ages Key words Mario Arnaldi Middle Ages Time reckoning Time diagrams Canonical hours Iconography Introduction The purpose of my talk is to highlight — if still needed — the difference between the chronometric measurement of time and its daily perception in the Middle Ages. In a field such as that of astronomy, archaeoastronomy and ancient gnomonics, one should always prefer the epistemological method rather than the rational one to which we are too often bound today. I mean that to understand the medieval vision, even of a technical-scientific topic such as that of the measurement of time, we must learn to think with a medieval mind. To get to the heart of the subject, however, I have to start from a little further back, that is, from the introduction of sundials in social life. 196 Antiquity and the Middle Ages In spite of the correct geometry developed by the ancient mathematicians, the Greco-Roman gnomonics, considered by Otto Neugebauer among the “exact sciences” of antiquity (Neugebauer 1974), in practice, however, was much less so. It must be remembered that the production of sundials was always delegated to craftsmen who, although specialized, made use of manuals containing pre-calculated tables. In a few cases can we speak of the exact measurement of time because many of the sundials that have come down to us from antiquity contain inaccuracies in the layout of the hour lines that in the modern concept of chronometry would be impermissible. In most cases, we can certainly say that before the invention of mechanical clocks, we were satisfied with a simple and acceptable perception of time1. The precise reading of the hours was only useful for the astronomer, not for common people, and this is demonstrated both by the numerous ancient and medieval archaeological finds and by the texts that have come down to us. It is now recognized that many ancient sundials did not follow the firm rules of gnomonic geometry that mathematicians had developed. In several cases, the hour lines all converged in the foot of the gnomon — which should not happen if the path were correctly drawn — and this construction method, already known in Egypt long before Ptolemy wrote about it in his work on the Analemma, also persisted in the Middle Ages2. Such a radial lines pattern made it possible to measure time, but not with the hours one expected to read. In fact, although they were also called ‘unequal’, the Greco-Roman temporal hours were actually all of the same duration over a single temporal space, whether day or night. Differences in amplitude occurred only between those of the night and those of the day, with the lengthening or shortening of the days3. With the pattern we are talking about, however, every hour of the same time span had a different duration from the previous and the next, but in the belief that that method was correct, the error was not perceived. The erroneous idea that the stages traveled by the Sun on the inclined plane of the Ecliptic remained unchanged overturning the latter on the horizon plane, allowed the invention of the first azimuthal sundials in the West, starting from an essential geometric model [fig. 1]4. The same simplification was probably the origin of the use of hourly terminologies also to indicate geographical directions [fig. 2]5 . There was, in the Middle Ages, another aspect of the measurement of time that inevitably escaped chronometry, and it was the great mobility of the times dedicated to the recitation of the canonical 1. The azimuthal sundial of Saint Willibrord (ms. BnF, lat. 10837, fol. 42r). 2. Perceive the time of day by observing the direction of the Sun in the sky (Drawing by the author). Hours6. The moments of prayer began to escape the severe cage of hour lines as early as the sixth century, and in this regard, it is worth remembering that St. Benedict, in his Rule, ordered the celebrations of the functions of the Terce, Sext and Nones at different times, according to the periods of the year7. Terce, for example, could be celebrated at the end of the second hour of the day (hora secunda plena), at the end of the third, or shortly before or after the end of the fourth (hora pene quarta)8. Sext was moved back a little (quasi sexta)9, while between Easter and the first day of October Nones was celebrated in the middle of the eighth hour (mediante octava hora), that is, at the seventh hour and a half10. Just the use of the terms “quasi” and “pene”, so uncertain and difficult to interpret, gives us confirmation that even at that time in the hourly terminology necessary for community life in monasteries, the concept of chronometry was very vague or scarcely binding. age) between Vespera and primum somnum, i.e. Compline, and decrepitas (decrepitude) between the primum somnum and the Matutinum [fig. 5]. Dante Alighieri, who also wrote a lot in his Convivio on the partition of the day, faithful to Aristotle divided the time of human life into four parts but did not tell us which time to match them14. We can dare to guess them from the many topics covered in his work but above all when he justifies his quadripartite image by recalling the chariot of Phoebus which, according to Ovid (Metamorphosis), was pulled by four horses (Eoo, Pirroi, Eton and Flegon), each symbolizing one of the four fundamental stages of the day; the first ended at Terce, the second at Nones15, the third at Vespers and the fourth at sunset16. Consequently, although the circle was the most common geometric figure to describe cyclic phenomena, the diagram that we could derive from the words of Alighieri in his Convivio, would appear with a different aspect: no longer a circle but an arc [fig. 6]17. The world, the year and man divided into four For the ancient philosophers, pagans and Christians, especially of Aristotelian extraction, the number four, as well as the three, had great importance. The primary elements, the cardinal points, the seasons, the virtues, the moods, and the “complexions” corresponded to the tetrad, and all were represented with a circular diagram similar to that in figure 3. The four ages of man were later added to this score, a perfect allegory of the passing of time11. These were: adolescence, youth, old age and decrepitude. Each author posed small variations, but this is not what interests us as much as the connection that the various ages had with the hours of the day, this being intended as a metaphor for life. The ages of human life are not instants but periods, and it is probably for this reason that one always hesitates to say at which times to set the various states. It is preferred to place them within two distinct temporal hinges or at the end or at the beginning of the period relative to each one. William of Conches (c. 1080 - post-1154) shows it in a diagram [fig. 4] and suggests it when he speaks of the division of the natural day12: “The philosophers” — he writes — “divided the natural day into four parts: from the ninth part (read, “hour”) of the night to the third of the usable day (daylight), and they say it is hot and humid; from the third part of the day usable up to its ninth part, and they say it is hot and dry; from this until the third part of the night it is cold and dry, and from this until the ninth part of the night it is cold and humid”13. Ramon Llull (1235-1315) inserted pueritia (childhood) between the Matutinum (the ninth hour of the night) and the third hour of the day, juventus (youth) between the third and Vespera, senesctus (old → Architettura, geometria e astronomia The week, the seven planets and the seven ages of man Together with the quadruple partition of the day and the theme of the human ages, however, other astrological concepts of the ancient world began to be recovered, which raised the number first to six18 and then to seven. The partition by seven must be sought above all in the Christian sphere, because the fundamental hours, both for religious and for lay people, were always the canonical ones: Matins, Prime, Terce, Sext, Nones, Vespers and Compline. The famous liturgist Honorius of Autun, monk, theologian and philosopher, who lived between the second half of the 11th century and the first half of the 12th century, was one of the first authors who, while not altering the classic Quaternary division of the day, described this new scheme. In his work Gemma Animae he placed childbirth at Matins: childhood at Prime, adolescence at Terce, youth at Sext, senility at Nones, decrepitude at Vespers and death at Compline19. From his description, we can derive the diagram in figure 7. The hours of Francesco da Barberino So far we have encountered representations of time idealized by ancient and medieval philosophy, but between the thirteenth and fourteenth centuries, the models of the previous diagram change the geometric layout used up to that moment. The first to graphically testify this seems to have been Francesco da Barberino (1264-1348), a notary, man of letters, and poet. Among the various works he wrote and perhaps illustrated by his own hand, two deserve our attention: the Officiolum or Officiolo and the Documenti d’Amore. The first is a small book of hours probably written in Padua between 1304 and 130920, 3. Diagram from Isidorus Hispalensis, Opera, c. IX. KBR, ms. 9311-19, fol. 74v. 4. Diagram from Cologny, Cod. Bodmer 188, Dragmaticon by William of Conches (it reads counterclockwise) and drawing by the author. 5. Diagram as described by Ramon Llull (Drawing by the author). 6. Diagram described by Dante Alighieri (Drawing of the author). 7. Diagram descibed by Honorius of Autun (Drawing of the author). 197 and the second one is an allegorical work composed between the years 1309-1310 but published in 1314. These two works are important for our discussion because they contain a series of miniatures of a new conception: the ages of life are no longer inserted in a diagram but in a pictorial representation of the cosmos. The content of each miniature is enclosed in a tondo composed as follows: in the centre, surrounded by water, is the terrestrial globe on which the scene takes place21; a second circle contains the atmosphere surrounding the terraqueous globe; a third, outermost circle represents the starry sky painted with a blue background. The Sun and the Moon move within it, placing themselves where the interested hour wants. The six ages of a human life (this is the number considered by Francesco da Barberino)22 are combined with the Hours in this way: at Prime (i.e. Aurora), Infantia; at Terce, Pueritia; at Sext, Adolescentia; at Nones, Iuventus; at Vespers, Senectus; at Compline, D [ecrepita] etas [figs. 8a-f ]23. The miniatures by Francesco da Barberino were certainly an important iconographic source at that time because we find the same drawings in another prayer book, always composed in the Paduan area around the years 1325-1330, but not attributed to him [fig.9a-g]. It is a small volume that belonged to Taddea Visconti (1351-1381) which she brought with her to Bavaria after her marriage with the Duke Stephen III24. The same sequence is repeated almost identically in the Documenti d’Amore and the only differences with the Officiolo lie in a better arrangement of the homocentric spheres and in the presence of little houses in the representation of the different ages of life [figs. 10a-g]25. The Officiolum is a prayer book, so the hours shown are not linked to those of the clock, because they were horae quoad officium and not quoad tempus. This is an important point to remember, which leads us to consider a variant that we had not encountered until now: the lack of chronometric symmetry, due to the displacement of the canonical Hours. We note, in fact, that the position of the Sun reveals places of the clock that are unusual for us for the arrangement of liturgical moments: the time of Nones, for example, is very close to the point of Sext and Vespers is very close to the end of the ninth temporal hour. It is no longer an idealized geometric model but, even without abandoning the philosophical framework that generated it, a more realistic pattern that is close to the rhythms perceived every day by common people through the sound of bells26. Gentile da Fabriano and the hours of the day in the pictorial cycle of Palazzo Trinci in Foligno Eighty years after the publication of the Documenti d’Amore, Francesco da Barberino was unequivocally 198 the iconographic source of Gentile da Fabriano in the remarkable pictorial cycle of the Trinci palace in Foligno27. Like all socially important families of that time, the Trinci also needed to show their greatness and, like many others, they did so by expanding their palace and enriching it with grandiose frescoes painted by the best artists of the time. In 1411, to fulfill this important task, Gentile da Fabriano was called to the palace28. Of all the marvelously frescoed rooms, however, only one is of interest to this study, and it is the one that once was called ‘Sala delle rose’ (Hall of the roses) and that today, after the rediscovery of the frescoes that were hidden under the drab removed between 1918 and 1919, has the more appropriate name of ‘Hall of the Liberal Arts and the Planets’ [fig. 11]. The core of the humanistic culture of the time is concentrated in that room. On one side the allegories of the seven Liberal Arts are depicted, on the other, the mythological personifications of the seven planets are depicted, associated with as many phases of human life which in turn are connected to specific times of the day. The planets are not arranged here according to the Ptolemaic order of the heavens they preside over but according to that of the days of the week29. The ages of life and the hours of competence are depicted in seven circles painted near the corresponding planet [figs. 12a-g]. To the Moon correspond Matins and Decrepitude (decrepita etas), to Mars the dawn or aurora (i.e. the beginning of the first hour) and Childhood, to Mercury the third hour and Adolescence, to Jupiter the sixth and Youth (adult time), to Venus the ninth hour and Virility (iovinil potentia), to Saturn the Vespers and the mature age (consistentia), to the Sun Compline and Old age (senectute)30. As in Francesco da Barberino’s Officiolum and in his Documenti d’Amore, the circles in which the phases of the various human ages are depicted are composed of a series of homocentric circular bands, which represent the spheres of the cosmos, albeit limited to the path of the Sun alone. At the centre is the terrestrial globe on which the scene pertaining to the age and time of day takes place, immediately after a light green circle represents water. A wider band contains the sky within which the Sun (painted on a bright field) and the Moon (painted on a dark background) move; the outermost circle contains the stars painted on a blue background and represents the sky of the fixed stars. Although the images painted in the Trinci palace are almost identical to the illuminated figures in the Barberini manuscript of the Documenti d’Amore, Gentile did not just copy them uncritically. While Francesco da Barberino recognizes only six ages of 8a-f. The six ages of life combined with hours, illuminated in Francesco da Barberino's Officiolum (courtesy of Salerno Editrice, Rome). 9a-g. The six ages of life and the hours in the miniatures of the Book of Hours belonged to Taddea Visconti (1351 - 1381). The images, taken from the cc. 13r, 23r, 27r, 33r, 38r, 44r, 52r of the Munich code, BSB Clm 6116, have been made available from the Biblissima portal, based on the Open Licenses 2.0 license (http:// www.etalab.gouv. fr/licence-ouverteopen-licence). 10a-g. The six ages of life and the hours in the miniatures of the Documenti d’Amore di Francesco da Barberino. Graphic elaboration by the author, from the Vatican code Barb. Lat. 4076, cc.76v77r (the miniatures of the Vatican code are very damaged and made almost illegible by wear. In the graphic elaboration, they have been very lightened to highlight the line reconstruction of the figures inside them). human life, in Foligno seven are declared, giving to the Matutinum the age of decrepitude, whereas Francesco da Barberino simply proposed an allegory of the night, and to the Completorium the old age when Francesco, instead, does not write anything; that Hour probably represents for him the end of life, as Honorius d’Autun wrote and as he himself writes in the comments besides his rhymes31. As in Francesco da Barberino, and also in Gentile da Fabriano the lack of time symmetry of the canonical Hours is present, and the resulting graph, which I have highlighted in figures 13 and 14, makes this very evident. Neither of the two authors, however, show completely identical settings, because the times of the Divine Office were not stable and varied during the liturgical year but also from city to city. They were so uncertain that even in the two works by Francesco da Barberino there are clear differences. In the Officiolum, for example, we see that both the Terce and the Nones are symmetrically very close to the zenith position of the Sext, while the Terce in the Documenti is roughly placed at the end of the third temporal hour and Nones in the middle of the eighth hour. The position of the Sun at Compline, in the Officiolum, is at the end of the first hour of the night, but in the Documenti d’Amore it is already halfway through the third hour of the night. In the paintings of Palazzo Trinci the point of Nones is remarkably close to noon, but the position of Compline at the end of the fourth hour of the night is anomalous. Conclusions The cosmography of Gentile da Fabriano — as we have seen — is the result of a long process of philosophical and astronomical thought that had its origins already in Greek and Roman antiquity, and I would say that Foligno was the point beyond which the topics covered began to lose interest or to be used only in the artistic field to reproduce wellknown iconographies with a vague ancient taste32. When Gentile da Fabriano worked on the frescoes of Palazzo Trinci, almost a century had passed since the publication of the Documenti d’Amore and in the meantime in Italy an important revolution had taken place in time reckoning: the entry into use of the hours ab occasu solis (from sunset), then called ‘Italian’33. The temporal hours remained in use only by the Church and with the sole purpose of managing the liturgy. At the beginning of the fifteenth century, several cities already began to mount the first mechanical clocks with all equal hours on the towers (the hours ab occasu are all equal); therefore, although it was still a period of slow transition, surely Gentile must have known them. I recall that Jacopo Dondi built → Architettura, geometria e astronomia a famous astronomical clock in Padua in 1344 and that Paolo Uccello (1397-1475) painted the beautiful Italian hour clock in the counter-façade of Santa Maria del Fiore, in Florence in 1443 [fig. 15]. In fact, on closer inspection, the arrangement of the concentric circles in the frescoes of Foligno, as in the drawings of the Officiolo and the Documenti d'Amore, is very similar to that also present in some astronomical tower clocks of that time. An indicative example can be considered the public clock of Padua [fig. 16]. By inserting the diagram obtained from the Foligno paintings within an hour ring of a common fourteenth-sixteenth century tower clock, we can then distinguish the correspondences between the Italian and temporal hours, as shown in figure 17. Obviously, the resulting hourly pattern must be considered valid only at the equinoxes, because both the ancient temporal hours and the new ab occasu hours were both mobile, and even if the canonical ones had maintained the same time position on the clock, they could not however touch the same point on the hour ring of the clock. This is shown in figures 18 and 19. In the two graphs I have left the positions of the Sun on the circle of temporal hours unchanged, as given to us by Gentile da Fabriano, even in the extreme astronomical moments of the year (the summer solstices and in winter), that is, when the days reach their greatest length or brevity. Even without applying the variations that the liturgy would require34, we cannot fail to notice the great discrepancy of the times between the hours of one system and those of another. In a historical era where life was marked by the sound of the bells of the churches and the Municipality, we cannot underestimate the perception of time evaluated by the simple position of the Sun in the sky. This is how everyone ruled: the bell-ringers, the shepherds, the peasants, the wayfarers, etc35. We need to take this into account when doing historical research or when looking for reasons for a certain alignment. There is a risk of giving value to results of no liturgical or social importance, losing sight of those that - if any - would have really deserved it. Notes 1. Nor should we forget all those mnemonic methods based on simple arithmetic, which allowed the approximate reading of the hours according to the length of one's shadow or that of any gnomon. These methods were widely used in the Latin Middle Ages but originated long ago, and their use had almost no boundaries of space and time. The whole ancient world from India to our far West made extensive use of it. For India and areas of Islamic culture see (Davidian 1960), (King 1990), (Charette 2003, pp. 145-153); For the Greek and Coptic schemes see (Neugebauer 1975, vol. 2, pp. 736-748); for Zoroas- 11. Foligno, Palazzo Trinci: the room of the liberal arts and planets (side of the planets and hours). From right to left: the chariot of the Moon and the hour of Matins, Mars and Prime, Mercury and the third hour, Jupiter and the sixth — Venus is gone — and Nones, Saturn and Vespers. 12a-g. The hours of the day combined with the seven ages of human life, painted by Gentile da Fabriano in the Palazzo Trinci in Foligno (Picture by Andrea Carloni Rimini). 13. Diagram of the position of the Sun at the hours described by Francesco da Barberino in the Dialoghi d’Amore (Drawing by the author). 14. Diagram of the position of the Sun at the hours painted by Gentile da Fabriano in the hall of liberal arts and planets in the Trinci palace, Foligno (Drawing by the author). 15. The beautiful clock-dial painted in 1443 by Paolo Uccello in Santa Maria del Fiore, Florence. 16. Astronomical tower-clock in Padua (Picture by the author). 199 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 200 trian Persia and Mesopotamia see (Rezvani 2014) and (Steele 2013); for our Middle Ages see (Schaldach 2008) and (Arnaldi 2020). The design of this kind of sundial, although it was very simple to make (it could be done with a simple compass), was actually based on a precise geometry of the sphere. In other words, it used the "vertical angle" mentioned by Claudius Ptolemy in his book De analemmate, but for ancient hours it was correct only at latitudes close to the equator. See on this topic (Savian 2009) and (Savian 2021). In ancient times, the entire duration of the nychthemeron (that is, the amount of time consisting of night and day), was marked by 24 hours, like today, but its calculation was divided into two parts of 12 hours each. The day was measured from sunrise to sunset and night from sunset to the next sunrise. Since these two time frames are always divided into 12 equal portions, it followed that in summer, when the nights are shorter than the day, there was a large gap between the lengths of the hours of the two time frames: the hours of the day were longer of those at night, while in winter, with shorter days, the opposite happened. For this reason they were called 'unequal', because they are never the same between night and day except on the equinoxial days. Due to the daily gap between the two durations, these hours were also called 'temporal' or ‘seasonal’ (from Latin tempora = seasons). On this topic see (Arnaldi 2011) and, in more detail, (Arnaldi 2012). Plinius, Nat. Hist., III. 45: “(Italia) incedit per maria caeli regione ad meridiem quidem, sed, si quis id diligenti subtilitate exigat, inter sextam horam primamque brumalem”; Ivi, VI. 202: “Fortunatas (insulas) contra laevam (partem) Mauretaniae in VIII horam solis (esse)”; Gregory of Tours, Cur. Stell., 36: “et cum (stella) in hora diei quinta advenit, surge”; Lobinellus, Hist. Britan., t. 2, col 250 (carta of uncertain date): “Usque dum pervenitur ad ipsum locum, ubi tres Fossæ simul adveniunt. Et tunc vadit Fossa sancti Catuodi quasi ad horam IX per abrupta loca usque dum pervenit ad unam nodula.”; Ibidem: “Et in capite marcasii levat fossa per montem Huelgoret quae recte vadit quasi ad Orientem. Tunc relinquens nodam quae vadit ad puteum tenens nodam unam cum fossam contra horam tertiam”. To avoid confusion, it is good that I specify here how much it is necessary to keep the hours of the clock distinct from those of the Divine Office, and so I will write Terce, Sext and Nones (in uppercase) to indicate the times of the Office and in lower case the hours of the day. The formulas let say "at Terce" and "at the hour of Terce" must be considered exactly as they were understood in ancient times, that is, "at Terce’s time" or "at the hour in which it is customary to recite Terce". On the displacement of the canonical moments of the liturgy, see (Arnaldi 2011, chap. 5). Regula Benedicti, 48. Ibidem. It is not clear whether it is to be understood as "almost at the beginning of the sixth hour", that is, one hour before noon, or "almost at the end of the sixth hour", that is, just before noon. Everything depended on the interpretations of the abbots, as Ildemarus of Civate recalls (9th century). 10. Ibidem. 11. This kind of diagram was very popular indeed. See (Incerti 2010, pp. 118-120). In this chapter we mainly analyze handwritten textual sources, but we must not forget, although rare, the testimonies painted on the walls of the buildings. The thirteenth-century frescoes of the marvelous crypt of the cathedral of Anagni and those executed by Gentile da Fabriano in Foligno —we will talk about them later— are a great example of this. 12. William of Conches, Dragmaticon Philosophiae, lib. IV, in (Maccagolo 1980). 13. In the Middle Ages, the day was considered to be of two types: the 'natural day', made up of twenty-four equinoctial hours, i.e. equal, including night and day and the 'artificial' or 'usable' day, measured from sunrise to sunset. The latter always had twelve hours, whether the day was long (summer) or short (winter). On the division by four see Arnaldi (2011), part II, chap. 1.2.2.1. 14. Dante Alighieri, Convivio, IV,23.12-13: “seguendo le quattro combinazioni de le contrarie qualitadi che sono ne la nostra composizione, a le quali pare essere appropriata, dico a ciascuna, una parte de la nostra etade, in quattro parti si divide, e chiamasi quattro etadi. La prima è Adolescenza, che s’appropria al caldo e all’umido; la seconda si è Gioventute, che s’appropria al caldo e al secco; la terza si è Senettute, che s’appropria al freddo e al secco; la quarta si è Senio, che s’appropria al freddo e a l’umido” (according as the combinations of the contrary qualities which enter into our composition are four (to which, I mean to each combination, one section of our life seems to be appropriated), they divide it into four parts, which are called the four ages. The first is adolescence, which is appropriated to the hot and moist; the second is manhood, which is appropriated to the hot and dry; the third is age, which is appropriated to the cold and dry; the fourth is decrepitude, which is appropriated to the cold and moist); Ivi, 24.1: “Dico che la umana vita si parte per quattro etadi. La prima si chiama Adolescenzia, cioè ‘accrescimento di vita’; la seconda si chiama Gioventute, cioè ‘etate che puote giovare’, cioè perfezione dare, e così s’intende perfetta — ché nullo puote dare se non quello ch’elli ha —; la terza si chiama Senettute; la quarta si chiama Senio, sì come di sopra è detto” (I say that human life is divided into four ages. The first is called adolescence, that is, the ' increasing ' of life. The second is called 'manhood’, that is to say, ‘the age of achievement’, which may give perfection, and in this sense it is itself called perfect, because none can give aught save what he hath. The third is called old age. The fourth is called decrepitude, as said above). 15. At the time of Dante Nones was played at the beginning of the seventh hour, that is to say at noon, at the end of the sixth. Convivio, IV, 23.16. 16. The hours of the day touched by the four horses were mentioned by Fulgentius (5th - 6th centuries) in the Mythologies (Fabius Planciades Fulgentius, Mithol., I, 12): the horse Erytreus (the red one) gets up reddish in the morning with the sunrise, Acteon (the shining one) shines at the third hour, Lampus (the fiery one) dominates the centre of the day at the sixth hour, and the horse named Philogeus (lover of the ground) from the ninth hour in- 17. Gentile da Fabriano's diagram — which has an equinoctial sky setting — inserted in a mechanical clock ring for hours ab occasu (Drawing by the authors). 18-19. Gentile da Fabriano's diagram adapted for the two solstice periods (summer and winter). The times on the circle of temporal hours have been kept unchanged, while these change greatly on the circle of hours ab occasu (Drawing by the author). Image p. 32: Gentile da Fabriano, The Astronomy. Foligno, Palazzo Trinci: Hall of the Liberal Arts and Planets (Photo by the author). 17. 18. 19. 20. 21. 22. 23. 24. clines towards the sunset. Dante never named Fulgentius, but now seems proven by Albi (2021) that the poet knew his work. Dante Alighieri, Convivio: IV, 23.6, 12: “Onde, con ciò sia cosa che la nostra vita, sì come detto è, ed ancora d’ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo, e lo cielo a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto, ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che ‘l suo movimento sia sopra essi come un arco quasi, e tutte le terrene vite […] montando e volgendo, convengono essere quasi ad immagine d’arco assimiglianti” (Wherefore inasmuch as our life (as said above), and also that of every creature that lives here below, is caused by heaven, and heaven displays itself to all such effects not in its complete circle, but in part thereof, and thus its motion must needs be above them, and like an arch, as it were embracing all lives as it mounts and descends […] they must needs be in a way likened to the image of an arch); “Veramente questo arco non pur per mezzo si distingue da le scritture; ma seguendo le quattro combinazioni de le contrarie qualitadi che sono nella nostra composizione, a le quali pare essere appropriata, dico a ciascuna, una parte della nostra etade, in quattro parti si divide…” (However, it is not specially with reference to its central point that scriptures divide this arch, but rather, according as the combinations of the contrary qualities which enter into our composition are four (to which, I mean to each combination, one section of our life seems to be appropriated), they divide it into four parts, which are called the four ages). In fact, there are six stages in life proposed by Saint Augustine and also taken up by Rabano Mauro. Augustini hipponensis, De diversis quaestionibus LXXXIII, 58, 2, “Sunt enim aetates sex etiam in uno homine: infantia, pueritia, adolescentia, iuventus gravitas et senectus.”; Rababus Maurus, De rerum naturis, VII, 1, “Gradus aetatis sex sunt: infantia, pueritia, adolescentia, iuventus, grauitas, atque senectus”. Honorius Augustodunensis, Gemma animae, chap. 54, De horis et aetatibus, Migne PL, clxxii, coll. 633B-D. The manuscript was believed to be irretrievably lost but was found in 2003 in a private library (it is still located in a private library), but a valuable facsimileing version has been printed by Salerno publishing. This is the typical image of the medieval Mappa Mundi. See for example the representation of the globe in the tarot card (the World) painted for the Visconti-Sforza family by Bonifacio Bembo around the year 1440. Cristina Galassi believed that Francesco da Barberino found this solution to reconcile the partition of human life into the six fundamental periods suggested by St. Augustine, within an iconographic project now based on the number seven (Galassi 2001, p. 287). I have not been able to find the image of the page with the miniature of the Matutinum (the Officiolum is private property), but it shouldn't be much different from the one proposed in the Documenti d’Amore: that is an old woman sitting with the head between her hands. That figure represents the Night without any match to a specific age. The manuscript, Clm 6116, is today in the Bayerische → Architettura, geometria e astronomia 25. 26. 27. 28. 29. 30. 31. 32. Staatsbibliothek of Munich. The images are at cc. 13r, 23r, 27r, 33r, 38r, 44r, 52r. In the Documenti d'Amore, the Sun and the Moon move in the middle circle, leaving the outer one free to represent the sky of the fixed stars. The sphere of the 'fixed stars', representing the eighth sky, was the outermost sphere of the Aristotelian cosmos, also called the 'first mobile', because it imposed motion to all the spheres of the sky below it. Ptolemaic cosmology hypothesized a sky higher than that of fixed stars (the crystalline sky mentioned by Dante), and the latter was given the task of 'first mobile'. On the uncertainty of the cosmological representation, see (Pegoretti 2014, pp. 187-211). The positions of these canonical Hours and the sound of the bells announcing them were declared by Dante Alighieri in: Convivio, IV, 15-16. Cristina Galassi recognized its origin in the miniatures painted in cc. 76v-77r of the manuscript of the Documenti d'Amore (Bibl. Vat. Codex Barb. Lat. 4076); (Galassi 1991; Galassi 2001). the Officiolo had not yet been found, but only in the Documenti is the cosmographic layout identical to that used by Gentile, and in the scenes, there are small houses which are, however, absent both in the miniature of the Officiolum and in the prayer book of Taddea Visconti. The iconographic source identified by Cristina Galassi is therefore still valid. After numerous hypotheses on the anonymous author of the paintings, Gentile da Fabriano and his workshop were finally identified thanks to an eighteenth-century notebook that reported some notes from a document of 1411. Salmi (1919). It was believed that the planets presided over, with their influences, the various hours of the day and night. The one who ruled the first hour of the day dominated the rest of the day, until the next sunrise. That planet, therefore, assigned the name to the entire day: according to that doctrine, the first hour of Monday was presided over by the Moon, the first of Tuesday from Mars and so on until Saturday (presided over by Saturn, which however will later take the form Jewish of the Shabbat) and Sunday (ruled by the Sun, whose root with the advent of Christianity changed to Dominus in Latin areas). The names of the Hours were written in hendecasyllables inside panels painted in trompe l'oeil in the decoration of the underlying frame. Unfortunately, many of these are now lost, but we can know their content because it was handed down to us by those who could read them before they were hidden by the plaster (removed in 1918). Some sentences in verse were transcribed in the seventeenth century by Ludovico Iacobilli in his Discorso della città di Foligno (manuscript); (Faloci-Pulignani 1888); (Faloci-Pulignani 1906); (Salmi 1919); (Caciorgna 2001). “Vide etiam ut tibi pulcrior appareat hic tractatus quod insimul cun horis rapresentantur etates ita etiam per se in ipso officiolo presentabantur ystorie ut in completorio decessit virgo beata et complete sint etates et completus sit dies et actente quod in matutino non presentatur etas sed nox”. See for example the floor inlaid around 1475-76 by the sculptor Antonio Federighi in the open space in front of 201 202 Thinking and figuring time in space: the Zodiac and the Occupations of the months Angelique Ferrand Key words the Cappella del Voto in the cathedral of Siena (the inlays are now preserved in the Museo dell'Opera della Metropolitana); (Caciorgna 2014). To my knowledge, only Raffaello Sanzio (1483 - 1520) took up the theme of the hours and the planets in his Roman period, but the documentation on this is still incomplete. 33. The ab occasu hours, always equal between them, were twenty-four and began to count from the setting of the Sun. 34. Apart from Prime, which was always recited at sunrise, the canonical Hours could not be recorded on the scans of a clock, whatever the time system. In this regard, see the Ordinarium of the Cathedral of Parma, dated 1417, in (Arnaldi 2011, part I, chap. 5.4). 35. Dante Alighieri and Giovanni Boccaccio gave us to witness this in several places. Dante Alighieri, Divina Commedia, Inf. 34, 91: “… e già il sole a mezza terza riede” (the Sun is already in his half terce place); Purg. 4, 137-139 “Vienne omai: vedi ch’è tocco / meridian dal sole, ed a la riva / copre la notte già col piè Marrocco” (Come by now: see the Sun touching the meridian, and down on the shore the night is approaching Morocco); Purg. 15, 1-6 “Quanto tra l’ultimar dell’ora terza / e ‘l principio del dì par della spera, / che sempre a guisa di fanciullo scherza, / tanto pareva già inver la sera / essere al sol del suo corso rimaso: / vespero là, e qui mezza notte era” (How much time was between the end of the third hour and the beginning of the day on the sphere that like a little child jokes, the same amount of time it seems of the Sun course remained in the evening: vesper was over there while here was midnight). Giovanni Boccaccio, Decameron, I, concl. “Già era il sole inchinato al vespro” (the Sun already was inclined toward vesper); Ivi, III, intro. “L’aurora già di vermiglia cominciava, appressandosi il sole, a divenir rancia” (The dawn was already coloured vermillion and because the Sun was near to rise, was starting to become orange); Ivi, IV intro. “essendo il sole nella sua maggior sommitá” (being the Sun at its peak); Ivi, VII, concl. “essendo ancora il sole alto a mezzo vespro” (being still the Sun high at half vesper); Ivi, VIII, 7 “Il sole, il quale era ferventissimo, essendo già al mezzogiorno salito” (The Sun was very fervent, being already raised up to midday); Ivi, X, concl.”levato il viso verso il cielo e veggendo che il sole era giá basso all’ora di vespro” (raising the face to the sky and seeing the Sun was low at the Vesper’s hour). The time guessed from the position of the Sun in the sky was common practice between the 13th and 14th centuries (still widely practised by peasants in the late 18th century [Toaldo 1802, p. 260]). Zodiac Occupations of the Months Middle Ages Calendar Rhythms Introduction Frequently associated in medieval art, the Occupations of the months and the signs of the Zodiac symbolically show the time of the year, based on the observation of the sky and the rhythms of the cosmos. “Si les phénomènes rythmiques s’ancrent dans le temps et font de lui leur vecteur privilégié, ils s’inscrivent aussi et simultanément dans l’espace. Ou plutôt dans des lieux […]” (Schmitt 2016, p. 361). The Occupations of the months and the signs of the Zodiac are part of these rhythms, at the crossroads between temporality and spatiality. Moreover, the ambiguity of the term spatium in medieval Latin illustrates this idea. In fact, spatium can also designate an interval between two points, a temporal duration or even a precise place (Guerreau 2004; Schmitt 2006, p. 320). In all cases, it does not designate a large area as in our contemporary definition. Between the 11th and 13th centuries, monthly scenes and signs of the heavens enjoyed a certain success in the ecclesial decor of the Christian West. We propose here to look at the ways in which time was thought of and represented through these two iconographic themes, particularly in the ecclesial space. The aim is to show how astronomical reference points were used to emphasise the harmony of the cosmic order, which supports the temporal rhythms specific to medieval Christian culture. To do this, we will briefly review the ancient origins of these iconographic themes. We will look at the links between astronomical reference points and liturgical rhythms, between scientific and symbolic registers, which emerge through their transmission during the Early Middle Ages. We will then observe how the twelve signs of the sky and the images of earthly activities allow us to think about and represent time in the ecclesial space. From this perspective, we will examine their dynamic distribution in the built space, as well as the rhythmic visual devices, particularly geometric ones, which participate in these images linking time and space(s), but also earth and sky. The ancient origins of the signs and images of time To begin with, it is a question of going back quickly to the ancient origins of the Zodiac and the Occupations of the Months and observing the shift from astronomical reference points to a more symbolic representation of cosmic rhythms. The signs of the Zodiac have their roots in Antiquity with the astrological-astronomical observations of the ancient Mesopotamians, which the Greeks later systematised (Bottéro 1998). Indeed, the twelve signs of the Zodiac were established and fixed between the 5th and 3rd centuries BC, but zodiacal images only really took off from the 1st century AD (Gury 1982). The constellations – including those of the signs of the Zodiac – are based on a process of schematisation of the distribution of the stars. The figures thus distinguished were the subject of a mythologisation inaugurated by the Phenomena of Aratos of Soles and amplified thereafter in the Latin translations and commentarie1. Catasterismic accounts aim to anchor in the memory knowledge relating to the stars by explaining each figure and its characteristics, gestures, position, posture, etc. They are thus the vehicles for information about location in an idealised sky, but also for calendar indications (Soubiran 2005; Carruthers 2002, p. 41). Beyond its mnemonic dimension, the mythological fund carried by the catasterisms constitutes a rich visual repertoire for the iconographic tradition of the Zodiac. From the first centuries of our era, the Zodiac will truly free itself from the purely astronomic-astrological tradition to participate in a more symbolic iconography, as a synthesis of the cosmos (Gury 1982). The autonomous development of the Zodiac was favoured by monumental objects and decorations from an imperial context that emphasised the concept of eternity as well as the cosmic domination of a deity or the emperor (Musso 2000). On the vault of the Temple of Hercules in Sabratha, the apotheosis of Marcus Aurelius shows him being carried by an eagle through the zodiac circle2. The Zodiac, a circle of catalysed figures, thus translates the fact that the imperial apotheosis corresponds to the overcoming of earthly, human spatial and temporal limits to reach the beyond and the divine (Ghedini 2001). As for the Months, they were first personified dur- → Architettura, geometria e astronomia ing Antiquity by allegorical figures that were rather static and associated with festivals (Le Sénécal 1921-1923). During the 3rd and 4th centuries, the allegories of the months became the Occupations of the Months themselves, taking on the appearance of moving figures, engaged in specific activities throughout the seasons and the calendar3. One of the oldest testimonies of the figurative association of the months with the signs of the Zodiac could be the frieze known as the Athens Calendar. This frieze was reused in the 12th or even 13th century in the façade of the church of Hagios Eleutherios (or Theotokos Gorgoepikoos) in Athens [Fig. 1]. Its dating is controversial, but it should be placed in the first half of the 2nd century (Palagia 2008). The Occupations of the months and the signs of the Zodiac are part of the cosmological iconographic themes that were very popular in late antique mosaics, such as that of the villa in Hellín (late 2ndmid 3rd century AD) [Fig. 2]4. This decoration was organised by a geometric ornamental mesh. In octagons, the months and/or zodiacal signs were merged in the form of anthropomorphic or zoomorphic personifications accompanied by the tutelary deity of the month whose name is inscribed in abbreviated form underneath, so that different information relating to the sky and questions of temporality are intertwined on the floor decoration (Stern 1965). From astronomical landmarks to liturgical rhythms It is largely through their membership of a scientific encyclopaedic tradition that the Occupations of the Months and the signs of the Zodiac were transmitted in the Middle Ages. The copied and commented texts of this tradition are often accompanied by diagrammatic compositions that bring together and network the different spatial and temporal units (Obrist 1996; Obrist 2004). On the one hand, in the constructed space of the manuscript, the signs of the Zodiac and the Occupations of the Months have been used in these “images classificatrices” which are based on geometric forms and concentric compositions (Schmitt 1989). The geometric aspect of these compositions reflects both the process of ordering spatial and temporal reference points and their synthetic and cosmic dimension. Astronomical, computational and cosmological concerns were closely linked during the Early Middle Ages. The development of the computational system for calculating the moving holidays of the year, in which the months and signs of the Zodiac were used as reference points, encouraged their development. In fact, the development of the computational system responded to a need to link the rhythms of earthly life with the divine order of the cosmos 1. Hagios Eleutherios (Theotokos Gorgoepikoos), Athens, detail of the calendar frieze reused on the façade (Picture by the author, 2014). 2. Hellín, pavement mosaic from a villa, late 2nd-mid 3rd century AD, Madrid Archaeological Museum (CC-BYSA-4.0 Miguel Hermoso Cuesta, 2014, Wikimedia Commons). 203 (Garcia Aviles 2001). The correspondences between the monthly and celestial rhythms and those of the Zodiac in relation to the Sun are emphasised in texts – particularly in Bede’s De temporum ratione – as well as in images5. In a manuscript dating from around 800 from Fulda Abbey, we find one of the earliest pictorial testimonies to the medieval tradition of the signs of the Zodiac [Fig. 3]6. The signs of the Zodiac are arranged in a concentric circular composition, which is part of a set of figures dealing with matters of calculation and cosmography. The zodiacal figures are accompanied by texts that relate them to the patriarchs, apostles, months or parts of the body in a zodiacal melodesy perspective. On the other hand, during the 9th-10th centuries, beyond their practical function, the signs of the Zodiac and the occupations of the months became symbolic markers of the divine order of the cosmos (Blume, Haffner e Metzger 2012, p. 158; Schmitt 2016, p. 276). In this sense, they were depicted in many liturgical calendars as visual markers in the constructed space of the manuscript, in order to link cosmic rhythms and liturgical time. Similarly, the signs of the Zodiac and the months punctuate a Martyrology dated to the end of the 9th century. Probably from Reichenau, this manuscript contains the versified calendar of Wandalbert of Prüm7. The months are still close to the ancient personifications, but they sketch gestures characteristic of monthly activities. In addition, they take on the appearance of the apostles according to a set of symbolic correspondences established in the Christian literature of the first centuries, notably in Clement of Alexandria (Daniélou 1959; Jullian 2005). The zodiacal sign is either held by the personification of the month or is placed in the lower part of the scene. Monthly personifications and zodiacal signs are placed under architectural structures similar to open doors for each month. They introduce the text of the martyrology and the cyclical temporality of the sanctoral. These architectural frames are surmounted by verses from Bede’s poem, De signis duodecim mensium, which underline the correspondences between signs and months. The iconography of some of the zodiacal signs shows stylistic similarities with a computistic and astronomical collection from St. Gallen, which also contains the work of Wandalbert of Prüm8. The Capricorn illustrating the Aratean corpus in the St. Gallen manuscript (p. 497) [Fig. 4] is similar to that in the Wandalbert martyrology from Reichenau (fol. 2r), with its elongated, serrated horns and fish tail. The position, gesture and vase of the Aquarian signs are also similar (p. 496 ; fol. 4r). These similarities thus highlight the bridges between a manuscript with a more liturgical content and one with a more encyclopaedic content. They testify to the way in which astronomical knowledge was oriented to support the rhythms of liturgical time. In fact, “la valeur symbolique de ce savoir astrologique hérité des Anciens est plus forte que sa fonction pratique” and this is also true for the Months to a large extent (Schmitt 2016, p. 278). Observation of the sky is also closely linked to a symbolic conception of ecclesial space. The Horologium stellare monasticum testifies to the observation of the stars by the monks in order to find their way in the night sky (Palazzo 2002). This text is preserved in a composite collection dating from the 11th century and probably comes from the abbey of SaintBenoît-sur-Loire9. In this text, astronomical markers are linked to markers in the monastic space, in particular around the cloister, in order to construct a sort of observatory circuit of the stars to identify and order the time of services. During the Middle Ages, the cosmos was seen as a reflection of the Celestial City and Paradise, while the cloister, especially with its square shape, was itself seen as a prefiguration of Paradise and a cosmological synthesis (Palazzo 2002, p. 43). Thus, in this text, the practical - astronomical - and symbolic construction of the liturgical calendar is intertwined with the symbolic and idealised perception of the built space. This cosmic dimension given to the cloister and its relationship to cosmic, calendrical and liturgical rhythms are reminiscent of the pillar of Saint-Pierre de Souvigny (1130-1150). Originally, this pillar was probably part of a cloister10. Today incomplete, it gathered on its perimeter the signs of the Zodiac, the Occupations of the Months, the Peoples of the Earth as well as a bestiary, so many themes composing a cosmological synthesis, at the same time temporal and spatial, astronomical and geographical, put in relation with the idealized space of the cloister (Stratford 2005) [Fig. 5]. In the Utrecht Psalter, the circle of the Zodiac serves as the symbolic and cosmic wall of the Heavenly Jerusalem11. On folio 36 of the manuscript produced near Reims in the first half of the 9th century, the Cross held by Christ-Logos is inserted between the zodi- Areas concerned Portal Choir Nave Other Occurrences 90 70 22 57 In percentages 38% 29% 9% 24% 204 3. Basel, Universitätsbibliothek, ms. F III 15a, fol. 23. Digitized: https:// www.e-codices. ch/en/list/one/ ubb/F-III-0015a (Domaine public CC0 1.0). 4. St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 250, late 9th century, p. 497. Digitized : https://www.ecodices.ch/en/ list/one/csg/0250 (Public domain CC0 1.0). 5. Lacunar pillar of Saint-Pierre de Souvigny (known as the Colonne du Zodiaque), kept in the Musée de Souvigny (Picture by the author, 2022). 6. Utrecht Psalter, Utrecht, Universiteitsbibliotheek, ms. 32, fol. 36, vers 820-835, from abbaye d’Hauvillers (near Reims). Numérisé < http:// www.utrechtpsalter.nl/#digital-edition> (Domaine public - CC0 1.0) 7. Lyon, relief, SainteFoy-lès-Lyon, 11th century, Lyon, musée Gadagne. The Capricorn (Picture by the author, 2015). 8. Chartres, NotreDame, south ambulatory, bay 28, stained glassed window 28a, ca. 1217-1220. Detail, in the centre, the month of January and the sign of Aquarius (Picture by the author, 2015). acal signs of Pisces and Aries, markers of the end of Winter and the beginning of Spring, taking the place of alpha and omega [Fig. 6]. The sign of Virgo is positioned in the axis of the Cross as a subtle allusion to the Incarnation. The busts of the Sun and the Moon flank the upper part of this celestial wall. The articulation between cosmic rhythms and the time of the Christian historia is visually translated in this synthetic image. This image seems to us to show that, because of its temporal and spatial dimension, the zodiacal circle contributes to the symbolic and concrete construction of the e(E)cclesia. 11th and late 13th centuries (Ferrand 2017). The occurrences recorded are wall paintings, pavement decorations, stained glass windows and, above all, sculpted ensembles. The iconography of the zodiacal figures is inherited from Antiquity with Christian re-semantisations which are not systematic and were nourished by the textual tradition, in particular by the writings of Zeno of Verona, John Scotus Erigena or by the gloss of the De signis duodecim mensium of Bede12. For example, the sign of Virgo is frequently associated with Mary and Libra is often presented in the perspective of the Incarnation of Christ the Redeemer and the Last Judgement. The scenes of the Occupations of the Months show agricultural activities throughout the seasons, but also non-labour activities, evoking for example the renewal of Spring with Marcius Cornator or the beginning and end of the Year with Janus bifrons13. In Notre-Dame de Chartres, the three-headed month of January alludes to the Trinity [Fig. 8]. The majority of medieval monumental calendars begin with January, without this having any connection with the beginning of the calendar year or the beginning of the liturgical year (Schmitt 2016, p. 277). Derived from the Julian calendar, the medieval calendar perpetuated the practice of starting the year in January according to the solar year. The assimilation of Christ to the year and to the Sun undoubtedly favoured the maintenance of this usage. The direction of reading is most often hourly, since this concerns nearly 71% of cases. The statistical analysis of this corpus also allows us to observe the distribution of images of the months and signs of the Zodiac in the built space of the church and to show that the portal was a privileged area with 90 examples, i.e. 38% of the total corpus [Table 1]. The portal is a zone of tension between exterior and interior, symbolically associated with the idea of spiritual transformation. The second most important area for the representation of these themes is the choir with 70 examples, i.e. 29% of the The rhythm of the ecclesial space with signs and images of time We will then look at the dynamic distribution of these images linked to both space and time in the ecclesiastical building. From the 11th century onwards, the signs of the Zodiac and the Occupations of the months were depicted in the monumental decorations of churches. The first known examples are signs of the Zodiac depicted high up and outside on quadrangular carved plates in low relief. Three sculpted cycles of this type have been found in Lyon and are now kept in the Gadagne Museum and the Musée des moulages of the Université Lumière-Lyon 2. Two of them come from the Île-Barbe and were reused in buildings in Lyon. The third case comes from the church of Sainte-Foy-lès-Lyon and its elements would have been reused to form a solar clock [Fig. 7]. Their quadrangular format and the presence of inscriptions testify to the influence of manuscript illuminations, in particular lists of constellations copying texts inherited from Antiquity. The corpus that we have gathered and indexed in a database contains 239 occurrences of the signs of the Zodiac and the Occupations of the Months, associated or not, in monumental church decorations, mainly in France and Italy, but also in Spain, Germany and the United Kingdom, between the Main supports Numbers of occurrences In percentages Hemicycle wall of the apse 16 6,7% Arc (intrados) 35 14,6% Capital 14 5,9% Pavement 32 13,4% Doorjamb 14 5,9% Voussure 52 21,8% Other 76 31,8% → Architettura, geometria e astronomia Tab. 1. Distribution of the signs of the Zodiac and/or the occupations of the months among the main areas of the ecclesiastical building, 11th-13th centuries. Tab. 2. Distribution of the signs of the Zodiac and/or the occupations of the months in ecclesiastical architecture according to the supports, 11th13th centuries. 9. Chartres, NotreDame, north portal of the western façade, ca. 1145-1155, the Ascension and the two voussoirs alternating the signs of the Zodiac and the Occupations of the months (Picture by the author, 2015). 10. Poitiers, SaintHilaire-le-Grand, end of the 11th century, triumphal arch painted with the signs of the Zodiac and the names of the months (Picture by the author, 2015). 205 occurrences, an area radiating sacredness and open to the heavens through the liturgy celebrated on the altar. In these two main areas, the supports are also interesting because of their form and position. Throughout the corpus, the two most frequent supports, the arch and the intrados of the arch, are semi-circular in shape, sculpted and/or painted [Table 2]. They mark the two poles of the building, the door and the choir. It can be added that the intrados is mainly that of the triumphal arch, while the arch in question is often that of the archivolt of the central portal. In other words, these are axial and dominant positions. The decoration thus emphasises the architectural dynamics of the church. At the threshold of the church and the sanctuary, the twelve signs of heaven symbolically show the opening of the door to heaven (Ferrand 2020). Indeed, the church is referred to as the Porta Coeli in the dedication liturgy, an expression borrowed from Genesis (Gn 28:17) (Treffort 2014). Associated with the Occupations of the months, the rhythms of earthly life, the Zodiac operates and makes visible the encounter between earth and heaven that takes place in the church14. On one of the portals of the western façade of Notre-Dame de Chartres (c. 1145-1155), the Zodiac and the Occupations of the Months are placed on the two arches above the Ascension of Christ [Fig. 9]. Signs of heaven and 206 earthly scenes alternate on the two arches and are arranged in four groups in an ascending movement that is symmetrical in relation to the centre of the arch. In this way, they express Christ’s overcoming of the “limites entre le ciel et la terre” and emphasise divine eternity (Schmitt 2016, p. 509). This is reminiscent of the role played by the zodiac circle in the ancient apotheosis scenes mentioned above. Furthermore, the School of Chartres was a particularly important centre for the study of the Quadrivium during the Middle Ages. On the intrados of the triumphal arch of Saint-Hilaire-le-Grand in Poitiers, the signs of the Zodiac were painted at the end of the 11th century without the scenes of the Occupations of the Months. [Fig. 10] Only the names of the months accompany the zodiacal figures arranged in meanders of pleated ribbons forming a geometric frieze whose central module is a cross. The cross has been presented as the axis and measure of the world since the patristic tradition, so that this sign has a cosmic dimension that resonates with the twelve signs of the sky (Prieur 2006). This zodiacal cycle introduces a cycle of episodes from the Apocalypse painted above the seven arches crowning the altar and beginning with the visual translation of the “open door of heaven” and the “voice” evoked in the text15. Thus, the cosmic temporality of the signs of the Zodiac opens up here to the “temps escha- Separating elements Numbers of occurrences In percentages Arcature 16 6,7% Continuous frieze 21 8,8% Medallions 56 23,4% Medallions and arcatures 3 1,3% Medallions and quadrangular panels 4 1,7% Quadrangular panels 55 23 % By arch stones 17 7,1 % By arch stones and by radiating bases 7 2,9 % Rays 5 2,1 % Scrolls 6 2,5 % Radiating bases 5 2,1 % Other 20 8,4 % Indefinite 24 10 % 11. Piacenza, San Savino, crypt, mosaic pavement decoration, 12th century (Picture by the author, 2012). 12. Tournus, SaintPhilibert, remains of the pavement of the ambulatory, around 1200 (Picture by the author, 2017). Tab. 3. Separating elements in the cycles of the Occupations of the months and/ or signs of the Zodiac depicted in ecclesiastical decoration, 11th13th centuries. 13. Vézelay, SainteMarie-Madeleine, central portal of the nave, ca. 11201130 (Picture by the author, 2015). 14. Vézelay, Sainte-Marie-Madeleine, central portal of the nave, ca. 1120-1130, detail of the calendar arch ending with the month of December at the bottom, surmounted by the sign of Capricorn and the Old Year carried by the New Year (?). (Picture by the author, 2015). 15. Chartres, NotreDame, south ambulatory, bay 28, stained glassed window 28a, ca. 12171220. (Picture by the author, 2015). tologique” and the celestial city (Le Goff 1982, p. 148-149; Le Goff 2011, p. 11). The signs of the Zodiac and the Occupations of the Months are also recurrent on pavement decorations, especially in the first half of the 12th century. Most of them are located in the choir or in the crypt. Through their themes and their orderly organisation in the manner of cosmological diagrams in manuscripts, these pavements show a synthesis of the cosmos. On the pavement of the choir of Aosta Cathedral, dating from the middle of the 12th century, different spatial and temporal units participate in a cosmic synthesis in the heart of the church. In fact, this is in line with the symbolic conception of the ecclesial space, expressed by Honorius Augustodunensis in the 12th century, “in the four corners of the church are the four parts of the world”16. In the same vein, the pavement of the crypt of San Savino in Piacenza, built in the first half of the 12th century, shows the signs of the zodiac and the monthly occupations associated with them in twelve medallions set against a marine background represented by white and black chevrons [Fig. 11] (Nicklies 1995; Barry 2007). The verses of Bede’s De signis duodecim mensium, based on Ausonius’ Eglogues, are inscribed in the border of the medallions and reinforce the correspondence between the signs of the sky and the monthly activities. At Saint-Philibert in Tournus, the ambulatory was decorated around 1200 with a cycle of medallions with the signs of the Zodiac alternating with the Occupations of the months [Fig. 12]. The figures are arranged in such a way as to radiate around the sanctuary so that the latter is inscribed in this cosmological synthesis that links liturgical temporality to cosmic rhythms. Thus, in these decorations anchored in an efficient architecture, heaven and earth, the order of the cosmos and the earthly rhythms were associated through the Occupations of the months and the signs of the Zodiac. In fact, the way these cycles are arranged shows a certain “spatialisation symbolique” of these images related to time (Marchesin 2015, p. 215). Semicircular and circular forms, with evocative power due to their cosmic dimension, are frequent in the iconography of the Zodiac cycle and the Occupations of the Months. “Le cercle engendre la sphère, image cosmique déposée dans la main de Dieu ou celle de l’Empereur ; il se manifeste dans le schème omniprésent de la roue : perpétuel retour, totalité spatio-temporelle du Zodiaque, roue de Fortune, thème médiéval inépuisable offert aux moralistes, aux écrivains, aux peintres et sculpteurs (Zumthor 1993, p. 23).” Beyond the form of the composition, the rhythms of the calendar are also highlighted by the repetition of certain motifs, often geometric or of geometric origin, but also of foliage, both in mon- → Architettura, geometria e astronomia umental decorations and in manuscripts. These iterative ornaments emphasise the order of the cosmos, whose rhythms are related to the rhythms of human life. Circular medallions and quadrangular panels are the forms most frequently used to arrange and network the signs and images of the calendar [Table 3]. On the voussoirs, the keystones, but also sometimes bases arranged in a radiating manner, compartmentalise the arch and thus underline the concentric organisation of the portal. The use of medallions is particularly interesting. The medallion or clipeus is a form with a cosmic dimension inherited from Antiquity (L’Orange 1953; Musso 2000). At Vézelay, on the central portal of the forenave of the Madeleine (c. 1120-1130), the double cycle of the Zodiac and the Occupations of the Months is completed with other temporal units. The Seasons and the Old Year are depicted in the New Year, while the Peoples of the Earth – and above all of the farthest reaches of the Earth – are depicted below [Fig. 13]. This cosmological ensemble supports the theme of the evangelisation of the created world. On the so-called Calendar arch, the signs of heaven alternate with monthly earthly scenes. The circular medallion is the module of this spatio-temporal listing which makes different temporalities resonate together, polarised by eschatological eternity. In the cycle of the Occupations of the Months, it is not only agricultural activities that are shown. Thus, in the medallion for the month of December, the seated figure holds a cup in his hand, an allusion to the Eucharistic chalice, so that the liturgical rhythms are inscribed in the seasonal and, more broadly, cosmic rhythms [Fig. 14]. This same figure and idea can be found in the stained glass of Notre-Dame de Chartres [Fig. 8, 15]. The signs of the Zodiac and the Occupations of the months are arranged in an ascending, geometrical manner in circular medallions and quatrefoils. This calendar is dominated by Christ enthroned on an altar, holding the Book and flanked by the Alpha and Omega. This iconography visually conveys the eschatological perspective of the liturgy. In the lower register, with the help of a string parallel to the vertical axis of the calendar cycle, a monk rings the bells that resonate with the different temporalities thus brought together17. Conclusions On several levels and from Antiquity onwards, the Zodiac and the Occupations of the Months have been the focus of a series of semantic interweavings between spatial and temporal data. The signs of the Zodiac and the monthly scenes, which were used as markers in liturgical manuscripts from the 9th century onwards, mark out the ecclesial space, from the arch of the portal to the arch of the choir, via the decoration of the floor. At the same time, Image p. 48: Hagios Eleutherios (Theotokos Gorgoepikoos), Athens, detail of the calendar frieze reused on the façade (Picture by the author, 2014). 207 they resonate with several temporalities, that of the temporal, the sanctoral or even the “temporalité eschatologique” (Le Goff 2011, p. 11). The signs of the Zodiac, in particular, also bear witness to a symbolic perception of ecclesial architecture articulated to its celestial model and as a cosmic synthesis. The joint representation of the signs of heaven and the monthly earthly scenes in the ecclesial decoration testifies not only to the desire to make liturgical and cosmic rhythms coincide, but also to support the conjunction between Earth and Heaven in the church. Underlying these two iconographic themes is the articulation between the earthly church and its model, the Heavenly Jerusalem, both as an allegory of the Church and as an eschatological principle (Christe 1996). As Jean-Claude Schmitt has pointed out, “dans les tympans romans […] comme dans les calendriers des manuscrits, la présence du zodiaque rappelle et magnifie l’ordre cosmique de la Création” (Schmitt 2016, p. 278). 14. On the relationship between these iconographic themes and their location, see also the work of Wittekind and Le Luel (Wittekind 2013 ; Le Luel 2016). 15. Ap. 4, 1. (Klein 2002, p. 466). 16. Honorius Augustodunensis, Gemma Animae, PL 112, col. 1023C. 17. On the importance of bells as sensitive time markers, see the remarks of Schmitt (Schmitt 2016, p. 312-319). An experiential approach to heaven: the Utotombo of the pedagogy of heaven Nicoletta Lanciano 1. A dense bibliography covers these issues (Martin 1955; Bakhouche, Moreau et Turpin (éd.) 1996). 2. Sabratha, fresco, western apse of the Temple of Hercules, reign of Commodus (180-192), apotheosis of Marcus Aurelius. 3. On these issues, see in particular the work of Henri Stern (Stern 1953 ; Stern 1955). 4. Archaeological Museum of Madrid. 5. Let us note in passing the work on the lexical analysis of the vocabulary relating to "time" in Bede and more widely in the Latin Patrology (Frigault Hamel 2018). 6. Bâle, Universitätsbibliothek, ms. F III 15a, fol. 23 : https://www.e-codices.ch/en/list/one/ubb/F-III0015a (Obrist 2001). 7. Martyrology of Wandalbert, Vaticane Library, Reg. Lat. 438, prov. Reichenau or Saint-Gall (?), end of 9th century, fol 2r à 27v (http://digi.vatlib.it/view/MSS_Reg. lat.438 ). 8. Sant Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 250 end of 9th century : https://www.e-codices.ch/en/list/one/ csg/0250 9. Oxford, Bodleian Library, ms. Bodley 38 (S. C. 8849), part. 2, fol. 19v-23v. 10. Museum of Souvigny. 11. Utrecht Psalter, Utrecht, Universiteitsbibliotheek, ms. 32, fol. 36, c. 820-835, prov. abbaye d’Hauvillers (near Reims). Digitized < http://www.utrechtpsalter.nl/#digital-edition> 12. Zeno of Verona, Tractatus XLIII, Ad Neophitos…VI, PL XI, col. 492-496 ; John Scotus Eriugena, Carmina, IX, 100, PL 122, col. 1238; Bede, De temporum ratione, XVI, De signis duodecim mensium, Glossae. PL 90, col. 361. (Ferrand 2017). 13. The historiography of the subject is marked by the work of Mane, Castiñeiras, Jullian et Le Luel (Mane 1983 ; Jullian 1995 ; Castiñeiras 1996 ; Le Luel 2009). 208 Key words Notes Plurality of languages Didactics of Astronomy and Geometry Direct observation Construction of monuments and tools Inventions Introduction “First I will make some experience, before I proceed further, because my intention is to attach the experiment first and somewhat with reason to demonstrate why this experiment is thus forced to operate; and this is the real rule as natural effect speculators proceed”1. Even in works born in the teaching and didactic research of geometry and astronomy “there is a visible and intangible cultural heritage, strongly connected to the evolution of scientific thought of an astronomical nature” as indicated in the presentation of the study day Representing the time. Furthermore, if it is true, I quote again from the presentation of the study day, that also in the didactic action “geometry and drawing and more generally the three-dimensional constructions help to understand the movement of celestial bodies in space and to represent them on earth”, also other means and other expressive codes help to face obstacles, difficulties and errors and to focus on the “good ideas, questions and founds” produced by teachers and students. I deal with the teaching of Astronomy and Geometry, therefore with aspects of communication and teaching. I study difficulties and good practices of a cognitive, epistemological, sensory, linguistic nature: I look for them in the history of science and in artistic and technological artifacts, I highlight them in teaching, and I find that very often they are not explicitly addressed in the handbooks. For these reasons, the errors, uncertainties, and inventions of my collaborators but also of school and university students and teachers in training, are precious clues and materials for research. In Astronomy what we know is not directly what we perceive by looking, and this discrepancy produces an unavoidable obstacle, as my colleague Sbaragli would say (Sbaragli 2005, pp. 57-71), in fact even our bodies do not perceive the Earth’s rotation! We build, through experiences and reflections, a mental model in which the perception and language of a local topocentric view coexist, in which we see the Sun rising in the east and say, “the Sun rises,” with an awareness of the usefulness and soundness of a global heliocentric model, in which it is the Earth’s rotation that produces the visibility of the Sun in the east, and much more. But on the obstacles that are avoidable we need creativity, imagination, and more idioms and more languages, more semiotic codes we know how to use, better we will be able to propose effective pathways to help bring into dialogue and agreement, what we see with what we know, what we see from a certain point on the surface of the planet and what can be seen considering a larger space, in which the objects are the celestial bodies, the Earth, the Sun and the Moon, and then beyond, cosmic space. In this course we consider more disciplines than those codified and separated in the Academy (but how we can say with Faraday, all this nature does not know) and more we help so many children and adults with their different modes of cognition, to really get closer to the spatio-temporal character understanding of astronomical phenomena. Oreste Brondo writes “in this freedom to connect, to dynamically bring into communication those areas of knowing and exploring that man for convenience has divided into disciplines, consists one of the very useful integrating backgrounds for exploring and trying to decode the complex of phenomena happening around us2.” In order to do research on what I explain later through some examples, freedom of thought and action are also necessary, and for this reason I have often looked for a “out of place”, a protected place to work and research, in the activities of the Movimento di Cooperazione Educativa and at the House-laboratory of Cenci, in Umbria. Here, from the early eighties, we began to attempt, invent, and then transfer the results of these experiential research, as far as → Architettura, geometria e astronomia possible and, with appropriate modifications, even in universities, schools, parks, museums, in Italy and abroad. The body and its movement are essential and indispensable tools in this path, in the belief that, as also claimed by illustrious mathematicians, someone without movement could not have invented geometry. And movement is essential to understand geometry: sitting in a classroom is not enough! Oreste Brondo also writes that “our work on perception is well described by Wittgenstein’s sentence found in his text Observations on colours ‘You observe to notice what you didn’t notice when you weren’t observing’. Observing is not looking, learning by rote and repeating, but rather building up tools of inquiry that enable you to look at the object of your attention from different points of view, grasp aspects and organize in a network of relationships what precisely you are observing, understand what you are looking at, and this you can do profitably if you have acquired tools, some of which are part of our natural perceptual and reasoning faculties, while still others have to do specifically with culture. Art gives us tools that we discover, in several cases, connected deeply with science and mathematics”3. In this work, we quickly realized that inventions were needed to support direct sky-gazing activities in a way that would be effective in maintaining connection with nature, throughout the day and night. Therefore, we have invented tools, monuments that are created in the time of a day or a night, which are transformed in passing from one situation to another, from a school to a park, from one hemisphere of the Earth to another. In constructing our tools, we take care of the beauty of the objects, their solidity so that they can be used and inhabited over time and safely, their correctness with respect to what we want to work on and thus be helpful, and not an obstacle or disturbance, to perceptual and experiential knowledge, and capable of generating questions. In the research we asked ourselves: why usually people, even adults, even educated ones, in our Western world do not understand why the Sun cannot be above our heads every day, at Zenit, at noon in Italy, and why not do they manage to question some everyday facts such as the phases of the Moon? And why do they believe in “communication horrors” of the media and the network, such as “next month Mars will be seen as big as the Moon”? Part of the answer lies in the fact that one cannot only read about these phenomena in books, and look at them in flat supports, but in order to reason about them, one needs to connect the world around us and the image we construct of its movements: it is necessary to look into three-dimensional space and find ways of recording what one observes in order to 209 make predictions and find confirmations and denials, to reason with others, and to arrive at building mental models and concrete tools that clarify the various pieces of a puzzle. Our perspective is therefore multidisciplinary and includes crafts and manual skills. The tools, activities and constructions presented below are extensively described with pedagogical indications in my text Strumenti per I Giardini del Cielo (Tools for the gardens of the sky), which has a preface by Margherita Hack. Bamboo canes: a 1983 invention to memorize the observed path of the Sun When I started, at the end of the 70s, to deal with didactics of Astronomy, I found that everyone was resting gnomons on the ground and observing the shadows: to do this they turned their backs to the Sun and looked at the ground. This involved various problems that were configured as perceptual difficulties of a geometric and physical nature: looking north instead of south, looking down instead of up and not declaring one’s own reference system for the description of the changes observed in the shadows. Our Sun Monument arises from the need to help record the observed path (I do not use the word apparent on purpose) of the Sun, relative to the local horizon. To accomplish this, we work, if possible, from sunrise to sunset. The Sun leaves no trace, and it is not possible to draw in the sky its successive positions, which memory cannot retain because there are no references in the sky. Therefore, I have devised an activity that consists of following the Sun in the sky and materializing its successive positions, observed from a specific point in space. We also recover in this way a focus on symbolic aspects related to light and shadow. Every hour or so we plant a bamboo cane in the ground in the direction of the Sun. The canes are planted on an arc of a circle with a radius of about one meter with a centre in whoever is looking through a loop placed on a stake fixed in the ground, protecting their eyes with eclipse glasses. We then attach a small “sun” at the point on the rod where from our grommet, that “sun” covers the real Sun at that instant, and we stretch a thread between the rod and the grommet. The first time, we tied the threads to a big rock, but our viewpoint was on the ground, and it was very uncomfortable. At the end of the day the “monument” gives us back the path of the Sun above the horizon: the wires and the surface, not always flat, made up of all the stretched wires materialize different angles and conical surfaces, depending on latitude and the time of the solar year [fig. 1]. We thus put a focus, supported by the concreteness of the artifact, on the directions of the Sun’s rising 210 and setting on that day, on the maximum height reached by the Sun above the horizon, on the different speed of the star in changing azimuth and height at times of the day near sunrise and sunset or around true noon. Having done this work for one day fleshes out so many terms, fills the language with visions, poses questions that allow one to hypothesize which aspects vary and which will prove constant on other days of the year. This tool allows us to grasp the genesis of the geometric layout of sundials. Importantly, the bamboo canes, which we suggest using, are very easy to find, cheap and easy to cut, and can also be planted in flowerpots. The educational effectiveness of this tool has meant that it has been repeated and used in many schools, and also in science outreach activities at some Observatories (Mizar) and in the form of a small model in displays of educational materials (Franco). The threads on the trees: drawing as a way of knowing To help pay particular attention to the alignment between the Sun, the ray of light that reaches the observer’s eye, the eye itself and the end of observer’s shadow on the ground, we suggest tying a string to a branch in the direction of the Sun and fixing it to the ground passing close to the observer’s eye. This can also be useful in case of difficulty in planting the canes in the ground. The drawing [fig. 2], is used in this case to fix the experience itself and the gestures made to incorporate the knowledge, in a phase that is of consolidation and aid to memory. Drawing makes it possible to pick out and recognize the essential elements of an activity and bring it to be a cognitive experience: the drawing of the Figure, made by a child during a school camp, shows the essential elements of the alignment to which attention was paid. In this way, the care and aesthetic sense that each person puts into the work emerges and the difference between drawing and photography, which is also very useful for rethinking and sometimes discovering something that we had missed in the moment of making, but which in this case might contain overabundant and distracting elements compared to our reflection. For example, the tree is drawn as if it were bare to allow the Sun to be seen through the branches. Our Utotombo: effective objects built with love (Congo) While visiting an exhibition in Brussels in the 80s of everyday objects from Congo, I came across the word Utotombo which can be translated as “Effective object built with love”. It is this word that we have chosen for many of our instruments-monuments 1. The invention of bamboo canes to follow the observed path of the Sun on a day near the Autumn Equinox (Picture by the author). 2. Child's drawing. built during educational activities. I had received a story about the Dayaks of Borneo from my friend, the archaeoastronomer Giuliano Romano, in 1992. He had entrusted it to me certain that I would get something out of it useful for teaching, to help me see something of the celestial phenomena and to address once again, the problems given by a plane representation. In night-time stargazing, the challenge was to translate angles and linear lengths ... into different and ordered sounds. In the time of an entire night, I proposed the recording of the meridian passage of a few stars of such magnitude that they could certainly be recognized by everyone. Our choice ranged from Denebola, star of Leo, through Alkaid, Arcturus, Alioth, Spica, Zuben Elghenubi, to Antares star of Scorpio: as well as four constellations of the Ecliptic had passed in the meridian between the beginning and end of the observation, at very different heights from the horizontal plane [fig. 3]. I like to quote a text, particularly dear to me, from Marguerite Yourcenar’s Memoirs of Hadrian: “Once in my life I did more: I offered the sacrifice of an entire night to the constellations. That night traced the celestial movements for me with a precision that no partial observation could ever achieve’. It is this conviction that has often led me to have the sky observed at length, in residential situations, to have the time to see the zodiacal constellations rise and set at different points on the horizon, just as the Sun does when it is a guest in each one. And to observe circumpolar constellations and give body and meaning to words like rising and setting, and to give a physiognomy to each point of that great arc of the local eastern horizon that runs from North to South, passing through the cardinal point East. The graphic diagram [fig. 4] of the observed phenomenon is rigorous but cold and difficult to read. The sounds of the brass tubes we produce, at the time of the passage of each star across the meridian, are different from each other when we listen to them one by one in the morning: the lower ones, produced by long tubes for stars that had crossed the meridian pole at higher points in the sky, compare with the higher sounds of stars that had made a smaller arc, towards the south, and had reached a lower height above the horizon. In the graphic diagram, O is the eye of the observer lying along QO, QACR are points of the Earth’s axis towards the Polar Star and are in the meridian plane, OC and OA indicate the directions of the lines of sight towards two different stars. The RQO angle is the latitude angle of the observation site. The tubes correspond to lengths CD and AB. If this instrument was born related to the night, it is possible to build it during the day and record, for → Architettura, geometria e astronomia example, the height of the midday Sun, in different months of the year, or of the Moon in different phases. The celestial deckchair: an invention to look at the sky in borderline cases Emma Castelnuovo (Castelnuovo 1964) taught us to reason in Geometry by “borderline cases” i.e. extremes, but also with those cases that, if studied and observed, help to understand a phenomenon in all other possible cases. In Astronomy, this means, for example, thinking about what happens to the Sun on the days of the Solstices, or how an astronomical phenomenon occurs at the Poles and at the Equator. The Celestial Deckchair is a large instrument, to be inhabited with the posture of the body and the gaze. The Deckchair consists of a plane inclined with respect to the ground, to be parallel to the plane of the Equator, on which one can lie down to look at the sky. An axis parallel to the axis of the world, and therefore perpendicular to the plane of the Deckchair and oriented South-North, crosses it and is pointed at the North Star. Lying on the deckchair is like lying on the ground at the North Pole and having the North Star high at one’s Zenith, but it is also like standing at the Equator and having the North Star low on the horizon. This invention helps us in the reading of many astronomical artifacts, that is, to understand the functioning of the equatorial sundial, from which every other type of sundial is generated by projection. Here again, I present the geometric reference diagram [fig. 5, 6], a drawing found in gnomonics texts, which considers the geometry of the equatorial sundial in relation to the horizontal plane at a given latitude on Earth. In the photo [fig. 7], next to a Parallel World Globe “placed homothetically to the Earth” (Lanciano 2019), one can see a Celestial Chair built for the latitude of Frankfurt in 1992, when we were invited to the Book Fair to run outdoor Astronomy workshops. This monument-instrument has been erected, for example, in Murcia, Spain, in the square in front of the Museo de Ciencia y el Agua, as a fixed piece of equipment next to a large stone Parallel World Globe. In fact, I have often suggested promoting education in Astronomy through astronomical objects placed in public spaces with the intention of making people able to read the instruments that are democratically available to everyone on the facades of buildings, on the ground, in churches and in squares... in many cities. The seven-pointed star and the days of the week: the invention of a dance. Why does Monday, the day of the Moon, follow Tuesday, the day of Mars and then Wednesday, the day of Mercury...? What order in this apparent dis-order? 3. Utotombo built in Cenci in 1992 to hear the sounds of the different angular heights of the stars in the meridian (Picture by the author). 4. Graphic diagram of the meridian angular heights of different stars (Graphic elaboration by the author). 5. Geometric scheme of the construction of the Celestial Deckchair (Graphic elaboration by the author). 6. Scheme of Mitsumasa Anno (Anno 1987) with a plane parallel to the equatorial plane, and the respective axis parallel to the axis of the Earth, for different latitudes, along the same meridian. 7. Photo of the Celeste Deckchair in Frankfurt (Picture by the author). 211 In various ancient cultures, the Moon, with its cycle, provided a measure: the month (from mensura) of 28 days, or 4 cycles of 7 days. The day was then divided into 24 hours. Each hour was ‘dedicated’ to one of the 7 planetary bodies, in order, from Saturn, to Jupiter, to Mars... and each day of the week was named by the celestial body to which its first hour was dedicated. Since the hours are 24 and the days 7, so we have 24:7=3, with the rest of 3. Thus, on the day in which the first hour is dedicated to the Moon (and that is Monday) the eighth, fifteenth and twenty-second hours are also dedicated to the Moon; therefore, the twenty-third hour is dedicated to Saturn, the twenty-fourth to Jupiter and, to continue the cycle, the first hour of the next day is dedicated to Mars (and that is therefore Tuesday). Then, with the same procedure, the first hour of the following day is dedicated to Mercury (and it is Wednesday), then to Jupiter (and it is Thursday), then to Venus (Friday), then to Saturn (and it is Saturday), then to the Sun (and it is Sunday). By uniting the 7 moving celestial bodies together in this new order, we obtain a 7-pointed star that arises from the reflection in space of an organization of time. In our re-elaboration, from a graphic scheme [fig. 8], often found in texts dealing with the history of the organization of time, in which the rhythm of the days of the week is seen in the seven-pointed star, we have translated it into a movement in space, through the invention of a dance. On the ground, on a circle, the names of the 7 planets or the 7 days of the week are placed in the correct order. One dancer walks the path from Monday to Tuesday... tracing the star’s path back to its place. A second dancer then enters, starting on Tuesday, and so on up to 7 dancers moving with the same rhythm. This scenic action involves finding a suitable rhythm to accompany the synchronous movement of the participants, in a playful and integrated work of astronomy, rhythm and movement. The plurality of languages used, from the graphic diagram to the table with the numerical data relating to the planets, to the calculations with the numbers 24 and 7, lead us to enter deeply into the rhythm and meaning of the 7-pointed star. It is this type of work in the handicraft construction that makes us capable of a more attentive reading of the artifacts and has led us to point out an error, probably made by the craftsman, in the reading of an astronomical artifact: the planetary table of Palazzo Spada in Rome [fig. 9], in which the rhythm is not entirely transparent and there is an error on Wednesday (Lanciano 2018). We are also persuaded that teaching, in order to be effective, needs suggestions linked to the body and looks and words suggested by other sciences and other arts, which help to portray but are also capable of generating new descriptions [fig. 10]. 212 Reading and transcribing Galileo in different languages Finally, I will show some examples of our constructing models as a way of reading a text in depth, which in this case is Galileo’s Sidereus Nuncius, written in 1610 and “translated” by us into dynamic objects during the World Year of Astronomy, 400 years after those first astronomical observations made with the telescope. The perceptual issue behind the choice of constructing models of the observations that Galileo describes, whenever possible respecting the proportions between the parts, originates from the problematic perceptual datum that we see the sky as a flat surface, the vault of heaven, and also the Sun and Moon and the planets, which we know to be spherical, we see them as two-dimensional discs, and we make and see drawings and photos of them in 2 dimensions: the transition to the 3-dimensional model allows us a way of reading a text that restores three-dimensionality and correct form to objects, mutual movements, to the questions of scale in space and phenomena in time. In particular, referring to the observations of Saturn, the hypotheses and the questions posed, and not solved, by Galileo can be found in letters that the astronomer wrote to various friends, and in his drawings. But his students, gathered in the Accademia del Cimento in Florence, whose motto was “proving and reproving”, found an answer to the question of Saturn’s form that rescued all appearances and gave an organic explanation to what could be seen from Earth as the months passed: they arrived at the spherical form surrounded by a flat ring, even through the construction of a three-dimensional and dynamic model [fig. 11 a-d], which they observed at a sufficient distance to see the rings tilted in various ways, until they disappeared into a segment [fig. 11 c]. The beauty of Galileo’s itinerary as an astronomer aware that he was the first to see new things in the heavens, his wealth of novelties for the history of science - the mountains of the Moon, the satellites of Jupiter, the rings of Saturn - has led us to translate the synthesis of Galileo’s discoveries into a song, once again mixing the languages of art with those of craftsmanship, geometry, and celestial observation. Furthermore, Galileo is a master in the use of a plurality of codes: as he observed, he estimated relative distances and proportions, dictated what he saw to his amanuensis, he drew ... and in naming things never seen before by anyone. human being, he also resorted to the language of myths. And he knew well the myth that the god Saturn has, ferocious in swallowing his children, when Dite gave birth to them, because a vaticinium had predicted that one of them would have cast him out, and so it was. There the spherical planet appeared to him at times with two dark spots and then two points of light on 8. Pattern of the star of the days of the week (Graphic elaboration by the author). 9. Photo of the Planetary Table of Palazzo Spada in Rome (Picture by the author). 10. Photo of the realization of the seven-pointed star in the garden of a school in Rome (Picture by the author). 11a-d. Different configurations seen from the Earth of Saturn with its rings in a scale model (Picture by the author). Image p. 64: the Logo of the MCE's Sky Pedagogy Research Group (Drawing by the author). both sides, which, after discovering the satellites of Jupiter, made him think of two satellites (the light points) or two clear satellites and two dark, and this happened when the rings were very inclined on the orbit seen from the Earth. Then the satellites seemed to disappear, when the rings were seen flat: it seemed that the god had swallowed his children! Astronomical time and eternal enterprise in Alexander's mosaic Paolo Giulierini The tools and models I have chosen to present in this text are a part of the many others that we have created and used effectively since the 80s and continue to transform during the research and practice of educational cooperation. For the most part, they were born outdoors, often in nature and not only during the day. They were invented through direct observation of the sky, from the study of the sky, and from listening to the difficulties and “findings” of many. These are not objects that were only conceived at a desk and locked into a definitive object, but they have a history that has been enriched by the exchanges between educators who share manual skills, dialogues, book readings, knowledge, songs, educational values, male and female teachers, trips to other countries and different languages. They are the precipitate of all this, and all this helps and allows everyone to free his or her imagination and sense of aesthetics from the confines of disciplines, classrooms, and daytime and to meet the space between earth and sky. Inside our Utotombo there is all of this. Notes 1. Leonardo da Vinci nel Ms E, folio 55 r. 2. Extract from an unpublished essay by Oreste Brondo, 2021. 3. Idem. → Architettura, geometria e astronomia Key words Conclusions Light geometries Art Technology Time measurement Eternal Time The advent of technology at the Archaeological museum_Mann in Naples Science and art are separated in the Italian museum world almost ab origine. Instead, it is rather obvious to recall how little of the art achievements of the ancient world would have been possible without a proper mastery of the technologies. In the case of the Mann, technological artifacts from Pompeii have increasingly accelerated this process of reuniting the two worlds because, as a unique case along with the Egyptian world, they were found in large numbers and in an excellent state of preservation. Frequently, the ancient world has not given us back such categories of materials, or, at the very best, modern scholars have kept them aside, often in obscure storerooms, as opposed to the more empathetic and communicative art objects, thus almost suggesting their estrangement from the classical themes of antiquity. From this has often resulted, for the general public, a distorted idea of past societies, as if they were populated solely by artists and philosophers. Actually, Amedeo Maiuri already around the 1930s had the happy intuition to start a Technological Section in the Museum’s New Wing, later decommissioned, in which so many areas of applied sciences and disciplines (from hydraulics, to agriculture, to astronomy) were encompassed. Today, the Mann, aware that ancient society cannot be recounted without re-establishing that connection, which makes it, moreover, much closer to today’s, has initiated the project of renovating, refitting, and modernizing what was once the disused technology section, in partnership with the Galileo Galilei Museum, which already worked on the exhibition Homo Faber. Nature, Science and Technology in Pompeii;1 in that area, astronomy, agriculture, surveying techniques and more will be presented; on the other hand, meanwhile, the Mann has started a cultural mediation path, by means of exhibitions, events, 213 conferences, to share such topics with its community. Some of the most significant activities include the exhibition “The Hours of the Sun,” dedicated to the re-functioning of Pompeii’s sundials organized with the scientific advice of Prof. Alessandra Pagliano, with related catalog, in 2018 and the subsequent reprinting of the volume in 2022, updated in monographic form2. We also mention the many scientific projects aimed at restoring a complete idea of the ancient world, such as Mann in colours, dedicated to restoring the original colours of statues. Over time many exhibitions have been dedicated to ancient Roman technology, organized by the Mann abroad or the same museum’s loans for exhibitions of related content, such as the recently opened one in Agrigento, with the evocative title Building for the Gods. How the Valley of the Temples was born. But on the topic one can go further. The point of the present essay is, in fact, to demonstrate how we can find, even in a masterpiece of art, some themes involving scientific and technological aspects; in the specific case, that of the punctual measurement of time, which parallels more classical topics, the eternal time. The artwork in question is the famous Alexander’s mosaic [fig. 1], found in the House of the Faun in Pompeii in 1831 and kept at the Mann since 1843, dated around 100 B.C., and currently in undergoing restoration. The historical context of the artwork and the Battle of Gaugamela According to the most recent interpretations, the mosaic of Alexander’s battle may be a copy of a famous painting by Apelles, one of the Macedonian king’s court artists during the 4th century B.C., that depicted the Battle of Gaugamela, occurred east of the present city of Mosul, which took place on October 1, 331 B.C., and whose sources are the works of Arrian (Anabasis of Alexander) and Quintus Curtius Rufus (Histories of Alexander the Great) and, in a minor proportion, Diodorus Siculus (Historical Library) and Plutarch (Life of Alexander), which were all posterior and dependent on coeval sources, starting with the writings of Nearchus, Ptolemy, Aristobulus. Through the use of about one and a half million tiles, combined together using the opus vermiculatum technique3, the salient scene of the battle is represented, when Alexander the Great, on the left of the mosaic, riding Bucephalus, centrally charges King Darius III of Persia’s chariot, located in the royal chariot next to the charioteer and surrounded by his bodyguards. The king is depicted with a clearly frightened expression, while the charioteer makes the gesture of spurring the horses determining an abrupt turn of the chariot. An Indian warrior stands between the Macedonian king and Darius receiving a fatal hit from Alexander’s spear, who, from the impact, sees his helmet knocked off and fall to 214 the ground. The colours, though only four, appear very softened, almost suggesting the artist’s intent to evoke the great dust cloud raised by the armies in the plain, mentioned by historians. A dry tree can be seen in the background. The spears and the crowd of men and horses evoke the clamor of battle. The scheme had a great success, though not in a continuity process: just think of Paolo Uccello’s famous paintings or Velasquez’s La Lanzas. The scene, the light and the landscape: from the instant time to the eternity The scene takes space from the lost weapons and the ones in the foreground, which are matched, in the backlight, to the twisted branches of the tree and the crowding of spears and banner. The tree, according to some scholars, would be the one described more than 1,500 years later in Marco Polo’s The Million4, a wrecked plant that was a landmark of the final contest for the conquest of Asia; perhaps a plane tree, known as the lone tree, for Christians the dry tree, isolated for many miles. The Gaugamela plain, according to the sources, had been razed and flattened in order to allow for the launching of Persian falcate chariots; the tree would have been left as a signal, and moreover not without some significance: the “golden plane tree” in fact was a precious ornament of the Achæmenid’s court, a symbol of the Greeks’ enemies. Fifty characters are portrayed in the scene, all in softened colors, probably to recall, as mentioned earlier, the huge cloud of dust raised by the fighters and recalled by the sources. Sunlight comes from above, from the left of the one looking over the shoulders of the attackers (the opposite alignments at Gaugamela were arranged from north to south; the Macedonians were moving from the west against the Persians, who were attested in the east). Alexander, as everyone knows, will succeed in breaking through the enemy front obliquely, pointing Darius towards the northeast. The transverse gallop would have seen sunlight on the incumbent Macedonians. The height of the Sun can be inferred from the shadow of the broken spear in the lower right or from the chiaroscuro of the horse depicted from behind [fig. 2]. On the side of the chariot the shadow of the wheel casts [fig. 3]. Apelles, at least in the original painting (it is difficult to say how much the later cartoons that inspired our mosaic deviate from the original artwork)5 [fig. 4], is presumably trying to depict the afternoon hour: the one that, according to the sources, sees Alexander’s cavalry fighting the enemy cavalry at length until they finally break through and even reach the road to Arbela. In the pictorial work of the fourth century B.C., however admirably imitated in the Pompeian mosaic, the artist fixes, through the deeds of the characters and the shadow and light effects, the propitious time, the 1. Alexander's Mosaic, National Archaeological Museum, Naples. Recent identification of the battle site. (Photo by the National Archaeological Museum of Naples). 2. Alexander’s Mosaic. The scheme shows the height of the Sun deduced from the shadow of the spear and the chiaroscuro of the horse (Graphic elaboration by the author). 3. Alexander’s Mosaic, detail of the shadow of the wheel cast on the chariot (Photo from the National Archaeological Museum in Naples). 4. Reconstructive hypothesis of the original painting taken from a modern painting preserved at the MANN (Photo of the Archaeological National Archaeological Museum in Naples). Image p. 74: detail of the Alexander Mosaic, National Archaeological Museum, Naples. Photo owned by the National Archaeological Museum of Naples. Notes 1. See (Ciarallo, de Carolis 1999) for more details on the exhibition organized in collaboration with the Museo Galileo Galilei in Florence. → Architettura, geometria e astronomia 2. See (Pagliano 2022) for more details on the exhibition organized in collaboration with Professor Alessandra Pagliano. 3. A type of ancient mosaic probably invented in Alexandria, characterized by small mosaic tiles that, arranged asymmetrically, follow the outline of the images. The mosaic tiles used, which are of different shapes and colors, can range in size from 4 mm to a single millimeter. The name vermiculatum derives from the Latin vermiculus, i.e. ‘little worm', referring to the thinness and also the wavy shape of the outline that characterized this type of mosaic. 4. See (Polo, Ciccuto 2003, pp. 4-7). 5. The presence of several cartons of the original painting can also be deduced from the discrete diffusion of parts of the main scene on ceramics, reliefs, and Etruscan urns, such as those from the Volumnii Hypogeum in Perugia. Heliographia mechanica: the instruments of gnomonics Filippo Camerota Key words kairòs, that brings the Macedonian leader to victory. Not only that: the precise moment described by the artist’s work is, also and above all, historical, being placed in time and space, by means of a philological technique of reproducing not only the episode itself but also the clothes, the characters’ weapons that constitutes a unicum. The masterpiece artist has really seen that type of militia or had first-hand information. It is crystal clear, however, that when such an enterprise is carried out, as a result of which power in Asia shifts, for the first time, from the Persian to the Greek side, we enter a new dimension of time: this can no longer be measured punctually because we are now in the eternal dimension. And, perhaps, according to some scholars, the tree itself can take on a new meaning: not only as an historical-topographical reference but as an allegory of the limit that has been crossed by a human endeavor that almost intends to settle down to the rank of the divine, ultimately performing an act of hybris: a proud arrogance that leads man to compare himself to the gods and, consequently, to suffer their revenge (so by many scholars have read Alexander the Great’s subsequent death, in Babylon on June 10 or 11, 323 B.C., at only 33 years of age, after he had extended his empire up to the India. Through art, as well, we can ultimately return to the technological world: in this case, through the more classical description of military apparatuses but also by delving into the sunlight depiction, one can identify the crucial moment represented that, through a resounding victory makes the transition from the specific hour to an aura of interminable and everlasting glory, where the measuring unit is no longer provided by technical instruments but by the genius of the painter and the writers’ poetry. Of course, in Alexander’s victory, which brings down a secular empire like the Persian one, an eternal time is also celebrated: the one of the Alexander’s glory, at the command of a new extended empire from the Greece to Egypt up to the India. The art of mosaic, which however probably derives from a painting (whose frame is represented by means of the tiles), therefore allows us to contemplate two types of time: one that can be measured, through a series of artistic (use of light) and technical (use of geometry and depth) expedients; the other, which is not measurable, concerns the sphere of eternity for those who, like the Macedonian, can go beyond human borders. Gnomonics Astronomy Geometry Scientific instruments Time measurement The technical literature of the modern age is full of inventions, often very original, of tools for measuring and representing the visible world. Entire chapters, often entire treatises, are dedicated to those products of human ingenuity that we now categorize under the general name of scientific instruments. The main purpose of these inventions was to facilitate geometric operations, but the intrinsic characteristic that distinguishes them as material expressions of the geometric or mechanical principles that guide their operation has also provided a useful explanatory model fot theoretical concepts. This is the case, for example, of the famous “door” by Albrecht Dürer, a perspective instrument that the cosmographer Egnazio Danti described in his commentaries on Vignola’s Le due regole della prospettiva pratica specifically to demonstrate the geometric principle of intersection of the visual pyramid (Barozzi da Vignola 1583, p. 55). In some cases, the tools are even configured as 215 three-dimensional representations of the object itself that they are called to measure and represent. Such are the compasses for conical sections which simulate the surface of a cone sectioned by a plane (in this cas represented by the drawing sheet). But this is also the case of the gnomonic instruments which contain in their components the main circles of the celestial sphere, sometimes without departing from the geometric model of reference. The most eloquent instrument in this sense has been described by Daniele Barbaro in his treatise on perspective where an ample space is dedicated to the plane projection of the celestial sphere as a representation of the sky (Barbaro 1568, pp. 187-190). Barbaro considered it particularly beautiful “because it represents the sphere” and because, in addition to allowing the design of sundials for any latitude, it is itself a time keeper [fig. 1]. Specifically, the instrument is part of a mechanical clock in the shape of a terrestrial and celestial globe, a refined widespread invention since the early sixteenth century. The best known of these instruments is the so-called Jagiellonian globe of the University of Krakow, perhaps built in France approximately by 1510. The specimen known to Barbaro was perhaps the one preserved now in the Correr Museum in Venice which, unlike the previous one, presents the sphere of the fixed stars according to the iconographic model designed by Albrecht Dürer [fig. 2]. In both cases the clockwork mechanism is contained within the terrestrial globe, and it sets in motion an index that, through the celestial axis, makes one complete revolution every twenty-four hours. The hours are shown by twenty-four meridian arcs welded to the two tropical circles into an armillary sphere that envelops the entire instrument. This last sphere is the one that Barbaro takes as a model for the instrument he called “Universal Horario”. To design a sundial, it was necessary to tilt the sphere according to the latitude of the place and cast the hour arcs on the drawing sheet, sighting each of them from the opposite arc. From the hour divisions of the Tropic of Cancer, the opposite divisions of the Tropic of Capricorn were casted, and vice versa. All the visual rays - or alternatively a silk thread simulating the visual ray - passed through the center of the sphere, touching the tip of a stylus fixed in one of the poles. The resulting drawing would have shown a series of converging straight lines whose ends indicated the tracing of hyperbolic curves depicting the tropics of Cancer and Capricorn, that is, the northern and southern limits of the annual course of the Sun. The drawing could be made without taking into account the real dimensions of the sundial because an ingenious procedure devised by the Milanese math- 216 ematician Giovanni Battista Vimercato allowed it to be enlarged or reduced to the desired size (Vimercato 1565, II, II, pp. 117-125). The procedure, which Barbaro describes in the same section of his treatise, consisted in the use of two gnomons, one commensurate with the size of the preparatory drawing, the other proportionally larger or smaller, to perform the reproduction at the desired size (Barbaro 1568, p. 193). Both gnomons, the drawing to be copied and a blank sheet were placed on a tilting table exposed to the sun. By moving the table, the shadow cast by the first gnomon gradually touched the significant points of the preparatory drawing, while the shadow of the second one indicated its corresponding position on the white sheet. As shown in a drawing by Giulio Parigi that documents the presence of the instrument in Buontalenti’s workshop [fig. 3], the procedure also made it possible to easily design a hemispherical clock starting from a plane one, or more generally to enlarge any design of civil or military architecture (Parigi ca. 1600, c. 247r). Vimercato had described the procedure in the Dialogo degli horologi solari (Vimercato 1565, I, XII, pp. 52-56) where we also find the first description of the ‘trigon of signs’ that the author calls “raggidico solare” (solar rays diagram) [fig. 4]. This figure contains the projection lines of the intersections among the solstice colure and the parallels passing through the Zodiac signs and is one of the fundamental elements of the tools used in the sixteenth century to design sundials. We find it, for example, in the instruments of Petrus Apianus, Oronce Finé and Chistopher Clavius, always in combination with the equinoctial disc which, thanks to the hour divisions, guides its rotation around the celestial axis [fig. 5]. In this type of instrument, the sphere is broken down into various flat figures. The circle of the horizon is usually placed at the base of the instrument in a semicircular figure, so that its diameter remains parallel to the wall on which the sundial is drawn. Hinged on it is a vertical quadrant which, oriented to the north, indicates the direction of the solstice colure, and therefore the noon line. In the center there is a pointer which, fixed on the latitude of the place - measured on the graduated scale of the quadrant - indicates the inclination of the celestial axis1. The equinoctial disc with the hour divisions is fixed orthogonally to the pointer, and the trigon of signs is placed on it, hinged at the top of the same pointer. A silk thread tied to the vertex of the trigon allows to cast the Zodiac parallels for each position of the trigon on the hour divisions of the equinoctial disk. In practice, by positioning the trigon of the signs on the ante and post meridiem hours, and casting for each hour the seven parallels passing through the Zodiac signs, a series of points are obtained which, once joined, 1. D. Barbaro, La pratica della perspettiva, Venezia 1568, IX, I-II, pp. 187-190: “Horario universale”. 2. Anonymous, Mechanical celestial and terrestrial globe, 16th century, Venezia, Museo Correr, Cl. XXIX, 31. 3. G. Parigi, Taccuino di arte militare, Washington, Library of Congress, Rosenwald Collection, c. 247r: procedure for the reproduction of drawings by G.B. Vimercato. 4. G.B. Vimercato, Dialogo […] de gli horologi solari, Venezia 1566, cap. XII, p. 42: the “raggidico solare” or trigon of signs. 5. C. Clavius, Fabrica et usus instrumenti ad horologiorum descriptionem, Roma 1586, p. 10: sundial drawing tool. allow to visualize the hour lines and the curves of the months. An instrument of this type belongs to the circle of Daniele Barbaro. It was drawn in detail by Senator Jacopo Contarini, a well-known collector of books and scientific instruments and intellectual heir to Barbaro’s scientific humanism [fig. 6] (Contarini ca 1590, pp. 28-29; Camerota 2000, pp. 252-253). In Contarini’s drawing, the semicircle of the horizon has two brackets which presumably served to fix it to the edge of the drawing board; the lack of a descriptive text forces us to interpret the operation but the precision of the drawing does not seem to leave many doubts. At the center of the semicircle there is a moving beam that carries a graduated dial and a compass for orientation to the north. A long metal stylus, which acts as a celestial axis, hinges at the dial’s center and carries a graduated disc with the dual function of equinoctial disc and trigon of signs. Once fixed the quadrant to the northern direction and the stylus according to the latitude of the place, the graduated disc was mounted orthogonally to the stylus at any point chosen as the center of the gnomonic projection. A silk thread allowed at this point to cast the hour divisions on the drawing sheet, obtaining a series of points aligned along a straight line that represented the equinoctial line. Once this operation was completed, the disc was removed and mounted again on the stylus but in tangency, thanks to the two cylinders with locking screws placed on the opposite face. The silk thread in this case was first used to determine the position of the disc - aligning it each time with the points on the equinoctial line (the disc could therefore rotate around the celestial axis) - and subsequently to cast the other parallels of the Zodiac. When the operation was completed, a series of points appeared on the sheet which, once joined, displayed the converging hour lines and the hyperbolic curves of the months. Usually, the orientation to the north was determined with the compass - obviously ignoring, or underestimating, the problem of magnetic declination - but Contarini shows another tool that was used to find the meridian even without the magnetic needle: “a tool to find the meridian at any time of day without the magnet“ [fig. 7] (Contarini ca 1590; Camerota 2000, p. 251). The instrument consists of a horizontal disk with an alidade, a right-angled triangle whose hypotenuse corresponds to the inclination of the celestial axis, the trigon of signs and an index with visual target, one of which is perforated. Pivoted to the vertex of the trigon of signs, the index was fixed on the Zodiac sign corresponding to the current month, and the trigon of signs rotated on the celestial axis according to the hour corresponding to the moment of measurement. The whole was then rotated on the horizontal plane by means of the alidade which indi- → Architettura, geometria e astronomia cated the direction of the meridian when the sun’s ray crossed the perforated sight to fall into the center of the other. The construction of direct sundials was sufficiently satisfied by instruments of this type which we find illustrated at least up to the eighteenth-century collection of mathematical instruments by Nicholas Bion (Bion 1709). Much more difficult was the case of catoptric and dioptric sundials, that is, those that exploited the optical laws of reflection and refraction of rays. Gnomonics is a discipline governed by optical science, and the construction of sundials was therefore based on the geometry of vision which, contemplating the propagation of visual and light rays, divided the discipline into three case studies relating to direct rays (optics), reflected rays (catoptric) and refracted rays (dioptric). The components of the drawing instruments for sundials are substantially always the same but their combination changes according to the different typology of sundials. The first known catoptric sundial dates back to 1519 and was designed by Nicolaus Copernicus on the entrance wall of his rooms in Olsztyn Castle (Graßhoff 2018). The surviving fragments indicate hour lines near the equinoctial line and a series of parallels every five degrees of latitude. The course of the sun was marked by the ray reflected from a small mirror placed in front of the central opening of a three-arched loggia, according to a gnomonic model spread more than a century later by Athanasius Kircher and Emmanuel Maignan. A brief mention of this type of sundial can be found in Raphael Mirami’s Specularia (Mirami 1582) but it is only in the seventeenth century that the gnomonic problem is adequately treated. The Jesuit George Schönberger made it one of the sections of his Demonstratio et constructio “of new clocks for direct rays, refracted in water and reflected in mirrors” (Schönberger 1622), while Kircher dedicated an entire treatise to it, the Primitiae gnomonicae catoptricae (Kircher 1635), and Maignan a fundamental part of his Perspeciva horaria (Maignan 1648). In his treatise Kircher described a catoptric sundial he built in the Tour de la Motte of the Jesuit College of Avignon where, since 1632, he taught mathematics and oriental languages. It was actually a double sundial, because it made use of two mirrors placed on the windowsills located east and west of the tower to mark the time before and after noon [fig. 8]. To carry out the drawing without margin of error, the German Jesuit developed an instrument formed by a horizontal plate with compass and meridian line, and by a vertical graduated semicircle representing the northern meridian [fig. 9]2. Orthogonally to the northern meridian, but rotating on the axis of the equinoxes, there was the equinoctial semicircle divided by twelve hours, on which flowed the trigon of signs that Kirch- 6. G. Contarini, Figure d’istromenti matematici e loro uso, ms., ca. 1590, Oxford, Bodleian Library, Ms. Canon Ital. 145, ff. 28-29: sundial drawing tool. 7. G. Contarini, Figure d’istromenti matematici e loro uso, cit., f. 19: tool for finding the meridian line. 8. A. Kircher, Primitiae gnomonicae catoptricae, Avignone 1635, frontispiece with illustration of the Avignon cathedral sundial. 9. A. Kircher, Primitiae gnomonicae catoptricae, cit., lib. II, probl. I, p. 100: "anacamptic" or "cathotric" instrument. 10. A. Kircher, Primitiae gnomonicae catoptricae, cit., lib. II, probl. III, p. 107: "optical" instrument. 11. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. III, Catoptrice horaria, prop. XX: projection of sphere circles for a catoptric clock. 217 er calls the “radiant Zodiac” or “mobile hour dial”. The common center of the two semicircles and of the trigon of signs corresponds to the position of the gnomonic mirror. To draw the hour lines and day lines for each month it was first necessary to orient the horizontal plate according to the north-south direction following the indication of the magnetic needle. Then it was necessary to tilt and fix the equinoctial semicircle according to the ‘mirrored’ latitude of the place (in a sundial with direct rays the semicircle is inclined downwards while in this case it faces upwards). Finally, it was necessary to bring the trigon of signs on each hour line and, from each position, to cast its divisions onto the walls on which is going to be accomodated the sundial the drawing of the sundial. Aware of the fact that the natural bending of the wire possibly used to cast the points could produce non-marginal errors, Kircher developed an optical instrument formed by a baculum equipped with alidades which were oriented by means of a wire towards the vertex of the trigon of signs [fig. 10]. Each alidade, equipped with sights, then allowed the points to be casted optically without room for error. Kircher came to Rome in 1635 to teach mathematics at the Roman College, and in 1637 Emanuel Maignan made his extraordinary catoptric sundial in the Convent of Minims of Trinità dei Monti, a gnomonic masterpiece that nine years later he replicated, with greater decorative pomp, in the palace of Cardinal Bernadino Spada, protector of the Order of Minims. These two catoptric clocks remain unsurpassed examples of technical skill and scientific knowledge, the foundations of which are illustrated by Maignan in his famous Perspectiva horaria, siue, De horographia gnomonica tum theoretica tum practica libri quatuor (Maignan 1648). To put it simply, a catoptric sundial is nothing more than a sundial seen in a mirror. The mirror used as a gnomon deflects the sun’s rays and produces an inverted image that shows the southern latitudes upwards. An engraving by Maignan clearly shows how the celestial sphere which should have its axis facing north, in this type of projection has instead turned south [fig. 11]. Another engraving shows how to draw the catoptric sundial starting from a horizontal direct sundial which, once drawn, is rotated towards the south and then casted ‘mirror’ towards the north, using the gnomon as a projection control center. The tropic of Capricorn, which in the direct quadrant is closest to the gnomon’s base, that is ‘below’, is thus projected upwards on the vault of the loggia, while the tropic of Cancer is found on the wall close to the floor [fig. 12]. The plates that illustrate the executive phases of the two catoptric sundials show various tools conceived and developed for these specific creations. Having 218 established the position of the mirror-gnomon on a windowsill, Maignan determined the direction of the meridian plane and to trace its intersection with the floor, the wall and the vault of the room [fig. 13]. Having completed this operation, he placed a quadrant with the trigon of signs in a position that replicates the inclination of the ‘mirrored’ celestial axis to the south, with the vertex of the trigon in correspondence with the mirror. By rotating the dial around the celestial axis and, projecting the parallels of the months by means of a thread, the mathematician obtained the entire projection of the celestial sphere inside the gallery3 [fig. 14]. We also owe to Maignan’s work the more detailed and complete discussion of the third optical category of sundials, that is the one of refractive dials which involved a further degree of difficulty. While the laws of reflection follow a constant and easily measurable principle - incident rays and reflected rays form equal angles on the surface of the mirror - refraction impose to the refracted ray to assume ever different angles from the corrispondent incident one. Those angles are also different with respect to the transparent medium that they have to pass through: the refraction in water is, indeed, different from that produced in glass. The problem begins to be studied in the mid-sixteenth century. The first refraction sundials into masterfully worked brass cups are attributed to the German instrument maker Georg Hartmann, while some Italian mathematicians are responsible for the attempts to define the refractive index and elaborate tables of correspondences for each degree of incidence of the visual or luminous ray. Starting from the data provided in the medieval optical treatises of Alhazen and Vitellione, Federico Commandino, Ettore Ausonio, Guidobaldo del Monte and Giovanni Battista Benedetti dealt with them, but none obtained results worthy of being published4. Then it was the turn of Thomas Hariot, at the beginning of the seventeenth century, of Willebrod Snell in 1621, of Schönberger in 1622, and finally of René Descartes who in the Diotrique of 1637 laid the scientific and philosophical foundations of this branch of optics (Shirley 1951 ; Sabra 1981; Descartes 1637). These are sundials usually engraved inside a hemispherical cup, taking into account the refraction that the sun’s rays would have undergone once the container was filled with water. The refraction of the sun’s and visual rays obliged the maker to accurately calculate the ‘flattening’ of the drawing to ensure that the gnomon’s shadow fell in the correct point, but it is probable that, despite the refraction tables, the empirical approach was always followed as proof. For a mathematician like Muzio Oddi who in 1638 published the expanded version of his treatise on sundials 12. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. III, Catoptrice horaria, prop. LXXV: construction of the catoptric clock by means of an inverted horizontal clock. 13. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. III, Catoptrice horaria, prop. XXXV: the meridian line tracing. 14. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. III, Catoptrice horaria, prop. XLVI: construction of the other meridians and month curves. 15. Procedure described by Muzio Oddi for drawing refracting clocks (Degli horologi solari, Venezia 1638, pp.99-102). 16. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. IV, Dioptrice horaria, prop. LXIV: refraction clock in a hemispherical tank. 17. E. Maignan, Perspectiva horaria, Roma 1648, Lib. IV, Dioptrice horaria, prop. XLVI: measuring instrument for angles of refraction. Image p. 80: C. Clavius, Fabrica et usus instrumenti ad horologiorum descriptionem, Roma 1586, p. 8: sundial drawing tool. → Architettura, geometria e astronomia Note 1. The linda is an accessory analogous to the alidade of the astrolabe and, like that, serves as an index and optical target. The term is widely used in (Bartoli 1564). 2. See Problem I in (Kircher 1635, p. 100). 3. On the operations of these instruments see (Farroni 2019, pp. 70-79). 4. See (Ibn al-Haitham 1572). The studies by Commandino, Guidobaldo and Benedetti are cited in (Oddi 1638, p. 100; Benedetti 1574, ch. XCII: De horologio ex refractione radiorum). 5. (Oddi 1638, pp.99-102). A specimen of Guidobaldo del Monte’s refracting clock soon became part of Cosimo I de’ Medici’s collection and is now in the Museo Galileo in Florence, Inv. 241. Cf. (Camerota 2003). 6. See Lib. IV, Dioptrice horaria, prop. XLVI, p. 647: Instrumentum refractorium construere in (Maignan 1648). The role of optics and perspective for the study of gnomonics and astronomy: three case studies Cristina Càndito Key words (1614), including the refractive dials, the construction of these instruments was carried out “for mere practice”. To him we owe the news that a refractive dial in a brass cup, masterfully crafted by the instrument maker Simone Barocci, was designed by Guidobaldo del Monte in Urbino in 1572, and it is probable that the empirical procedure of which he provides a detailed description - he being a disciple of Guidobaldo - is referable precisely to that experience (Oddi 1638, pp. 99-102; Camerota 2003, pp. 25-37)5. The procedure consisted in preliminary drawing inside a dry cup the hemispherical dial; preliminary that is nothing more than a half celestial sphere inclined according to the latitude of the place. Using a lantern, the maker casts the gnomon’s shadow to any point of the preliminary dial, then he filled the cup with water, and traced with a metal stylus the point where the refracted shadow of the gnomon’s tip appeared [ fig. 15]. The cup was then emptied, and the lantern moved to locate another point on the preliminary dial, and proceed as above until the completion of the drawing. Due to the effect of refraction, the final dial was lower and compressed than the preliminary one, as seen in the beautiful Maignan engraving that shows this type of sundial [fig. 16]. In this case Maignan does not describe an instrument for plotting hour lines but an instrument he calls a “refractometer” to compose a table of refractive angles for each degree of incidence [fig. 17]6. The instrument reproduces the one described by Ptolemy in the fifth book of Optics - a description that Maignan derives from the texts of Alhazen (book VII, prop. 10) and Vitellione (book X, prop. 5) - and consists of a graduated circle with alidade and index. The instrument is half immersed in a container full of water and held firmly in that position. The observer brings the index to the value of the desired angle of incidence and looks from its end until the two sights of the index coincide with that of the alidade immersed in the water. The uncovered end of the alidade thus shows the value of the refraction angle on the degree scale. The attention paid by Maignan to the ‘mechanic gnomonics’ is declared from the treatise’s front page of the Perspectiva horaria where the arts of the Quadrivium assist the meticulous work of the muses who, armed with instruments and guided by Vitellione’s optical science, show the three types of sundials illustrated in the work: direct dials (optics), reflection dials (catoptrics) and refraction dials (dioptrics). The attention paid to the tools goes far beyond the practical need to trace the hour lines. These inventions are configured as refined material expressions of optical geometry, objects of admiration, technological artifices, ingenious products deserving of the utmost consideration. Not simple expedients for the empirical solution of the problem but visible and tangible forms of mathematical thought. Perspective Astronomy Gnomonics Optics Stellated Polyhedra Introduction This contribution documents the close link between optics and perspective with gnomonics and astronomy through the illustration of three case studies. The relationship concerning the disciplines is proven through the evident sharing of scientific foundations that has led, in past centuries, several scholars to deal with these issues as a whole, in a way that no longer seems to be viable in current times. What we intend to testify here is that in order to deepen some objects of study, precisely by virtue of this ancient link, it is necessary to involve what we consider today as distinct branches of science. In fact, an astronomical instrument of the seventeenth or eighteenth centuries can involve optical-perspective elements just as a perspective fresco can be doc- 219 umented through historical artistic studies, but also astronomical gnomonic, or again, a sundial can be reactivated thanks to the collaboration of gnomonic and architectural knowledge. The exposition in the text is articulated in the description of three case studies that are presented in a chronological order coinciding with the succession with which they were the subject of in-depth study by the writer, not for autobiographical interest. It is rather the documentation of the historical contribution of optics and perspective and its reflection in the current progressive definition of a field of study that records an interdisciplinary confluence in the interest in complex objects and of extraordinary artistic and scientific value. The first case is the catoptric sundial of Palazzo Spada in Rome by Emmanuel Maignan (1644) to whose study we contributed through the finding of a precedent in the field of optical studies (Mirami 1582) and with the identification of a geometric relationship with the Colonnade by Francesco Borromini (1652-1653). The second case has been identified in the seventeenth-century cycle of frescoes of Palazzo Balbi Senarega in Genoa, in which some painted geometric polyhedra of the Sala di Leda (1655 ca.) take on a wider meaning when read in a broad cultural context, through the identification of references to the geometric and astronomical studies of Johannes Kepler. The third case, still belonging to the Genoese artistic heritage, concerns a rare example of a gnomonic sundial made by François Rodolphe Corréard (1771) in the Jesuit College, which finds its enhancement through the tools of drawing and representation. The catoptric sundial of Palazzo Spada: optical precedents and geometric relationships The unique combination of the perfection of the mechanism and the harmony of the painted space makes the sundial gallery of Palazzo Spada in Rome one of the most fascinating examples of a cathoptric or specular sundial able to testify to the collaboration between scientific disciplines and art. A small circular mirror conducts the reflection of sunlight inside the space in order to indicate time, calendar and position data through its path along lines and signs painted on the inner surface of a vaulted space overlooking a courtyard of the building. The Spada sundial was made in 1644 by Emmanuel Maignan (1601-1676), belonging to the order of the Minims, and is characterized by the preciousness of its execution with the collaboration of the painter Giovan Battista Magni (1592-1674) called the “Modanino” 1. As part of the studies related to perspective and its links with the science of mirrors - the catoptrics - 220 a text was found at the National Library of Rome that constitutes a precedent for these types of instruments: a treatise on catoptrics written by the doctor Raphael Mirami (Compendiosa introduttione alla prima parte della specularia, 1582) [fig. 1a]2. In the first part, the author exposes in 25 chapters the laws that regulate the phenomenon of reflection, while in the second (Come si possano col mezo de gli specchi fare horalogi solari in luoghi ombrosi) exposes in three pages the construction of catoptric sundials. These are instruments capable of working in areas that do not receive direct light, which in Mirami’s text are described synthetically and without illustrations, trusting in the capable interpretation by gnomonic experts and referring to a future broader treatment, unfortunately not received. Mirami wants to show the practical application of the theory of mirrors enunciated in the first part and suggests the positioning of a flat mirror placed in a horizontal position that, thanks to a window, can project the reflected ray in the place where the sundial is constituted. The area affected by the path of the reflection is identified with the help of a traditional sundial with gnomon and there is also mention of the possible extension of the method for different positions and configurations of the instrument. The text precedes by about fifty years the writing by the Jesuit Athanasius Kircher (Primitiae gnomonicae, 1635) dedicated to the catoptric sundial he made in the staircase of the Jesuit College of Avignon. The Avignon clock is today laboriously interpretable due to the scarce traces left and is also not congruent with the instrument placed in a vaulted environment that is illustrated on the back cover of the same text [fig. 1b]. The best testimony is provided by the specimen made in 1673 by the Jesuit Jean Bonfa (1638-1724) inside the climbing tower of the college of Grenoble (Foyer du lycée Stendhal 1984), which would constitute a sort of replica of the Kircherian specimen. Emmanuel Maignan himself had made an earlier catoptric sundial (1637) at Trinità dei Monti in Rome and probably other examples in France3. The description of the Spada sundial is contained in the Perspectiva horaria (1648) [fig. 1c] in four parts, the third of which is dedicated to the cathoptric gnomonics: in the proposition XXXVI a catoptric sundial in the gallery is illustrated and the LVI proposition refers to the example of Palazzo Spada, illustrated in the table populated by some characters, including perhaps Bernardino Spada himself [fig. 3a]. At the base of this rarity are therefore the studies of gnomonics but also of optics, as evidenced by the depiction of the antiporta of Maignan’s text [fig. 2] which reproduces almost faithfully the one positioned at one end of the vault, in which four allegorical figures are represented that build a catoptric 1. Frontispieces of: R. Mirami, Compendiosa introduction to the first part of the specularia, Ferrara 1582; A. Kircher, Primitiae gnomonicae catoptricae, Avignon 1635; E. Maignan, Perspectiva horaria, Rome 1648. 2. Antiporta of Maignan's text (1948) representing the allegorical figures of Astronomy, Cosmography, Geometry and Optics. sundial: Astronomy, Cosmography, Geometry and Optics (or Perspectiva), the latter with the hand on the fundamental thirteenth-century treatise of Vitellione4. The personifications show the collaboration between areas of knowledge that constitute the foundation for another masterpiece present in the palace: the perspective Colonnade created by Francesco Borromini (1652-1653). For this reason, it seemed appropriate to investigate the relationship between the two works carried out a few years apart at the behest of the same client, Bernardino Spada [fig. 3b]. Here we leave out the construction phases and the valuable spaces that go beyond the theme treated, to focus on the Perspective Colonnade, built by the great architect probably in collaboration with Giuseppe Maria di Bitonto (n. 1586) who follows the works5. The Colonnade, as is known, is an example of solid perspective able to appear a greater depth than the real one, thanks to the inclination of the flooring and the sloping of the measurements in depth. The illusion is complemented by elements that lie beyond the opening opposite its entrance to the courtyard: four flower beds in perspective and a painting executed by Giovan Battista Magni, also involved in Maignan’s sundial paintings6. The perspective point of view of the Colonnade is on the plane of symmetry, on the extension of which is also positioned the gnomonic mirror of Maignan’s sundial. The alignment does not seem to be accidental, as it finds correspondence in some historical testimonies that attest that from his Chamber of Audiences, located on the first floor of the central arm that separates the courtyard from the secret garden, Bernardino Spada showed the Colonnade7. From the same space, in fact, it is also possible to perceive the façade of the courtyard on which the sundial overlooks, even if the latter can only be seen externally. In fact, the perfect alignment between the gnomonic mirror of the sundial itself (at the level of the vault on the first floor) with the entrance of the perspective colonnade (on the ground floor) and their visibility through the Chamber of Audiences [figg. 4 and 5]8. A geometric presence in the private neighborhoods of a noblewoman As part of the research on painted architectural perspectives, the mysterious stellated polyhedra painted in the Sala di Leda of Palazzo Balbi Senarega were identified, which suggested to carry out some indepth studies in search of their meaning. The frescoes are executed in about 1655 by Valerio Castello (1624-1659) with the quadraturist Andrea Seghizzi (1613-1684) in the probable private room of the wife of the owner Francesco Maria Balbi (1619-1704): → Architettura, geometria e astronomia Barbara Airolo (born in 1624) [fig. 6] (Magnani 2008). The palace had been built starting from 1616 by Bartolomeo Bianco at the behest of Giacomo and Pantaleo Balbi, representatives of a conspicuous Genoese family of merchants who in the seventeenth century reached an economic power such as to be able to build an entire city street and aspire to noble and political recognition (Lamera Pigafetta 1987). The oval eye of illusory sky that portrays Leda and her encounter with Zeus in the appearance of a swan is framed by a gilded architecture that simulates an oval dome with six illusory circular holes alternating with as many stellated polyhedra [fig. 7, 1-6]. The decoration is completed by a painted marble structure consisting of groups of columns resting on angular walls interspersed with four allegorical representations [fig. 7, A-D]. The analyses carried out with the instruments of survey and representation9 have made it possible to identify the geometric solids with the small stellated dodecahedron (Càndito, Celoria 2019), which is recognized as one of the four regular non-convex polyhedra that are added to the five regular convex or platonic polyhedra: an authentic geometric rarity. The small stellated dodecahedron consists of a dodecahedron whose edges are prolonged to form pentagonal pyramids on each face [fig. 8]. It is interesting to note that, although representations of generic elevated dodecahedra can be found (with pyramids not derived from the prolongation of the edges of the base dodecahedron), this constitutes the first perspective representation of this polyhedron that occurs 36 years after its discovery by Johannes Kepler, in his text Harmonices Mundi (1619) (Field 1979, Cromwell 1995) [fig. 9]. It seems interesting to ask the question about the reasons for the placement of this particular subject right in the private room of the lady of the building. The main myth refers to Leda, mother of Helen of Troy and the heroic children of Zeus: Castor and Pollux. The subject can be understood as a tribute to the lineage of the Balbi, even if the incongruity of the myth with the celebratory one of the consort is noted, given the theme of the extramarital relationship with Zeus. The aforementioned four mythological paintings complete the picture with representations of Venus, Diana and Minerva, as allegories of the attributes of beauty, confidentiality and prudence, and of Mercury, protector of trade, but also an auspicious figure, as well as a symbol of the union between men and gods. There are many symbolic and mythological interpretations that can be formulated in this celebratory framework about the presence of geometric solids, however, one can recognize a clear intention in the representation to refer to the polyhedron recently 3. The Spada sundial by Maignan (Maignan 1648) and the Spada Colonnade by Borromini (elevation of the project for the Perspective Gallery of Palazzo Spada; drawing by F. Righi, Accademia albertina, Vienna, Az. Rom. 1156). 4. The alignment between the perspective axis and the mirror of Maignan's sundial. Point of view V (Camerone per l’udienze of Bernardino Spada, first floor) is aligned with Borromini's Colonnade (G, ground floor) and the gnomonic mirror (S, first floor). Axonometric image of the plants and model (Coordination by C. Càndito, with drawings by Andrea Salmaso and Andrea Quartara). 5. Images of the two works seen from Bernardino Spada's private closet (Photo by the author). 6. The Sala di Leda in Palazzo Balbi Senarega (Graphic elaboration by the author). 7. The frescoes of the vault of the Sala di Leda: the stellated polyhedra (1-6) and the mythological paintings (AD) (Graphic elaboration by the author). 221 discovered by Kepler, which can constitute a symbolic reinforcement of the attributes of beauty, by virtue of its depiction as a five-pointed star with perfect harmonic proportions [fig. 8 b] (Càndito, Celoria 2022). The idea of adopting this subject in the fresco can perhaps be attributed to Andrea Seghizzi, a quadraturist of vast architectural and geometric culture. The inspiration can come from the same client, but also from the one who occupies the decorated environment: Barbara Airolo, who married Francesco Maria Balbi in 1640 (only 16 years old!) with whom she had her son Giacomo. As usually happens to the female protagonists of history, not much information is found about her, apart from a recognition of her consideration, and perhaps of her competence in the artistic field, in the will of her father Giovanni Tomaso Airolo (1644), which indicates her as the beneficiary of a painting of her choice from his collection (Lercari 2010)10. The most plausible hypothesis, however, seems to be that of a suggestion to the client or executors provided by scholars in the geometric and astronomical field, such as the Jesuits of the College that settled a few years earlier right in front of the Palace, to want, as we will see, of the Balbi family itself. Research has been carried out about the professors of mathematics of the time, including Giacomo Bonvicino, who taught in Genoa between 1651 and 165611. Checks have also been carried out on the texts present in the register of the historical library of the college, among which are the inescapable Tabulae Rudolphinae drawn up by Kepler (1627) on the basis of the observations of Tycho Brahe, but not the text of 1619, in line with the distrust shown by the Catholic Church towards a Protestant author who has not openly denied the Copernican theories (Aricò 1996). In 1596, Kepler had written the Mysterium Cosmographicum in which the 5 regular solids were assimilated to the orbits of the five planets in an ingenious but unconvincing construct. In 1604 he had published Ad Vitellionem Paralipomena, a text of optics based on the aforementioned text of Vitellione, while in 1609 he had exposed in his Astromonia Nova, among other things, the so-called first law of Kepler, which identifies the elliptical shape of the orbits of celestial bodies. According to this last well-known acquisition of the German astronomer, we can also advance a further integrative interpretation linked to the oval configuration of the composition of the fresco, which can constitute, in fact, a reference to the elliptical orbit of the planets identified by Kepler [fig. 10]. The presence of ellipses and ovals is common in the seventeenth century, especially in Baroque architecture12,and can also be explained by the sole need to uniformly cover the 222 rectangular surface of the room. The hypothesis that the six geometric subjects represent as many celestial bodies remains fascinating, thus implying an assimilation of the Earth to the other five planets known at the time and a representation of the Copernican model effectively hidden until today13. The gnomonic sundial of the University of Genoa The relationships between geometry and astronomy are the basis of a particular presence in the aforementioned Jesuit College of Genoa, now the University Palace. It is a rare specimen of a gnomonic hole sundial placed on the third floor of the building that is built starting from 1633 by the joint will of the Jesuit Order and the Balbi family [fig. 11] (Lamera, Pigafetta 1987; Càndito 2001). The College counts among the most representative rooms also the double-height Aula Magna on the second floor overlooking the street, while the classrooms line up in depth, overlooking the loggias of the courtyard. Above the classrooms are the homes of the fathers, distributed by the Corridor of St. Ignatius, which leads to the south to the Domestic Library, also overlooking Via Balbi and in a symmetrical position with respect to the larger wooden Library, which preserves the texts of the funds of the Jesuit college. A mathematics teacher, the Jesuit François Rodolphe Corréard (1725-1794), created in 1771 the gnomonic hole sundial (Balestrieri 2000) in the Domestic Library, now called Aula della Meridiana and intended for teaching and representative activities. Corréard has been in Genoa since 1766, after completing his astronomical studies at the Marseille Observatory, and having written the Mémoires de mathématique et de physique (Avignon, 1755-1756). The Jesuit astronomer had left France due to the suppression of the Order in the country (1762), following which he has been teaching mathematics in the Genoese Jesuit college and then holding the same role at the University of the Republic, even after the suppression of the Company in Italy (1773)14. A gnomonic hole sundial (or darkroom) consists of a meridian line (horizontal and oriented north-south), positioned in an internal space, and a narrow hole that projects the solar image on the same meridian line15. The projection takes place during the year with inclinations that are placed between the farthest limit of the winter solstice and the nearest one of the summer solstice [figg. 12 and 13]16. This realization is part of the history related to the adoption of the French or astronomical time, which in Genoa replaces the Italian time in December 31, 1771, for the convenience of the change of date at midnight. It thus becomes necessary to adjust the mechanical clocks with the local noon, which can 8. The small stellated dodecahedron of the Sala di Leda and its ideal model with the highlighting of the continuity between the edges of the bases of the dodecahedron and those of the pyramids, to form the five-pointed star (Graphic elaboration by the author). 9. J. Kepler, Harmonices Mundi, 1609: frontispiece and depiction of the small stellated dodecahedron. 10. Graphic construction with highlighting of the elliptical arrangement of the six small stellated dodecahedra (Graphic elaboration by the author). 11. The Palace of the University of Genoa (former Jesuit College) and the sundial with a gnomonic forum (Graphic elaboration by the author). be correctly identified, in fact, by a gnomonic hole sundial. This instrument in Genoa can also be framed in the strengthening of the astronomical interest of the college, also witnessed by the Jesuit Ruggero Boscovich (1711-1787) in 1767, while noting that a real astronomical observatory seems to have been established only in the nineteenth century17. Recently the gnomonic sundial has been the subject of studies by a working group of the University of Genoa to achieve its reactivation, which will allow to reconcile the historical scientific interest with the functional one of the university18. Conclusions The presentation of the three case studies is motivated by the need to highlight a common thread that is constituted by the inescapable interdisciplinarity necessary for the study of the subjects examined. The contribution of the representation is recognizable both on the scientific level, as a verification tool, and on the informative one, as an indispensable instrument for simulation and for support in the illustration of complexity. In the first case study, that of the Spada catoptric sundial (1644), in fact, the identification of a text unknown to the history of gnomonics (Mirami 1582) took place through research related to optics. The recognition of the possible spatial relationships with Borromini’s perspective Colonnade was also carried out starting from the historiographical testimonies verified through the representation of the spaces involved. The geometry then stimulated a deeper study of an apparently negligible subject, a geometric solid, within the decorative cycle among the most valuable of the Genoese seventeenth century: the fresco of the Sala di Leda in Palazzo Balbi Senarega (1655 ca.). Through the search for the meaning of its presence, compelling suggestions have been found on the possible links with the figure of Johannes Kepler through an encrypted astronomical representation. The third case study illustrates how the Jesuit College of Genoa enters the history of gnomonics thanks to the presence of a rare specimen of a gnomonic hole sundial made in 1771 by François Rodolphe Corréard, professor of mathematics of the same college. Further evidence of the union between the disciplines of geometry and astronomy are clearly identifiable in the past and still able to provide interdisciplinary interpretations in the contemporary world of specializations. This type of study, in fact, provides researchers of various disciplines with opportunities for dialogue that introduce new (or ancient) interpretations for objects that are difficult to classify according to the current subdivisions of knowledge19. → Architettura, geometria e astronomia Notes 1. For studies about this rare tool and the palace: Neppi 1975, Tabarrini 2008 and Farroni 2019. See the latter, and to other chapters in this same volume for new studies and surveys. 2. The interest in this object was born for the writer from its link with the scientific development of the seventeenth-century perspective, developed in particular by scholars belonging to two religious orders: the Jesuits and the Minims. Cfr. Càndito 2001 e Id. 2005. 3. Cfr. Lanciano 2013 and De Rosa 2013. Maignan perhaps built other catoptric sundials in Aubeterre (Dordogne), Toulouse and Bordeaux (J. Saguens, Philosophia Maignani scholastica, Toulouse 1703; cf. Neppi 1975). For a further link with Borromini, see. Camerota 2000 and Bortot 2016. 4. Vitellione or Witelo (1220 ca.-1300 as.), Perspectiva Libri X, 1270 ca.; first edition: F. Risner, Opticae Thesaurus, Basel 1572. 5. The works of the palace are documented in the Inventario dei beni di Bernardino Spada (1631), Minute de’ capitoli della Vita di Bernardino Spada (written by Virgilio Spada in 1662) and Descrizione delle Stanze del Palazzo. Cfr. Neppi 1975. See also the texts of Tabarrini 2008, Sinisgalli 1998 and the bibliography cited in Càndito 2013. 6. Neppi 1975, pp. 177, which reports the data of the payment of 1653. 7. Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli, Descrizione delle stanze del palazzo a Capo di Ferro fatta da mons.r Virgilio Spada, 1662; cfr. Neppi 1975, p. 290. 8. It also appears that in 1665 the possibility of perceiving the colonnade right from the Gallery of the sundial was experimented through the opening of a hole under the central window of the gallery of Maignan. The hole, later closed, crossed the outer frieze of the centaurs. For the works carried out, see. Neppi 1975, p. 181. 9. The photogrammetric survey and the panoramic photography shooting were realised by C. Càndito and I. Celoria (2019). 10. For his works, cf. Pigozzi 2006; L’Occaso 2018. 11. Garibaldi 1992; Cosentino 1987. We consulted his manuscript Brevis introductio in totam mathematicam (1654) (Ms. VI 6, University Library of Genoa) who does not contain references to starry polyhedra, but not even to polyhedra and therefore seems to be incomplete on this part of the geometry. 12. It is not possible here to cite even in part the extensive bibliography on ellipses and ovals, but a reference to the possible influences by Kepler on the diffusion of these forms in the seventeenth century is Colonnese 2014. 13. Further studies are underway about the astronomical and geometric sources of potentially involved in the drafting of such a complex allegorical program. 14. See Garibaldi 1992. 15. For an analysis of hole sundials pinhole in Italy, cf. Mesturini 2002. 16. The projection of the solar image at the equinoxes takes place at a distance equal to the geographical latitude multiplied by the height of the gnomonic hole. 12. Plan and section of the Aula della Meridiana (Graphic elaboration by the author). 13. The Aula della Meridiana of the Palace of the University of Genoa. (Photo, drawings and photogrammetric model under the coordination of the author; survey by C. Càndito e I. Celoria; simplified model by A. Meloni). Image p. 90: The frescoes in the vault of the Hall of Leda, highlighting the elliptical arrangement of the six small starry dodecahedra (Graphic elaboration by the author). 223 17. Alizeri, 1875, p. 431. 18. The group is composed of C. Càndito, W. Riva and V. Scelsi. The author is developing a project of accessible path into the palace (https://www.youtube.com/watch?v=ujpD7j7HHl8). 19. The present studies have been possible thanks to the setting made by other scholars, such as Filippo Camerota, Agostino De Rosa and Manuela Incerti. We thank Fabrizio Bònoli for the valuable suggestions. However, the author assumes all responsibility for the research presented. Space and Time in James Turrell’s Roden Crater Project Key words Agostino De Rosa Geometry Astronomy Land art Digital modeling Archaeo-astronomy Introduction My first “physical” encounter with James Turrell dates back to September 2004, when I caught up with him at the opening of one of his shows at the Almine Rech Gallery in Paris. From 2002, we had been in frequent contact by phone and e-mail, unwittingly clarifying the conditions of that meeting, which, for me at least, proved momentous. When we met in the lobby of the Hôtel du Boucy, I found him with his partner, Kyung-Lim Lee. A mild yet decisive man, he was the very incarnation of the sincere, devout Quaker that you soon learn to recognize and appreciate. Despite his relative youth, the beard and gray hair suggested the somatic features of a biblical prophet more than a star of the international art scene. His affable manner and the profound attention he paid to the content of the conversation that ensued, despite the inevitable linguistic traps we both fell into, showed his extraordinary ability to listen, offset only by the profusion of technical information he dispensed over the next three hours. That was the first time Jim had had an opportunity to see with his own eyes the digital work 224 that the unit I run at the IUAV University in Venice had come up with over the previous two years. This consisted of drawings, “renderings,” and animations obtained from a digital clone of the Roden Crater project, the work to which the Californian artist had already devoted thirty years of his life, and which we had endeavored to reconstruct, taking advantage of the capabilities provided by new tools for eidomatic representation. I had heard about this project, which was monumental in its conception and staggering in its substance, many years earlier - in 1993, to be precise - during a study trip to California. It consisted of creating an ensemble of subterranean rooms connected by tunnels - also subterranean - inside an extinct volcanic crater in northeast Arizona [fig. 1]. These were to be arranged so as to receive the desert light, day and night, thus presenting it to visitors in ways the artist had already tried out in vitro in his famous light installations. Every room would also serve an astronomical function, special apertures orienting it toward a specific part of the sky where a particular solar, lunar, or stellar phenomenon had occurred. I checked out all of the bibliographical material available on the subject, of course, discovering among others the sublime and unrivaled work of Craig Adcock (Adcock 1990), which devoted an entire detailed chapter to the Roden Crater project. My extensive reading convinced me of the profound scientific foundations of this work, whose conception and realization seemed to postulate an impressive plethora of accomplishments. Architecture, engineering, astronomy, archeo-astronomy, physics, geology, and anthropology were among the disciplines that appeared to find a common application perspective in the visionary work of James Turrell. To a young PhD student of architecture at the time, it did not sound altogether accidental, either, that Roden Crater was beginning to look like the hitherto missing apex of an ideal “frontier” triangle whose other two vertices were Frank Lloyd Wright’s Taliesin West (near Scottsdale) and Paolo Soleri’s Arcosanti (seventy miles north of Phoenix). All of the pieces - geographical and cultural - of the mosaic now seemed in place, in confirmation of the legend of the American West, in which artistic dreams and utopias could find fruition. I knew the works of other protagonists of American land art, but in my eyes none of them could rival the Roden Crater project in complexity and spiritual caliber [fig. 2]. The drawings then available, done by Turrell from 1974 onward or by various architects thanks to generous support from Count Giuseppe Panza di Biumo, showed the topographical reliefs of the crater with the plants of the future chthonic spaces superimposed on them. The Mongian sections done 1. View from the southwest of Roden Crater. Painted Desert, Arizona (Picture by the author). 2. View of the Roden Crater from the ruins of the Roden family home. Painted Desert, Arizona, 2009 (Picture by the author). on the body of the extinct volcano revealed arcane alignments of tunnels and spaces with specific points of the firmament. Physical models on the scale of individual environments revealed configurative characteristics formally very close to the work of architects of the French Revolution or contemporary American and Japanese Minimalists. However, really getting one’s mind around the project and its multiple functions, both terrestrial and sidereal, mainly involved studying the verbal descriptions that Turrell supplied and accounts given in occasional interviews and articles and papers by art historians. As the years passed, I did not lose interest in the activities of the American artist, and took advantage of any occasion to renew my acquaintance with his works, directly or indirectly. But it was known that the work on the crater was proceeding slowly, both for funding reasons and because of the technical problems inherent in digging in blocks of solidified magna. There was also the question of the precise astronomical alignments of every individual tectonic element. In 2000, personal academic developments saw me installed at the IUAV University (Istituto Universitario di Architettura di Venezia, as it was then) as a professor, and in that new role I decided to inaugurate a line of research on the interdisciplinary character of the works of James Turrell. The idea of creating a digital model of the Roden Crater project more or less dates back to those years, paralleling the rapid evolution of computerized modeling and simulation. It would endeavor to prefigure not just the complete final appearance of the project from an architectonic and landscape point of view, but also the function of the naked eye observing specific astronomic events. The Roden Crater Project The first outlines were based on documents then available in publications connected with the Roden Crater project, which highlighted gaps and omissions that only cross-referencing with other sources, both graphic and written, could minimize. In particular, animations of the effects of solar motion, re-created virtually in some of the underground spaces of the project, started to show us, albeit filtered by the digital medium, the experimental nature that characterized the work and was difficult to re-create via traditional means of representation. The next step was to convince James Turrell of the scientific and documentary interest of the work of the Venetian team so that he would entrust us with the original documentation of the project, along with his invaluable explanations. The aims and character of a work that required a great deal of time to be completed could be communicated more easily with modern infographic technology, and our readiness to → Architettura, geometria e astronomia help in that area was total. We therefore decided to offer it to Jim unequivocally and immediately, and that was made possible thanks to the good offices of Count Giuseppe Panza di Biumo, an extraordinary Italian collector and intellectual who immediately grasped the nature of our work and acted as an enthusiastic spokesman in our contact with the Californian artist. With the first barriers overcome, the contacts with James Turrell became more frequent and fruitful - all the way up to the first personal encounter, which took place (as mentioned earlier) in Paris in September 2004. Since then, I have been able to deepen my acquaintance with the man and the artist in the course of numerous subsequent meetings in Europe, which culminated in the first trip to the Roden Crater (in Arizona) in autumn 2006, which was followed by many others, alone or with my students. It is almost impossible to describe in words the beauty of the work. Though so far only partly finished in a number of spaces (South Lodge [figg. 3-4], South Space, Sun and Moon Space [figg. 5a-c, fig. 6], Alpha Tunnel [fig. 7], East Portal [fig. 8, figg. 9a-b], and Eye of the Crater [fig. 10]), these foreshadow its future development: to observe the profile of the Roden Crater take shape in the absolute, adamantine light of the Painted Desert, so changeable and inviting that it already speaks - in an unknown and yet familiar language - to a part of our subconscious. The natural adaptation of the perceptive system to the unusual conditions of the site gradually predisposes us to an encounter with the unexpected, which, once revealed, is found to be articulated in radiant and acoustic forms of archetypal resonances. The gradual transitions of the brilliance of the natural light to the silent underground spaces “intoxicated with shadow,” to paraphrase Tanizaki Jun’ichiro (Tanizaki 1982), are masterfully modulated by James Turrell by means of dark openings immersed in the bowels of a geological formation which continuously displays its own age-old history. The aim of the artist is to induce a dilation of the sensory organs such that visitors are able to make themselves as hollow as possible, receptive to all photonic presence, whether coming from the Sun or moon or from stars lightyears away and maybe even extinct; but also to every sound originating from the terrestrial environment or the immense stellar space enclosing us. On the first day of the visit, Jim advised us not to use photographic equipment or telecameras, but simply to take in the experience of Roden Crater. We followed his invitation reluctantly, but of course the artist was right. The visual and aural, and more generally sensory, stimuli in that place are so intense that you just have to yield to them, so as to awaken the more instinctive, animal side of your seeing and 3. James Turrell, South Lodge. Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by the author). 4. James Turrell South Lodge. Roden Crater, Arizona, 2009. The viewpoint facing the Painted Desert (Picture by the author). 5a-c. The tholos entrance to the Sun and Moon space. Roden Crater, Arizona, 2009. Image of the monolith placed in the center of the Sun and Moon space. Roden Crater, Arizona, 2009. (Picture by: a) Agostino De Rosa, b) Antonio Calandriello, c) Sissi Rosselli). 6. The Sun and Moon space as a dark room: the parastatic projection of the sky on the monolith. Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by Amos Zampatti). 7. The Alpha tunnel. Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by Amos Zampatti). 8. Alpha Space (East Portal). Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by the author). 225 feeling. You could never record on photographic film the light that our visual system reassesses and our anthropology interprets. No audio recording device is equipped to capture the immersive character of the sound that travels in a circle around the spaces and the underground tunnels, seeming to come from a remote past and making you at one with the primal tones of creation. The modern reluctance to believe that it could be possible to give physical consistence, material reality, and constructive substance to a dream is swept away at Roden Crater, making way for an ancient beauty seemingly unsustainable in our day. The history of architecture and scholars of all ages speak of visionary projects: the fleeting image, received in a dream from a sovereign of a now remote past, led inexorably to the construction of a city whose masonry perimeter mimed and amplified the pale of a sacred enclosure; and thus, the mystic inspiration that illuminated a prophet was translated into palaces with plans and dimensions that spoke an initiatory language made of numbers and proportions attuned to celestial harmonies. Nevertheless, this superior imagination, capable of distancing itself from the dust of history and aspiring to immortalize itself, seems for decades not to have registered new initiates capable of sacrificing their entire existence to realize that fleeting vision, that fateful dream of a universe so evanescent but perfectly coherent. The Roden Crater project revives this tradition, with one non-trivial exception: Turrell does not speak the language of the initiates and does not permeate his subterranean spaces with eremitism, but addresses our more basic (i.e., sensory) communicative system directly, urging us to undergo an experience that will stir our senses, taking us to a physiological, almost biological threshold of attention to the ways we see, feel, and perceive. Rather than explain the path to us, he invites us to experience the path; rather than depict the light, he urges us to immerse ourselves in the true light, even if this often assumes a consistency we know from the oneiric realm. Recognition of the long time-scale envisaged to complete the Roden Crater project led to the idea, taking shape in 2002 at the IUAV University in Venice and scientifically coordinated by me, to create an interactive digital model of the entire complex, thanks to which it would be possible to describe and document critically - both from a figurative and a technical point of view - the role that light, shadow, and the reading of celestial phenomena perform (now and in the future) in the definition of the architectural spaces planned by James Turrell. The results of this research, carried out with close contact between the Venetian team1 and the Californian artist, constituted the nucleus of a series of exhibitions 226 (at the Gino Valle Hall, IUAV University in Venice, in October 2007; at the Panza di Biumo Gallery and Collection, Varese, from June to August 2008; at the Galleria d’Arte Moderna, Palermo, July 2009; at Zentrum für Internationale Lichtkunst, Unna 2009; and at the Solomon R. Guggenheim Museum, New York 2011), and the associated catalogue2. Along with digital reconstructions of every individual installation, the exhibitions and catalogue principally feature the unique combinatorial methods of all the sciences involved in the works of Turrell, defining the roles that the project and its geometrical depiction play inside environments located at the frontier of architecture as such, landscape and environmental planning, and archaeo-astronomy. The sound environments of the exhibitions were organized by a team of musicians from the worlds of improvised jazz and contemporary electro-acoustic music (Eivind Aarset, Maria Pia De Vito, Maurizio Giri, Anja Lechner, Michele Rabbia and Huw Warren), who wrote and improvised the soundtrack of a digital video produced by Imago rerum IUAV, evocative of future terrestrial and celestial scenarios visible at the site. As may easily be inferred, the artistic input of James Turrell in the Roden Crater project involves multiple disciplines and interests, but each of them revolves around a static, constant, and omnipresent core (i.e., perception, principally visual) in his manner of structuring and de-structuring via the controlled use of light, both artificial and natural [figg. 11a-b]. As Theodore Wolff has commented, the work of James Turrell allows various levels of interpretation, namely “as aesthetically motivated; as a carefully calculated demonstration of certain laws as they apply to human perception and cognition; as a demystifying process leading to clearer understanding of man’s working relationship with his environment; as an investigatior of subtly transcendental or metaphysical states of mind” (Wolf 1985, p. 22). Despite Turrell apparently not attributing any mystic religious significance to his artistic creations, the archetype of light is powerfully active in them, ascribable to his Quaker roots and to the practical correlates of silence and the reception of light radiation. Right from the first, his spaces make use of a “limited” vocabulary of elements that are combined in accordance with the requirements of place or function, observing rigorous moderation in the formal solutions and choice of materials [figg. 1214]. The formal grammar of James Turrell is more or less based on a limited series of signs whose flexibility and beauty, in isolation or combination, make a series of “absolute concepts” from them akin to the linguistic usage of major contemporary Japanese architect Tadao Ando - with whom the artist has 9a-b. View of the roof of the Alpha Space (East Portal). Roden Crater, Arizona, 2009. Night view of the basin. In evidence, the coverage of the East portal. Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by: Alberto Falasco). 10. The underground access to the Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona 2006 (Picture by the author). 11a-b. Views of the skyspace inside the Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2009. Sequence of views, at sunset, of the skyspace inside the Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by: Alberto Falasco). 12. The access ramp to the crater. Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by the author). 13. View of the roofs of the Alpha Space (East Portal) and the Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by the author). 14. View of one of the four beds, cardinally oriented, of the Eye of the Crater. Roden Crater, Arizona, 2009 (Picture by the author). Image p. 114: The Alpha tunnel. Roden Crater, Arizona, 2009 (Photo by the author). frequently collaborated, as it happens. Two elements bring together the way Ando and Turrell use light in their work: first and foremost, the idea that light can be synaesthetically transformed into matter that can almost be touched, smelled, or heard. Says Ando: “Light gives objects as such an existence, and connects space to form. Isolated in an architectural space, a ray of light lingers on the surfaces of objects and evokes shadows in the background. When the intensity of the light varies according to changes of time of day or season, the appearance of objects also changes. But light does not become an object or acquire form until material objects have accepted and isolated it” (Ando 1984, p. 84). For Turrell: “In working with light, what is really important . . . is to create an experience of wordless thought, to make the quality and sensation of light itself something really quite tactile. Often people reach out and try to touch it.” (Adcock 1990, p. 2). The second aspect linking the two men is their interest in dissolving spatial frontiers. James Turrell, for example, has experimented with the possibility of filling an environment either with a haze of colored light so as to make the boundary of an environment difficult to make out, or with a shadow so that the energy outlines of the work are indistinguishable “from the idioretinal light generated in the retina by a random nerve firing” (Adcock 1990, p. 2). Tadao Ando, meanwhile, takes advantage of shadow to define unknown lands inside his buildings, in which physical boundaries, purely academic, are undermined by the mobility of slashes of light that reveal the more inaccessible and ritual nature of a space. Conclusions As a tool for pushing back the frontiers of perception and instilling knowledge of the phenomenal world, light is for James Turrell not a vehicle for information, but is in and of itself information: “My works are not a looking at, but a looking into; not the displacement of a space with mass, but the working of space; not objects in a room, but the room. The format is not things within space, but space itself ” (Adcock 1990, p. 36). With his light installations, Turrell creates volumes of light and shadow that are perceived as fluid substances, and the observer is disoriented by the awareness of their immateriality and the illusion that these nonetheless constitute perceptible entities, sometimes more so than real objects. “More than being about perception (something that could be said for minimal art or, for that matter, all art), Turrell’s light images of are composed of perception. His ‘objects’ are light and space, and they are so fundamentally integrated with perception that it becomes meaningless to separate the works from pysiological and psychological processes they disclose.” (Adcock 1990, p. 38). → Architettura, geometria e astronomia The question thus arises, whether the use of traditional methods of geometric representation and the theory of shadows is legitimate in the case of similar works (even via the more sophisticated software of digital renderings) to reconstruct the prismatic boundaries of their appearance. The reply ought to be in the negative. The works of James Turrell indicate the inadequacy of the idea of a rectilinear propagation of light - and thus also of shadow - and hint instead at the Quantum model prevalent today, though it has yet to find a coherent translation into infographical terms. But above all, these works spur us to observe shadowy phenomena altogether analogous to light, thus prompting to us to redefine in some way the laws of sight, and of sensory perception itself. Perhaps our inward eye, capable of reading the age-old stratifications - physical and metaphysical - of a naturally iconographic sign like shadow, has been dazzled by the Manichaean concept of a representation which, in illuminating every nook and cranny of its theoretical edifice, has responded to purely rational needs and tectonic or mechanical aims. In doing this, we have probably lost one of the added values of the graphic depiction, which, by precisely describing shadows, tries in a rush of hubris to pinpoint on paper or monitor the eternally changing motion of the Sun. Notes 1. The working group coordinated by the present writer is made up of Imago Rerum’s members. The digital work on the Roden Crater project was carried out at the IUAV University of Venice’s Department of Architectural Planning (dPA) and Digital Architecture Laboratory (LAR) between 2002 and 2007. 2. For details see (De Rosa 2007, AA. VV. 2009, Sinnreich 2009). 227 Representation of Time at Palazzo Spada between images and events Key words Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini Gnomonics Integrated survey 3D modelling Emmanuel Maignan Spada Palace Introduction This essay gathers insights from ongoing research on the artistic-architectural episodes in Palazzo Spada, realised during Cardinal Bernardino Spada’s commission and held together by a common thread: the representation of time between images and events. This topic is still recognisable today - regardless of when it was conceived, commissioned, and realised - between different types of images with direct and/ or indirect references to time and events in the palace. Today, scholars can interpret it according to their sensitivity and culture because it is above individual human actions, animating the seventeenth-century wunderkammer. From the 16th-century frescoes dating back to the 1548 and later 17th-century layouts, to the gnomonic sundial, to the accelerated solid perspective gallery by Francesco Borromini and Giovanni Maria Bitonto, time and its representation present themselves in different forms, revealing themselves through painting, architecture, sculpture, in a continuous of cross-references and relations between the real and the virtual. They are the result of geometric procedures and projections, images, therefore, to be considered as the outcome of applications of central projections, first and foremost perspective and gnomonics, which have in the Astrolabe their maximum abstraction. Visible to the human eye and usable in their architectural spatiality, they reveal a single design linked to the measurement of time declined in different narratives. Through the scientific disciplinary approach of drawing, the authors intend to grasp the cognitive value of the imaginal, which can only be identified in the magnificent Palazzo Spada through the consideration of the temporal variable. 228 Bernardino Spada, the formation of a patron The history of Palazzo Spada and the artistic episodes that most characterise it are inextricably linked to the thirty years Cardinal Bernardino Spada (1594-1661) spent in Rome, to his passions and to the contribution of his brother Virgilio (1596-1662). In those same years, the latter resided in the Oratory of the Chiesa Nuova and followed the main building sites of Baroque Rome as the secret almoner of popes Innocent X and Alexander VII (Haskell 2020, p. 106). Both brothers had received from their father, Paolo Spada (1541-1631), a passion for architecture and construction, a trait that would run through the entire Spada lineage and that would lead the family members not only to interact with the architects in charge of the works but also to actively participate in the design process, going beyond the role of commissioners. Bernardino directed his passion for building towards the role of patron, revealing himself to be as munificent and original as he was fickle and authoritarian. The uninterrupted succession of interventions in the Roman palace and the criticism his brother Virgilio includes in Bernardino’s biography in this regard bear witness to this (Tabarrini 2008, p. 4). The family’s Romagna origins - Bernardino was born in Brisighella near Forlì - and his important position as papal legate in Bologna in the three years 1627-1631 explain the Cardinal’s artistic predilections and specific interests that can be traced both in his activities as a patron and as a collector. During his years in Bologna, Bernardino had the opportunity to appreciate the great Emilian figure painters, such as Guido Reni and Giovan Francesco Barbieri (il Guercino) - which both portrayed him in two pieces that are still in the Spada Gallery collection today - as well as virtuoso quadraturists such as Girolamo Curti (il Dentone), Angelo Colonna and Agostino Mitelli. The latter two would be called upon in 1635 to paint the quadratures for the Great Hall (today the Hall of Pompeo and/or Aula delle udienze) (Cannatà 1992, pp. 39-42). The three-year period in Bologna was an important test of Bernardino’s skills because a plague epidemic characterised it. The Cardinal’s education, his interest in architecture, his ability to read the city and how its citizens used it, led him to take numerous actions, including constructing a new lazaretto outside the walls. But the choices made by Bernardino, that we know thanks to the Raccolta di tutti li bandi, ordini e provvisoni Fatte per la città di Bologna in tempo di Contagio Imminente, e Presente, Li anni 1628. 1629. 1630. & 1631. Dedicated to the Emin.mo e Revr. mo Sig.Cardinal Spada Nel suddetto Tempo. Meritissimo legato di Bologna. In Bologna per Girolamo Donini Stampatore Camerale MDCXXXL, do not only con- cern spaces but also the methods and times of use by citizens, and therefore required, for their adoption, a sensitivity to the measurement and control of both spaces in terms of prediction and, therefore, time [fig. 1]. The Spada brothers also shared important scientific interests, particularly those related to optics and astronomy, which were inextricably intertwined with the theme of central projections, perspective and its various applications. Both held in their collections geographical and astronomical measuring instruments, preserved in the Spada Gallery collection, those of Bernardino, and in the Vallicelliana Library, those of Virgilio. It is precisely around these themes that we will see the significant interventions carried out in the palazzo in Piazza Capodiferro. Images and events at Palazzo Spada Bernardino’s focus on building transformations and enhancement through art and science is well illustrated by the chronology of his interventions on the palazzo (Farroni 2019). In the thirty years he spent in Piazza Capodiferro, numerous transformations were carried out, imposing a new layout and modifying what already existed, often even reworking what had just been modified (Neppi 1975, Tabarrini 2008, Urcioli 2017, Farroni 2019). The numerous decorative interventions promoted by Bernardino Spada were grafted onto the pre-existing 16th-century cycle, which was not alien to the theme of time, as shown by the painting La Verità svelata dal Tempo in the Galleria degli Stucchi that belongs to the pictorial cycle attributed to Giulio Mazzoni and French craftsmen (Cannatà 1992, pp. 39-42, Urcioli 2017, p. 65). The Cardinal’s scientific interests in astronomy and love for art drove him towards works where experimentation with the interplay between different disciplines was necessary. He also accumulated instruments such as the two globes, celestial and terrestrial, by Willelm Van Blaeu (c. 1630), or recalled these themes, for example in the frescoes by Angelo Colonna and Agostino Mitelli in the Pompeo Room (1635) where a character is depicted while intent on using a telescope. However, the pinnacle of theoretical-practical speculation, in which the representation of time is both image and event, is to be found in the vault of the gallery on the piano nobile, where the Cardinal ordered the realisation of the catoptric astrolabe designed by Emmanuel Maignan (1644) and painted by Giovan Battista Magni. The artwork’s protagonists are the Sun, light rays, mirror, celestial sphere and temporal dimension. At the same time, the Sun finds a further place in other rooms of the Casa dell’Arco, acquired by the Cardinal, in the rooms known as the Sun and the Zodiac (1653) [fig. 2]. → Architettura, geometria e astronomia Among these interventions, the catoptric astrolabe is the most emblematic because it explicitly links astronomical and projective skills to represent the measurement of time and the motion of the stars. Thus, it materialises the celestial sphere on the vault of the gallery on the piano nobile, implementing a process of investigation of Nature performed through the union of the mathematical sciences in connection with existing architecture, the barrel vault and the vertical opaque and windowed walls. Maignan’s astrolabe constitutes the ordering principle of the seventeenth-century spatial system desired by the Cardinal for his property (Farroni 2019, pp. 28-30). This new system is grafted onto the pre-existing structure, which is expanded and governed by considering the exposure to the Sun and resting on the north-south orientation of two new mutually orthogonal axes. The spatial development of numerous artistic episodes is hooked onto this new layout. In short, the mirror’s centre coincides with the centre of the façade on the courtyard, where, in turn, the axis of Borromini’s solid perspective is set between 1652 and 1653. The mirror’s centre becomes the fulcrum of a dynamic system, that of the solid perspective whose axis is rotated 131° to the North. The positions of the staircase bodies are not unrelated to this layout either, especially the one replacing the 16th-century U-shaped body towards the great garden. Thanks to the survey campaigns carried out by the authors between 2018 and 2021, it can be stated that the astrolabe-court system established in 1644 allows the solid perspective of 1652-1653 to find its reason to exist in that context, not remaining an isolated object, but enhancing the project of a wunderkammer on the scale of an urban block [fig. 3]. This statement is reinforced by the comparison between the survey data of the solid gallery with the project drawings preserved in the Albertina in Vienna. These include sheet Alb. AZ.Roma 335r [fig. 4], where there is also a freehand sketch of a rising Sun within a vaulted architectural system: the constructed solid gallery is rotated 41° to the east. Furthermore, the coherence between the project idea represented in the Albertina drawings and the realised work emerged. In fact, it develops between two square ‘limit’ planes (given the actual availability of physical space): a first entrance plane of 14x14 palms and a background plane of 7x7 palms. Within this interval, approximately 38 palms long (considering that the 7x7 palms plane is read on the penultimate row of columns), the foreshortening is developed, and its control is managed by the interruptions present in the structure (it is composed of four independent parts). The architectural elements (columns, entablatures, vault parts) in this interval have different points of convergence (Farroni, Man- 1. Frontispiece with the dedication to Bernardino Spada (Raccolta di tutti li bandi, ordini, e provisioni Fatte per la città di Bologna in tempo di Contagio Imminente, e Presente, Li Anni 1628. 1629. 1630. & 1631. Bologna: Girolamo Donini, 1631). 2. Artistic-scientific episodes related to the themes of time and astronomy: (a) Truth Revealed by Time (Galleria degli Stucchi); (b) Earth Globe, 1630; (c) Personage with telescope, 1635; (d) Catoptic astrolabe, 1644; (e) Sun Room with perspective painting, 1653 (Pictures by the authors). 3. Plan of the ground floor of Palazzo Spada with the main alignments highlighted (Drawing by the authors). 4. Francesco Borromini, sketch Alb. AZ.Roma 335r (Albertina, Vienna. Public domain). 5. Perspective gallery of Palazzo Spada: on the left, the four independent blocks; on the right, in blue, the front plane with the converging lines of the elements of the first column block; in red, the rear plane with the converging lines of the elements of the last column block (Drawings by the authors). 229 cini, Cecili 2022, pp. 73-87) [fig. 5]. The accelerated solid perspective is therefore also designed with projective criteria within a given space, with the same conditions as the astrolabe: constrained dimensions and orientation, a convergence area of a projective system, the mirror for the astrolabe and the statue at the bottom for the solid perspective. The cross-section of the palace passing over the catoptric astrolabe and the accelerated perspective gallery, thus on the mirror of the former and the longitudinal axis of the latter, shows a system not recognisable through fixed observation points but, rather, to be dynamically perceived through the fruition of the palace and thus linked to the passage of time [fig. 6]. The gnomonic catoptric astrolabe project The catoptric astrolabe holds together the seventeenth-century system of interventions at the scale of the building but also involves various elements within it: a ray of light (solar and lunar), a mirror that reflects it, a curved surface where the quadrant that receives the reflected image is depicted, an architecture that houses the space where the quadrant is painted, which in turn derives from the gnomonic projection of the horizontal catoptric sphere (Maignan 1648, Liber III Prop. XIX). The structure and formal composition of the dial are thus a function of the characteristics of the surface that houses it, the spatial configuration of the architecture, its size, orientation and location. The realisation of the image, then, is due to the use of scientific instruments for surveying and the reporting of measurements systematised, in this case, by Maignan himself (Farroni 2019, pp. 39-43). The astrolabe of Palazzo Spada is accurately described in Emmanuel Maignan’s treatise Perspectiva horaria (1648), allowing the authors, who had the survey of the actual state, to verify the relationship between the theory expressed in the treatise and the practical application witnessed by the Roman realisation. The treatise, it should be recalled, contains: theoretical assumptions, such as the conception of the horizontal catoptric sphere (Maignan 1648, Liber III Prop. XIX); conceptual exemplifications (Maignan 1648, Liber III Prop. XX); and operational exemplifications (Maignan 1648, Liber III Prop. LXXV) regarding the realisation of a catoptric sundial [fig. 7]. Following Maignan’s instructions, the positioning of the mirror and the tracing of the sundial line were both verified concerning the building (Maignan 1648, Liber II Prop. XII) and within the room that is to house the catoptric astrolabe (Maignan 1648, Liber III Prop. XXXVI) [fig. 8]. The meridian line establishes the reference for projecting all the other elements of the solar quadrant. Therefore, changing the mirror-meridian line sys- 230 tem position would result in a different configuration of the system of lines projected onto the vault, which, depending on the considered window, would be unbalanced for the room, eliminating the representation of some hours and the measurement of time during the day. The position of the mirror on the central axis of the façade facing south-east allows several conditions to be fulfilled: more hours of sunlight, greater balance between the parts of the composition, and thus optimisation of the ambience housing the astrolabe (Farroni 2019, pp. 33-39). The representation of time in the Palazzo Spada’s catoptric astrolabe is rich and articulate: it contains astronomical information, not just hourly. The network of lines that unfolds is a system of eight diagrams: four of which provide information on the time in as many conventional time systems (Italic, Babylonian, Temporal and Civil hours) and four of which provide astronomical information on the position of the celestial body with respect to the geometric models of the celestial sphere (altitude, azimuth, declination, astrological houses). Each family of lines has its writing in the quadrant, allowing the apparent clutter generated by the projection onto the vaulted surface to be untangled. They make it possible, for instance, to determine the current month or season by reading the Sun’s celestial coordinates (Farroni 2019) [fig. 9]. The vault survey As mentioned above, the vaulted surface that houses the quadrant of the catoptric astrolabe was the subject of an integrated survey carried out using laser scanner and photogrammetric techniques. The dual acquisition enabled us to obtain both accurate metric-morphological information, thanks to the point cloud from the laser scanner, and detailed chromatic information, thanks to the textured mesh from photogrammetry. The metric data from the laser scanner point cloud was used to scale and orientate the photogrammetric model, thus endowing it with the metric accuracy required for the subsequent analysis of the quadrant lines with their geometric reference models. The room on which the quadrant of the catoptric astrolabe insists measures approximately 21,30m in length and 3,40m in width, the vault sets approximately 4,40m from the floor and presents an ideal sloping keystone line, which ascends towards the East, on the Galleria degli Stucchi side, where it reaches a height of 2,50m [fig. 10]. The representation of the vault through two significant arrays of sections - horizontal at a distance of 10cm and vertical, passing through the gallery windows - provides immediate visualisation of the morphology of the masonry support, highlighting 6. Cross-section of Palazzo Spada through the mirror of the catoptric astrolabe and the longitudinal axis of the Perspective Gallery. Possible viewpoints of the gallery are marked in red (Drawing by the authors). 7. Emmanuel Maignan, Perspectiva horaria, 1648: from left to right, Liber III Prop. XIX, XX and LXXV. 8. Three-dimensional review of the procedures described by Emmanuel Maignan to draw the meridian line of the catoptric astrolabe (Graphic elaboration by the authors). 9. Giovan Battista Magni (designed by Emmanuel Maignan), Palazzo Spada's Catoptric Astrolabe, 1644 (Picture by the authors). 10. Integrated survey of the catoptric astrolabe: plan and longitudinal elevations of the gallery vault (Graphic elaboration by the authors). specific characteristics: the brain of the vault rises about 40cm towards the East, where the Galleria degli Stucchi is; the compartments of the five real windows of the gallery have substantially similar shapes, except for the window C, which houses the mirror and was, therefore, the subject of a specific enlargement intervention; the impost line on the left side of the sections, facing the main staircase, shows a progressive rise that culminates at window C and then descends again [fig. 11] (Mancini 2019, p. 91). The small windowsill of the central gallery window, corresponding to section C, houses the mirror of the catoptric astrolabe, which is therefore 4,70m above the floor. According to the geometric model of the horizontal catoptric sphere illustrated by Emmanuel Maignan in his treatise (Maignan 1648, Liber III, Prop. XIIII, XIX), the horizon line of the quadrant should be at the same height as the mirror but, in the case of the Palazzo Spada, however, is 10cm lower (Farroni 2019, pp. 36, 78). The accuracy verification of selected line systems The first necessary operation to proceed with the geometric analysis of some line families belonging to the quadrant of the catoptric astrolabe consists of reconstructing its geographical and astronomical orientation. The axis of the gallery that houses the astrolabe is oriented according to an azimuth angle of 43°, while the geometric model of the celestial sphere must consider the latitude of Rome. Therefore, choosing the mirror’s centre as the origin of the reference system, the equinoctial plane is inclined by sented within the limits of the solar quadrant. The limits of the quadrant are identified on the vault by two decorative bands converging towards the central window and the mirror. These bands are identified by the intersection of the vault with two vertical planes that, when extended, intersect the celestial sphere and circumscribe the portion corresponding to the astrolabe quadrant. The identified portion of the sky has an amplitude of 136°, between azimuth angles of 26,3° and 162,3° [fig. 13]. Given the gallery’s orientation and the latitude of Rome, this portion of the sky only includes some lines that allow the different types of information on the vault to be read. Three significant line systems, characterised by different geometric genesis, were identified to assess the precision with which the Palazzo Spada’s catoptric astrolabe was realized: the astronomical hours, the lines of equal azimuth and the lines of equal height, otherwise known as almucantarat. Each system was therefore isolated on the gallery vault, redrawn on the surface of the photogrammetric model and compared with its reconstruction obtained through its own geometric reference model. For a complete reading of the comparison between the pattern of the surveyed and the reconstructed lines, the vault was then developed on the plane. The deviations between the surveyed and reconstructed lines were described through the mean distance and mean square deviation values, used respectively to interpret the mean construction accuracy and the distribution of the measured errors [tab. 1]. Line system Average deviation [cm] Mean square deviation [cm] Astronomical Time Lines 2,05 2,31 Equal azimuth lines 3,96 8,93 Equal height lines (mirror height) 6,54 5,21 Equal height lines (horizon height) 5,15 3,63 42° (as indicated by Maignan) to the Zenith and is hinged around the cardinal East-West axis. The celestial North Pole is orthogonal to this plane. Two other planes, parallel to the equinoctial and positioned at an angular distance of ±23.5° from it, identify the solstitial planes and, thus, the spherical band where the sun’s apparent motion in the sky of Rome takes place (Pagliano 2020, pp. 23-28) [fig. 12]. Once the orientation of the reference system has been reconstructed, it is possible to verify which part of the spherical band of the sky is actually repre- → Architettura, geometria e astronomia The astronomical hours are represented in the previously identified spherical portion by arcs of maximum circles, generated by the intersection of the spherical portion with a proper bundle of 24 planes (one for each hour of the day) that progressively rotate 15° around the axis pointing to the Celestial North Pole. Their corresponding representation in the quadrant of the catoptric astrolabe is composed of curved plane lines generated by the intersection with a similar bundle of planes subjected to the specular reflection effect due to the catoptric functioning of 11. Contour plot and cross-sections of the astrolabe gallery vault (Drawing by the authors). 12. Geographic and astronomical orientation of the catoptric astrolabe (Graphic elaboration by the authors). 13. Identification of the boundary planes of the catoptric astrolabe quadrant (Graphic elaboration by the authors). 14. Astronomical time system: top left, generation of the time lines on the celestial sphere; top right, generation of the time lines on the quadrant of the catoptric astrolabe; bottom, comparison of the surveyed (black) and reconstructed (yellow) traces with false-colour map of the measured deviations (Graphic elaboration by the authors). 231 the sundial. The astronomical hours that fall within the range of the Palazzo Spada quadrant are between 6 a.m. and 1 p.m. However, due to the conformation of the palace’s central courtyard, which prevents the sun’s rays from entering early in the morning, not all of them are legible. The average deviation between the surveyed curved lines and those reconstructed through the geometric model is 2,05cm, with a mean square deviation of 2,31cm. Their combined reading indicates a high level of correspondence between the two systems of lines and a homogeneous distribution of the deviations and, therefore, a considerable accuracy in tracing the lines on the vault [fig. 14]. The equal azimuth lines are represented in the portion of the celestial sphere by arcs of maximum circles, generated by the intersection with a proper bundle of 36 planes that rotate progressively by 10° around the axis pointing to the Zenith. Their corresponding representation in the quadrant of the catoptric astrolabe is composed of curved plane lines generated by a similar bundle of planes subjected to the effect of reflection that, due to the coincidence between the direction of the axis of the bundle and the normal to the reflection plane, coincides with the first bundle of planes. There are 14 lines of equal azimuth that fall within the quadrant of the catoptric astrolabe and cover the spherical portion from azimuth 70° to azimuth 200° relative to North. The mean deviation between the surveyed and reconstructed curved lines is 3,96cm, with a mean square deviation of 8,93cm. These indicate a distribution of deviations characterised by significant fluctuations that, thanks to the deviations visualisation on the plane development, we can see concentrated at the marginal lines of the left half of the vault, the one towards the Hall of Pompeo [fig. 15]. The equal-height lines or almucantarat were reconstructed twice to verify whether the previously highlighted mismatch between the height of the mirror and that of the horizon line has any influence on this particular system of curves. In fact, due to its geometric generation, these lines are more sensitive to the position of the centre adopted for the reference system. The equal-height lines are represented on the celestial sphere by circumferences of variable radius generated by the intersection of the sphere with a family of 8 coaxial cones, with the axis directed towards the Zenith, common vertex and inclination of the generatrix progressively increasing by 10° to the common axis of revolution. Their corresponding representation in the quadrant is composed of skew curved lines generated by the intersection between the vault and a family of cones analogous to the previous one but subjected to the specular reflection transformation by the mirror. As in the previous case, the two families of cones coincide because of the co- 232 incidence between the direction of the surface axis and that of the normal to the reflection plane. The lines of equal height in the quadrant vary between 0° and 80° degrees to the horizon. The comparison between the surveyed lines and those reconstructed through a family of cones with vertex coinciding with the mirror shows an average distance of 6,54cm with a mean square deviation of 5,21cm and a peculiar distribution: the best correspondence is in the window sill, in the immediate proximity of the mirror, while the curves on the vault, those most essential for reading astronomical information, show a more significant and almost constant deviation. This error distribution suggests a systematic error. The countercheck was performed by reconstructing the lines of equal height considering the elevation of the horizon line, which is 10cm lower than the mirror height: the reconstruction shows a lower error than the previous one, equal to 5,15cm, with a significantly lower mean square deviation of 3,63cm. The distribution of the error is also significantly different from the previous one: it is reversed, as the most significant errors are now detected in the window sill, while the correspondence of the lines in the valuable part of the quadrant, the one that belongs to the vaulted surface of the gallery, improves considerably [fig. 16]. Conclusions The above suggest some concluding reflections on the themes. There is a tangible, sometimes invisible, connection between architecture and astronomy that regulates the spaces of the palace and its use through geometry. This can be read in the plan correspondences, which hold together the new 17th-century interventions by linking them also to the staircase bodies, an unprecedented connection that will require further and specific verification. About the Astrolabe, the height of the mirror and the horizon represented on the vault are different; therefore, the two elements do not seem to belong to the same plane as they should according to the geometric reference model set out in Maignan’s Perspectiva horaria. This characteristic could refer to an integrated method of constructing the quadrant, based both on the use of the instruments described by Maignan and on the support of a traditional sciateric quadrant. The latter could have considered the height of an auxiliary gnomon with its vertex coinciding with the mirror and its foot at the height of the horizon represented 10cm lower (Maignan 1648, Liber III Prop. LXXV). This peculiar aspect of the Palazzo Spada astrolabe will require further comparisons with the treatise Perspectiva horaria and specific digital simulations of the geometric reference models and the possible onsite strategies adopted for its realisation. 15. Equal azimuth line system: top left, generation of lines on the celestial sphere; top right, generation of lines on the quadrant of the catoptric astrolabe; bottom, comparison of surveyed (black) and reconstructed (lavender) traces with false-colour map of measured deviations (Graphic elaboration by the authors). 16. Equal-height line system: top left, generation of lines on the celestial sphere; top right, generation of lines on the quadrant of the catoptric astrolabe; centre, comparison of surveyed (black) and reconstructed (cyan) traces from the mirror elevation, with false-colour map of measured deviations; bottom, comparison of surveyed (black) and reconstructed (cyan) traces from the horizon line elevation, with false-colour map of measured deviations (Graphic elaboration by the authors). Image p. 126: Giovan Battista Magni (designed by Emmanuel Maignan), detail of the Astrolabe catoptric in Palazzo Spada, 1644 (Photograph by the authors). The analyses performed on the preliminary systems of lines presented here show a high degree of correspondence between the surveyed lines and the geometric reference models, against which they present average deviations between 2,05cm and 5,15cm, with relatively small mean square deviations, especially regarding the systems of astronomical hours and equal-height lines. It is also intended to proceed with verifying the attributions of certain survey and design drawings of the palace to certain extensors, following the results on the geometric-astronomical relations between the architectural elements and figurative apparatuses created during the period of the Spada Veralli property. The experimentation through virtual simulations that explicitly reveal these relations is also in planning. As part of the study of the relationship between theory and practice in the work of Emmanuel Maignan, it is deemed necessary to compare the quadrant tracings and their respective geometric reference models to gain a complete overview of the accuracy of the work. Based on this information, it is also intended to simulate with digital and analogue prototypes the functioning of the tools illustrated by Maignan for line drawing on the construction site. A final aspect to be investigated concerns the actual daily period of operation of the sundial, in relation to the physical limits imposed on the light entrance by the courtyard’s architectural structure, and the verification of possible astronomical alignments between the most significant episodes of Palazzo Spada. Geometries of light for sundials’ restoration Key words Alessandra Pagliano Projective geometry Solar clocks Sundials Gnomon Celestial sphere Gnomonics and sundials between neglect and disuse: a fragile cultural heritage to be preserved The time measurement in antiquity and until the 19th century was based on the observation of astro- → Architettura, geometria e astronomia nomical phenomena cyclicality: ancient communities for centuries tied daily routines and their own annual recurrences on the periodical occurrence of monitored phenomena in the sky. In fact, gnomonics is a very ancient science and has its origins in the earliest experiments in measuring time by evaluating the length of the shadow cast by a stick fixed to the ground. This simple ante litteram gnomon made it possible to know an approximate measure of time and space: in fact, the shortest shadow marked the direction of the south and thus the time when the Sun assumed its greatest daily height above the horizon plane, and the longest ones indicated with the directions of the east and west, both significant because they were associated with the rising and setting of the Sun, respectively. Thanks to gnomonics, ancient people worldwide had a computable reference of the also intangible and distant astral motions as the gnomon’s shadow brings back to the ground what, in the absence of modern technological instruments, would instead have been impossible to measure in astronomical terms. The first measurement of the Earth’s meridian by Eratosthenes1 is also due to the shadow cast by sunlight, and some critics report an empirical method used by Thales, as early as the 7th century B.C., to determine the height of pyramids thanks to the similitude between two triangles that contain the length of the shadow cast by the monument and the shadow cast, at the same moment (and thus according to the same inclination of the sun’s rays), by a wellknown-length rod stuck to the ground. Astronomy but also geodesy, architecture, mathematics and geometry are the disciplinary fields to which gnomonics, as an autonomous science, has traditionally been joined, sometimes drawing important and basic notions from them, and at other times offering itself instead as a tool for geometric investigation and verification. Such refined knowledge produced several extremely valuable instruments, such as sundials, portable and fixed sundials, astronomical tables, sextants, astrolabes and armillary spheres, whose scientific and technological value is only equal to their artistic refinement. For thousands of years, then, sundials have regulated the activities of all the people around the world, and, in contrast to what may be commonly thought, the advent of the first mechanical clocks did not weaken their essential function and spread. Trying to retrace the steps that led to their gradual abandonment instead, we mention that since the 1800s there was the emergence of the need to detach time measurements from the specific geographic location, because railroads finally allowed rapid and more extensive trips than ever before. In Italy alone there were, until the mid-1800s, at least six different railway hours (Tu- 233 rin, Verona, Florence, Rome, Naples and Palermo), from which the need to adopt a single one, referring to the city of Rome, as already carried out in Great Britain in 1848 with the adoption of Greenwich for all British localities. This decision was gradually applied to the entire peninsula’s civic life as well, leading to the emergence of the concept of Universal Coordinated Time, imposed by law as convention to be mandatorily adopted in spite of the millenary gnomonic measurements made by means of sundials. This transition was linked to the universal adoption of the longitude concept, i.e., the division of the entire globe into twenty-four sectors of constant amplitude, roughly equal to 15°, and the consequent imposition of a single time reference for all the places included in each zone. Geodesy and chronometry then became increasingly distant from local solar time, with the consequent abandonment of gnomonic studies and the emergence of the modern concept of time, conventional, rhythmic, constant, universally recognized. At the same time, in the field of astronomy, technological advances made it possible to construct equipment capable of observing distant celestial bodies without using gnomonics and geometry to “bring to the ground” what was previously immeasurable in the sky. Gradually, then, sundials lost their multidisciplinary functions, some fading over time until they were completely erased. Italy can be considered as the country of sundials, with about 20,000 dials surveyed2, testifying to the propulsive role that, since ancient times, our country has played in the field of astronomy and gnomonics. In this rich scenario, Campania region can boast the production of numerous sundials of very high artistic and scientific value, unfortunately not adequately valued, due to the gradual dissipation of this millenary culture. Some are in a dilapidated condition, others lost their dial lines or the gnomon, and still others have undergone inappropriate restorations that have altered their functionality. It frequently happens that, many valuable sundials gradually disappear from the walls of buildings or churches after a slow agony: initially they fade, eroded by weathering, until they leave only a few poorly recognizable lines. Then, the absence of scientific expertise in the field of gnomonics frequently inhibits restorers from reconstructing the horary grid layout or relocating the fallen gnomon. A sundial, before being a wall painting, is a scientific instrument and it needs to be properly interpreted even in the simplest re-drawing operations: In fact, too often it has happened that the original graphic differences between the painted or engraved lines that allowed for the correct and easy reading of the time have been subverted, thus altering the histori- 234 cal evidence and in any case condemning the sundial to oblivion consequent to its poor decipherability. According to the modern standards of protection, preservation and enhancement of Cultural Heritage, the neglect to which sundials are destined appears particularly unusual, both in comparison with other ancient technological devices no longer in common use (hourglasses, astrolabes and armillary spheres are preserved, restored and musealized with great care), and in comparison with architectural decorations and sculptural elements that are carefully repaired because they are integral and significant parts in defining the appearance of the facades of monumental buildings. However, in addiction to the time measurement, which is no longer useful for daily activities, a sundial can still provide a range of undoubtedly useful information such as: 1. the real solar local time; 2. the main cardinal directions and the orientation of the facades which it belongs to; 3. the apparent motion of the Sun along the Zodiac constellation belt; 4. the date, the declination of the Sun, the zodiac constellation in which the Sun is located, the length of the day; 5. the tangible evidence, direction and speed of the Sun’s apparent motion. Due to neglect and the inability of adequate restoration, sundials constitute a cultural heritage that urgently needs to be saved through protection and recovery actions, but most importantly, through the dissemination of the knowledge of this ancient expertise that is in danger of a quick dispersion in the coming decades. Geometries of light for sundials’ design and restoration Solar quadrants are the graphic representation on earth of the main circles of the ethereal celestial sphere3. This representation is made by projecting lines, i.e., the light rays that align the different positions assumed by the Sun - during its apparent diurnal and annual motion - with the gnomon’s tip and its shadow cast along the surface of the quadrant. The constancy of diurnal and annual light phenomena has allowed astronomers to create a geometric model for reading, analyzing, and measuring these manifestations, which places the Earth at the center of a system formed by two concentric spheres; the celestial one envelops it and has a but arbitrary radius so determining the regular surface along which the Sun traces its apparent motion paths. In fact, each day the Sun traces a circular path whose length depends on the specific date of the year. These arcs all have the same orientation, 1. Geometric model of the Sun's apparent path on the celestial sphere for a given latitude (Graphic elaboration by the author) 2. Geometric model of the light cones for the solstices (Graphic elaboration by the author). 3. Celestial sphere with the hour circles of the current time system (French hours) showing the 10 o'clock plane (Graphic elaboration by the author). 4. Great cloister’s sundial before restoration (Photo by the author). 5. The celestial sphere for the latitude of Naples with hour circles according to the Italic chronometric system (Graphic elaboration by the author). their inclination on the plane of the horizon depends on the latitude of the place considered [fig. 1]; only one of the diurnal paths along the sphere, passed through by the Sun, is a maximum circle, divided exactly in two by the celestial equator which intersects it at the cardinal points of east and west. This curve corresponds to the two days of the year when the same number of hours of light (along the semicircle above the plane of the horizon) and darkness (along the semicircle below the plane of the horizon) can be observed, namely, March 21 (spring equinox) and September 23 (autumn equinox). Two other dates are always represented in the sundials and they are June 21st (summer solstice) and December 21st (winter solstice), days when the number of daylight hours (in which the Sun is above the celestial equator) is minimum and maximum, respectively. Such diurnal circles have different lengths because, not passing through the centre of the sphere, the circles are not maxima. There is also an angular relationship between the straight lines joining the centre of the sphere with the points the positions of the Sun, along the principal meridian North South, assumed at noon on the above days and depends on the value of solar declination, which is the same for all places on earth, and varies from the null value during the equinoxes to the maximum positive value of 23°27’ during the summer solstice to the minimum negative value of 23°27’ at the winter solstice, measuring the angle of inclination of the light rays on the earth’s equator on a given date. For each date during the course of the year, it is possible to identify a cone having its vertex in the tip of the gnomon (or in the centre of the heliotropic hole in the case of darkroom sundials), which itself coincides with the centre of the celestial sphere. The directrix of each cone of light is the circular diurnal path of the Sun along the surface of the celestial sphere [fig. 2]. We can call them actually “cones of light”, echoing Riccardo Migliari’s definition4, with respect to the surface part between the circular directrix on the celestial sphere and the vertex, to thus differentiate them from their respective second flaps - extending from the vertex to the quadrant of the sundial which can instead be defined as “shadow cones” and whose intersections determine the diurnal lines to be drawn on the sundial. Regarding the hour lines, they are determined by intersections of the dial with the hour planes, bordered by the circumferences traced by the union, on the celestial sphere, of those points in which the Sun marks the same hour on different days of the year [fig. 3]. The sundial thus becomes a ‘geometric model of time’ as a three-dimensional graphic representa- → Architettura, geometria e astronomia tion of an astronomical phenomenon. The problem of drawing a sundial of any shape thus becomes a purely geometric question of intersection among the surface on which the gnomon casts its shadow and the diurnal light cones and hour planes determined on the celestial sphere for that specific latitude. In the present-day French-hour chronometric system, a beam of planes is thus determined having its axis coincident with the line connecting the centre of the celestial sphere and the polar star, placed in the celestial north pole. The restoration of monumental sundials: the cases of the Charterhouse of San Martino (Na) and the Royal Site of Carditello (Ce) The possibility of analyzing and describing the apparent motion of the Sun using a purely geometric spatial model has allowed me, in recent years, to restore some valuable sundials of the monumental heritage in Campania, applying the geometric method just described, which is based on the alignment of the three basic gnomonic points: the Sun’s position on the celestial sphere, the gnomon’s tip and its shadow at the intersection of the light ray passing through the first two. The shadows, thus become an unequivocal graphic representation on the solar quadrant of the different positions mutually assumed by these three significant points, which maintain a constant alignment along the light ray, in its dual geometric valence of luminous and projecting line. Graphical processes derived from the aforementioned geometry of light phenomena applied to gnomonics have been the common tool for the analysis and restoration of sundials in widely varying conditions of deterioration, without the need for specialized software in the field of gnomonic. In this way, I was able to control the whole process of any deviations, inaccuracies and dissimilarities between the calculated line grid and the one to be restored. The vertical sundial of the Great Cloister in the Certosa di San Martino in Naples Along the main facade of the Great Cloister are placed two ancient circular clocks. On the right side there is a mechanical “six-hour” clock, and on the symmetrical position there is a vertical sundial, also circular and equal in diameter [fig. 4]. For about a century, only the original gnomon infixed into the wall remained of this monumental sundial. This is a metal rod with a rounded tip, which protrudes 40 cm from the wall in a perpendicular direction and thus assumes the term “orthostylus.” The restoration of the sundial’s functionality thus consisted in redrawing the time grid of lines, which was practically illegible as it had partially faded over time, 6. Gnomonic declination of the cloister facade containing the sundial (Graphic elaboration by the author). 7a-b. Gabriele Carelli, The Great Cloister of the Charterhouse of San Martino (1853). Overall view and detail of the sundial. 8. Calculation of solstitial hyperbolas by the intersection of the sundial’s surface with light cones (Graphic elaboration by the author). 9. Determining hour lines as the intersection of the hour planes (in the Italic hour chronometric system) with the sundial’s surface (Graphic elaboration by the author). 10. Redrawing the time grid in relation to the gnomon (Graphic elaboration by the author). 11. Restored sundial, 2018 (Photo by the author). 12. The Royal palace of Carditello (CE) (Photo by the author). 13. The turret with the morning sundial, with its French hours, observed from the balcony of the main floor; state of the building before restoration (Photo by the author). 235 subsequently covered by several layers of white paint during the 20th century, to erase the decay. The hour lines and the declination lines (the daily ones) were redrawn according to the position of the tip of the gnomonic rod (coinciding with the vertex of the cone and centre of the celestial sphere), the latitude of the place (which determines the inclination of the diurnal circles on the celestial sphere above the plane of the horizon) and the gnomonic declination of the wall (coincident with the plane that operates the section of the cone of shadow). The sundial’s quadrant at the Certosa, in gnomonic terms, is declining 75° to the east as it offers its surface to the rays coming from the east because of the anti-clockwise angle (of 75°) by which it is rotated with respect to the east-west laying, which is assumed to be zero declination [fig. 5]. The redesign of the ancient grid of time lines in relation to the existing gnomon required the proper setup of a 3D model of the celestial sphere for the latitude of Naples (40°51’ N), with the identification of the diurnal circles of the days corresponding to the solstices and equinoxes and with the hour circles related to the Italian-style chronometric system [fig. 6]. From the historical photos it is noticeable that as early as 1910 the sundial’s lines were already illegible: the rapid fading of the painted hour lines, but especially the abandonment of Italic hours in favour of French ones, certainly determined the sundial’s gradual oblivion. A painting by Gabriele Carelli [figs. 7a-b], titled The Great Cloister of the Carthusian Monastery of San Martino (1853) depicts a perspective view in which both clocks appear in detail, and from this evidence it was possible to understand that the sundial’s chronometric system was the Italic one, with its typical upward progression toward the twenty-third hour. However, it is not possible to say with certainty whether the time system was the Italic system or the ad usum campanae system, which appeared in Italy a few centuries after the introduction of the Italic hours, when the bell towers of civic towers began to sound the Ave Maria half an hour after sunset, at dusk, the time of the actual end of daylight brightness, which was closely followed by the population for the recitation of the Angelus. In the Italic hour system, the counting of daylight time began at sunset, from which twenty-four hours were numbered until the next sunset with the main advantage of simplifying the calculation of the remaining daylight hours by simply subtracting the hour marked on the dial from the total twenty-four into which the day was divided. Darkness was, in fact, the most feared danger among ancient peoples: shepherds feared lingering in the pasture and losing their animals in the darkness, peasants feared returning in the dark from 236 the fields, and merchants preferred to bring goods back to their extra moenia dwellings in safety from brigands and marauders otherwise favoured in their robberies by the dense darkness. In the specifics of the geometrical operations carried out, the day line measuring the date of December 21st is obtained as a hyperbolic conic section at the intersection between the plane of the facade along which the quadrant is arranged and the luminous cone, having a vertex coincident with the gnomon’s tip and its plane directrix coincident with the circumference corresponding to the winter solstice on the celestial sphere [fig. 8]. By a similar geometric process of intersecting the quadrant with the light cone having a directrix coincident with the Sun’s diurnal circle on the 21st of June, it was possible to determine the hyperbolic curve that the shadow cast by the gnomon’s tip throughout the day [fig. 9]. In 2018, thanks to the project I provided to the direction of the Naples Museum Pole, the sundial was painted back into the circular frame below the gnomon, and thus the clock is now in working order again [figs. 10, 11]. In analogy to what Carelli portrayed, the diurnal lines were repainted along the dial with the color red, calibrating the thickness on the basis of the original traces of color still present and verifying, for the purpose of optimal time legibility, that this width was slightly wider than that of the shadow cast by the gnomon. The restoration of the sundials at the Royal Site of Carditello The Royal Site of Carditello in San Tammaro (CE) [fig. 12], hunting lodge of King Ferdinand IV of Bourbon, built by architect Francesco Collecini in 1787, has the interesting peculiarity of the presence of four majestic vertical sundials designed by astronomer Giuseppe Cassella, who is the astronomer who previously designed the sundial in the grand hall of what is now the National Archaeological Museum in Naples. The sundials are placed in pairs along the two outermost turrets of the complex; these are majestic examples of flat sundials within a 5.20x5.20-meter stucco frame. Despite their impressive size absolutely not unremarkable, the sundials are almost completely absent from the historical descriptions of the Royal site. Two of them face the major access roads to the site from the southwest and southeast and thus were originally visible to those about to enter the perimeter of the palace, Two others face instead inward, symmetrically placed with respect to the circular temple in the center of the oval-shaped gallop, in favour of the balcony of King Ferdinand IV’s chamber, from which the king loved to look out to enjoy the equestrian spectacle [fig. 13]. 14. Status before restoration (Photo by the author). 15. First geometric verifications based on the digital photogrammetric survey (Graphic elaboration by the author). 16. Finding of some engraved traces after cleaning the plaster (Photo by the author). 17. Pictorial restoration of lines based on found engravings (Photo by the author). 18. Determining the position of the orthostylus tip (Graphic elaboration by the author). 19. Sundial No. 1 after restoration; Italic hour chronometric system ad usum campanae; motto: (the Sun) always is the same either rising or setting; example of reading: the end of the shadow cast by the gnomon (red dot) falls midway between hour line No. 14 and No. 15, so 24-14,5= 9,5 hours are missing at sunset (the beginning of darkness). The date is indicated by the hyperbola of the summer solstice (June 21st) (Photo by the author). Two of the four sundials feature the Italic chronometric system: the two inward-facing clocks, in favour of the king’s point of view, are strongly declining and therefore mark only a few hours of the day. In particular, the one observed to the right from the balcony has a French-hour timekeeping system that measures time from 6:00 to 10:00 as it goes into shadow thereafter. On the left we find an Italic hour clock with seven hour lines from No. 17 to No. 23, with the characteristic rising trend toward the twenty-third hour, which measured the arrival of sunset and thus of darkness. During the first inspections in 2017, the sundials’ lines, carved into a heavily damaged and even partially collapsed plaster surface, were barely visible [fig. 14]. Three of the four sundials were without the gnomon: the only surviving one, which cast shadows in a French hour quadrant was orthostylus, that is horizontal and perpendicular to the façade plane. The problems involved in restoring the four sundials in Carditello were very different from those faced for the clock in the Charterhouse of San Martino in that it was first necessary to survey the sundials in order to get the flat layout of the timelines, as well as to determine the length and precise position of the gnomon still fixed into the wall. The sundials were at the first stage surveyed by digital photogrammetry [fig. 15] to obtain a high-definition textured 3d mesh model from which to deduce the location of visible engravings. Next, scaffolding was then erected to clean the surfaces from the efflorescence, an operation that brought to light numerous other incisions that would haven’t otherwise been visible [fig. 16], and of which a direct survey was made by abscissae and ordinates, in order to integrate the 3d model derived from the photogrammetric survey carried out earlier. Numerous gaps due to plaster detachments had led to the loss of some parts of the lines and therefore it was necessary to redraw the complete grid integrating the gaps in addition to interpreting the complete phrases of the mottos, in Italian in the case of the Italic hour sundials, in Latin for the two French hour sundials. The Motto is traditionally an integral part of a sundial; it is its maker’s message addressed as a warning to anyone who stops to read the time. The message is sometimes cautionary, mockiery, poetic, religious, often philosophical; since they are instruments for measuring time, the motto often warns about the caducity of earthly things and about the death. Other times the motto, according to ancient folk wisdom, stimulates thoughts on the Sun and on the time. Few traces in black colour were found along the hour lines, still visible due to the engraved edges in the surviving plaster, while the hyperbolic curves of the solstices appeared extremely fragmentary and → Architettura, geometria e astronomia only slight outlined with faint traces of dark red colour, without any engravings. However, the timelines ended exactly along these hyperbolas and therefore were redrawn as an interpolation of the endpoint of the timelines [fig.17]. Once the project of pictorial restoration of the time grid was finished, it was necessary, for three of the four sundials, to find the position and the dimensions of the orthostylus. The operation was carried by drawing in the 3d model the alignments among the Sun’s positions on the celestial sphere for the latitude of San Tammaro and the points on the corresponding engraved lines where the gnomon to be restored should cast its shadow [fig. 18]. The three-dimensional model equipped with high-definition textures allowed us to geometrically verify the gnomonic functioning, highlighting some widespread inaccuracies especially at the solstitial hyperbolas: being, however, a restoration of the historical traces present on the solar quadrant and not just a geometric re-drawing as operated, in the total absence of historical marks in the Charterhouse of San Martino, I decided to maintain, where visible, the ancient lines without any corrections, simply integrating the missing portions due to plaster collapses and marking each new integration with the date of the restoration, painted with small lettering along the new lines, invisible from the floor level but instead obvious to any future scholars wishing to examine the sundial in more detail for cultural and scientific purposes. The position and size of the gnomon were then determined with reference to the equinoxes’ straight line, accepting some minor approximations in the lateral parts of the quadrant, where the measurement of time is sometimes less accurate [figs. 19-22]. Note 1. The first estimate of the terrestrial meridian dates back to the Hellenistic period, having been made by Eratosthenes in the 3rd century BC. For more details see (Agnoli 2004). 2. http://sundialatlas.net/atlas.php?cmbm=1 3. The celestial sphere is a geometric model for representing the Sun's apparent motion, still in use today by the scientific community, especially for gnomonic and archaeo-astronomical researches, despite the now-established astronomical heliocentric system beliefs. 4. See (Migliari 1984) for more details on the geometric model describing the apparent motion of the Sun. 20. Sundial No. 2, French hour chronometric system; motto: Hora terit horam; example of reading: the end of the shadow cast by the gnomon (red dot) touches hour line n. X, so 10 hours have passed since midnight. The date is indicated by the equinoctial line, so it can be March 21st or September 23rd (Photo by the author). 21. Sundial No. 3; Italic hour chronometric system ad usum campanae; motto: Volan i giorni e gli anni; example of reading: the end of the shadow cast by the gnomon (red dot) touches hour line No. 18, so 24-18= 6 there are six hours before sunset . The date is indicated by the equinoctial line, so it can be March 21st or September 23rd (Photo by the author). 22. Clock No. 4; French hours chronometric system; motto: (Tempus) nec cessat nec errat; reading example: the end of the shadow of the gnomon (red dot) touches the hour line XI, i.e. eleven hours have passed since midnight. The date is indicated by the hyperbola of the winter solstice (21 December) (Photo by the author) Image p. 142: Sundial of the Certosa di San Martino, detail (photo by the author). 237 Architecture and astronomy: the role of drawing Key words Manuela Incerti Drawing Architecture survey Cultural astronomy Digital modeling Multimedia communication The evolution of a research field The reconstruction of the main steps of the development of the theme of heritage and astronomy can be no easy task, especially due to the high number of involved associations, events, and scholars, whose scientific production has exponentially increased over the last thirty years. However, it is necessary to attempt a synthetic outline, to evaluate the state of the art and individuate possible developments. In the framework of Italian research, the foundational moments are certainly the International Lincean conferences, promoted by then-President Sabatino Moscati. As recalled by Francesco Bertola (Bertola 2001, p. 8), that kick-started to this interdisciplinary activity, participated by the members of both the Classes of the Academy, Physical Sciences and Moral Sciences. The titles of the meetings - Archeologia e Astronomia, esperienze e prospettive future (1st conference, 1994), Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico (2nd conference, 1997), and L’uomo antico e il cosmo (3rd conference, 2000)1 - show that the main impulse derived from a meeting point between archaeology and astronomy, and from the need for a preliminary definition of the scopes and methods of archaeoastronomy, which started spreading in Italy thanks to some astronomers, such as Giuliano Romano2. The second conference already preluded an opening of the following Scientific committees to other historical periods, as it included contributions concerning the Medieval and modern periods, architecture, and themes that were not exclusively related to astronomical orientations. In the 2000 roundtable (Aa.Vv. 2001, p. 408), Margherita Hack strongly stressed the importance of archaeoastronomy in base education - yet highlighting the possible difficulties in interdisciplinary research - to individually 238 discover and experience ancient people’s knowledge path: from the pure sensorial datum (the vision of celestial movement) to theoretical abstraction (interpretation of bodies and motions). She referred to the development of human thinking (in particular, geometric thinking), which owes a lot to the observation of astronomical phenomena and their tentative interpretations since the dawn of civilization, as it is well-known. Near the end of the 3rd conference, the Società Italiana di Archeoastronomia (SIA) was presented. It was founded in Milan in December 20003, in order to start publishing the I Rivista Italiana di Archeoastronomia, directed by the lincean Gustavo Traversari4. Moreover, annual National SIA Conference, which are still being held, were announced. The last conference dates back to 2012. It was entitled Lo sguardo sugli astri. Scienza Cultura Arte (The gaze on the stars. Science, Culture, and Art) (Bertola, Incerti 2016), and organized by the Interdisciplinary Lincean Center Beniamino Segre, promoted by the members of two university departments (Department of Astronomy in Padova and Department of Architecture in Ferrara), in collaboration with INAF (Istituto Nazionale di Astrofisica), SIA (Società Italiana di Archeoastronomia) and SAIt (Società Astronomica Italiana). There, Elio Antonello took stock of the situation since the first lyncean conferences, with an in-depth reflection on the theme of interdisciplinarity (Bertola, Incerti 2016). Some relevant contributions to the debate were authored by researchers of INAF (among which the enlightening figure of Francesco Maria Polcaro, who has recently disappeared) and of the ancient scientific association Società Astronomica Italiana SAIt (formerly Società degli Spettroscopisti, 1871), founded in 1920 and renovated in 19935. Under Roberto Buonanno’s direction, the SAIt curated the edition of Memorie della Società Astronomica Italiana6 and Giornale di Astronomia, published first in 1975 as the “journal of information, culture and didactics of the Italian Astronomical Society”7. One more key actor is the Società Italiana degli Storici della Fisica e dell’Astronomia (1999, formerly Società Italiana degli Storici della Fisica), an association that promotes studies in History of Physics and Astronomy, pursues the safeguard, valorization, and public fruition of the wide historical-scientific heritage: scientific tools, historical archives and library collection8. Moreover, this theme has also sensitized the Consiglio Nazionale delle Ricerche (National Research Council), the Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (with Paola Moscati as Research Director), and ENEA, which instituted the FSN-FUSPHY-SAD Department (Physical Division of Fusion). Research activities in this field are not only carried 1. Web portal of the UNESCO Astronomy and World Heritage thematic initiative. 2. Workflow diagram (Image by S. Iurilli, reworked by M. Incerti). 3. Mausoleum of Theodoric, drawing of the material characteristics of the West elevations and of the section, from digital photogrammetry and laser scanner survey (G. Lavoratti, M. Incerti). 4. Mausoleum of Theodoric: survey plan at + 1.20 meters (by G. Lavoratti) with metric and geometric analysis of the figure (M. Incerti). out by professional researchers from universities or research centers, but also by several independent scholars. Among the excellent works, it is necessary to mention the activities of the Italian gnomonists, a very specialized institution, which has published journals such as Gnomonica Italiana and Orologi Solari. In this volume, they are represented by Mario Arnaldi9. On the international field, there are several Scientific Societies that regularly organize conferences and workshops: - The European Society for Astronomy in Culture, SEAC, was founded in 1992 and is directed by A. César González-García (Spain). It is a professional association composed by scientists who work in the field of cultural astronomy or anthropological astronomy, including the interdisciplinary disciplines of archaeoastronomy and ethnoastronomy, history of astronomy, mythology, spatial astronomy, and cosmology. They publish conference proceedings since 199310 and have now reached the 29th edition. - The wide cycle of international conferences The Inspiration of Astronomical Phenomena, INSAP, originated in 1994 from an idea by Ray White (University of Arizona), Fr. George Coyne (then-Director of the Vatican Specola), and Rolf Sinclair (then-member of the US National Science Foundation), starting from the theme “If the stars should appear one night in a thousand years”11. - The International Society for Archaeoastronomy and Astronomy in Culture, ISAAC, was founded in 1996 and its current President is Jarita Holbrook (University of Edinburgh). The society has a transcontinental scope, and since its foundation, its interests involve both archaeoastronomy and ethnoastronomy12. A fundamental step in the development of this research was 2003, the year in which the UNESCO World Heritage Center has started the thematic initiative Astronomy and World Heritage coordinated by Anna Sidorenko-Dulom13. Shortly after, at the inauguration of the International Year of Astronomy (IYA09, Parigi 2009), one more operational work on the procedures and the praxis to define this new typology of preservation. The core of its action is the need for the elaboration of conjunct research lines between the diverse fields of historical sciences and physical sciences. One of the main objectives is to gather as many data as possible, not only to broaden the horizon of knowledge, but also to improve preservation and promote sites and monuments with astronomical interest. The UNESCO project has been elaborated in concert with the Member States and ICOMOS. Currently, also the International Astro- → Architettura, geometria e astronomia nomical Union and its Commission 41 in History of Astronomy collaborate on it14. The last meeting was in 2018 in Gran Canaria (Spain); that was the International Expert Meeting on Astronomical Heritage and Sacred Places and led to the first UNESCO recognition of a site in Astronomy and World Heritage (Risco Caído and the sacred mountains of Gran Canaria)15, followed by the area of Chankillo in Peru16. UNESCO experts have established four categories for the astronomical heritage, to allow easier orientation among the existing possibilities [fig. 1]: - Tangible Fixed_ Monument and sites - Tangible movable_Instruments and artifacts - Intangible_Knowledge and Ideas - Natural_Landscapes and skies It can me meaningful to remember that, during the years of the development of this research field, UNESCO also promoted the project Transdisciplinarity: stimulating synergies, integrating knowledge (1998): an approach that “dissolves the boundaries between the conventional disciplines and organizes teaching and learning around the construction of meaning in the context of real-world problems or themes” (ongoing project)17. The overall picture of the international and national scenario is compounded by the single research lines in our disciplinary sector ICAR 17 – Drawing (as also proven by the essays in this volume), promoted through national and international workshops and conferences, coordinated by some professors of this area18: - Imago rerum/03, Seminario Internazionale di studi Tra luce e ombra, Venice, 2004 (organized by Agostino de Rosa); - Cielo dal mediterraneo all’oriente, VI Forum Internazionale di Studi - Le Vie dei Mercanti, Caserta/ Capri 2008 (organized by Carmine Gambardella); - Mensurā Caeli. Territorio, Città, Architettura Strumenti, VIII SIA Conference Ferrara 2008 (organized by Manuela Incerti); - Disegnare il tempo e l’armonia: il disegno di architettura osservatorio nell’universo, AED International Conference, Florence 2009 (organized by Emma Mandelli). - Il dentro e il fuori del cosmo. Punti di vista per interpretare il mondo, XI SIA Conference Bologna/Marzabotto 2011 (organized by Manuela Incerti); - IX NEXUS International Conference - Relationships between Architecture and Mathematics, Polytechnic School of Milan 2012 (organized by Michela Rossi, section on archaeoastronomy curated by Giulio Magli); - Lo sguardo sugli astri. Scienza Cultura e Arte, Lincean Academia 2012 (organized by Francesco Bertola and Manuela Incerti). 5. Mausoleum of Theodoric: model and render of the building (S. Iurilli). 6. Mausoleum of Theodoric: some frames of the video with the simulation of the light inside the upper cell (S. Iurilli). 7. Mausoleum of Theodoric: rendering of the building with the simulation of the light inside the upper cell (model by S. Iurilli, management of the model in Stellarium by G. Zotti, data interrogation by M. Incerti). 8. Mausoleum of Galla Placidia: plans and elevations with integrated survey (G. Lavoratti, M. Incerti). 239 The role of drawing: a methodological approach Workflow phases The outlined course of events and their protagonists allow understanding how the UNESCO categorization of this theme in four areas of interest has led to the expansion of the horizon of this field and the progressive incorporation of new research areas. The curiosity on the influence of astronomical phenomena on material and immaterial culture has progressively led to the articulation of our research sector into the study of monuments and sites, tools and artifacts, history of knowledge and ideas, and finally the reflection on the perceptive aspects produced by the landscape-sky relationship. “History of representation, (historical and contemporary) geometry, gnomonic, survey, data analysis, modeling, reverse modeling, drawing and digital graphic, communication and multimedia products, image analysis” are only some of the keywords employed by the community of drawing. New digital tools for survey and data management, which have had an exponential development in the last twenty years, have allowed us to query objects in effective and powerful modalities, contributing to the development of the theme and achieving deeply original and interesting results. However, I think that it is necessary to discuss three crucial points, so that Drawing will be able to provide an innovative contribution to research on astronomical heritage. First, it must be acknowledged that actions can be performed both on the foundations and on the applications of this research field. These latter are realized through methods and processes established by predecessors. This substantial difference must allow distinguishing between the opening of a new research line and the replication of routes for the optimization or the systematization of procedures. Secondly, each of us has experimented the complexity of this type of specialized research: base knowledge on spherical astronomy is not enough, as it must be compounded with knowledge on the astronomical, astrological, calendarial, and gnomonic culture of the historical period (pre-history, ancient age, Middle Ages, modern age, contemporary age) of constructions of each artifact with astronomical value, to contextualize their meaning and highlight their value. For this reason, since the dawn of the first scientific societies, the organization of conferences and publications on this theme has always kept a firm multi-disciplinary structure, as it has happened in this workshop. The last item concerns linguistic rigor, which represents an additional, important area for reflection, and must be managed with great attention, considering the need to keep together different knowledge, such as, for example, descriptive geometry, gnomonic, and astronomy. The various field experiences of the last years19, carried out on often unexplored boundaries, have allowed reflecting on these epistemological aspects, and elaborating a suitable workflow for the specific goals of knowledge, valorization, and dissemination. On this regard, Figure 2 reports an outline of the spatial and temporal relationships between the different phases, and the related connections, which can be articulated as follows20: 1. Data acquisition. Data collection with an integrated survey campaign (laser scanning, general photographic campaign, photographic shots for digital photogrammetry, archaeoastronomical orientation), and search for historical, bibliographic, and iconographic data. 2. Data processing. Data treatment and extraction, aimed to 2D output and to their realization, construction of the orthophoto database and of the textures for material visualization. Selection and elaboration of textual and iconographic data for critical analysis. 3. 2D data analysis. Formulation of initial interpretative hypotheses on form, geometry, measurement units and astronomical implications, when present: initial verification are carried out based on CAD drawings. 4. Data extraction for model construction. 2D data are optimized for the realization of the various 3D model. 5. 3D modeling and data optimization. Optimized models are produced for the various research purposes: from critical interpretation to dissemination. 6. Data analysis and verification on 3D models. Geometrical study, reverse modeling, rendering. Some aspects of the verification, such as the study of the projective reasons of the starry sky in Galla Placidia, or the existence of luminous effects with archaeoastronomical values inside the two buildings, are also supported by the possibility of modeling and rendering engines to simulate light paths at the time of their construction. 7. 3D model integration with astronomical software: the case of Stellarium. 8. Editing and multimedia production. Study videos are made available to the public through a suitable interface, which can provide simplified fruition of scientific contents. 9. Editing and application development. Development of interactive applications as top communication products, to engage visitors by making them protagonists of their knowledge experience. The repercussion of these actions on the four groups of areas of interest, according to the UNESCO subdivision, 240 9. Mausoleum of Galla Placidia: simulation of the light on the ancient floor located at -1.40 m with respect to the current position (S. Giannetti). 10. Pseudo dome of Galla Placidia: the colored curves above the arches are those selected for the geometry analysis. 11. Analysis of the geometry of curves in Geogebra. 12. Finaeus Orontius, 1544. Orontii Finaei Quadratura circuli, tandem inuenta & clarissimè demonstrata. Lutetiae Parisiorum: apud Simonem Colinaeum, p. 84. 13. View of the pseudo dome of Galla Placidia: in evidence the “festonato” pattern of the space curves that follow the arrangement of the circles of stars in the mosaic. 14. Orthogonal views of the pseudo dome of Galla Placidia. Below the sequence of cones which, intersected with the surface, generate the space curves that describe the pattern of the circles of stars. and in particular on the first three (monuments and sites, tools and artifacts, and history of knowledge and ideas) can be better described through some previously completed case studies. Monuments and sites The archaeoastronomical analysis of a monument must necessarily start from architectural survey, carried out according to the shared and consolidated methods of this scientific sector. The survey of the elements with an astronomical meaning (windows, small openings, doors, altars)21 must be carried out with strong attention. The survey of the orientation, through classical techniques (that are astronomical) or GPS, when accurately performed, allows viewing the difference between the theoretical and the real measurement, as contemporary tools are far more sophisticated than those available in ancient construction sites. Laser scanning and photogrammetric surveys were performed in both mausoleums in Ravenna, Theodoric (520) and Galla Placidia (432-450). Then, the processed data allowed extracting useful elements for orthogonal views (floor plans, elevations, and sections) [fig. 3-4] and 3D modeling. 2D data analysis allowed identifying hidden geometries, such as the three circumferences circumscribed to the decagons of radius 45-35-25 Byzantine feet in the Mausoleum of Theodoric [fig. 4], significant alignments with morphological elements and light effects in particular dates of the astronomical year, involving the upper level (Incerti, Lavoratti 2016; Incerti, Lavoratti, Iurilli 2019). Great attention must be obviously paid to calendarial aspects in relation to the age of the building (Iulian, Gregorian, liturgical dates), the time counting system, and the evolution of the building. The use of 3D models (realized with surface modelers) allows, first, repeating the same analyses carried out on 2D models as a verification (paying opportune attention to the calendarial aspects of the software). Then, they are also useful for the realization of videos for multimedia products, serving for the dissemination of very complex contents, which can be made much simpler by using moving images [figg. 5-6]. Importing an optimized and correctly oriented model onto the Stellarium software22 also allows a further level of verification of astronomical data [fig. 7]. The same workflow has also been implemented for the Mausoleum of Galla Placidia: survey, data processing, drawings [fig. 8], analysis of the geometries and orientations that allow formulating hypothesis of an archeoastronomical reason for the reciprocal rotation of the two arms of the Latin cross and some light effects. The construction of 3D model of the initial layout of the place (the floor was around 140 → Architettura, geometria e astronomia cm lower) allows visualizing the light effects [fig. 9] on the entrance door on the winter solstice (Incerti, Lavoratti, D’Amico 2020; Incerti, Lavoratti, D’Amico, Giannetti 2018). Advanced morphological and material 3D surveys also allowed analyses that were not possible with traditional methods. The apparently irregular pseudo-dome of Galla Placidia has a parallelogrammatic impost, and cannot be reconducted to revolved curves, nor to a rib vault or a cloister vault. The section of the survey mesh, characterized by a bundle of horizontal planes with a span of 10 cm shows a set of curved lines, all differing from each other, which appear to be connected by an unusual rule [fig. 10]. A preliminary analysis allowed detecting that it is composed by portions of hyperboles, that are hardto-trace curves, especially in a building construction site [fig. 11]. This led to hypothesize the existence of a construction machine based on the principle of the perfect compass (though it was codified in the 10th century, its theoretical foundations had already been enunciated in Book I of Apollonius’s Conics) and on the angle measurement proposed by Ptolemy with a triquetrum, an astronomical tool that makes use of the table of chords (conceived by Ptolemy as well) [fig. 12]. This hypothetical reconstruction also seems compatible with the curves that appear in the section of the surface of the pseudo-dome of Santa Maria di Casaranello (Lecce, 5th century) (Incerti 2022a). Finally, it is useful to mention the geometries and orientation of urban layouts, whose form can withhold reflection on the dimension of the sky23. Tools and artifacts Even artistic aspects, such as the layout of a starry sky, can be subjected to new interpretations through the potential of drawing. At Galla Placidia, even though the stars are apparently arranged in regular circumferences lying on parallel planes, their alignments follow a “festonato” (space curve) pattern. This form results from an operation of projection on the surface of the roof from a central point that is located around the height of the base of the windows. The geometry underlying these traces is based on a series of cones with progressively increasing vertex angles, whose representation is allowed by the practical knowledge on the triquetrum and table of chords [figg. 12-14]. The same principle underlies the trace of the starry sky of Casaranello (Lecce, 5th century) [fig. 15-16] and the Chapel of Peace in the early Christian Necropolis of el-Bagawat (Egypt, 5th century) (Incerti 2022b; Incerti, Giannetti 2020). Knowledge and ideas The capacity to decodify a drawing through the skills of this sector allows providing an original contribu- 15. Pseudo dome of Santa Maria di Casaranello (LE: views of the model elaborated with digital photogrammetry. On the left, above, the cones with a vertex angle of 80° which, intersecting the surface, generate the space curves of the decorative design. 16. The mosaic starry sky of the pseudo-dome of Santa Maria di Casaranello (Le), (photo by G. Martiriggiano). 17. The geometric explanations of the eclipse, problems of visibility due to the sphericity of the earth in the Sphaera coelestis et planetarum descriptio, Modena, Biblioteca Estense Universitaria, lat. 209 = Alpha.X.2.14, c. 2v. Courtesy of the Ministry of Culture - Estense Galleries, Estense University Library. 18. Example of a planisphere: Bern, Burgerbibliothek, Cod. 88, f. 11v, Aratus Germanicus: Phaenomena, (beginning of the 11th century, https://www.ecodices.ch/en/list/ one/bbb/0088). Courtesy of Burgerbibliothek. 19. Example of two hemispheres: Aratea, St. Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 902 p. 76, Latin version of Arato (first quarter-first half 9th century). Courtesy of the Stiftsbibliothek St. Gallen. 241 tion by relating finds to the scientific knowledge and ideas that have produced them. It is the case of the astronomical tables of De sphaera estense, a manuscript written in the late 15th century, consisting of loose drawings with synthetic captions but without bibliographic references. Comparative analysis allowed identifying Tractatus de Sphaera by Johannes de Sacrobosco24 as a possible source of the astronomical-cosmological tables of this essay [fig. 17], while the diagrams can be traced back to Computus. In this case as well, drawing is a powerful tool to investigate celestial representation models. Specifically, concerning the medieval Zodiac, according to experts its representations belong to three main typologies: the planisphere [fig. 18], the two hemispheres [fig. 19] and the zodiac circle [fig. 20] that surrounds the Sun, the Moon, or other figures25. The zodiacal belt rotates from East to West (clockwise) around the Earth at a speed of 0.25°/min, hence completing a rotation every twenty-four hours. However, its planimetric representation can produce more than two different types of orientation: clockwise, if the viewpoint is in the center of the sphere, and counterclockwise, if the viewpoint is external to the celestial sphere. Of course, in the Farnese Atlas (National Archaeological Museum of Naples, 2nd century AD) the Zodiac is represented as seen “from outside”, while in many other cases, especially from the Middle Ages, the sequence of signs moves clockwise. The mosaic on the floor of San Miniato al Monte, a monument with strong archaeoastronomical evidence, also confirmed by spectacular light events, is the case. The representation on the great rose window follows the direction of a solstice axis26 and the zodiac circle is part of a wide iconographic, probably accounting-calendarial tradition [fig. 21], in which classical culture is transfigured into Christian symbolism (Incerti 2013). Two more items need to be mentioned: one is on the theme of elementary geometry in support of iconography, as a tool for the interpretation of the decorative apparatuses of starry skies (detail and structure), while the other concerns the influence of astronomical phenomena on artworks. A statistical analysis reports that the arrival of some astonishing astronomical events in some historical periods has indeed produced an increase in the number of representations of the star within the story of the Magi, and, in some cases, emphases on visual perceptive data in representations (Incerti, Polcaro, Bònoli 2011). heterogeneity. However, the contribution of drawing can make a difference. A specific multimedia product [figg. 22-23], based on a real-time navigable and queryable model that visitors can use through a touch screen, has been developed for the Schifanoia Museum in Ferrara. The complexity and information stratification of the pictorial cycle of the Hall of Months (1469-70) (Bertozzi 1999) has always been an obstacle to the narration of the cultural, geographic, and iconographic route of its astrological images [fig. 24]. For this reason, it was decided to develop an easily usable product, which can be accessed through an on-site device, available to users27. Thanks to a navigable model with specifically realized high-detail photographic textures, users can freely move in the virtual space and query images. In fact, when approaching one of the twelve sectors, a luminous frame activates and signals the existence of explorable contents28. This example shows that digital humanities can really improve the accessibility and fruition of heritage in a sustainable logic, that is to protect it from intensive exploitation (for example, by reducing visitors’ permanence in spaces where human presence produces more decay), making it more understandable and inclusive at the same time. The goal is to increase the scope of the possible public, and at the same to increase transmittable contents, easing their obtainment. In this perspective, digital documentation, analysis, and communication have a substantial role in the challenge of sustainability29. In conclusions, the reflections above, which in many cases derive from personal experience, propose a viewpoint on the theme cultural heritage and astronomy, on its state of the art, articulating it according to the specific discipline of Drawing. This research field is experiencing wide expansions, but at the same time is characterized by huge complexity, which requires both rigor and capability to find synergies with other skills, which cannot be overlooked for real knowledge expansion. Aby Warburg (Hamburg 1866 - there 1929), who rediscovered and decoded the mysterious figures of the deans of Schifanoia (Warburg 1999), supports us in the conclusion of these reflections by witnessing to us how the images - detected or created are and will be, incessantly, icons full of meanings because they are closely related to the culture and memory of the society that produces them. Notes Conclusions As shown by some essays in this volume, the intangible astronomical heritage has been represented in artistic artifacts in several ways. The valorization and communication of this type of contents can be quite difficult and complex, due to their abstraction and 242 1. The Proceedings of the three conferences have been published in (Aa.Vv. 1995, 1998, 2001). 2. Among his most notable works: (Romano 1994, 1995, 1999). 3. Professor Gustavo Traversari and his colleagues Prof. Edoardo Proverbio and Prof. Giuliano Romano have been 20. Example of a zodiacal circle surrounding the Sun and Moon or other figures: Annales manuscript - Cod. Hist. fol. 415 fol. 17v (1162), Württembergische Landesbibliothek Stuttgart, Public Domain Mark 1.0. 21. Basilica of San Miniato al Monte, orientation of the floor mosaic. The direction of the rising of the Sun in the winter solstice-sunset summer solstice is characterized by the two limit signs of the zodiacal circle: Cancer (towards the apse, south-east) and Capricorn (towards the door, northwest). The yellow arrow indicates the sign of Aries and the reading direction of the zodiac. 22. The Hall of the Months of Schifanoia, an interactive, nonimmersive virtual tour, a multimedia product in use in the Schifanoia Museum. Thanks to the Schifanoia Museum for the kind concession. 23. The Hall of the Months of Schifanoia, Unreal Engine, Epic Games Unreal (3D Models Video and Interactivity: S. Iurilli, D. Arnone). 24. The Hall of the Months of Schifanoia, the first decan of the month of March (Photo by A. Cesari, Bologna). 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11. 12. 13. 14. 15. 16. 17. the main promotors of this scientific society. President: Edoardo Proverbio, Full Professor of Astronomy, University of Cagliari. Vice-President: Gustavo Traversari, President of CE.VE.SCO. (Venice), Full Professor of Classical Archeology, Ca' Foscari University of Venice, Lincean Academic. Members: Elio Antonello, astronomers, Vice Director of the Brera Astronomical Observatory, Milan-Merate; Francesco Bertola, Full Professor of Astrophysics, University of Padova, Lincean Academic; Pino Calledda, Researcher at the Cagliari Astronomical Observatory; Vittorio Castellani, Full Professor of Star Physics, University of Pisa, Lincean Academic; Giovanni Lilliu, Hemeritus Professor of Archaeology, University of Cagliari, Lincean Academic; Paola Moscati, Researcher at the Institute for Etruscan-Italic Archaeology of CNR; Giuliano Romano, Professor of Astronomical History, University of Padova; Rodolfo Striccoli, Professor of Archaeology, University of Bari; Pasquale Tucci, Full Professor of History of Physics, University of Milan; Nedim Vlora, Professor of Geography, University of Bari. Published between 2002 and 2006 by Edizioni Quasar. The new statute has been edited by the Ministero per i Beni Culturali ed Ambientali, which oversees the society. Trimestral journal dedicated to the English publication of conference proceedings and articles on invitation in the field of astronomy and astrophysics. It is probably the oldest journal on astrophysics. The Giornale di Astronomia has been directed by Fabrizio Bònoli for 25 years. The Conference Proceedings of the Società Italiana degli Storici della Fisica e dell’Astronomia have now reached the 40th issue. In this context, Alessandro Gunnella must be mentioned as well. He authored the Italian translation of the work Perspectiva horaria, sive de horographia gnomonica, published in Rome by Emmanuel Maignan in 1648. The book was published as an attachment to some issues of the journal Orologi Solari (https://www.orologisolari.eu/). Maria Luisa Tuscano collaborated on the historical research on the Cataoptric Astrolabe of Palazzo Spada, published in the volume by Laura Farroni (Farroni 2019). All the websites in the notes were consulted on 02/06/2022. http://www.archeoastronomy.org/content/publications/ https://insap.org/publications/ https://www.archaeoastronomy.org/publications https://whc.unesco.org/en/activities/19/#meetings The results of the working group were published in the handbook (C. L. N. Ruggles, 2015). See (Belmonte et al. 2018). The author participated in this and other meetings of the working group and also collaborated on the Thematic Studies jointly prepared by ICOMOS and the International Astronomical Union (IAU) Commission C4 (Incerti 2010). https://whc.unesco.org/en/list/1624/ The Manifesto of Transdisciplinarity was drafted and published in 1994 by Basarab Nicolescu, Edgar Morin, and Lima de Freitas (First World Congress of Transdisciplinarity, Convento de Arrábida, Portugal). The Italian version is (Nicolescu 2014), and a recent collection of publications on this approach is published in (Ruta 2021). → Architettura, geometria e astronomia 18. All of them have published Conference Proceedings with the same name as the events. 19. I acknowledge the people who have been part of the research group for their precious and original contributions, in particular Uliva Velo, Stefania Iurilli, Gaia Lavoratti, and Stefano Giannetti. I also acknowledge Marco Bertozzi and the astronomers Elio Antonello, Fabrizio Bònoli, and Vito Francesco Polcaro, for sharing with me the elaboration of various scientific works. The second part of this paper reports some published research in order to articulate their aspects with respect to UNESCO categories. Hence, self-citations are meant to recall the single research activities, which are also available for further study on this theme. 20. These phases, which are here incorporated, have also been presented in (Incerti, D’Amico, Giannetti, Lavoratti, Velo 2018). 21. The discovery of hierophanic light effects in pre-historic, ancient, or modern architecture has revealed numerous, continuously increasing examples. These phenomena were related to the cultural dimension of places, and the results of these research activities are annually presented at major national and international conferences. 22. The open-source desktop software Stellarium (https:// stellarium.org) has been enriched over the last years, especially by Georg Zotti, to fulfill accuracy requirements for the studies of cultural astronomy, such as the accurate re-creation of skies of past times, but also geo-referenced 3D model views of buildings and archaeological sites under the sky, including the simulation of lights and shadows (Zotti, Hoffmann, Wolf, Chéreau, Chéreau 2020). 23. See, for example: (Bartoli 2010; González-García, Magli 2015; Incerti 1999; Magli 2008, Romano 1995). 24. The three essays Algoritmus, De Sphaera e Computus (the only ones to be attributed to him with certainty) were almost surely written as a support to his academic lessons. In particular, De sphaera, written around 1230, was widely diffuse, as demonstrated by the numerous commentaries drafted since the late 12th century. The first printing was in 1472, in the same year two editions were published in Venice and in Ferrara under Duke Ercole I (Venturi 2010). 25. See (Dekker 2013; Grimaldi 1905; Gundel 1992). 26. The solstice direction is marked by the dawn on the winter solstice and by the sunset on the summer solstice (this is very accurate in the architectural pattern of the rose window); the two opposing signs of the Zodiac circle, Cancer and Capricorn, are positioned toward the apse and the door, respectively. 27. The touch screen is now located in a room that precedes the Hall of Months, available to visitors. Research team: Angelo Andreotti, Marco Bertozzi, Manuela Incerti, Stefania Iurilli, Giovanni Sassu; 3D Models Video and Interactivity: Stefania Iurilli, Dario Arnone; Photographs, March-September: Antonio Cesari, October-February: Archivio Musei di Arte Antica di Ferrara, Ghiraldini-Panini; Narrating voice: Paolo Marchetti; Scientific coordination: Manuela Incerti. 28. Clicking on the areas activates the available contents through video stories with musical backgrounds. See Image p. 156: The starry mosaic sky of the pseudodome of the Mausoleum of Galla Placidia. We thank the Archiepiscopal Curia of Ravenna and Cervia for their kind permission (photo by the author). 243 (Incerti, Iurilli 2018). There are 60 available videos (5 for each of the 12 painted sectors), with a maximum duration of around 2 minutes. The texts have been mainly written by Marco Bertozzi, while the images used for the videos were taken by the photographer Antonio Cesari (Bologna). The possibilities for in-depth information change according to the state of conservation of the artifacts: frescoes in good state with intense colors (March, April, May, June, July, August, September) of course have a more exhaustive description than lost paintings, for which the artist Maurizio Bonora has realized some reconstructive hypotheses that have been formulated (1992). 29. On the theme of sustainability and cultural astronomy, see (Antonio César González-García, Belmonte 2019; Urrutia-Aparicio et al. 2022). 244 245 → Architettura, geometria e astronomia Collana diretta da Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano Esiste un patrimonio culturale tangibile e intangibile, rintracciabile in opere di architettura, siti archeologici e manifestazioni artistiche, fortemente connesso all’evoluzione del pensiero scientifico di carattere astronomico. La geometria e il disegno, attraverso l’elaborazione del pensiero astratto, hanno contribuito potentemente allo sviluppo delle capacità di misurare il tempo, di comprendere il movimento dei corpi celesti nello spazio e di rappresentarli in terra. La collana vuole essere luogo di riflessione delle varie discipline nello sviluppo di questi ambiti della conoscenza. ISBN: 978-88-3359-488-0