01*2022
RAPPRESENTARE
IL TEMPO
Architettura, geometria e astronomia
Atti della prima giornata di studi
Palazzo Spada, Roma → 23 marzo 2022
Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano
(a cura di)
2
→ Architettura, geometria e astronomia
Collana diretta da Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano
→ Architettura, geometria e astronomia
Direttrici della Collana
Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano
Comitato scientifico – Scientific Committee
Elio Antonello, INAF (Italy); Mario Arnaldi (Italy); Carlo Bianvchini, Sapienza Università di Roma (Italy); Fabrizio
Bònoli, Università di Bologna (Italy); Alessio Bortot, Università degli Studi di Trieste (Italy); Roberto Buonanno,
Università di Roma Tor Vergata (Italy); Filippo Camerota, Museo Galileo Firenze (Italy); Marco Canciani,
Università degli Studi Roma Tre (Italy); Cristina Candito, Università degli Studi di Genova (Italy); Massimiliano
Ciammaichella, Università IUAV di Venezia (Italy); Luigi Cocchiarella, Politecnico di Milano (Italy); Agostino
De Rosa, Università IUAV di Venezia (Italy); Salvatore Esposito, INFN Sezione di Napoli (Italy); Laura
Farroni, Università degli Studi Roma Tre (Italy); Francesca Fatta, Università Mediterranea di Reggio Calabria
(Italy); Angélique Ferrand, Université de Nantes (France); A. César González-García, Consejo Superior de
Investigaciones Científicas Instituto de Ciencias del Patrimonio (Spain); Andrea Giordano, Università degli Studi
di Padova (Italy); Paolo Giulierini, Museo Archeologico Nazionale di Napoli MANN (Italy); Stachel Hellmuth,
Technische Universität Wien (Austria); Manuela Incerti, Università degli Studi di Ferrara (Italy); Alessandro
Ippoliti, Università degli Studi di Ferrara (Italy); Nicoletta Lanciano, Sapienza Università di Roma (Italy);
Matteo Flavio Mancini, Università degli Studi Roma Tre (Italy); Paola Moscati, CNR (Italy); Alessandra Pagliano,
Università di Napoli Federico II (Italy); João Pedro Xavier, Universidade do Porto (Portugal); Ornella Zerlenga,
Università della Campania L. Vanvitelli (Italy).
La pubblicazione di ogni ricerca è subordinata all'accettazione da parte del comitato scientifico e ogni
contributo è sottoposto a revisione cieca.
atti pubblicati con il contributo di
Progetto Grafico
Giulia Pellegrini – variabile comunicazione visiva
Comitato redazionale
Greta Attademo, Stefano Costantini, Marta Faienza, Matteo Flavio Mancini, Gianmarco Mei
progetto grafico con il contributo di
Gestione profilo Instagram
Gianmarco Mei
Immagine di copertina: Giovan Battista Magni (progetto Emmanuel Maignan), dettaglio dell'Astrolabio catottrico di
Palazzo Spada, 1644 (Fotografia di Matteo Flavio Mancini). Alla pagina seguente: Cortile interno di Palazzo Spada
(Fotografia di Matteo Flavio Mancini).
organizzazione giornata di studi
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Prima edizione: settembre 2022
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01*2022
RAPPRESENTARE
IL TEMPO
Architettura, geometria e astronomia
Atti della prima giornata di studi
Palazzo Spada, Roma 23 marzo 2022
Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano
(a cura di)
Full English texts
REPRESENTING TIME
Architecture, Geometry and Astronomy
Proceedings of the first study day
Palazzo Spada, Roma 23th march 2022
Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano
(editors)
6
01*2022
RAPPRESENTARE IL TEMPO
Indice
9
Saluti
Solveig Cogliani
Pasquale Basilicata
Laura Farroni
15
Prefazione
Francesca Fatta
17
Architettura, Geometria, Astronomia
Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano
22
TEMPO
Fabrizio Bònoli
30
Astronomia pre-strumentale
Elio Antonello
38
Geometrie intuitive della percezione oraria, dall’Antichità al Medio Evo
Mario Arnaldi
54
Penser et figurer le temps dans l’espace : le Zodiaque et les Occupations des mois
Angélique Ferrand
70
Un approccio esperienziale al cielo: gli Utotombo della pedagogia del cielo
Nicoletta Lanciano
80
Il tempo astronomico e l'impresa eterna nel Mosaico di Alessandro
Paolo Giulierini
86
Heliographia mechanica: gli strumenti della gnomonica
Filippo Camerota
96
Il ruolo dell’ottica e della prospettiva per lo studio della gnomonica e dell’astronomia:
tre casi studio
Cristina Càndito
106
Emmanuel Maignan’s gnomonic wonders in the project for Villa Pamphilj by Francesco Borromini
Alessio Bortot
120
Spazio e tempo nel Roden Crater di James Turrell
Agostino De Rosa
132
Rappresentazione del Tempo a Palazzo Spada tra immagini e accadimenti
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
148
Geometrie della luce per il restauro degli orologi solari
Alessandra Pagliano
162
Architettura e astronomia: il ruolo del disegno
Manuela Incerti
184
Postfazione
Ornella Zerlenga
188
Full English texts
TIME, Fabrizio Bònoli → 188 / Pre-instrumental astronomy, Elio Antonello → 192 / Intuitive geometries
of time perception, from Antiquity to the Middle Ages, Mario Arnaldi → 196 / Thinking and figuring time
in space: the Zodiac and the Occupations of the months, Angélique Ferrand → 202 / An experiential
approach to heaven: the Utotombo of the Pedagogy of heaven, Nicoletta Lanciano → 208 / Astronomical
time and eternal enterprise in Alexander's mosaic, Paolo Giulierini → 213 / Heliographia mechanica: the
instruments of gnomonics, Filippo Camerota → 215 / The role of optics and perspective for the study of
gnomonics and astronomy: three case studies, Cristina Càndito → 219 / Space and Time in James Turrell’s
Roden Crater Project, Agostino De Rosa → 224 / Representation of Time at Palazzo Spada between images
and events, Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini → 228 / Geometries of light for sundials’ restoration,
Alessandra Pagliano → 233 / Architecture and astronomy: the role of drawing, Manuela Incerti → 238
8
Saluti
Solveig Cogliani
Consigliere di Stato
È un grande piacere ed onore per me rivolgere a tutti i Professori e gli Studiosi qui presenti il mio personale
saluto nella sede del Consiglio di Stato ed il benvenuto del Presidente Franco Frattini, che per impegni istituzionali non può essere qui, ma che tiene moltissimo allo svolgimento dei presenti lavori e alla prosecuzione
di questa proficua collaborazione. È un appuntamento, che giunge oggi, come tutti sappiamo, dopo già il
conseguimento di importanti incontri, di cui Vi ringrazio, perché la sinergia tra il Consiglio di Stato e l'Università degli Studi Roma Tre ha portato alla pubblicazione di una monografia, L’arte del disegno a Palazzo
Spada, edito da De Luca editori d’Arte nel 2019, e anche alla redazione di un video, Tra le “nuvole” di Palazzo
Spada, in occasione della Notte europea dei Ricercatori nel 2021. Quindi, il convegno di oggi, dedicato all’approfondimento dei concetti di tempo e di spazio nell’architettura e nell’arte, attraverso quello che è il percorso
che si può vivere nel Palazzo dove siamo, è un momento di grande rilievo per lo sviluppo dei predetti temi.
Mi piace ricordare che questa iniziativa si inserisce in un percorso che, da tempo, è stato avviato dal
Consiglio di Stato e al quale sono particolarmente legata per mio personale interesse alle tematiche dell’arte
oltre che per motivi istituzionali. Dal 2012, in collaborazione con il quartiere, abbiamo avviato un progetto
intitolato “Arte in Regola”, in cui la parola “regola” sta ad indicare l’apertura ai cittadini ed ai visitatori dei
palazzi sede della nostra Istituzione (ovvero del complesso della giustizia amministrativa): Palazzo Aldobrandini, Palazzo del Monte di Pietà e Palazzo Spada, dove siamo oggi, con la sua prestigiosa Galleria, pregevoli
luoghi dal punto di vista culturale e storico-artistico.
La storia della giustizia amministrativa, in qualche modo, è sempre stata legata a siti di grande interesse
storico e culturale. L’anno 2012 ha segnato per noi il punto di partenza e la presa di consapevolezza che tale
azione tematica dovesse vivere dinamicamente, non limitando le nostre iniziative solamente alla semplice
presenza dell’Istituzione nei preziosi luoghi sopra citati, ma divenendo sostenitori del dibattito su temi di
filosofia e arte, in particolare sull'arte contemporanea. Abbiamo avuto per questo motivo la grande fortuna di
ospitare importanti artisti contemporanei come Ennio Calabria, Tommaso Cascella e Luigi Ontani.
La collaborazione con il Dipartimento risulta quindi una esperienza di continuità con la scelta operata
dall’Istituzione.
Per quanto concerne i temi oggetto della presente giornata di studi, lo “spazio” ed il “tempo”, costituiscono elementi che, per come si rappresentano nelle immagini, nella figurazione, ma anche nelle forme architettoniche, da sempre hanno occupato l’interesse e l’indagine dell’essere umano nella sua ricerca filosofica
ed esistenziale. L’edificazione delle città, o il semplice orientamento in natura, presuppongono una chiave di
interpretazione simbolica dello spazio percepito dall’uomo. Il concetto di “tempo” è sempre stato, tra tutte le
realtà naturali osservabili, quella forse più difficile da definire a causa dell’inevitabile relativismo; forse proprio per questo, in ragione della necessità di ordinare e descrivere dell’essere umano, le riflessioni sul “tempo”
sono costantemente presenti nella storia. Sicuramente, come è stato possibile approfondire in occasione degli
eventi di “Arte in Regola”, i concetti di “spazio” e di “tempo” hanno visto delle evoluzioni nell’arte contemporanea, come ci consentono di dedurre rispettivamente l’esperienza di Duchamp e del maestro Calabria.
Ma non voglio rubare altro tempo alla giornata di studio.
Buon lavoro, dunque, ascolterò con grande interesse.
→ Architettura, geometria e astronomia
9
Pasquale Basilicata
Direttore Generale, Università degli Studi Roma Tre
Signor Presidente, Consigliere Cogliani, a nome anche del Rettore che non potrà partecipare ai lavori, Vi
ringrazio per aver consentito che questa giornata di studi internazionali, fosse ospitata in questa straordinaria cornice, che quale tempio laico alla bellezza, è scrigno e allo stesso tempo, oggetto, parte, protagonista
del lavoro che oggi verrà presentato. Un lavoro di ricerca e di svelamento dei segreti intimi fra il tempo e
la sua rappresentazione attraverso le intenzioni architettoniche, il disegno, lo studio della scala cromatica,
l’accrescimento e le invenzioni dello spazio; come pure tra il tempo e i mirabili strumenti che hanno provato
a imprigionarlo sul valore di una “misura”, con l’illusione forse di controllarne il corso. Una giornata che
vede la presenza di numerosi esperti appartenenti a diverse aree disciplinari in una prospettiva di analisi e
di sistematizzazione inter-multidisciplinare, per favorire una comprensione completa, globale in tendenza,
e a più voci, di uno degli esempi più belli di Architettura. Un capolavoro che, in verità, è tale, proprio grazie
all’accorta e intima colleganza tra saperi (matematici, ingegneristici, di architettura, di astronomia) realizzata
durante la sua edificazione. Un lavoro che ha preso le mosse da una convenzione stipulata nel 2018 tra il
nostro dipartimento di Architettura e il Segretario Generale del CdS, e di cui è Responsabile Scientifico la
Prof.ssa Laura Farroni.
La convenzione sottolinea l’importanza della collaborazione nel settore pubblico, come strumento di
coordinamento e di reciproca interrogazione, ma anche di conoscenza e di valorizzazione delle proprie missioni istituzionali. Una convenzione che testimonia il ruolo che l’Università, per le pluralità delle conoscenze
che esprime, dei saperi che alimenta, e della capacità unica di innovazione che induce nei processi tecnologici,
può svolgere nel settore della ricerca, comprensione e archiviazione delle informazioni sul Patrimonio Monumentale e Culturale del Paese, favorendone la conoscenza, la valorizzazione e la consapevole fruizione sociale.
Interdisciplinarietà e multidisciplinarietà, sperimentazione e innovazione didattica, Terza Missione
sono la cifra di riconoscimento di ogni vero progetto di eccellenza, che, come nel nostro caso, fa da sintesi tra
i Tre Fronti della Missione Universitaria, senza che fra di essi si ritrovino cesure e/o cadute di qualità. Il progetto di cui ci occupiamo ha visto il coinvolgimento di un gran numero di studenti, ai quali ha offerto e offre
un laboratorio inesauribile di materiale di studio, di provocazioni culturali, e di prospettive di approfondimento, come testimoniano le numerose tesi di laurea già completate e in corso; dall’accessibilità digitale, alla
rappresentazione del tempo nella Meridiana Catottrica, al controllo dello spazio attraverso la prospettiva, per
citarne alcune. Una collaborazione che ha portato inoltre al fiorire di studi, ricerche ed analisi grazie ai quali
sono stati organizzati significativi eventi nell’ambito della più importante manifestazione di disseminazione
scientifica presente nello Spazio Europeo della Ricerca noto come Notte Europea dei Ricercatori.
Un primo evento è stato realizzato già nell’anno di avvio della convenzione nel 2018 - dal titolo La
Meridiana Catottrica di Palazzo Spada. Poi nel 2019 con il titolo La Scienza dell’Arte a Palazzo Spada e nel
2021 con il titolo, fascinoso assai in verità, di Tra le "Nuvole" di Palazzo Spada è stato reso disponibile un video
che consente una fruizione in alta definizione della opera. Il che testimonia che siamo in una fase avanzata
di musealizzazione virtuale e di digitalizzazione di materiali cartacei, siamo ora in grado, come mi riferisce la
Professoressa Farroni, di programmare un livello ancora più avanzato di lavoro e puntare alla realizzazione del
rilievo definitivo del Palazzo e di una piattaforma per la gestione integrata delle conoscenze pluridisciplinari
riguardanti il bene.
Una collaborazione di cui siamo dunque fieri e sulla quale, Signor Presidente, Consigliere Cogliani,
confermiamo l’intenzione di continuare a investire, convogliando le energie creative dei nostri talenti e dei
nostri giovani studiosi e ricercatori.
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Siamo infatti convinti che, al di là dei nostri specifici interessi: per noi, lo sviluppo della didattica e la
sua sperimentazione, l'organizzazione di centri di formazione, l’avanzamento degli studi e della ricerca, la
Terza Missione, con il trasferimento tecnologico e l’immissione di saperi nel tessuto vivo del corpo sociale;
per Voi, l’acquisizione e la sistematizzazione di formazioni fondamentali per la conoscenza, il mantenimento
e la messa in sicurezza di questi autentici gioielli, di valori incancellabili come custodi di espressioni del Genio dell’Uomo, nonché testimoni e interpreti di un sistema di relazioni – economiche, giuridiche, sociali, istituzionali e culturali – che ha dominato in particolare i secoli XVI-XVII; la nostra collaborazione rappresenta
uno strumento formidabile di accrescimento dell’area della cittadinanza consapevole, di valorizzazione del
Patrimonio Pubblico, e di abbattimento delle distanze tra paese legale/paese reale, e in questo senso è anche
un’occasione per contribuire al radicamento dei valori di democrazia e di appartenenza.
Con l’auspicio perciò che questa collaborazione possa trovare a breve e già prima della sua scadenza
materiale (2023) una strutturazione più ampia e di più lungo periodo anche con un auspicabile allargamento
degli obiettivi comuni e un conseguente ingresso di nuove aree disciplinari (penso ai Saperi Giuridici, a quelli
Botanici, a quelli di Filosofia e di Economia per esempio) porgo a voi tutti l’augurio di buon lavoro.
→ Architettura, geometria e astronomia
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Laura Farroni
Dipartimento di Architettura, Università degli Studi Roma Tre
La giornata di studi che ho il compito di aprire oggi a Palazzo Spada, è dedicata alla Rappresentazione del
Tempo secondo visioni multidisciplinari e poi dal punto di vista della disciplina del Disegno. Ringrazio, con
emozione, per i saluti che mi hanno preceduto, e per l’ospitalità del Consiglio di Stato che ci permette non
solo di svolgere questo momento di confronto scientifico in questa sede meravigliosa, ma di visualizzare, attraverso appunto le meraviglie presenti, quanto noi studiosi stiamo tentando di evidenziare, ossia la relazione
stretta tra Architettura, Geometria e Astronomia. Il momento di confronto fra studiosi segna, per me, Responsabile scientifico della convenzione tra il Segretariato Generale del Consiglio di Stato e il Dipartimento
di Architettura di Roma Tre, risalente al 2018 e ancora in atto, un grande traguardo e al tempo stesso un
nuovo avvio di iniziative.
Considero questo momento, infatti, un punto di arrivo perché torniamo a relazionarci in questa sala a distanza di tre anni dalla presentazione del volume L’arte del disegno a Palazzo Spada. L’Astrolabium catoptrico gnomonicum di Emmanuel Maignan, edito dalla De Luca editori d’Arte nel 2019, che rappresentava il risultato di
una ricerca sul palazzo e in particolare sull’orologio solare a riflessione presente nella galleria del piano nobile,
di cui mi sono occupata con studiosi che partecipano all’evento di oggi, quali l’architetto Matteo Flavio Mancini e Giulia Tarei, che nella pausa ci illustrerà la Meridiana del Maignan. Si dimostra, così, che gli studi sono
proceduti grazie alle condizioni costruite e alle strade tracciate tempo addietro.
Un nuovo avvio, invece, perché, se la pandemia ha tentato di rallentarci, facendoci interrompere alcuni percorsi, sicuramente la nostra passione di ricerca ne ha tratto beneficio, spingendo in avanti gli approfondimenti
e ampliando le interazioni, attraverso la rete di atenei, di associazioni scientifiche e di studiosi che hanno
aderito a questa proposta scientifica con entusiasmo. Partecipano insieme al Dipartimento di Architettura di
Roma Tre, il Dipartimento di Architettura dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, il Dipartimento
di Architettura dell’Università degli Studi di Ferrara, l’Unione italiana per il disegno UID, The International
Society for Geometry and Graphics ISGG, la Società Italiana di Archeoastronomia SIA, la Società astronomica Italiana SAIt, la Società Italiana degli storici della Fisica e dell’Astronomia SISFA.
Su una cosa vorrei soffermarmi che si è posta con estrema chiarezza in questo difficile periodo della
pandemia e sul quale, credo, ho trovato l’idea, la forza e la volontà di costruire relazioni. La pandemia ha
dimostrato l’importanza dei processi e ne ha accelerato alcuni. È impensabile studiare il passato, senza ricercarne i fili, la rete di relazioni e stratificazioni che lo hanno generato, è impensabile vivere il presente senza
coglierne la sua relazione con il passato, prevedendo gli effetti sul futuro. In tutti i campi della vita.
Trovando una connessione con le attività del committente delle opere seicentesche presenti in questo
palazzo, il Cardinale Bernardino Spada, credo sia importante ricordare che egli prima di acquisire il palazzo
di Roma a piazza Capo di Ferro, era a Bologna, come legato pontificio. Fu inserito nella Assunteria della
Sanità, poiché erano gli anni della peste, e si dedicò alla gestione degli affari ad essa attinenti permettendo, attraverso ordinanze ed emanazione di bandi il suo superamento tra il 1628 e il 1632. Prese, infatti, una serie di
misure per il controllo della città: disposizioni sui divieti di comportamenti, indicazioni di aree della città con
determinate funzioni, accessi limitati. Esse sono state strumenti utili per il governo della città e per debellare
il problema del contagio. Attraverso il suo operato si evidenzia la capacità di acquisizione e elaborazione dei
dati e una attitudine previsionale attraverso la dimestichezza del saper disegnare scenari guardando, anche, il
comportamento degli altri paesi. Tutte queste erano capacità a cui il Cardinale era stato educato attraverso la
formazione al rilievo e al disegno dell’architettura e in senso più ampio alla lettura e all’interpretazione dei
fenomeni. A Roma, si dedica al rinnovamento della sua nuova proprietà creando, al contrario dei tristi scenari
della peste, scenari di bellezza che oggi possiamo ammirare qui in questo palazzo, grazie appunto all’opera di
manutenzione e gestione quotidiana del Consiglio di Stato.
12
Noi oggi siamo qui per perpetuare l’esigenza di bellezza nel senso più ampio del termine.
Le amiche, colleghe e professoresse Manuela Incerti e Alessandra Pagliano, esperte delle relazioni tra
architettura geometria e astronomia, che mi accompagnano nell’avventura di oggi, hanno subito risposto
positivamente e con entusiasmo alla mia proposta di confronto scientifico. La riflessione in prima istanza è
stata rivolta all’individuazione di quali processi sono in atto rispetto a un tema così vasto, così complesso, in
un cui la geometria è il luogo di incontro di saperi diversi. Spinte dalla consapevolezza che esiste un patrimonio culturale visibile e intangibile, rintracciabile in opere di architettura, siti archeologici e manifestazioni
artistiche, fortemente connesso all’evoluzione del pensiero scientifico di carattere astronomico, ma ancora da
indagare nella sua completezza. Sapendo che la geometria e il disegno, attraverso l’elaborazione del pensiero
astratto, hanno contribuito potentemente allo sviluppo delle capacità dell’uomo di misurare il tempo e di
comprendere il movimento dei corpi celesti nello spazio, abbiamo ritenuto necessario trovare uno strumento
per capire lo stato dell’arte degli studi, e riunire gli studiosi in una giornata dedicata al tema ci è sembrato
l’avvio più idoneo da seguire. E quindi si è trattato di capire quali discipline si occupano del tema, quali studiosi, e quale rete di processi è in atto.
Il fine di questo incontro scientifico attraverso la narrazione dei relatori è di tessere linee di interessi,
riflettendo sul ruolo delle varie discipline nella conoscenza di questi manufatti, indagando sul loro stato di
fatto e sui processi teorici e applicativi messi in atto durante la loro realizzazione. Avremo, insieme ai diversi
relatori, un approccio multidisciplinare al tema, per valorizzare queste opere e porremmo, poi, gli aspetti
dell’interdisciplinarietà per poter continuare ad operare in futuro, nel tempo.
→ Architettura, geometria e astronomia
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14
Prefazione
Francesca Fatta
Presidente UID Unione Italiana per il Disegno
Sono molto onorata di essere stata invitata ad introdurre la giornata di studi Rappresentare il tempo. Architettura, geometria e astronomia in questo palazzo che oggi è la prestigiosissima sede del Consiglio di Stato.
Palazzo Spada rappresenta per noi studiosi un caposaldo testuale della cultura di passaggio tra XVI e XVII
secolo a Roma e in Italia.
Vorrei partecipare a questo incontro organizzato oggi da Laura Farroni, Manuela Incerti e Alessandra Pagliano, con una testimonianza sia come Presidente della Unione Italiana per il Disegno, la Società
scientifica che ho l’onore di rappresentare, sia come ricercatrice che opera nel campo della rappresentazione
poiché, a tutti gli effetti, questo luogo mi sovrasta col peso della sua magnificenza, e mi rimanda alla sublime
dimensione di un’architettura che si accorda con l’universo della geometria e della astronomia.
Il trinomio architettura, geometria e astronomia racchiuso in questo luogo mi riporta a quella che è la
percezione dell’uomo e dell’architettura nel periodo in cui questo edificio è stato ideato nel XVI secolo e poi
ripreso nel secolo successivo. Vi è una analogia tra casa e cosmo, in cui l’architettura si ritrova nell’epoca di
passaggio tra Rinascimento e Barocco, e che segna il risveglio culturale che caratterizza la cultura del XVI
secolo, ovvero il nuovo sentimento del valore dell’uomo sviluppatosi in tutti i campi, da quello politico a quello economico, da quello scientifico a quello artistico. Quest’uomo “nuovo” e “rinato” richiese per sé stesso un
ambiente adeguato alla sua dignità; ne è derivata una nuova “cultura dell’abitare” alla ricerca di un equilibrio
tra l’uomo e il suo spazio, che va molto oltre la perfetta coerenza tra le varie parti di un edificio.
La “casa” viene intesa come la proiezione del sé, lo spazio abitativo diviene l’espressione percepita nel suo
complesso come weltanschauung che si manifesta con una perfezione geometrica di spazi costruiti secondo
rigorose formule matematiche per esprimere una rinnovata concezione della vita e del mondo.
La nuova idea dell’abitare la casa - e chiamare “casa” questo Palazzo appare quanto meno limitativo - vuol
rifarsi ad una metafora del cosmo; le stanze, le volte, i decori vogliono catturare una estensione fisica che va
al di là di quella che è la concretezza dell’architettura, per spingersi verso spazi virtuali e addirittura siderali.
Ma l’uomo del XVII secolo, pur costruendo metafore, perde quella apertura verso l’universo e, al contrario
del Rinascimento, tende a catturare l’universo dentro lo spazio domestico, forse perché il mondo del ‘600 era
considerato un mondo ostile, nel quale ci si doveva difendere a causa dei grandissimi disastri e delle lunghe
guerre. La casa diventa il luogo dove “catturare” il cosmo e imprigionarlo nella fisicità del palazzo, secondo le
grandi innovazioni e le meraviglie portate dalla rivoluzione scientifica di quel secolo concepite da architetti
come Borromini e matematici come Maignan. Tali sperimentazioni confermano il profondo interesse, in
epoca barocca, per gli studi che legano l’architettura alla geometria e all’astronomia, tanto che il magnifico
orologio solare che sta nella galleria a fianco a noi, è un esempio del cosmo che entra nella dimora privata,
testimone di un luogo dove le scienze dialogano tra loro e creano capolavori.
In questi grandi palazzi, che riduttivamente chiamiamo case, si disegna il mondo e si dà corso al progresso
tecnologico nel nuovo contesto dell’architettura barocca.
Ringrazio il Consiglio di Stato, l’Università degli Studi Roma Tre, per questo appuntamento imperdibile a Palazzo Spada. Un grazie speciale va a Laura Farroni che da anni lavora con un preparato gruppo di ricerca per portare alla luce i tesori della Scienza della Rappresentazione custoditi nelle stanze di Palazzo Spada.
Vorrei ringraziare non di meno Alessandra Pagliano e Manuela Incerti che con Laura Farroni hanno definito
una perfetta triade. Manuela Incerti è una vera esperta degli studi archeoastronomici legati all’architettura
che approfondisce da oltre venti anni; Alessandra Pagliano si occupa dei legami che la geometria intreccia
con l’arte e la scienza. Questa convergenza di collaborazioni fa si che altre discipline possano trovare i loro
spazi di ricerca all’interno di questa idea.
→ Architettura, geometria e astronomia
15
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Architettura, geometria
e astronomia
Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano
L’obiettivo della prima giornata di studi RAPPRESENTARE IL TEMPO è stato quello di riflettere su
quell’ampia porzione del patrimonio culturale di tutti i tempi, rintracciabile in opere di architettura, siti archeologici e manifestazioni artistiche, che risulta fortemente connesso alle conoscenze scientifiche in campo
astronomico sviluppate dai popoli di tutte le epoche storiche. Questi beni rendono manifesto l’immateriale
contatto tra Cielo e Terra oltre che costituire un naturale luogo d’incontro di numerose discipline quali Arte,
Filosofia, Geometria e Astronomia. La relazione tra questi saperi apparentemente molto distanti si fonda
fin dall’antichità sulla geometria e il disegno, che hanno contribuito allo sviluppo delle capacità dell’uomo
di misurare il tempo e di comprendere il movimento dei corpi celesti nello spazio, prima dei moderni strumenti ottici e digitali per l’osservazione. Geometrie della luce, dunque, come conoscenza indispensabile per
comprendere il valore di beni architettonici e artistici che basano le proprie forme sull’etereo contatto con
il Cielo. La possibilità di rappresentare tali fenomeni, altrimenti intangibili e di difficile comprensione per
il largo pubblico, può promuovere oggi interventi di restauro scientifico e di divulgazione dei contenuti attraverso modelli digitali. La giornata di studi ha così suddiviso in tre grandi tematiche la lettura di questo
ricco patrimonio culturale - architettura, astronomia e geometria - riportandone il dibattito nell’ambito delle
discipline del disegno al fine di riflettere sul ruolo delle stesse nella conoscenza di questi peculiari manufatti,
indagando sul loro stato di fatto e sui processi teorici e applicativi messi in atto durante la loro realizzazione.
Per un approccio metodologico alla lettura dell’architettura costruita in relazione alla luce (L.F.)
Il patrimonio culturale costruito si declina su tutto il territorio nazionale e internazionale in diversi modi, a
diverse scale e con differenti tipologie di accessibilità. Al contempo, molte opere di rinomato valore storico
artistico e scientifico sono conservate nei musei, altre invece appartengono ad episodi non accreditati che possono, però, partecipare a una definizione più ampia di museo, inteso come “luogo” e come molteplicità di “oggetti” frutto di storie e testimonianze del pensiero umano, del saper fare e delle relazioni intercorse tra culture.
La misura del tempo, espressa attraverso gli orologi solari, nel corso dei secoli, si è presentata sotto
diverse forme, da singoli oggetti nel territorio a strumenti costruiti negli edifici o costituenti l’edificio stesso
Pagliano 2020). È compito degli studiosi delle discipline coinvolte in questo tema continuare a svelare quella
magnifica capacità che hanno avuto gli uomini di relazionale se stessi, e quanto da loro creato, con il sistema
solare e quindi con lo scorrere del tempo. La presenza di un orologio solare in un luogo, infatti, esprime un
legame forte con il territorio, è il qui ed ora in relazione all’universo: per costruire questo rapporto uomo
universo si è dovuto considerare l’orientamento e la latitudine locale.
Occorre però una riflessione su quale approccio metodologico seguire nello studio di queste “architetture”. Bisogna affrontare la percezione del tempo nella storia e come il tempo possa essere stato valutato e vissuto.
I ricercatori potranno, così, discretizzare al meglio le diverse testimonianze tenendo in considerazione i principi promotori della progettazione, anche attraverso l’approfondimento degli strumenti dedicati alla costruzione.
E è bene, allora, introdurre il concetto di durata, come definita da Steven Holl nel testo Parallax, che
individua in essa (riprendendo le posizioni di Henri Bergson in Materia e memoria del 1911, Pessina 1996)
il momento in cui “ciò che non è ancora avvenuto incontra il già trascorso” (Holl 2004). Egli, infatti, riporta
il tempo alla sua fluidità in cui il passato, il presente e il futuro si fondono. Il tempo dell’essere di ciascuno
→ Architettura, geometria e astronomia
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è un tempo provvisorio, è una circostanza adottata. Il tempo come durata, può essere inteso unicamente in
relazione a un processo o a un fenomeno facendo travalicare il provvisorio. Ed allora l’architettura può creare
rapporti articolati con il tempo. E le architetture degli orologi solari questo dimostrano. Esse sono atti, incisioni, trasformazioni sul territorio che catturano la luce a prescindere dalla loro grandezza, ma che relazionano l’uomo con il giorno, la notte e le stagioni. Architetture della luce e del buio che ci regalano nel tempo
prospettive diverse di percezione e fruizione. L’uomo percepisce lo spazio muovendosi attraverso il tempo.
Rivelare questo, è unire il passato al presente in previsione del futuro.
Uno dei metodi in grado di rilevare quanto detto è il disegno. Esso permette di muoversi tra la teoria
scientifica e la pratica del costruire, attraverso l’analisi geometrica per la verifica dei principi astronomici e
la realizzazione concreta attraverso strutture e materiali. Operazione che parte dallo stato di fatto per tornare all’incipit iniziale che ha mosso il progetto sulla luce nel tempo passato. Per questo il ruolo del disegno
come disciplina trasversale nel riconoscimento dei modelli geometrici e proiettivi assume importanza per la
rappresentazione e verifica del funzionamento e della struttura di queste opere, nella loro valenza tangibile e
intangibile. Ed occorre avere un ulteriore obiettivo, quello di dimostrare che tali opere necessitano di essere
valorizzate perché inclusive dell’identità culturale dei popoli e delle reciproche relazioni.
Compito degli studiosi, in conclusione, è svelare e valorizzare quel patrimonio culturale visibile e intangibile, rintracciabile in opere di architettura, resti archeologici, e manifestazioni artistiche, che riguarda
l’evoluzione del pensiero scientifico in relazione all’architettura e all’arte.
Geometrie dei fenomeni luminosi (A.P.)
La costanza dei fenomeni luminosi diurni e annuali ha spinto, fin dall’antichità, gli studiosi di tutto il mondo
a creare modelli geometrici per la lettura, l’analisi, la misurazione e dunque il controllo di tali complesse manifestazioni. L’evidenza del moto apparente degli astri all’osservazione ad occhio nudo hanno spinto filosofi
e scienziati a porre la Terra al centro dell’intero sistema geometrico data la sua supposta fissità. Tali modelli
perdurano ancora oggi, nonostante la rivoluzione copernicana, come rappresentazione geometrica delle reciproche posizioni assunte durante l’anno dalla Terra, dal Sole e dagli altri copri celesti visibili nel cielo. Di tali
complessi eventi astronomici perennemente in atto, a distanze da noi assimilabili all’infinito, gli orologi solari
ne sono la testimonianza grafica sulla Terra grazie a un sistema proiettivo conico che allinea costantemente,
mediante i raggi luminosi, la posizione del Sole, la punta dello gnomone e l’estremità della sua ombra sul
quadrante (Pagliano et alt. 2012, p. 71).
La realizzazione degli orologi solari vide frequentemente la convergenza multidisciplinare delle più svariate dottrine, dalla matematica alla fisica, dalla cartografia alla geografia, dalla geometria all’arte, che testimoniano il fervente clima culturale creatosi in Europa tra il XV e il XIX secolo. In Italia numerose meridiane
e orologi solari di pregevolissimo valore artistico e scientifico, tuttavia non adeguatamente valorizzati per il
progressivo disperdersi di questa antica cultura millenaria. Tra l’incuria e l’incapacità di adeguati restauri, gli
orologi solari costituiscono un patrimonio culturale da salvare urgentemente con azioni di tutela e di recupero. A rischio di dispersione è inoltre il millenario sapere della gnomonica, scienza antichissima che trae
origine dai primi esperimenti di misurazione del tempo attraverso la valutazione dell’estensione dell’ombra
18
proiettata da un bastone infisso al suolo. Grazie alla gnomonica, nell’antichità, fu inoltre possibile avere un riferimento misurabile degli altresì intangibili e lontanissimi moti astrali, legando per secoli indissolubilmente
tale scienza al più ampio e generale campo degli studi astronomici. Ancora, alla proiezione di ombre solari si
devono le prime misurazioni del globo terrestre ad opera di Eratostene (Columba 1895) ed numerosi critici
(Higgins 2010) riportano un metodo empirico usato da Talete, già nel VII sec. a.C., per misurare l’altezza
delle piramidi grazie alla comparazione tra l’estensione dell’ombra del monumento e quella proiettata, nello
stesso istante e dunque secondo la medesima inclinazione dei raggi solari, da un bastone infisso al suolo
di lunghezza nota. Astronomia, dunque, ma anche geodesia, architettura, matematica e geometria sono gli
ambiti disciplinari ai quali la gnomonica, intesa comunque come scienza autonoma, si è tradizionalmente
affiancata, talvolta traendo da essi importanti e basilari nozioni, altre volte offrendosi invece come strumento
di indagine e di verifica.
Ancora oggi, il ricorso al modello geometrico di rappresentazione del moto apparente del Sole permette
a numerosi esperti della scienza gnomonica di analizzare e conseguentemente restaurare alcuni preziosi orologi solari, preziosi beni di un patrimonio culturale a rischio di dispersione. I processi grafici derivanti dalla
geometria dei fenomeni luminosi applicati alla gnomonica sono dunque lo strumento comune per l’analisi e
il restauro di orologi solari di qualsiasi forma e latitudine e in qualsiasi condizioni di degrado, ma anche una
efficace forma di rappresentazione per la valorizzazione di questo patrimonio poco conosciuto ed apprezzato.
L’astronomia nelle fonti (M.I.)
Le fonti che trattano di conoscenze e tecniche utilizzate nel passato più lontano per progettare architetture e
città in rapporto con il cielo sono state affrontate in diversi lavori caratterizzati da approcci di tipo generale
(Briggs 1927; Brown 1963; Dilke 1979; Downey 1948a; 1948b; Kostof 1977; Meek 1952; Radding, Clark 1997;
Schibille 2009), più raramente con un’attenzione specifica al tema (Castelli 1978; Tosi 1991; Incerti 2013).
La ricerca diretta sulle architetture storiche e sulle eventuali implicazioni astronomiche, così come attestano anche gli studi raccolti in questo volume, si è invece enormemente arricchita negli ultimi trent’anni grazie
ad associazioni scientifiche, centri di ricerca, università e musei che, tutti insieme, hanno prodotto un numero
di pubblicazioni e di prodotti davvero molto elevato, ampliando di molto la conoscenza sul tema. Se l’architettura è essa stessa documento che testimonia il sapere astronomico posseduto dagli antichi costruttori attraverso
la materia razionalmente e consapevolmente conformata, non meno preziose sono le evidenze etnografiche
relative ai desideri e alle conoscenze messi in atto nella formulazione del progetto e della sua cantierizzazione.
Il De Architettura di Vitruvio è certamente la testimonianza più significativa che documenta l’attenzione con cui gli antichi costruttori dell’occidente guardavano alla volta celeste. L’architetto romano include
infatti l’astronomia tra le discipline che, congiuntamente alle cognizioni pratiche, sono necessarie alla formazione professionale dell’architetto. Il famoso passo in apertura al trattato ricorda l’opportunità che l’architetto
[…] abbia una istruzione letteraria, che sia esperto nel disegno, preparato in geometria, che conosca un buon numero
di racconti storici, che abbia seguito con attenzione lezioni di filosofia, che conosca la musica, che abbia qualche nozione di medicina, che conosca i pareri dei giuristi, che abbia acquisito le leggi dell’astronomia (Vitruvio Pollione
→ Architettura, geometria e astronomia
19
1993, I,1,3). I contenuti delle nove discipline vengono subito dopo esposti brevemente (I,1,4-10) attraverso
i loro caratteri, finalità e interrelazioni. La conoscenza del cielo, unitamente all’ottica (che è parte della geometria), è necessaria affinché l’illuminazione all’interno degli edifici sia correttamente progettata. La scienza
medica non può prescindere dalla cognizione dell’inclinazione dell’asse terrestre che determina le differenti
zone climatiche. Concordanze astrali e accordi musicali, quadrati e triangoli trovano nel tema dell’accordo
un argomento di discussione comune tra astronomi e musicisti (I,1,16). Con lo studio infine dell’astronomia si
acquisiscono le nozioni di oriente, occidente, mezzogiorno, settentrione, e ancora il sistema delle leggi del cielo, l’equinozio, il solstizio, il corso degli astri; se non si posseggono tali cognizioni, non sarà possibile comprendere il principio
teorico degli orologi (I,1,10).
Si tratta indubbiamente di un sapere di tipo medio, da inserire in un programma formativo di carattere
enciclopedico (diremmo oggi generalista), i cui campi sono tra loro connessi e comunicanti; le competenze richieste all’architetto necessariamente non possono essere altissime (I,1,17), ma sono necessarie […] in modo da
non essere preso alla sprovvista qualora ci fosse il bisogno di esprimere una valutazione e un giudizio relativamente
a questi settori e a queste tecniche.
La rilevanza assegnata all’astronomia tra le competenze professionali è confermata inoltre da un importante passaggio individuabile nella seconda ripartizione delle attività dell’architettura (meno celebre rispetto alla prima). Secondo Vitruvio la gnomonica costituisce, insieme alla costruzione di edifici e alla meccanica
(I,3,1), una delle tre parti dell’architettura e, dunque, anche della stessa struttura del trattato.
Se il libro IX è interamente dedicato all’astronomia (in particolare all’arte di costruire strumenti di
misura del tempo), nozioni di tipo astronomico tuttavia sono largamente diffuse all’interno del trattato,
prevalentemente in rapporto a due problematiche progettuali: la scelta dell’orientamento di edifici e città e
l’illuminazione degli spazi.
Come è noto, analoghe riflessioni di carattere astronomico, elementari ma indispensabili per il buon progettare, sono contenute anche nel Liber artis architectonicae di Marcus Cetio Faventinus (III sec. d.C.) e nella
Constitutio limitum di Hyginus Gromaticus, e permangono nella formazione dell’architetto medioevale in un’epoca in cui Aritmetica, Geometria, Astronomia e Musica formano il Quadrivium (Krinsky 1967; Heitz 1975).
Sono proprio le fonti che ci aiutano allora ad introdurre questo volume che raccoglie gli esiti della prima
giornata di studio e l’intera collana Architettura, geometria e astronomia. Conoscenze teoriche e analisi degli
artefatti procedono ancora oggi su una antica strada in cui l’approccio globale vede i vari campi del sapere tra
loro legati e dialoganti.
20
Bibliografia
Briggs M. S. (1927). The architect in history. Oxford: Clarendon Press.
Brown F. E. (1963). Vitruvius and the Liberal Art of Architecture. Bucknell Review. 11, 1963, pp. 99–107.
Castelli P. (1978). «Caeli enarrant»: astrologia e citta. In: Le città di Fondazione. Atti del II Convegno Internazionale di
Storia urbanistica. Venezia: CISCU-Marsilio editori. 1978.
Columba G. M. (1895). Eratostene e la misurazione del meridiano terrestre. Palermo: Clausen.
Dilke O. A. (1979). Gli agrimensori di Roma antica: teoria e pratica della divisione e dell’organizzazione del territorio nel mondo
antico. Bologna: Edagricole.
Downey G. (1948a). Byzantine architects, their training and methods. Byzantion, 18, pp. 99-118.
Downey G. (1948b). Pappus of Alexandria on architectural studies. Isis, 38, pp. 197-200.
Heitz C. (1975). Vitruve et l’Architecture du Haut Moyen Age. In: La Cultura Antica nell’Occidente Latino dal VII all’XI
secolo, Settimane di Studio del Centro Italiano di Studi sull’Alto Medioevo, pp. 725-757. Spoleto: Centro Italiano di Studi
sull’Alto Medioevo.
Higgins P. M. (2010). Un mondo di matematica. Dalle piramidi egizie alle meraviglie dell’Alhambra, Bari: Edizioni Dedalo.
Holl, S. (2004). Parallax. Architettura e percezione. Milano: Postmedia srl. Traduzione dall’inglese di Bergamin A., pp.7384.
Incerti M. (2013). Astronomical Knowledge in the Sacred Architecture of the Middle Ages in Italy. Nexus Network
Journal, 15, pp. 503-526.
Kostof S. (a cura di). (1977). The architect: chapters in the history of the profession. New York-Oxford: Oxford University
Press.
Krinsky C. H. (1967). Seventy-Eight Vitruvius Manuscripts. Journal of the Warburg and Courtauld Institutes. 30, 1, pp.
36-70.
Mandelli E., Lavoratti G. (a cura di). (2010). Disegnare il tempo e l’armonia. Il disegno di architettura osservatorio nell’universo.
Firenze: Alinea editrice.
Meek H. A. (1952). The Architect and his Profession in Byzantium. Journal of the Royal Institute of British Architects
( JRIBA). 59, pp. 216-220.
Pagliano A., Triggianese A. (2012). Passi del Sole: geometrie della luce negli orologi solari. In D’Acunto G. (a cura di).
Complessità e configurazione. Disegno e geometria delle forme architettoniche. Venezia: Libreria Editrice Cafoscarina. p. 71.
Pagliano, A. (2020). Le ore del Sole. Geometria e astronomia negli antichi orologi solari romani. Roma: Editori Paparo.
Pessina A. (a cura di). (1996). Henri Bergson. Materia e memoria. Bari: Editori Laterza.
Radding C., e Clark W.W. (1997). Architettura e sapere nel Medioevo: costruttori e maestri tra Romanico e Gotico. Milano:
Vita e pensiero.
Schibille N. (2009). The Profession of the Architect in Late Antique Byzantium. Byzantion, pp. 360-379.
Tosi G. (1991). Architettura e astronomia nel De Architectura di Vitruvio. In: Archeologia e astronomia: colloquio internazionale Venezia 3-6 maggio 1989. Roma: Giorgio Bretschneider, pp. 74-82.
Vitruvio Pollione Marco (1993). De Architectura. Gros P. (a cura di). Torino: Einaudi.
https://www.icom-italia.org/definizione-di-museo-di-icom
→ Architettura, geometria e astronomia
21
Hilma af Klint
(1862–1944),
Urkaos, nr 16,
The WU/Rose
Series, Group I,
1906-1907. Olio
su tela, 53 x 37
cm. The Hilma af
Klint Foundation,
Stockholm (Photo:
Albin Dahlström,
Moderna Museet,
Stockholm).
Abstract
TEMPO
Viene tracciata, a grandi linee, una storia del concetto di tempo, dagli antichi
miti cosmogonici sull’origine dello spazio e del tempo, ai numerosi tentativi
di definire il tempo, all’importanza che questo ha avuto ininterrottamente
nelle relazioni con l’astronomia, una disciplina da sempre preposta alla sua
misura e al suo utilizzo. Ma, nonostante questa lunga storia, il tempo è ancora
una quantità difficile da definire e rimangono aperti molti problemi riguardo
alla sua natura.
Parole chiave
A history of the concept of time is outlined, starting from the ancient cosmogonic myths about the origin of space and time, to the numerous attempts
to define time, to the importance that time has always had in relations with
astronomy, a discipline that has continually been responsible for its measurement and use. But, despite this long history, it is still difficult to define time
and many problems regarding its nature remain open.
Tempo
Misura del tempo
Miti cosmogonici
Astronomia
Orientamenti astronomici
Fabrizio Bònoli
Alma Mater Studiorum Università di Bologna
→
[email protected]
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Crono: all’inizio del tempo
In principio era Caos, una voragine, un vuoto oscuro, un abisso cieco, notturno, sconfinato, dove nulla
poteva essere distinto. Poi apparvero Gaia, la Terra,
e il Tartaro, le Tenebre, ed Eros, l’Energia dell’amore primordiale. Gaia generò, uguale a sé, Urano, il
Cielo stellato, e Ponto, il Flutto marino. Da Gaia e
Urano nacquero anche i sei Titani, l’ultimo dei quali
fu Crono, il più terribile dei figli dai tortuosi disegni, che libererà la madre Gaia dal padre Urano che
giaceva perennemente su di lei, castrandolo con una
grande falce. Si separò in questo modo la Terra dal
Cielo e si creò uno spazio libero tra di loro, sopra il
quale la volta stellata rappresentava un grande soffitto. Sono nati così il Giorno e la Notte ed è nato
Cosmo, l’Ordine, così come l’umanità lo vede.
Allora, secondo il mito raccontato da Esiodo nella
Teogonia (Ricciardelli 2018), è stato Crono – spesso
identificato con il Tempo – a consentire l’inizio dello
scorrere del tempo e anche della nostra storia. Una
storia che è incominciata con le prime domande che
possiamo immaginare l’Uomo si sia posto osservando il Cielo, e anche con le prime risposte: “Come
sono nati l’Universo, il Cielo, la Terra, l’Uomo? Cosa
c’era prima? Cosa ci sarà dopo? Ma ci sarà un dopo?”.
E soprattutto: “Perché tutto questo?”
E ancora: “Tutto questo è sempre esistito o è stato creato dal nulla? Oppure da una fluttuazione del
‘vuoto quantico’, come affermano alcune delle moderne ipotesi sull’origine dell’universo?”.
Non possiamo che concordare con quanto ha scritto
Virgilio nelle Georgiche: “Felix, qui potuit rerum cognoscere causas” (“Fortunato colui che ha potuto conoscere
l’origine delle cose”) (Barchiesi 2019, Lib. II, v. 489).
E poi una domanda ancora più difficile: “Pourquoi
y a-t-il quelque chose plutôt que rien?” (“Perché esiste
qualcosa anziché il nulla?”), si era chiesto Leibniz
(Leibniz 1996, p. 228). E in quale tempo questa
quelque chose, questo spazio, ha avuto inizio? Se ha
avuto un inizio.
Il tempo e lo spazio
In definitiva, qualunque domanda ci poniamo sullo
spazio in cui ci troviamo finiamo anche per parlare di
tempo. Infatti, “nessuno ha mai fatto esperienza di un
luogo se non in un tempo, e di un tempo se non in un
luogo” ha affermato nel 1908 Hermann Minkowski,
maestro di Einstein e fondatore con Poincaré della
geometria quadridimensionale dello spazio-tempo,
nella conferenza Raum und Zeit (Spazio e tempo) davanti all’80a Assemblea della Gesellschaft Deutscher
Naturforscher und Ärzte (Società dei naturalisti e dei
medici tedeschi). E poi aveva proseguito: “I concetti
di spazio e di tempo che desidero esporvi traggono
origine dal terreno della fisica sperimentale, e in ciò
risiede la loro forza. Sono radicali. D’ora in avanti
lo spazio singolarmente inteso, e il tempo singolar24
mente inteso, sono destinati a svanire in nient'altro
che ombre, e solo una connessione dei due potrà preservare una realtà indipendente” (Minkowski 1909).
Cos’è il tempo?
Ora, se vogliamo definire gli oggetti di cui ci stiamo
occupando – lo spazio e il tempo –, per lo spazio, di
fatto, non abbiamo grandi problemi, ma per il tempo
ecco che la cosa incomincia a farsi più complicata.
In molti hanno cercato di definire il tempo ed è
rimasta famosa la domanda di Agostino: “Quid est
ergo tempus? ”. E anche la sua risposta: “Si nemo ex
me quaerat, scio; si quaerenti explicare velim, nescio”
(“Cos’è allora il tempo? Se nessuno me lo chiede, lo
so; se voglio spiegarlo a chi me lo chiede, non lo so!”)
(Cristiani 1996, Lib. XI, 14, p. 126).
Altri, molto dopo, se la caveranno più facilmente,
come Newton che, proprio all’inizio dei Principia,
avverte i lettori che “tempus, spatium, locum et motuum ut omnibus notissima non definio” (“non darò
la definizione di tempo, spazio e moto, in quanto è
ben nota a tutti”), affermando subito dopo (Newton
1687, Lib. I, def. VIII, Scholium, p. 5): “Dicam tamen
quod vulgus quantitates hasce non aliter quam ex relatione ad sensibilia concipit. Et inde oriuntur praejudicia
quaedam, quibus tollendis convenit easdem in absolutas
& relativas, veras & apparentes, Mathematicas et vulgares distingui” (“Io devo solo osservare che la gente
comune concepisce quelle quantità sotto nessun’altra
nozione se non dalla relazione che hanno con oggetti
sensibili. E da qui sorgono certi pregiudizi, per la cui
rimozione sarà conveniente distinguerli in assoluti e
relativi, veri e apparenti, matematici e comuni”).
Ma otto secoli prima di Agostino, Platone aveva
dato nel Timeo (Cap. X, 37d) quella che ritengo sia
la più suggestiva definizione di tempo: “Il Tempo è la
mobile immagine dell’eternità” (Carena 1970, p. 442).
Mentre subito dopo è Aristotele che entra nella
questione in modo più operativo e pragmatico sostenendo che “Tempus est numerus et mensura motus,
secundum prius et posterius” (“Il tempo è la misura del
movimento, secondo un prima e secondo un dopo”)
(Castelli 2012, IV, 11, 219b1, p. 103).
E allora, possiamo chiederci quanto la definizione
di Aristotele sia diversa da quella di ventidue secoli
più tardi di Ernst Mach, il fisico e filosofo che ebbe
grande influenza su Einstein e sulla sua rimozione
del concetto newtoniano di tempo assoluto: “Dire
che una cosa A muta con il tempo significa, semplicemente, dire che gli stati di una cosa A dipendono
dagli stati di un’altra cosa B. Il tempo è un’astrazione, alla quale arriviamo proprio attraverso la constatazione del mutamento” (Mach 1968, pp. 241-242;
Bergia 2006).
Già Lucrezio, nel I secolo a.C., aveva espresso l’idea
del tempo come un’astrazione, riconoscibile solo dalle sensazioni di movimento: “Tempus item per se non
Fabrizio Bònoli
est, sed rebus ab ipsis / consequitur sensus, transactum
quid sit in aevo, / tum quae res instet, quid porro deinde
sequatur; / nec per se quemquam tempus sentire fatendumst / semotum ab rerum motu placidaque quiete” (“Anche il tempo non esiste per sé, ma dalle cose stesse
deriva il senso di ciò che si è svolto nel tempo, poi di
ciò che è presente, infine di ciò che segue più tardi.
E bisogna riconoscere che nessuno avverte il tempo
per sé, separato dal movimento e dalla placida quiete
delle cose”) (Cetrangolo 1969).
È chiaro che molti problemi restano aperti riguardo
al tempo (Rovelli 2017), alcuni possono essere affrontati con metodi scientifici, altri richiedono analisi filosofiche, altri ancora … chissà?
• esisteva il tempo prima dell’inizio del tempo?
• esiste il tempo quando non c’è alcun mutamento?
il tempo futuro e quello passato sono reali?
• il tempo futuro sarà finito o infinito?
• cosa vuol dire “lo scorrere del tempo”?
• perché c’è una “freccia del tempo”?
• a livello macroscopico e a livello microscopico il
tempo scorre nello stesso modo?
• quali tipi di viaggi nel tempo sono possibili?
• che ruolo gioca il tempo nel ragionamento?
• il tempo fisico e il tempo filosofico sono gli stessi?
• il tempo fisico e il tempo psicologico sono uguali
o differenti?
• quali sono i meccanismi neurali che spiegano la
nostra esperienza del tempo?
verso le cose del cielo. James Frazer, uno dei fondatori dell’antropologia sociale, nella sua opera enciclopedica The Golden Bough: A Study in Comparative
Religion (Frazer 1911-1915) ha spiegato come tali
analogie siano effetto di cause simili che agiscono in
maniera analoga sulla costituzione della mente umana in diversi paesi e sotto diversi cieli. Cioè, l’Uomo,
sottoposto alle stesse esperienze e alle stesse sensazioni, reagisce sempre in modi simili.
Possiamo pensare, allora, che fin dai tempi più remoti l’osservazione del cielo abbia seguito due correnti
di pensiero: da una parte, il tentativo – razionale – di
comprendere l’esistenza di periodicità e leggi naturali da utilizzare per la propria sopravvivenza; dall’altra
parte, il tentativo – mistico – di collocare nei cieli
esseri soprannaturali e onnipotenti in grado di governare quei moti e ai quali rivolgersi per preservarne
le regolarità. Nel corso della storia, queste due correnti di pensiero – razionale e mistica – sono state
spesso legate tra loro, a volte anche avverse, talora
nettamente distinte e anche con dei cambiamenti di
paradigma: “Les dieux n’étant plus et le Christ n’étant
pas encore, il y a eu, de Cicéron à Marc-Aurèle, un moment unique où l’homme seul a été” (Quando gli dèi
non c’erano più e Cristo non ancora, tra Cicerone
e Marco Aurelio, c’è stato un momento unico in cui
è esistito l’Uomo, solo”) scrive Flaubert (Flaubert
1930, p. 464).
Il tempo, l’astronomia, le arti
Tempo: la misura di un cambiamento
Anche se con tutte queste domande ancora brancoliamo “in un tempo buio”, mi sembra che almeno una cosa sia condivisibile nel nostro discorso: il
tempo è la misura di un cambiamento e infatti è così
che l’umanità si è sempre confrontata con il tempo:
misurandolo, cioè facendo una misura dei cambiamenti. E per fare questa misura, il metodo che tutte
le civiltà hanno utilizzato è stato quello di osservare
qualcosa che sembrava poter garantire una certa regolarità nei cambiamenti: il moto dei corpi celesti,
del Sole, della Luna, degli astri erranti, della volta
celeste. Una volta che, generazione, dopo generazione, ci si è accorti di come quei movimenti regolari
e ciclici avessero una qualche relazione con ciò che
avveniva qui sulla Terra, ecco che è nata quella che
chiamiamo “la misura del tempo” (AA.VV. 2000a;
2000b; 2000c).
Per tutte le culture, il passo successivo (o precedente?
non lo sappiamo) è stato poi quello di immaginare
che lassù ci fosse qualcuno (o qualcosa) in grado di
governare quei movimenti e al quale rivolgersi perché rimanessero sempre uguali quelle regolarità, così
faticosamente osservate, seguite, annotate, tramandate, e divenute così importanti per la vita quaggiù.
E questo spiega le apparenti analogie che si ritrovano in molte civiltà nell’atteggiamento dell’Uomo
→ Architettura, geometria e astronomia
Stiamo parlando, quindi, dei rapporti tra l’astronomia – e la sua capacità di misurare il tempo – e le attività umane, intese qui come tutte le manifestazioni
artistiche: architettura, pittura, scultura, letteratura,
musica. Ma prima mi piace fare una puntualizzazione come abbiamo provato a fare con il tempo,
sempre nella logica di cercare di definire ciò di cui
stiamo parlando, e cioè chiederci: cos’è l’astronomia?
Cos’è l’arte? Come astronomo non fatico a rispondere in due parole alla prima domanda: l’astronomia è
un tentativo di comprendere la realtà dell’universo.
Come “non artista” fatico di più per la seconda, ma
provo: l’arte è un tentativo di rappresentare la realtà.
Possiamo dire di aver trovato, allora, un punto comune con cui confrontarci: l’astronomo e l’artista sono
entrambi interpreti della realtà. E questo lo troviamo
proprio come una prescrizione in una diffusissima
opera astrologica del XIII secolo, Picatrix, versione
latina del testo arabo Il fine del saggio, di due o tre
secoli prima: “Quando vero sapientes antiqui voluerunt
facere ymagines, non potuerunt refutare constellationes
quae sunt radices in scientia ymaginum” (“Quando gli
antichi saggi volevano rappresentare delle immagini,
non potevano fare a meno delle configurazioni celesti, che sono le radici [in poche parole, le posizioni
degli astri in un epoca definita] nella scienza delle
raffigurazioni”) (Pingree 1986, p. 8).
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Un esempio più vicino a noi? “J’ai parfois en moi un
besoin terrible de – dirai-je le mot ? – de religion, alors
je vais la nuit dehors pour peindre les étoiles” (“A volte
sento dentro di me un bisogno terribile di – posso
dirlo? – di religione, allora esco nella notte e dipingo le stelle”). È van Gogh che scrive al fratello (van
Gogh 1888) e in queste poche parole e nei suoi numerosi cieli stellati troviamo la dimostrazione proprio di quanto dicevamo prima: “qualcosa di religioso”, l’atteggiamento mistico verso le cose del cielo
che sta dipingendo; “qualcosa di razionale”, perché le
stelle che dipinge non sono inventate o false, sono le
stelle reali che vede e rappresenta con il suo grande
genio artistico.
Tempo e simboli: un legame tra microcosmo e macrocosmo
Il titolo di questa giornata lega, insieme al tempo,
architettura, geometria e astronomia e si possono
fare molti esempi di questi legami: da Stonehenge e
i circoli megalitici ai traguardi solstiziali o equinoziali in varie parti del mondo, dalle piramidi egizie
a quelle maya, dai templi greci e romani all’orientamento delle chiese, dai riti di fondazione delle città
alla supposta o reale geometria di Castel del Monte
– vitruviana o esoterica che fosse – dalle volte affrescate a tante altre strutture architettoniche astronomicamente vincolate, gli esempi possono essere
moltissimi e altri qui parleranno di casi specifici.
Ma nella gran parte di questi il legame non consiste solo in un orientamento verso qualche direzione
astronomicamente significativa: i punti del sorgere o
tramontare del Sole o della Luna o di Venere nella
stagione delle piogge o quello della levata eliaca di
Sirio, e poi l’orientamento di cardo e decumano o
dell’abside rivolto ad solem orientem nel giorno dedicato a un santo protettore e così via. Naturalmente,
eviterò di parlare di immaginarie connessioni geometriche, quali perimetri diviso altezze, pi greco,
numeri aurei, quadrature del cerchio, successioni di
Fibonacci, per non cadere in discorsi che possono
andare dall’ermetismo spinto alla cabala, alla numerologia e non correre il rischio di finire con il parlare
anche di inesistenti antiche civiltà o addirittura di
extraterrestri.
Qui vogliamo parlare di qualcosa di più, e mi riferisco a quel legame di cui abbiamo detto tra l’astronomia e le altre discipline. Legame che abbiamo
fatto consistere nelle relazioni tra la natura, l’Uomo,
la realtà quotidiana, lo scorrere del tempo – il microcosmo – e il cielo, le stelle, l’universo, la conservazione del tempo – il macrocosmo. Ricordandoci
che questo legame non è fatto solo di orientamenti
e geometrizzazioni, ma anche, se non soprattutto, di
allegorie e simbolismi, molti dei quali non sono più
per noi immediatamente intellegibili, se non talora
addirittura oscuri.
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Mi limiterò solo a pochi esempi, iniziando dalla
Cattedrale di Otranto, orientata astronomicamente – con la precisione degli allineamenti ottenibile
all’epoca (di precisioni parleremo più avanti) – verso
la levata solstiziale estiva, come probabilmente i resti
messapici, romani e paleocristiani precedenti. O forse edificata semplicemente seguendo l’orientamento orografico sulla collina che guarda verso il mare?
Non so rispondere.
Abbiamo qui uno dei più affascinanti pavimenti
musivi. Realizzato dal presbitero Pantaleone nel
XII secolo, il grande Albero della vita che si estende per ottocento metri quadrati non è solo una
Biblia pauperum che riporta storie tratte dall'Antico Testamento, dai cicli cavallereschi, dai bestiari
medievali, dalle leggende su Alessandro Magno.
È una sorta di poema in immagini che racconta
il destino dell’Uomo attraverso la storia dei tempi
precedenti con simboli anche geometrici e numerici rappresentanti ordine e misura. Prima di arrivare
al termine dell'Albero della vita, con la Giustizia e
il Peccato, e infine all’altare per raggiungere la Redenzione – il tutto in sedici tondi a indicare la Cosmogenesi – ecco che incontriamo i cicli dei mesi
dell’anno – la scansione del tempo – in cui viene
presentata l’associazione “costellazioni zodiacali - mesi - lavori dell'uomo”, un perfetto esempio
illustrato della stretta relazione tra microcosmo e
macrocosmo (Gianfreda 1996).
La stessa associazione che ritroviamo nel Battistero
di Parma, studiato in modo estremamente analitico
– ed anche elegante – da Manuela Incerti (Incerti
2001) e sul quale quindi non mi soffermerò, se non
per sottolineare, oltre alla classica e simbolica forma
ottagonale, le numerose geometrie solari, che vanno
a evidenziare il trascorrere del tempo per le diverse
operazioni liturgiche, e la presenza del primo ciclo
scultoreo italiano, realizzato dall’Antelami e di poco
successivo alla Cattedrale di Otranto, che raffigura,
come a Otranto, i mesi con i rispettivi segni zodiacali
e i tipici lavori stagionali della zona: qui la Padania,
là il Salento.
Lo stesso accadeva nella Cappella degli Scrovegni a
Padova, in cui si trova la prima raffigurazione della
stella dei Magi come una cometa, eseguita da Giotto subito dopo il passaggio della cometa di Halley
del 1301, e dove, sotto un cielo trapunto di stelle,
voluti giochi di luce evidenziavano alcune immagini in giorni particolari (Romano 1992, pp. 57-67),
come pure in diverse abbazie cistercensi, sempre
secondo le accurate misure di Manuela Incerti (Incerti 1999). Proprio come probabilmente accadeva
nel Partenone, in cui la grande statua di Fidia in
oro e avorio di Atena Parthénos era illuminata dai
raggi del Sole in un tempo particolare: al mattino
del giorno di inizio delle feste Panatenaiche, dedicate alla dea.
Fabrizio Bònoli
Gli orientamenti e la precisione delle misure
Avevo fatto prima un rapido accenno alla “precisione
degli allineamenti”; un tema che merita alcune precisazioni (Neugebauer 1954; Price 1957; Singer 1957;
Kolbe 2008). Quanto potevano essere precisi quegli
allineamenti, delineati simbolicamente dopo svariate
misure astronomiche oppure obbligati da opportune
situazioni orografiche o mediati tra le due?
Senza entrare troppo nei dettagli tecnici, possiamo
dire che gli orientamenti solari, visto il variabile
moto del Sole nel corso dell’anno, anche se eseguiti
con i metodi più accurati disponibili nelle varie epoche, non potevano essere più precisi di qualche grado: alcuni giorni. Solo per fare un esempio relativo a
epoche a noi più vicine, nel determinare l’equinozio
d’inverno del 1588 le Tabulae Alphonsinae, redatte a
metà del Duecento a Toledo da un gruppo di astronomi per volontà di Alfonso X di Castiglia e León e
usate per secoli, variavano di circa venti ore rispetto
alle successive e più accurate Tabulae Prutenicae di
Erasmus Reinhold del 1551, redatte seguendo il sistema copernicano.
Per le posizioni delle stelle, se facciamo riferimento
al catalogo nell’Almagesto di Tolomeo, la precisione
media era di poco meno di un grado. E qui siamo
alla fine della massima fioritura dell’astronomia greco-ellenistica, da cui si può essere certi che in epoche precedenti la precisione fosse ancora peggiore,
mentre fino al Cinquecento, con Tycho Brahe, non
migliora di molto, nonostante i successivi perfezionamenti e aggiustamenti ad opera degli astronomi
arabi ed europei (Gingerich 1996; Bezza 2000); il
che portava quindi a errori grossolani nelle misure di
distanze angolari prese tra quelle stelle di riferimento e, per esempio, la Luna e i pianeti. Con tutte le
conseguenti imprecisioni riguardo a eclissi, congiunzioni e occultazioni.
Per quanto riguarda, infatti, il moto dei pianeti, così
puntigliosamente registrato sin dalle tavolette babilonesi, va tenuto conto che, per esempio, Giove e Saturno, i più lenti, percorrono in media 5' e 2' al giorno, rispettivamente, il che portava a errori di tempo
medi nella previsione della loro posizione in cielo di
molti giorni: da ± 6 a ± 15 giorni (Strano 2003, pp.
337-338). Sempre a titolo di esempio, mentre le Alphonsinae sbagliavano di ben un mese nel prevedere
la congiunzione di Saturno e Giove del 1563, le Prutenicae si accontentavano di sbagliare di un giorno!
E tutto questo con buona pace sia delle previsioni
astrologiche e degli influssi astrali che ci si aspettava
derivassero da quelle errate previsioni, sia di quegli
allineamenti astronomici che tanti libri, riviste, programmi televisivi, siti Web ci raccontano come “incredibilmente precisi”, dove, ovviamente, il termine
“incredibilmente” non vuol dire assolutamente nulla.
Dobbiamo però riflettere un attimo sul fatto che noi
veniamo da alcuni secoli, post rivoluzione scientifica,
→ Architettura, geometria e astronomia
in cui siamo abituati a pensare a osservazioni e misure dello spazio e del tempo avendo un approccio
del tutto analitico e riduzionistico. Non dobbiamo
dimenticarci, allora, che in altre epoche – e sono
quelle alle quali ci riferiamo – l’aspetto simbolico,
come abbiamo ricordato, era quello che molto spesso aveva una valenza superiore alla misura in quanto
tale, misura che, probabilmente, gli stessi astronomi,
astrologi, architetti, costruttori e geometri già sapevano non potesse essere migliore di tanto.
Vitruvio e la conoscenza dell’astronomia per l’architetto
Voglio fare un ultimo esempio dedicato all’architettura e relativo alle attenzioni da porre nell’orientamento di un edificio, ma questa volta senza alcun
significato simbolico. Naturalmente si tratta di Vitruvio che, nel libro settimo del De Architectura (Vitruvio 2008, Lib. VII, Cap. 9 [1]) dedicato ai materiali e alle tecniche costruttive e non all’astronomia
di cui parla invece nel libro nono, scrive: “Revertar
nunc ad minii temperaturam. […] cum est in expolitionibus conclavium tectis inductum, permanet sine vitiis
suo colore; apertis vero, id est peristyliis aut exhedris aut
ceteris eiusdem modi locis, quo sol et luna possit splendores et radios inmittere, cum ab his locus tangitur, vitiatur et amissa virtute coloris denigratur. ltaque cum et
alii multi tum etiam Faberius scriba, cum in Aventino
voluisset habere domum eleganter expolitam, peristyliis
parietes omnes induxit minio, qui post dies XXX facti
sunt invenusto varioque colore. ltaque primo locavit
inducendos alios colores” (“Ma torniamo alla preparazione del minio [in realtà di tratta di “cinabro”, un
pigmento pittorico] […] Impiegato nella decorazione di ambienti chiusi mantiene inalterato il suo
colore, ma in ambienti esposti all'aria aperta quali
i peristili, le esedre o altri analoghi dove arrivano i
raggi del Sole e la luce lunare, si guasta, perde il suo
splendore e diventa opaco. Come molti altri, anche
lo scriba Faberio, che voleva una casa sull'Aventino
rifinita con particolare eleganza, fece dare il minio su
tutte le pareti dei peristili, ma dopo trenta giorni il
colore era già rovinato e a chiazze, tanto che dovette
provvedere subito a far dipingere le pareti con altre
tinte”)1. Ecco un’attenzione all’orientamento solare
(e anche lunare, scrive Vitruvio, ma qui è la radiazione solare che conta, agendo sul mercurio di cui
è composto il cinabro, ma lui non poteva saperlo)
che non ha nulla a che vedere con simbolismi o cose
simili, ma è di grande praticità.
D’altra parte, proprio all’inizio del De Architectura
(Vitruvio 2008, Lib. I, Cap. 1 [3,10]), lo stesso Vitruvio illustra quelle che devono essere le basi della
preparazione dell’architetto, descrivendolo come una
figura di cultura universale: “Et ut litteratus sit, peritus graphidos, eruditus geometria, historias complures
noverit, philosophos diligenter audierit, musicam scierit,
27
medicinae non sit ignarus, responsa iurisconsultorum
noverit, astrologiam caelique rationes cognitas habeat.
[…] Ex Astrologia autem cognoscitur Oriens, Occidens,
Meridies, Septentrio etiam caeli ratio, Aequinoctium,
Solstitium, astrorum cursus: quorum notitiam si quis
non habuerit, horologiorum rationem omnino scire non
poterit” (“egli deve essere versato nelle lettere, abile
nel disegno, esperto nella geometria, conosca numerosi fatti storici, abbia ascoltato con diligenza la
filosofia, sappia di musica, non sia digiuno di medicina, conosca la giurisprudenza e possieda conoscenze
dell’astrologia e delle leggi che regolano i fenomeni
celesti. […] Per mezzo dell’astrologia si riconoscono
infatti l’oriente, l’occidente, il mezzogiorno, il settentrione ed anche la disposizione del cielo, l’equinozio,
il solstizio e il corso degli astri; e chi non sa queste
cose non comprenderà neanche il funzionamento
degli orologi [solari]”)2.
A parte il fatto che qui Vitruvio usa il termine
“astrologia” in quanto all’epoca praticamente sinonimo di “astronomia”, questa importanza delle conoscenze astronomiche per un architetto non ci deve
meravigliare se pensiamo a tutto quanto si è detto,
e cioè che committenti, artisti, architetti, artigiani,
maestranze che dovevano realizzare un manufatto di
una qualche simbolica importanza lo consideravano
qualcosa che doveva rispecchiare e interpretare le relazioni tra lo scorrere del tempo negli eventi terreni,
nella vita di tutti i giorni, e il legame con i corpi
celesti delegati alla regolazione di quel tempo, ed
essere quindi riconoscibile come tale ai fruitori di
quelle opere.
Contemplazione dei cieli e scorrere del tempo
Terminiamo allora con alcune parole tratte da una
raccolta di testi mitopoietici mesopotamici derivati
da copie anteriori o da antica tradizione orale tra il
XV e il XIV secolo a.C., ritrovati nell'antica Ugarit,
il Ciclo di Baal. Considerato probabile fonte del mito
greco ricordato all’inizio, il poema narra la lotta del
dio Baal, signore della fertilità, con altre divinità,
quale probabile metafora dei cicli agrari stagionali
e della vittoria dell'ordine sulle potenze primordiali
del Caos. Vi viene ricordato il tempo dell’origine di
tutte le cose (Lachièze-Rey 1998, p. 131): “Senza
confini e senza tempo era l’Aria e un Vento ruotava incessantemente. E il Vento divenne l’amante
del suo Principio e si riavvolse su se stesso. E da
questo nacque il Desiderio e poi nacque il Verbo,
con l’aspetto di un Uovo, e dall’Uovo uscirono esseri
incoscienti, poi coscienti e contemplatori dei Cieli”.
E così, secondo l’antico mito, il primo atto di coscienza dell’umanità è stato la contemplazione dei
cieli, dei loro moti e dello scorrere del tempo.
28
Note
1. Traduzione
2. Traduzione
dell'autore.
dell'autore.
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29
Il cielo nel 4000
a.C., con Orione
e il Toro, visibile
a latitudini medie
(simulazione
dell'autore
con software
Stellarium).
Abstract
Astronomia pre-strumentale
In questa nota si illustrano brevemente alcune delle osservazioni astronomiche degli antichi effettuate senza strumenti, e si discute qualche problema
archeoastronomico relativo ad esse, in particolare a quelle della Luna. L’osservazione del cielo aveva lo scopo pratico di definire un calendario, uno
strumento essenziale per poter sviluppare l’agricoltura quando ancora non
esisteva la scrittura.
Parole chiave
In the present note we discuss briefly some astronomical observations performed without instrumentation by ancient populations and some archaeoastronomical problems, in particular those in relation with the Moon. In the
far past, the purpose of the skygazing was to get a calendar, a fundamental
instrument for developing the agriculture when the writing had not yet been
invented.
archeoastronomia
calendari agricoli
solstizi
costellazioni
lunistizi
→ Architettura, geometria e astronomia
Elio Antonello
INAF-Osservatorio Astronomico di
Brera, Società Italiana di Archeoastronomia
→
[email protected]
31
Introduzione
Nel contesto del convegno odierno dedicato alla rappresentazione del tempo, poteva essere utile discutere alcune caratteristiche archeoastronomiche riguardanti l’uso degli astri principali a fini calendariali, in
particolare quando ancora non esisteva la scrittura,
e inoltre menzionare alcune delle problematiche
ad esse legate. Questi argomenti sono ampiamente trattati in diversi libri e manuali, e qui ricordiamo quelli di Ruggles (1999) per l’ambito europeo e
Aveni (2001) per quello americano. Nella presente
nota parleremo quindi brevemente di punti cardinali
e solstiziali, dell’anno solare, dell’anno agricolo regolato dal Sole e dalle stelle, e concluderemo con il
problema archeoastronomico della Luna.
Punti cardinali e solstiziali
Gli antichi avevano fissato i punti importanti dell’orizzonte basandosi sul Sole. La culminazione dell’astro al mezzogiorno locale fornisce la direzione
Nord-Sud del luogo dove si sta osservando, mentre il
sorgere e tramontare agli equinozi determina la direzione Est-Ovest. Oggi, per gli usi civili, noi usiamo
l’orologio, ma in generale il mezzogiorno locale non
è quello fissato dal fuso orario. Per cui, volendo ripetere l’esperienza degli antichi, ci si dovrebbe basare
sull’ombra di uno gnomone. Esistono comunque utili programmi di calcolo, anche su web, che permettono di determinare il mezzogiorno di una località
per una certa data.
Gli altri punti importanti dell’orizzonte sono definiti
dal sorgere e tramontare del Sole ai solstizi, e ci sono
varie testimonianze nella letteratura classica ed etnografica sul loro uso come riferimento calendariale.
Per un orizzonte piatto, senza montagne o altri ostacoli, il punto di levata del Sole al solstizio d’estate
è diametralmente opposto al punto di tramonto del
solstizio d’inverno, e la levata al solstizio d’inverno è
diametralmente opposta al tramonto estivo.
Il piano terrestre locale si può immaginare diviso allora in otto settori, avendo quindi l’apparenza di una
ruota con i suoi otto raggi [fig. 1]. Non so se il simbolo celtico della ruota, che gli archeologi interpretano
come simbolo solare (si veda per esempio il materiale
raccolto da Bertrand 1897) possa essere associato a
questa immagine, perché non ci sono testimonianze
scritte che lo supportino. Possiamo invece effettuare
l’associazione del piano diviso in quattro parti dai
punti cardinali con il disegno di una croce inscritta in un cerchio, basandoci su testimonianze etnografiche. Infatti, questo simbolo viene descritto in
dettaglio da Alce Nero (Black Elk 1953) dei Sioux
Oglala. Secondo questa tribù americana c’erano sei
direzioni principali: verso l’alto (zenit) dove stava
Wakan-Tanka (Grande Spirito, padre-progenitore),
verso il basso (la Madre Terra progenitrice), e verso
i quattro punti cardinali nel cerchio dell’orizzonte.
32
Ci sono tipici monili Sioux costituiti appunto da
una ruota che circonda una croce (‘medicine wheel’).
Dai quattro punti provenivano quattro potenze, per
esempio da Est la luce della sapienza che scacciava
l’ignoranza, ed esse svolgevano un ruolo essenziale
nel culto. Su di essi era regolata la semplice architettura delle capanne per i loro rituali.
La posizione del sorgere e tramontare ai solstizi
dipende dalla latitudine del luogo, e viene definita
mediante l’azimut, l’angolo solitamente misurato
dal punto cardinale Nord. Per esempio, alla latitudine di 42 gradi il Sole al solstizio estivo sorge con
azimut di circa 57,7 gradi. Nel contesto che stiamo
trattando, cioè l’osservazione effettuata dagli antichi,
la longitudine della località e l’istante esatto non
hanno importanza, perché lo spostamento del Sole
all’orizzonte da un giorno all’altro intorno al solstizio è molto piccolo. Alle nostre latitudini medie, nei
quattro giorni precedenti il solstizio e quattro giorni successivi, il Sole si sposta meno di un decimo
di grado. Sempre in questo contesto, la precessione
astronomica non ha alcuna importanza; essa invece è rilevante quando consideriamo il Sole rispetto
alle stelle, come diremo più avanti. La variazione di
obliquità dell’eclittica ha un suo effetto: l’inclinazione dell’asse terrestre oscilla di un paio di gradi in
41mila anni, e questo fa variare lentamente il valore
dell’azimut. Oggi l’obliquità è di circa 23,4 gradi, e
4000 anni fa era di circa 23,9 gradi.
Generalmente all’orizzonte ci sono però montagne
e colline, per cui l’azimut del punto in cui si vede
sorgere il Sole avrà un valore diverso dal caso perfettamente piatto che abbiamo considerato finora, e
il Sole avrà anche un’altezza diversa da zero sopra
l’orizzonte. Si deve tener conto inoltre degli effetti
della rifrazione atmosferica, e questo anche nel caso
di orizzonte perfettamente piatto, perché quando vediamo il sole spuntare, in realtà esso si trova ancora
sotto l’orizzonte di circa mezzo grado.
1.
Posizione
del sorgere e
tramontare del
Sole ai solstizi per
una latitudine di 42
gradi (elaborazione
grafica dell'autore).
1.
Elio Antonello
2a-2b.
2c-2d.
2e-2f.
2g-2h.
Anno solare
Per diverse popolazioni i solstizi erano utili anche
come indicatori dell’inizio dell’anno. Il nostro stesso anno civile, che deriva da quello in uso in epoca
romana, ne è un esempio, e possiamo trovare delle
giustificazioni e motivazioni tra gli autori classici.
Varrone (Varro, I sec. a.C., De lingua latina, VI, 8) dà
questa definizione precisa di anno: tempus a bruma ad
brumam dum sol redit vocatur annus, ovvero si chiama
anno il tempo che va dalla bruma a quella successiva; bruma era il solstizio invernale, mentre solstitium indicava specificamente quello estivo. Ovidio
(Ovidius; I sec. d.C.) nei Fasti descrive le feste e le
ricorrenze a Roma durante l’anno, e per il mese di
→ Architettura, geometria e astronomia
gennaio immagina di avere la visione del dio Giano. Il poeta chiede al dio come mai iniziamo l’anno
quando la stagione è così brutta, mentre sarebbe meglio iniziarlo con la primavera, e si dilunga a descrivere la bellezza della natura primaverile. La risposta
del dio è invece lapidaria: il solstizio è il primo giorno del nuovo sole e l’ultimo del vecchio; Febo e l’anno hanno il medesimo inizio. Plutarco (Plutarchos,
II sec. d.C, Quaestiones romanae, 19) fornisce una
giustificazione dettagliata. In generale non esiste per
natura né un ultimo né un primo in un ciclo, ma per
consuetudine alcuni adottano un inizio del periodo
del tempo, altri un altro; meglio di tutti quelli che lo
pongono dopo il solstizio d’inverno, quando il sole si
2a-2h.
Posizione del Sole
al momento del
suo sorgere, nel
periodo autunnoinverno. Il Sole
inverte la direzione
del suo cammino
sull’orizzonte al
solstizio invernale,
punto indicato
dalla freccia
(visualizzazioni da
Stellarium).
33
volta indietro e ritorna verso di noi. Tale inizio d’anno è in certo modo conforme a natura per gli uomini,
dato che aumenta il tempo della luce che riceviamo.
Gli indicatori solstiziali preistorici, come la famosa
Stonehenge, suggeriscono che tale scelta per cominciare i giorni dell’anno è forse un retaggio del lontano passato. Ha quindi senso cercare orientamenti
solstiziali di epoca preistorica in megaliti e rocce
lavorate, perché possiamo giustificarli come riferimenti calendariali utilizzati per determinare l’inizio
dell’anno, che era una cosa indispensabile per poter
definire le attività agricole, quando non esistevano
calendari scritti.
Esiodo (Hesiodos), il poeta greco dell’VIII secolo
a.C., originario della Beozia, nelle Opere e Giorni
illustra molto bene il modo in cui si usava il cielo
come calendario delle attività. Per esempio, scrive (v.
479-480) che se si attenderà il volgere del sole per
arare, si mieterà quel poco che la mano riesce a tenere, cioè se si aspetta troppo per arare e seminare, si
rischia poi di non raccogliere. E il volgere del Sole è
appunto quanto avviene all’orizzonte al solstizio invernale [fig. 2].
Probabilmente è opportuno ricordare che, per gli antichi Greci, Eniautos era proprio la personificazione
dell’anno, a volte rappresentato insieme ad Eleusi, la
dea Demetra delle messi ( Jentoft-Nilsen 1991).
Sole e stelle: l’anno agricolo
Vediamo ora meglio il rapporto tra Sole e stelle, limitando il nostro discorso agli aspetti calendariali.
Esiodo (v. 564-570) prescrive di contare sessanta
giorni dal solstizio d’inverno, fino a quando si vedeva sorgere la stella Arturo in prima sera, e allora si
iniziavano i lavori pesanti dell’anno con la potatura
delle viti. Al solstizio, cioè, si cominciava il conteggio, che proseguiva giorno dopo giorno; però prima
di arrivare a sessanta è anche facile perdere il conto1,
e in questo caso c’era comunque il segnale dato da
Arturo, un segnale che era valido per l’epoca di Esiodo [fig. 3].
C’è un passo famoso del poeta, spesso citato in letteratura (v. 383-386): “Quando le Pleiadi sorgono,
figlie di Atlante, la mietitura incomincia”, e al quale
poi aggiunge: “esse infatti quaranta giorni e quaranta notti stanno nascoste.” Utilizzando i moderni software, si può effettuare una verifica di queste
affermazioni. Nella Beozia dell’VIII sec. a.C. si vedevano le Pleiadi in tramonto eliaco (che avviene
subito dopo il tramonto del Sole) vari giorni dopo
l’equinozio, e il software conferma che non erano più
visibili in cielo per quaranta notti. Ovvero, ponendo
l’equinozio al 21 marzo, esse tramontavano verso la
fine di marzo, e il loro sorgere eliaco (subito prima
del sorgere del Sole) avveniva verso la seconda settimana di maggio. Poiché la precessione astronomica,
o precessione degli equinozi, fa variare lentamente la
posizione del Sole all’equinozio rispetto alle stelle, le
date del loro sorgere e tramontare sono generalmente
valide solo per alcuni secoli intorno all’epoca presa in
considerazione (cfr. Antonello 2013).
Il sorgere eliaco era il momento di affilare le falci,
come dice il poeta, perché si approssimava la mietitura. Siamo soltanto alla seconda settimana di mag-
3.
Levata acronica,
al tramonto del
Sole, di Arturo (a
Nord-Est), circa
60 giorni dopo il
solstizio d’inverno,
alla latitudine
della Beozia
nell’VIII sec. a.C.
(visualizzazione da
Stellarium).
3.
34
Elio Antonello
gio; ma bisogna tener conto del tipo e della varietà
di cereale. Per esempio, poiché l’orzo lasciava cadere
i grani maturi, la soluzione del problema era di mieterlo molto in anticipo e farlo seccare in covoni, e
dopo alcune decine di giorni effettuare la trebbiatura. La mietitura era comunque un’attività che in
passato richiedeva parecchi giorni.
Un altro esempio interessante è fornito dal calendario ebraico. Per determinare le date di Pesach (Pasqua) e Shavuot (Pentecoste) ci si basava sulla fase
lunare. Il primo mese dell’anno nel calendario ebraico, chiamato abib2, cioè spighe, iniziava con la luna
nuova di primavera. Due settimane dopo, con la luna
piena, alla sera del quattordici del mese, si celebrava
la festa di Pasqua. La legge prescriveva che si iniziasse a mietere l’orzo in questo periodo, e nella Bibbia
(Deuteronomio 16, Levitico 23) è descritto il rituale
che andava seguito. La Palestina è molto più a sud
delle nostre latitudini, quindi non deve sorprendere
l’inizio della mietitura mediamente ai primi di aprile. Un paio di settimane dopo si iniziava a mietere il
frumento. Cinquanta giorni dopo l’inizio della mietitura c’era la festa di Shavuot, e per allora bisognava
aver finito con la trebbiatura e vagliatura di orzo e di
grano (Libro di Rut).
Esiodo nel suo poema dà varie indicazioni calendariali per i lavori agricoli. Per la vendemmia consiglia
(v. 609-611): “quando Orione e Sirio sono giunti a
mezzo del cielo, e Arturo può essere visto da Aurora
dalle dita di rosa, allora tutti i grappoli cogli e portali a casa”. Questo mi sembra un altro esempio della accuratezza delle sue osservazioni. In quell’epoca,
Orione e Sirio erano circa in meridiano quando Arturo era in levata eliaca poco prima del sorgere del Sole,
e questo avveniva alcuni giorni prima dell’equinozio
di autunno, che era il momento della vendemmia.
Il poeta conclude così il calendario (v. 614-617):
“Poi, dopo che le Pleiadi e le Iadi e il forte Orione
son tramontati, d’arare ricordati, è il momento opportuno…” L’aratura è quella autunnale, e l’autunno è quando Pleiadi, Iadi e Orione sono ben visibili
durante la notte, ovvero Esiodo intende il tramonto
di queste costellazioni al momento del sorgere del
Sole. Bisogna immaginare che, dopo metà ottobre,
al momento del sorgere del Sole, tramontavano le
Pleiadi; una decina di giorni dopo, le Pleiadi ormai
erano tramontate ben prima del sorgere del Sole, ed
erano le Iadi a tramontare, e dopo un’altra quindicina
di giorni ancora, Orione. Ormai siamo verso metà
novembre, una data limite per l’aratura alla latitudine della Beozia.
Ci pare opportuno ricordare che, dopo il poeta greco,
calendari agricoli con varie indicazioni stellari erano
stati compilati da diversi autori greci e latini, ma solo
pochi di essi ci sono rimasti, come quelli molto dettagliati di Columella e Plinio (Plinius). Gli scrittori
latini li avevano compilati sulla base dei dati riportati
→ Architettura, geometria e astronomia
dagli autori precedenti. In passato, diversi studiosi
hanno cercato di capire e risolvere le inconsistenze
presenti nei calendari di Columella e Plinio, ma questo è stato, ed è, un tentativo inutile, perché, come
aveva già ben notato Plinio, gli stessi autori delle
compilazioni precedenti avevano fornito indicazioni
evidentemente contraddittorie per uno stesso luogo
(si veda la discussione in Antonello 2016).
La Luna
Per un uso calendariale della Luna, cioè per scandire il tempo con il mese lunare, basta seguire direttamente l’andamento delle fasi. Non occorre che
sottolinei la loro importanza storico-culturale: le fasi
lunari sono un fenomeno che dovrebbe aver colpito
l’immaginazione umana fin dalla preistoria.
Una lunazione (mese sinodico) è un ciclo di circa 29
giorni. Quando passa vicino al Sole la Luna è nuova,
e a occhio nudo non si vede; circa 15 giorni dopo si
trova dalla parte opposta della sua orbita ed è Luna
piena. Nei giorni intorno alla Luna nuova, essa fa un
percorso nel cielo da Est a Ovest analogo a quello
del Sole, per cui se siamo a fine dicembre – inizi gennaio, farà un arco breve; ma 15 giorni dopo la Luna
si trova all’estremo opposto della sua orbita, e fa un
percorso ampio analogo a quello del Sole estivo. Viceversa, se è Luna nuova a fine giugno, fa un percorso
ampio, e 15 giorni dopo quando è Luna piena farà
un percorso breve. Questo è un fenomeno facilmente
visibile pur nelle condizioni osservative difficili della
vita attuale, con l’inquinamento luminoso e il nostro
orizzonte spesso ostruito da edifici.
Ora, per capire meglio il seguito del discorso, mettiamoci al centro dell’Universo. Il Sole orbita lentamente intorno alla Terra in un anno, e intanto la
Luna compie rapidamente un’orbita in un mese nello
stesso senso. L’orbita solare (eclittica) è inclinata di
circa 23 gradi sull’equatore (obliquità dell’eclittica), e
quella lunare è inclinata di circa 5 gradi sull’eclittica.
4.
Schema grafico dei
lunistizi. A questa
latitudine mentre
per il Sole l’azimut
del sorgere estivo
è 57,7 gradi, per
la Luna l’azimut
del lunistizio
nord oscilla tra
circa 49,7 e 65,2
gradi durante il
periodo nodale
(elaborazione
grafica dell'autore).
4.
35
Le due orbite, quindi, non stanno sullo stesso piano, e
la loro intersezione, linea dei nodi, si muove lentamente in circa 18 anni (periodo nodale) in senso retrogrado. Mentre il Sole all’orizzonte va avanti e indietro
dai solstizi nel corso di un anno, la Luna all’orizzonte
va avanti e indietro dai lunistizi più rapidamente con
un periodo di circa 27 giorni (più breve del mese sinodico). Inoltre, poiché il piano dell’orbita lunare si
muove rispetto a quello dell’eclittica, la loro posizione
cambia durante i 18 anni del periodo nodale. Ovvero,
il lunistizio non è fisso come il solstizio, ma varia all’interno di un arco delimitato dai punti estremi, denominati lunistizi maggiori e minori nord e sud [fig. 4].
Nonostante se ne sia parlato molto in archeoastronomia, per i lunistizi non ci sono testimonianze in
letteratura classica né in etnografia come per i solstizi, e Schaefer (2007) aveva concluso in modo molto
netto: “In all cases, the sole evidence for the intentional
alignment is the existence of the alignment itself”. Ovviamente non si può escludere a priori l’intenzionalità di orientamenti in casi di megaliti come quelli
molto studiati in Inghilterra (si veda una discussione in Ruggles 1999).3 Però, se dobbiamo basarci su
testimonianze scritte, come chiedono gli archeologi,
vediamo che ciò che importava agli antichi erano
solo le fasi della Luna, il suo colore, e ovviamente
le eclissi lunari e solari. Desta quindi perplessità la
mancanza di una qualche evidente manifestazione di
interesse per i punti estremi, data l’indubbia importanza della Luna per popolazioni sia del passato (per
esempio in Mesopotamia) che moderne (Arabi).
Per esempio, la divinità maschile riferita alla Luna
(Nanna, Sin) era rilevante per le religioni dell’area
mesopotamica, e in particolare il dio sembra essere stata la divinità principale della città di Harran o
Carre (Green 1992). Anche se non si può escludere
che qualche civiltà pre-letterata abbia considerato i
lunistizi, è stato comunque l’astronomo francese Lalande (1761) a inventare tale termine specifico [fig.
5]. Le efemeridi astronomiche sono le posizioni degli astri calcolate con uno o due anni in anticipo, in
modo che chi è interessato possa trovarli alla data
voluta osservando il cielo alla posizione calcolata. In
questo caso, Lalande, volendo descrivere nel 1761 le
posizioni della Luna per il 1763, introduce il termine
‘lunistizio’ per indicare il punto estremo raggiunto
dall’astro. Dopo Lalande, nell’Ottocento gli almanacchi agricoli hanno cominciato a menzionarlo
(per esempio: Johnson-Shaw 1844, p. 31), e successivamente è stato preso in considerazione dagli archeoastronomi (lunar standstill; si veda per esempio:
Ruggles 2005). Come nota conclusiva, sottolineiamo
che sarebbe quindi di estrema importanza trovare,
nella letteratura antica o in quella etnografica, qualche evidente indicazione di interesse verso i punti
estremi lunari, che sia cioè precedente o indipendente da Lalande.
36
Conclusioni
Abbiamo discusso alcune caratteristiche archeoastronomiche riguardanti l’uso nell’antichità degli
astri principali, osservazioni che avevano avuto lo
scopo di definire il calendario indispensabile per
le attività agricole, e abbiamo riportato varie testimonianze prese dalla letteratura antica. In questo
contesto, è possibile quindi discutere dei fenomeni
all’orizzonte di Sole e stelle in un modo che potrebbe
essere accettato dagli archeologi. Per la Luna, invece,
la situazione appare più complessa. Mentre l’utilizzo calendariale delle fasi lunari è testimoniato dalle
popolazioni fin dall’antichità, mancano invece chiare
testimonianze storiche ed etnografiche dell’uso dei
suoi punti estremi all’orizzonte.
5.
Nella discussione
della declinazione
della Luna, Lalande
(1761, p. 160)
introduce il termine
lunistizio. Durante
il periodo nodale,
la declinazione
della Luna oscilla
tra un massimo di
circa 28,7 gradi
e un minimo di
circa 18,1 gradi,
corrispondenti al
lunistizio maggiore
e minore.
5.
Note
1. Penso
bisognerebbe riflettere sulla necessità di un
conteggio accurato dei giorni da parte delle popolazioni. Per esempio, in Mesoamerica, tra i discendenti dei
Maya, una persona è specificamente incaricata di tale
conteggio (daykeeper, in inglese), per i rituali tradizionali dipendenti dal calendario di 260 giorni (Sokol 2022).
2. Poi sarà chiamato nisan.
3. Schaefer, rispondendo puntualmente a obiezioni da parte di archeoastronomi che gli indicavano possibili esempi di lunistizi, concludeva: “Given this stunning lack of
written or oral evidence, we can only conclude that most
(but not necessarily all) cultures have zero or near-zero
interest in lunar standstills” (Schaefer 1998). Più recentemente, Sims e Holbrook (2014) avevano discusso anche la possibilità che un allineamento solstiziale fosse
in realtà lunistiziale, dato che i due coincidono ogni nove
anni, ma si tratta solo di una possibile interpretazione di
alcuni miti.
Elio Antonello
Bibliografia
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1036.
Varro (1974). De lingua latina, VI, 2. Torino: UTET.
37
Gentile da Fabriano,
L’Astronomia.
Foligno, Palazzo
Trinci: Sala delle
arti liberali e
dei pianeti (foto
dell’autore).
38
Abstract
Geometrie intuitive
della percezione oraria,
dall’Antichità al Medio Evo
Oggi, in un mondo dominato dai personal computer, è difficile accettare
valutazioni temporali approssimate. Nell’antichità e nel Medio Evo, invece,
rappresentare la misura del tempo con semplici diagrammi era una parte
fondamentale del pensiero. I modelli che ne derivavano, anche se imprecisi,
erano comprensibili all’uomo comune e adeguati alle necessità di una vita
senza fretta.
Parole chiave
Today, in a world dominated by personal computers, it is difficult to accept
approximate time estimates. In ancient times and in the Middle Ages, however, representing the measure of time with simple diagrams was a fundamental part of thinking. The resulting models, though imprecise, were understandable to ordinary people and suited to the demands of an unhurried life.
Medioevo
Misura del tempo
Diagrammi orari
Ore canoniche
Iconografia
→ Architettura, geometria e astronomia
Mario Arnaldi
→
[email protected]
39
Introduzione
Lo scopo del mio intervento in questa sede è quello
di mettere in luce - se ancora ce ne fosse bisogno - la
differenza fra la misura cronometrica del tempo e la
sua quotidiana percezione nel Medio Evo. Persuaso,
come sono, che la ricerca storica, anche in un campo
come quello dell’astronomia, dell’archeoastronomia
e della gnomonica antica, debba sempre preferire il
metodo epistemologico piuttosto che quello razionale cui oggi siamo troppo spesso vincolati. Intendo
dire che per comprendere la visione medievale, anche
di un argomento tecnico-scientifico come potrebbe
essere quello della misura del tempo, dobbiamo imparare a pensare con una mente medievale.
Per entrare nel vivo dell’argomento, però, devo gioco
forza iniziare da un po’ più lontano, cioè dall’introduzione degli orologi solari nella vita sociale.
notte e quelle del dì, con l’allungarsi o l’accorciarsi
delle giornate3.Con la raggiera di cui si sta parlando, invece, ogni ora dello stesso arco temporale aveva una durata differente dalla precedente
e dalla successiva, ma nella convinzione che quel
metodo fosse corretto, l’errore non era percepito.
L’errata idea che le tappe percorse dal Sole sul piano inclinato dell’Eclittica restassero inalterate, ribaltando quest’ultimo sull’orizzonte, permise in
Occidente l’invenzione dei primi orologi azimutali,
L’Antichità e il Medio Evo
A dispetto della corretta geometria elaborata dagli
antichi matematici, la gnomonica Greco-Romana, considerata da Otto Neugebauer fra le “scienze esatte” dell’antichità (Neugebauer 1974), nella
pratica, però, lo era molto meno. Bisogna ricordare
che la produzione di orologi solari fu sempre delegata ad artigiani che, seppur specializzati, si avvalevano di manuali contenenti tavole precalcolate.
Non sono molti i casi in cui possiamo parlare con
certezza di misurazione esatta del tempo, perché non
pochi orologi solari tra quelli che ci sono pervenuti
dall’antichità contengono, nel tracciato, imprecisioni
inammissibili dal concetto moderno di cronometria.
Nella maggior parte dei casi possiamo sicuramente
dire che prima dell’invenzione degli orologi meccanici, ci si accontentava di una semplice e accettabile
percezione del tempo1.La lettura precisa dell’orario
serviva soltanto all’astronomo, non all’uomo comune, e questo è dimostrato sia dai numerosi reperti
archeologici antichi e medievali, sia dai testi giunti
fino a noi.
È ormai riconosciuto che molti orologi solari antichi non seguivano le regole ferree della geometria
gnomonica che i matematici avevano elaborato. In
diversi casi le linee orarie convergevano tutte nel
piede dello gnomone — cosa che non dovrebbe avvenire se il tracciato fosse correttamente disegnato
— e questo metodo costruttivo, già noto in Egitto
molto tempo prima che Tolomeo ne scrivesse nella
sua opera sull’Analemma, persistette anche nel Medio Evo2.
Una raggiera di linee siffatta permetteva di misurare
il tempo, ma non con le ore che ci si aspettava di leggere. Infatti, sebbene fossero anche dette ‘ineguali’,
le ore temporali Greco-Romane erano in realtà tutte
della medesima durata nell’arco di un singolo spazio
temporale diurno o notturno che fosse. Differenze
di ampiezza avvenivano soltanto fra quelle della
40
1.
2.
1.
L’orologio solare
azimutale di San
Willibrord dal ms.
BnF, lat. 10837,
fol. 42r (disegno
dell’autore).
2.
distinguere
l’ora del giorno
osservando la
direzione del Sole
in cielo (disegno
dell’autore).
Mario Arnaldi
3.
4a.
partendo da un modello geometrico essenziale [fig.
1]4. La medesima semplificazione fu probabilmente
l’origine dell’uso di terminologie orarie anche per indicare le direzioni geografiche [fig. 2]5.
Ci fu, nel Medio Evo, un altro aspetto della misurazione del tempo che si sottrasse inevitabilmente
alla cronometria, e fu la grande mobilità dei tempi
dedicati alla recita delle Ore canoniche6.
I momenti della preghiera iniziarono a sfuggire alla
severa gabbia delle linee orarie già dal secolo VI, e
a tale proposito vale la pena ricordare che san Benedetto, nella sua Regola, ordinava le celebrazioni
delle funzioni di Terza, di Sesta e di Nona a orari diversi, secondo i periodi dell’anno7. Terza, per esempio, poteva essere celebrata al termine della seconda
ora del giorno (hora secunda plena), al termine della
terza, oppure poco prima o poco dopo la fine della quarta (hora pene quarta)8. Sesta fu anticipata di
un po’ (quasi sexta)9, mentre fra la Pasqua e il primo
giorno d’ottobre Nona si celebrava alla metà dell’ottava ora (mediante octava hora), cioè alla settima ora
e mezza10. Proprio l’uso dei termini “quasi” e “pene”,
così incerti e difficilmente interpretabili, ci danno da
soli la conferma che anche nella terminologia oraria necessaria alla vita comunitaria di quel tempo il
concetto di cronometria fosse molto vago o scarsamente vincolante.
→ Architettura, geometria e astronomia
Il mondo, l’anno e l’uomo divisi in quattro
Per gli antichi filosofi, pagani e cristiani, soprattutto di estrazione aristotelica, il numero quattro, così
come il tre, aveva una grande importanza. Alla tetrade corrispondevano gli elementi primari, i punti
cardinali, le stagioni, le virtù, gli umori, le “complessioni”, e il tutto si rappresentava con un diagramma
circolare [fig. 3].
A questa partitura si aggiunsero in seguito anche le
quattro età dell’uomo, allegoria perfetta del tempo
che passa11. Queste erano: l’adolescenza, la giovinezza, la vecchiaia e la decrepitezza. Ogni autore poneva piccole varianti, ma non è questo che ci interessa
quanto il collegamento che le varie età avevano con
le ore del giorno, essendo questo inteso come metafora della vita.
Le età della vita umana non sono istanti ma periodi,
ed è probabilmente per questo motivo che sempre si
tentenna a dire a quali ore porre i vari stati. Si preferisce collocarle entro due cardini temporali distinti o
al termine o all’inizio del periodo a ognuna relativo.
Guglielmo di Conches (c. 1080 - post 1154) lo mostra in un diagramma [fig. 4] e lo lascia intendere
quando parla della divisione del giorno naturale12:
“I filosofi” — egli scrive — “divisero il giorno naturale in quattro parti: dalla nona parte (leggi, ‘ora’)
della notte alla terza del giorno usabile, e dicono che
è caldo e umido; dalla terza parte del giorno usabile
4b.
3.
Diagramma
da Isidorus
Hispalensis, Opera,
sec. IX. KBR, ms.
9311-19, fol. 74v.
4a-4b.
Diagramma da
Cologny, Cod.
Bodmer 188,
Dragmaticon
di Guglielmo di
Conches (si legge
in senso antiorario)
(elaborazione
dell’autore).
41
fino alla sua nona parte, e dicono che è caldo e secco;
da questa fino alla terza parte della notte è freddo e
secco, e da questa fino alla nona parte della notte è
freddo e umido” 13.
Raimondo Lullo (1235 – 1315) inserì pueritia fra il
Matutinum (la nona ora della notte) e la terza ora
del giorno, iuventus fra la terza e Vespera, senesctus fra
Vespera e primum somnum e decrepitas fra il primum
somnum, cioè Compieta, e il Matutinum [fig. 5].
Dante Alighieri, che pure scrisse tanto nel suo Convivio sulla partizione del giorno, fedele ad Aristotele suddivise il tempo della vita umana in quattro
parti, ma non ci disse a quale ora abbinarle14.
Riusciamo rocambolescamente a intuirle dai numerosi argomenti trattati nella sua opera ma soprattutto quando giustifica la sua immagine quadripartita
ricordando il carro di Febo che, secondo Ovidio
(Metamorfosi), era trainato da quattro cavalli (Eoo,
Pirroi, Eton e Flegon), ognuno simboleggiante una
delle quattro tappe fondamentali del giorno; la prima finiva a Terza, la seconda a Nona15, la terza al
Vespro e la quarta al tramonto16.
Di conseguenza, sebbene il cerchio fosse la figura
geometrica più comune per descrivere fenomeni ciclici, il diagramma che potremmo ricavare dalle parole dell'Alighieri nel suo Convivio, si presenterebbe
con un aspetto differente: non più un cerchio ma un
arco [fig. 6]17.
5.
Diagramma
secondo la
descrizione
di Raimondo
Lullo (disegno
dell’autore).
6.
Diagramma
ipotizzato da Dante
Alighieri (disegno
dell’autore).
7.
Diagramma
secondo la
descrizione di
Onorio d’Autun
(disegno
dell’autore).
5.
La settimana, i sette pianeti e le sette età dell’uomo
Assieme alla quadrupla partizione del giorno e al
tema delle età dell’uomo incominciarono, però, a essere recuperate altre concezioni astrologiche del mondo
antico, che alzarono il numero prima a sei18 e poi a
sette. La partizione per sette deve ricercarsi soprattutto in ambito cristiano, perché le ore fondamentali, sia
per i religiosi sia per i laici, erano sempre quelle canoniche: Mattutino, Prima, Terza, Sesta, Nona, Vespri e
Compieta19.
Il famoso liturgista Onorio d’Autun, monaco, teologo
e filosofo, vissuto fra la seconda metà del secolo XI e
la prima metà del XII, fu uno dei primi autori che,
pur non alterando la classica divisione quaternaria
del giorno, descrisse questo nuovo schema. Nella sua
opera Gemma Animae egli collocò l’infanzia al Mattutino: la puerizia a Prima, l’adolescenza a Terza, la
giovinezza a Sesta, la senilità a Nona, la decrepitezza
a Vespro e la morte a Compieta. Dalla sua descrizione
possiamo ricavare il diagramma in figura 7.
6.
Le ore di Francesco da Barberino
Finora abbiamo incontrato rappresentazioni del
tempo idealizzate dalla filosofia antica e medievale,
ma fra i secoli XIII e XIV i modelli della diagrammatica precedente cambiano l’impianto geometrico
utilizzato fino a quel momento. Il primo a testimoniarlo graficamente sembra essere stato Francesco da
42
7.
Mario Arnaldi
8a-8f.
Le sei età della
vita abbinate
alle ore, miniate
nell’Officiolum
di Francesco da
Barberino (su
gentile concessione
della Salerno
Editrice, Roma).
8a-8b.
8c-8d.
8e-8f.
→ Architettura, geometria e astronomia
43
Barberino (1264 – 1348), notaio, letterato, e poeta.
Fra le varie opere che egli scrisse e che forse illustrò
di propria mano due meritano la nostra attenzione:
l’Officiolum o Officiolo e i Documenti d’Amore. Il primo è un piccolo libro d’Ore scritto probabilmente a
Padova fra il 1304 e il 1309 20, il secondo è un’opera
allegorica composta fra gli anni 1309-1310 ma pubblicata nel 1314. Questi due lavori sono importanti per la nostra esposizione perché contengono una
serie di miniature di nuova concezione: le età della
vita non sono più inserite in un diagramma, ma in
una rappresentazione pittorica del cosmo. Il contenuto di ogni miniatura è racchiuso in un tondo così
composto: al centro sta il globo terrestre, circondato
dalle acque e sul quale si svolge la scena21; un secondo cerchio contiene l’atmosfera che circonda il globo
terraqueo; un terzo cerchio, più esterno, rappresenta
il cielo stellato dipinto con fondo blu. Il Sole e la
Luna si muovono al suo interno collocandosi dove
vuole l’ora interessata. Le sei età dell’uomo (questo
è il numero considerato da Francesco da Barberino)22 sono abbinate alle Ore in questo modo: a Pri-
ma (cioè Aurora), Infantia; a Terza, Pueritia; a Sesta,
Adolescentia; a Nona, Iuventus; ai Vespri, Senectus; a
Compieta, D[ecrepita] etas [figg. 8a-f ]23.
Le miniature di Francesco da Barberino furono
certamente una fonte iconografica di rilievo a quel
tempo perché ritroviamo gli stessi disegni in un altro libro di preghiere composto sempre in area padovana attorno agli anni 1325-1330, ma non a lui
attribuito [figg. 9a-g].
Si tratta di un piccolo volume appartenuto a Taddea
Visconti (1351 – 1381) che lei portò con sé in Baviera dopo il suo matrimonio con il duca Stefano III24.
La medesima sequenza è ripetuta quasi identica nei
Documenti d’Amore e le uniche differenze con l’Officiolo
stanno in una migliore sistemazione delle sfere omocentriche e nella presenza di casupole nella rappresentazione delle diverse età della vita [figg. 10a-g]25.
Essendo l’Officiolo, un libro di preghiere, le ore mostrate non erano vincolate a quelle dell’orologio,
perché quoad officium e non quoad tempus. È questo
un punto importante da ricordare, che ci porta a
considerare una variante che fino ad ora non aveva-
9a-9g.
Le sei età della
vita e le ore
nelle miniature
del Libro d'Ore
appartenevano a
Taddea Visconti
(1351 - 1381). Le
immagini, tratte
dalle cc. 13r, 23r,
27r, 33r, 38r, 44r,
52r del codice
di Monaco, BSB
Clm 6116, sono
stati messi a
disposizione dal
portale Biblissima,
sulla base della
licenza Open
Licenses 2.0 https://
www.etalab.gouv.
fr/licence-ouverteopen-licence/).
9a-9b-9c.
9d-9e-9f.
9g.
44
Mario Arnaldi
mo incontrato: la mancanza di simmetria cronometrica, dovuta alla dislocazione delle Ore canoniche.
Notiamo, infatti, che la posizione del Sole rivela luoghi dell’orologio a noi insoliti per la sistemazione dei
momenti liturgici: il tempo di Nona, per esempio,
è molto vicino al punto di Sesta e i Vespri molto
vicini al termine della nona ora temporale. Non si
tratta più di un modello geometrico idealizzato ma,
pur senza abbandonare l’impianto filosofico che la
generò, di uno schema più realistico e vicino ai ritmi
percepiti ogni giorno dall’uomo comune attraverso il
suono delle campane26.
Gentile da Fabriano e le ore del giorno nel ciclo pittorico di palazzo Trinci a Foligno
Ottant’anni dopo la pubblicazione dei Documenti
d’Amore, Francesco da Barberino fu inequivocabilmente
la fonte iconografica di Gentile da Fabriano nel
notevole ciclo pittorico del palazzo Trinci a Foligno27.
Come tutte le famiglie socialmente importanti di quel
tempo anche i Trinci avevano bisogno di mostrare la
loro grandezza e, come molti altri, lo fecero ampliando
la loro dimora e arricchendola con grandiosi affreschi
eseguiti dai migliori artisti del tempo.
Nel 1411, per adempiere questo importante
compito, fu chiamato a palazzo Gentile da
Fabriano28. Fra tutte le sale meravigliosamente
affrescate, però, una sola interessa questo studio,
ed è quella che un tempo si chiamava ‘delle rose’ e
che oggi, dopo la riscoperta degli affreschi che si
nascondevano sotto lo scialbo tolto fra il 1918 e il
1919, porta il nome a essa più consono di ‘Sala delle
Arti Liberali e dei Pianeti’ [fig. 11].
In quella stanza si concentra il nucleo della cultura
umanistica di allora. Da una parte sono raffigurate
le allegorie delle sette Arti Liberali, dall’altra sono
dipinte le personificazioni mitologiche dei sette
pianeti, associate ad altrettante fasi della vita umana
che a loro volta sono connesse a precise ore del
giorno. I pianeti non sono disposti qui secondo l’ordine
Tolemaico dei cieli da essi presieduti ma secondo
quello dei giorni della settimana29. Le età della vita e
le ore di competenza sono raffigurate entro sette tondi
dipinti presso il pianeta corrispondente [figg. 12a-g].
10a-10g.
Le sei età della
vita e le ore nelle
miniature dei
Documenti d’Amore
di Francesco
da Barberino.
Elaborazione
grafica dell’autore,
dal codice Vaticano
Barb. Lat. 4076,
cc.76v-77r (le
miniature del
codice vaticano
sono molto rovinate
e rese quasi
illeggibili dall’usura.
Nell’elaborazione
grafica sono state
molto schiarite
per evidenziare
la ricostruzione al
tratto delle figure al
loro interno).
10a-10b-10c.
10d-10e-10f.
10g.
→ Architettura, geometria e astronomia
45
11.
Foligno, Palazzo
Trinci: la sala delle
Arti liberali e dei
Pianeti (lato dei
pianeti e delle
ore). Da destra
verso sinistra: il
carro della Luna e
l’ora del Mattutino,
Marte e Prima,
Mercurio e la terza
ora, Giove e la
sesta — Venere non
c’è più — e Nona,
Saturno e il Vespro.
12a-12g
Le ore del giorno
abbinate alle
sette età della vita
umana, dipinte da
Gentile da Fabriano
nel Palazzo Trinci
a Foligno (foto di
Andrea Carloni Rimini).
12a-12b-12c.
12d-12e-12f.
12g.
46
Mario Arnaldi
Alla Luna corrispondono il Mattutino e la
Decrepitezza (decrepita etas), a Marte l’aurora (cioè
la prima ora) e l’Infanzia, a Mercurio la terza ora
e l’Adolescenza, a Giove la sesta e la Giovinezza
(tempo adulto), a Venere la nona ora e la Virilità
(iovinil potenza), a Saturno il Vespro e l’Età matura
(consistentia), al Sole la Compieta e la Vecchiaia
(senectute)30.
Come nell’Officiolo di Francesco da Barberino e nei
suoi Documenti d’Amore, anche qui i tondi entro cui
sono raffigurate le fasi delle varie età umane, sono
composti di una serie di fasce circolari omocentriche,
che rappresentano le sfere del cosmo, seppur limitato
al solo percorso del Sole. Al centro si trova il globo
terrestre sul quale si svolge la scena pertinente all’età
e all’ora del giorno, subito dopo un cerchio di colore
verde chiaro rappresenta l’acqua. Una fascia più
larga contiene il cielo entro cui si muovono il Sole
(dipinto su un campo chiaro) e la Luna (dipinta su
un fondo oscuro); il cerchio più esterno contiene le
stelle dipinte su un fondo blu, e rappresenta il cielo
delle stelle fisse.
Sebbene le immagini dipinte al palazzo Trinci siano
quasi del tutto identiche alle ruote miniate nel
manoscritto barberiniano dei Documenti d’Amore,
Gentile non si limitò a copiarle acriticamente. Mentre
Francesco da Barberino riconosce soltanto sei età
della vita umana, a Foligno se ne dichiarano sette,
dando al Matutinum l’età della decrepitezza, laddove
Francesco da Barberino proponeva semplicemente
un’allegoria della notte, e al Completorium la
vecchiaia quando Francesco, invece, non scrive nulla;
quell’Ora, probabilmente, rappresenta per lui la fine
della vita, come scriveva Onorio d’Autun e come
scrive egli stesso nei commenti a lato delle sue rime31.
Come in Francesco da Barberino così anche
in Gentile da Fabriano è presente la mancata
simmetria oraria delle Ore canoniche, e il grafico
risultante [figg. 13, 14], lo rende ben evidente.
Nessuno dei due autori, però, mostra impostazioni
del tutto identiche, perché i tempi dell’Ufficio
divino non erano stabili e variavano durante l’anno
liturgico ma anche da città a città.
Tanto erano incerti che anche nelle due opere di
Francesco da Barberino si notano chiare differenze.
Nell’Officiolum, per esempio, vediamo che sia la
Terza sia la Nona si trovano simmetricamente
molto prossime alla posizione zenitale di Sesta,
mentre Terza nei Documenti si colloca grossomodo
al termine della terza ora temporale e Nona a metà
dell’ottava ora. La posizione del Sole a Compieta,
nell’Officiolo, è alla fine della prima ora della notte,
ma nei Documenti d’Amore è già a metà della terza
ora notturna. Nei dipinti di palazzo Trinci il punto
di Nona è notevolmente avvicinato al mezzogiorno,
ma anomala è la posizione di Compieta alla fine
della quarta ora notturna.
→ Architettura, geometria e astronomia
Conclusioni
La cosmografia di Gentile da Fabriano — come abbiamo visto — è il frutto di un lungo processo del
pensiero filosofico e astronomico che ebbe origine
già nell’antichità greca e romana, e direi che quello
di Foligno fu il punto oltre il quale i temi trattati
iniziarono a perdere interesse o a essere usati solo in
campo artistico per riprodurre iconografie note e dal
vago sapore antico32.
Quando Gentile da Fabriano lavorò agli affreschi di
Palazzo Trinci era passato quasi un secolo dalla pubblicazione dei Documenti d’Amore e nel frattempo in
Italia era avvenuta un’importante rivoluzione del sistema orario: l’entrata in vigore delle ore ab occasu solis,
poi dette ‘italiane’33. Le ore temporali rimasero in uso
solo alla Chiesa e con l’unico scopo di gestire la liturgia.
13.
Diagramma della
posizione del Sole
alle ore descritte
da Francesco
da Barberino
nei Dialoghi
d’Amore (disegno
dell’autore).
14.
Diagramma della
posizione del Sole
alle ore dipinte da
Gentile da Fabriano
nella sala delle Arti
liberali e dei Pianeti
nel palazzo Trinci
a Foligno (disegno
dell’autore).
13.
14.
47
15.
15.
La mostra
d’orologio dipinta
da Paolo Uccello
nella controfacciata
di Santa Maria del
Fiore a Firenze.
48
Mario Arnaldi
16.
16.
Orologio
astronomico di
Padova (foto
dell’autore).
→ Architettura, geometria e astronomia
49
Agli inizi del Quattrocento già diverse città iniziarono a montare sulle torri i primi orologi meccanici
con ore tutte uguali; dunque, sebbene ancora si trattasse di un periodo di lenta transizione, sicuramente
Gentile doveva conoscerle.
Ricordiamo che Jacopo Dondi nel 1344 costruì a Padova un famoso orologio astronomico e che Paolo
Uccello (1397 – 1475) nel 1443 dipinse il bell’orologio a ore italiane nella controfacciata di Santa Maria
del Fiore, a Firenze [fig. 15].
In effetti, a ben guardare, la disposizione dei cerchi concentrici nei tondi di Foligno, come in quelli
dell’Off iciolo e dei Documenti d’Amore, è molto simile
a quella presente anche in alcuni orologi astronomici
da torre di quel tempo. Un esempio indicativo può
considerarsi l’orologio pubblico di Padova [fig. 16].
Inserendo il diagramma ricavato dai dipinti di Foligno entro una ghiera oraria di un comune orologio
da torre quattro-cinquecentesco, possiamo allora distinguere le corrispondenze fra le ore italiane e quelle temporali [fig. 17].
Ovviamente lo schema orario risultante si deve considerare valido soltanto agli equinozi, perché sia le
antiche ore temporali sia le nuove ab occasu, erano
comunque mobili, e anche se quelle canoniche avessero mantenuto la medesima posizione su un orologio a ore temporali, non l’avrebbero comunque potuta conservare sulla ghiera dell’orologio a ore uguali
[figg. 18, 19].
Nei due grafici ho lasciato inalterate le posizioni
del Sole sul cerchio delle ore temporali, così come
ce le ha consegnate Gentile da Fabriano, anche
nei momenti astronomici estremi dell’anno (i solstizi d’estate e d’inverno), quando cioè, le giornate
raggiungono la loro maggiore lunghezza o brevità.
Anche senza applicare le variazioni che la liturgia
richiederebbe34, non possiamo non accorgerci della
grande discordanza dei tempi fra le ore di un sistema
e quelle di un altro.
In un’epoca storica dove la vita era scandita dal suono delle campane della Chiesa e del Comune non
possiamo sottovalutare la percezione del tempo valutata dalla semplice posizione del Sole in cielo. Così
si regolavano tutti: i campanari, i pastori, i contadini,
i viandanti, ecc.35
Dobbiamo tenerne conto quando facciamo ricerche
storiche o quando cerchiamo le ragioni di un determinato allineamento. C’è il rischio di dare valore a
risultati di nessuna importanza liturgica o sociale,
perdendo di vista quelli che — se ci sono — l’avrebbero davvero meritata.
17.
Il diagramma
di Gentile da
Fabriano — che ha
un’impostazione
del cielo
equinoziale —
inserito in una
ghiera d’orologio
meccanico per ore
ab occasu (disegno
dell’autore).
17.
18-19.
Il diagramma di
Gentile da Fabriano
adattato per i due
periodi solstiziali
(d’estate e
d’inverno). I tempi
sul cerchio delle
ore temporali sono
stati mantenuti
inalterati, mentre
questi cambiano
grandemente sul
cerchio delle ore
ab occasu (disegno
dell’autore).
18.
Note
1. Non dimentichiamo neppure tutti quei metodi mnemonici
basati su una semplice aritmetica, che permettevano la
lettura approssimata delle ore secondo la lunghezza della
propria ombra o di quella di uno gnomone qualsiasi. Que-
50
19.
Mario Arnaldi
sti metodi erano largamente usati nel Medio Evo latino ma
ebbero origine molto tempo prima, e il loro utilizzo non
aveva quasi nessun confine di spazio e di tempo. Tutto il
mondo antico dall’India fino al nostro estremo Occidente
ne faceva largo uso. Per l’India e per le aree di cultura islamica vedi (Davidian 1960; King 1990; Charette 2003, pp.
145-153); Per gli schemi greci e copti vedi (Neugebauer
1975, vol. 2, pp.736-748); per la Persia Zoroastriana e la
Mesopotamia vedi (Rezvani 2014, Steele 2013); per il nostro Medio Evo vedi (Schaldach 2008; Arnaldi 2020).
2. Il disegno di questo genere di orologi solari, sebbene
fosse molto semplice da realizzare (si poteva fare con
un semplice compasso), si basava in verità su una geometria precisa della sfera. In altre parole, utilizzava
l’“angolo verticale” ricordato da Claudio Tolomeo nel
suo libro De Analemmate, ma per le ore antiche era
corretto solo alle latitudini vicine all’equatore. Vedi su
quest’argomento (Savian 2009, Savian 2021).
3. Anticamente l’intera durata del nychthemeron (il ciclo
temporale composto da notte e dì), era scandita da 24
ore, come oggi, ma il suo computo era diviso in due parti di 12 ore ciascuna. Il dì si misurava dalla levata del
Sole fino al suo tramonto e la notte dal tramonto fino
alla successiva levata. Essendo questi due archi di tempo sempre suddivisi in 12 porzioni uguali, ne conseguiva
che in estate, quando le notti sono più brevi del dì, ci
fosse un gran divario fra le durate delle ore dei due archi
temporali: le ore del giorno erano più lunghe di quelle
notturne, mentre in inverno, con le giornate più brevi,
accadeva il contrario. Per questo furono dette ‘ineguali’, perché mai uguali fra notte e dì tranne che nei giorni
degli equinozi. Per via del quotidiano divario fra le due
durate queste ore si chiamavano anche ‘temporali’ (da
tempora = stagioni).
4. Su quest’argomento vedi (Arnaldi 2011) e, più approfonditamente, (Arnaldi 2012).
5. Plinio, Nat. Hist., III. 45: “(Italia) incedit per maria caeli
regione ad meridiem quidem, sed, si quis id diligenti subtilitate exigat, inter sextam horam primamque brumalem”;
Ivi, VI. 202: “Fortunatas (insulas) contra laevam (partem)
Mauretaniae in VIII horam solis (esse)”; Gregorio di Tours,
Cur. Stell., 36: “et cum (stella) in hora diei quinta advenit,
surge”; Lobinellus, Hist. Britan., t. 2, col 250 (carta di data
incerta): “Usque dum pervenitur ad ipsum locum, ubi tres
Fossæ simul adveniunt. Et tunc vadit Fossa sancti Catuodi
quasi ad horam ix per abrupta loca usque dum pervenit
ad unam nodula.”; Ibidem: “Et in capite marcasii levat
fossa per montem Huelgoret quae recte vadit quasi ad
Orientem. Tunc reliquens nodam quae vadit ad puteum
tenens nodam unam cum fossam contra horam tertiam”.
6. Per evitare confusioni è bene che io specifichi qui quanto
occorra tenere ben distinte le ore dell’orologio da quelle
dell’Ufficio Divino, e così scriverò Terza, Sesta e Nona (in
maiuscola) per indicare i tempi delle Ore canoniche e in
minuscolo le ore del giorno. Le formule “a Terza” e “a
ora di Terza” dovranno considerarsi esattamente come
s’intendevano anticamente, cioè “nell’ora” o “all’ora in
cui si suole recitare… – in questo caso – Terza”.
7. Sullo spostamento dei momenti canonici della liturgia,
vedi (Arnaldi 2011, cap. 5).
→ Architettura, geometria e astronomia
Benedicti, 48.
Non è chiaro se sia da intendersi come “quasi
all’inizio della sesta ora”, cioè un’ora prima del mezzodì,
o “quasi alla fine della sesta ora”, ossia, poco prima del
mezzogiorno. Tutto dipendeva dalle interpretazioni degli abati, come ricorda Ildemaro di Civate (sec. IX).
10. Ibidem.
11. Questo genere di diagrammi era davvero molto diffuso.
Vedi (Incerti 2010, pp. 118-120). In questo capitolo analizziamo prevalentemente fonti testuali manoscritte, ma
non dobbiamo dimenticare, benché rare, le testimonianze dipinte sui muri degli edifici. Gli affreschi duecenteschi
della meravigliosa cripta della cattedrale di Anagni e
quelli eseguiti da Gentile da Fabriano a Foligno – ne parleremo più avanti – ne sono un esempio di grande livello.
12. Guglielmo di Conches, Dragmaticon Philosophiae, lib.
IV, in (Maccagolo 1980).
13. Nel Medio Evo il giorno si considerava di due tipi: il
‘giorno naturale’, composto di ventiquattro ore equinoziali, cioè uguali, comprendente notte e dì e il ‘giorno
artificiale’ o ‘usabile’, misurato dalla levata del Sole
fino al suo tramonto. Quest’ultimo aveva sempre dodici ore, che la giornata fosse lunga (estate) o breve
(inverno). Avevano, però, durate diverse, sia da un giorno all’altro sia rispetto a quelle della notte, anch’esse
sempre dodici. Sulla divisione per quattro vedi (Arnaldi
2011, parte II, cap. 1.2.2.1).
14. Dante Alighieri, Convivio, IV,23.12-13: “seguendo le
quattro combinazioni de le contrarie qualitadi che sono
ne la nostra composizione, a le quali pare essere appropriata, dico a ciascuna, una parte de la nostra etade, in
quattro parti si divide, e chiamasi quattro etadi. La prima è Adolescenza, che s’appropria al caldo e all’umido;
la seconda si è Gioventute, che s’appropria al caldo e al
secco; la terza si è Senettute, che s’appropria al freddo e
al secco; la quarta si è Senio, che s’appropria al freddo
e a l’umido”. ; Ivi, 24.1: “Dico che la umana vita si parte per quattro etadi. La prima si chiama Adolescenzia,
cioè ‘accrescimento di vita’; la seconda si chiama Gioventute, cioè ‘etate che puote giovare’, cioè perfezione
dare, e così s’intende perfetta — ché nullo puote dare
se non quello ch’elli ha —; la terza si chiama Senettute;
la quarta si chiama Senio, sì come di sopra è detto”.
15. Al tempo di Dante Nona suonava all’inizio della settima ora, vale a dire a mezzogiorno, alla fine della sesta.
Convivio, IV, 23.16.
16. Le ore del giorno toccate dai quattro cavalli furono
ricordate da Fulgenzio (secc. V – VI) nelle Mitologie
(Fabius Planciades Fulgentius, Mithol., I, 12): il cavallo
Erytreus (il rosso) si alza rubicondo al mattino con la
levata del Sole, Acteon (lo splendente) rifulge alla terza ora, Lampus (l’ardente) domina il centro del giorno
alla sesta ora, il cavallo che ha nome Filogeo (amante
della terra) dalla nona ora s’inclina verso l’occaso. Che
Dante, pur non nominandolo, conoscesse l’opera di
Fulgenzio sembra ormai provato dalla Albi (2021).
17. Dante Alighieri, Convivio: IV, 23.6, 12: “Onde, con ciò
sia cosa che la nostra vita, sì come detto è, ed ancora
d’ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo, e lo cielo
a tutti questi cotali effetti, non per cerchio compiuto,
8. Regula
9. Ibidem.
51
ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che ‘l suo movimento sia sopra essi come un arco
quasi, e tutte le terrene vite […] montando e volgendo,
convengono essere quasi ad immagine d’arco assimiglianti”, “Veramente questo arco non pur per mezzo si
distingue da le scritture; ma seguendo le quattro combinazioni de le contrarie qualitadi che sono nella nostra composizione, a le quali pare essere appropriata,
dico a ciascuna, una parte della nostra etade, in quattro parti si divide…”.
18. Sei, infatti, sono le tappe della vita proposte da sant’Agostino e riprese anche da Rabano Mauro. Augustini
hipponensis, De diversis quaestionibus LXXXIII, 58,
2, “Sunt enim aetates sex etiam in uno homine: infantia,
pueritia, adolescentia, iuventus gravitas et senectus.”
19. Honorius Augustodunensis, Gemma animae, cap. 54,
De horis et aetatibus, Migne PL, clxxii, coll. 633B-D.
20. Il manoscritto si credeva irrimediabilmente perduto, ma fu ritrovato nel 2003 in una biblioteca privata
(tutt’ora si trova in una biblioteca privata, ma ne è stata
realizzata una versione di pregio, facsimiliante, dalla
Salerno editrice.
21. Questa è l’immagine tipica della mappa mundi medievale. Vedi per esempio la rappresentazione del globo
nella carta dei tarocchi (il Mondo) dipinti per i Visconti-Sforza da Bonifacio Bembo negli anni '40 del Quattrocento.
22. Cristina Galassi ha ritenuto che Francesco da Barberino
abbia trovato questa soluzione per poter conciliare la
partizione della vita umana nei sei periodi fondamentali
suggeriti da San’Agostino, all’interno di un progetto iconografico ormai basato sul numero sette (Galassi 2001,
p. 287).
23. Non sono stato in grado di trovare online l’immagine
della pagina con la miniatura del Matutinum (l’Officiolum è proprietà privata), ma non dovrebbe essere
molto diversa da quella proposta nei Documenti d’Amore: una vecchia seduta con la testa fra le mani che
rappresenta la Notte senza alcun abbinamento a una
età specifica.
24. Il manoscritto, Clm 6116, è oggi custodito alla Bayerische Staatsbibliothek di Monaco. Le immagini si trovano alle cc. 13r, 23r, 27r, 33r, 38r, 44r, 52r.
25. Nei Documenti d’Amore il Sole e la Luna si spostano
nel cerchio mediano, lasciando quello esterno libero di
rappresentare il cielo delle stelle fisse. La sfera delle
‘stelle fisse’, l’ottavo cielo, era la sfera più esterna del
cosmo aristotelico, anche detta ‘primo mobile’, perché imponeva il moto a tutte le sfere del cielo a essa
sottostanti. La cosmologia tolemaica ipotizzò un cielo
superiore a quello delle stelle fisse, il cielo cristallino
ricordato da Dante, e a quest’ultimo passò l’incarico di
‘primo mobile’. Sull’incertezza della rappresentazione
cosmologica vedi (Pegoretti 2014, pp. 187-211).
26. Le posizioni di queste Ore canoniche furono dichiarate
da Dante Alighieri in: Convivio, IV, 15-16.
27. Cristina Galassi ne riconobbe l’origine nelle miniature
dipinte nelle cc. 76v-77r del manoscritto dei Documenti d’Amore (Bibl. Vat. Codice Barb. Lat. 4076); (Galassi 1991); (Galassi 2001). l’Officiolo non era ancora
52
stato ritrovato, ma solo nei Documenti l’impianto cosmografico è identico a quello usato da Gentile, e nelle
scene sono previste le piccole case che, invece, non
sono presenti nelle mianiature dell’Officiolo. La fonte
iconografica individuata da Cristina Galassi resta dunque ancora valida.
28. Dopo numerose ipotesi sull’anonimo autore dei dipinti
fu finalmente identificato Gentile da Fabriano e la sua
bottega grazie a un taccuino settecentesco che riportava alcune note di un documento del 1411. Salmi (1919).
29. Si credeva che i pianeti presiedessero, con i loro influssi, alle varie ore del giorno e della notte. Quello che
governava la prima ora del dì dominava maggiormente
per tutto il tempo, fino alla levata successiva del Sole.
Quel pianeta, dunque, assegnava il nome all’intero
giorno: secondo quella dottrina la prima ora del lunedì
era presieduta dalla Luna, la prima del martedì da Marte e così via fino il sabato (presieduto da Saturno, che
però prenderà in seguito la forma ebraica dello shabbat) e la domenica (governata dal Sole, la cui radice
con l’avvento del cristianesimo mutò in Dominus).
30. I nomi delle Ore erano scritti in endecasillabi dentro
pannelli dipinti a trompe l’oeil nella decorazione della cornice sottostante. Purtroppo, molti di questi sono
ormai perduti, ma possiamo conoscerne il contenuto
perché ci fu tramandato da chi li poté leggere prima
che fossero nascosti dall’intonacatura eliminata nel
1918. Qualche sentenza in versi fu trascritta nel Seicento da Ludovico Iacobilli nel suo Discorso della città
di Foligno (manoscritto); (Faloci-Pulignani 1888; Faloci-Pulignani 1906; Salmi 1919; Caciorgna 2001).
31.“Vide etiam ut tibi pulcrior appareat hic tractatus quod
insimul cun horis rapresentantur etates ita etiam per se
in ipso officiolo presentabantur ystorie ut in completorio decessit virgo beata et complete sint etates et completus sit dies et actente quod in matutino non presentatur etas sed nox”.
32. Vedi ad esempio il pavimento intarsiato intorno al
1475-76 dallo scultore Antonio Federighi nello spiazzo
antistante alla Cappella del Voto nel duomo di Siena
(le tarsie oggi si conservano nel Museo dell’Opera della
Metropolitana); (Caciorgna 2014). A mia conoscenza
solo Raffaello Sanzio (1483 – 1520) riprese il tema
delle ore e dei pianeti nel suo periodo romano, ma la
documentazione a riguardo è tuttora incompleta.
33. Le ore ab occasu, sempre uguali fra loro, erano ventiquattro e iniziavano a contarsi dal tramonto del Sole.
34. A parte Prima, che si recitava sempre alla levata del
SSSole, le Ore canoniche non potevano essere regimentate sulla partitura di un orologio, qualunque fosse
il sistema orario mostrato. Vedi a tal proposito l’Ordinarium della cattedrale di Parma, datato 1417, in (Arnaldi 2011, parte I, cap. 5.4).
35. Ce ne hanno dato testimonianza in più luoghi Dante
Alighieri e Giovanni Boccaccio. Dante Alighieri, Divina
Commedia, Inf. 34, 91: “… e già il Sole a mezza terza
riede”; Purg. 4, 137-139 “Vienne omai: vedi ch’è tocco
/ meridian dal Sole, ed a la riva / copre la notte già
col piè Marrocco”; Purg. 15, 1-6 “Quanto tra l’ultimar
dell’ora terza / e ‘l principio del dì par della spera, /
Mario Arnaldi
che sempre a guisa di fanciullo scherza, / tanto pareva
già inver la sera / essere al sol del suo corso rimaso: /
vespero là, e qui mezza notte era”. Giovanni Boccaccio,
Decameron, I, concl. “Già era il Sole inchinato al vespro”; III, intro. “L’aurora già di vermiglia cominciava,
appressandosi il Sole, a divenir rancia”; IV intro. “essendo il Sole nella sua maggior sommitá”; VII, concl.
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53
Hagios Eleutherios
(Theotokos
Gorgoepikoos),
Athènes, détail
de la frise du
calendrier
réemployée sur la
façade. (Photo ©
Ferrand, 2014).
Abstract
Penser et figurer le temps
dans l’espace: le Zodiaque
et les Occupations des mois
L’article s’intéresse à la figuration des signes du Zodiaque et des Occupations des mois, deux thèmes iconographiques étroitement liés aux concepts
de temps et d’espace. Les articulations sensibles entre le registre scientifique
et le registre symbolique, entre les rythmes cosmiques et les rythmes liturgiques, sont mises en exergue par le biais de témoignages textuels et visuels
extraits de manuscrits et de décors monumentaux.
Parole chiave
The article focuses on the figuration of the signs of the Zodiac and the Occupations of the Months, two iconographic themes closely linked to the concepts of time and space. The sensitive articulations between the scientific and
symbolic registers, between cosmic and liturgical rhythms, are highlighted
through textual and visual evidence extracted from manuscripts and monumental decorations.
Zodiaque
Occupations des mois
Moyen Âge
Calendrier
Rythmes
Angelique Ferrand
Nantes Université
→
[email protected]
55
Introduction
Fréquemment associés dans l’art médiéval, les Occupations des mois et les signes du Zodiaque donnent
à voir de manière symbolique des repères dans le
temps de l’année, fondés à partir de l’observation du
ciel et des rythmes du cosmos. “Si les phénomènes
rythmiques s’ancrent dans le temps et font de lui
leur vecteur privilégié, ils s’inscrivent aussi et simultanément dans l’espace. Ou plutôt dans des lieux
[…]” (Schmitt 2016, p. 361). Les Occupations des
mois et les signes du Zodiaque font partie de ces
rythmes, à la croisée entre temporalité et spatialité. D’ailleurs, l’ambiguïté du terme spatium en latin
médiéval illustre bien cette idée. De fait, spatium peut
aussi bien désigner un intervalle entre deux points,
une durée temporelle ou bien encore un lieu précis
(Guerreau 2004 ; Schmitt 2006, p. 320). Dans tous
les cas, il ne désigne pas une grande étendue comme
dans notre définition contemporaine. Entre le XIe
et le XIIIe siècle, les scènes mensuelles et les signes
du ciel ont connu un certain succès dans le décor
ecclésial de l’Occident chrétien. Nous proposons ici
de nous intéresser aux manières de penser et de figurer le temps à travers ces deux thèmes iconographiques, en particulier dans l’espace ecclésial. Il s’agit
de montrer comment les repères astronomiques ont
été utilisés pour faire valoir l’harmonie de l’ordre
cosmique, soutien des rythmes temporels propres à
la culture chrétienne médiévale. Pour ce faire, nous
reviendrons rapidement sur les origines antiques de
ces thèmes iconographiques. Nous nous intéresserons aux articulations entre repères astronomiques
et rythmes liturgiques, entre registres scientifique et
symbolique, qui se font jour à travers leur transmission au cours du Haut Moyen Âge. Nous observerons ensuite comment les douze signes du ciel et les
images d’activités terrestres permettent de penser et
figurer le temps dans l’espace ecclésial. Dans cette
optique, nous examinerons leur répartition dynamique dans le lieu construit, ainsi que les dispositifs
visuels rythmiques, notamment géométriques, qui
participent à ces images liant le ou les temps et le ou
les espaces, mais aussi la terre et le ciel.
Aux origines antiques des signes et images du
temps
Pour commencer, il s’agit de revenir rapidement sur
les origines antiques du Zodiaque et des Occupations des mois et d’observer le glissement des repères
astronomiques vers la mise en images, davantage
symbolique, des rythmes cosmiques. Les signes du
Zodiaque plongent leurs racines dans l’Antiquité
avec pour prémices les observations astrologico-astronomiques des anciens Mésopotamiens que les
Grecs vont ensuite systématiser (Bottéro 1998). En
effet, les douze signes du Zodiaque ont été établies
et fixées entre les Ve et IIIe siècles avant notre ère,
mais les images zodiacales n’ont connu un véritable
essor qu’à partir du Ier siècle de notre ère (Gury
1982). Les constellations – dont celles des signes
1.
1.
Hagios Eleutherios
(Theotokos
Gorgoepikoos),
Athènes, détail
de la frise du
calendrier
réemployée sur la
façade. (Photo ©
Ferrand, 2014).
56
Angelique Ferrand
2.
2.
Hellín, mosaïque
de pavement
d’une villa, fin du
IIe siècle-milieu
du IIIe siècle
ap. J.-C., Musée
archéologique de
Madrid. (CC-BYSA-4.0 Miguel
Hermoso Cuesta,
2014, Wikimedia
Commons).
du Zodiaque – sont fondées sur un processus de
schématisation de la répartition des étoiles. Les figures ainsi distinguées ont fait l’objet d’une mythologisation inaugurée par les Phénomènes d’Aratos de
Soles et amplifiée par la suite dans les traductions
et commentaires latins1. Les récits catastérismiques
visent à ancrer dans la mémoire les connaissances relatives aux astres de manière générale en expliquant
chaque figure et ses caractéristiques, ses gestes, sa
position, sa posture, etc. Ils sont ainsi les véhicules
d’informations de localisation dans un ciel idéalisé
mais aussi d’indications calendaires (Soubiran 2005;
Carruthers 2002, p. 41). Au-delà de sa dimension
mnémotechnique, le fonds mythologique porté par
les catastérismes constitue un répertoire visuel riche pour la tradition iconographique du Zodiaque.
Dès les premiers siècles de notre ère, le Zodiaque va
véritablement se dégager de la tradition purement
astronomico-astrologique pour participer à une iconographie davantage symbolique, comme synthèse
du cosmos (Gury 1982). Le développement autonome du Zodiaque a été favorisé par des objets et
décors monumentaux issus d’un contexte impérial
mettant en valeur le concept d’éternité ainsi que la
domination cosmique d’une divinité ou de l’empereur (Musso 2000). Sur la voûte du temple d’Hercule
à Sabratha, l’apothéose de Marc-Aurèle donne à voir
ce dernier porté par un aigle pour passer à travers
le cercle zodiacal2. Le Zodiaque, cercle de figures
catastérisées, traduit ainsi le fait que l’apothéose
→ Architettura, geometria e astronomia
impériale correspond à l’outrepassement des limites
spatiales et temporelles terrestres, humaines pour atteindre l’au-delà et le divin (Ghedini 2001).
Quant aux Mois, ils ont d’abord été personnifiés durant l’Antiquité par des figures allégoriques plutôt
statiques et associées aux fêtes (Le Sénécal 19211923). Au cours des IIIe et IVe siècles, les allégories
des mois sont devenues des Occupations des mois à
proprement parler en prenant l’apparence de personnages en mouvement, occupés à des activités spécifiques au fil des saisons et du calendrier3. L’un des
plus anciens témoignages de l’association figurative
des mois avec les signes du Zodiaque pourrait être la
frise dite du Calendrier d’Athènes. Cette frise a été
réemployée au XIIe siècle, voire au XIIIe siècle, dans
la façade de l’église de la Petite Métropole (Hagios
Eleutherios ou Theotokos Gorgoepikoos) à Athènes
[Fig. 1]. Sa datation, sujet à polémique, est à situer
dans la première moitié du IIe siècle (Palagia 2008).
Les Occupations des mois et les signes du Zodiaque
font partie plus largement des thèmes iconographiques cosmologiques qui ont connu un grand succès
notamment sur les mosaïques de pavement tardo-antiques, tel celui de la villa située à Hellín (fin
du IIe siècle-milieu du IIIe siècle ap. J.-C.) [Fig. 2]4.
Ce décor a été organisé par un maillage ornemental
géométrique qui délimite notamment des octogones.
Dans ces derniers, les mois et/ou les signes zodiacaux
ont été fusionnés sous la forme de personnifications
anthropomorphes ou zoomorphes accompagnées
57
3.
3.
Bâle, Universitätsbibliothek, ms. F
III 15a, fol. 23.
Numérisé : https://
www.e-codices.
ch/en/list/one/
ubb/F-III-0015a.
(Domaine public CC0 1.0).
par la divinité tutélaire du mois dont le nom est inscrit en abrégé en dessous, de sorte que différentes
informations relatives au ciel et à des questions de
temporalité se trouvent entremêlées sur le décor du
sol (Stern 1965).
4.
Des repères astronomiques aux rythmes liturgiques
C’est en grande partie par le biais de leur appartenance à une tradition encyclopédique scientifique que
les Occupations des Mois et les signes du Zodiaque
ont été transmis au Moyen Âge. Les textes copiés et
commentés qui relèvent de cette tradition sont souvent accompagnés de compositions diagrammatiques
qui réunissent et mettent en réseau les différentes
unités spatiales et temporelles (Obrist 1996; 2004).
D’une part, dans l’espace construit du manuscrit, les
58
4.
Saint-Gall,
Stiftsbibliothek,
Cod. Sang. 250,
fin du IXe siècle,
p. 497. Numérisé
: https://www.ecodices.ch/en/
list/one/csg/0250
(Domaine public CC0 1.0).
Angelique Ferrand
signes du Zodiaque et les Occupations des mois ont
été utilisés dans ces “images classificatrices” qui reposent notamment sur des formes géométriques et
compositions concentriques (Schmitt 1989). L’aspect
géométrique de ces compositions traduit à la fois le
processus d’ordonnancement des repères spatiaux et
temporels tout autant que leur dimension synthétique et cosmique. Les préoccupations astronomiques,
computistiques et cosmologiques sont étroitement
liées au cours du Haut Moyen Âge. Le développement du comput pour le calcul des fêtes mobiles
de l’année dans lequel les mois et les signes du Zodiaque constituent des repères a favorisé leur essor.
De fait, l’essor du comput répond à un besoin de lier
les rythmes de la vie terrestre avec l’ordre d’origine
divine du cosmos (Garcia Aviles 2001). Les correspondances entre les rythmes mensuels et célestes et
ceux du Zodiaque en relation avec le Soleil, sont mis
en valeur dans les textes – en particulier chez Bède et
son De temporum ratione – ainsi que dans les images5.
Dans un manuscrit datant des alentours de 800 et
provenant de l’abbaye de Fulda, on trouve l’un des
plus anciens témoignages picturaux de la tradition
médiévale des signes du Zodiaque [Fig. 3]6. Ces derniers sont disposés dans une composition circulaire
concentrique qui fait partie d’un ensemble de figures
portant notamment sur des questions de comput et
de cosmographie. Les figures zodiacales sont accompagnées de textes qui les mettent en correspondance
avec les patriarches, les apôtres, les mois ou bien encore avec les parties du corps dans une perspective de
mélothésie zodiacale.
D’autre part, au cours des IXe-Xe siècles, au-delà de
leur fonction pratique, les signes du Zodiaque et les
Occupations des mois sont devenus des repères symboliques de l’ordre divin du cosmos. (Blume, Haffner
e Metzger 2012, p. 158 ; Schmitt 2016, p. 276). Ils
ont été figurés dans ce sens dans de nombreux calendriers liturgiques, comme des repères visuels dans
l’espace construit du manuscrit, de manière à relier
rythmes cosmiques et temps liturgique. De manière
similaire, les signes du Zodiaque et les mois ponctuent un Martyrologe daté de la fin du IXe siècle.
Provenant sans doute de Reichenau, ce manuscrit
renferme le calendrier versifié de Wandalbert de
Prüm7. Les mois sont encore proches des personnifications antiques, mais ils esquissent des gestes
caractéristiques des activités mensuelles. En outre,
ils prennent ici l’apparence des apôtres selon un jeux
de correspondances symboliques établi dès la littérature chrétienne des premiers siècles, notamment
chez Clément d’Alexandrie (Daniélou 1959 ; Jullian
2005). Le signe zodiacal est soit tenu par la personnification du mois, soit il est placé dans la partie
inférieure de la scène. Personnifications mensuelles
et signes zodiacaux sont placés sous des structures
architecturées semblables à des portes ouvertes pour
→ Architettura, geometria e astronomia
5.
5.
Pilier lacunaire de
Saint-Pierre de
Souvigny (dit
Colonne du
Zodiaque),
conservé au Musée
de Souvigny.
(Cl. A. Ferrand,
2022).
chaque mois. Ils introduisent le texte du martyrologe et la temporalité cyclique du sanctoral. Ces cadres
architecturés sont surmontés des vers du poème de
Bède, De signis duodecim mensium, qui soulignent
les correspondances entre signes et mois. L’iconographie de certains signes zodiacaux présentent des
similitudes stylistiques avec un recueil computistique
et astronomique qui provient de Saint-Gall et renferme également l’œuvre de Wandalbert de Prüm8.
Le Capricorne illustrant le corpus aratéen dans le
manuscrit de Saint-Gall (p. 497) [Fig. 4] est similaire à celui du martyrologe de Wandalbert provenant de Reichenau (fol. 2r), avec ses cornes allongées
et dentelées et sa queue de poisson. La position, le
geste et le vase des signes du Verseau présentent également des analogies (p. 496 ; fol. 4r). Ces similitudes mettent ainsi en exergue les passerelles entre un
manuscrit au contenu plutôt liturgique et un autre au
contenu plus largement encyclopédique. Elles témoignent de la façon dont les connaissances astronomiques ont été orientées pour soutenir les rythmes
du temps liturgique. De fait, “la valeur symbolique
de ce savoir astrologique hérité des Anciens est plus
forte que sa fonction pratique” et cela vaut aussi pour
59
les Mois en grande partie. (Schmitt 2016, p. 278).
L’observation du ciel est aussi étroitement liée à une
conception symbolique de l’espace ecclésial. L’Horologium stellare monasticum témoigne d’une observation des étoiles par les moines pour se repérer dans
le ciel nocturne (Palazzo, 2002). Il s’agit d’un texte
conservé dans un recueil composite qui date du XIe
siècle et provient sans doute de l’abbaye de SaintBenoît-sur-Loire9. Dans ce texte, les repères astronomiques sont articulés à des repères dans l’espace
monastique, en particulier autour du cloître, de manière à construire une sorte de circuit observatoire
des étoiles pour repérer et ordonner l’heure des offices. Au Moyen Âge, le cosmos était perçu comme un
reflet de la Cité céleste et du Paradis, tandis que le
cloître, notamment par sa forme carrée, était vu luimême comme une préfiguration du Paradis et une
synthèse cosmologique (Palazzo 2002, p. 43). Ainsi,
dans ce texte s’entrelacent la construction pratique
– astronomique – et symbolique du calendrier liturgique, ainsi que la perception symbolique et idéalisée
de l’espace construit. Cette dimension cosmique accordée au cloître et son rapport aux rythmes, cosmiques, calendaires ou bien encore liturgiques, ne sont
pas sans évoquer le pilier de Saint-Pierre de Souvigny (1130-1150)10. À l’origine, ce pilier prenait sans
doute place dans un cloître. Aujourd’hui lacunaire, il
rassemblait sur son pourtour les signes du Zodiaque,
les Occupations des mois, les Peuples de la terre ainsi qu’un bestiaire, autant de thèmes composant une
synthèse cosmologique, à la fois temporelle et spatiale, astronomique et géographique, mise en relation avec l’espace idéalisé du cloître (Stratford 2005).
[Fig. 5] Dans le Psautier d’Utrecht, le cercle du Zodiaque sert de muraille symbolique et cosmique à la
Jérusalem céleste11. Au folio 36 du manuscrit produit
près de Reims dans la première moitié du IXe siècle,
la Croix tenue par le Christ-Logos s’insère entre les
signes zodiacaux des Poissons et du Bélier, repères de
la fin de l’hiver et du début du Printemps, tenant lieu
d’alpha et oméga [Fig. 6]. Le signe de la Vierge est
quant à lui positionné dans l’axe de la Croix comme
une subtile allusion à l’Incarnation. Les bustes du
Soleil et de la Lune flanquent la partie supérieure de
cette muraille céleste. L’articulation entre les rythmes cosmiques et le temps de l’historia chrétienne est
traduite visuellement dans cette image synthétique.
Cette image nous paraît témoigner que, de part sa
dimension à la fois temporelle et spatiale, le cercle
zodiacal contribue à la construction symbolique et
concrète de l’e(E)cclesia.
siècle que les signes du Zodiaque et les Occupations
des mois ont été figurés dans les décors monumentaux des églises. Les premiers exemples connus sont
des signes du Zodiaque figurés en hauteur et à l’extérieur sur des plaques sculptées quadrangulaires en
bas-relief. Trois cycles sculptés de ce type ont été retrouvés à Lyon et sont aujourd’hui conservés au Musée Gadagne et au Musée des moulages de l’Université Lumière – Lyon 2. Deux d’entre eux proviennent
de l’Île-Barbe et ont été réemployés dans des édifices
lyonnais. Le troisième cas provient de l’église Sainte-Foy-lès-Lyon et ses éléments auraient été réemployés pour former une horloge solaire [Fig. 7]. Leur
format quadrangulaire et la présence d’inscriptions
témoignent d’une influence des enluminures de manuscrits, en particulier des listes de constellations
copiant des textes hérités de l’Antiquité.
Le corpus que nous avons réuni et indexé dans une
base de données comporte 239 occurrences des signes du Zodiaque et des Occupations des mois,
associés ou non, dans des décors monumentaux
d’églises en France et en Italie essentiellement, mais
aussi en Espagne, en Allemagne ou bien encore au
6.
Psautier
d’Utrecht, Utrecht,
Universiteitsbibliotheek, ms.
32, fol. 36, vers
820-835, prov.
abbaye d’Hauvillers
(près de Reims).
Numérisé <
http://www.
utrechtpsalter.
nl/#digital-edition>
(Domaine public CC0 1.0).
7.
Lyon, relief
provenant de
Sainte-Foy-lèsLyon, XIe siècle,
Lyon, musée
Gadagne. Le
Capricorne. (Photo
© Ferrand, 2015).
6.
Rythmer l’espace ecclésial des signes et images du
temps
Il s’agit ensuite de nous intéresser à la répartition
dynamique de ces images liées à la fois à l’espace et
au temps dans l’édifice ecclésial. C’est à partir du XIe
60
7.
Angelique Ferrand
8.
8.
Chartres,
Notre-Dame,
déambulatoire sud,
baie n°28, verrière
28a, vers 12171220. Détail, au
centre, le mois de
janvier et le signe
du Verseau. (Photo
© Ferrand, 2015).
Royaume-Uni, entre le XIe siècle et la fin du XIIIe
siècle (Ferrand 2017). Les occurrences répertoriées
sont des peintures murales, des décors de pavement,
des vitraux et surtout des ensembles sculptés. L’iconographie des figures zodiacales est héritée de l’Antiquité avec des resémantisations chrétiennes qui ne
sont pas systématiques et ont été nourries par la tradition textuelle, notamment par les écrits de Zénon
de Vérone, Jean Scot Erigène ou bien encore par la
glose du De signis duodecim mensium de Bède12. Par
exemple, le signe de la Vierge est fréquemment associé à Marie et la Balance est souvent présentée dans
la perspective de l’Incarnation du Christ Rédempteur
et du Jugement Dernier. Les scènes des Occupations
des mois donnent quant à elles à voir des activités
agricoles au fil des saisons, mais aussi des activités
non laborieuses, évoquant par exemple le renouveau
du Printemps avec Marcius Cornator ou bien enco→ Architettura, geometria e astronomia
re le début et la fin de l’Année avec Janus bifrons13.
À Notre-Dame de Chartres, le mois de Janvier tricéphale fait allusion à la Trinité [Fig. 8]. La majorité
des calendriers médiévaux monumentaux débutent
par janvier, sans que cela n’ait de rapport ni avec le
début de l’année civile ni avec le début de l’année
liturgique (Schmitt 2016, p. 277). Dérivant du calendrier julien, le calendrier médiéval a perpétué l’usage de faire débuter l’année en janvier en fonction
de l’année solaire. L’assimilation du Christ à l’année
et au Soleil a sans doute favorisé le maintien de cet
usage. Le sens de lecture est le plus souvent horaire
puisque cela concerne près de 71 % des cas.
L’exploitation statistique de ce corpus permet aussi
d’observer la répartition des images des mois et des
signes du Zodiaque dans l’espace construit de l’église et de faire valoir que le portail fut une zone privilégiée avec 90 exemples, soit 38 % du corpus global
61
mouvement ascendant et symétrique par rapport au
centre de la voussure. Ils traduisent ainsi en images
le dépassement des “limites entre le ciel et la terre”
par le Christ et mettent en valeur l’éternité divine
(Schmitt 2016, p. 509). Cela n’est pas sans rappeler le rôle joué par le cercle zodiacal dans les scènes
d’apothéose antiques évoquées précédemment. En
outre, l’Ecole de Chartres était un centre particulièrement important au Moyen Âge pour l’étude du
quadrivium. À l’intrados de l’arc triomphal de SaintHilaire-le-Grand de Poitiers, les signes du Zodiaque
ont été peints à la fin du XIe siècle sans les scènes des
Occupations des mois. [Fig. 10] Seuls les noms des
mois accompagnent en effet les figures zodiacales
disposées dans des méandres de rubans plissés formant une frise géométrique dont le module central
est une croix. Or, la croix est présentée comme l’axe
et la mesure du monde dès la tradition patristique,
de sorte que ce signe a une dimension cosmique qui
entre en résonnance avec les douze signes du ciel
(Prieur 2006). Ce cycle zodiacal introduit un cycle
d’épisodes de l’Apocalypse peints au-dessus des sept
arcades couronnant l’autel et débutant avec la traduction visuelle de la “porte ouverte du ciel” et de la
“voix” évoquées dans le texte15. Ainsi, la temporalité
cosmique des signes du Zodiaque ouvre ici vers le
“temps eschatologique” et la Cité céleste (Le Goff
1982, p. 148-149; 2011, p. 11).
Les signes du Zodiaque et les Occupations des mois
sont également récurrents sur des décors de pavement, surtout dans la première moitié du XIIe siècle.
La plupart sont localisés dans le chœur ou dans la
crypte. Par leurs thèmes et leur organisation ordonnée
à la manière des schémas cosmologiques des manu-
[Tableau 1]. Le portail est une zone de tension entre extérieur et intérieur, associée symboliquement à
l’idée d’une transformation spirituelle. La deuxième
zone privilégiée pour la représentation de ces thèmes
est le chœur avec 70 exemples soit 29 % des occurrences, une zone rayonnante de sacralité et ouverte
vers les cieux par la liturgie célébrée sur l’autel. Dans
ces deux principales zones, les supports sont également intéressants de par leur forme et leur position.
Dans l’ensemble du corpus, les deux supports les plus
fréquents, la voussure et l’intrados d’arc, sont de forme semi-circulaire, sculptés et/ou peints [Tableau 2]
. Ils marquent les deux pôles de l’édifice, la porte et
le chœur. On peut ajouter que l’intrados est principalement celui de l’arc triomphal, tandis que la voussure en question est souvent celle de l’archivolte du
portail central. Autrement dit, il s’agit de positions
axiales et dominantes. Le décor souligne ainsi les dynamiques architecturales de l’église14.
Au seuil de l’église et du sanctuaire, la figuration des
douze signes du ciel donnent à voir symboliquement l’ouverture de la porte du ciel (Ferrand 2020).
En effet, l’église est désignée comme la Porta coeli
dans la liturgie de dédicace, expression empruntée à
la Genèse (Gn 28, 17) (Treffort 2014). Associé aux
Occupations des mois, aux rythmes de la vie terrestre, le Zodiaque opère et rend visible la rencontre
entre la terre et le ciel qui a lieu dans l’église14. Sur
l’un des portails de la façade occidentale de Notre-Dame de Chartres (vers 1145-1155), Zodiaque
et Occupations des mois prennent place sur les deux
voussures surmontant l’Ascension du Christ [Fig. 9].
Signes du ciel et scènes terrestres alternent sur les
deux arcs et sont disposés en quatre groupes selon un
62
Zone concernée
Portail
Chœur
Nef
Autre
Occurrences
90
70
22
57
Soit
38%
29%
9%
24%
Principaux supports
Nombre d’occurrences
Soit
Mur hémicycle de l’abside
16
6,7%
Arc (intrados)
35
14,6%
Chapiteau
14
5,9%
Pavement
32
13,4%
Piédroit
14
5,9%
Voussure
52
21,8%
Autre
76
31,8%
tab 1.
Répartition
des signes du
Zodiaque et/ou
des Occupations
des mois entre
les principales
zones de l’édifice
ecclésial, XIe-XIIIe
siècles.
tab 2.
Répartition
des signes du
Zodiaque et/ou
des Occupations
des mois dans
l’architecture
ecclésiale en
fonction des
supports, XIe-XIIIe
siècles.
tab 1.
tab 2.
Angelique Ferrand
9.
Chartres, NotreDame, portail
nord de la façade
occidentale, vers
1145-1155,
l’Ascension et les
deux voussures
faisant alterner les
signes du Zodiaque
et les Occupations
des mois. (Photo ©.
Ferrand, 2015).
10.
Poitiers, SaintHilaire-le-Grand, fin
du XIe siècle, arc
triomphal peint des
signes du Zodiaque
accompagné des
noms des mois.
(Photo © Ferrand,
2015).
9.
scrits, ces pavements donnent à voir une synthèse du
cosmos. Sur le pavement du chœur de la cathédrale
d’Aoste daté du milieu du XIIe siècle, différentes
unités spatiales et temporelles participent ainsi à une
synthèse cosmique au cœur de l’église. De fait, cela
rejoint la conception symbolique de l’espace ecclésial, exprimée ainsi par Honorius Augustodunensis au
XIIe siècle, “aux quatre angles de l’église sont les quatre parties du mondes”16. Dans le même ordre d’idée,
le pavement de la crypte de San Savino de Piacenza
réalisée au cours de la première moitié du XIIe siècle
donne à voir les signes du zodiaque et les Occupations
mensuelles associés dans douze médaillons disposés
sur un fond marin schématisé par des chevrons blancs
et noirs [Fig. 11] (Nicklies 1995 ; Barry 2007). Les
vers du De signis duodecim mensium de Bède reprenant
les Églogues d’Ausone sont inscrits dans la bordure
des médaillons et renforcent la mise en correspondance des signes du ciel et des activités mensuelles.
À Saint-Philibert de Tournus, le déambulatoire a été
orné vers 1200 d’un cycle de médaillons avec les signes du Zodiaque alternant avec les Occupations des
mois [Fig. 12]. Les figures sont disposées de manière
à rayonner autour du sanctuaire de sorte que celui-ci
se trouve inscrit dans cette synthèse cosmologique qui
lie la temporalité liturgique aux rythmes cosmiques.
Ainsi, dans ces décors ancrés dans une architecture
efficace, le ciel et la terre, l’ordre du cosmos et les rythmes terrestres ont été associés à travers les Occupations des mois et les signes du Zodiaque.
→ Architettura, geometria e astronomia
10.
63
Éléments séparateurs
Nombre d'occurrences
Soit
Arcature
16
6,7%
Frise continue
21
8,8%
Médaillons
56
23,4%
Médaillons et arcatures
3
1,3%
Médaillons et panneaux
4
1,7%
Panneaux quadrangulaires
55
23 %
Par claveau
17
7,1 %
Par claveau et par
socles radiants
7
2,9 %
Rayons
5
2,1 %
Rinceaux
6
2,5 %
Socles radiants séparateurs
5
2,1 %
Autre
20
8,4 %
Indéterminé
24
10 %
De fait, la manière dont sont disposés ces cycles
témoigne d’une certaine “spatialisation symbolique”
de ces images liées au(x) temps (Marchesin 2015, p.
215). Les formes semi-circulaires et circulaires, au
pouvoir évocateur du fait de leur dimension cosmique, sont fréquentes dans l’iconographie du cycle du
Zodiaque et des Occupations des mois. “Le cercle
engendre la sphère, image cosmique déposée dans la
main de Dieu ou celle de l’Empereur ; il se manifeste
dans le schème omniprésent de la roue : perpétuel
retour, totalité spatio-temporelle du Zodiaque, roue
de Fortune, thème médiéval inépuisable offert aux
moralistes, aux écrivains, aux peintres et sculpteurs”
(Zumthor 1993, p. 23). Au-delà de la forme de la
composition, les rythmes du calendrier sont également mis en valeur par la répétition de certains motifs, souvent géométriques ou d’origine géométrique,
mais aussi de rinceaux, aussi bien dans les décors
monumentaux que dans les manuscrits. Ces ornements itératifs soulignent l’ordre, celui du cosmos
dont les rythmes sont mis en relation avec les rythmes de la vie humaine. Les médaillons circulaires
et les panneaux quadrangulaires sont les formes les
plus fréquemment utilisées pour mettre en ordre et
en réseau les signes et images du calendrier [Tableau
3]. Sur les voussures, les claveaux, mais aussi parfois
des socles disposés de manière rayonnante, compartimentent l’arc et soulignent ainsi l’organisation concentrique du portail.
64
tab 3.
Eléments
séparateurs dans
les cycles des
Occupations des
mois et/ou des
signes du Zodiaque
figurés dans le
décor ecclésial,
XIe-XIIIe siècles.
tab 3.
L’utilisation des médaillons est particulièrement intéressante. Le médaillon ou clipeus est une forme à
dimension cosmique héritée de l’Antiquité (L'Orange 1953; Musso 2000). À Vézelay, sur le portail central de l’avant-nef de la Madeleine (vers 1120-1130),
le double cycle du Zodiaque et des Occupations des
Mois est complété d’autres unités temporelles. On
trouve notamment les Saisons ou bien encore l’Ancienne année portée par la Nouvelle, tandis que les
Peuples de la Terre – et surtout des confins de la Terre – sont figurés en dessous [Fig. 13]. Cet ensemble
cosmologique soutient le thème de l’évangélisation
du monde créé. Sur la voussure dite du Calendrier,
les signes du ciel alternent avec les scènes mensuelles
terrestres. Le médaillon circulaire est le module de
cette mise en liste spatio-temporelle qui fait résonner ensemble différentes temporalités, polarisées par
l’éternité eschatologique. Dans le cycle des Occupations des mois, ce ne sont pas seulement des activités
agricoles qui sont données à voir. Ainsi, dans le médaillon du mois de décembre, le personnage attablé
tient dans sa main une coupe, allusion au calice eucharistique, de sorte que les rythmes liturgiques s’inscrivent dans les rythmes saisonniers et plus largement cosmiques [Fig. 14]. On retrouve cette même
figure et cette idée dans la verrière de Notre-Dame
de Chartres [Fig. 8, 15]. Les signes du Zodiaque et
les Occupations des mois sont disposés de manière
ascendante et géométrique dans des médaillons cirAngelique Ferrand
11.
Piacenza, San
Savino, crypte,
décor de pavement
en mosaïque, XIIe
siècle. (Photo ©
Ferrand, 2012).
12.
Tournus, SaintPhilibert, vestiges
du pavement du
déambulatoire, vers
1200. (Photo ©
Ferrand, 2017).
11.
culaires et des quadrilobes. Ce calendrier est dominé
par le Christ trônant sur un autel, tenant le Livre et
flanqué de l’alpha et de l’oméga. Cette iconographie
traduit visuellement la perspective eschatologique de
la liturgie. Dans le registre inférieur, à l’aide d’une
corde parallèle à l’axe vertical du cycle calendaire, un
moine sonne les cloches qui entrent en résonnance
avec les différentes temporalités ainsi réunies17.
Conclusion
À plusieurs niveaux et dès l’Antiquité se nouent autour du Zodiaque et des Occupations des mois un
ensemble d’imbrications sémantiques entre données
spatiales et temporelles. Repères dans les manuscrits
liturgiques dès le IXe siècle, signes du Zodiaque et
scènes mensuelles scandent le lieu ecclésial, depuis
l’arc du portail jusqu’à l’arc du chœur, en passant par
le décor du sol. Dans le même temps, ils entrent en
résonnance avec plusieurs temporalités, celle du tem-
→ Architettura, geometria e astronomia
12.
65
13.
poral, du sanctoral ou bien encore avec la “temporalité eschatologique” (Le Goff, 2011, p. 11). Les signes
du Zodiaque, en particulier, témoignent aussi d’une
perception symbolique de l’architecture ecclésiale
articulée à son modèle céleste et comme synthèse
cosmique. La figuration conjointe des signes du ciel
et des scènes mensuelles terrestres dans le décor ecclésial témoigne non seulement de la volonté de faire
coïncider rythmes liturgiques et rythmes cosmiques,
mais aussi de soutenir la conjonction entre terre et
ciel dans l’église. En filigrane de ces deux thèmes
iconographique se dessine l’articulation entre l’église terrestre et son modèle, la Jérusalem céleste, à la
fois comme allégorie de l’Église et comme principe
eschatologique (Christe 1996). Comme l’a souligné
Jean-Claude Schmitt, “dans les tympans romans
[…] comme dans les calendriers des manuscrits, la
présence du zodiaque rappelle et magnifie l’ordre cosmique de la Création” (Schmitt 2016, p. 278).
Note
1. Une dense bibliographie porte sur ces questions (Martin
1955 ; Bakhouche, Moreau et Turpin (éd.) 1996).
fresque, abside ouest du temple d'Hercule, règne de Commode (180-192), apothéose de Marc-Aurèle.
3. Sur ces questions, voir notamment les travaux d’Henri
Stern (Stern 1953 ; Stern 1955).
4. Conservé au Musée archéologique de Madrid.
2. Sabratha,
66
14.
13.
Vézelay, SainteMarie-Madeleine,
portail central de
l’avant-nef, vers
1120-1130. (Photo
© Ferrand, 2015).
14.
Vézelay, SainteMarie-Madeleine,
portail central de
l’avant-nef, vers
1120-1130, détail
de la voussure
du calendrier se
terminant avec le
mois de décembre
en bas, surmonté
du signe du
Capricorne et de
l’Ancienne Année
portée par la
Nouvelle (?). (Photo
© Ferrand, 2015).
Angelique Ferrand
15.
Chartres,
Notre-Dame,
déambulatoire sud,
baie n°28, verrière
28a, vers 12171220. (Cl. A.
Ferrand, 2015)
15.
5. Notons au passage les travaux portant sur l’analyse lexica-
le du vocabulaire touchant au “temps” chez Bède et plus
largement dans la Patrologie latine (Frigault Hamel 2018).
6. Bâle, Universitätsbibliothek, ms. F III 15a, fol. 23. Numérisé:
https://www.e-codices.ch/en/list/one/ubb/FIII-0015a (Obrist 2001).
7. Martyrologe de Wandalbert, Bibliothèque Vaticane, Reg.
Lat. 438, prov. Reichenau ou Saint-Gall (?), fin du IXe
siècle, fol 2r à 27v (Numérisé http://digi.vatlib.it/view/
MSS_Reg.lat.438 ).
→ Architettura, geometria e astronomia
8. Saint-Gall,
Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 250, fin du IXe
siècle. Numérisé: https://www.e-codices.ch/en/list/one/
csg/0250
9. Oxford, Bodleian Library, ms. Bodley 38 (S. C. 8849),
part. 2, fol. 19v-23v.
10. Aujourd’hui conservé au musée de Souvigny.
11. Psautier d’Utrecht, Utrecht, Universiteitsbibliotheek,
ms. 32, fol. 36, vers 820-835, prov. abbaye d’Hauvillers
(près de Reims). Numérisé < http://www.utrechtpsalter.
nl/#digital-edition>
67
12. Zénon
de Vérone, Tractatus XLIII, Ad Neophitos…VI, PL
XI, col. 492-496 ; Jean Scot Érigène, Carmina, IX, 100,
PL 122, col. 1238 ; Bède, De temporum ratione, XVI,
De signis duodecim mensium, Glossae. PL 90, col. 361.
(Ferrand 2017).
13. L’historiographie du sujet est marquée par les travaux
de Mane, Castiñeiras, Jullian et Le Luel (Mane 1983 ;
Jullian 1995 ; Castiñeiras 1996 ; Le Luel 2009).
14. Sur le rapport entre ces thèmes iconographiques et leur
localisation, voir aussi les travaux de Wittekind et Le
Luel (Wittekind 2013 ; Le Luel 2016).
15. Ap. 4, 1. (Klein 2002, p. 466).
16. Honorius Augustodunensis, Gemma Animae, PL 112,
col. 1023C.
17. Sur l’importance des cloches comme marqueurs sensibles du temps, voir les remarques de Schmitt (Schmitt
2016, p. 312-319).
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→ Architettura, geometria e astronomia
69
Il Logo del Gruppo
di ricerca sulla
pedagogia del cielo
del MCE (disegno
dell'autrice).
Abstract
Un approccio esperienziale
al cielo: gli Utotombo
della pedagogia del cielo
Il contributo presenta riflessioni e caratteristiche di modalità per avvicinare
e conoscere oggetti e fenomeni legati all’Astronomia, attraverso diversi linguaggi e codici espressivi. Tali lavori sono elaborati all’interno della ricerca in
didattica della Geometria e dell’Astronomia, con attenzione a ciò che favorisce e ciò che ostacola l’apprendimento.
Parole chiave
The paper presents reflections and characteristics of ways to approach and
learn about objects and phenomena related to Astronomy, through different
languages and codes of expression. These works are developed within the
framework of research in the didactics of Geometry and Astronomy, with a
focus on what aids and what hinders learning.
Pluralità di linguaggi
Didattica dell’Astronomia e della
Geometria
Osservazione diretta
Costruzione di monumenti e strumenti
Invenzioni
Nicoletta Lanciano
Sapienza Università di Roma
→
[email protected]
71
Introduzione
“Prima farò alcuna esperienza, avanti ch’io più oltre proceda, perché mia intenzione è allegare prima
la sperenzia e po' con la ragione dimostrare perché
tale sperenzia è constretta in tal modo ad operare; e
questa è la vera regola come li speculatori delli effetti
naturali hanno a procedere”1.
Anche in opere nate nell’ambito dell’insegnamento e della ricerca didattica della geometria e dell’astronomia “esiste un patrimonio culturale visibile e
intangibile, fortemente connesso all’evoluzione del
pensiero scientifico di carattere astronomico” come
è indicato nella presentazione della giornata di studi
Rappresentare il tempo. Inoltre, se è vero, cito ancora
dalla presentazione della giornata di studi, che anche
nell’azione didattica “la geometria e il disegno e più
in generale le costruzioni tridimensionali aiutano a
comprendere il movimento dei corpi celesti nello
spazio e a rappresentarli in terra”, anche altri mezzi
e altri codici espressivi, aiutano ad affrontare ostacoli, difficoltà ed errori e a mettere attenzione sulle
“buone idee, le domande e le trovate” prodotte da
insegnanti e studenti.
Mi occupo di didattica dell’Astronomia e della
Geometria, quindi di aspetti di comunicazione e
di insegnamento. Studio difficoltà e buone pratiche
di carattere cognitivo, epistemologico, sensoriale,
linguistico: le cerco nella storia della scienza e in
manufatti artistici e tecnologici, le metto in evidenza
nell’insegnamento e trovo che molto spesso non
sono affrontate in modo esplicito nei manuali. Per
questi motivi gli errori, le incertezze e le invenzioni
dei miei collaboratori ma anche di allievi, studenti
universitari e insegnanti in formazione, sono preziosi
indizi e materiale per la ricerca.
In Astronomia ciò che sappiamo non è direttamente
ciò che percepiamo guardando, e questa discrepanza
produce un “ostacolo inevitabile” (Sbaragli 2005, pp.
57-71), infatti neanche il nostro corpo percepisce la
rotazione della Terra! Costruiamo, con esperienze e
riflessioni, un modello mentale in cui convivono la
percezione e il linguaggio di una visione topocentrica locale in cui noi vediamo il Sole sorgere a oriente e
diciamo “il Sole sorge”, con la consapevolezza dell’utilità e della fondatezza di un modello eliocentrico
globale, in cui è la rotazione della Terra che produce
la visibilità del Sole ad oriente, e molto altro.
Ma sugli ostacoli che sono evitabili serve creatività,
fantasia, e più lingue, e più linguaggi, più codici semiotici sappiamo usare, più saremo in grado di proporre percorsi efficaci per aiutare a mettere in dialogo
e in accordo, ciò che vediamo con ciò che sappiamo,
ciò che vediamo da un certo punto sulla superficie
del pianeta e ciò che può essere visto considerando uno spazio più grande, in cui gli oggetti sono i
corpi celesti, la Terra, il Sole e la Luna, e poi oltre,
72
lo spazio cosmico. In questo percorso più discipline
prendiamo in considerazione, di quelle codificate e
separate nell’Accademia (ma tutto questo la natura
non lo sa, come possiamo dire parafrasando Faraday) più aiuteremo tanti, bambini e adulti con le loro
diverse modalità conoscitive, ad avvicinarsi davvero
alla comprensione di carattere spazio-temporale dei
fenomeni astronomici.
Scrive Oreste Brondo “in questa libertà di connettere, di mettere in comunicazione dinamica quelle
aree del conoscere e dell'esplorare che l'uomo per comodità ha suddiviso in discipline, consiste uno degli
sfondi integratori assai utili per esplorare e cercare
di decodificare il complesso di fenomeni che accade
intorno a noi”2.
Per fare ricerca su ciò che esplicito in seguito attraverso alcuni esempi, sono necessarie anche libertà di
pensiero e di azione, e per questo ho spesso cercato
un fuori luogo, un luogo protetto dove lavorare e ricercare, nelle attività del Movimento di Cooperazione Educativa e presso la Casa-laboratorio di Cenci,
in Umbria. Qui dai primi anni Ottanta abbiamo iniziato a tentare, inventare e poi trasferire i risultati
di queste ricerche esperienziali, per quanto possibile e con opportune modifiche, anche nelle strutture
universitarie, nelle scuole, nei parchi, nei musei, in
Italia e all’estero. Il corpo e il suo movimento sono
strumenti essenziali ed irrinunciabili in questo percorso, nella convinzione che, come sostenuto anche
da illustri matematici, senza movimento non si sarebbe potuta inventare la geometria. E il movimento
è indispensabile per capire la geometria: stare seduti
in un’aula non basta!
Scrive ancora Oreste Brondo che “il nostro lavoro
sulla percezione è ben descritto dalla frase di Wittgenstein che si trova sul suo testo Osservazioni
sui colori ‘si osserva per accorgersi di cosa non ci si
è accorti quando non si osservava’. Osservare non
è guardare, imparare a memoria e ripetere, quanto
piuttosto costruirsi degli strumenti di indagine che
ti permettano di guardare l'oggetto della tua attenzione da diversi punti di vista, cogliere aspetti e organizzare in una rete di relazioni ciò che appunto stai
osservando, capire ciò che guardi e questo lo puoi
fare in modo proficuo, se hai acquisito degli strumenti, alcuni dei quali fanno parte delle nostre naturali facoltà percettive e di ragionamento, mentre
altri ancora hanno a che fare specificatamente con la
cultura. L'arte ci dà degli strumenti che scopriamo,
in diversi casi, connessi profondamente con la scienza e la matematica”3.
In questo lavoro ci siamo subito resi conto che erano
necessarie delle invenzioni per sostenere attività di
osservazione diretta del cielo, con una modalità che
fosse efficace nel mantenere la connessione con la
natura, di giorno e di notte.
Per questo abbiamo inventato strumenti, monumenNicoletta Lanciano
ti che si fanno nel tempo di un dì o di una notte,
che si trasformano nel passare da una situazione ad
un’altra, da una scuola ad un parco, da un emisfero
della Terra ad un altro.
Nel costruire i nostri strumenti ci prendiamo cura
della bellezza degli oggetti, della loro solidità perché
possano essere usati e abitati nel tempo e in sicurezza, della loro correttezza rispetto a ciò su cui vogliamo lavorare e quindi siano di aiuto, e non di ostacolo
o disturbo, alla conoscenza percettiva ed esperienziale, e capaci di generare domande.
Nella ricerca ci siamo chiesti: perché di solito le persone, anche adulte, anche colte, nel nostro mondo
occidentale non capiscono perché il Sole non può
essere ogni giorno sopra le nostre teste, allo Zenit, a
mezzogiorno da noi in Italia, e perché non riescono
ad interrogarsi su alcuni fatti quotidiani come le fasi
della Luna? E perché credono a “orrori comunicativi” dei media e della rete, quali “il mese prossimo
Marte si vedrà grande come la Luna”?
La risposta è in parte legata al fatto che di questi
fenomeni non si può solo leggere sui libri, e guardare in supporti piatti ma per poterci ragionare serve mettere in connessione il mondo intorno a noi e
l’immagine che ci costruiamo dei suoi movimenti:
è necessario guardare nello spazio tridimensionale e
trovare modi di registrare ciò che si osserva per poter
fare previsioni e trovare conferme e smentite, ragionare con altri, arrivare a costruire modelli mentali e
strumenti concreti che chiariscono i vari tasselli di
un puzzle.
La nostra prospettiva è quindi multidisciplinare, e
include gli artigianati e la manualità.
Gli strumenti, le attività e le costruzioni presentati
in seguito sono ampiamente decritti con indicazioni
pedagogiche nel mio testo Strumenti per i giardini del
cielo, che ha la prefazione di Margherita Hack.
successive, che la memoria non riesce a trattenere
perché in cielo non ci sono riferimenti. Per questo
ho ideato un’attività che consiste nel seguire il Sole
nel cielo e nel materializzare le sue posizioni successive, osservate da un punto ben preciso dello spazio.
Recuperiamo in tal modo anche un’attenzione ad
aspetti simbolici legati alla luce e all’ombra. Ogni
ora circa piantiamo in terra una canna di bamboo
nella direzione del Sole. Le canne sono piantate su
un arco di cerchio del raggio di circa un metro con
centro in chi traguarda attraverso un occhiello posto su un paletto fissato in terra, proteggendosi gli
occhi con gli occhiali da eclisse. Attacchiamo poi
un piccolo “sole” nel punto della canna in cui dal
nostro occhiello, quel “sole” copre il Sole vero in
quell’istante e tendiamo un filo tra la canna e l’occhiello. La prima volta i fili li abbiamo legati ad un
grosso sasso, ma il nostro punto di vista era a terra ed era molto scomodo. Alla fine della giornata il
“monumento” ci restituisce il percorso del Sole sopra
l’orizzonte: i fili e la superficie, non sempre piana,
costituita da tutti i fili tesi materializzano angoli e
superfici coniche diverse, in relazione alla latitudine
e al periodo dell’anno solare [fig. 1].
1.
L’invenzione
delle canne di
bamboo per
seguire il percorso
osservato del Sole
in un giorno vicino
all’Equinozio di
Autunno (foto
dell'autrice).
1.
Le canne di bamboo: un’invenzione del 1983 per
registrare il percorso osservato del Sole
Quando ho iniziato, alla fine degli anni ’70, ad occuparmi di didattica dell’Astronomia, ho trovato che
tutti poggiavano gnomoni in terra, e osservavano le
ombre: per fare ciò voltavano le spalle al Sole e guardavano in terra. Questo comportava diversi problemi che si configuravano come difficoltà percettive
di carattere geometrico e fisico: guardare verso nord
invece che verso sud, guardare in basso invece che
in alto e non dichiarare il proprio sistema di riferimento per la descrizione dei cambiamenti osservati
nell’ombra.
Il nostro monumento al Sole nasce dalla necessità
di aiutare a registrare il percorso osservato (non uso
la parola apparente di proposito) del Sole, rispetto
all’orizzonte locale. Per realizzarlo lavoriamo se possibile dall’alba al tramonto. Il Sole non lascia tracce,
e non è possibile disegnare nel cielo le sue posizioni
→ Architettura, geometria e astronomia
73
Mettiamo così un’attenzione, supportata dalla concretezza del manufatto, sulle direzioni del sorgere e
tramontare del Sole in quel giorno, sull’altezza massima raggiunta dal Sole sopra l’orizzonte, sulla diversa
velocità dell’astro nel cambiare azimut e altezza nei
periodi del giorno vicini all’alba e al tramonto o intorno al mezzogiorno vero. Aver fatto questo lavoro
per una giornata dà corpo a tanti termini, riempie il
linguaggio di visioni, pone domande che permettono
di ipotizzare quali aspetti variano e quali risulteranno costanti anche in altre giornate dell’anno. Questo
strumento permette di cogliere la genesi dell’impianto geometrico degli orologi solari. È importante
sottolineare che le canne di bamboo, che suggeriamo
di utilizzare, sono assai facili da reperire, economiche
e facili da tagliare e possono essere anche piantate in
vasi da fiori. L’efficacia sul piano didattico di questo
strumento ha fatto sì che sia stato ripetuto e utilizzato in tante scuole, e anche in attività di divulgazione
scientifica presso alcuni Osservatori (Mizar) e sotto
forma di piccolo modello in esposizioni di materiali
didattici (Franco).
I fili sugli alberi: il disegno come modalità di conoscenza
Per aiutare a prestare attenzione in particolare all’allineamento tra il Sole, il raggio di luce che arriva
all’occhio di chi guarda, l’occhio stesso e l’estremo
dell’ombra dell’osservatore in terra, proponiamo di
legare un filo ad un ramo nella direzione del Sole e
fissarlo in terra passando vicino all’occhio di chi osserva. Ciò può essere utile anche in caso di difficoltà
nel piantare in terra le canne.
Il disegno è utilizzato in questo caso come modalità
per fissare l’esperienza stessa e i gesti fatti per incorporare le conoscenze, in una fase che è di consolidamento e aiuto per la memoria. Il disegno permette
di scegliere e riconoscere gli elementi essenziali di
una attività e portarla ad essere una esperienza conoscitiva: il disegno della figura [fig. 2], fatto da un
bambino durante un campo scuola, mostra gli elementi essenziali dell’allineamento a cui si è prestata
attenzione.Emergono in tal modo la cura e il senso
estetico che ciascuno mette nel lavoro e la differenza
tra il disegno e la fotografia, che pure è utilissima per
ripensare e, a volte, per scoprire qualcosa che ci era
sfuggito nel momento del fare, ma che in questo caso
potrebbe contenere elementi sovrabbondanti e di distrazione rispetto alla nostra riflessione. Ad esempio,
l’albero è disegnato come se fosse spoglio per permettere di vedere il Sole attraverso i rami.
che si può tradurre con “oggetto efficace costruito
con amore”. È questa parola che abbiamo scelto per
molti dei nostri strumenti-monumenti costruiti durante attività le educative.
Avevo ricevuto un racconto sui Daiacchi del Borneo
dall’amico archeoastronomo Giuliano Romano, nel
1992. Me lo aveva affidato certo che ne avrei tratto qualcosa di utile per l’insegnamento, per aiutare a
vedere qualcosa dei fenomeni celesti e per affrontare
ancora una volta, i problemi dati da una rappresentazione piana. Nell’osservazione notturna delle stelle la
sfida era quella di tradurre angoli e lunghezze lineari
… in suoni tra loro diversi e ordinati.
Nel tempo di una notte intera ho proposto la registrazione del passaggio in meridiano di alcune stelle
di magnitudine tale da poter essere certo riconoscibili da tutti. La nostra scelta è andata da Denebola,
stella del Leone, attraverso Alkaid, Arturo, Alioth,
Spica, Zuben Elghenubi, fino ad Antares stella dello Scorpione: ben quattro costellazioni dell’Eclittica erano passate in meridiano tra l’inizio e la fine
dell’osservazione, ad altezze assai diverse rispetto al
piano orizzontale [fig. 3].
Mi piace citare un testo, particolarmente caro, da
Memorie di Adriano di Marguerite Yourcenar: “Una
volta nella mia vita ho fatto di più: ho offerto il sacrificio di una notte intera alle costellazioni. Quella
notte mi tracciò i movimenti celesti con una precisione che nessuna osservazione parziale avrebbe mai
consentito di raggiungere”. È questa convinzione
che mi ha portato spesso a far osservare il cielo a
lungo, in situazioni residenziali, per avere il tempo
di veder sorgere e tramontare le costellazioni zodiacali in punti diversi dell’orizzonte, proprio come fa il
Sole quando è ospite in ciascuna di esse. E osservare
costellazioni circumpolari e dare corpo e senso a parole come sorgere e tramontare, e dare una fisionomia a ciascun punto di quel grande arco di orizzonte
locale orientale che va da nord a sud, passando per il
punto cardinale est.
2.
Disegno di
bambino.
2.
I nostri Utotombo: oggetti efficaci costruiti con
amore (Congo)
Durante la visita ad una mostra a Bruxelles negli
anni Ottanta, di oggetti di uso quotidiano, provenienti dal Congo, ho incontrato la parola Utotombo
74
Nicoletta Lanciano
3.
Lo schema grafico [fig. 4], del fenomeno osservato
è rigoroso ma freddo e difficile da leggere. I suoni
delle canne di ottone da noi prodotti, al tempo del
passaggio di ogni stella in meridiano, sono tra loro
diversi quando al mattino li ascoltiamo ad uno ad
uno: quelli più bassi, prodotti da canne lunghe per
le stelle che avevano attraversato il palo del meridiano in punti più alti del cielo si confrontavano con
i suoni più acuti delle stelle che avevano compiuto
un arco più piccolo, verso sud, e avevano raggiunto
un’altezza minore sull’orizzonte.
Nello schema grafico, O è l’occhio dell’osservatore
sdraiato lungo QO, QACR sono punti dell’asse terrestre verso la Stella Polare e sono nel piano meridiano, OC e OA indicano le direzioni delle linee visuali
verso due diverse stelle. L’angolo RQO è l’angolo
di latitudine del luogo di osservazione. I tubi corrispondono alle lunghezze CD e AB.
Se questo strumento è nato legato alla notte, è possibile costruirlo di giorno e registrare, ad esempio,
l’altezza del Sole di mezzogiorno, in diversi mesi
dell’anno, o della Luna in diverse fasi.
→ Architettura, geometria e astronomia
3.
Utotombo costruito
a Cenci nel 1992
per sentire i suoni
delle diverse
altezze angolari
delle stelle in
meridiano (foto
dell'autrice).
4.
Schema grafico
delle altezze
angolari meridiane
di diverse stelle
(elaborazione
grafica dell’autrice).
4.
75
La sdraio celeste: un’invenzione per guardare il
cielo nei casi limite
Emma Castelnuovo (Castelnuovo 1964) ci ha insegnato a ragionare in Geometria per “casi limite”
cioè estremi, ma anche con quei casi che, se studiati
e osservati, aiutano a capire un fenomeno in tutti gli
altri casi possibili. In Astronomia questo vuol dire ad
esempio pensare a che cosa succede al Sole nei giorni
dei Solstizi, oppure come si produce un fenomeno
astronomico ai poli e all’Equatore.
La Sdraio Celeste è uno strumento grande, da abitare
con la postura del corpo e con lo sguardo. La Sdraio
è formata da un piano inclinato rispetto al terreno, in
modo da risultare parallelo al piano dell’Equatore, su
cui è possibile sdraiarsi per guardare il cielo. Un asse
parallelo all’asse del mondo, e quindi perpendicolare
al piano della Sdraio e orientato sud-nord, la attraversa ed è puntato sulla stella Polare.
Stare sdraiati sulla Sdraio è come stare sdraiati in
terra al Polo Nord e avere la Stella Polare alta, al
proprio Zenit, ma è anche come stare in piedi all’Equatore e avere la Polare bassa sull’orizzonte.
Questa invenzione ci aiuta nella lettura di molti
manufatti astronomici, ad esempio per capire il funzionamento dell’orologio solare equatoriale, da cui
si genera, per proiezione, ogni altro tipo di orologio
solare. Anche in questo caso presento lo schema geometrico di riferimento [figg. 5, 6], un disegno che
si trova nei testi di gnomonica e che prende in considerazione la geometria dell’orologio solare equatoriale in relazione al piano orizzontale a una data
latitudine terrestre. Nella foto [fig. 7], al fianco di un
Mappamondo Parallelo "messo in posizione omotetica alla Terra" (Lanciano 2019), si vede una Sdraio
Celeste costruita per la latitudine di Francoforte nel
1992, quando fummo invitati alla Fiera del libro per
gestire laboratori di Astronomia all’aperto. Questo
monumento-strumento è stato realizzato ad esempio a Murcia in Spagna, nel piazzale di fronte al Museo de Ciencia y el Agua, come arredo fisso vicino
ad un grande Mappamondo Parallelo in pietra. Ho
spesso suggerito infatti di promuovere l’educazione
in Astronomia attraverso oggetti astronomici messi
in spazi pubblici con l’intento di attivare la capacità
di leggere gli strumenti che sono democraticamente
a disposizione di tutti sulle facciate dei palazzi, in
terra, nelle chiese e nelle piazze… in tante città.
5.
6.
5.
Schema geometrico
della costruzione
della Sdraio Celeste
(elaborazione
grafica dell’autrice).
6.
Schema di
Mitsumasa Anno
(Anno 1987) con un
piano parallelo al
piano equatoriale,
e il rispettivo asse
parallelo all’asse
della Terra, per
diverse latitudini,
lungo uno stesso
meridiano.
La stella a sette punte e i giorni della settimana:
l’invenzione di una danza
Perché a lunedì, giorno della Luna, segue martedì,
giorno di Marte e poi mercoledì, giorno di Mercurio...? Quale ordine in questo apparente dis-ordine?
In diverse culture antiche la Luna, con il suo ciclo,
aveva fornito una misura: il mese (da mensura) di
28 giorni, ossia 4 cicli di 7 giorni. Il giorno era poi
diviso in 24 ore. Ogni ora era “dedicata” a uno dei
76
7.
Foto della
Sdraio Celeste a
Francoforte (foto
dell'autrice).
7.
Nicoletta Lanciano
7 corpi planetari nell’ordine da Saturno, a Giove,
a Marte… e ogni giorno della settimana prendeva
il nome dal corpo celeste a cui era dedicata la sua
prima ora. Poiché le ore sono 24 e i giorni 7, per
cui si ha 24:7=3, con il resto di 3. Si ha così che nel
giorno in cui la prima ora è dedicata alla Luna (ed è
lunedì) anche l’ottava, la quindicesima e la ventiduesima ora sono dedicate alla Luna; quindi, la ventitreesima ora è dedicata a Saturno, la ventiquattresima
a Giove e, per continuare il ciclo, la prima ora del
giorno successivo è dedicata a Marte (ed è quindi
martedì). Poi, con lo stesso procedimento, la prima
ora del giorno successivo è dedicata a Mercurio (ed è
mercoledì), poi a Giove (ed è giovedì), poi a Venere
(venerdì), poi a Saturno (ed è sabato, Saturday), poi
al Sole (ed è domenica, Sunday). Unendo tra loro in
questo nuovo ordine i 7 corpi celesti mobili si ottiene una stella a 7 punte che nasce dallo specchiarsi
nello spazio di un’organizzazione del tempo. Nella
nostra rielaborazione, a partire da uno schema grafico [fig. 8], che si trova spesso nei testi che trattano di
storia dell’organizzazione del tempo, in cui il ritmo
dei giorni della settimana si vede nella stella a sette
punte, lo abbiamo tradotto in un movimento nello
spazio, attraverso l’invenzione di una danza. In terra,
su un cerchio, vengono collocati nell’ordine corretto
i nomi dei 7 dei planetari o dei 7 giorni della settimana. Un danzatore percorre il cammino da lunedì a
martedì… percorrendo il tracciato della stella fino a
tornare al suo posto. Entra poi un secondo danzatore
che inizia da martedì e così fino a 7 danzatori che si
muovono con lo stesso ritmo. Questa azione scenica
comporta la ricerca di un ritmo adatto ad accompagnare il movimento sincrono dei partecipanti, in
un lavoro giocoso e integrato di astronomia, ritmo
e movimento.
La pluralità dei linguaggi usati, dallo schema grafico,
alla tabella con i dati numerici relativi ai pianeti, ai
calcoli con i numeri 24 e 7 portano ad entrare a fondo nel ritmo e nel senso della stella a 7 punte.
È questo tipo di lavoro del cimentarsi con la costruzione artigianale che ci rende capaci di una lettura
più attenta dei manufatti e ci ha portato ad evidenziare un errore, probabilmente dell’artigiano, proprio
nella lettura di un manufatto astronomico: la tabella
Planetaria di Palazzo Spada a Roma [fig. 9], in cui
il ritmo non è del tutto trasparente e nel giorno di
mercoledì vi è un errore (Lanciano 2018).
Siamo peraltro convinti che l’insegnamento, per
essere efficace, ha bisogno di suggerimenti legati al
corpo e di sguardi e parole suggerite da altre scienze
e da altre arti, che aiutano a raffigurare ma anche che
siano capaci di generare nuove descrizioni [fig. 10].
8.
Schema della
stella dei giorni
della settimana
(elaborazione
grafica dell’autrice).
9.
Foto della Tabella
Planetaria di
Palazzo Spada
a Roma (foto
dell'autrice).
10.
Foto della
realizzazione della
stella a sette punte
nel giardino di una
scuola a Roma (foto
dell'autrice).
Leggere e tra-scrivere Galileo in diversi linguaggi
Mostro, infine, alcuni esempi del nostro costruire
modelli come modalità di lettura approfondita di
un testo che in questo caso è il Sidereus Nuncius di
9.
8.
10.
→ Architettura, geometria e astronomia
77
Galileo, scritto nel 1610 e da noi “tradotto” in oggetti dinamici nell’Anno Mondiale dell’Astronomia, a
400 anni da quelle prime osservazioni astronomiche
realizzate con il telescopio. La questione percettiva
che sta dietro la scelta di costruire i modelli delle
osservazioni che Galileo descrive, quando possibile
rispettando le proporzioni tra le parti, ha origine
dal dato percettivo problematico che noi vediamo
il cielo come una superficie piatta, la volta celeste,
e anche il Sole e la Luna e i pianeti, che sappiamo
essere sferici, li vediamo come dischi bidimensionali, e ne produciamo e vediamo disegni e foto con 2
dimensioni: il passaggio al modello in 3 dimensioni
ci permette una modalità di lettura di un testo che
restituisce tridimensionalità e forma corretta agli oggetti, ai movimenti reciproci, alle questioni di scala
nello spazio e ai fenomeni nel tempo.
In particolare, rispetto alle osservazioni di Saturno
le ipotesi e le questioni poste, e non risolte, da Galileo si trovano in lettere che l’astronomo scrisse a vari
amici, e nei suoi disegni. Ma furono i suoi allievi,
riuniti nell’Accademia del Cimento a Firenze, il cui
motto era «provando e riprovando», che trovarono
una risposta alla questione della forma di Saturno
che salvava tutte le apparenze e dava una spiegazione
organica a ciò che da Terra era possibile vedere al
passare dei mesi: arrivarono alla forma sferica circondata da un anello piatto, anche attraverso la costruzione di un modello tridimensionale e dinamico
[figg. 11a-d], che osservarono ad una distanza sufficiente per vedere gli anelli inclinati in vario modo,
fino a scomparire in un segmento [fig. 11c].
La bellezza del percorso di Galileo astronomo cosciente dell’essere il primo a vedere cose nuove nei
cieli, la sua ricchezza di novità per la storia della
scienza – i monti della Luna, i satelliti di Giove, gli
anelli di Saturno – ci ha portato a tradurre la sintesi delle scoperte galileiane in un canto, mescolando
ancora una volta i linguaggi dell’arte a quelli dell’artigianato, della geometria, e dell’osservazione celeste.
Peraltro, Galileo ci è maestro nell’uso di una pluralità
di codici: mentre osservava, stimava distanze relative e
proporzioni, dettava ciò che vedeva al suo amanuense,
disegnava… e nel suo nominare cose mai viste prima
da alcun umano, faceva ricorso anche al linguaggio dei
miti. E ben conosceva il mito che vuole il dio Saturno,
feroce nell’ingoiare i suoi figli, quando Dite li partoriva, perché un vaticinio gli aveva predetto che uno di
loro lo avrebbe spodestato, e così fu. Ecco che il pianeta sferico gli appariva a volte con due macchie scure e
poi due macchie chiare ai lati, che, dopo aver scoperto i satelliti di Giove, gli fecero pensare a due satelliti
(le macchie chiare) oppure a due satelliti chiari e due
scuri, e questo accadeva quando gli anelli erano molto
inclinati sull’orbita vista dalla Terra. Poi i satelliti sembravano scomparire, quando gli anelli erano visti di
taglio: sembrava proprio che il dio ingoiasse i suoi figli!
78
11a-d.
Diverse
configurazioni
viste dalla Terra di
Saturno con i suoi
anelli in un modello
in scala (foto
dell'autrice).
11a.
11b.
11c.
11d.
Nicoletta Lanciano
Conclusioni
Bibliografia
Gli strumenti e i modelli che ho scelto di presentare
in questo testo sono una parte dei tanti, che abbiamo
ideato e usato in modo efficace dagli anni ’80 ad oggi
e che continuiamo a trasformare nella ricerca e nella
pratica della cooperazione educativa.
In gran parte sono nati all’aperto, spesso in natura
e non solo di giorno. Sono stati inventati attraverso
l’osservazione diretta del cielo, dallo studio di questo, e dall’ascolto delle difficoltà e delle "trovate" di
molti.
Non sono oggetti ideati solo a tavolino e bloccati in
una forma definitiva, ma hanno una storia che si è
arricchita degli scambi tra educatrici e educatori che
condividono manualità, dialoghi, letture di libri, conoscenze, canti, valori educativi, Maestre e Maestri,
viaggi in altri paesi e lingue diverse.
Sono il precipitato di tutto questo e tutto questo aiuta e permette di liberare la fantasia e il senso estetico
e permette di liberarsi dai confini delle discipline,
delle aule scolastiche e del tempo diurno e di incontrare lo spazio tra terra e cielo.
Dentro i nostri Utotombo c’è tutto questo.
Brondo O. (2021). Saggio non pubblicato.
Note
1.
2.
3.
Leonardo da Vinci nel Ms E, folio 55 r.
Estratto da un saggio non pubblicato di Oreste Brondo,
2021.
Idem.
→ Architettura, geometria e astronomia
Castelnuovo E. (1964). Didattica della matematica. Firenze:
La Nuova Italia.
Lanciano N. (2019). Strumenti per i giardini del cielo, IV
Edizione. Triste: Asterios Editore.
Lanciano N. (2018). In luna, stellis et sole – Guida alla scoperta dell’Astronomia a Roma in dodici itinerari. Napoli:
Apeiron Edizioni.
Lanciano N., Morellato J. (2010). Il regolo lunare di Palazzo
Spada, Roma. Indagine su un errore. Atti del X Convegno SIA di Archeoastronomia. Trinitapoli (BT, Puglia),
22 - 23 ottobre 2010, pp. 187-198. Reggio Calabria: Città
del Sole Edizioni.
Lanciano N. (2013). L’ordine geometrico del tempo: Emmanuel Maignan e le sue meridiane a Roma. In De Rosa
A. (a cura di). Jean François Nicéron. Prospettiva catottrica
e magia artificiale, pp. 195-210. Roma: Aracne Editrice.
Lanciano N. (2014). Le osservazioni astronomiche di Galileo. In Giannetto C., Ricciardo S., Antonello E., Mazzoni M. (a cura di). Cielo e terra – fisica e astronomia un
antico legame. Atti del IX Convegno della Società Italiana
di Archeoastronomia a Firenze, settembre 2009, pp. 5565. Roma: Aracne Editrice.
Sbaragli S. (2005). Misconcezioni “inevitabili” e misconcezioni “evitabili”. In La matematica e la sua didattica, 1, pp.
57-71.
Mitsumasa A. (1987). La Terre est un cadran solaire. Parigi:
L’école des Loisirs.
79
Dettaglio del
Mosaico di
Alessandro, Museo
Archeologico
Nazionale di Napoli.
Foto di proprietà
del Museo
Archeologico
Nazionale di Napoli.
Abstract
Il tempo astronomico
e l'impresa eterna
nel Mosaico di Alessandro
Ben poco delle conquiste dell’arte nel mondo antico sarebbe stato possibile
senza una corretta conoscenza scientifica e una padronanza delle tecnologie. Il contributo intende mostrare una innovativa lettura delle geometrie
luminose rappresentate attraverso le ombre nel celebre Mosaico di Alessandro,
grazie alle quali è stato possibile avanzare nuove ipotesi sul tempo e sul luogo
preciso della battaglia di Gaugamela.
Parole chiave
So little of the art achievements in the ancient world would have been possible without proper scientific knowledge and control of technology. The paper
aims to show an innovative reading of the light-based geometries represented through shadows in the famous Mosaico di Alessandro, through which
new hypotheses about the precise time and place of the Battle of Gaugamela
could be advanced.
Geometrie luminose
Arte
Tecnologia
Misurazione del tempo
Tempo eterno
Paolo Giulierini
Direttore
Museo Archeologico Nazionale di Napoli
→
[email protected]
81
L'avvento della tecnologia al Mann
Scienza ed arte sono separate nel mondo museale
italiano quasi ab origine. È banale invece ricordare
come ben poco delle conquiste dell’arte del mondo antico sarebbe stato possibile senza una corretta padronanza delle tecnologie. Nel caso del Mann
i reperti tecnologici provenienti da Pompei hanno
accelerato sempre di più tale processo di ricongiungimento dei due mondi perché, caso unico insieme
al mondo egizio, rinvenuti in gran numero e con un
ottimo stato di conservazione. Spesso il mondo antico non ci ha restituito tali categorie di materiali
oppure, nel migliore dei casi, gli studiosi moderni li
hanno tenuti in disparte in oscuri depositi, rispetto
ai più empatici e comunicativi oggetti d’arte, quasi a
significarne l’estraneità dai classici temi dell’antico.
Ne è conseguito, per il grande pubblico, un’idea falsa della società passata, come se fosse popolata unicamente da artisti e filosofi. In realtà già Amedeo
Maiuri intorno agli anni Trenta del Novecento ebbe
la felice intuizione di dar vita ad una Sezione Tecnologica nel Braccio Nuovo del Museo, poi dismessa,
nella quale si contemplavano tanti settori delle scienze e delle discipline applicate (dall’idraulica, all’agricoltura, all’astronomia). Oggi il Mann, cosciente che
la società antica non può essere raccontata senza ristabilire tale connubio, che la rende, tra l’altro, molto
più vicina a quella attuale, ha avviato, da una parte,
il progetto di rinnovo, riallestimento e ammodernamento di quella che fu la dismessa sezione tecnologica, affidandosi ad una collaborazione con il Museo
Galileo Galilei, che già lavorò alla mostra “Homo
Faber. Natura, scienza e tecnica a Pompei”1; in tale ambito saranno presentate l’astronomia, l’agricoltura, le
tecniche di agrimensura e molto altro; dall’altra, nel
frattempo, ha intrapreso un percorso di mediazione
culturale, tramite mostre, eventi, convegni, per condividere tali argomenti con la propria comunità; tra
le attività più significative citiamo la mostra “Le ore
del sole”, dedicata al funzionamento delle meridiane
di Pompei organizzata con la consulenza scientifica
della prof.ssa Alessandra Pagliano, con relativo catalogo, del 2018; la successiva ristampa del volume
nel 2022, aggiornata in forma monografica2; i molti
progetti scientifici tesi a dare un’idea completa del
mondo antico, come Mann in colours, dedicato alla
restituzione delle cromie originali delle statue. Nel
tempo molte sono state le mostre dedicate alla tecnologia antica romana, organizzate dal Mann all’estero o i prestiti dello stesso museo per esposizioni
di contenuto affine, come quella di recente svoltasi
ad Agrigento, dal suggestivo titolo “Costruire per gli
dei. Come nacque la valle dei templi”. Ma sull’argomento si può andare oltre. Il senso dell’intervento di
1.
Mosaico di
Alessandro, Museo
Archeologico
Nazionale di
Napoli. Recente è
l'identificazione del
luogo di battaglia.
Foto del Museo
Archeologico
Nazionale di Napoli.
2.
Mosaico di
Alessandro. Lo
schema evidenzia
l'altezza del Sole
dedotta dall'ombra
della lancia e
dal chiaroscuro
del cavallo
(elaborazione
grafica dell'autore).
1.
82
Paolo Giulierini
2.
oggi è, infatti, quello di dimostrare come si possano
riscontrare, anche in un’opera d’arte, tematiche che
riguardino aspetti di natura scientifica e tecnologica,
nel caso specifico, quello della misurazione puntuale
del tempo, che si affianchino ad argomenti più classici come il tempo eterno. L’opera in questione è il
celebre Mosaico di Alessandro [fig. 1], rinvenuto nella
Casa del Fauno di Pompei nel 1831 e conservato al
Mann fin dal 1843, datato intorno al 100 a.C., attualmente sottoposto ad un intervento di restauro.
Il contesto storico del quadro e della battaglia di
Gaugamela
Secondo le più recenti interpretazioni il mosaico della
battaglia di Alessandro, potrebbe essere una copia di
un celebre dipinto di Apelle, uno degli artisti di corte
del re macedone, del IV secolo a.C., rappresentante
la battaglia di Gaugamela, avvenuta ad est dell’attuale Mosul, svoltasi il 1 ottobre del 331 a.C., le cui fonti
sono le opere di Arriano (Anabasi di Alessandro) e di
Quinto Curzio Rufo (Storie di Alessandro Magno) e,
in misura minore, Diodoro Siculo (Biblioteca Storica)
e Plutarco (Vita di Alessandro), tutti posteriori e dipendenti da fonti coeve, a partire dagli scritti di Nearco, Tolomeo, Aristobulo (Moreno, 2000). Attraverso l’impiego di circa un milione e mezzo di tessere,
nella tecnica dell’ opus vermiculatum3, si rappresenta
la scena saliente della battaglia quando Alessandro
Magno, a sinistra del mosaico, in groppa a Bucefalo,
carica centralmente il Re Dario III di Persia, ubicato nel carro reale accanto all’auriga e circondato
dalle sue guardie del corpo. Il re è rappresentato con
lo sguardo palesemente impaurito, mentre l’auriga
compie il gesto di spronare i cavalli che determinano
→ Architettura, geometria e astronomia
una brusca virata del carro. Un guerriero indiano si
frappone tra il re macedone e Dario ricevendo un
colpo mortale dalla lancia di Alessandro che, per
l’urto, vede il suo elmo sbalzato e caduto a terra.
I colori, pur se fondamentalmente solo quattro, appaiono molto attenuati, quasi a significare l’intento
dell’artista di rievocare la grande nube di polvere alzata dagli eserciti nella piana, di cui fanno menzione
gli storici. Sullo sfondo si nota un albero secco. Le
lance e l'affollamento di uomini e cavalli evocano
il frastuono della battaglia. Lo schema avrà grande
fortuna, pur se non in un processo di continuità: basti pensare ai celebri dipinti di Paolo Uccello o a La
Lanzas di Velásquez.
La scena, la luce e il paesaggio: dal tempo momentaneo all’eternità
La scena prende spazio dalle armi perdute e in primo piano cui corrispondono contro luce i rami contorti dell’albero e l’affollamento delle lance e dello
stendardo. L’albero, secondo alcuni, sarebbe quello
che, oltre 1500 anni dopo, sarebbe stato descritto
nel Milione di Marco Polo4, un relitto vegetale segnacolo della contesa finale per la conquista dell’Asia; forse un platano, noto come "l’albero solo", per
i Cristiani "l’albero secco", isolato per molte miglia.
La piana di Gaugamela, secondo le fonti, era stata
rasa e pianeggiata per poter permettere di lanciare
i carri falcati persiani; l’albero sarebbe stato lasciato per segnalazione e peraltro non senza significato:
il “platano d’oro” infatti era un prezioso ornamento
della corte achemenide, simbolo dei nemici dei Greci. Cinquanta personaggi sono rappresentati nella
scena, tutti con colori attenuati probabilmente per
83
3.
3.
Mosaico di
Alessandro,
particolare
dell'ombra della
ruota proiettata
sul carro. Foto
del Museo
Archeologico
Nazionale di Napoli.
4.
Ipotesi ricostruttiva
del dipinto originale
tratta da un
quadro moderno
conservato al
MANN. Foto
del Museo
Archeologico
Nazionale di Napoli.
4.
84
Paolo Giulierini
ricordare, come già detto, l’enorme nube di polvere
sollevata dai combattenti ed esplicitata dalle fonti.
La luce del Sole viene dall’alto, a sinistra di colui che guarda, di tre quarti alle spalle degli attaccanti (gli opposti allineamenti a Gaugamela erano
disposti da nord a sud; i Macedoni muovevano da
Occidente contro i Persiani, attestati a Oriente).
Alessandro, come noto, riuscirà a sfondare in obliquo
il fronte nemico, puntando Dario in direzione nord
est. La galoppata trasversa avrebbe visto l’illuminazione del Sole sui Macedoni in carica. L’altezza del
Sole si deduce dall'ombra della lancia spezzata in
basso a destra o dal chiaroscuro del cavallo scorciato
di tergo [fig. 2]. Sulla fiancata del carro cade l’ombra della ruota [fig. 3]. Apelle, almeno nel dipinto
originale (difficile affermare quanto i cartoni successivi che hanno ispirato il nostro mosaico si discostino dall’opera primigenia)5 [fig. 4], cerca presumibilmente di rappresentare l’ora pomeridiana: quella
che, secondo le fonti, vede la cavalleria di Alessandro
combattere a lungo contro la cavalleria nemica fino a
sfondare e raggiungere addirittura la strada per Arbela. Nell’opera pittorica del IV secolo a.C., imitata
comunque mirabilmente nel mosaico pompeiano,
l’artista fissa, attraverso le gesta dei personaggi e i
chiaroscuri, il tempo momentaneo propizio, il kairòs,
che porta alla vittoria il condottiero macedone. Non
solo: il momento descritto dall’opera dell’artista è,
anche e soprattutto, storico, essendo collocato nello
spazio e nel tempo, attraverso anche una tecnica filologica di riproduzione dell’episodio in sé ma anche
delle vesti, delle armi dei personaggi che costituisce
un unicum. Chi ha realizzato il capolavoro ha realmente visto quel genere di milizie o ha avuto informazioni di prima mano. È ben chiaro, tuttavia, che
nel momento in cui si compie un’impresa del genere,
a seguito della quale il potere in Asia si sposta, per la
prima volta, dalla parte persiana a quella greca, si entri in una nuova dimensione del tempo: questo non
è più misurabile puntualmente perché siamo oramai
nella dimensione dell’eterno. E, forse, secondo alcuni (Tuccinardi 2015), l’albero stesso può assumere
un nuovo significato: non solo di riferimento storico-topografico ma di allegoria del limite che è superato da un’impresa umana che intende quasi assestarsi al rango di divina, compiendo alla fine un atto
di hybris: un’orgogliosa tracotanza che porta l’uomo
a paragonarsi agli dei e, conseguentemente, subirne la vendetta (così da molti sarà letta la successiva
dipartita a Babilonia di Alessandro Magno, morto
a Babilonia il 10 o l’11 giugno del 323 a.C., a soli
33 anni. Anche attraverso l’arte, in definitiva, si può
tornare al mondo della tecnologia: in questo caso sia
attraverso la più classica descrizione degli apparati
militari sia approfondendo la rappresentazione della
luce per suggerire il momento cruciale che, tramite
una vittoria strepitosa fa passare dall’ora specifica ad
→ Architettura, geometria e astronomia
un’aura di interminabile e perenne gloria, dove l’unità di misura non è più fornita dagli strumenti tecnici
ma dal genio del pittore e dalla poesia degli scrittori.
Nella vittoria di Alessandro, che fa cadere un impero secolare come quello persiano, si celebra anche
un tempo eterno: quello della gloria del detentore
di un nuovo impero che va dalla Grecia all’Egitto
fino all’India. L’arte del mosaico, che dipende però
con tutta probabilità da un quadro (se ne ravvede anche la cornice riprodotta con le tessere), ci consente
dunque di contemplare due tipologie di tempo: una,
misurabile attraverso una serie di espedienti artistici
(utilizzo della luce) e tecnici (utilizzo della geometria e della profondità); l’altro, non misurabile, che
attiene la sfera dell’eternità per chi, come il macedone, supera i confini umani.
Note
1. Per
approfondimenti sulla mostra organizzata in collaborazione con il Museo Galileo Galilei di Firenze si veda
(Ciarallo, de Carolis 1999).
2. Per approfondimenti sulla mostra organizzata in collaborazione con la professoressa Alessandra Pagliano si
veda (Pagliano 2022).
3. Tipologia di mosaico antico di probabile invenzione alessandrina, caratterizzato da piccole tessere che, disposte
in maniera asimmetrica, seguono il contorno delle immagini. Le tessere impiegate, di forma e colori diversi,
possono avere dimensioni che variano dai 4 mm fino ad
un solo millimetro. Il nome vermiculatum deriva dal latino vermiculus, vermicello, in riferimento alla sottigliezza
e anche alla forma a volte ondulata della linea di contorno che caratterizzava questo tipo di mosaico.
4. Cfr. (Polo, Ciccuto 2003, pp. 4-7).
5. La presenza di diversi cartoni del dipinto originale si deduce anche dalla discreta diffusione di parti della scena
principale su ceramica, rilievi, urnette etrusche, come
ad esempio quelle provenienti dall’ipogeo dei Volumnii
di Perugia.
Bibliografia
Ciarallo A., de Carolis E. (a cura di). (1999). Homo Faber.
Natura, scienza e tecnica nell’antica Pompei. Roma: Electa.
Moreno P. (2000). Apelle. La battaglia di Alessandro. Milano:
Skira.
Pagliano A. (2022). Le ore del Sole. Geometria e astronomia
negli antichi orologi solari romani. Napoli: Editori Paparo.
Polo M., Ciccuto M. (a cura di). (2003). Il Milione. Milano:
Rizzoli.
Tuccinardi M. (2015). L’albero secco nel mosaico pompeiano
di Alessandro Magno. In La Rivista di Engramma, 2015,
pp. 11-55.
85
C. Clavius, Fabrica
et usus instrumenti
ad horologiorum
descriptionem,
Roma 1586, p.
8: strumento per
il disegno degli
orologi solari.
Abstract
Heliographia mechanica:
gli strumenti della gnomonica
Lo spazio dedicato all'invenzione degli strumenti nei trattati tecnico-matematici della prima età moderna è sintomatico di un interesse che mostra due
aspetti fondamentali della ricerca scientifica: da un lato la soluzione pratica
di problemi geometrici e meccanici, dall'altro la necessità di dimostrare materialmente la verità dei concetti teorici. Questo articolo intende analizzare
alcuni di questi strumenti per la misurazione e la rappresentazione del mondo
visibile al fine di descriverne le operazioni, evidenziando al tempo stesso quei
principi geometrici o meccanici che caratterizzano tali strumenti come utili
modelli esplicativi dei concetti teorici che regolano il disegno delle meridiane.
Parole chiave
The space dedicated to the invention of tools in the technical and mathematical treatises of the early modern age is symptomatic of an interest that shows
two fundamental aspects of scientific research: on the one hand the practical
solution of geometric and mechanical problems, on the other the need to
experimentally prove the validity of theoretical concepts. This paper intends
to analyze some of these tools for the measurement and representation of the
visible world in order to describe their operations, highlighting at the same
time those geometric or mechanical principles characterizing them as useful
models to explain the theoretical concepts that govern the drawing of sundials.
Gnomonica
Astronomia
Geometria
Strumenti scientifici
Misura del tempo
Filippo Camerota
Direttore Scientifico
Museo Galileo di Firenze
→
[email protected]
87
La letteratura tecnica dell’età moderna è costellata
di invenzioni, spesso originalissime, di strumenti per
la misura e la rappresentazione del mondo visibile.
Interi capitoli, spesso interi trattati, sono dedicati a
quei prodotti dell’ingegno che oggi usiamo raccogliere sotto la denominazione generale di strumenti scientifici. Lo scopo primario di tali invenzioni è
l’applicazione pratica ma la caratteristica intrinseca
che le contraddistingue come espressioni materiali
dei principi geometrici o meccanici che ne guidano
il funzionamento ha reso talvolta gli strumenti anche utili modelli esplicativi dei concetti teorici. È il
caso, ad esempio, del celebre “sportello” di Albrecht
Dürer, uno strumento prospettico che il cosmografo Egnazio Danti descrisse nei suoi commentari alla
Prospettiva pratica del Vignola solo per dimostrare
il principio geometrico di intersezione della piramide visiva (Barozzi da Vignola 1583, p. 55). In alcuni
casi gli strumenti si configurano perfino come rappresentazioni tridimensionali dell’oggetto stesso che
sono chiamati a misurare e a rappresentare. Tali sono
i compassi per sezioni coniche che nella loro operazione simulano la superficie di un cono sezionato da
un piano (il foglio da disegno). Ma questo è anche
il caso degli strumenti della gnomonica che racchiudono nei loro componenti i circoli principali della
sfera celeste, talvolta senza discostarsi dal modello
geometrico di riferimento.
Lo strumento più eloquente in questo senso fu descritto da Daniele Barbaro nel suo trattato di prospettiva dove ampio spazio è dedicato alla proiezione
piana della sfera celeste come rappresentazione del
cielo (Barbaro 1568, pp. 187-190). Barbaro lo riteneva particolarmente bello “perché rappresenta la sfera”
e perché, oltre a consentire il disegno degli orologi
solari per ogni latitudine, è esso stesso un orologio
[fig. 1]. Nello specifico lo strumento è parte di un
orologio meccanico in forma di globo terrestre e
celeste diffuso fin dai primi del Cinquecento. Il più
noto di questi strumenti è il cosiddetto globo Jagellonico dell’università di Cracovia, costruito forse in
Francia verso il 1510. Ma l’esemplare noto a Barbaro
era forse quello oggi conservato al Museo Correr di
Venezia che, a differenza del precedente, presenta la
sfera delle stelle fisse secondo il modello iconografico disegnato da Albrecht Dürer [fig. 2]. In entrambi i casi, il meccanismo di orologeria è contenuto
all’interno del globo terrestre e tramite l’asse mette
in movimento un indice che compie un giro completo ogni ventiquattro ore. Le ore sono indicate da
ventiquattro archi di meridiano saldati ai due circoli
tropicali in una sfera essenziale che avvolge l’intero
strumento. Quest’ultima sfera è quella che Barbaro
prende a modello per lo strumento da lui chiamato
“Horario universale”.
Per disegnare un orologio solare bisognava inclinare
la sfera secondo la latitudine del luogo e proiettare
88
1.
D. Barbaro, La
pratica della
perspettiva, Venezia
1568, IX, I-II, pp.
187-190: “Horario
universale”.
2.
Anonimo, Globo
celeste e terrestre
meccanico, XVI
secolo, Venezia,
Museo Correr, Cl.
XXIX, 31.
1.
2.
Filippo Camerota
gli archi orari sul foglio da disegno, traguardandoli ciascuno dall’arco opposto. Dalle divisioni orarie
sul tropico del Cancro si proiettavano quelle opposte
sul tropico del Capricorno, e viceversa. Tutti i raggi
visivi, o in alternativa dei fili di seta, passavano per
il centro della sfera sfiorando la punta di uno stilo
infisso in uno dei poli. Il disegno risultante avrebbe
mostrato una serie di linee rette convergenti le cui
estremità indicavano il tracciato delle curve iperboliche raffiguranti i tropici del Cancro e del Capricorno, ovvero i limiti settentrionale e meridionale del
corso annuo del Sole.
Il disegno poteva essere eseguito senza tenere conto delle reali dimensioni dell’orologio solare perché
un ingegnoso procedimento ideato dal matematico
milanese Giovanni Battista Vimercato consentiva di
ingrandirlo o ridurlo alla grandezza desiderata (Vimercato 1565, II, II, pp. 117-125). Il procedimento,
che Barbaro descrive nella stessa sezione del trattato,
consisteva nell’uso di due gnomoni, uno commisurato alla grandezza del disegno già eseguito, l’altro
proporzionalmente più grande o più piccolo, per eseguire la riproduzione alla grandezza desiderata (Barbaro 1568, p. 193). Entrambi gli gnomoni, il disegno
da copiare e un foglio bianco venivano posti su un
tavolo basculante esposto al Sole. Muovendo il tavolo, l’ombra del primo gnomone andava a via via a
toccare i punti significativi del disegno, mentre quella
del secondo ne indicava la posizione corrispondente
sul foglio bianco. Come dimostra un disegno di Giulio Parigi che documenta la presenza dello strumento
nella bottega di Buontalenti [fig. 3], il procedimento
consentiva facilmente di disegnare anche un orologio
emisferico a partire da uno piano, oppure più genericamente di ingrandire qualsiasi disegno di architettura civile o militare (Parigi ca. 1600, c. 247r).
Vimercato aveva descritto il procedimento nel Dialogo degli horologi solari (Vimercato 1565, I, XII, pp.
52-56) dove troviamo anche la prima descrizione del
trigono dei segni che l’autore chiama “raggidico solare” [fig. 4]. Questa figura contiene le linee di proiezione delle intersezioni tra il coluro solstiziale e i paralleli
passanti per i segni zodiacali, ed è uno degli elementi
fondamentali degli strumenti diffusi nel Cinquecento
per disegnare gli orologi solari. La troviamo, ad esempio, negli strumenti di Pietro Apiano, Oronce Finé
e Crisotoforo Clavio, sempre in combinazione con il
disco equinoziale che, grazie alla divisione oraria, ne
guida la rotazione intorno all’asse celeste [fig. 5].
3.
G. Parigi, Taccuino
di arte militare,
Washington,
Library of Congress,
Rosenwald
Collection, c. 247r:
procedimento di
G.B. Vimercato per
la riproduzione dei
disegni.
4.
G.B. Vimercato,
Dialogo […] de gli
horologi solari,
Venezia 1566,
cap. XII, p. 42: il
“raggidico solare” o
trigono dei segni.
5.
C. Clavius, Fabrica
et usus instrumenti
ad horologiorum
descriptionem,
Roma 1586, p.
10: strumento per
il disegno degli
orologi solari.
4.
3.
5.
→ Architettura, geometria e astronomia
89
In questa tipologia di strumenti la sfera è scomposta
in varie figure piane. Il circolo dell’orizzonte è solitamente posto alla base dello strumento in figura
semicircolare, in modo che il suo diametro resti parallelo alla parete su cui si disegna l’orologio solare.
Su di esso è imperniato un quadrante verticale che,
orientato a nord, indica la direzione del coluro solstiziale, e dunque la linea del mezzogiorno. Al centro è
imperniata una linda che, fissata sulla latitudine del
luogo in base alla scala graduata del quadrante, indica l’inclinazione dell’asse celeste1. Ortogonalmente
alla linda è fissato il disco equinoziale con la divisione oraria, e su di esso, imperniato alla sommità
della linda, è posto il trigono dei segni. Un filo di seta
legato al vertice del triangolo permette di proiettare
i paralleli zodiacali per ogni posizione del trigono
sulle divisioni orarie del disco equinoziale. In pratica, posizionando il trigono dei segni sulle ore anti e
post meridiane, e proiettando per ciascuna ora i sette
paralleli passanti per i segni zodiacali, si ottengono
una serie di punti che una volta uniti permettono di
visualizzare le linee orarie e le curve dei mesi.
Alla cerchia di Daniele Barbaro appartiene uno
strumento di questo tipo dettagliatamente disegnato dal senatore Jacopo Contarini, noto collezionista
di libri e strumenti scientifici ed erede intellettuale dell’umanesimo scientifico del patriarca eletto di
Aquileia [fig. 6] (Contarini 1590 ca, pp. 28-29; Camerota 2000, pp. 252-253). Nel disegno di Contarini, il semicerchio dell’orizzonte presenta due staffe
che servivano presumibilmente a fissarlo al bordo
della tavoletta da disegno; la mancanza di un testo
descrittivo ci obbliga a interpretare ma la precisione del disegno non sembra lasciare molti dubbi. Al
centro del semicerchio è imperniato un raggio mobile che porta un quadrante graduato e una bussola
per l’orientamento a nord. Al centro del quadrante
è imperniato un lungo stilo metallico che funge da
asse celeste e porta un disco graduato con la doppia funzione di disco equinoziale e trigono dei segni.
Una volta bloccato il quadrante in direzione del nord
e fissato lo stilo secondo la latitudine del luogo, il
disco graduato veniva montato ortogonalmente allo
stilo in un punto qualsiasi scelto come centro della proiezione gnomonica. Un filo di seta consentiva
a questo punto di proiettare le divisioni orarie sul
foglio da disegno, ottenendo una serie di punti allineati lungo una linea retta che rappresentava la linea
equinoziale. Terminata questa operazione, il disco
veniva rimosso e montato nuovamente sullo stilo ma
in tangenza, grazie ai due cilindri con vite di bloccaggio posti sulla faccia versa. Il filo di seta in questo
caso serviva dapprima a determinare la posizione del
disco, allineandolo volta per volta con i punti sulla
linea equinoziale – il disco dunque poteva ruotare
intorno all’asse celeste – e successivamente a proiettare gli altri paralleli dello Zodiaco. A operazione
90
ultimata, sul foglio risultavano una serie di punti che
una volta uniti visualizzano le linee orarie convergenti e le curve iperboliche dei mesi.
Per l’orientamento a nord si usava solitamente la
bussola – ignorando evidentemente, o sottostimando, il problema della declinazione magnetica – ma
Contarini mostra un altro strumento che serviva a
trovare il meridiano anche senza l’ago magnetico:
“Inst[rument]o p[er] trovar il meridiano in ogni
hora del giorno senza calamita” [fig. 7] (Contarini
1590 ca; Camerota 2000, p. 251).
6.
6.
G. Contarini,
Figure d’istromenti
matematici e loro
uso, ms., ca. 1590,
Oxford, Bodleian
Library, Ms. Canon
Ital. 145, ff. 28-29:
strumento per
il disegno degli
orologi solari.
7.
G. Contarini,
Figure d’istromenti
matematici e loro
uso, cit., f. 19:
strumento trovare
la linea meridiana.
7.
Filippo Camerota
Lo strumento è formato da un disco orizzontale con
alidada, un triangolo rettangolo la cui ipotenusa corrisponde all’inclinazione dell’asse celeste, il trigono
dei segni e un indice con traguardi di cui uno forato.
Imperniato al vertice del trigono dei segni, l’indice
veniva fissato sul segno di riferimento e il trigono dei
segni ruotato sull’asse celeste in riferimento all’ora
corrispondente al momento della misura. L’insieme
veniva poi ruotato sul piano orizzontale tramite l’alidada che indicava la direzione del meridiano quando
il raggio del Sole attraversava il traguardo forato per
cadere al centro dell’altro.
La costruzione degli orologi solari diretti era sufficientemente soddisfatta da strumenti di questo tipo
che troviamo illustrati almeno fino alla raccolta settecentesca di strumenti matematici di Nicholas Bion
(Bion 1709). Ben più difficile era il caso degli orologi
solari catottrici e diottrici, quelli cioè che sfruttavano le leggi ottiche della riflessione e della rifrazione
dei raggi. La gnomonica è una disciplina che rientra
nell’ambito della scienza ottica, e la costruzione degli orologi solari si fondava pertanto sulla geometria
della visione che, contemplando la propagazione dei
raggi visivi e luminosi, suddivideva la disciplina in
tre casi di studio relativi ai raggi diretti (ottica), riflessi (catottrica) e rifratti (diottrica). I componenti
degli strumenti per il disegno degli orologi solari
sono sostanzialmente sempre gli stessi ma la loro
combinazione cambia in funzione della diversa tipologia delle meridiane.
Il primo orologio solare catottrico conosciuto risale al 1519 e fu disegnato da Niccolò Copernico
sul muro d’ingresso delle sue stanze nel Castello di
Olsztyn (Graßhoff 2018). I frammenti sopravvissuti indicano le linee orarie in prossimità della linea
equinoziale e una serie di paralleli ogni cinque gradi
di latitudine. Il corso del Sole era segnato dal raggio
riflesso da un piccolo specchio posto davanti all’apertura centrale di una loggia a tre arcate, secondo
un modello gnomonico diffuso più di un secolo dopo
da Athanasius Kircher e Emmanuel Maignan. Un
breve cenno su questo tipo di meridiane lo troviamo
nella Specularia di Raphael Mirami (Mirami 1582)
ma è solo nel Seicento che il problema gnomonico è
adeguatamente trattato. Il gesuita George Schönberger ne fece una delle sezioni della sua Demonstratio
et constructio di “nuovi orologi per raggi diretti, rifratti nell’acqua e riflessi negli specchi” (Schönberger
1622), mentre Kircher vi dedicò un intero trattato,
le Primitiae gnomonicae catoptricae (Kircher 1635), e
Maignan una parte fondamentale della sua Perspeciva horaria (Maignan 1648).
Nel suo trattato Kircher descrisse una meridiana catottrica da lui costruita nella Tour de la Motte del
Collegio gesuitico di Avignone dove dal 1632 insegnava matematica e lingue orientali. Si trattava di
una meridiana doppia, in realtà, perché faceva uso di
→ Architettura, geometria e astronomia
due specchietti collocati sui davanzali delle finestre
situate a est e a ovest della torre per mostrare le ore
al mattino e alla sera [fig. 8]. Per eseguire il disegno
senza margine di errore, il gesuita tedesco elaborò
uno strumento formato da una tavoletta orizzontale
con bussola e linea meridiana, e da un semicerchio
verticale graduato raffigurante il semicircolo meridiano [fig. 9]2. Ortogonalmente al semicircolo meridiano, ma ruotante sull’asse degli equinozi, vi era il
semicircolo equinoziale diviso il dodici ore, sul quale
scorreva il trigono dei segni che Kircher chiama “zodiaco radioso” o “horario mobile”. Il centro comune
dei due semicircoli e del trigono dei segni corrisponde alla posizione dello specchio gnomonico. Per disegnare le linee orarie e quelle dei mesi bisognava
dapprima orientare la base orizzontale in direzione
nord-sud seguendo l’indicazione dell’ago magnetico.
Poi bisognava inclinare e fissare il semicircolo equinoziale secondo la latitudine ‘specchiata’ del luogo (in
una meridiana a raggi diretti il semicircolo è inclinato verso il basso mentre in questo caso è rivolto verso
8.
A. Kircher, Primitiae
gnomonicae
catoptricae,
Avignone 1635,
antiporta con
illustrazione
della meridiana
catottrica di
Avignone.
8.
91
l’alto). Infine bisognava portare il trigono dei segni
su ciascuna linea oraria e da ogni posizione proiettare le sue divisioni sulle pareti destinate ad accogliere il disegno della meridiana. Consapevole del fatto
che la flessione naturale del filo eventualmente usato
per proiettare i punti avrebbe potuto produrre errori
non marginali, Kircher elaborò uno strumento ottico
accessorio formato da un bacolo munito di alidade
che venivano orientate per mezzo di un filo verso il
vertice del trigono dei segni [fig. 10]. Ciascuna alidada, munita di traguardi, consentiva poi di proiettare i
punti otticamente senza margini di errore.
Kircher giunse a Roma nel 1635 per insegnare matematica al Collegio Romano, e nel 1637 Emanuel
Maignan costruì la sua straordinaria meridiana
catottrica nel Convento dei Minimi di Trinità dei
Monti, un capolavoro gnomonico che nove anni più
tardi replicò, con maggiore sfarzo decorativo, in una
sala del palazzo del cardinale Bernadino Spada, protettore dell’ordine dei Minimi. Questi due orologi
catottrici restano esempi insuperati di abilità tecnica
e sapere scientifico, i cui fondamenti sono illustrati da Maignan nella sua celebre Perspectiua horaria,
siue, De horographia gnomonica tum theoretica tum
practica libri quatuor (Maignan 1648).
Volendo semplificare, un orologio solare catottrico
non è altro che un orologio solare visto allo specchio.
Lo specchietto usato come gnomone devia i raggi
solari e produce un’immagine rovesciata che mo-
stra l’emisfero meridionale verso l’alto. Un’incisione
di Maignan mostra bene come la sfera celeste che
dovrebbe avere l’asse rivolto a nord, in questo tipo
di proiezione lo abbia invece rivolto a sud [fig. 11].
Un’altra incisione mostra ancora come disegnare l’orologio solare catottrico a partire da un orologio diretto orizzontale che una volta disegnato, viene ruotato verso sud per essere poi proiettato ‘a specchio’
in direzione nord, servendosi dello gnomone come
centro di controllo della proiezione. Il tropico del
Capricorno che nel quadrante diretto è più vicino
alla base dello gnomone, e cioè ‘in basso’, viene così
proiettato verso l’alto sulla volta della loggia, mentre il tropico del Cancro viene a trovarsi sulla parete
quasi in prossimità del pavimento [fig. 12].
Le tavole che illustrano le fasi esecutive delle due
meridiane catottriche illustrano vari strumenti ideati
e messi a punto per queste specifiche realizzazioni.
Stabilita la posizione dello specchietto-gnomone sul
davanzale di una finestra, Maignan passò a determinare la direzione del piano meridiano e a tracciarne
l’intersezione con il pavimento, la parete di fondo e
la volta della stanza [fig. 13]. Compiuta questa operazione collocò un quadrante con il trigono dei segni
in posizione tale da replicare l’inclinazione dell’asse
celeste ‘specchiato’ verso sud, e da avere il vertice del
trigono dei segni in corrispondenza dello specchietto. Facendo ruotare il quadrante intorno all’asse celeste, e proiettando con un filo i paralleli dei mesi,
9.
A. Kircher, Primitiae
gnomonicae
catoptricae, cit.,
lib. II, probl. I, p.
100: strumento
“anacamptico” o
“catottrico”.
10.
A. Kircher, Primitiae
gnomonicae
catoptricae, cit.,
lib. II, probl. III,
p. 107: strumento
“ottico”.
9.-10.
92
Filippo Camerota
l’artefice ottenne l’intera proiezione della sfera celeste all’interno della galleria [fig. 14]3.
All’opera di Maignan si deve anche la più puntuale
e completa trattazione della terza categoria ottica di
orologi solari, quella degli orologi a rifrazione che
comportava un grado ulteriore di difficoltà. Mentre le leggi della riflessione seguono un principio
costante e facilmente misurabile - raggi incidenti e
raggi riflessi formano angoli uguali sulla superficie
dello specchio – quelle della rifrazione impongono
ai raggi rifratti angoli sempre diversi rispetto a quelli
dei raggi incidenti. E diversi anche rispetto al mezzo trasparente che devono attraversare: la rifrazione
nell’acqua è diversa da quella prodotta nel vetro.
Il problema comincia a essere studiato verso la metà
del Cinquecento. Al costruttore tedesco Georg
Hartmann si attribuiscono i primi orologi a rifrazione in tazze di ottone magistralmente lavorate, mentre ad alcuni matematici italiani si devono i tentativi
di definire l’indice di rifrazione ed elaborare tavole
delle corrispondenze per ogni grado di incidenza del
raggio visivo o luminoso. A partire dai dati forniti
nei trattati ottici medievali di Alhazen e Vitellione,
se ne occuparono Federico Commandino, Ettore
Ausonio, Guidobaldo del Monte e Giovanni Battista Benedetti, ma nessuno ottenne risultati degni
di essere pubblicati4. Poi fu la volta di Thomas Hariot, all’inizio del XVII secolo, di Willebrod Snell
nel 1621, di Schönberger nel 1622, e infine di René
Descartes che nella Diotrique del 1637 gettò i fondamenti scientifici e filosofici di questa branca dell’ottica (Shirley 1951; Sabra 1981; Descartes 1637).
In tutti i casi si tratta di orologi incisi all’interno di
una coppa solitamente emisferica, tenendo conto
12.
→ Architettura, geometria e astronomia
13.
11.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib.
III, Catoptrice
horaria, prop. XX:
proiezione dei
circoli della sfera
per un orologio
catottrico.
12.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib.
III, Catoptrice
horaria, prop.
LXXV: costruzione
dell’orologio
catottrico per
mezzo di un
orologio orizzontale
rovesciato.
13.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib.
III, Catoptrice
horaria, prop. XXXV:
tracciamento della
linea meridiana.
11.
della rifrazione che i raggi del Sole avrebbero subito
una volta riempito il recipiente di acqua. La rifrazione dei raggi obbligava l’artefice a calcolare con
precisione lo ‘schiacciamento’ del disegno per far sì
14.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib.
III, Catoptrice
horaria, prop. XLVI:
costruzione degli
altri meridiani e
delle curve dei
mesi.
14.
93
che l’ombra dello gnomone cadesse nel punto corretto ma è probabile che, nonostante le tavole delle
rifrazioni, l’approccio empirico fosse sempre seguito,
anche solo come riprova. Per un matematico come
Muzio Oddi che nel 1638 pubblicò la versione ampliata del suo trattato sugli orologi solari (1614) includendo quelli a rifrazione, la costruzione di questi
orologi si eseguiva “per mera pratica”. A lui dobbiamo la notizia che un orologio a rifrazione in coppa di
ottone fu fatto costruire da Guidobaldo del Monte
a Urbino nel 1572 dal costruttore di strumenti Simone Barocci, ed è probabile che il procedimento
empirico di cui fornisce una dettagliata descrizione
sia riferibile proprio a quella esperienza (Oddi 1638,
pp. 99-102; Camerota 2003, pp. 25-37)5.
Il procedimento consisteva nel disegnare provvisoriamente all’interno della coppa il quadrante di un
orologio emisferico a secco, che altro non era che una
mezza sfera celeste inclinata secondo la latitudine
del luogo. Servendosi di una lanterna, l’artefice portava l’ombra dello gnomone su un qualsiasi punto del
disegno preliminare, riempiva quindi la coppa d’acqua, e tracciava con uno stilo metallico il punto in cui
appariva l’ombra rifratta della punta dello gnomone
[fig. 15]. La coppa veniva poi svuotata e la lanterna
spostata per individuare un altro punto sul disegno
preliminare, e procedere come sopra fino al compimento del disegno. Per effetto della rifrazione, l’intero quadrante risultava più basso e compresso rispetto
al disegno preliminare, così come si vede nella bellissima incisione di Maignan che illustra questo tipo
di orologio solare [fig. 16]. In questo caso Maignan
non descrive uno strumento per tracciare le linee
orarie ma uno strumento che chiama “rifractometro”
per comporre una tavola degli indici di rifrazione per
ogni grado di incidenza [fig. 17]6. Lo strumento riproduce quello descritto da Tolomeo nel quinto libro
dell’Ottica che Maignan deriva dai testi di Alhazen
(lib. VII, prop. 10) e Vitellione (lib. X, prop. 5), e
consiste in un cerchio graduato con alidada e indice.
Lo strumento è immerso per metà in un recipiente
pieno d’acqua e tenuto ben fermo in quella posizione. L’osservatore porta l’indice sul valore dell’angolo
di incidenza desiderato e traguarda dalla sua estremità fino a far coincidere le due mire dell’indice con
quella dell’alidada immersa nell’acqua. L’estremità
scoperta dell’alidada mostra così sulla scala dei gradi
il valore dell’angolo di rifrazione.
L’attenzione rivolta da Maignan alla ‘gnomonica
mechanica’ è dichiarata fin dall’antiporta della Perspectiva horaria dove le arti del Quadrivio assistono il lavoro meticoloso delle muse che, armate di
strumenti e guidate dalla scienza ottica di Vitellione, mostrano le tre tipologie di meridiane illustrate
nell’opera: ottiche, catottriche e diottriche. L’attenzione rivolta agli strumenti va ben oltre la necessità
pratica di eseguire il tracciato delle linee orarie. Tali
94
invenzioni si configurano come raffinate espressioni
materiali della geometria ottica, oggetti di ammirazione, artifici tecnologici, prodotti dell’ingegno meritevoli della massima considerazione. Non semplici
espedienti per la soluzione empirica del problema
ma forme visibili e tangibili del pensiero matematico.
15.
Procedimento
descritto da Muzio
Oddi per il disegno
degli orologi a
rifrazione (Degli
horologi solari,
Venezia 1638,
pp.99-102).
Note
1.
2.
3.
4.
5.
6.
La linda è un accessorio analogo all’alidada dell’astrolabio e, come quello, funge da indice e traguardo ottico. Il
termine è diffusamente usato in (Bartoli 1564).
Si veda il Problema I in (Kircher 1635, p. 100).
Sulle operazioni di questi strumenti cfr. (Farroni 2019,
pp. 70-79).
Si veda (Ibn al-Haitham 1572). Gli studi di Commandino, Guidobaldo e Benedetti sono citati in (Oddi 1638,
p. 100; Benedetti 1574, cap. XCII: De horologio ex refractione radiorum).
(Oddi 1638, pp.99-102). Un esemplare dell’orologio a
rifrazione di Guidobaldo del Monte entrò presto a far
parte della collezione di Cosimo I de’ Medici ed è oggi
conservato al Museo Galileo di Firenze, Inv. 241. Cfr.
(Camerota 2003).
Si veda in proposito il Lib. IV, Dioptrice horaria, prop.
XLVI, p. 647: Instrumentum refractorium construere in
(Maignan 1648).
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Capp. I-II, pp. 187-190, Parte IX, Cap. V, p. 193. Venetia:
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15.
Filippo Camerota
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altre cose terrene, che possono occorrere a gli huomini, secondo
le vere regole d'Euclide, & de gli altri piu lodati scrittori. Venetia: per Francesco Franceschi Sanese.
nunc primùm editi. Eiusdem liber De crepusculis & nubium
ascensionibus. Item Vitellonis Thuringolopoli libri 10. Omnes
instaurati, figuris illustrati & aucti, adiecti etiam in Alhazenum commentarijs, a Federico Risnero. Basileae: per Episcopios.
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Vimercato G.B. (1565). Dialogo della descrittione teorica et
pratica de gli horologi solari. Ferrara: Valente Panizza.
→ Architettura, geometria e astronomia
17.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648,
Lib. IV, Dioptrice
horaria, prop. XLVI:
strumento per la
misura degli angoli
di rifrazione.
Parigi G. (ca. 1600). Taccuino di arte militare. Washington,
Library of Congress, Rosenwald Collection, c. 247r.
Descartes R. (1637). La Dioptrique, discours premiere del
la lumiere. In Discours de la méthode pour bien conduire sa
raison & chercher la vérité dans les sciences. Plus la dioptrique
et les météores. Leyde: de l'imprimerie de Ian Maire.
16.
16.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib. IV,
Dioptrice horaria,
prop. LXIV: orologio
a rifrazione in vasca
emisferica.
17.
95
Gli affreschi
della volta della
Sala di Leda con
evidenziazione
della disposizione
ellittica dei
sei piccoli
dodecaedri stellati
(elaborazione
grafica dell'autrice).
96
Abstract
Il ruolo dell’ottica e della
prospettiva per lo studio della
gnomonica e dell’astronomia:
tre casi studio
La scelta dei tre casi studio illustrati è motivata dall’esigenza di evidenziare
un filo conduttore che è costituito dalla interdisciplinarità necessaria per lo
studio di questo tipo di soggetti, caratterizzata dalla diversa natura di fonti
che provengono dal mondo della storia dell’arte e della storia delle scienze. A
questi elementi si aggiungono gli strumenti e i metodi della storia della rappresentazione che si concretizzano in e immagini dei soggetti studiati, in grado di costituire indispensabili verifiche per le ipotesi avanzate a livello teorico.
Parole chiave
The choice of the three illustrated case studies is motivated by the need to highlight a common thread that is constituted by the interdisciplinarity necessary
for the study of astronomical and geometrical subjects, highlighted by the different nature of sources that come from the world of art history and the history of
sciences. To these elements are added the tools and methods of the history of representation that is based on surveys and images of the subjects studied, able to
constitute indispensable tests for the hypotheses advanced at a theoretical level.
Prospettiva
Astronomia
Gnomonica
Ottica
Poliedri stellati
→ Architettura, geometria e astronomia
Cristina Càndito
Università degli Studi di Genova
→
[email protected]
97
Introduzione
In questo contributo si documenta lo stretto legame tra l’ottica e la prospettiva con la gnomonica e
l’astronomia attraverso l’illustrazione di tre casi studio. La relazione tra le discipline è provata attraverso
l’evidente condivisione di fondamenti scientifici che
ha condotto, nei secoli passati, diversi studiosi ad occuparsi di queste tematiche nel loro insieme, in una
modalità che non sembra essere più percorribile nei
tempi attuali.
Quello che si intende qui testimoniare è che per approfondire alcuni oggetti di studio, proprio in virtù
di tale legame antico, si rende necessario il coinvolgimento di quelle che oggi consideriamo come
branche distinte della scienza. Infatti, uno strumento
astronomico dei secoli XVII o XVIII può coinvolgere elementi ottico-prospettici o, allo stesso tempo,
un affresco prospettico può essere documentato attraverso studi storici artistici, ma anche gnomonico astronomici, o ancora, una meridiana può essere
riattivata grazie alla collaborazione di competenze
gnomoniche e architettoniche.
L’esposizione nel testo è articolata nella descrizione
di tre casi studio che sono esposti in un ordine cronologico coincidente con la successione con la quale
sono stati oggetto di approfondimento da parte di
chi scrive, non per interesse autobiografico. Si tratta
piuttosto della documentazione del contributo storico dell’ottica e della prospettiva e del suo riflesso
nell’attuale progressiva definizione di un campo di
studi che registra una confluenza interdisciplinare
nell’interesse per oggetti complessi e dallo straordinario valore artistico e scientifico.
Il primo caso è l’orologio solare catottrico di Palazzo Spada a Roma di Emmanuel Maignan (1644) al
cui studio si è contribuito attraverso il reperimento
di un precedente nell’ambito degli studi ottici (Mi-
rami 1582) e con l’individuazione di una relazione
geometrica con il Colonnato di Francesco Borromini (1652-1653). Il secondo caso è stato individuato
nel ciclo secentesco di affreschi di Palazzo Balbi Senarega di Genova, in cui alcuni poliedri geometrici
dipinti della Sala di Leda (1655 ca.) assumono un
più esteso significato se letti in un ampio contesto
culturale, attraverso l’individuazione di riferimenti
agli studi geometrici e astronomici di Johannes Kepler. Il terzo caso, ancora appartenente al patrimonio artistico genovese, riguarda un raro esempio di
meridiana a foro gnomonico realizzato da François
Rodolphe Corréard (1771) nel Collegio dei Gesuiti,
che trova una sua valorizzazione attraverso gli strumenti del disegno e della rappresentazione.
1a-1c.
Frontespizi
di: R. Mirami,
Compendiosa
introduttione
alla prima parte
della specularia,
Ferrara 1582; A.
Kircher, Primitiae
gnomonicae
catoptricae,
Avignon 1635;
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648.
L’orologio solare di Palazzo Spada: precedenti ottici e relazioni geometriche
Il singolare connubio tra la perfezione del meccanismo e l’armonia dello spazio dipinto rende la galleria
della meridiana di Palazzo Spada a Roma uno degli
esempi più affascinanti di orologio solare catottrico, o speculare, in grado di testimoniare la collaborazione tra discipline scientifiche e arte. Un piccolo
specchietto circolare permette di condurre il riflesso
della luce solare all’interno dello spazio in modo da
indicare dati orari, calendariali e di posizione attraverso il suo percorso lungo linee e segni dipinti sulla
superficie interna di un ambiente voltato affacciato
su un cortile del palazzo.
L’orologio Spada è realizzato nel 1644 da Emmanuel
Maignan (1601-1676) appartenente all’ordine dei
Minimi, ed è caratterizzato dalla pregevolezza della sua esecuzione avvenuta con la collaborazione del
pittore Giovan Battista Magni (1592-1674) detto il
“Modanino” 1.
Nell’ambito degli studi legati alla prospettiva e ai
1a-1b-1c.
98
Cristina Càndito
suoi legami con la scienza degli specchi -la catottrica- si è reperito presso la Biblioteca Nazionale di
Roma un testo che costituiva un precedente per tali
tipi di strumenti: un trattato sulla catottrica redatto dal medico Raphael Mirami (Compendiosa introduttione alla prima parte della specularia, 1582) [fig.
1a]2. Nella prima parte, l’autore espone in 25 capitoli
le leggi che regolano il fenomeno della riflessione,
mentre nella seconda -Come si possano col mezo de gli
specchi fare horalogi solari in luoghi ombrosi- espone in
tre pagine la costruzione degli orologi catottrici. Si
tratta di strumenti capaci di funzionare in zone che
non ricevono la luce diretta, che nel testo di Mirami
sono descritti sinteticamente e senza illustrazioni,
confidando nella capace interpretazione da parte degli esperti di gnomonica e rimandando ad una futura
più ampia trattazione, purtroppo non pervenuta.
Mirami desidera mostrare l’applicazione pratica della teoria degli specchi enunciata nella prima parte e
suggerisce il posizionamento di uno specchio piano
posto in posizione orizzontale che, grazie ad una finestra, possa proiettare il raggio riflesso nel luogo in
cui si costituisce l’orologio. L’area interessata dal percorso del riflesso è individuata con l’ausilio di un tradizionale orologio solare con gnomone e si accenna
anche alla possibile estensione del metodo per diversi posizionamenti e configurazioni dello strumento.
Il testo precede di circa cinquanta anni la redazione
dello scritto dal gesuita Athanasius Kircher (Primitiae gnomonicae, 1635) dedicato all’orologio solare
catottrico da lui realizzato nella scala del Collegio
dei gesuiti di Avignone. L’orologio di Avignone è
oggi faticosamente interpretabile a causa delle scarse
tracce rimaste e inoltre non risulta congruente con
lo strumento collocato in un ambiente voltato che
è illustrato nella controcopertina dello stesso testo
[fig. 1b]. La migliore testimonianza è fornita dall’esemplare realizzato nel 1673 dal gesuita Jean Bonfa
(1638-1724) all’interno della torre scalare del collegio di Grenoble (Foyer du lycée Stendhal 1984),
che costituirebbe una sorta di replica dell’esemplare
kircheriano.
Lo stesso Emmanuel Maignan aveva realizzato a
Trinità dei Monti un precedente orologio catottrico
(1637) e probabilmente altri esemplari in Francia3.
La descrizione dell’orologio Spada è contenuta nella
Perspectiva horaria (1648) [fig. 1c] in quattro parti, la
cui terza è dedicata alla gnomonica catottrica: nella
proposizione XXXVI si illustra un orologio catottrico in galleria e la proposizione LVI fa riferimento
all’orologio di Palazzo Spada, illustrato nella tavola
popolato da alcuni personaggi, tra cui forse lo stesso
Bernardino Spada [fig. 3a].
Alla base di questa rarità stanno quindi gli studi di
gnomonica ma anche di ottica, come testimonia la
raffigurazione dell’antiporta del testo di Maignan
[fig. 2] che riproduce quasi fedelmente quella posi→ Architettura, geometria e astronomia
2.
3a-3b.
zionata ad un’estremità della volta, nella quale sono
rappresentate quattro figure allegoriche che costruiscono un orologio catottrico: l'Astronomia; la Cosmografia, la Geometria e l'Ottica (o Perspectiva),
quest’ultima con la mano sul fondamentale trattato
duecentesco di Vitellione4.
Le personificazioni mostrano la collaborazione tra
ambiti del sapere che costituiscono il fondamento per un altro capolavoro presente nel palazzo: il
Colonnato prospettico realizzato da Francesco Borromini (1652-1653). Per questo motivo è apparso
opportuno indagare sulla relazione tra le due opere
realizzate a pochi anni di distanza per volere dello stesso committente, Bernardino Spada [fig. 3b].
Si tralasciano qui le fasi di costruzione e i pregevoli ambienti che esulano dal tema trattato, per concentrarsi sul Colonnato Prospettico5, realizzato dal
grande architetto probabilmente in collaborazione
con Giuseppe Maria di Bitonto (n. 1586) che ne segue i lavori.
Il Colonnato, com’è noto, costituisce un esempio
di prospettiva solida in grado di far apparire una
profondità maggiore rispetto a quella reale, grazie
all’inclinazione della pavimentazione e al digradare
2.
Antiporta del testo
di Maignan (1948)
che rappresenta le
figure allegoriche
di Astronomia,
Cosmografia,
Geometria e Ottica.
3a-3b.
L’orologio Spada
di Maignan (da
Maignan 1648) e il
Colonnato Spada di
Borromini (alzato
del progetto per la
galleria prospettica
di Palazzo Spada;
disegno di F.
Righi, Accademia
albertina, Vienna,
Az. Rom. 1156).
99
delle misure in profondità. L’illusione è integrata da
elementi che si trovano oltre l’apertura opposta al
suo ingresso sul cortile: quattro aiuole in prospettiva e un dipinto eseguito da Giovan Battista Magni6,
coinvolto anche nei dipinti dell’orologio solare di
Maignan.
Il punto di vista prospettico del Colonnato risulta
sul piano di simmetria, sul cui prolungamento è posizionato anche lo specchio gnomonico dell’orologio
solare di Maignan. L’allineamento non sembra essere casuale, in quanto trova corrispondenza in alcune testimonianze storiche che attestano come dalla
sua Camera delle udienze, collocata al primo piano
del braccio centrale che separa il cortile dal giardino
segreto, Bernardino Spada mostrasse il Colonnato7.
Dallo stesso ambiente, infatti, è possibile percepire
anche il prospetto del cortile su cui si affaccia l’orologio solare, anche se quest’ultimo può essere visto
solo esternamente. Si è infatti verificato il perfetto
allineamento tra lo specchio gnomonico dell’orologio stesso (al livello di imposta della volta al primo
piano) con l’imbocco del colonnato prospettico (al
piano terreno) e la loro visibilità attraverso la Camera delle udienze [figg. 4, 5]8.
non convessi che si aggiungono ai cinque poliedri
regolari convessi o platonici: un’autentica rarità geometrica. Il piccolo dodecaedro stellato è costituito da
un dodecaedro i cui spigoli sono prolungati a costituire delle piramidi pentagonali su ogni faccia [fig. 8].
È interessante rilevare come, nonostante si possano
reperire le rappresentazioni di generici dodecaedri
elevati (con piramidi non derivate dal prolungamento degli spigoli del dodecaedro di base), questa costituisca la prima rappresentazione prospettica di tale
poliedro che si verifica a 36 anni dalla sua scoperta
da parte di Johannes Kepler, nel suo testo Harmonices
4.
L’allineamento tra
l’asse prospettico
e lo specchio
dell’Orologio di
Maignan. Il punto di
vista V (Camerone
per l’udienza di
Bernardino Spada,
primo piano) è
allineato con
il Colonnato di
Borromini (G, piano
terra) e lo specchio
gnomonico (S,
primo piano).
Immagine
assonometrica
delle piante, del
modello realizzata
su coordinamento
di C. Càndito, con
disegni di Andrea
Salmaso e Andrea
Quartara).
5.
Immagini delle due
opere viste dallo
stanzino privato di
Bernardino Spada
(foto dell’autrice).
Una geometrica presenza nei quartieri privati di
una nobildonna
Nell’ambito delle ricerche sulle prospettive architettoniche dipinte, si sono individuati i misteriosi poliedri stellati dipinti nella Sala di Leda di Palazzo
Balbi Senarega, che hanno suggerito di effettuare alcuni approfondimenti alla ricerca del loro significato.
Gli affreschi sono eseguiti nel 1655 circa da Valerio
Castello (1624-1659) con il quadraturista Andrea
Seghizzi (1613-1684) nella probabile camera privata
della moglie del proprietario Francesco Maria Balbi
(1619-1704): Barbara Airolo (nata nel 1624) [fig. 6]
(Magnani 2008). Il palazzo era stato costruito a partire dal 1616 da Bartolomeo Bianco per volere di Giacomo e Pantaleo Balbi, rappresentanti di una cospicua
famiglia genovese di commercianti che nel XVII raggiunge un potere economico tale da poter costruire
un’intera strada cittadina ed ambire a riconoscimenti
nobiliari e politici (Lamera Pigafetta 1987).
L’occhio ovale di cielo illusorio che ritrae Leda e il
suo incontro con Zeus in aspetto di cigno è incorniciato da un’architettura dipinta dorata che simula una
cupola ovale con sei fori illusori circolari alternati ad
altrettanti poliedri stellati [fig. 7, 1-6]. Completa la
decorazione una struttura marmorea dipinta costituita da gruppi di colonne poggianti su muri angolari
inframmezzati da quattro raffigurazioni allegoriche
[fig. 7, A-D]. Le analisi effettuate con gli strumenti
del rilievo e della rappresentazione9 hanno permesso di identificare i solidi geometrici con il piccolo
dodecaedro stellato (Càndito, Celoria 2019), che è
riconosciuto come uno dei quattro poliedri regolari
100
4.
5.
Cristina Càndito
6.
Mundi (1619) [fig. 9] (Field 1979; Cromwell 1995).
Sembra interessante porsi il quesito circa le motivazioni della collocazione di questo particolare soggetto proprio nella stanza privata della signora del
palazzo. Il mito principale si riferisce a Leda, madre
di Elena di Troia e degli eroici figli avuti da Zeus:
Castore e Polluce. Il soggetto può essere inteso come
un omaggio alla stirpe dei Balbi, anche se si rileva
l’incongruenza del mito con quello celebrativo della
consorte, visto il tema della relazione extraconiugale
con Zeus. I citati quattro dipinti mitologici completano il quadro con le rappresentazioni di Venere, Diana e Minerva, quali allegorie degli attributi
di bellezza, riservatezza e prudenza, e di Mercurio,
protettore dei commerci, ma anche figura benaugurante, oltre che simbolo dell’unione tra uomini e dei.
Molte sono le interpretazioni simboliche e mitologiche che possono essere formulate in questo quadro
celebrativo circa la presenza dei solidi geometrici,
tuttavia, si può riconoscere una chiara intenzione
nella rappresentazione di fare riferimento al poliedro recentemente scoperto da Kepler, che può costituire un rafforzamento simbolico degli attributi di
bellezza, in virtù della sua raffigurazione quale stella
a cinque punte dalle perfette proporzioni armoniche
[fig. 8b] (Càndito; Celoria 2022).
L’idea dell’adozione di questo soggetto nell’affresco può forse essere attribuita ad Andrea Seghizzi,
quadraturista di vasta cultura architettonica e geometrica10. Lo spunto può provenire dallo stesso committente, ma anche da colei che occupa l’ambiente
decorato: Barbara Airolo, che sposò Francesco Maria
Balbi nel 1640 (a soli 16 anni!) da cui ebbe il figlio
Giacomo. Come accade di norma alle protagoniste
femminili della storia, non si reperiscono molte informazioni su di lei, a parte un riconoscimento della sua
considerazione, e forse della sua competenza in campo
artistico, nel testamento del padre Giovanni Tomaso
Airolo (1644), che la indica come beneficiaria di un
dipinto a sua scelta dalla sua collezione (Lercari 2010).
L’ipotesi più plausibile, comunque, sembra essere
→ Architettura, geometria e astronomia
quella di un suggerimento alla committenza o agli
esecutori fornito da studiosi in ambito geometrico
e astronomico, quali i gesuiti del Collegio che si insedia pochi anni prima proprio di fronte al Palazzo,
per volere, come vedremo, della stessa famiglia Balbi. Sono state effettuate ricerche circa i professori di
matematica del tempo, tra cui Giacomo Bonvicino,
che insegna a Genova tra il 1651 e il 1656 11.
Si sono anche effettuate verifiche circa i testi presenti
nel registro della biblioteca storica del collegio, tra i
quali si trovano le ineludibili Tabulae Rudolphinae redatte da Kepler (1627) sulla scorta delle osservazioni
di Tycho Brahe, ma non il testo del 1619, in linea con
la diffidenza mostrata dalla Chiesa cattolica nei confronti di un autore protestante che non ha rinnegato
apertamente le teorie copernicane (Aricò 1996).
Nel 1596, Kepler aveva redatto il Mysterium Cosmographicum in cui i 5 solidi regolari erano assimilati
alle orbite dei cinque pianeti in un costrutto ingegnoso ma non convincente. Nel 1604 aveva pubblicato Ad Vitellionem Paralipomena, un testo di ottica basato sul citato testo di Vitellione, mentre nel
1609 aveva esposto nella sua Astromonia Nova, tra
le altre cose, la cosiddetta prima legge di Kepler, che
identifica la forma ellittica delle orbite dei corpi celesti. In funzione di quest’ultima nota acquisizione
dell’astronomo tedesco, si può avanzare anche una
ulteriore chiave di lettura integrativa legata alla configurazione ovale della composizione dell’affresco,
che può costituire, appunto, un riferimento all'orbita
ellittica dei pianeti individuata da Keplero [fig. 10].
La presenza di ellissi ed ovali risulta comune nel Seicento, soprattutto nell'architettura barocca12, e si può
spiegare anche con la sola necessità di ricoprire uniformemente la superficie rettangolare della stanza.
6.
La Sala di Leda
a Palazzo Balbi
Senarega.
7.
Gli affreschi della
volta della Sala
di Leda: i poliedri
stellati (1-6) e i
dipinti mitologici
(A-D) (elaborazione
grafica dell'autrice).
7.
101
Rimane affascinante l’ipotesi che i sei soggetti geometrici rappresentino altrettanti corpi celesti, implicando quindi un’assimilazione della Terra agli altri
cinque pianeti noti all’epoca ed una rappresentazione
del modello copernicano efficacemente celata fino ai
nostri giorni 13.
La meridiana a foro gnomonico dell’Università di
Genova
Le relazioni tra geometria e astronomia sono alla
base di una particolare presenza proprio nel citato Collegio dei gesuiti di Genova, attuale Palazzo
dell’Università. Si tratta di un raro esemplare di meridiana a foro gnomonico collocato al terzo piano
dell’edificio che è costruito a partire dal 1633 per
volere congiunto dell’Ordine dei Gesuiti e della
famiglia Balbi [fig. 11] (Lamera, Pigafetta 1987;
Càndito 2001).
Il Collegio conta tra gli ambienti più rappresentativi anche l’Aula Magna a doppia altezza al secondo
piano che prospetta sulla strada, mentre le aule si
allineano in profondità, affacciate alle logge del cortile. Sopra le aule si trovano le abitazioni dei padri,
distribuite dal Corridoio di Sant'Ignazio, che a sud
conduce alla Libreria domestica, anch’essa affacciata
su Via Balbi e in posizione simmetrica rispetto alla
più ampia Libreria lignea, che conserva i testi dei
fondi del collegio gesuitico.
Un insegnante di matematica, il gesuita François
Rodolphe Corréard (1725-1794), realizza nel 1771
la meridiana a foro gnomonico (Balestrieri 2000)
nella Libreria domestica, ora denominata Aula della
Meridiana e destinata ad attività didattiche e di rap-
presentanza. Corréard si trova a Genova dal 1766,
dopo aver compiuto gli studi astronomici presso
l'Osservatorio di Marsiglia, e aver scritto le Mémoires de mathématique et de physique (Avignon, 17551756). L'astronomo gesuita aveva abbandonato la
Francia a causa della soppressione dell'Ordine nel
paese (1762), in seguito alla quale si trova ad insegnare matematica nel collegio gesuitico genovese14
e poi a ricoprire lo stesso ruolo presso l'Università
della Repubblica, anche dopo la soppressione della
Compagnia in Italia (1773).
Una meridiana a foro gnomonico (o a camera oscura) è costituita da una linea meridiana (orizzontale
e orientata nord-sud), posizionata in uno spazio interno, e da uno stretto foro che proietti l’immagine
solare sulla stessa linea meridiana alle ore 12 15.
La proiezione avviene nel corso dell’anno con inclinazioni che si collocano tra il limite più lontano del solstizio invernale e quello più vicino del solstizio estivo
[figg. 12, 13] 16.
Tale realizzazione si inserisce nella storia relativa
all’adozione dell’ora francese o astronomica, che a
Genova sostituisce l’ora all’italiana nel 31 dicembre
1771, per la praticità del cambio di data alla mezzanotte. Diviene così necessario regolare gli orologi
meccanici con il mezzogiorno locale, che può essere
correttamente individuato, appunto, da una meridiana a foro gnomonico.
Questo strumento a Genova si può inquadrare anche
nel rafforzamento dell’interesse astronomico del collegio, testimoniato anche dal gesuita Ruggero Boscovich (1711-1787) nel 1767, pur rilevando che un
vero osservatorio astronomico sembra istituito solo
8.
Il piccolo
dodecaedro
stellato della Sala
di Leda e il suo
modello ideale con
l’evidenziazione
della continuità tra
gli spigoli delle basi
del dodecaedro
e quelli delle
piramidi, a formare
la stella a cinque
punte.
9.
J. Kepler,
Harmonices Mundi,
1609: frontespizio
e raffigurazione del
piccolo dodecaedro
stellato.
10.
Costruzione grafica
con evidenziazione
della disposizione
ellittica dei
sei piccoli
dodecaedri stellati
(elaborazione
grafica dell'autrice).
8.
9.
102
10.
Cristina Càndito
11.
Il Palazzo
dell’Università di
Genova (ex Collegio
dei Gesuiti) e
la meridiana a
foro gnomonico
(Elaborazione
grafica degli autori).
m
11.
nel XIX secolo17. Recentemente la meridiana a foro
gnomonico è stata oggetto di studi da parte di un gruppo di lavoro dell’Università di Genova per giungere alla
sua riattivazione, che permetterà di conciliare l’interesse
storico scientifico con quello funzionale dell’Ateneo18.
Conclusioni
L’esposizione dei tre casi studio è motivata dall’esigenza di evidenziare un filo conduttore che è costituito dalla ineludibile interdisciplinarità necessaria
per lo studio dei soggetti esaminati. Il contributo della
rappresentazione è riconoscibile sia sul piano scientifico, come strumento di verifica, sia su quello divulgativo, quale indispensabile strumento per la simulazione
e per il supporto nell’illustrazione della complessità.
Nel primo caso studio, quello dell’orologio catottrico Spada (1644), infatti, l’individuazione di un testo
ignoto alla storia della gnomonica (Mirami 1582)
è avvenuta attraverso le ricerche legate all’ottica. Il
riconoscimento delle possibili relazioni spaziali con
il Colonnato prospettico di Borromini, inoltre, si è
compiuto a partire dalle testimonianze storico-grafiche verificate attraverso la rappresentazione degli
spazi coinvolti. La geometria ha poi stimolato un
→ Architettura, geometria e astronomia
approfondimento su un soggetto apparentemente
trascurabile, un solido geometrico, all’interno del
ciclo decorativo tra i più pregevoli del Seicento genovese: l’affresco della Sala di Leda in Palazzo Balbi
Senarega (1655 ca.). Attraverso la ricerca del significato della sua presenza si sono reperite stimolanti
suggestioni sui possibili legami con la figura di Johannes Kepler attraverso una criptata rappresentazione
astronomica.
Il terzo caso studio illustra come il Collegio dei
Gesuiti di Genova entri nella storia della gnomonica grazie alla presenza di un raro esemplare di
meridiana a foro gnomonico realizzato nel 1771 da
François Rodolphe Corréard, professore di matematica dello stesso collegio, a ulteriore testimonianza del connubio tra le discipline della geometria e
dell’astronomia, ben individuabile nel passato ed ancora capace di fornire chiavi di lettura interdisciplinari nel mondo contemporaneo delle specializzazioni.
Questo tipo di studi, infatti, fornisce ai ricercatori
di svariate discipline delle occasioni di dialogo che
introducono nuove (o antiche) chiavi di lettura per
oggetti difficilmente classificabili secondo le attuali
suddivisioni dei saperi19.
103
m
12.
13.
Note
1. Per
gli studi su questo raro strumento e sul palazzo:
(Neppi 1975; Tabarrini 2008; Farroni 2019). Si rimanda
a quest’ultimo e ad altri capitoli in questo stesso volume
per nuovi studi e rilievi.
2. L’interesse per questo oggetto è nato per chi scrive dal
suo legame con lo sviluppo scientifico della prospettiva
secentesca, sviluppato in particolare da studiosi appartenenti a due ordini religiosi: i gesuiti e i francescani minimi. cfr. (Càndito 2001; Càndito 2005).
3. Cfr. (Lanciano 2013, De Rosa 2013). Maignan costruisce
forse altre meridiane catottriche ad Aubeterre (Dordogne), Tolosa e Bordeaux (J. Saguens, Philosophia Maignani scholastica, Tolosa 1703; cfr. Neppi 1975).
4. Vitellione o Witelo (1220 ca.-1300 ca.), Perspectiva Libri X, 1270 ca.; prima edizione: F. Risner, Opticae Thesaurus, Basilea 1572
5. I lavori del palazzo sono documentati nell’Inventario
dei beni di Bernardino Spada (1631), dalle Minute de’
capitoli della Vita di Bernardino Spada (stilato da Virgilio Spada nel 1662) e dalla Descrizione delle Stanze
del Palazzo. Cfr. Neppi 1975. Si vedano inoltre i testi in
(Tabarrini 2008; Sinisgalli 1998) e la bibliografia citata
in (Càndito 2013).
6. Neppi 1975, pp. 177, che riporta i dati del pagamento
del 1653.
7. Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli, Descrizione delle stanze del palazzo a Capo di Ferro fatta da
mons.r Virgilio Spada, 1662; cfr. Neppi 1975, p. 290.
8. Risulta inoltre che nel 1665 si sia sperimentata la possibilità di percepire il colonnato proprio dalla Galleria
della meridiana attraverso l’apertura di un foro sotto la
finestra centrale della galleria di Maignan. Il foro, successivamente chiuso, attraversava il fregio esterno dei
centauri. Per i lavori eseguiti, cfr. Neppi 1975, p. 181.
104
9. I
rilievi fotogrammetrici e le riprese di fotografia panoramica sono stati eseguiti da C. Càndito e I. Celoria (2019).
10. Per le sue opere, cfr. (Pigozzi 2006; L’Occaso 2018).
11. (Garibaldi 1992; Cosentino 1987). Si è consultato il suo
manoscritto Brevis introductio in totam mathematicam
(1654) (Ms. VI 6, Biblioteca Universitaria di Genova) che
non contiene riferimenti ai poliedri stellati, ma neanche
ai poliedri e sembra perciò incompleto su questa parte
della geometria.
12. Non è possibile qui citare neanche in parte l’ampia
bibliografia su ellissi ed ovali, ma un riferimento alle
possibili influenze da parte di Keplero alla diffusione di
queste forme nel Seicento si trova in (Colonnese 2014).
13. Sono in corso di svolgimento ulteriori studi circa le fonti
astronomiche e geometriche di studiosi potenzialmente
coinvolti nella redazione di un così complesso programma allegorico.
14. Cfr. Garibaldi 1992.
15. Per un’analisi delle meridiane a foro stenopeico in Italia,
cfr. (Mesturini 2002).
16. La proiezione dell’immagine solare agli equinozi avviene ad una distanza uguale alla latitudine geografica moltiplicata per l’altezza del foro gnomonico.
17. Alizeri, 1875, p. 431.
18. Il gruppo è composto da C. Càndito, W. Riva e V. Scelsi.
Chi scrive sta sviluppando un progetto di percorsi di accessibilità.
(https://www.youtube.com/watch?v=ujpD7j7HHl8).
19. Le ricerche presenti sono state possibili grazie all’impostazione effettuata da altri studiosi, come Filippo Camerota, Agostino De Rosa e Manuela Incerti. Si ringrazia
per i preziosi suggerimenti Fabrizio Bònoli. L’autrice si
assume comunque tutte le responsabilità per le ricerche presentate.
12.
Pianta e sezione
dell’Aula della
Meridiana
(Elaborazione
grafica degli autori).
13.
L’Aula della
meridiana
del Palazzo
dell’Università
di Genova:
foto e modello
fotogrammetrico
sezionato (foto e
disegni realizzati
su coordinamento
dell'autrice,
su rilievi di C.
Càndito e I.
Celoria e modello
schematico di A.
Meloni).
Cristina Càndito
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105
External view,
the net of hour
lines of the solar
catoptric clock for
the towers of Villa
Pamphilj located in
the south-western
side: isometric
axonometric
projection (Graphic
elaboration by the
author).
Abstract
Emmanuel Maignan’s
gnomonic wonders in the
project for Villa Pamphilj
by Francesco Borromini
Esiste un progetto non realizzato nella Roma barocca particolarmente rappresentativo del rapporto tra Architettura e Scienza. I disegni di progetto,
che sono stati attribuiti a Francesco Borromini (1599-1667), si accompagnano ad un manoscritto di Emmanuel Maignan (1601-1676). Il suo testo descrive, tra gli altri, alcuni giochi scientifici relativi a orologi solari a proiezione
diretta, catottrici e diottrici.
Parole chiave
It exists an unrealised project in the baroque Rome particularly able to stress
the relation between Architecture and Science. The drawings of the project
have been attributed to Francesco Borromini (1599-1667), they stay with a
handwritten by father Emmanuel Maignan (1601-1676). The text by him
describes, among the others, the scientific games referring to direct, catoptric
and dioptric sundials.
Francesco Borromini
Emmanuel Maignan
Gnomonics
Catoptrics
Dioptrics
Alessio Bortot
Università degli Studi di Trieste
→
[email protected]
107
Introduction
In the Roman context of the seventeenth century,
scientific research is well summed-up by an unbuilt
project that arose from the collaboration between
an architect and a religious man: Francesco Borromini (1599-1667) and the Minim Friar Emmanuel Maignan (1601-1676). A fortified villa would
have been built outside the Gate of St. Pancrazio in
Rome as a residence for Cardinal Camillo Pamphilj.
This dwelling was finally built according to a totally different project conceived by Alessandro Algardi (1598-1654) and Giovanni Francesco Grimaldi
(1606-1680).
The material related to this project - ascribed to
Borromini by Paolo Portoghesi (Portoghesi 1964) is composed by two technical drawings, a plan showing a façade in two different solutions and a sketch
plan with some alterations, if compared to the Borromini’s one, probably carried out by Virgilio Spada.
Among Spada’s papers there is a letter addressed to
Camillo Pamphilj written by Borromini and a manuscript including some pages entitled Mathematica
Pamphilianos hortos exornans.
The handwritten shows a detailed and meticulous
list of scientific games that would have been installed
in the villa. The above-mentioned ‘games’ (mirabilia)
represent the main fields of research carried out by
some eclectic Baroque scholars. These personalities
1.
1.
Digital
reconstruction of
the project for Villa
Pamphilj: isometric
axonometric
projection from
the south-eastern
side (Graphic
elaboration by the
author).
108
Alessio Bortot
often belonged to religious orders and used scientific, theological and philosophical speculations in their
works. The authorship of this work was ascribed to
Emmanuel Maignan (1601-1676) after researches
carried out by Paolo Portoghesi and Filippo Camerota (Camerota 2000a). Maignan was a Friar from
the Order of Minims who used to live and teach in
Rome in the Convent of Trinità dei Monti for some
years. These scientific wonders are divided into a list
of 21 numbered points that seem to represent the
whole scientific-experimental knowledge of the time
in the fields of optics, gnomonics, existence of void,
acoustics, magnetism, and so on. In this paper the
focus is the analysis and digital reconstruction of the
devices related to gnomonic science, even if all the
scientific devices and the villa have been completely hypothesized via digital tools (Bortot 2020), [fig.
1]. We have supposed the villa was oriented northsouth, with the main façade looking to south.
Point number one and two: the automaton and the
dark room sundial
The first point of the manuscript describes a sculpture representing Pope Innocent X (named “our
holiest Lord”, an expression used to indicate the
Pontiff at the time) located in the main hall of the
villa. A possible reference to this sculpture - which
spanned the centuries as it is outlined in point
1 - is perhaps recognizable in the bronze artwork
by Alessandro Algardi (1595-1654), dated back to
1645 and currently hosted in Roman Capitoline
Museums. This hypothesis is confirmed by the pontiff ’s pose which displays a foot coming out from
his long shirt, as indicated in the manuscript, although this detail was a standard canon in the sculptural style of the time depending on the subject. The
foot position is very important because it was supposed to be reached by a sunbeam every year on the
day of the Pope’s election, as mentioned in point 2.
2.
2.
Reconstruction of
mirabilia number 1
and 2: calculation
of the trajectory of
a sunbeam on the
15th of September
at 10 in the
morning (Graphic
elaboration by the
author).
→ Architettura, geometria e astronomia
109
According to what is reported in the chronicle by
Andrea Taurelli, the election to the papal throne
of Giovanni Battista Pamphilj (1574-1655) took
place on the 15th of September 1644 at 10 in the
morning (Taurelli 1644, p. 22). Another important detail is the fact that at the latitude of Rome
(41°53’14’’ approximated to 42°, not indicated by
Maignan in his manuscript) the height of the Sun on
the horizon at 10 am was 38° 49’. Every year, in that
day and at that precise time, the solar ray would have
activated a mechanism capable of raising the papal
cap up to show a dove hidden inside. The letter written by Borromini shortly describes the same scientific game even and underlines the classical heritage of
the device, considering it as a “thought practiced by
the ancients, and reported by Baronio”.
The advice was to place the statue of the Pontiff in
the southern area of the hall, according to the hypothesis of letting the sunlight pass through the
main access door to the villa. Whereas the obliqueness of the sunbeam in that hour and the presence
of shadows produced by the loggia on the southern
side, convinced us that a similar effect would have
been easier to obtain by forming a circular small hole
on the façade, at the height of the first level, following a practice used for the so-called ‘darkroom sundials’.
In order to build what is described in the three-dimensional digital environment, an ideal cone of
light (an oblique circular one) was used: its vertex
was placed in the center of the entrance hole of the
ray and the directrix was supposed to be the circumference described by the Sun in its apparent motion
on the 15th of September. The intersection of this
cone and the floor of the main hall produced a hyperbola indicating the path of the solar projection
from sunrise to sunset that day [fig. 2]. This period was quite ideal considering the impediments to
the light generated both by architectural elements
on the façade and by the interior walls of the villa.
According to the simulations carried out, the effective projection of light crosses the environment from
a timeframe going before 10.00 a.m. up to approx.
noon. However, a particular attention was given to
that specific generatrix of the cone of light representing the direction of the solar radius at 10.00
a.m.: when we established the point of intersection
between the sunbeam and the floor, we decided to
place the statue of Innocent X [fig. 3].
We were doubtful about the expedient through
which the statue could move: first, we thought of a
tube filled with mercury (or perhaps alcohol) hidden
in the Statue [fig. 4]. This conduit could have connected Pope’s foot with his head and, thanks to a sort
of small piston, it would have probably processed the
opening mechanism of the Pope’s hat showing the
110
3.
3.
Pope Innocenzo
X’s statue located
in the main
hall (Graphic
elaboration by the
author).
4.
4.
Small tube
containing a liquid
that may overheat
due to a sunbeam
touching the Pope’s
foot (Graphic
elaboration by the
author).
5.
5.
René Descartes,
Traité de l’homme
(Parigi 1662),
illustrations
showing the
human perceptive
mechanism of
external stirring.
Alessio Bortot
dove due to a certain pressure exerted by the fluid
heated by the sunbeam. Obviously, this is a simple assumption that would have given an essential
weight to the dove and the cap. What’s more, perhaps a biconvex lens would have been used to amplify the heat of the macula in the moment of his
transit on the Pope’s foot. The apparatus would have
certainly required specific astronomical knowledge
by its hypothetical maker who could have sourced
information via experiments in the fields of pneumatics or hydrostatic pressure.
In conclusion, we dare to affirm that this mirabilia would have been probably appreciated by René
Descartes if we consider his Traité de l’homme, and
in particular, the passage wherein the philosopher
explains the process by which the human body reacts to external stimuli through the action of animal
spirits. The illustration aims to schematize this assumption [fig. 5] and the explanation along it, but
it seems to be particularly evocative in relation to the
first points of the manuscript.
Point number 6: the catoptric sundial
In Maignan’s manuscript point number 6 there is a
description of a sundial which does not employ the
traditional shadow projected by a gnomon, but a
small mirror positioned on a windowsill enabling to
reflect sunbeams on the hemispherical ceilings covering the towers situated in the north-eastern and
south-western corners.
The direct reference to this mirabilia is represented by the sundials created by Emanuel Maignan in
Rome. The first is located in the cloister of Trinità
dei Monti and the other one in Palazzo Spada - not
neglecting the ones that the Minim built before
his stay in Rome in Aubeterre (Dordogne), Toulouse and Bordeaux (no more visible), as affirmed
by Jean-François Niceron (1613-1646), (Niceron
1638). According to Gianni Ferrari the most ancient
catoptric clock (now only partially visible) was created by Nicolaus Copernicus in one of the towers
in the Castle of Olsztyn in Poland approximately
in 1520 (Ferrari 2005). Maignan even authored a
book on solar clocks entitled Perspectiva Horaria
(Maignan 1648). According to the treaties instead,
the oldest one dealing with this subject - although
not as detailed as the Minim Father’s creation - is
the Compendiosa introduttione alla prima parte della
specularia by the Jewish Raffaele Mirami, written in
vernacular and published in Ferrara in 1582. There
is also another one published by the German Jesuit Georg Shonberger in 1622 (Shonberger 1622),
and obviously the one by Athanasius Kircher (16021680) (Kircher 1635) on the same subject. It is important to confirm that Mirani’s summary work was
dedicated to the catoptrics in general explaining the
→ Architettura, geometria e astronomia
physical-geometrical principles, the applications to
the perspective views in addition to gnomonic ones.
In the first pages the author claims to have been inspired by Euclid: “ad Euclide, à Vitellone ad Alhazeno, et altri, che dottamente ne scrissero,” while and
when he had to explain the practical ramifications
of such matter, he refers to the use of “tali principi
per illuminar luoghi oscuri, per voltare alcune sorti
d’ombre [...] per fare Horaloggi e per trasportarli da
un sito all’altro” by introducing ‘specularia’ (Mirami
1582).
This digital twin of Maignan’s device was built and
inspired by the catoptric clock on the first floor of
Trinità dei Monti Convent. There are four time
measurement systems in this device: the system of
‘hours temporarie’, ‘Italic hours’, the ‘babilonian’ and
finally the one of ‘astronomical hours’. In the sumptuous astrolabe in Palazzo Spada (1644) - whose
creation is probably due to Maignan’s experience at
the Trinità dei Monti - the clock can also be read
at night through a moonlight projection. In fact this
device involves a circular wheel conceived for both
daytime and nighttime reading.
Faithful to Maignan’s assumption “any sundial is a
certain projection of a sphere and its circle toward
some flat surface or any other kind of it” (Maignan 1648), we have reconstructed an ideal celestial
sphere related to the latitude of Rome. We identified
the various hour lines and references on its surface
thanks to the intersection with some fundamental
geometric entities such as cones, sheafs and stars of
plans made of light. The center of the sphere with its
fundamental entities was then positioned in correspondence with the center of the mirror located on
the windowsill [figs. 6-7]. At this point the geometric light entities have been intersected one by one
with the spherical vault covering the circular environment. Therefore, they have been intersected with
parts of the walls over the ideal plane where the mirror was located and they generated a dense network
of curves visible from the inside of the room [fig. 8].
Maignan suggests that geographic places of the
world should be aligned along the projection on the
spherical vault of a perpetual rainbow obtained via
a tool, Iride Horariae Dioptricae, in order to identify the midday time throughout the world. In other
words, the position of the arc will indicate the parallel where the Sun is located during the year, showing
the specific places every day in which the star is at
its zenith. Book IV of Perspectiva horaria is entirely dedicated to the explanation of how to achieve
these refraction sundials, but not only: Maignan
writes about the topic of the iris, produced by the
afore-mentioned instrument, mentioning to the
reader that he had already discussed on the same
concept in Book III concerning catoptrics, exactly
111
6.
6.
On the left,
celestial meridians
and parallels
derived from the
intersection of the
room to host the
catoptric clock with
the spherical vault;
on the right, the
lines representing
sun declinations
(Graphic
elaboration by the
author).
7.
7.
On the left, the
astronomic and
unequal hour lines
derived from the
intersection of the
room to host the
catoptric clock
with the spherical
vault; on the right,
the Italic and
Babiloninian hour
lines obtained
with the same
process (Graphic
elaboration by the
author).
112
Alessio Bortot
in Propositio CXI. The Minim Father writes in Propositio LXVIII, Book IV: “The reflected light shows
only the candor that is in its nature. Instead, when
it is refracted according to the way and the amount
of refraction, it becomes yellow, green, purple and
blue. So, given these assumptions that I said in the
place mentioned (Book III, Propositio CXI) I will
add to it only the refraction for exposing the perfect
iris, i.e. with many colors, the only missing thing to
what I said before” (Maignan 1648, p. 684). Then the
iris mentioned in relation to the catoptric clock is
only an arc of light ‘with candor that is in its nature’.
Then it begins the explanation of how to achieve this
→ Architettura, geometria e astronomia
iris, this time dioptric: “Prepare then a mirror made
of crystal, perfectly cylindrical, very well polished
around its circumference”. Maignan proposes to set
the device with a cylinder made of (not reflecting)
glass, otherwise not mirroring, although he defines
it as “a mirror”. Such a diaphanous solid could be reflective only under particular conditions of light, for
example, if exposed to the penumbra or illuminated
by grazing light.
Then Maignan keeps on explaining how to produce
the iris. In this case it’s an authentic rainbow, more
glaring through the use of the cylinder diaphanous:
“nevertheless you can obtain more vivid colors if you
8.
Perspective view of
the south-western
room from below;
in the center the
projection of the
sunbeam (Graphic
elaboration by the
author).
8.
113
make some grooves on the cylindrical surface of the
mirror […], small and in very frequent intervals and
equal, because the effect of the rainbow would be
nicer if these facets [those regarding the grooves],
come in succession one after the other. In fact in this
way the rainbow would be interrupted and it would
not be a continuous arc but necessarily an arc with
some breaks” (Maignan 1648, pp. 684-685). In order
to obtain the desired effect, it will not be sufficient to
smooth the outer surface of the crystal cylinder, but
also highlight the generatrices by slicing them, somehow amplifying the refractive phenomenon. From all
of this we can deduce that the term iris is indifferently used to allude both to a ‘white’ arc of light or to
an arc composed of rainbow colors. The term ‘mirror’
is even used to define reflective surfaces tout-court,
but also transparent surfaces such as glass that can
become reflective only in certain conditions.
The digital simulations refer to point 6 of the manuscript. As soon as the planar gnomonic mirror is
fixed on the windowsill, two distinct admirable effects will appear depending on whether conditions
using a catoptric or a dioptric cylinder mounted on
suitable supports. In particular, there will be a projection of a portion of an arc of light on the hemispheric vault, if the portion of the cone of light
reflected (produced by infinite generatrices of the
solar rays) intercepts (reflecting obliquely) a mirrored cylinder tilted in function of the coverage area
to be illuminated. Otherwise, we will see an arc of
a refracted circle, now deconstructed in rainbow
colors [fig. 9], intersecting the cone of light reflected
with a cylinder of a transparent material, whose axis
must be placed orthogonally to that of the reflected
cone [fig. 10]. In short, it is once again a problem due
to conical sections, already explained by Apollonius
of Perga in the II century B.C.1, no more connected
to a small object but to phenomena of astronomical
nature.
gested in the manuscript, we realize that the wavy
pattern of the scale indicated in Borromini’s plan,
wouldn’t have been suitable for the production
of the apparatus imagined by Maignan. The other solution (as arisen in the documents) would be
the most canonical double staircase, only sketched
in the drawing attributed to Virgilio Spada. Also in
this case, however, the parallelism between the steps
of the first flight and the orthogonality (related to
the second one) are difficult to be combined with
the framework resulting from Italic and Babylonian
hour lines. In our digital hypothesis we preferred not
9.
Interior perspective
view of the
catoptric solar
clock with the
projection of the
rainbow on the
vault obtained
with Iridi Horariae
Diopticae
tool (Graphic
elaboration by the
author).
10.
Cylindrical lens with
external grooving
to decompose
the sunbeam
on its apparent
spectrum (Graphic
elaboration by the
author).
9.
10.
Point number 9: a casting shadow sundials
Among all the wonders digitally interpreted in three
dimensions (as described in Maignan’s manuscript
and in the letter addressed to Cardinal Camillo Pamphilj) the wonder illustrated in point number 9 is probably the one that most ‘betrays’ Borromini’s project. It had to do with the construction
of the main staircase of access to the villa in a way
that the edges of the steps played the role of hour
lines related to Italic and Babylonian hourly systems.
These time system layouts are easily recognizable
because the hour lines, unlike those involving astronomical and unequal clocks, do not converge in a
single point.
Observing the system of straight lines originated
from overlapping two types of solar clocks sug-
114
Alessio Bortot
to adapt the stairs indicated in the drawings, but we
opted for a new one starting precisely from tracing
two hour systems. First of all, it is important to claim
that it is a casting shadow sundial with a horizontal
quadrant and equipped with two gnomons, represented by the lifted forefingers of both the statues.
In digital environment, as soon as we fixed the position of the two statues, we positioned the center of
the ideal sphere (with Italic plans) on the tip of the
sculpture’s raised forefinger on the right side and the
center of the star of Babylonian plans in a symmetrical position considering the villa’s façade [fig.
11]. The next step has required the intersection of
the two stars with planes passing through the hypothetical position of the single treads. The steps
thus obtained, albeit with an irregular configuration,
respect the idea suggested in point 9 of the manuscript and presented in Borromini’s letter [fig. 12].
In this latter the architect describes approximately the same apparatus even assigning a calendar
function to the clock. As a general rule, the two
clocks would have worked in a range between the
twelfth and the twenty-second hours for the Italic system and from time zero to the tenth for the
Babylonian one. We preferred not to mark the hour
numbers on each step in the digital reconstruction basically due to an idea. As a matter of fact, we
like thinking that these scientific games drafted by
Borromini and Maignan not always declare openly their presence, but rather generate architectural
forms of space preserving their basic mathematical
function as hidden aspects. Certainly, every day, from
sunrise to sunset, the shadow of fingers cast by the
two statues [fig. 13] would go up to the steps one by
one, but only the ‘scientists’ would have seen a sundial in this architectural element.
11.
11.
Reconstruction of
mirabilia 9 through
the intersection
of Italic and
Babilonic planes
with ideal planes
containing step
treads (Graphic
elaboration by the
author).
12.
12.
The main staircase
to enter the villa
according to the
reconstruction of
mirabilia 9 (Graphic
elaboration by the
author).
→ Architettura, geometria e astronomia
115
Point number 11: the dioptric sundials
The tank with gnomonic function described in passage number eleven refers to the theoretical discussion of these kinds of tools that Maignan analyzed
in the fourth book of his treatise entitled Dioptrice
Horaria sive Horographiae Gnomonicae.
It is an astrolabe whose hour lines are drawn on the
bottom of the tub considering, in this case, the refraction undergone by the rays of the Sun or by the
shade of the stylus in their passage from air to water
surface. Before describing how to make these apparatuses, the Minim Friar underlined the importance
of the refractive phenomenon produced by the atmosphere, essential to be considered during astronomical observations.
The oldest text about refraction clocks was written
by Giovambattista Benedetti in 1574 (Benedetti
1574); in addition, in the same field, follows the volume by the pupil of Guidobaldo Dal Monte, Muzio Oddi (1569-1639), (Oddi 1614). According to
Nicola Severino2, the text in which the topic is extensively developed would be that of the Jesuit George
Schoenberg dated back to 1622 (Schoenberg 1622),
few decades before the publication of gnomonic
treatises by Kircher (1635) and Maignan (1648).
Parts of these tools are usually present in the form
of small-scale hemispherical cups equipped with a
space where a compass is placed, functional to the
alignment of the local meridian, as we can see in the
sample displayed in Galileo Museum or as it is illustrated in one of plates in Maignan’s treatise. In
this book, the ‘Neptune or Triton’ suggested in the
manuscript for Villa Pamphilj is replaced by a unicorn (“Monoceros”) functioning as a gnomon3. Instead, the oldest literary reference would be a biblical
episode where a displacement of the shadow in King
Achaz ‘s sundial (736-721 B.C.) is described in the
same way as it appears finely engraved in the upper
edge of a cup with gnomonic function, created by
Georg Hartmann in 1547 (Colombo 1993).
However, the apparatus described in point 11 of the
reminder does not refer to a small cup but to a pool;
in fact, in the handwritten it is defined as a “very big
pot”. Perhaps the Minim Friar referred to a further illustration of the treatise (used as a model for
our digital reconstruction) in the chapter concerning catoptrics that clearly shows the deformation
of hour lines drawn on a planar surface, if they are
projected onto a concave one. A quite big copy of a
similar device is still visible in the garden of Ducal
Palace of Urbino (Panicali 1988, pp. 122-129).
As hour lines on a concave surface are curves, in order to draw each of these it is necessary to have a
considerable number of points corresponding to the
coordinates of altitude and azimuth of the Sun. Not
only. Given the fact that these rays will be deviat13.
13.
Perspective view
from above and
simulation of
shadow projection
of the statues on
the gnomonic
staircase. (Graphic
elaboration by the
author).
116
Alessio Bortot
ed because of the phenomenon of dioptric, it will
also be important to know the angle of deviation
after the passage from air to water. Nowadays we
know that the refractive index of water (n) is assumed to be equal to 1.33. Thanks to the tool shown
in the Perspectiva and taking as a sample a certain
number of days, Father Maignan was able to write
down the angles of deviation in precise tables, concluding that the index of refraction had to vary for
the air/water in a range between 1.28 and 1.33 at
the latitude of Rome. Finally, in order these devices
properly work, they need to be positioned perfectly
horizontal, especially if designed as mobile tools.
Going back to the reconstruction of the digital dioptric clock of point 11, given the extreme complexity
of the calculation of hour lines, and believing in the
importance to point out, in this case, the ‘installations’ proposed by the monk and the architect, we
preferred to produce an approximated digital mod-
el, visually plausible but without the analytical rigor
required for its real functioning. So, the proposed
method would not be really valid if the fountain
was actually filled with water because the marked
lines would be subject to a mutual contraction. Once
again we used the ideal celestial sphere built for the
latitude of Rome whose center (with some geometric fundamental entities) was positioned at the tip
of the gnomon. In particular, between the various
time systems, we selected the Italic and the Babylonian one, the astronomical hours and the cones
related to declinations of the Sun over the year.
These entities were then intersected with the bottom
of the tank, obtained by subtracting from the total
volume a half ellipsoid of rotation [fig. 14]. Specifically, the lines of declination of the Sun are the
result of the intersection between a star of cones
and the aforesaid surface of revolution, thus resulting hunched curves. All the other elements are
14.
14.
Reconstruction
of mirabilia 11
through the
intersection of
the garden tank
with gnomonic
function with the
Italic, Babilonic and
astronomical hour
systems (Graphic
elaboration by the
author).
→ Architettura, geometria e astronomia
117
arcs of ellipses arising from the intersection of the
surface with a double curvature and plans variously arranged in the space. The tank thus obtained
was finally located in the place indicated by Maignan: “Ante porticum Meridionalem”. The comparison
between the two renderings created, one with the
tank filled with water and the other empty [fig. 15],
at least can give an idea of how the projection of
a shadow changes and, consequently, the pattern of
clock lines varies.
Conclusion
The list of solar clocks described by Maignan in his
handwritten for Villa Pamphilj seems to be conceived to connect gnomonics to optics. The same
approach is recognizable in the structure of the Perspectiva Horaria where after a general overview on
the fundamental concept about gnomonics (Book
I), the author considers the solar clocks employing
a direct projection (Book II), then the catoptric ones
(Book III) and finally the dioptrics (Book IV ). It
is interesting to highlight that an analogous order
can be seen in La Perspective Curieuse (1638) by Niceron concerning the main types of anamorphoses,
but also in the Dioptrique by Descartes (Descartes
1637). Optics and gnomonics relation is due to universal laws. More in detail, this is particularly true if
we take into account the frontispiece of the Perspectiva Horaria: the engraving shows the ‘mother perspective’ who is explaining to her daughters - Optics, Catoptrics and Dioptrics - the laws to trace all
the typologies of sundials.
Notes
1. From the treatise on conic sections by Apollonius only
four of the eight volumes have been preserved: one in
Greek, three in Arabic; the latter would have been rebuilt by Alhazen. Many of the works related to the classic
science spread in Europe from the Renaissance period on
(Russo 2003, pp. 25, 181).
2. Severino 2014. Storia dell’orologio solare a rifrazione,
all’indirizzo. <http://www.nicolaseverino.it/> (consulted
on the 23th of November 2014).
3. Filippo Camerota claims that in a Kircher’s version of the
dioptric instrument (described in the Ars Magna) a floating siren appears in the center of the tank, provided with
a gnomonic mirror and held in position due to a magnet
placed on the bottom (Camerota 2000b).
118
15.
15.
Above, the shadow
projection of
the gnomon on
the garden tank
filled with water;
below, the shadow
projection of the
gnomon on the
empty tank in
order to highlight
the different
length of the cast
shadows (Graphic
elaboration by the
author).
Alessio Bortot
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→ Architettura, geometria e astronomia
119
James Turrell,
Alpha tunnel.
Roden Crater,
Arizona, 2009
(foto dell'autore).
Abstract
Spazio e tempo nel Roden
Crater di James Turrell
Un’opera visionaria in cui architettura, ingegneria, astronomia, archeo-astronomia, fisica, geologia e antropologia si fondono a formare un luogo di luce,
spazio e tempo Il progetto artistico che il saggio illustra consiste nella realizzazione, all’interno di un cratere vulcanico spento, situato nel Painted Desert
(AZ, USA), di un insieme di camere ipogee, collegate da tunnel e predisposte
per accogliere la luce desertica, diurna e notturna, offrendola ai visitatori secondo modalità sperimentate da James Turrell nelle sue celebri installazioni.
Parole chiave
A visionary work in which architecture, engineering, astronomy, archeo-astronomy, physics, geology and anthropology are fused to create a place of
light, space and time. The artistic project illustrated in this essay consists in
the creation, within the crater of an extinct volcano in the Painted Desert
(AZ, USA), of a suite of underground rooms, connected by tunnels and so
laid out as to let in the desert light by day and night, offering it to visitors in
modes experimented by James Turrell in his installations.
Geometria
Astronomia
Land art
Modellazione digitale
Archeo-astronomia
Agostino De Rosa
Università IUAV di Venezia
→
[email protected]
121
Introduzione
Il mio primo incontro ‘fisico’ con James Turrell risale
al Settembre del 2004, a Parigi dove lo raggiunsi per
l’inaugurazione di una sua mostra, presso la galleria Almine Rech. A partire dal 2002, avevamo avuto
modo di sentirci frequentemente al telefono e via
e-mail perfezionando, inconsapevolmente, le condizioni di quell’incontro che, almeno per me, risultò
fatidico. Ad accogliermi nella hall dell’Hotel du Boucy
trovai, oltre a sua moglie, Kyung-Lim Lee, un uomo
ad un tempo mite e deciso, esatta incarnazione di
una tipologia di sincero e devoto quacchero che imparai presto a riconoscere e ad apprezzare. La barba e i capelli canuti, nonostante la relativa giovane
età, delineavano i tratti somatici più di un profeta
biblico che di una delle star del panorama artistico
internazionale. L’affabilità dei modi e la profondità
dell’attenzione prestata ai contenuti della conversazione che andava dipanandosi, nonostante le inevitabili trappole linguistiche in cui cadevamo reciprocamente, mostravano la sua straordinaria attitudine
all’ascolto, controbilanciata solo dalla generosità di
informazioni tecniche che, nel corso delle successive
tre ore, elargì a profusione. In quell’occasione, Jim
ebbe modo di vedere de visu, per la prima volta, le
elaborazioni digitali che l’équipe da me diretta, presso l’Università IUAV di Venezia, aveva realizzato nei
due anni precedenti. Si trattava dei disegni, dei rendering e delle animazioni ottenute da un clone digitale di un progetto al quale l’artista californiano
aveva dedicato gli ultimi trent’anni della sua vita, il
Roden Crater project e che noi avevamo tentato di ricostruire, sfruttando le potenzialità fornite dai nuovi strumenti di rappresentazione eidomatica. Avevo
sentito parlare di quest’opera, monumentale nella
concezione e sbalordente nei contenuti, molti anni
prima, precisamente nel 1993, durante un soggiorno
di studio in California: il progetto consisteva nella realizzazione, all’interno di un cratere vulcanico
spento [fig. 1], situato nel nord-est dell’Arizona, di
un insieme di camere ipogee, collegate da tunnel, anch’essi sotterranei, predisposte per accogliere la luce
desertica – diurna e notturna – , offrendola così ai
visitatori secondo modalità che l’artista aveva sperimentato in vitro nelle sue celebri installazioni luminose. Ogni camera avrebbe anche svolto una funzione astronomica, orientata com’era, grazie ad apposite
aperture, verso una specifica regione celeste in cui
sarebbe avvenuto un particolare fenomeno solare, lunare o stellare. Naturalmente, cercai di reperire tutto
il materiale bibliografico disponibile sull’argomento,
scoprendo, tra gli altri, il sublime e insuperato testo
di Craig Adcock (Adcock 1990) che al Roden Crater
project aveva dedicato un intenso e dettagliatissimo
capitolo. Le molte letture mi convinsero dei profondi fondamenti scientifici di quest’opera che, per
essere concepita e realizzata, sembrava richiedere un
122
coacervo di competenze impressionante: architettura, ingegneria, astronomia, archeo-astronomia, fisica, geologia, antropologia etc., erano discipline che
sembravano trovare un comune orizzonte applicativo nell’opera visionaria di James Turrell. Ad un giovane dottorando in architettura, all’epoca, suonava
altresì non casuale che il Roden Crater si configurasse
come l’apice, fin’ora mancante, di un ideale triangolo
‘di frontiera’ che vedeva in Taliesin West (nei pressi
di Scottsdale) di Frank Lloyd Wright e in Arcosanti (a settanta miglia a nord della città di Phoenix)
di Paolo Soleri gli altri due vertici: tutte le tessere,
geografiche e culturali, del mosaico sembravano
ora disporsi coerentemente, a conferma dell’immagine canonica di un ovest americano in cui i sogni
e le utopie artistiche potevano trovare un luogo di
compimento. Conoscevo le opere di altri protagonisti della Land art americana, ma nessuna ai miei
occhi poteva rivaleggiare, per complessità e caratura
spirituale, con il Roden Crater project [fig. 2]. I disegni allora disponibili, eseguiti dallo stesso Turrell
a partire dal 1974, o da alcuni architetti, grazie alle
generose donazioni del Conte Giuseppe Panza di
Biumo, mostravano i rilievi topografici del cratere ai
quali venivano sovrapponendosi le piante dei futuri
spazi ctoni; le sezioni mongiane, praticate sul corpo
del vulcano spento, rivelavano arcani allineamenti
di tunnel e spazi con specifici punti della volta celeste; modelli fisici in scala dei singoli ambienti ne
1.
1.
Veduta da sud
ovest del Roden
Crater, Arizona (foto
dell’autore).
Agostino De Rosa
rivelavano caratteristiche configurative molto prossime alle scelte formali degli architetti rivoluzionari francesi o a quelle dei minimalisti americani e
giapponesi contemporanei. La reale comprensione
del progetto e delle sue plurime funzioni, terrestri e
siderali, tuttavia, era affidata principalmente alle descrizioni verbali fornite dallo stesso Turrell e raccolte, da intervistatori occasionali o da storici dell’arte,
in articoli e saggi. Mentre gli anni passavano, non
perdevo interesse per l’attività dell’artista americano,
approfittando di qualsiasi occasione si presentasse
per rinnovare la conoscenza, diretta o indiretta, della
sua opera: si sapeva però che i lavori al cratere procedevano a rilento, sia per questioni economiche, che
per le difficoltà tecniche implicite nelle operazioni
di scavo in blocchi di magma solidificato, e nel rispetto di precisi allineamenti astronomici da parte di
ogni singolo elemento tettonico. Nel 2000, personali
vicende accademiche mi condussero all’allora IUAV
(Istituto Universitario di Architettura di Venezia) in
veste di docente, e in quel nuovo ruolo decisi di inaugurare un filone di ricerca sul carattere interdisciplinare dell’opera di James Turrell: più o meno risale
a quegli anni l’idea, sincrona alla rapida evoluzione
dei programmi di modellazione e restituzione cromo-luministica computerizzati, di creare un modello digitale del Roden Crater project che cercasse di
prefigurarne, non solo il compiuto aspetto finale, da
un punto di vista architettonico e paesaggistico, ma
anche la funzione di osservatorio ad occhio nudo di
particolari eventi astronomici.
Il Roden Crater project
Le prime elaborazioni furono condotte sui documenti allora disponibili attraverso le pubblicazioni
inerenti il Roden Crater project, dunque mostrando
lacune e omissioni che solo l’incrocio di più fonti –
grafiche e scritturali – permise di limitare al minimo:
in particolare, le animazioni degli effetti del moto
solare, virtualmente ricreati in alcuni degli spazi
ipogei del progetto, iniziarono a mostrarci, sia pure
filtrata dal mezzo digitale, la natura esperienziale
che caratterizza l’opera, difficilmente restituibile attraverso i tradizionali mezzi di rappresentazione. Il
passo successivo era convincere James Turrell dell’interesse scientifico e documentale del lavoro dell’équipe veneziana, affinché ci affidasse la documentazione originale di progetto sorretta dalle sue preziose
spiegazioni: le finalità e il carattere di un’opera che
richiedeva tempi molto lunghi per essere completata,
si sarebbero potute comunicare più agevolmente con
le moderne tecnologie info-grafiche, e la nostra disponibilità, in tal senso, era totale. Così decidemmo
di offrirla a Jim, con semplicità e immediatezza, e
ciò fu reso possibile grazie all’attività di mediazione
del Conte Giuseppe Panza di Biumo, straordinario
collezionista e intellettuale italiano, che immediata→ Architettura, geometria e astronomia
2.
2.
Veduta del Roden
Crater dai ruderi
della casa della
famiglia Roden.
Painted Desert,
Arizona, 2009 (foto
dell'autore).
123
mente comprese la natura del nostro lavoro e, con
entusiasmo, se ne fece portavoce presso l’artista californiano. Infrante le prime barriere, i contatti con
James Turrell si fecero più frequenti e proficui, fino
al primo incontro diretto avvenuto, come ricordato,
a Parigi nel Settembre del 2004. Da allora, ho avuto modo di approfondire la conoscenza dell’uomo e
dell’artista nel corso dei molti incontri succedutisi in
Europa, e che sono culminati nel primo viaggio al
Roden Crater (Arizona, USA) avvenuto nell’autunno
del 2006, a cui ne sono seguiti molti altri, da solo o
con i miei studenti. È quasi impossibile descrivere
con parole la bellezza dell’opera, fin’ora compiuta limitatamente ad alcuni spazi (South Lodge [figg. 3-4],
South Space, Sun and Moon space [figg. 5a-c, fig. 6],
Alpha tunnel [fig. 7], East portal [fig. 8, figg. 9a-b]
e Eye of the Crater [fig. 10]) che però preludono al
suo futuro sviluppo: osservare delinearsi il profilo del
Roden Crater nella luce assoluta e adamantina del
Painted Desert, così mutevole e accogliente, già parla
- in un linguaggio sconosciuto e al contempo familiare - ad una parte del nostro inconscio. Il naturale
adattarsi del sistema percettivo alle inedite condizioni ambientali del sito, induce una progressiva predisposizione all’incontro con l’inaspettato che, una
volta palesatosi, si scopre articolarsi in forme radianti
e acustiche dalle risonanze archetipiche. I passaggi
graduali dal fulgore della luce naturale ai silenziosi
spazi ipogei ‘intossicati d‘ombra’, parafrasando Tanizaki Jun’ichiro (Tanizaki 1982), sono modulati con
sapienza da James Turrell attraverso vani caliginosi
immersi nelle viscere di una formazione geologica
che continuamente sciorina la sua storia secolare: lo
scopo dell’artista è quello di indurre una dilatazione
degli organi sensoriali così che il visitatore sappia
farsi massimamente cavo, ricettivo ad ogni presenza
fotonica, sia che essa giunga dal Sole, dalla Luna o da
stelle lontane anni luce, forse già estinte; ma anche
ad ogni suono, proveniente sia dai dintorni terrestri,
che dall’immenso spazio siderale che ci circonda.
Il primo giorno di visita, Jim ci consigliò di non
usare macchine fotografiche e telecamere, lasciando che per ognuno di noi si compisse l’esperienza
del Roden Crater: aderimmo forzatamente all’invito,
ma naturalmente l’artista aveva ragione. Le sollecitazioni visive e sonore, e più in generale sensorie, in
quel luogo sono così intense che è necessario solo
abbandonarsi ad esse, risvegliando il lato più istintivo, animale del nostro vedere e sentire: nessuna
pellicola fotografica potrà venire mai impressa dalla
luce che il nostro sistema visivo rielabora e che la
nostra antropologia interpreta; nessun registratore audio sarà mai in grado di restituire il carattere
immersivo del suono che viaggia circolarmente negli spazi e nei tunnel sotterranei, parendo provenire
da un passato così remoto, da farsi tutt’uno con le
note originarie delle creazione. La moderna e con124
3.
4.
3.
James Turrell,
South Lodge.
Roden Crater,
Arizona, 2009 (foto
dell’autore).
4.
James Turrell
South Lodge. Roden
Crater, Arizona,
2009. Il belvedere
rivolto verso il
Painted Desert (foto
dell’autore).
5a-5c
L’ingresso a tholos
del Sun and Moon
space. Roden
Crater, Arizona,
2009. Immagine
del monolite
collocato al centro
del Sun and Moon
space. Roden
Crater, Arizona,
2009. Fotografi:
a) Agostino De
Rosa b) Antonio
Calandriello, c)
Sissi Rosselli.
Agostino De Rosa
5a.
5b.
5c.
→ Architettura, geometria e astronomia
125
temporanea diffidenza nel credere che sia possibile
dare consistenza fisica, realtà materica, spessore costruttivo ad un sogno, qui si azzera, facendosi largo
una suggestione antica, apparentemente non rinnovabile ai nostri giorni. I progetti visionari popolano i libri di storia dell’architettura, così come i testi
sapienziali: l’immagine fugace, ricevuta in sogno da
un sovrano di un passato oramai remoto, conduceva
inesorabilmente alla costruzione di una città, il cui
perimetro murario mimava, amplificandolo, il confine di un recinto sacro; e così, la mistica ispirazione
che illuminava un profeta si traduceva in palazzi la
cui articolazione planimetrica e altimetrica parlava
un linguaggio iniziatico fatto di numeri e proporzioni accordate alle armonie celesti. Tuttavia, questa immaginazione superiore, capace di distanziarsi
dal pulviscolo della storia aspirando a collocarsi nel
piano dell’eterno, sembrava non registrare, oramai da
decenni, nuovi adepti capaci di sacrificare un’intera
esistenza perché quella visione fugace, quel sogno
fatidico di un universo sì evanescente, ma perfettamente coerente, potesse inverarsi in forme solide. Il
progetto del Roden Crater rinnova questa tradizione,
con una non trascurabile eccezione: Turrell non parla
la lingua degli iniziati, non permea di ermetismo i
suoi spazi sotterranei, ma si rivolge direttamente al
nostro sistema comunicativo più basico, quello sensoriale, sollecitandoci a compiere un’esperienza che
ci risvegli ad una soglia fisiologica, quasi biologica, di
attenzione alle modalità con le quali vediamo, sentiamo e percepiamo. Più che spiegarci il cammino, ci
invita a compiere il cammino; più che rappresentare
la luce, ci spinge ad immergerci nella vera luce, anche
se questa spesso assume la consistenza che le riconosciamo in ambito onirico.
Proprio dalla constatazione dei lunghi tempi previsti per il completamento del Roden Crater project è
dunque nata l’idea, maturata nel 2002 presso l’Università Iuav di Venezia e da me coordinata scientificamente, di realizzare un modello digitale interattivo
dell’intero complesso, grazie al quale fosse possibile
descrivere e documentare criticamente – sia dal punto di vista figurativo che tecnico-scientifico – il ruolo
che la luce, l’ombra e la lettura dei fenomeni celesti
svolgono e svolgeranno nella definizione degli spazi
architettonici progettati da James Turrell. I risultati di questa ricerca, condotti attraverso uno stretto
contatto tra l’équipe veneziana1 e l’artista californiano, hanno costituito il nucleo di una serie di mostre
(presso l’Aula Gino Valle dell’Università IUAV di
Venezia, ottobre 2007; la Galleria e collezione Panza di Biumo, Varese, giugno-agosto 2008; presso la
Galleria d'Arte Moderna, Palermo luglio 2009, Zentrum für Internationale Lichtkunst, Unna 2009; e il
Museo Solomon R. Guggenheim, New York 2011)
e dei relativi cataloghi2, in cui sono state (e saranno
in futuro) esposte, oltre alle ricostruzioni digitali di
126
6.
Il Sun and Moon
space come
camera oscura:
la proiezione
parastatica del
cielo sul monolite.
Roden Crater,
Arizona, 2009
Fotografo: Amos
Zampatti.
7.
L’Alpha tunnel.
Roden Crater,
Arizona, 2009.
Fotografo: Amos
Zampatti.
6.
7.
8.
Agostino De Rosa
8.
Alpha Space (East
Portal). Roden
Crater, Arizona,
2009 (foto
dell'autore).
9a-9b.
Veduta della
copertura
dell’Alpha Space
(East Portal). Roden
Crater, Arizona,
2009. Veduta
notturna del catino.
In evidenza, la
copertura dell’East
portal. Roden
Crater, Arizona,
2009. Fotografo:
Alberto Falasco.
9a.
9b.
→ Architettura, geometria e astronomia
127
10.
L’accesso interrato
all’Eye of the Crater.
Roden Crater,
Arizona, 2006 (foto
dell'autore).
11a-11b.
Vedute dello
skyspace all’interno
dell’Eye of the
Crater. Roden
Crater, Arizona,
2009. Sequenza di
vedute, al tramonto,
dello skyspace
all’interno dell’Eye
of the Crater. Roden
Crater, Arizona,
2009. Fotografo:
Alberto Falasco.
10.
11a.
128
Agostino De Rosa
ciascuna singola installazione, soprattutto gli inediti metodi combinatori dei così tanti saperi coinvolti
nell’opera di Turrell, definendo i ruoli che il progetto
e la sua rappresentazione geometrica giocano all’interno di ambienti che si situano al confine tra architettura tout-court, progettazione paesistico-ambientale e archeo-astronomia. Gli ambienti sonori delle
mostre sono state curate da un team di musicisti,
provenienti dall’area dell’improvvisazione jazz e da
quella della musica contemporanea ed elettro-acustica (Eivind Aarset, Maria Pia De Vito, Maurizio
Giri, Anja Lechner, Michele Rabbia e Huw Warren), che hanno scritto e improvvisato la colonna
sonora di un video digitale, prodotto da Imago rerum-Iuav, suggestivo dei futuri scenari - terrestri e
celesti - visibili nel sito.
Come è facile desumere, la ricerca artistica di James
Turrell nel Roden Crater project coinvolge molteplici
discipline e interessi, ma ognuna di esse ruota intorno ad un centro immobile, costante e onnipresente:
la percezione, soprattutto quella visiva, nel suo modo
di strutturarsi e de-strutturarsi attraverso l’impiego
controllato della luce, artificiale e naturale [figg. 11ab]. Come ha osservato Theodor Wolff l’opera di James Turrell ammette diversi livelli esegetici: “…come
motivata sul piano estetico; come una dimostrazione
accuratamente calcolata di certe leggi applicabili alla
percezione e alla cognizione umana; come un processo demistificatorio teso a incrementare la consapevolezza del funzionamento della relazione tra
l’uomo e il suo ambiente; come uno strumento per
investigare stati mentali sottilmente trascendentali o
metafisici” (Wolff 1985, p. 22). Nonostante Turrell
non attribuisca, almeno in apparenza, alcun significato mistico-religioso alle sue creazioni artistiche,
in esse è potentemente attivo l’archetipo della luce,
riconducibile alle sue radici quacchere, e alle correlate pratiche del silenzio e dell’accoglienza della
radiazione luminosa. I suoi spazi fin dagli esordi,
si servono di un vocabolario 'limitato' di elementi
che si combinano a seconda delle esigenze del luogo o della funzione, nel rispetto di un rigorosa sobrietà di soluzioni formali e scelte materiche [figg.
12-14]. La grammatica formale di James Turrell è
come fondata su una serie ristretta di segni la cui
elasticità e la cui bellezza, isolata o derivata dalla reciproca combinazione, ne fanno una serie di 'concetti assoluti', prossimi alle scelte linguistiche di un
importante architetto contemporaneo, Tadao Ando,
con il quale, fra l’altro, l’artista ha frequentemente
collaborato. Due elementi avvicinano decisamente il
modo di Ando e di Turrell di impiegare la luce nelle
loro realizzazioni: anzitutto l'idea che la luce possa
sinesteticamente trasformarsi in materia quasi tangibile, odorabile, udibile. Scrive Ando: "La luce dona
un'esistenza agli oggetti in quanto tali e relaziona lo
spazio alla forma. Isolato in uno spazio architettoni→ Architettura, geometria e astronomia
11b.
129
co, un raggio di luce indugia sulla superficie degli oggetti e evoca le ombre sul fondo. Quando l'intensità
della luce varia seguendo i cambiamenti temporali e
stagionali, anche l'apparenza degli oggetti muta. Ma
la luce non diventa oggetto, né prende forma finché
gli oggetti materiali non l'hanno accettata ed isolata"
(Ando 1984, p. 84). Per Turrell: "...lavorando con la
luce, ciò che è veramente importante... è creare una
esperienza di pensiero senza parole, rendere la qualità e la sensazione della luce stessa in qualche modo
realmente vicina al tatto. Spesso la gente si sporge
e cerca di toccarla." (Adcock 1990, p. 2). Il secondo
aspetto che lega i due personaggi è l'interesse per il
dissolvimento dei limiti spaziali: da un lato, James
Turrell ha sperimentato la possibilità di colmare un
ambiente o con una foschia luminosa e colorata tale
da essere difficilmente discriminabile il suo confine,
o con un'ombra tale che i contorni energetici dell'opera sono indistinguibili "…dalla luce idioretinale
prodotta nel nostro sistema visivo da una casuale
scarica nervosa"(Adcock 1990, p. 2); dall'altro, Tadao Ando sfrutta l'ombra per definire, all'interno dei
suoi edifici, delle terre ignote i cui confini fisici, puramente accademici, sono scalzati dalla mobilità di
fendenti luminosi che rivelano la natura più riposta
e rituale di uno spazio.
Conclusioni
Strumento teso ad ampliare i confini della percezione, ad implementare la conoscenza del mondo fenomenico, per James Turrell la luce non è veicolo di
informazioni, poiché essa stessa, e di per se stessa, è
informazione: "le mie opere non sono uno sguardo su
qualcosa, bensì uno sguardo dentro qualcosa; non il
posizionamento di una massa, ma l'intervenire nello spazio; non oggetti in una stanza, bensì la stanza.
Il formato non è costituito da cose all'interno di un
ambiente, ma è l'ambiente stesso." (Adcock 1990, p.
36). Turrell crea, con le sue installazioni luminose,
volumi di luce e ombra che vengono percepiti come
essenze fluttuanti, e l'osservatore è disorientato tra la
consapevolezza della loro immaterialità e l'illusione
che comunque esse costituiscano un'entità percepibile, talvolta più degli oggetti materiali. "Più che
essere incentrate sulla percezione (il che potrebbe ritenersi valido per l'arte minimalista o, complessivamente, per tutta l'arte), le immagini luminose di Turrell sono composte dalla percezione. I suoi 'oggetti'
sono luce e spazio, e sono così fondamentalmente
integrati con la percezione che sarebbe senza senso
separare queste opere dalla psicologia e dai processi
psicologici che esse disgelano" (Adcock 1990, p. 38).
Sorge allora la domanda se sia lecito, nel caso di simili opere, l’uso dei tradizionali metodi della rappresentazione geometrica e della teoria delle ombre
(anche attraverso i più sofisticati software di rendering digitale) per ricostruire i confini cangianti delle
130
12.
13.
12.
La rampa di
accesso al cratere.
Roden Crater,
Arizona, 2009 (foto
dell’autore)
Agostino De Rosa
loro apparenze. La risposta dovrebbe essere negativa;
le opere di James Turrell indicano l’inadeguatezza
dell'idea di una propagazione rettilinea della luce –
e dunque dell’ombra –, e alludono invece al modello quantistico, oggi prevalente, che tuttavia non ha
trovato ancora una coerente traduzione in termini
info-grafici; ma soprattutto quelle opere suscitano
in noi uno stimolo all’osservazione dei fenomeni
umbratili del tutto analogo a quello provocato dai
fenomeni luminosi, suggerendoci così di ridefinire in
qualche modo le leggi della visione, e più in generale della percezione sensoria. Forse il nostro occhio
interiore, capace di leggere le stratificazioni secolari
– fisiche e metafisiche – di un segno naturalmente iconografico come l’ombra, è stato abbagliato dal
concetto manicheo di una rappresentazione che, illuminando ogni angolo del suo edificio teorico, ha
risposto a necessità meramente razionali, a finalità
tettoniche o meccaniche. Così facendo probabilmente abbiamo smarrito uno dei valori aggiunti del
disegno che con la precisa descrizione delle ombre,
in un soprassalto di húbris (tracotanza), tenta di fissare sulla carta o nella schermata di un monitor il
moto eternamente cangiante del Sole.
Note
1. Il
14.
13.
Veduta delle
coperture
dell’Alpha Space
(East Portal) e
dell’Eye of the
Crater. Roden
Crater, Arizona,
2009 (foto
dell’autore).
14.
Veduta di uno
dei quattro
giacigli, orientati
cardinalmente,
dell’Eye of the
Crater. Roden
Crater, Arizona,
2009(foto
dell’autore).
→ Architettura, geometria e astronomia
gruppo di lavoro, coordinato dal sottoscritto, è composto dai membri dell’Imago rerum team. Le elaborazioni digitali del Roden Crater Project sono state eseguite
presso l’allora Dipartimento di Progettazione Architettonica (dPA) e il Laboratorio di Architettura Digitale (LAR)
dell’Università Iuav di Venezia, tra gli anni 2002-2007.
2. Per approfondimenti sui cataloghi si vedano i testi: (De
Rosa 2007, AA. VV. 2009, Sinnreich 2009).
Bibliografia
AA. VV. (2009). Terra e Luce. Dalla Gurfa al Roden Crater di
James Turrell. Land And Light. From Gurfa's cave to Roden
Crater. Milano: Skira.
Adcock J. (1990). James Turrell. The Art of Light and Space.
Berkeley, Los Angeles, Oxford: University of California
Press.
Ando T. (1984). Buildings, Writings, Projects. New York: Rizzoli International.
De Rosa A. (a cura di). (2007). James Turrell. Il Roden Crater
project. Geometrie di luce. Milano: Electa.
Sinnreich U. (2009). James Turrell: Geometrie des Lichts/ Geometry of Light. Stoccarda: Hatje Cantz Verlag.
Tanizaki J. (1982). Libro d’ombra. Milano: Feltrinelli.
Wolff T. (1985). Introduction. In Brown J. (a cura di).
Occluded Front, James Turrell. Los Angeles: Lapis press.
131
Giovan Battista
Magni (progetto
Emmanuel
Maignan), dettaglio
dell'Astrolabio
catottrico di
Palazzo Spada,
1644 (Fotografia
degli autori).
132
Abstract
Rappresentazione del Tempo
a Palazzo Spada tra immagini
e accadimenti
Gli interventi seicenteschi voluti da Bernardino Spada sulla sua residenza
romana ruotano intorno al tema delle proiezioni centrali e delle loro applicazioni. L’astrolabio catottrico gnomonico di Emmenuel Maignan (1644) è
al centro del sistema di trasformazioni e il presente saggio mostra la simulazione del processo progettuale e la verifica dell’accuratezza realizzativa in
relazione ai modelli geometrici di riferimento.
Parole chiave
The 17th-century interventions commissioned by Bernardino Spada on his
Roman residence centre around the theme of central projections and their
applications. Emmanuel Maignan's gnomonic catoptric astrolabe (1644) is
at the transformation system's core. This essay shows the simulation of its
design process and the verification of its construction accuracy in relation to
geometric reference models.
Gnomonica
Rilievo integrato
Modellazione tridimensionale
Emmanuel Maignan
Palazzo Spada
→ Architettura, geometria e astronomia
Laura Farroni
Università degli Studi Roma Tre
→
[email protected]
Matteo Flavio Mancini
Università degli Studi Roma Tre
→
[email protected]
133
Introduzione
Questo saggio raccoglie alcuni approfondimenti di
una ricerca in corso sugli episodi artistico-architettonici presenti a Palazzo Spada, realizzati durante la
committenza del cardinale Bernardino Spada e tenuti insieme da un filo conduttore: la rappresentazione del tempo tra immagini e accadimenti. Essa è
riconoscibile ancora oggi a prescindere dal momento
in cui è stata ideata, commissionata, e realizzata; tra
immagini di diverso tipo con richiami diretti e/o indiretti al tempo e accadimenti del palazzo, oggi gli
studiosi possono interpretarla a seconda della loro
sensibilità e cultura, perché essa è lì al di sopra delle
singole azioni umane, ad animare la wunderkammer
secentesca. Dagli affreschi cinquecenteschi risalenti all’impianto del 1548 e poi a quello del Seicento,
all’orologio solare catottrico gnomonico, alla galleria
in prospettiva solida accelerata di Francesco Borromini e di Giovanni Maria Bitonto, il tempo e la sua
rappresentazione si presentano sotto forme diverse, rivelandosi attraverso la pittura, l’architettura, la
scultura, in un continuo di rimandi e relazioni tra
reale e virtuale. Essi sono risultanti dall’uso di procedimenti e proiezioni geometriche, immagini, quindi, da considerare come esiti delle applicazioni delle
proiezioni centrali, prima tra tutte alla prospettica e
alla gnomonica che ha nell’Astrolabio, appunto, la
sua massima astrazione. Visibili all’occhio umano e
fruibili nella loro spazialità architettonica, rivelano
un unico disegno legato alla misura del tempo declinata in diverse narrazioni. L’intento degli autori è
cogliere, attraverso l’approccio scientifico disciplinare del disegno, il valore conoscitivo dell’immaginale,
che solo attraverso la considerazione della variabile
temporale, può essere individuato nel magnifico Palazzo Spada.
Bernardino Spada, la formazione
di un committente
La storia di Palazzo Spada e degli episodi artistici
che più lo caratterizzano è indissolubilmente legata
ai trent’anni di permanenza del cardinale Bernardino Spada (1594-1661) a Roma, alle sue passioni e al
contributo del fratello Virgilio (1596-1662) che, negli stessi anni, dimorava nell’Oratorio della Chiesa
Nuova e seguiva i principali cantieri della Roma barocca come elemosiniere segreto dei papi Innocenzo
X e Alessandro VII (Haskell 2020, p. 106). Entrambi i fratelli avevano ricevuto dal padre, Paolo Spada
(1541-1631), la passione per l’architettura e la costruzione, una caratteristica che attraverserà trasversalmente tutta la discendenza Spada e che porterà i
componenti della famiglia non solo a interagire con
gli architetti di volta in volta incaricati di seguire i
lavori, ma a partecipare attivamente alla progettazione, esorbitando il ruolo di committenti ed entrando
134
in conflitto con i responsabili dei lavori. Bernardino
indirizzò la sua passione per l’edificazione verso il
ruolo di committente rivelandosi tanto munifico e
originale quanto volubile e autoritario. Il susseguirsi senza soluzione di continuità degli interventi nel
palazzo romano e le critiche che il fratello Virgilio
inserisce a tal proposito nella biografia di Bernardino
ne sono testimonianza (Tabarrini 2008, p. 4).
Le origini romagnole della famiglia, Bernardino
nasce a Brisighella nei pressi di Forlì, e l’importan1.
1.
Frontespizio
con dedica a
Bernardino Spada
(Raccolta di tutti
li bandi, ordini, e
provisioni Fatte
per la città di
Bologna in tempo
di Contagio
Imminente, e
Presente, Li Anni
1628. 1629. 1630.
& 1631. Bologna:
Girolamo Donini,
1631).
te incarico di legato papale a Bologna nel triennio
1627-1631 spiegano le predilezioni artistiche e alcuni interessi del cardinale che si possono rintracciare
sia nella sua attività di committente che in quella
di collezionista. Negli anni bolognesi Bernardino
aveva avuto modo di apprezzare i grandi artisti di
figura emiliani, come Guido Reni e Giovan Francesco Barbieri (il Guercino), dai quali si farà ritrarre
in due opere ancora oggi presenti nella collezione
della Galleria Spada, ma anche quadraturisti virtuosi come Girolamo Curti (il Dentone), Angelo Colonna e Agostino Mitelli; questi ultimi due saranno
chiamati nel 1635 per realizzare le quadrature della
Sala grande (attuale Sala di Pompeo e/o Aula delle
udienze) (Cannatà 1992, pp. 39-42).
Il triennio bolognese fu un importante banco di prova per le capacità di Bernardino perché fu caratterizzato da un’epidemia di peste. La formazione del
Cardinale, il suo interesse per l’architettura, le sue
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
capacità di lettura della città e del modo in cui i cittadini la fruivano lo portarono a prendere numerosi
provvedimenti che riguardarono anche la costruzione di un nuovo lazzaretto fuori le mura. Ma le scelte
adottate da Bernardino, di cui si può avere conoscenza grazie alla Raccolta di tutti li bandi, ordini e provvisoni Fatte per la città di Bologna in tempo di Contagio
Imminente, e Presente, Li anni 1628. 1629. 1630. &
1631. Dedicata all’Emin.mo e Revr.mo Sig.Cardinale Spada Nel suddetto Tempo. Meritissimo legato di
tica e all’astronomia, che si intrecciavano indissolubilmente con il tema delle proiezioni centrali, della
prospettiva e delle sue varie applicazioni. Entrambi
detenevano nelle loro collezioni strumenti di misura
sia geografici che astronomici, conservati nella collezione della Galleria Spada, quelli di Bernardino, e
presso la Biblioteca Vallicelliana, quelli di Virgilio.
Proprio intorno a questi temi vedremo svolgersi i
maggiori interventi compiuti nel palazzo di piazza
Capodiferro.
2.
2.
Episodi artisticoscientifici
riconducibili
alle tematiche
del tempo e
dell’astronomia:
(a) Verità svelata
dal Tempo
(Galleria degli
Stucchi); (b) Globo
terrestre, 1630;
(c) personaggio
con cannocchiale,
1635; (d) astrolabio
catottrico, 1644; (e)
Sala del Sole con
pittura prospettica,
1653 (Fotografie
degli autori).
Bologna. In Bologna per Girolamo Donini Stampatore
Camerale MDCXXXL, non riguardano solo gli spazi
ma anche le modalità e i tempi d’uso da parte dei
cittadini e richiesero dunque, per la loro adozione,
una sensibilità alla misura e al controllo dello spazio
in termini previsionali, quindi temporali [fig. 1].
I fratelli Spada condividevano anche importanti interessi scientifici, in particolare quelli relativi all’ot-
→ Architettura, geometria e astronomia
Immagini e accadimenti a Palazzo Spada
L’attenzione alle trasformazioni edilizie e alla valorizzazione attraverso l’arte e la scienza da parte di
Bernardino è ben rappresentata dalla cronologia degli interventi sul palazzo (Farroni 2019). Nell’arco di
trent’anni di permanenza a piazza Capodiferro sono
numerose, infatti, le trasformazioni attuate sia imponendo un nuovo impianto, sia modificando quanto
135
esistente, rimaneggiando, spesso, anche ciò che era
stato appena modificato (Neppi 1975, Tabarrini
2008, Urcioli 2017, Farroni 2019).
I numerosi interventi decorativi promossi da Bernardino Spada si innestano sul preesistente ciclo cinquecentesco che non era estraneo al tema del tempo,
si pensi al dipinto La Verità svelata dal Tempo nella
Galleria degli Stucchi appartenente al ciclo pittorico
attribuito a Giulio Mazzoni e a maestranze francesi
(Cannatà 1992, pp. 39-42, Urcioli 2017, p. 65). Gli
interessi scientifici verso l’astronomia e l’interesse
per l’arte del Cardinale lo spingono verso opere su
cui era necessaria la sperimentazione dell’interazione
tra diverse discipline accumulando anche strumenti come i due globi, celeste e terrestre, realizzati da
Willelm Van Blaeu (1630 ca.), o richiamandoli, ad
esempio, negli affreschi di Angelo Colonna e Agostino Mitelli nella Sala di Pompeo (1635) dove un
personaggio viene rappresentato intento nell’uso di
un cannocchiale. Ma l’apice della speculazione teorico-pratica, nella quale la rappresentazione del tempo
è immagine e accadimento, si trova nella volta della
galleria del piano nobile, dove il Cardinale impone
la realizzazione dell’astrolabio catottrico progettato
da Emmanuel Maignan (1644) e dipinto da Giovan
Battista Magni. Il Sole, i raggi luminosi, lo specchio,
la sfera celeste e la dimensione temporale sono i protagonisti dell’opera. Il Sole trova al contempo una
ulteriore collocazione in altri ambienti della Casa
dell’Arco, acquisita dal Cardinale, nelle sale dette,
appunto, del Sole e dello Zodiaco (1653) [fig. 2].
Tra questi interventi, l’astrolabio catottrico è quello
più emblematico perché lega esplicitamente competenze astronomiche e proiettive per rappresentare la
misura del tempo e il moto degli astri e, dunque, materializza la sfera celeste sulla volta della galleria del
piano nobile, attuando un processo di indagine della
Natura svolto attraverso l’unione delle scienze matematiche in relazione ad una architettura esistente,
quella della volta a botte e delle pareti verticali, opache e finestrate. L’astrolabio del Maignan costituisce
il principio ordinatore del sistema spaziale seicentesco voluto dal Cardinale per la sua proprietà (Farroni
2019, pp. 28-30) che si innesta sul preesistente, lo
dilata e lo governa tenendo conto dell’esposizione
solare e appoggiando sull’orientamento nord-sud
due assi tra loro ortogonali. Su questo nuovo tracciato si aggancia lo sviluppo spaziale di numerosi
episodi artistici. In sintesi, il centro dello specchio
coincide con il centro della facciata sul cortile su cui,
a sua volta, si imposta l’asse della prospettiva solida
del Borromini, realizzata tra il 1652 e il 1653. Il centro dello specchio diviene il caposaldo di un sistema
dinamico, quello della prospettiva solida il cui asse
risulta ruotato di 131° rispetto al Nord. Non sono
estranee a questo tracciato neanche le posizioni dei
corpi scala, specialmente quello che sostituisce il corpo cinquecentesco a “U” verso il giardino grande. Si
3.
Planimetria del
piano terra di
Palazzo Spada
con evidenziati
i principali
allineamenti
individuati (Disegno
degli autori).
3.
136
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
può affermare, grazie alle campagne di rilievo effettuate dagli autori tra il 2018 e il 2021, che il sistema
astrolabio-cortile costituito nel 1644 permette alla
prospettiva solida del 1652-1653 di trovare la sua ragione di esistere in quel contesto, non rimanendo un
oggetto isolato, ma potenziando il progetto di una
wunderkammer a scala di isolato urbano [fig. 3].
A rafforzare questa affermazione vi è il confronto
tra i dati di rilievo della galleria solida e i disegni
di progetto conservati all’Albertina di Vienna. Tra
questi vi è il foglio Alb. AZ.Roma 335r [fig. 4], dove
è presente anche lo schizzo a mano libera di un Sole
nascente all’interno di un sistema architettonico voltato: la galleria solida costruita è ruotata di 41° rispetto all’Est. È emersa, inoltre, la coerenza tra l’idea
di progetto, rappresentata nei disegni dell’Albertina,
e l’opera realizzata: essa, infatti, si sviluppa tra due
piani “limite” quadrati (dati dalla disponibilità effettiva di spazio fisico). Un primo piano di ingresso
di 14x14 palmi e un piano di fondo di 7x7 palmi.
All’interno di questo intervallo, lungo circa 38 palmi (considerando che il piano di 7x7 palmi è letto
sulla penultima fila di colonne), viene sviluppato lo
scorcio, il cui controllo è gestito dalle interruzioni
presenti nella struttura (composta da quattro parti
indipendenti). Gli elementi architettonici (colonne,
trabeazioni, parti di volta) presenti in questo intervallo hanno diversi punti di convergenza (Farroni,
Mancini, Cecili 2022, pp. 73-87) [fig. 5].
La prospettiva solida accelerata è stata progettata,
4.
4.
Francesco
Borromini, schizzo
Alb. AZ.Roma 335r
(Albertina, Vienna.
Pubblico dominio).
5.
Galleria prospettica:
a sinistra, i
quattro blocchi
indipendenti; a
destra, in blu il
piano frontale con
le linee convergenti
degli elementi
del primo blocco
di colonne, in
rosso il piano
posteriore con le
linee convergenti
degli elementi
dell’ultimo blocco
di colonne (Disegno
degli autori).
5.
→ Architettura, geometria e astronomia
137
6.
quindi, anch’essa con criteri proiettivi all’interno di
uno spazio dato, con le stesse condizioni dell’astrolabio: dimensioni vincolate, orientamento vincolato, area di convergenza di un sistema proiettivo, lo
specchio per l’astrolabio e la statua sul fondo per la
prospettiva solida. La sezione trasversale del palazzo
passante sull’astrolabio catottrico e la galleria prospettica accelerata, quindi per lo specchio del primo e l’asse longitudinale della seconda, mostra un
sistema non riconoscibile attraverso statici punti di
osservazione ma, piuttosto, da percepire dinamicamente attraverso la fruizione del palazzo e quindi
legato allo scorrere del tempo [fig. 6].
Il progetto dell’astrolabio catottrico gnomonico
L’astrolabio catottrico tiene insieme il sistema di interventi seicenteschi alla scala dell’edificio ma coinvolge diversi elementi anche al suo interno: un raggio
di luce (solare e lunare), uno specchio che lo riflette,
una superficie curva su cui è rappresentato il quadrante che riceve l’immagine riflessa, un’architettura
che ospita l’ambiente in cui è dipinto il quadrante
che deriva a sua volta dalla proiezione gnomonica
della sfera catottrica orizzontale (Maignan 1648, Liber III Prop. XIX). La struttura e la composizione
formale del quadrante è quindi funzione delle caratteristiche della superficie che lo ospita, della confi-
7.
6.
Sezione trasversale
di Palazzo Spada
passante per
lo specchio
dell’astrolabio
catottrico e l’asse
longitudinale
della Galleria
prospettica. In
rosso i possibili
punti di traguardo
della galleria
(Disegno degli
autori).
7.
Emmanuel
Maignan,
Perspectiva horaria,
1648: da sinistra
a destra, Liber III
Prop. XIX, XX e
LXXV.
138
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
gurazione spaziale dell’architettura, delle sue dimensioni, del suo orientamento, della sua localizzazione.
La realizzazione dell’immagine, poi, è dovuta all’uso
degli strumenti scientifici per il rilievo e il riporto
delle misure sistematizzati, nel caso specifico, dallo
stesso Maignan (Farroni 2019, pp. 39-43).
L’astrolabio di Palazzo Spada viene descritto accuratamente nel trattato Perspectiva horaria (1648) di
Emmanuel Maignan e ciò ha permesso agli autori,
in possesso del rilievo dello stato di fatto, la verifica del rapporto tra la teoria espressa nel trattato e
l’applicazione pratica testimoniata dalla realizzazione romana. Il trattato, si ricorda, contiene presupposti teorici, come la concezione della sfera catottrica
orizzontale (Maignan 1648, Liber III Prop. XIX),
esemplificazioni concettuali (Maignan 1648, Liber
III Prop. XX) e operative (Maignan 1648, Liber III
Prop. LXXV) riguardanti la realizzazione di un orologio catottrico [fig. 7]. Seguendo le indicazioni del
Maignan è stato verificato il posizionamento dello
specchio e il tracciamento della linea meridiana sia
in relazione al palazzo (Maignan 1648, Liber II Prop.
XII) che all’interno dell’ambiente che deve ospitare
l’astrolabio catottrico (Maignan 1648, Liber III Prop.
XXXVI) [fig. 8].
La linea meridiana stabilisce il riferimento per la
proiezione di tutti gli altri elementi del quadrante
solare; perciò, il cambiamento di posizione del sistema specchio-linea meridiana comporterebbe una
diversa configurazione del sistema di linee proiettato
sulla volta che, a seconda della finestra considerata,
risulta sbilanciato rispetto all’ambiente con l’eliminazione della rappresentazione di parte delle ore
e quindi della misura del tempo durante il giorno.
La posizione dello specchio sull’asse centrale della
facciata rivolta a sud-est permette di soddisfare più
condizioni: maggiori ore di Sole, maggiore equilibrio tra le parti della composizione, ottimizzazione
quindi dell’ambiente che ospita l’astrolabio (Farroni
2019, pp. 33-39).
La rappresentazione del tempo nell’astrolabio catottrico di Palazzo Spada è ricca e articolata, esso contiene informazioni astronomiche, non solo orarie.
La rete di linee che si sviluppa è un sistema di otto
diagrammi, di cui quattro forniscono informazioni
sull’orario in altrettanti sistemi orari convenzionali
(ore italiche, babilonesi, temporarie e civili) e quattro
forniscono informazioni astronomiche sulla posizione dell’astro rispetto ai modelli geometrici della sfera
celeste (altezza, azimut, declinazione, case astrologiche). Ogni famiglia di linee ha una propria grafia nel
quadrante che permette di districare l’apparente groviglio generato dalla proiezione sulla superficie voltata. Esse consentono ad esempio di determinare il
mese in corso o la stagione, attraverso la lettura delle
coordinate celesti del Sole (Farroni 2019) [fig. 9].
8.
Verifica
tridimensionale
dei procedimenti
descritti da
Emmanuel Maignan
per tracciare la
linea meridiana
dell’astrolabio
catottrico
(Elaborazione
grafica degli autori).
Il rilievo della volta
La superficie voltata che accoglie il quadrante dell’astrolabio catottrico è stato oggetto, come già detto,
di un rilievo integrato eseguito con le tecniche laser
scanner e fotogrammetrica structure from motion. La
duplice acquisizione ha permesso di ottenere sia informazioni metrico-morfologico accurate, grazie alla
nuvola di punti da laser scanner, che dettagliate informazioni cromatiche, grazie alla mesh texturizzata
8.
→ Architettura, geometria e astronomia
139
9.
9.
Giovan Battista
Magni (progetto
Emmanuel
Maignan),
Astrolabio
catottrico di
Palazzo Spada,
1644 (Fotografia
degli autori).
140
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
10.
10.
Rilievo integrato
dell’astrolabio
catottrico: pianta
e prospetti
longitudinali della
volta della galleria
(Elaborazione
grafica degli autori).
→ Architettura, geometria e astronomia
141
11.
Rappresentazione
a curve di
livello e sezioni
trasversali della
volta della galleria
dell’astrolabio
catottrico (Disegno
degli autori).
11.
ottenuta dalla fotogrammetria. I dati metrici della
nuvola di punti laser scanner sono stati utilizzati per
scalare e orientare il modello fotogrammetrico, dotandolo quindi dell’accuratezza metrica necessaria
per la successiva analisi delle linee del quadrante in
relazione ai loro modelli geometrici di riferimento.
L’ambiente su cui insiste il quadrante dell’astrolabio
catottrico misura circa 21,30m in lunghezza e 3,40m
in larghezza, la volta imposta a circa 4,40m dal pavimento e presenta un’ideale linea di chiave inclinata,
in senso ascendete verso Est dove raggiunge i 2,50m
di altezza [fig. 10].
La rappresentazione della volta attraverso due schiere significative di sezioni - orizzontali a distanza di
10cm e verticali, passanti in corrispondenza delle finestre della galleria - permette una visualizzazione
immediata della morfologia del supporto murario
evidenziando alcune caratteristiche: il cervello del-
la volta sale di circa 40cm verso Est, dove si trova
la Galleria degli Stucchi; i vani delle cinque finestre
reali della galleria hanno forme sostanzialmente paragonabili, fatta eccezione per l’imbotte della finestra C che accoglie lo specchio ed è stata pertanto
oggetto di uno specifico intervento di ampliamento;
la linea di imposta sul fianco sinistro delle sezioni,
rivolto verso Nord, sul lato dello scalone d’onore,
mostra un progressivo innalzamento che culmina
in corrispondenza della finestra C per poi scendere
nuovamente [fig. 11] (Mancini 2019, p. 91).
Il piccolo davanzale della finestra centrale della galleria, corrispondente alla sezione C, ospita lo specchio dell’astrolabio catottrico che dunque si trova a
4,70m dal pavimento. Stando al modello geometrico della sfera catottrica orizzontale illustrato dallo
stesso Emmanuel Maignan nel suo trattato (Maignan 1648, Liber III, Prop. XIIII, XIX), alla stessa
12.
12.
Orientamento
geografico e
astronomico
dell’astrolabio
catottrico
(Elaborazione
grafica degli autori).
142
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
13.
13.
Individuazione
dei piani limite
che delimitano
il quadrante
dell’astrolabio
catottrico
(Elaborazione
grafica degli autori).
quota dello specchio dovrebbe trovarsi anche la linea dell’orizzonte del quadrante che però, nel caso
di Palazzo Spada, risulta essere 10cm più in basso
(Farroni 2019, pp. 36, 78).
La verifica di accuratezza di alcuni sistemi di linee
La prima operazione necessaria per procedere all’analisi geometrica di alcune famiglie di linee appartenenti al quadrante dell’astrolabio catottrico consiste nel ricostruire il suo orientamento geografico
e astronomico. L’asse della galleria che accoglie l’astrolabio è orientato secondo un angolo di azimut di
43° mentre il modello geometrico della sfera celeste
deve tener conto della latitudine di Roma, pertanto, scegliendo il centro dello specchio come origine
del sistema di riferimento, il piano equinoziale è inclinato di 42° (come indicato da Maignan) rispetto
allo Zenit ed è incernierato intorno all’asse cardinale
Est-Ovest. Ortogonale a questo piano si trova il Polo
nord celeste mentre due piani paralleli al piano equinoziale, posizionati a una distanza angolare di ±23,5°
da quest’ultimo, individuano i piani solstiziali e con
essi la fascia sferica all’interno della quale avviene il
moto apparente del Sole nel cielo di Roma (Pagliano
2020, pp. 23-28) [fig. 12].
Una volta ricostruito l’orientamento del sistema
di riferimento è possibile verificare quale sia la
parte della fascia sferica di cielo effettivamente
rappresentata all’interno dei limiti del quadrante
solare. I limiti del quadrante sono identificati sulla
volta dalle fasce decorative che convergono verso
la finestra centrale e lo specchio. Queste fasce sono
individuate dall’intersezione della volta con due
piani verticali che, una volta estesi, intersecando la
sfera celeste, ne circoscrivono la parte corrispondente
al quadrante dell’astrolabio. La porzione di cielo
individuata ha un’ampiezza di 136°, compresa tra gli
angoli di azimut 26,3° e 162,3° [fig. 13].
Dato l’orientamento della galleria e la latitudine
di Roma in questa porzione di cielo rientrano solo
alcune delle linee che permettono di leggere i diversi
tipi di informazioni presenti sulla volta.
Sistama di linee
Scarto medio [cm]
Scarto quadratico medio [cm]
Linee orarie astronomiche
2,05
2,31
Linee di uguale azimut
3,96
8,93
Linee di uguale altezza
(quota specchio)
6,54
5,21
Linee di uguale altezza
(quota orizzonte)
5,15
3,63
→ Architettura, geometria e astronomia
Tab. 1.
143
Volendo valutare la precisione con cui è stato
realizzato l’astrolabio catottrico di Palazzo Spada,
sono stati individuati tre sistemi significativi di linee
- le ore astronomiche, le linee di uguale azimut e le
linee di eguale altezza, altrimenti dette almucantarat
- caratterizzati da diverse genesi geometriche. Ciascun sistema è stato pertanto isolato sulla volta della
galleria, ridisegnato sulla superficie del modello fotogrammetrico e confrontato con la sua ricostruzione ottenuta attraverso il proprio modello geometrico
di riferimento. Per una lettura completa del confronto tra l’andamento delle linee rilevate e di quelle ricostruite, la volta è stata poi sviluppata sul piano e gli
scarti tra le linee rilevate e ricostruire sono stati descritti attraverso i valori della distanza media e dello
scarto quadratico medio, utilizzati rispettivamente
per interpretare l’accuratezza realizzativa media e la
distribuzione degli errori misurati [tab. 1].
Le ore astronomiche sono rappresentate nella porzione sferica precedentemente individuata da archi
di cerchi massimi, generati dall’intersezione della
porzione sferica con un fascio proprio di 24 piani
(uno per ogni ora del giorno) che ruotano progressivamente di 15° intorno all’asse che indica il Polo
Nord Celeste. La loro corrispondente rappresentazione nel quadrante dell’astrolabio catottrico è composta da linee curve piane generate dall’intersezione
con un analogo fascio di piani sottoposto all’effetto
di riflessione speculare dovuto al funzionamento catottrico dello strumento. Le ore astronomiche che
rientrano nell’intervallo del quadrante di Palazzo
Spada sono comprese tra le 6 e le 13 antimeridiane
ma, a causa della conformazione del cortile centrale
del palazzo che impedisce l’ingresso dei raggi solari
nella prima parte della mattina, in realtà non tutte
sono effettivamente leggibili. Lo scarto medio tra
le linee curve rilevate e quelle ricostruite attraverso
il modello geometrico è di 2,05cm con uno scarto
quadratico medio di 2,31cm la cui lettura combinata
indica un elevato livello di corrispondenza tra i due
sistemi di linee e una distribuzione omogenea degli
scarti e, quindi, una notevole accuratezza nel tracciamento delle linee sulla volta [fig. 14].
Le linee di uguale azimut sono rappresentate nella
porzione di sfera celeste da archi di cerchi massimi,
generati dall’intersezione con un fascio proprio di 36
piani che ruotano progressivamente di 10° intorno
all’asse che indica lo Zenit. La loro corrispondente
14.
Sistema orario
astronomico: in
alto a sinistra,
generazione delle
linee orarie sulla
sfera celeste;
in alto a destra,
generazione
delle linee orarie
sul quadrante
dell’astrolabio
catottrico; in basso,
confronto tra i
tracciati rilevati
(nero) e quelli
ricostruiti (giallo)
con mappa in
falsi colori degli
scarti misurati
(Elaborazione
grafica degli autori).
14.
144
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
rappresentazione nel quadrante dell’astrolabio catottrico è composta da linee curve piane generate
da un analogo fascio di piani sottoposto all’effetto
di riflessone che, a causa della coincidenza tra la direzione dell’asse del fascio e la normale al piano di
riflessione, risulta coincidere con il primo fascio di
piani. Le linee di uguale azimut che rientrano nel
quadrante dell’astrolabio catottrico sono 14 e coprono la porzione sferica da azimut 70° a azimut 200°
rispetto al Nord. Lo scarto medio tra le linee curve
rilevate e quelle ricostruite è di 3,96cm con uno scarto quadratico medio di 8,93cm che segnala una distribuzione degli scarti caratterizzata da oscillazioni
significative che, grazie alla visualizzazione della distribuzione degli scarti sullo sviluppo piano, vediamo
concentrarsi in corrispondenza delle linee marginali
della metà sinistra della volta, quella verso il Salone
di Pompeo [fig. 15].
Le linee di uguale altezza o almucantarat sono state
ricostruite due volte con l’intenzione di verificare se la
mancata corrispondenza tra la quota dello specchio e
quella della linea dell’orizzonte precedentemente evidenziata abbia influenza su questo particolare sistema
di curve che, per la sua generazione geometrica è più
sensibile alla posizione del centro adottato per il sistema di riferimento. Le linee di uguale altezza sono
infatti rappresentate sulla sfera celeste da circonferenze di raggio variabile generate dall’intersezione della
sfera con una famiglia di 8 coni coassiali, con asse
diretto verso lo Zenit, vertice comune e inclinazione
→ Architettura, geometria e astronomia
della generatrice crescente progressivamente di 10°
rispetto all’asse comune di rivoluzione. La loro corrispondente rappresentazione nel quadrante è composta da linee curve gobbe generate dall’intersezione
tra la volta e una famiglia di coni analoga alla precedente ma sottoposta alla trasformazione di riflessione
speculare dovuta allo specchio. Come nel precedente
caso, data la coincidenza tra la direzione dell’asse delle superfici e quella della normale al piano di riflessione, le due famiglie di coni coincidono. Le linee di
uguale altezza presenti nel quadrante variano tra 0°
e 80° gradi rispetto alla quota dello specchio. Il confronto tra le linee rilevate e quelle ricostruite attraverso una famiglia di coni con vertice coincidente con lo
specchio presenta una distanza media di 6,54cm con
uno scarto quadratico medio di 5,21cm e una distribuzione particolare: la migliore corrispondenza si ha
nell’imbotte della finestra, nelle immediate vicinanze
dello specchio, mentre le curve sulla volta, quelle più
importanti per la lettura delle informazioni astronomiche, evidenziano uno scarto maggiore e pressoché
costante. Questa distribuzione dell’errore lascia supporre un errore sistematico. La controverifica è stata
eseguita ricostruendo le linee di uguale altezza tenendo conto della quota della linea dell’orizzonte, più
bassa di 10cm rispetto a quella dello specchio: la ricostruzione mostra un errore inferiore alla precedente,
pari a 5,15cm con uno scarto quadratico medio significativamente inferiore pari a 3,63cm. La distribuzione dell’errore è inoltre significativamente diversa dalla
15.
Sistema delle linee
di uguale azimut:
in alto a sinistra,
generazione
delle linee sulla
sfera celeste;
in alto a destra,
generazione delle
linee sul quadrante
dell’astrolabio
catottrico; in basso,
confronto tra i
tracciati rilevati
(nero) e quelli
ricostruiti (lavanda)
con mappa in
falsi colori degli
scarti misurati
(Elaborazione
grafica degli autori).
15.
145
precedente, anzi invertita, poiché gli errori maggiori
sono ora rilevati nell’imbotte della finestra mentre
migliora notevolmente la corrispondenza delle linee
nella parte utile del quadrante, quella che appartiene
alla superficie voltata della galleria [fig. 16].
Conclusioni
Quanto esposto suggerisce alcune riflessioni conclusive sui temi toccati. Esiste un filo tangibile e a volte
invisibile, tra architettura e astronomia che attraverso la geometria regola gli spazi del palazzo e la sua
fruizione e questo si riesce a leggere nelle corrispondenze in pianta, che tengono uniti i nuovi interventi
seicenteschi effettuati legandoli anche ai corpi scale;
un legame inedito che richiederà ulteriori e specifiche verifiche.
In riferimento all’Astrolabio, la quota dello specchio e quella dell’orizzonte rappresentato sulla volta
sono diverse, dunque, i due elementi sembrano non
appartenere allo stesso piano come invece dovrebbero rispetto al modello geometrico di riferimento
esposto nel Perspectiva horaria da Maignan. Questa
caratteristica potrebbe rimandare a una realizzazione con metodo integrato del quadrante, basata sia
sull’uso degli strumenti descritti dal Maignan sia sul
supporto di un quadrante sciaterico tradizionale, che
potrebbe aver, dunque, tenuto conto dell’altezza di
uno gnomone ausiliario con il vertice coincidente
con lo specchio e il piede alla quota dell’orizzonte
rappresentato 10cm più in basso (Maignan 1648, Liber III Prop. LXXV). Questo aspetto peculiare dell’astrolabio di Palazzo Spada richiederà ulteriori confronti con il trattato Perspectiva horaria e specifiche
simulazioni digitali tanto dei modelli geometrici di
riferimento quanto delle possibili strategie adottate
in cantiere per la realizzazione.
Le analisi svolte sui primi sistemi di linee qui presentate mostrano un’elevata corrispondenza tra le linee
16.
Sistema delle linee
di uguale altezza:
in alto a sinistra,
generazione
delle linee sulla
sfera celeste;
in alto a destra,
generazione delle
linee sul quadrante
dell’astrolabio
catottrico; al
centro e in basso,
confronto tra i
tracciati rilevati
(nero) e quelli
ricostruiti (ciano)
con mappa in
falsi colori degli
scarti misurati
(Elaborazione
grafica degli autori).
16.
146
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
rilevate e i modelli geometrici di riferimento rispetto
ai quali presentano scarti medi compresi tra i 2,05cm
e i 5,15cm con scarti quadratici medi relativamente
contenuti, soprattutto per quanto riguarda i sistemi
delle ore astronomiche e delle linee di uguale altezza.
Si intende, inoltre, procedere alla verifica delle attribuzioni a determinati estensori di alcuni disegni di rilievo e di progetto del palazzo in seguito ai risultati sulle
relazioni geometriche-astronomiche che intercorrono
tra gli elementi architettonici e gli apparati figurativi
realizzati nel periodo di proprietà degli Spada Veralli.
Nei piani è anche la sperimentazione attraverso simulazioni virtuali che le svelino in modo esplicito.
Nell’ambito dello studio della relazione tra teoria e
pratica nell’opera di Emmanuel Maignan, si ritiene
necessario completare il confronto tra i tracciati del
quadrante e i rispettivi modelli geometrici di riferimento per avere un quadro completo dell’accuratezza
con cui è stata realizzata l’opera. Sulla scorta di tali informazioni, si intende inoltre simulare con prototipi
digitali e analogici il funzionamento degli strumenti
illustrati dal Maignan per il tracciamento delle linee
in cantiere. Un ultimo aspetto da indagare riguarda
l’effettivo arco temporale giornaliero di funzionamento dello strumento in relazione ai limiti fisici imposti
all’ingresso della luce dalla struttura architettonica del
cortile e la verifica di possibili allineamenti astronomici tra gli episodi più significativi di Palazzo Spada.
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→ Architettura, geometria e astronomia
147
Orologio solare
della Certosa di San
Martino, dettaglio
(foto dell'autrice).
Abstract
Geometrie della luce
per il restauro
degli orologi solari
Il saggio propone una metodologia geometrica adottata per il restauro di
alcuni orologi solari monumentali nella regione Campania. La metodologia
è basata sul ritrovamento degli allineamenti geometrici tra le posizioni del
Sole, la punta dello gnomone e le corrispondenti linee sul quadrante solare,
per le quali si fornisce un modello 3d utile sia per la progettazione di nuove
meridiane sia per il restauro.
Parole chiave
The paper proposes a geometric methodology that has been adopted for
the restoration of some monumental sundials in the Campania region. The
methodology is based on finding the geometric alignments between the positions of the Sun, the tip of the gnomon and the corresponding lines on the
sundial, for which a 3d model is provided that is useful both for the design of
new sundials and for their restoration.
Geometria proiettiva
Orologi solari
Meridiane
Gnomone
Sfera celeste
Alessandra Pagliano
Università Federico II di Napoli
→
[email protected]
149
La gnomonica e gli orologi solari tra incuria e
abbandono: un patrimonio culturale fragile da
preservare
La misura del tempo nell’antichità e fino al XIX secolo si è basata sull’osservazione della ciclicità dei
fenomeni astronomici: le antiche comunità hanno
legato per secoli le abitudini quotidiane e le proprie
ricorrenze annuali sulla periodica ripetitività dei fenomeni osservati nel cielo. La gnomonica è infatti
una scienza antichissima e trae origine dai primi
esperimenti di misurazione del tempo attraverso la
valutazione della lunghezza dell’ombra proiettata da
un bastone infisso al suolo. Questo semplice gnomone ante litteram permetteva di conoscere una approssimata misura del tempo: l’ombra più corta segnava
infatti il sud e dunque il momento della giornata
in cui il Sole assumeva la sua maggiore altezza sul
piano dell’orizzonte e le più lunghe permettevano
di collocare con le direzioni dell’oriente e dell’occidente, significative perché associate rispettivamente
al sorgere e al tramontare del Sole. Grazie alla gnomonica i popoli antichi di tutto il mondo ebbero
un riferimento calcolabile degli altresì intangibili e
lontanissimi moti astrali in quanto l’ombra di uno
gnomone riporta al suolo quello che, in assenza di
moderni strumenti tecnologici, sarebbe invece stato
impossibile da misurare in termini astronomici.
Alla proiezione di ombre solari si devono anche le
prime misurazioni del meridiano terrestre ad opera di
Eratostene1 mentre alcuni critici riportano un metodo empirico usato da Talete, già nel VII sec. a.C., per
determinare l’altezza delle piramidi grazie alla similitudine tra l’estensione dell’ombra del monumento
e quella proiettata, nello stesso istante (e dunque
secondo la medesima inclinazione dei raggi solari),
da un bastone infisso al suolo di lunghezza nota.
Astronomia, dunque, ma anche geodesia, architettura, matematica e geometria sono gli ambiti disciplinari ai quali la gnomonica, intesa comunque come
scienza autonoma, si è tradizionalmente affiancata,
talvolta traendo da essi importanti e basilari nozioni,
altre volte offrendosi invece come strumento di indagine e di verifica geometrica. Tale raffinato sapere
ha prodotto alcuni strumenti di enorme pregio, con
la realizzazione di meridiane, orologi solari portatili
e fissi, tavole astronomiche, sestanti, astrolabi e sfere armillari, il cui valore scientifico e tecnologico è
pari solo alla loro raffinatezza artistica. Per millenni,
dunque, gli orologi solari hanno regolato le attività
di tutte le popolazioni del mondo e, a differenza di
quanto si possa comunemente pensare, la comparsa
dei primi orologi meccanici non indebolì la loro indispensabile funzione e diffusione.
Provando a ripercorrere le tracce che ne hanno invece determinato il progressivo abbandono, ricordiamo
che a partire dal 1800 nacque l’esigenza di svincolare
la misurazione del tempo dal singolo luogo geogra150
1.
Modello geometrico
del percorso
apparente del
Sole sulla sfera
celeste per una
data latitudine
(elaborazione
grafica dell'autrice).
latitudine
23°27'
2.
Modello geometrico
dei coni luminosi
per i solstizi
(elaborazione
grafica dell'autrice).
23°27'
1.
latitudine
23°27'
23°27'
2.
Alessandra Pagliano
fico, in quanto le ferrovie permettevano finalmente
spostamenti rapidi e più ampi di quanto fosse mai
accaduto in passato. Lungo la sola linea italiana esistevano, fino alla metà del 1800, ben sei ore ferroviarie diverse (Torino, Verona, Firenze, Roma, Napoli
e Palermo) da cui la necessità di adottarne una unica, riferita alla città di Roma, come già effettuato in
Gran Bretagna nel 1848 con l’adozione di Greenwich per tutte le località britanniche. Questa decisione venne applicata progressivamente anche alla vita
civile dell’intera penisola, con la conseguente nascita
del concetto di 'tempo medio', che impose per legge una convenzione da adottare obbligatoriamente
a dispetto delle misurazioni effettuate dai millenari
orologi solari. Questo cambiamento si legò alla adozione universale del concetto di longitudine, ovvero
la divisione dell’intero globo terrestre in ventiquattro settori di ampiezza costante, pari circa a 15°, e
la conseguente imposizione di un unico riferimento
temporale per tutte le località ricadenti in ogni fascia. La geodesia e la cronometria diventarono quindi sempre più lontane dal tempo solare misurato in
uno specifico luogo, con il conseguente abbandono
degli studi di gnomonica e la nascita del moderno
concetto di tempo, convenzionale, ritmato, costante,
universalmente riconosciuto. Contemporaneamente,
nel campo dell’astronomia i progressi tecnologici
permisero la costruzione di strumenti in grado di osservare i lontanissimi corpi celesti, senza utilizzare la
gnomonica e la geometria per 'riportare al suolo' ciò
che in cielo era fino ad allora altresì incommensurabile. Gradualmente, quindi, gli orologi solari persero
le loro pluridisciplinari funzioni, taluni sbiadendo
nel tempo fino alla completa cancellazione. L’Italia
può essere considerato come il paese delle meridiane, con circa 20.000 quadranti censiti2, che testimoniano il ruolo propulsore che, fin dall’antichità, il
nostro Paese ha avuto nel campo dell’astronomia e
della gnomonica.
In questo ricco scenario, la Campania vanta la realizzazione di numerosi orologi solari di elevatissimo
valore artistico e scientifico, purtroppo non adeguatamente valorizzati, per il progressivo disperdersi di
questa cultura millenaria. Alcuni versano in evidenti
condizioni di degrado, di altri sono andate perdute le
linee del quadrante o lo gnomone, altri ancora hanno subito inopportuni restauri che ne hanno alterato
la funzionalità. Accade frequentemente che, orologi solari di riconosciuto pregio artistico, spariscano progressivamente dai muri delle case, dei palazzi
o delle chiese dopo una lenta agonia: inizialmente
sbiadiscono, erosi dagli agenti atmosferici, fino a lasciare di sé solo poche righe scarsamente riconoscibili. L’assenza poi di competenze scientifiche nel
campo della gnomonica impedisce frequentemente
ai restauratori di ricostruire il tracciato del reticolo
orario o ricollocare lo gnomone caduto. Un orolo→ Architettura, geometria e astronomia
gio solare, prima di essere un dipinto murale, è uno
strumento scientifico e necessita di una corretta interpretazione anche nelle più semplici operazioni di
ricalco: troppo spesso è infatti accaduto che siano
state sovvertite le originali differenze grafiche tra le
curve che permettevano la corretta e agevole lettura
del tempo, alterando così la testimonianza storica e
destinando comunque l’orologio all’oblio conseguente alla sua scarsa decifrabilità.
In accordo con la prospettiva moderna della tutela,
conservazione e valorizzazione dei Beni Culturali, appare particolarmente inusuale l’abbandono cui sono
destinati gli orologi solari, sia a confronto con altri
dispositivi tecnologici antichi e non più d’uso comune (le clessidre, gli astrolabi e le sfere armillari sono
conservati, restaurati e musealizzati con gran cura),
sia nel paragone con decorazioni ed elementi scultorei architettonici che vengono con attenzione riparati
perché parti integranti e significative per la definizione dell’aspetto delle facciate di edifici monumentali.
Eppure, escludendo la lettura dell’ora, un quadrante
solare può fornire ancora una serie di informazioni
di indubbia utilità quali:
1. Il tempo solare ‘vero’ del luogo;
2. La direzione dei punti cardinali e dunque l’orientamento delle principali facciate di un
edificio monumentale;
3. Il moto apparente del Sole lungo la fascia delle
costellazioni zodiacali;
4. La data del giorno, la declinazione del Sole,
la costellazione zodiacale in cui si trova l’astro,
la durata del giorno.
5. L’evidenza tangibile, la direzione e la velocità del
moto apparente del Sole.
3.
Sfera celeste con
le circonferenze
orarie del sistema
cronometrico
attuate (ore
francesi) con
indicazione del
piano delle ore
10 (elaborazione
grafica dell'autrice).
stella polare
3.
151
A causa dell’incuria e dell’incapacità di adeguati restauri, gli orologi solari costituiscono un patrimonio
culturale da salvare urgentemente con azioni di tutela e di recupero, ma soprattutto di diffusione della
conoscenza di questo antico sapere che rischia di disperdersi velocemente nei prossimi decenni.
Le geometrie della luce per il disegno e il restauro
degli orologi solari
I quadranti solari altro non sono che la rappresentazione grafica sulla terra dei principali circoli dell’eterea sfera celeste.3 Tale rappresentazione si ottiene
a mezzo di rette proiettanti, ovvero i raggi luminosi
che allineano le diverse posizioni assunte dall’astro,
nel suo moto apparente diurno e annuale, con la
punta dello gnomone e con l’ombra portata lungo la
superficie del quadrante. La costanza dei fenomeni
luminosi diurni e annuali ha permesso agli astronomi di creare un modello geometrico per la lettura,
l’analisi e la misurazione di tali manifestazioni, che
pone la Terra al centro di un sistema formato da due
sfere concentriche; quella celeste che la avvolge ha
un raggio maggiore ma di arbitraria lunghezza e determina una superficie regolare lungo la quale il Sole
percorre le sue traiettorie di moto apparente. Ogni
giorno l’astro traccia infatti un arco di circonferenza la cui lunghezza è funzione del periodo dell’anno
considerato. Tali archi hanno tutti la medesima giacitura, la cui inclinazione sul piano dell’orizzonte dipende dalla latitudine del luogo considerato [fig. 1];
uno solo degli innumerevoli circoli diurni percorsi
dal Sole è un cerchio massimo, diviso esattamente in due dall’equatore celeste, nei punti cardinali
dell’Est e dell’Ovest. Tale curva corrisponde ai due
giorni dell’anno in cui è possibile osservare lo stesso
numero di ore di luce (lungo la semicirconferenza al
di sopra del piano dell’orizzonte) e di oscurità (lungo la semicirconferenza al di sotto del piano dell’orizzonte) e, precisamente, il 21 marzo (equinozio di
primavera) e il 23 settembre (equinozio di autunno).
Nel disegno dei quadranti solari altre due date risultano sempre rappresentate e sono quelle del 21 giugno
(solstizio d’estate) e del 21 dicembre (solstizio d’inverno), giorni in cui il numero delle ore di luce nelle
quali il Sole si trova al di sopra dell’equatore celeste,
è rispettivamente minimo e massimo. Tali circoli
diurni presentano lunghezze differenti poiché, non
passando per il centro della sfera, i cerchi non sono
massimi. Esiste inoltre una relazione angolare tra i
segmenti di retta che uniscono il centro della sfera
con i punti in cui il Sole si trova, lungo il meridiano
principale Nord Sud, al mezzogiorno nei giorni suddetti e dipende dal valore della declinazione solare,
che è la stessa per tutti i luoghi della terra, e varia dal
valore nullo durante gli equinozi a quello massimo
positivo di 23°27' durante il solstizio d'estate, fino a
quello minimo negativo di 23°27' al solstizio d'inver152
4.
5.
6.
Alessandra Pagliano
no, misurando l’angolo di inclinazione dei raggi luminosi sull’equatore terrestre in una determinata data.
Per ogni data durante il corso dell’anno è possibile individuare un cono avente il vertice nella punta
dello gnomone (o nel centro del foro eliotropico nel
caso di meridiane a camera oscura), coincidente a sua
volta con il centro della sfera celeste. La direttrice di
ciascun cono di luce è il percorso diurno circolare
del Sole lungo la superficie della sfera celeste [fig. 2].
Possiamo definirli appunto ‘coni di luce’, riprendendo
la definizione di Riccardo Migliari4, nella porzione
di superficie compresa tra la direttrice circolare sulla
sfera celeste e il vertice, per differenziarli così dalle
rispettive seconde falde - dal vertice, dunque, fino
alla superficie del quadrante solare - definibili invece
come ‘coni d’ombra’ e la cui intersezione descrive le
linee diurne da tracciare sull’orologio. Per quanto riguarda le linee orarie, si determinano mediante intersezioni del quadrante con i piani orari, delimitati da
quelle circonferenze tracciate dall’unione, sulla sfera
celeste, dei punti nei quali il Sole segna la medesima ora in diversi giorni dell’anno [fig. 3]. L’orologio
assurge così alla funzione di ‘modello del tempo’ in
quanto rappresentazione grafica tridimensionale di
un fenomeno astronomico. Il problema del disegno
delle traiettorie dell’ombra in un quadrante solare di
qualsiasi forma diviene così un problema puramente geometrico di intersezione tra la superficie sulla
quale lo gnomone proietta l’ombra e i coni luminosi
diurni determinati sulla sfera celeste costruita per
quella specifica latitudine. Nel sistema cronometrico ad ore francesi, in uso attualmente, viene così a
determinarsi un fascio di piani avente per asse la diserzione che dal centro della sfera celeste punta verso
la stella polare, coincidente con il polo nord celeste.
Il restauro dei quadranti solari monumentali: il
caso della Certosa di San Martino (NA) e del Real
sito di Carditello (CE)
La possibilità di analizzare e descrivere il moto apparente del Sole da un punto di vista rigorosamente
geometrico mi ha permesso negli ultimi anni di restaurare alcuni preziosi orologi solari del patrimonio monumentale campano applicando il metodo
geometrico appena descritto, che si basa sull’allineamento dei tre punti gnomonici fondamentali: la
posizione del Sole sulla sfera celeste, la punta dello
gnomone e l’ombra di quest’ultima all’intersezione
del raggio luminoso passante per i primi due con la
superficie del quadrante. Le ombre, diventano così
una inequivocabile rappresentazione grafica sul quadrante solare delle diverse posizioni assunte reciprocamente da questi tre punti significativi, che mantengono costante l’allineamento lungo il raggio di
luce, nella sua duplice valenza geometrica di retta luminosa e proiettante. I processi grafici derivanti dalla
suddetta geometria dei fenomeni luminosi applicati
→ Architettura, geometria e astronomia
alla gnomonica sono stati lo strumento comune per
l’analisi e il restauro di orologi solari in condizioni di
degrado molto differenti tra di loro, senza ricorrere
all’ausilio di software specialistici nel campo della
gnomonica, così da controllare tutto il processo di
eventuali scarti, imprecisioni e difformità dei reticoli
orari calcolati e quelli da restaurare.
L’orologio solare verticale del Chiostro grande
nella Certosa di San Martino a Napoli
Lungo la facciata principale del Chiostro grande
sono collocati due antichi orologi a quadrante circolare. Sul lato destro si trova un orologio meccanico “a
sei ore” e, in posizione simmetrica, si trova un quadrante solare verticale, anch’esso circolare e di uguale
diametro [fig. 4]. Per circa un secolo, di questo monumentale orologio rimaneva solo l’originario gnomone
infisso nella parete. Si tratta di un’asta metallica dalla
punta arrotondata, che sporge di 40 cm dalla parete
in direzione perpendicolare e che dunque assume il
termine di “ortostilo”. Il ripristino della funzionalità
dell’orologio è consistito dunque nel ridisegno del
reticolo del tempo del quadrante solare, praticamente illeggibile poiché parzialmente sbiadito nel tempo
e successivamente coperto da alcuni strati di pittura
bianca con la quale si era inteso coprire, nel corso
del XX sec., il degrado del vecchio quadrante. Le
linee del quadrante sono state ridisegnate in funzione della posizione della punta dell’asta gnomonica
(vertice del cono e centro della sfera celeste), della
latitudine del luogo (che determina l’inclinazione
dei circoli diurni sulla sfera celeste rispetto al piano
dell’orizzonte) e della declinazione gnomonica della
parete (piano che opera la sezione del cono d’ombra).
Il quadrante della Certosa in termini gnomonici si
definisce infatti declinante di 75° verso est poiché
offre la sua superficie ai raggi provenienti da Oriente
a causa dell’angolo antiorario (di 75°) di cui è ruotato
rispetto alla giacitura est-ovest che si assume come
declinazione nulla [fig. 5]. Il ridisegno dell’antico
tracciato delle linee del tempo in relazione allo gnomone esistente ha richiesto l’apposita realizzazione
di un modello 3D della sfera celeste per la latitudine di Napoli (40°51’ N), con l’individuazione dei
circoli diurni dei giorni corrispondenti ai solstizi e
degli equinozi e con le circonferenze orarie che il
Sole descrive nel modello geometrico relativo al sistema cronometrico all’italiana [fig. 6]. Dalle foto
storiche è possibile notare che già nel 1910 le linee
del quadrante solare erano illeggibili: il veloce sbiadimento del tracciato orario dipinto, ma soprattutto
l’abbandono delle ore italiche a favore delle ore francesi, hanno certamente determinato il progressivo
oblio dell’orologio. Un dipinto di Gabriele Carelli
[figg. 7a-b], dal titolo Il Chiostro grande della certosa di San Martino (1853) raffigura una vista interna
in cui compaiono in dettaglio entrambi gli orologi e
4.
L’orologio solare
del Chiostro grande
prima dei restauri
(foto dell'autrice).
5.
La sfera celeste
per la latitudine di
Napoli con le curve
orarie del sistema
cronometrico
all’italiana
(elaborazione
grafica dell'autrice).
6.
Declinazione
gnomonica
della facciata
del Chiostro
contenente il
quadrante solare
(elaborazione
grafica dell'autrice).
153
7a-b.
Gabriele Carelli,
Il Chiostro grande
della certosa di San
Martino (1853).
Vista complessiva
e dettaglio
dell’orologio solare.
8.
Determinazione
delle iperboli
solstiziali mediante
intersezione
del piano del
quadrante con
i coni di luce
(elaborazione
grafica dell'autrice).
7a.
7b.
154
Alessandra Pagliano
da tale testimonianza è stato possibile capire che il
sistema cronometrico del tracciato delle linee orarie fosse stato quello italico, dal tipico andamento
ascendente verso l’ora ventitreesima. Non è tuttavia
possibile affermare con certezza se il sistema orario
fosse quello italico o quello ad usum campanae, comparso in Italia qualche secolo dopo l’introduzione
delle ore italiche, quando i campanili delle torri civiche iniziarono a suonare l’Ave Maria mezz’ora dopo
il tramonto del Sole, all’imbrunire, nel momento
coincidente con l’effettivo termine della luminosità
diurna, che era attentamente seguito dalla popolazione per la recita dell’Angelus. Nel sistema ad ore
italiche il conteggio del tempo diurno iniziava al tramonto del Sole, dal quale si numeravano ventiquattro ore fino al tramonto successivo con il vantaggio
principale di semplificare il calcolo delle ore di luce
residue semplicemente sottraendo l’ora segnata sul
quadrante dalle ventiquattro totali in cui era diviso
il giorno. L’oscurità rappresentava, infatti, il pericolo
più temuto dai popoli antichi: i pastori temevano di
attardarsi al pascolo e perdere nell’oscurità i capi di
bestiame, i contadini di rincasare nel buio dai campi, i mercanti preferivano riportare le merci nelle
proprie dimore extra moenia in salvo da briganti e
predoni altrimenti favoriti nelle ruberie dalla densa oscurità. La linea diurna del quadrante solare che
misura il tempo alla data del 21 dicembre si ottiene
come sezione conica iperbolica, nell’intersezione tra
il piano della facciata lungo il quale è disposto il quadrante e il cono luminoso, avente vertice nella punta
dello gnomone e direttrice piana coincidente con la
circonferenza sulla sfera celeste corrispondente al
solstizio d'inverno [fig. 8]. Con un analogo processo
geometrico di intersezione tra il quadrante e il cono
luminoso avente direttrice coincidente con il circolo
diurno percorso dal Sole il 21 giugno, è stato possibile determinare la curva iperbolica che l’estremità
dell’ombra dello gnomone proietta durante l’intera
giornata [fig. 9]. Nel 2018, grazie al progetto che ho
fornito alla direzione del Polo museale di Napoli, il
quadrante solare è stato dipinto nuovamente nella
cornice circolare sottostante lo gnomone e dunque
l’orologio è oggi nuovamente funzionante [figg. 10,
11]. In analogia con quanto ritratto dal Carelli, le
linee diurne sono state ridipinte lungo il quadrante
con il colore rosso, calibrando lo spessore del tratto
sulle originarie tracce di colore ancora presenti e verificando, ai fini dell’ottimale leggibilità del tempo,
che tale larghezza fosse maggiore di quella dell’ombra proiettata dallo gnomone.
Il restauro degli
sito di Carditello
orologi
solari
del
9.
9.
Determinazione
linee orarie come
intersezione
dei piani orari
(nel sistema
cronometrico
ad ore italiche)
con la superficie
del quadrante
(elaborazione
grafica dell'autrice).
Real
Il Real sito di Carditello a San Tammaro (CE)
[fig. 12], casino di caccia del re Ferdinando IV di
Borbone, costruito dall’architetto Francesco Colle→ Architettura, geometria e astronomia
8.
10.
10.
Ridisegno del
reticolo del tempo
in relazione
allo gnomone
(elaborazione
grafica dell'autrice).
155
11.
11.
Orologio solare
restaurato, 2018
(foto dell'autrice).
12.
Il Real sito di
Carditello (CE) (foto
dell'autrice).
156
cini nel 1787, presenta l’interessante peculiarità della
presenza al suo interno di quattro orologi solari verticali di maestose dimensioni, progettati dall’astronomo Giuseppe Cassella, che aveva precedentemente
realizzato anche la meridiana nel gran salone dell’attuale Museo Archeologico Nazionale di Napoli.
Gli orologi sono posizionati a coppie lungo le due
torrette più esterne del complesso; si tratta di maestosi esemplari di orologi solari piani, all’interno di
una cornice di stucco di 5,20 x 5,20 metri. Nonostante le imponenti dimensioni assolutamente non
trascurabili, gli orologi sono quasi del tutto assenti
dalle descrizioni storiche del Real sito: due di essi
sono rivolti verso le maggiori strade di accesso al sito
provenienti da sud-ovest e sud-est e dunque erano
anticamente visibili a chi si accingesse ad entrare nel
perimetro della reggia, altri due sono invece rivolti
verso l’interno, in posizione simmetrica rispetto al
tempietto circolare al centro del galoppatoio di forma ovale, a favore del balcone della camera del re
Ferdinando IV, dal quale il sovrano amava affacciarsi
per godere dello spettacolo equestre [fig. 13].
Due dei quattro quadranti solari presentano il sistema cronometrico italico: i due orologi che si rivolgono verso l’interno del sito, a favore del punto
di vista del re, sono fortemente declinanti e dunque segnano solo poche ore del giorno. In particolare, quello che si osserva alla destra dal balcone,
presenta un quadrante con le linee orarie francesi dalle ore 6:00 alle ore 10:00 poiché successivamente va in ombra. Alla sinistra invece troviamo
un orologio ad ore italiche con sette linee orarie
dalla n.17 alla n.23, dal caratteristico andamento
ascendente verso l’ora ventitreesima, che misurava l’avvicinarsi del tramonto e dunque dell’oscurità.
Durante i primi sopralluoghi nel 2017 le linee dei
quadranti solari, incise in uno strato di intonaco fortemente danneggiato e anche parzialmente crollato,
erano scarsamente visibili [fig. 14]. Tre dei quattro
orologi si presentavano inoltre senza lo gnomone:
l’unico superstite, che proiettava ombra in un quadrante ad ore francesi era ortostilo, ovvero un’asta
orizzontale perpendicolare al piano del quadrante.
Le problematiche del restauro dei quattro orologi
di Carditello sono state molto diverse da quelle affrontate per l’orologio della Certosa di San Martino
in quanto è stato innanzitutto necessario rilevare i
quadranti solari per avere il tracciato piano delle linee del tempo, oltre a determinare la lunghezza e la
posizione precisa dello gnomone superstite.
Gli orologi sono stati in una prima fase rilevati mediante fotogrammetria digitale [fig. 15] per ottenere
un modello 3D mesh con texture ad alta definizione
dal quale dedurre la posizione delle incisioni visibili.
Successivamente sono stati montati i ponteggi per
la pulitura delle superfici dalle efflorescenze che ha
portato alla luce numerose incisioni altrimenti non
Alessandra Pagliano
13.
La torretta con
l’orologio solare
del mattino, ad ore
francesi, osservato
dal balcone del
piano nobile; stato
di fatto prima
dei restauri (foto
dell'autrice).
14.
Stato di fatto prima
dei restauri (foto
dell'autrice).
15.
Prime verifiche
geometriche sulla
base del rilievo
fotogrammetrico
digitale
(elaborazione
grafica dell'autrice).
12.
13.
14.
→ Architettura, geometria e astronomia
15.
157
16.
18.
17.
più visibili [fig. 16], e delle quali è stato fatto un rilievo diretto per ascisse e ordinate al fine di integrare
il modello 3D derivante dal rilievo fotogrammetrico
effettuato in precedenza. Numerose lacune dovute
a distacchi di intonaco avevano portato alla perdita
di alcune parti del quadrante e dunque è stato necessario ridisegnare il reticolo completo integrando
le lacune oltre ad interpretare le frasi complete dei
motti, in italiano nel caso dei quadranti solari ad ore
italiche, in latino per i due orologi ad ore francesi.
Il Motto è tradizionalmente parte integrante di un
orologio solare; è il messaggio che il suo costruttore
formula, rivolgendosi a chiunque si fermi a leggere il
tempo. Il messaggio è a volte ammonitorio, canzonatorio, poetico, religioso, spesso filosofico; trattandosi
di strumenti misuratori del tempo, spesso il motto
ammonisce sulla caducità delle cose terrene e sulla
morte, altre volte introduce riflessioni sul Sole e sul
tempo legate all’antica saggezza popolare.
Poche tracce di colore nero sono state ritrovate lungo le linee orarie ancora visibili grazie ai bordi incisi
158
nell’intonaco superstite mentre le curve iperboliche
dei solstizi apparivano estremamente frammentarie e
solo accennate con flebili tracce di colore rosso scuro
senza incisioni. Tuttavia, le linee orarie terminavano
esattamente lungo tali iperboli e dunque sono state
ridisegnate sul quadrante come interpolazione del
termine delle linee orarie [fig. 17].
Una volta definito dunque il progetto di restauro
pittorico del reticolo del tempo sul quadrante è stato necessario, per tre dei quattro orologi, ritrovare
la posizione e le dimensioni dell’ortostilo. L’operazione è stata condotta ricreando nel modello 3D
gli allineamenti tra le posizioni del Sole sulla sfera
celeste opportunamente costruita per la latitudine
di San Tammaro e i punti sul quadrante corrispondenti nei quali lo gnomone da ripristinare avrebbe
dovuto proiettare la sua ombra [fig. 18]. Il modello
tridimensionale dotato di texture ad alta definizione ci ha permesso di verificarne geometricamente
il funzionamento gnomonico, evidenziando alcune
diffuse imprecisioni soprattutto a carico delle iper-
16.
Ritrovamento di
alcune tracce incise
dopo la pulitura
dell’intonaco (foto
dell'autrice).
17.
Restauro pittorico
delle linee orarie e
diurne in base alle
incisioni ritrovate
(foto dell'autrice).
18.
Determinazione
della posizione
della punta dello
gnomone ortostilo
(elaborazione
grafica dell'autrice).
Alessandra Pagliano
19.
Orologio n. 1 dopo
il restauro; sistema
cronometrico ad
ore italiche da
campanile; motto:
(il Sole) sempre è
lo stesso o nasca
o che tramonti;
esempio di
lettura: l’estremità
dell’ombra dello
gnomone (punto
rosso) cade a
metà tra la linea
oraria n.14 e n. 15,
dunque mancano
24-14,5= 9,5 ore al
tramonto (all’inizio
dell’oscurità). La
data è indicata
dall’iperbole del
solstizio d’estate
(21 giugno) (foto
dell'autrice).
20.
Orologio n.
2, sistema
cronometrico ad
ore francesi; motto:
Hora terit horam;
esempio di lettura:
l’estremità
dell’ombra dello
gnomone (punto
rosso) tocca la linea
oraria X, dunque
sono trascorse
10 ore
dalla mezzanotte.
La data è indicata
dalla linea
equinoziale, quindi
può essere il 21
marzo o il 23
settembre (foto
dell'autrice).
19.
20.
→ Architettura, geometria e astronomia
159
21 .
Orologio n.
3; sistema
cronometrico ad
ore italiche da
campanile; motto:
Volan i giorni e gli
anni; esempio di
lettura: l’estremità
dell’ombra dello
gnomone (punto
rosso) tocca la linea
oraria n.18, dunque
mancano 2418= 6 ore al
tramonto (all’inizio
dell’oscurità). La
data è indicata dalla
linea equinoziale,
quindi può essere
il 21 marzo o il 23
settembre (foto
dell'autrice).
21.
22.
Orologio n.
4; sistema
cronometrico
ad ore francesi;
motto: (Tempus)
nec cessat nec
errat; esempio di
lettura: l’estremità
dell’ombra dello
gnomone (punto
rosso) tocca la linea
oraria XI, dunque
sono trascorse
undici ore dalla
mezzanotte. La
data è indicata
dall’iperbole del
solstizio invernale
(21 dicembre) (foto
dell'autrice).
22.
160
Alessandra Pagliano
boli solstiziali: trattandosi di un restauro delle tracce
storiche presenti sul quadrante solare e non solo di
un ri-disegno geometrico come quello operato, in
assenza totale di segni storici, nella Certosa di San
Martino, ho deciso di mantenere, ove visibile, l’antico tracciato senza alcuna correzione, semplicemente
integrando le porzioni mancanti dovute a crolli di
intonaco e segnalando ogni nuova integrazione con
l’indicazione della data del restauro, dipinta lungo le linee nuove del tracciato in modo da essere
praticamente invisibile dalla quota di calpestio ma
invece evidente per gli eventuali studiosi del futuro
che vogliano esaminare l’orologio più nel dettaglio
per scopi culturali e scientifici. La posizione e la dimensione dello gnomone sono state dunque definite
con riferimento alla retta degli equinozi, accettando
alcune piccole approssimazioni nelle parti laterali del
quadrante, dove la misura del tempo risulta talvolta
meno accurata [fig. 19-22].
Note
1. La
prima stima del meridiano terrestre risale al periodo
ellenistico, essendo stata eseguita da Eratostene nel III
secolo avanti Cristo. Per approfondimenti si veda (Agnoli 2004).
2. Si veda http://sundialatlas.net/atlas.php?cmbm=1
3. La sfera celeste è un modello geometrico per la rappresentazione del moto apparente del Sole, ancora oggi in
uso nella comunità scientifica, in particolar modo per
le ricerche in campo gnomonico e archeo-astronomico,
nonostante la ormai acclarate conoscenze astronomiche del sistema eliocentrico.
4. Per approfondimenti sul modello geometrico che descrive il moto apparente del Sole si veda (Migliari 1984).
→ Architettura, geometria e astronomia
Bibliografia
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tra filosofia, scienza ed esistenza umana. Roma: Armando.
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tempo e l’armonia. Il disegno di architettura osservatorio
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Migliari R. (1984). Dieci lezioni di geometria descrittiva - la teoria delle ombre e del chiaroscuro - il modello
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Paltrinieri G. (2005). Meridiane e orologi solari d’Italia, con la
prefazione di M. Hack. Roma: l’Artiere.
Severino N. (settembre 2006). L’orologio multiplo della
Certosa di San Martino a Napoli: nuove ipotesi e considerazioni http://www.nicolaseverino.it (consultato il 20
giugno 2022).
Spinosa, N. (2000). San Martino immagini e memorie. Napoli: Grimaldi & C. Editori.
161
Il cielo stellato
musivo della
pseudo cupola
del Mausoleo di
Galla Placidia. Si
ringrazia la Curia
Arcivescovile di
Ravenna e Cervia
per la gentile
concessione (foto
dell'autrice).
Abstract
Architettura e astronomia:
il ruolo del disegno
Il contributo ripercorre alcuni passaggi dello sviluppo della ricerca nazionale e internazionale sul patrimonio culturale con valore astronomico, evidenziando la progressiva affermazione di nuovi approcci interdisciplinari in cui
scienze fisiche e scienze umane, congiuntamente, collaborano alla costruzione di nuova conoscenza. Nella seconda parte sono esposte alcune riflessioni
metodologiche sul ruolo del disegno sulla base delle categorie individuate
dall’iniziativa tematica Astronomy and World Heritage (UNESCO).
Parole chiave
This paper retraces some steps of the development of national and international research on cultural heritage with an astronomical value. It highlights
the progressive affirmation of new interdisciplinary approaches, in which
physical and human sciences collaborate for the construction of new knowledge. The second part outlines some methodological reflections on the role
of drawing based on the categories individuated in the thematic initiative
Astronomy and World Heritage (UNESCO).
Disegno
Rilievo dell'architettura
Astronomia culturale
Modellazione digitale
Comunicazione multimediale
Manuela Incerti
Università degli Studi di Ferrara
→
[email protected]
163
L’evoluzione di un ambito di ricerca
Ricostruire i passaggi fondamentali dello sviluppo della tematica patrimonio culturale e astronomia
può non essere cosa semplice soprattutto a causa
del numero di enti, eventi e studiosi coinvolti, la cui
produzione scientifica è cresciuta esponenzialmente
negli ultimi trent’anni. Un tentativo di sintesi deve
tuttavia essere formulato per poter definire lo stato
dell’arte e per individuare i possibili sviluppi.
È abbastanza immediato individuare, tra i momenti
fondativi della ricerca italiana, i primi convegni internazionali lincei, promossi dall’allora Presidente
Sabatino Moscati che, come ricorda Francesco Bertola (Bertola 2001, p. 8), “ha dato grande impulso a
questa attività interdisciplinare che vede la partecipazione di soci di entrambe le Classi dell’Accademia,
quella delle Scienze Fisiche e quella delle Scienze
Morali”. I titoli delle giornate − Archeologia e Astronomia, esperienze e prospettive future (1° convegno,
1994), Archeoastronomia, credenze e religioni nel mondo antico (2° convegno, 1997), L’uomo antico e il cosmo (3° convegno, 2000)1 − attestano come l’impulso
principale sia venuto dal confronto tra archeologia e
astronomia, e dall’esigenza di iniziare a definire ambiti e metodiche dell’archeoastronomia, la cui diffusione in Italia fu avviata da alcuni astronomi tra
cui Giuliano Romano2. Già nel secondo convegno
emerge immediatamente l’apertura dei successivi comitati scientifici alle tematiche appartenenti ad altre
epoche storiche con contributi relativi ai periodi medioevale e moderno, all’architettura e ad argomenti
non esclusivamente legati agli orientamenti astronomici. Margherita Hack nella tavola rotonda del 2000
(Aa.Vv. 2001, p. 408), pur evidenziando prontamente le possibili difficoltà della ricerca interdisciplinare,
sottolineò con forza l’importanza dell’archeoastronomia nell’istruzione di base, per riscoprire e sperimentare in prima persona il percorso di conoscenza
realizzato dagli antichi: dal puro dato sensoriale (la
visione del movimento del cielo) all’astrazione teorica (interpretazione dei corpi e dei moti). Alludeva
allo sviluppo del pensiero umano (in particolar modo
del pensiero geometrico) che, come ben sappiamo, è
stato favorito sino dagli albori della civiltà dall’osservazione dei fenomeni astronomici e dai tentativi di
darne un’interpretazione.
Proprio in chiusura al terzo convegno furono presentate la Società Italiana di Archeoastronomia fondata a Milano nel dicembre del 20003, l’intenzione
di dare vita alla Rivista Italiana di Archeoastronomia
diretta dall’Accademico Linceo Gustavo Traversari4
e annunciati i Convegni Nazionali SIA, con cadenza
annuale, ancora oggi in essere.
È del 2012 l’ultimo convegno Lo sguardo sugli astri.
Scienza Cultura e Arte (Bertola, Incerti 2016), organizzato dal Centro Linceo Interdisciplinare Benia-
164
mino Segre, promosso dai membri di due dipartimenti universitari (Dipartimento di Astronomia di
Padova e Dipartimento di Architettura di Ferrara),
in collaborazione con INAF (Istituto Nazionale di
Astrofisica), SIA (Società Italiana di Archeoastronomia) e SAIt (Società Astronomica Italiana). Elio Antonello in quell’occasione fece il punto della situazione dai primi convegni lincei, con un’approfondita
riflessione sul tema dell’interdisciplinarità (Bertola,
Incerti 2016).
Importanti contributi al dibattito sono giunti dunque dai ricercatori dell’INAF (tra cui ricordiamo la
luminosa figura di Francesco Maria Polcaro recentemente scomparso) e dalla Società Astronomica Italiana SAIt, antica associazione scientifica (già Società
degli Spettroscopisti, 1871) costituitasi nel 1920, rinnovatasi nel 19935. Diretta da Roberto Buonanno, la
SAIt cura l’edizione delle MEMORIE della Società
Astronomica Italiana6 e il Giornale di Astronomia,
nato nel 1975 come “rivista di informazione, cultura e didattica della Società Astronomica Italiana”7.
Occorre aggiungere ancora la Società Italiana degli
Storici della Fisica e dell’Astronomia (1999, già Società
Italiana degli Storici della Fisica) associazione che
promuove gli studi di Storia della Fisica e dell’Astronomia, persegue la salvaguardia, la valorizzazione e la fruizione pubblica dell’ingente patrimonio
storico-scientifico: strumenti scientifici, archivi storici e fondi librari8. Sensibilità al tema è infine stata dimostrata dal Consiglio Nazionale delle Ricerche,
Istituto di Scienze del Patrimonio Culturale (Dirigente di ricerca Paola Moscati) e dall’ENEA con il
Dipartimento FSN-FUSPHY-SAD (Divisione Fisica
della Fusione).
La ricerca è sostenuta non solo dai ricercatori professionisti, provenienti dalle università o dai centri di
ricerca, ma anche da numerosi studiosi indipendenti. Tra le eccellenze deve essere citata l’attività degli
gnomonisti italiani, piccola realtà estremamente specializzata, che ha prodotto riviste come Gnomonica
Italiana e Orologi Solari, in questo volume rappresentati da Mario Arnaldi9.
In ambito internazionale occorre menzionare l’attività di diverse società scientifiche che organizzano
regolarmente convegni e giornate di studio.
- La European Society for Astronomy in Culture,
SEAC, è stata fondata nel 1992 ed è diretta da A.
César González-García (Spagna). Si tratta di una
associazione professionale di scienziati che si occupano dell'astronomia nella cultura e dell'astronomia antropologica (compresi gli ambiti interdisciplinari di archeoastronomia ed etnoastronomia,
storia dell'astronomia, mitologia, archeologia spaziale o cosmologia). Gli atti dei convegni della
SEAC, giunti oramai alla 29a edizione, sono editi
dal 199310.
Manuela Incerti
- Il vasto ciclo di conferenze internazionali The
Inspiration of Astronomical Phenomena, INSAP, è
nato nel 1994 da un’idea di Ray White (Università dell'Arizona), padre George Coyne (già Direttore della Specola Vaticana) e Rolf Sinclair (già
US National Science Foundation), a partire dal
tema “cosa accadrebbe se le stelle uscissero solo
una notte in mille anni”11.
- La International Society for Archaeoastronomy and
Astronomy in Culture, ISAAC, è stata fondata nel
1996 e la sua attuale Presidente è Jarita Holbrook
(University of Edinburgh). Di respiro transcontinentale la società, già dai suoi esordi, ha inserito
tra i propri interessi non solo l’archeoastronomia
ma anche l’etnoastronomia12.
Una tappa fondamentale nello sviluppo di queste ricerche è da individuare nel 2003, anno in cui l’UNESCO Word Heritage Center, ha istituito l’iniziativa
tematica Astronomy and World Heritage coordinata
da Anna Sidorenko-Dulom13. Poco tempo dopo,
durante le giornate di inaugurazione dell’Anno Internazionale dell’Astronomia (IYA09, Parigi 2009)
è iniziato un lavoro operativo sulle procedure e le
prassi per definire questa nuova tipologia di tutela.
Nucleo della sua azione è la necessità di elaborare
filoni di ricerca congiunti tra le diverse discipline
delle scienze storiche e delle scienze fisiche. Tra gli
obiettivi principali si riscontra l’opportunità di raccogliere il maggior numero di dati disponibili non
solo per ampliare l’orizzonte conoscitivo, ma anche
per migliorare la tutela e promuovere i siti e i beni
d’interesse astronomico. Il progetto UNESCO è stato elaborato in concerto con gli Stati parti e l’ICOMOS. Attualmente vi collaborano anche l’Unione
Astronomica Internazionale e la sua Commissione
41 in Storia dell’Astronomia14. L’ultimo incontro è
avvenuto nel 2018 a Gran Canaria (Spagna); l’International Expert Meeting on Astronomical Heritage and
Sacred Places e ha portato al primo sito con ricono-
→ Architettura, geometria e astronomia
scimento UNESCO Astronomy and World Heritage
(Risco Caído e le montagne sacre di Gran Canaria)15, cui ha fatto seguito nel 2021 l’area di Chankillo in Perù16.
Le categorie individuate dagli esperti UNESCO per
il patrimonio astronomico, che consentono di orientarci con maggiore agio sulle possibilità in essere,
sono [fig. 1]:
- Tangible Fixed_Monument and sites;
- Tangible movable_Instruments and artefacts;
- Intangible_Knoweled and Ideas;
- Natural_landscapes and skies.
Può essere significativo ricordare che, negli anni in
cui questo ambito di ricerca si sviluppava, l’UNESCO promuoveva anche il progetto Transdisciplinarity: stimulating synergies, integrating knowledge
(1998): un approccio che “dissolve i confini tra le
discipline convenzionali e organizza l'insegnamento
e l'apprendimento attorno alla costruzione del significato nel contesto di problemi o temi del mondo
reale” (progetto ancora oggi in essere)17.
Per completare la descrizione del panorama internazionale e nazionale, in questo quadro così ampio e
variegato, occorre includere i singoli filoni di ricerca
del nostro settore scientifico disciplinare ICAR 17
- Disegno (come testimoniano anche i vari saggi di
questo volume) promossi da una serie di giornate di
studio e convegni, anche di respiro internazionale,
coordinati da alcuni docenti dell’area18:
- Imago rerum/03, Seminario Internazionale di studi
Tra luce e ombra, Venezia 2004 (a cura di Agostino
de Rosa);
- Cielo dal mediterraneo all’oriente, VI Forum Internazionale di Studi - Le Vie dei Mercanti, Caserta/
Capri 2008 (a cura di Carmine Gambardella);
- Mensurā Caeli. Territorio, Città, Architettura Strumenti, VIII Convegno SIA, Ferrara 2008 (a cura
di Manuela Incerti);
- Disegnare il tempo e l’armonia: il disegno di architettura osservatorio nell’universo, Convegno Internazionale AED, Firenze 2009 (a cura di Emma
Mandelli);
- Il dentro e il fuori del cosmo. Punti di vista per interpretare il mondo, XI Convegno SIA, Bologna/
Marzabotto 2011 (a cura di Manuela Incerti);
- IX Convegno Internazionale NEXUS - Relationships between Architecture and Mathematics, Politecnico di Milano 2012 (a cura di Michela Rossi,
sezione sull’archeoastronomia a cura di Giulio
Magli);
- Lo sguardo sugli astri. Scienza Cultura e Arte, Acca-
1.
Portale
dell'iniziativa
tematica UNESCO
Astronomy and
World Heritage.
1
165
demia dei Lincei, Roma 2012 (a cura di Francesco
Bertola e Manuela Incerti).
Il ruolo del disegno: un approccio metodologico
Lo scorrere degli eventi e i relativi protagonisti sopra
citati consentono di cogliere come la categorizzazione in quattro gruppi delle aree di interesse di questa tematica UNESCO abbia permesso nel tempo
di allargare l’orizzonte inglobando progressivamente
nuovi ambiti.
La curiosità sull’influenza dei fenomeni astronomici
nella cultura materiale e immateriale ha portato progressivamente a declinare il nostro specifico disciplinare nello studio di “monumenti e siti”, “strumenti e
artefatti”, “storia della conoscenza e delle idee”, infine a riflettere sugli aspetti percettivi innescati dal
rapporto “paesaggio-cielo”. Aspetti storici e contemporanei delle macro-tematiche rappresentazione,
geometria, rilevamento, sono stati approfonditi della
nostra comunità del disegno che ha progressivamente aggiunto parole chiave più circoscritte come:
analisi dei dati, modello digitale, reverse modeling,
disegno e grafica digitale, comunicazione, prodotti
multimediali, analisi delle immagini. I nuovi strumenti digitali di rilievo e di gestione dei dati, il cui
sviluppo negli ultimi venti anni è stato esponenziale,
hanno consentito di interrogare gli oggetti con modalità efficaci e realmente potenti, consentendo così
di contribuire allo sviluppo del tema, raggiungendo
risultati di grande originalità e interesse.
Tuttavia, affinché il Disegno possa continuare a dare
il suo contributo innovativo alla ricerca sul patrimonio con valore astronomico, a mio parere, è necessario confrontarsi su tre punti cruciali.
166
In primo luogo occorre riconoscere, anche in questo
ambito, che le azioni in essere possono riguardare
sia i fondamenti, sia le applicazioni, quest’ultime
realizzate sulla scorta di metodi e processi messi
in atto da chi ha preceduto. Questa differenza sostanziale deve consentire di distinguere l’apertura
di una nuova linea di ricerca dalla replicazione di
percorsi per l’ottimizzazione o la messa a sistema
di procedure.
In secondo luogo ciascuno di noi ha sperimentato
la complessità di questo tipo di ricerche specialistiche: non è sufficiente avere competenze di base
sull’astronomia sferica, ma è indispensabile avere
conoscenze sulla cultura astronomica, astrologica,
calendariale e gnomonica in essere nell’età storica
(pre-storica, antica, medievale, moderna, contemporanea) a cui i beni con valore astronomico appartiene, per riuscire a contestualizzarne il senso ed
evidenziarne il valore. Per questa ragione, già dagli
esordi delle prime società scientifiche, l’organizzazione dei convegni e delle pubblicazioni inerenti
questo tema mantiene saldamente una struttura
multidisciplinare, così come è avvenuto in questa
giornata di studi.
Per ultimo il rigore del linguaggio diviene un ulteriore, importante, ambito di riflessione da curare con
grande attenzione data la necessità di tenere insieme
competenze diverse come, per esempio, geometria
descrittiva, gnomonica, astronomia.
Le fasi del workflow
Le differenti esperienze condotte in questi anni
sul campo19, in zone di confine e, come tali, spesso
Manuela Incerti
inesplorate, hanno consentito di ragionare su questi aspetti epistemologici e di elaborare un flusso di
lavoro funzionale agli obiettivi conoscitivi, valorizzativi e divulgativi di volta in volta presenti. La figura
2 delinea, a questo proposito, le relazioni spaziali e
temporali tra le diverse fasi e le relative connessioni
che possono essere così declinate sui casi studio dei
Mausolei di Galla Placidia e di Teodorico20:
1. Acquisizione dei dati. Raccolta dei dati con la
campagna di rilievo integrata (laser scanner, campagna fotografica di tipo generale, riprese fotografiche per fotogrammetria digitale, orientamento archeoastronomico), e ricerca dei dati storici,
bibliografici e iconografici.
2. Processamento dei dati. Trattamento ed estrazione dei dati finalizzata alle restituzioni 2D e la loro
realizzazione, costruzione del data-base delle ortofoto e delle texture necessarie per le restituzioni materiche. Selezione ed elaborazione dei dati
testuali ed iconografici ai fini dell’analisi critica.
3. Analisi dei dati 2D. Formulazione delle prime
ipotesi interpretative sulla forma, la geometria,
l’unità mensoria e sulle eventuali implicazioni
astronomiche: le verifiche iniziali sono condotte
sulla base dei disegni CAD.
4. Estrazione dei dati per la costruzione del modello.
I dati 2D sono ottimizzati per la realizzazione dei
diversi modelli 3D.
5. Modellazione 3D e ottimizzazione dei dati. Sono
prodotti dei modelli ottimizzati per le diverse finalità della ricerca: dalla lettura critica, alle esigenze della divulgazione.
6. Analisi e verifica dei dati sui modelli 3D. Studio
delle geometrie, reverse modeling, rendering. Alcuni aspetti dell’indagine, per esempio lo studio
delle ragioni proiettive del cielo stellato di Galla
Placidia, o l’esistenza di effetti luminosi con valore archeoastronomico all’interno dei due edifici,
si avvalgono anche delle potenzialità dei modellatori e dei motori di render capaci di simulare il
percorso della luce all’epoca di costruzione.
7. Integrazione modelli 3D con software astronomici: il caso di Stellarium.
8. Editing e produzione multimedia. I video di studio vengono resi disponibili al pubblico attraverso una interfaccia appropriata, capace di favorire
una fruizione semplificata dei contenuti scientifici.
9. Editing e produzione applicazioni. Produzione
di applicazioni interattive, come momento più
alto della comunicazione, in grado di coinvolgere
e di rendere protagonista il visitatore nel suo percorso di conoscenza.
La ricaduta di queste azioni sui quattro gruppi delle aree di interesse della tematica UNESCO, ed in
particolar modo sulle prime tre (monumenti e siti,
strumenti e artefatti e storia della conoscenza e delle idee) può essere meglio descritta attraverso alcuni
casi-studio già condotti.
2.
Schema del flusso
di lavoro (immagine
a cura di S. Iurilli,
rielaborazione
dell'autrice).
Monumenti e siti
L’analisi archeoastronomica di un bene monumentale deve necessariamente avere come punto di
partenza il rilevamento architettonico secondo le
metodiche condivise e consolidate nel settore scientifico disciplinare. Particolare cura deve essere posta
2
→ Architettura, geometria e astronomia
167
3.
4.
168
Manuela Incerti
3.
Mausoleo di
Teodorico,
restituzione
materica del
prospetto Ovest e
di una sezione da
fotogrammetria
digitale e rilievo
laser scanner
(G. Lavoratti e
dell'autrice).
4.
Mausoleo di
Teodorico, pianta
di rilievo a quota +
1,20 metri (a cura
di G. Lavoratti) con
analisi metrica
e geometrica
dell’impianto
(elaborazione
grafica dell'autrice).
5.
Mausoleo di
Teodorico:
modello e render
dell’edificio (S.
Iurilli).
5.
→ Architettura, geometria e astronomia
169
6.
Mausoleo di
Teodorico: frames
del video con la
simulazione della
luce all’interno
della cella
superiore (S. Iurilli).
7.
Mausoleo di
Teodorico: render
dell’edificio con la
simulazione della
luce all’interno
della cella
superiore (modello
di S. Iurilli, gestione
del modello
in Stellarium
di G. Zotti,
interrogazione dati
a cura dell'autrice).
8.
Mausoleo di
Galla Placidia:
restituzione del
rilievo integrato
(G. Lavoratti e
dell'autrice).
al rilievo degli elementi potenzialmente coinvolti
in significati astronomici (finestre, piccole bucature, porte, altari)21. Il rilievo dell’orientamento, con
tecniche classiche (cioè astronomiche) o mediante
GPS, se svolto con accuratezza consentirà di cogliere
la differenza tra la misura teorica e quella reale, ben
sapendo che gli strumenti oggi in uso sono estremamente più sofisticati di quelli un tempo disponibili
in un antico cantiere.
Per entrambi i mausolei ravennati, Teodorico (520)
e Galla Placidia (432-450), sono stati realizzati i rilievi laser scanner e fotogrammetrici e, dai dati processati, sono stati estratti gli elementi utili sia per la
restituzione nelle viste ortogonali (piante, prospetti
e sezioni) [figg. 3-4] sia quelli per la modellazione
tridimensionale. L’analisi dei dati 2D ha consentito
di identificare, geometrie nascoste, come le tre circonferenze circoscritte ai decagoni di raggio 45-3525 piedi bizantini nel Mausoleo di Teodorico [fig.
4], allineamenti significativi con elementi morfologici ed effetti di luce in date particolari dell’anno
astronomico che coinvolgono l’ambiente superiore
(Incerti, Lavoratti 2016; Incerti, Lavoratti, Iurilli
2019).
Grande attenzione deve essere ovviamente posta alle
questioni calendariali in relazione all’epoca dell’edifico (date giuliane, gregoriane, liturgiche), al sistema
di computo del tempo e all’evoluzione del manufat170
6.
7.
Manuela Incerti
8.
→ Architettura, geometria e astronomia
171
9.
Mausoleo di
Galla Placidia:
simulazione della
luce sull’antico
pavimento posto
a -1.40 m rispetto
alla quota attuale
(S. Giannetti).
10.
Pseudo cupola
di Galla Placidia:
le curve colorate
al di sopra degli
arconi sono
quelle selezionate
per l’analisi
della geometria
(elaborazione
grafica dell'autrice).
11.
Analisi della
geometria delle
curve in Geogebra
(elaborazione
grafica dell'autrice).
9.
172
Manuela Incerti
to. L’uso dei modelli tridimensionali (realizzati con
modellatori per superfici) in una prima fase consente
di ripetere le stesse analisi condotte sul 2D allo scopo di verifica (facendo le opportune attenzioni alle
questioni calendariali dei software). In un momento
successivo è possibile poi realizzare video per prodotti multimediali utili alla divulgazione di contenuti molto complessi, che divengono indubbiamente
semplici se trasmessi attraverso immagini in movimento [figg. 5-6].
L’inserimento di un modello ottimizzato e correttamente orientato all’interno del software Stellarium22,
consente un ulteriore livello di controllo e di verifica del dato astronomico [fig. 7], oltre che di rapida
visualizzazione dei fenomeni data la possibilità di
accelerare la velocità del trascorrere del tempo nelle
impostazioni generali previste nell'interfaccia.
Anche per il Mausoledo di Galla Placidia è stato
messo in atto il workflow appena descritto: rilievo,
processamento dei dati, restituzione [fig. 8], analisi
delle geometrie e degli orientamenti attraverso cui
è possibile ipotizzare una ragione archeoastronomica per la rotazione reciproca tra i due bracci della
croce latina e alcuni effetti di luce. La costruzione
di modelli 3D dello spazio nella sua conformazione
originaria (il pavimento era più basso di 140 cm circa) consente di visualizzare gli effetti luminosi [fig.
9] che nel solstizio invernale coinvolgevano la porta
di accesso (Incerti, Lavoratti, D’Amico 2020; Incerti,
Lavoratti, D’Amico, Giannetti 2018)
Il rilievo avanzato tridimensionale, morfologico e
materico, permette anche di realizzare analisi in passato impossibili da eseguire con le metodiche tradizionali. Apparentemente irregolare, la pseudo cupola
di Galla Placidia è impostata su un parallelogramma
e non è riconducibile ad operazioni di rivoluzione di
una curva, ad una volta a crociera o a padiglione. La
sezione della mesh di rilievo con un fascio di piani
orizzontali con passo di 10 cm ha restituito un insieme di linee curve, tutte differenti tra loro, che intuiamo comunque connesse da una regola inconsueta
[fig. 10]. Una prima analisi ha consentito di verificare
che si tratta di porzioni di iperboli, curve di complesso tracciamento, soprattutto nell’ambito di un
cantiere edilizio [fig. 11]. L’ipotesi formulata propone
l’esistenza di una macchina di cantiere basata sul principio del compasso perfetto (che, anche se codificato
nel X secolo, trova i suoi fondamenti teorici nell’ultimo gruppo di proposizioni del Libro I delle Coniche di Apollonio) e sulla misura degli angoli attuata da
Tolomeo con il Triquetro, strumento astronomico che
utilizza la tavola delle corde (sempre di Tolomeo) [fig.
12]. Questa ricostruzione ipotetica pare compatibile
anche con curve che si ottengono sezionando la superficie della pseudo-cupola di Santa Maria di Casaranello (Lecce, V secolo) (Incerti 2022a).
Nell'ambito della tematica "monumenti e siti" un
→ Architettura, geometria e astronomia
10.
11.
173
ultimo cenno può essere fatto alle geometrie e agli
orientamenti degli impianti urbani, la cui forma può
contenere riflessioni sulla dimensione del cielo23.
12.
Finaeus Orontius,
1544. Orontii Finaei
Quadratura circuli,
tandem inuenta
& clarissimè
demonstrata.
Lutetiae
Parisiorum:
apud Simonem
Colinaeum, p. 84.
Strumenti e artefatti
Anche aspetti artistici come la composizione di un
cielo stellato musivo possono essere oggetto di nuove
interpretazioni grazie alle potenzialità del disegno.
A Galla Placidia, anche se, ad occhio nudo, i ricorsi
delle stelle sembrano descrivere delle circonferenze
regolari apparentemente giacenti su piani paralleli, nella realtà il loro andamento segue un motivo
“festonato” (curva gobba) risultato di un’operazione
di proiezione sulla superficie della copertura da un
punto collocato centralmente, circa all’altezza della
base delle finestre. La geometria che sottende questo tracciamento si fonda su una serie di coni il cui
angolo al vertice aumenta progressivamente, e la cui
possibilità di materializzazione è data dalla conoscenza del principio di funzionamento del Triquetro [figg. 12-14]. Il medesimo principio sottende il
13.
Vista della
pseudo cupola
di Galla Placidia:
in evidenza
l'andamento
“festonato” delle
curve gobbe
che seguono la
disposizione dei
giri di stelle in
mosaico (disegno
dell'atrice).
12.
13.
14.
Viste ortogonali
della pseudo
cupola di Galla
Placidia. In basso
la sequenza di coni
che, intersecati
con la superficie
della copertura,
generano le
curve gobbe
che descrivono
l'andamento dei
circoli di stelle
(elaborazione
grafica dell'autrice).
174
Manuela Incerti
14.
→ Architettura, geometria e astronomia
175
15.
16.
15.
Pseudo cupola
di Santa Maria di
Casaranello (LE):
viste del modello
elaborato con
fotogrammetria
digitale. Sulla
sinistra, in alto, i
coni con angolo al
vertice di 80° dalla
cui intersezione
con la superficie
della copertura
si ottengono le
curve gobbe del
motivo decorativo
(elaborazione
grafica dell'autrice).
16.
Il cielo stellato
musivo della
pseudo cupola
di Santa Maria
di Casaranello
(LE) (foto di G.
Martiriggiano).
176
Manuela Incerti
→ Architettura, geometria e astronomia
177
17.
Le ragioni
geometriche
dell’eclisse,
problemi di
visibilità dovuti
dalla sfericità
della terra nel
Sphaera coelestis
et planetarum
descriptio, Modena,
Biblioteca Estense
Universitaria, lat.
209=Alfa.X.2.14,
c. 2v. Su gentile
concessione
del Ministero
della Cultura Gallerie Estensi,
Biblioteca Estense
Universitaria.
18.
Esempio di
Planisfero: Bern,
Burgerbibliothek,
Cod. 88, f.
11v, AratusGermanicus:
Phaenomena,
(inizio del sec. XI,
https://www.ecodices.ch/en/list/
one/bbb/0088).
Su gentile
concessione della
Burgerbibliothek.
19.
Esempio di due
emisferi: Aratea,
St. Gallen,
Stiftsbibliothek,
Cod. Sang. 902 p.
76, versione Latina
di Arato (primo
quarto-prima metà
9 sec.). Su gentile
concessione della
Stiftsbibliothek St.
Gallen.
20.
Esempio di cerchio
zodiacale che
circonda Sole
e Luna o altre
figure: manoscritto
Annales - Cod.
hist. fol. 415
fol. 17v (1162),
Württembergische
Landesbibliothek
Stuttgart, Public
Domain Mark 1.0.
17. 18.
19. 20.
178
Manuela Incerti
tracciamento del cielo stellato di Casaranello (Lecce,
V secolo) [figg. 15-16] e della Cappella della Pace
nella necropoli paleocristiana di el-Bagawat (Egitto,
V sec.) (Incerti 2022b; Incerti, Giannetti 2020).
Conoscenza e idee
La capacità di decodificare un disegno alla luce delle
competenze disciplinari permette di dare un contributo originale riconnettendo i reperti alle conoscenze scientifiche e alle idee che li hanno prodotti. È il
caso delle tavole astronomiche del De sphaera estense,
manoscritto steso sulla fine del XV secolo, composto
da disegni sciolti, dotati di sintetiche didascalie ma
sprovvisti di riferimenti alle fonti. L’analisi comparativa ha consentito di individuare nel Tractatus de
Sphaera di Johannes de Sacrobosco24 una possibile
fonte delle tavole astronomico-cosmologiche del
trattato [fig. 17] affiancate da diagrammi da far risalire invece al Computus.
Il disegno diviene ancora uno strumento potente allorché si indaghi sui modelli rappresentativi del cielo. Nel caso particolare dello Zodiaco in età medioevale, secondo gli esperti le sue rappresentazioni sono
riconducibili a tre tipologie principali: il planisfero
[fig. 18], i due emisferi [fig. 19] e il cerchio zodiacale
[fig. 20] che circonda Sole, Luna o altre figure25. La
fascia zodiacale ruota da est a ovest (senso orario)
intorno alla terra alla velocità di un grado ogni quattro minuti, completando un giro in ventiquattro ore.
La sua rappresentazione sul piano tuttavia può dare
luogo a due tipi di orientamento diversi: orario, se
il punto di vista è al centro della sfera, e antiorario,
se il punto di vista è esterno alla sfera celeste. Lo
Zodiaco dell’Atlante Farnese (Museo Archeologico
Nazionale di Napoli, II secolo d.C.), oggetto scultoreo tridimensionale, è visto dall'esterno, mentre una
serie di altre testimonianze, in particolar modo di età
medioevale, la sequenza dei segni procede in senso
orario.
È il caso del mosaico pavimentale di San Miniato
al Monte, monumento in cui le rilevanze archeoastronomiche sono evidenti e attestate anche da spettacolari eventi luminosi. La disposizione del grande
rosone segue la direzione di un asse solstiziale26 e il
circolo zodiacale s’inserisce in una ampia tradizione iconografica, probabilmente di tipo computistico-calendariale [fig. 21], in cui la cultura classica si
trasfigura nel simbolo cristiano (Incerti 2013).
Due brevi cenni possono essere fatti ancora sulla questione della geometria elementare al servizio
dell’iconografia, come strumento di lettura degli apparati decorativi dei cieli stellati (dettaglio e struttura) e infine sull’influenza dei fenomeni astronomici
nelle rappresentazioni artistiche. L’analisi statistica
21.
21.
Basilica di San
Miniato al Monte,
orientamento
del mosaico
pavimentale.
La direzione
della levata del
Sole nel solstizio
invernale-tramonto
solstizio estivo è
contraddistinta dai
due segni-limite del
circolo zodiacale:
Cancro (verso
l’abside, sud-est) e
Capricorno (verso
la porta, nordovest). La freccia
gialla indica il
segno dell’Ariete e
il senso di lettura
dello zodiaco
(elaborazione
grafica dell'autrice).
→ Architettura, geometria e astronomia
179
attesta che l’avvento di alcuni stupefacenti eventi
astronomici in alcuni periodi storici ha effettivamente prodotto un incremento di figurazioni della
stella nella narrazione dei Magi e, in alcuni casi, una
rappresentazione particolarmente sensibile ai dati
visivo-percettivi (Incerti, Polcaro, Bònoli 2011).
23.
Conclusioni
Nel corso del tempo il patrimonio astronomico
intangibile, come attestano alcuni saggi di questo
volume, è stato variamente declinato negli artefatti artistici. Valorizzare e trasmettere questo tipo di
contenuti può risultare particolarmente difficile e
complesso, in relazione alla loro astrattezza e all’eterogeneità, tuttavia il contributo della rappresentazione può fare la differenza.
Per il Museo di Schifanoia di Ferrara è stato realizzato un prodotto multimediale [figg. 22-23]
basato su un modello navigabile e interrogabile
in Real Time dal visitatore su schermo touch. La
complessità e la stratificazione delle informazioni contenute nel programma pittorico del Salone
dei Mesi (1469-70) (Bertozzi 1999) hanno sempre
22.
180
reso difficile e impegnativo il racconto del percorso
culturale, geografico e iconografico delle immagini astrologiche [fig. 24]: per questa ragione è stato
sviluppato un prodotto di facile fruizione, volutamente accessibile solo da un dispositivo presente
sul posto a disposizione dei visitatori27.
L’ospite, grazie ad un modello navigabile con texture fotografiche ad alto dettaglio appositamente
realizzate, può liberamente muoversi nello spazio
virtuale e interrogare le immagini. Avvicinandosi
ad uno dei dodici settori si attiva difatti una cornice luminosa che segnala l’esistenza di contenuti
esplorabili28. Questo esempio dimostra come le digital humanities possono realmente migliorare l’accessibilità e la fruibilità di un bene secondo i criteri
della sostenibilità, ovvero proteggere il bene da un
uso eccessivo (per esempio accorciando i tempi di
permanenza in locali sensibili alla presenza umana),
rendendolo nello stesso momento più comprensibile
ed inclusivo. Attraverso le possibilità del digitale si
amplia dunque il numero dei possibili fruitori e, nel
contempo, si aumentano le conoscenze trasmissibili,
facilitandone la loro comprensione. In questo contesto quindi il rilievo, la documentazione, l’analisi critica e la comunicazione multimediale acquisiscono
un ruolo di primo piano nelle politiche della sostenibilità culturale29.
In conclusione attraverso le riflessioni sopra condotte, spesso frutto di esperienze di ricerca personali, si
è proposta una visione sulla tematica patrimonio culturale e astronomia, sul suo stato dell’arte, declinandola attraverso lo specifico disciplinare del Disegno.
Si tratta di un ambito di ricerca in forte espansione e
di grande complessità che richiede, insieme al rigore, anche la capacità di entrare in sintonia con altre
competenze dalle quali non è possibile prescindere
per raggiungere un reale ampliamento della conoscenza sul tema.
Aby Warburg (Amburgo 1866 - ivi 1929), con
la riscoperta e la decodificazione delle misteriose
figure dei decani di Schifanoia (Warburg 1999),
ci supporta nella conclusione di queste riflessioni
testimoniandoci come le immagini − rilevate o create
− sono e saranno, incessantemente, icone cariche di
significati perché in stretta relazione con la cultura e
la memoria della società che le produce.
22.
Salone dei Mesi di
Schifanoia, virtual
tour interattivo,
non immersivo,
prodotto
multimediale in
uso nel Museo di
Schifanoia.
Si ringrazia il Museo
di Schifanoia
per la gentile
concessione.
23.
Salone dei Mesi
di Schifanoia,
Unreal Engine,
Epic Games Unreal
(Modelli 3D Video
e Interattività: S.
Iurilli, D. Arnone).
Manuela Incerti
Note
1. Gli
Atti dei tre convegni sono editi nel volumi dei Lincei
(Aa.Vv. 1995, 1998, 2001).
2. Tra i suoi lavori di più ampia diffusione: (Romano 1994,
1995, 1999).
3. Il prof. Gustavo Traversari con i colleghi prof. Edoardo
Proverbio e prof. Giuliano Romano sono stati i principali promotori di questa società scientifica. Presidente:
Edoardo Proverbio, già professore ordinario di Astronomia, Università degli studi di Cagliari. Vice-Presidente:
Gustavo Traversari, Presidente del CE.VE.SCO. (Venezia), già professore ordinario di Archeologia classica,
Università Ca' Foscari, Venezia, Accademico dei Lincei.
Membri: Elio Antonello, astronomo, già Vice Direttore
dell'Osservatorio Astronomico di Brera, Milano-Merate;
Francesco Bertola, professore ordinario di Astrofisica,
Università di Padova, Accademico dei Lincei; Pino Calledda, ricercatore presso l'Osservatorio Astronomico di
Cagliari; Vittorio Castellani, professore ordinario di Fisica stellare, Università di Pisa, Accademico dei Lincei;
Giovanni Lilliu, professore emerito di Archeologia, Università di Cagliari, Accademico dei Lincei; Paola Moscati,
ricercatrice presso l'Istituto per l'Archeologia Etrusco-Italica del CNR, Roma; Giuliano Romano, già professore
di Storia dell'astronomia, Università di Padova; Rodolfo
Striccoli, professore di Archeologia, Università di Bari;
Pasquale Tucci, professore ordinario di Storia della fisica, Università di Milano; Nedim Vlora, professore di Geografia, Università di Bari.
4. Edita tra il 2002 e il 2006 per le edizioni Quasar.
5. Il suo nuovo statuto è stato curato dal Ministero per i
Bene Culturali e Ambientali, attualmente Ministero della
Cultura, da cui la società dipende.
6. Rivista trimestrale dedicata alla pubblicazione in lingua
inglese di atti di conferenze e articoli su invito nel campo
dell'astronomia e dell'astrofisica, è probabilmente la più
antica rivista dedicata all'astrofisica.
7. Il Giornale di Astronomia è diretto da 25 anni da Fabrizio
Bònoli.
8. Gli Atti della Società Italiana degli Storici della Fisica e
dell’Astronomia sono giunti al numero 40.
9. Occorre, in questo contesto, ricordare anche Alessandro
Gunella, autore della traduzione italiana dell’opera Perspectiva horaria, sive de horographia gnomonica, edita
a Roma nel 1648 da Emmanuel Maignan. Lo scritto è
edito come allegato ad alcuni numeri della rivista Orologi Solari (https://www.orologisolari.eu/ ). Maria Luisa
Tuscano ha collaborato nella ricerca storica sull’Astrolabio catottrico di Palazzo Spada edita nel volume di Laura
Farroni (Farroni, 2019). Tutti i siti web editi in nota sono
stati consultati in data 02/06/2022.
10. http://www.archeoastronomy.org/content/publications/
11. https://insap.org/publications/
12. https://www.archaeoastronomy.org/publications
13. https://whc.unesco.org/en/activities/19/#meetings
14. I lavori del working group hanno trovato esito nel manuale (C. L. N. Ruggles 2015).
15. Si veda (Belmonte et al. 2018). L’autrice ha partecipato a questo e ad altri meeting del working group, colla-
→ Architettura, geometria e astronomia
borando anche al Thematic Studies jointly prepared by
ICOMOS and the International Astronomical Union (IAU)
Commission C4 (Incerti 2010).
16. https://whc.unesco.org/en/list/1624/
17. Il Manifesto sulla transdisciplinarità fu elaborato e poi
pubblicato nel 1994 ad opera di Basarab Nicolescu,
Edgar Morin e Lima de Freitas (primo Congresso Internazionale della Transdisciplinarità, Convento di Arrabida, Portogallo). Le versione italiana è (Nicolescu, 2014),
una recente raccolta di scritti su questo approccio è edita in (Ruta 2021).
18. Tutti hanno pubblicato gli atti dei lavori che sono individuabili attraverso il titolo dell’iniziativa.
19. Ringrazio per i preziosi e originali contributi le persone
che nel tempo si sono avvicendate nel gruppo di ricerca
e, in particolare, Uliva Velo, Stefania Iurilli, Gaia Lavoratti, Stefano Giannetti. Ringrazio Marco Bertozzi e gli
astronomi Elio Antonello, Fabrizio Bònoli e Vito Francesco Polcaro, per aver condiviso con me l’elaborazione di
diversi lavori scientifici. Nella seconda parte di questo
scritto verranno elencate alcune ricerche già edite con
lo scopo di declinarne gli aspetti relativi alle categorie
UNESCO. Le auto-citazioni hanno dunque la funzione di
richiamare le singole esperienze a cui si rimanda per approfondimenti sul tema.
20. Queste fasi, qui integrate, sono state esposte anche in
(Incerti, D’Amico, Giannetti, Lavoratti, Velo 2018).
21. La scoperta di effetti ierofanici, legati alla luce nelle architetture preistoriche, antiche o moderne, sono oggi
24.
Salone dei Mesi di
Schifanoia, il primo
decano del mese
di Marzo (foto di A.
Cesari, Bologna).
24.
181
numerosissimi e in continua espansione. Questi fenomeni erano collegati alla dimensione cultuale dei luoghi,
e gli esiti di queste ricerche sono presentati annualmente nei maggiori convegni nazionali e internazionali.
22. Il software per desktop open source Stellarium (https://
stellarium.org) è stato arricchito negli ultimi anni principalmente da George Zotti per soddisfare i requisiti di
accuratezza necessari agli studi di astronomia culturale
come la ricreazione accurata di viste storiche del cielo,
ma anche viste di modelli 3D georeferenziati di edifici
e siti archeologici sotto il cielo, inclusa la simulazione di
luci e ombre (Zotti, Hoffmann, Wolf, Chéreau, Chéreau
2020).
23. Si vedano ad esempio (Bartoli 2010; González-García,
Magli 2015; Incerti 1999; Magli 2008, Romano 1995).
24. I tre trattati Algoritmus, De Sphaera e Computus (gli
unici a lui attribuiti con certezza) furono quasi certamente scritti come sussidio alle sue lezioni universitarie.
In particolare il De sphaera, scritto intorno 1230 circa,
ebbe una enorme diffusione, così come testimoniano i
numerosi commentari stesi già a partire dalla fine del
XIII secolo. La prima stampa è del 1472, anno in cui si
pubblicarono una edizione a Venezia ed una nella Ferrara del Duca Ercole I (Venturi 2010).
25. Si rimanda a (Dekker 2013; Grimaldi 1905; Gundel
1992).
26. La direzione solstiziale è quella segnata dalla levata nel
solstizio invernale il tramonto solstizio estivo (molto
accurato sullo spartito architettonico del rosone); i due
segni-limite del circolo zodiacale, Cancro e Capricorno
sono rispettivamente posizionati verso l’abside e verso
la porta.
27. Lo schermo touch è oggi posizionato in una sala che
precede il Salone nei Mesi, a disposizione dei visitatori.
Gruppo di ricerca: Angelo Andreotti, Marco Bertozzi, Manuela Incerti, Stefania Iurilli, Giovanni Sassu; Modelli 3D
Video e Interattività: Stefania Iurilli, Dario Arnone; Fotografie, Settori marzo-settembre: Antonio Cesari, Settori
ottobre-febbraio: Archivio Musei di Arte Antica di Ferrara, Ghiraldini-Panini; Voce narrante: Paolo Marchetti;
Coordinamento Scientifico: Manuela Incerti.
28. Cliccando sulle aree si attivano i contenuti resi disponibili attraverso dei video-racconti con base musicale Si
veda (Incerti, Iurilli 2018). In totale sono disponibili 60
video (5 per ciascuno dei 12 settori dipinti) della durata
massima di circa 2 minuti. I testi sono stati scritti prevalentemente da Marco Bertozzi, mentre le immagini utilizzate per la creazione dei video sono state prodotte dal
fotografo Antonio Cesari (Bologna). L’approfondimento
possibile è diverso a seconda dello stato di conservazione dei reperti: gli affreschi conservati dalle intese
cromie (marzo, aprile, maggio, giugno, luglio, agosto
settembre) inevitabilmente hanno una descrizione più
esaustiva rispetto ai dipinti perduti ed oggetto di alcune ipotesi ricostruttive (in bianco-nero e a colori) opera
dell’artista Maurizio Bonora.
29. Sul tema della sostenibilità e astronomia culturale si vedano (Antonio César González-García, Belmonte 2019;
Urrutia-Aparicio et al. 2022).
182
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183
184
Postfazione
Ornella Zerlenga
Dipartimento di Architettura e Disegno Industriale, Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli”
Il seminario di studi Rappresentare il tempo. Architettura, geometria e astronomia, organizzato il 23 marzo 2022 nel Salone di Pompeo di Palazzo Spada a Roma da Laura Farroni, Manuela Incerti e Alessandra
Pagliano, nasce da una duplice volontà fondata sulla condivisione di temi e collaborazione di ricerca fra le
tre studiose. Condivisione di un tema, per l’appunto quello dell’intrigante rapporto teorico-pratico nonché
simbolico da sempre esistente fra architettura, geometria e astronomia. Relazione, questa, già saldamente
affrontata negli anni precedenti dalle tre curatrici attraverso molteplici esperienze individuali e di cui, la
più recente, svoltasi ancora una volta a Palazzo Spada il 23 settembre 2019 e organizzata da Laura Farroni.
In quella occasione fu, non soltanto, presentato il volume curato dalla Farroni dal titolo L’arte del disegno a
Palazzo Spada. L’Astrolabium Catoptrico-Gnomonicum di Emmanuel Maignan, ma illustrato ai presenti il complesso processo progettuale che portò Padre Emmanuel Maignan alla concezione di un disegno realizzato,
quale apparente intricata immagine, da Giovanni Battista Magni nel 1644 sulla volta della Galleria del piano
nobile del suddetto palazzo.
L’attuale seminario riprende la relazione esistente fra architettura, geometria e astronomia, e lo fa con
una notevole ricchezza e varietà di temi grazie alla molteplicità dei differenti sguardi disciplinari intervenuti
durante la giornata, che ha permesso di formulare, a cura dei numerosi relatori ivi presenti, letture multiple
su questa relazione fra architettura, geometria e astronomia. Un progetto colto, dunque, che ha la sua prima
essenza nell’integrazione scientifico-culturale dei punti di vista delle tre curatrici, docenti e ricercatrici di tre
differenti Atenei (Università Roma Tre, Università di Ferrara, Università di Napoli Federico II), ma unite da
un comune interesse scientifico-culturale e dal desiderio di affrontare con vivacità culturale i diversi aspetti
a cui il tema rinvia.
Le relazioni presentate hanno infatti dimostrato una molteplicità complessa di argomenti trattati, dalla
misura alla percezione del tempo, alle numerose e differenti teorie astronomiche che si sono succedute nel
corso dei secoli, agli studi di ottica e prospettiva così come alla descrizione di strumenti fino alla costruzione
di meraviglie architettoniche immaginate ricorrendo a un pensiero scientifico capace di concepire macchine
fantastiche, spesso illusorie. Ma ancora, nell’opinione condivisa che gli orologi solari rappresentino oggi una
importante testimonianza di un patrimonio culturale, materiale e/o immateriale, minacciato dalla vulnerabilità del disuso, alcuni interventi hanno affrontato la necessità del restauro di queste permanenze sia attraverso
la descrizione di interventi su architetture storiche che attraverso simulazioni contemporanee.
Infine, e non poteva essere altrimenti, vista l’appartenenza disciplinare delle tre curatrici, fra i temi affrontati non è mancato quello della relazione fra architettura, geometria, astronomia e disegno secondo una
significativa dialettica, che attraversa epoche e culture e che identifica il contributo del disegno come fra i più
interessanti nell’ambito dello sviluppo di teorie e applicazioni. In tal senso, sono stati presentati contributi
sull’attività pubblicistica e convegnistica, sull’individuazione di possibili categorie, topics e parole chiave, sul
ruolo disciplinare contemporaneo sempre più integrato, inclusivo e partecipato.
In conclusione, sulla base dei diversi aspetti tematici affrontati nella giornata di studi e che hanno
legato l’astronomia all’antico, alla percezione del cielo e, soprattutto, alla sua interpretazione attraverso culture e discipline molteplici in contesti anche contemporanei, il seminario è apparso decisamente piacevole e
stimolante in virtù di quella sapiente capacità dimostrata nel sapere intrecciare costantemente, da parte delle
curatrici, più saperi teorico-operativi e nel restituire nell’insieme una sintesi intelligente sull’argomento trattato, condotto con uno sguardo esteso e multidisciplinare e senza mai perdere la centralità del tema ovvero il
rapporto tra l’architettura, la geometria e l’astronomia.
→ Architettura, geometria e astronomia
185
Questo seminario ha dunque arricchito i presenti di visioni e consapevolezze circa i temi trattati. E
non solo per l’apporto di conoscenze diversificate e per la molteplicità dei punti di vista offerti al dibattito,
ma anche perché questa giornata di studi ha aperto a una serie di nuove opportunità, che le curatrici hanno
anticipato in questa occasione. Trattasi di una prossima fase di lavoro e approfondimento, ancora in forma
collegiale, su questi argomenti che sarà resa possibile attraverso la redazione di una nuova collana editoriale a
tanto dedicata. Un prosieguo dell’iniziativa, quindi, che le curatrici hanno presentato con grande entusiasmo
e che vedrà riprendere molti degli spunti emersi nella giornata di studio del 23 marzo 2022. Laura Farroni,
Manuela Incerti e Alessandra Pagliano saranno ancora in team per progettare un nuovo lavoro di ricerca,
continuare quanto avviato e, soprattutto, condividerlo con il pubblico attraverso le tante diverse sfaccettature,
che connotano il tema ma anche le stesse tre ricercatrici, pur restando ancorate a una comune visione, una
comune matrice di ricerca capace di leggere il pensiero architettonico nelle sue geometrie e con uno sguardo
rivolto al cielo e, dunque, al futuro. Un futuro, che non è fascinazione della tecnica tout court, ma attivazione di
capacità critiche di studio e analisi nonché acquisizione di competenze scientifico-culturali per non perdere
mai di vista i criteri che consentono di leggere con piena consapevolezza il portato di testimonianze culturali,
siano esse materiali e/o immateriali.
In tal senso, un ringraziamento pieno a Laura Farroni, Manuela Incerti e Alessandra Pagliano per aver
organizzato con generosità e competenza questa giornata di studi, così piena di acquisizioni e spunti, e per
tenere ancora vivo l’interesse attorno alle relazioni fra architettura, geometria e astronomia attraverso il lancio
di questa nuova collana scientifica.
186
→ Architettura, geometria e astronomia
187
English texts
did this quelque chose, this space, began? If it had a
beginning.
TIME
Time and Space
Key words
Fabrizio Bònoli
Time
Time measurement
Cosmogonic myths
AstronomY
Astronomical orientations
Cronus: at the Beginning of Time
In the Beginning was Chaos, a chasm, a dark void,
a blind, nocturnal, boundless abyss, where nothing
could be distinguished. It was from Chaos that Gaia,
the mother Earth, and Tartarus, the Darkness, and
Eros, the Energy of primordial Love, were then
formed. Gaia single-handedly bore Uranus, the starry sky, and Pontus, the sea flutter. With her son Uranus, she bore the six Titans. Cronus was the last of
them, with tortuous designs the most terrible of the
children. He set free his mother Gaia from his father Uranus, who laid perpetually on her, castrating
him with a large sickle. The Earth was thus separated
from Heaven and a free space was created between
them, above which the starry vault represented a
large ceiling. This is how Day and Night were born,
and Cosmos too, the Order, as human beings view it.
Therefore, according to the myth told by Hesiod in
Theogony (Ricciardelli 2018), it was Cronus – frequently identified with Time – who allowed the beginning of the flowing of time and also of our history. A history that began with the first questions
that we can imagine Man asked himself by observing Heaven, and with the first answers as well: “How
were Universe, Heaven, Earth, human beings born?
What was before? What’s next? But will there be an
after?” And above all: “Why all this?”
And again: “Has all this always existed or was it
created out of nothing? Or by a fluctuation of the
‘quantum vacuum’, as some of the modern hypotheses about the origin of the universe claim?”
We can only agree with what Virgil wrote in Georgics: “Felix, qui potuit rerum cognoscere causas” (“Fortunate is he, who was able to know the causes of
things”) (Brachiesi 2019, Lib. II, v. 489).
And then, an even more difficult question: “Pourquoi y a-t-il quelque chose plutôt que rien?” (“Why is
there something rather than nothingness?”), Leibniz
wandered (Leibniz 1996, p. 228). And at what time
188
Ultimately, whatever questions we ask ourselves
about the space in which we are, we end up talking
about time. In fact, “no one has ever experienced a
place except in a time, and a time if not in a place”
said Hermann Minkowski – Einstein’s teacher and
founder with Poincaré of the four-dimensional geometry of space-time – in the 1908 Conference
Raum und Zeit (Space and time) at the 80th Assembly
of the Gesellschaft Deutscher Naturforscher und Ärzte
(Society of German Naturalists and Physicians).
And then he went on: “The views of space and time
which I wish to lay before you have sprung from the
soil of experimental physics, and therein lies their
strength. They are radical. Henceforth space by itself, and time by itself, are doomed to fade away into
mere shadows, and only a kind of union of the two
will preserve an independent reality” (Minkowski
1909).
What is Time?
Now, if we want to define the objects we are dealing
with – space and time – we do not have any major problem for space, but it’s more complicated for
time.
Many have tried to define time and Augustine’s
question has remained famous: “Quid est ergo tempus?”. And his answer too: “Si nemo ex me quaerat,
scio; si quaerenti explicare velim, nescio.” (“What then
is time? If no one asks me, I know, if I want to explain it to someone who asks, I don’t know.”) (Cristiani 1996, Lib. XI, 14, p. 126).
Others, much later, will get by more easily, such as
Newton who, at the very beginning of the Principia,
warned readers that “tempus, spatium, locum et motuum ut omnibus notissima non definio” (“I do not define time, space and motion, as being well known to
all”), stating immediately after (Newton 1687, Lib. I,
def. VIII, Scholium, p. 5): “Dicam tamen quod vulgus
quantitates hasce non aliter quam ex relatione ad sensibilia concipit. Et inde oriuntur praejudicia quaedam,
quibus tollendis convenit easdem in absolutas & relativas, veras & apparentes, Mathematicas et vulgares
distingui” (Only I must observe, that the common
people conceive those quantities under no other notions but from the relation they bear to sensible objects. And thence arise certain prejudices, for the removing of which it will be convenient to distinguish
them into absolute and relative, true and apparent,
mathematical and common”).
But eight centuries before Augustine, Plato gave
in Timaeus (Chap. X, 37d) what I personally believe is the most evocative definition of time: “Time
is the mobile image of Eternity” (Carena 1970, p.
442). While it was Aristotle who immediately after entered the question in a more operational and
pragmatic way arguing that “Tempus est numerus et
mensura motus, secundum prius et posterius” (“Time is
the number of motion in respect of the before and
after”) (Castelli 2012, IV, 11, 219b1, p. 103).
And so, we can ask ourselves how much Aristotle’s
definition is different from that of twenty-two centuries later by Ernst Mach, the physicist and philosopher who inspired the young Einstein and his
removal of the Newtonian concept of absolute time:
“To say that a thing A changes with time is, simply,
to say that the states of one thing A depend on the
states of another thing B. […] Time is an abstraction
at which we arrive through the changes of things”
(Mach 1968, pp. 241-242; Bergia 2006).
Lucretius had already expressed in the first century
BC the idea of time as an abstraction, recognizable
only by the sensations of movement: “Tempus item
per se non est, sed rebus ab ipsis / consequitur sensus,
transactum quid sit in aevo, / tum quae res instet, quid
porro deinde sequatur; / nec per se quemquam tempus
sentire fatendumst / semotum ab rerum motu placidaque
quiete.”
(“Then, too, time in itself does not exist. / From
things themselves our senses comprehend / what has
been accomplished in the past, / what is present now,
then what will follow / afterwards. We must concede
that no one / has a sense of time in and of itself, /
apart from things in motion or at rest.”) (Cetrangolo
1969).
It is clear that many problems regarding time still
remain open (Rovelli 2017). Some of them can be
addressed with scientific methods, others require
philosophical analysis, others still … who knows?
• Did there exist time before the beginning of time?
• Does there exist time when there is no change?
• Are future and past time real?
• Will future time be finite or infinite?
• What does “the flow of time” mean?
• Why does “the arrow of time” exist?
• Does time flow in the same way both at macroscopic and microscopic levels?
• What types of time travel are possible?
• What is the role of time in reasoning?
• Are physical and philosophical time the same?
• Are physical and psychological time the same?
• What are the neural mechanisms that explain our
experience of time?
Time: The Measure of a Change
Even if all these questions leave us groping “in a dark
time”, we can at least agree on one thing: time is the
measure of a change. Actually, this is how humankind has always confronted time: measuring it, that
→ Architettura, geometria e astronomia
is making a measure of changes. The method that
all civilizations have used to make this measurement
was to observe something that seemed to guarantee some regularity in the changes: the motion of
the celestial bodies, of the Sun, of the Moon, of the
wandering stars, of the celestial vault. Once people would realize, generation after generation, how
those regular and cyclical movements had some relationship with what was happening here on Earth,
what we call “the measure of time” was born. (AA.
VV. 2000a; 2000b; 2000c).
The next step (or previous? we don’t know) for all
cultures was then to imagine that someone or something able to operate those movements was “up
there”. And he or it had to be addressed so that those
regularities – so laboriously observed, followed, noted, handed down, and became so important for
life “here below” – would always remain the same.
This can explain the apparent similarities found
in many civilizations in their attitude towards the
heaven. James Frazer, one of the founders of social
anthropology, explained in his encyclopedic work
The Golden Bough: A Study in Comparative Religion
(Frazer 1911-1915) how such analogies are the effect of similar causes that act in a similar way on the
structure of the human mind in different countries
and under different skies. That is, humankind always
reacts in similar ways when subject to the same experiences and sensations.
We can therefore think that since ancient times the
observation of the sky has followed two currents of
thought. On the one hand, the attempt – rational
– to understand the existence of periodicity and natural laws to be used for one’s survival; on the other, the attempt – mystical – to place in the heavens
supernatural and omnipotent beings able to govern
those movements and to whom to turn to preserve
their regularity. Throughout history, these two currents of thought – rational and mystical – have often
been linked together, sometimes even adverse, sometimes clearly distinct, and even with paradigm shifts:
“Les dieux n’étant plus et le Christ n’étant pas encore, il
y a eu, de Cicéron à Marc-Aurèle, un moment unique où
l’homme seul a été” (“When the Gods were no longer
there and Christ not yet, in a time between Cicero
and Marcus Aurelius, there was a unique moment
when Man existed alone”) writes Flaubert (Flaubert
1930, p. 464).
Time, Astronomy, Arts
Therefore, I’m talking about the relationships between astronomy – and its ability to measure time
– and human activities, here understood as all artistic
expressions: architecture, painting, sculpture, literature, music and so on. I would like to first clarify a
point – always trying to define what we are talking
189
about, as I tried to do with time – that is to ask ourselves: what is astronomy? What is art?
As an astronomer, I do not struggle to answer the
first question in a few words: astronomy is an attempt to understand the reality of the universe. As a
“non-artist”, I struggle more for the second one, but
I’ll try: art is an attempt to represent reality. Hence,
we can say that we have found a common point with
which to confront: the astronomer and the artist are
both interpreters of reality.
We find this just as a prescription in a widespread
astrological work of the thirteenth century, Picatrix,
Latin version of the previous Arabic text from two or
three centuries before, The Aim of the Wise (Pingree
1986, p. 8): “Quando vero sapientes antiqui voluerunt
facere ymagines, non potuerunt recusare constellaciones
que sunt radices in sciencia ymaginum” (“When the
ancient sages wanted to represent images, they could
not do without celestial configurations, which are
the radices [in short, the positions of celestial bodies
at a specific time] in the science of depictions”).
An example closer to us? “J’ai parfois en moi un besoin
terrible de – dirai-je le mot? – de religion, alors je vais
la nuit dehors pour peindre les étoiles” (“Sometimes I
feel within me a terrible need for – can I say that? –
for religion, then I go out into the night and paint
the stars”). It is Vincent van Gogh who writes to his
brother (van Gogh 1888). In these few words and
in his many starry nights we find evidence of what
I said before: “something religious”, the mystical attitude towards the objects in the heaven that he is
painting; “something rational”, because the stars he
paints are not invented or false, they are the real stars
he sees and represents with his great artistic genius.
Time and Symbols: A Link between Microcosm and
Macrocosm
The title of this meeting links time with architecture,
geometry and astronomy. Many examples of these
links can be made: from Stonehenge and megalithic
circles to solstitial or equinoctial orientations in different sites all around the world, from the Egyptian
pyramids to the Mayan ones, from Greek and Roman temples to the orientation of churches, from the
founding rites of the cities to the supposed or real,
Vitruvian or esoteric geometry of Frederick’s Castel del Monte, from the frescoed vaults to the many
astronomically constrained architectural structures.
Colleagues will today talk about specific cases. However, in many of those the link is not only in an orientation towards some astronomically significant direction: the rising or setting points of Sun or Moon
or Venus in the rainy season, or the equinoctial rise
of Sirius, and then the cardo and decumanus, and the
apsis ad solem orientem on the day dedicated to a patron saint, and so on. Of course, I avoid talking about
190
imaginary geometric connections – such as perimeters over heights, Greek-pi, golden sections, squaring of the circle, Fibonacci numbers – so as not to
run the risk of falling into discourses that can range
from Hermeticism to Cabala, to numerology, ending
up also talking about non-existent ancient civilizations or even extraterrestrials.
Here I want to talk about something more, and I
refer to that link between astronomy and other disciplines I have said about. A connection which lies
in the relationships between nature, Man, everyday
reality, the flow of time – the microcosm – and the
sky, the stars, the universe, the conservation of time
– the macrocosm. I remind this link does not only
consist in orientations and geometrizations, but also,
if not above all, in allegories and symbolisms, many
of which are no longer immediately intelligible to us,
if not sometimes even obscure.
I shall mention just a few examples, starting with
the Cathedral of Otranto. This suggestive church is
astronomically oriented towards the summer solstice
rise, with the precision of the alignments obtainable at the time (I will later talk about precisions),
probably like the previous Messapian, Roman and
early Christian remains. Or perhaps was it built simply following the orographic orientation on the hill
overlooking the sea? I don’t know the answer.
One of the most fascinating pavement mosaics stand
out in the Cathedral, executed in the twelfth century
by artists headed by Basilian monk Pantaleon. The
great Tree of Life, extending for eight hundred square
meters, is not only a Biblia pauperum which describes
stories from the Old Testament, from the chivalric cycles, from the medieval bestiaries, from the legends
about Alexander the Great. It is a sort of poem in
images that tells the destiny of humankind through
the history of previous times, with geometric and
numerical symbols representing order and measure.
Before arriving at the end of the Tree of Life, where
Justice and Sin are represented and the Cosmogenesis
in sixteen tondos too, and finally at the altar to reach
the Redemption, we meet the cycles of the months
– i.e., the passing of time – where the association
“zodiacal constellations - months – man’s works” is
presented: a perfect illustrated example of the close
relationship between microcosm and macrocosm
(Gianfreda 1996).
We find the same association in the Baptistery of
Parma, analytically – and elegantly as well – studied
by Manuela Incerti (Incerti 2001). I will not dwell
on it, except to underline the classic and symbolic
octagonal form, the many solar geometries highlighting the passing of time for the several liturgical celebrations, and the presence of the first Italian
sculptural cycle, made by Benedetto Antelami shortly after the Cathedral of Otranto. Just like in Otran-
to, the months with the relative Zodiac signs and the
typical seasonal works of the territory are depicted in
the sculptures: here the Padania, there the Salento.
Similar hierophanies happens in the Scrovegni
Chapel in Padua, where there is the first depiction
of the Star of Bethlehem as a comet, done by Giotto
immediately after the 1301 passage of Halley’s comet. In the Chapel, under a blue starry sky, wanted
plays of light highlight defined images on particular
days (Romano 1992, pp. 57-67), as well as in several
Cistercian abbeys, always according to the accurate
measures of Manuela Incerti (Incerti 1999). Just as it
probably would happen in the Parthenon, where the
Sun’s rays throwed a streaming light on the colossal
gold and ivory Athena Parthénos statue by Phidias
at a particular time: at the sunrise of the day of the
beginning of the Panathenaic celebrations, dedicated to the goddess herself.
Orientations and Accuracy of Measures
I before quickly mentioned the “precision of alignments”, a topic that deserves some clarification
(Neugebauer 1954; Price 1957; Singer 1957; Kolbe
2008). How precise could those alignments be? Symbolically delineated after a number of astronomical
measures, or forced by appropriate orographic situations, or mediated between the two?
Without going into too much technical details, we
can say that solar orientations could not be more
precise than a few degrees – a few days – even if
performed with the most accurate methods available
in the various epochs. Just to give an example relating to closer-to-us epochs, the Tabulae Alphonsinae,
written in the mid-thirteenth century by astronomers in Toledo by the will of Alfonso X of Castile
and León and used for centuries, varied in determining the 1588 winter equinox by about twenty
hours, compared to the later and more accurate 1551
Tabulae Prutenicae by Erasmus Reinhold, drawn up
following the Copernican system.
With respect to stars coordinates, the average accuracy was just under a degree in second century
Ptolemy’s Almagest catalog. That was the ending
time of Greek-Hellenistic astronomy flowering. We
can be sure that in earlier times the precision was
even worse and did not improve much until Tycho
Brahe in the sixteenth century, despite the subsequent refinements and adjustments by Arab and European astronomers (Gingerich 1996; Bezza 2000).
As a consequence, this led to gross errors in measurements of angular distances taken between those
reference stars and, for example, the Moon and the
planets, so leading to the consequent inaccuracies
about eclipses, conjunctions and occultations.
In fact, as regards planetary motions, so methodically recorded in tablets since Babylonian times, it must
→ Architettura, geometria e astronomia
be taken into account that, for example, Jupiter and
Saturn, the slowest, travel on average 5 and 2 arcminutes per day, respectively, which means average
time errors of many days in predicting their position
in the sky: from ± 6 to ± 15 days (Strano 2003, pp.
337-338). Again as an example, while the Alphonsinae tables were wrong for a month in predicting the
1563 conjunction of Saturn and Jupiter, the Prutenicae were content to make a mistake by a day!
And all this with good peace of both the astral influences derived from wrong astrological predictions,
and those astronomical alignments that many books,
magazines, television programs, websites tell us as
“incredibly precise”, where, of course, the word “incredibly” means absolutely nothing.
However, we must bear in mind that we come from
a few centuries, after the Scientific Revolution, in
which we are accustomed to think about the observations and measurements of space and time through
a completely analytical and reductionist approach.
And so, we must not forget that in other times – the
ones to which we here refer – the symbolic aspect we
highlighted very often had a value greater than the
measure as such, measure that the same astronomers,
astrologers, architects, builders and surveyors already
probably knew could not be better than much.
Vitruvius and the Knowledge of Astronomy for the
Architect
I want to give a last example concerning architecture and the attention to be placed in the orientation
of buildings, but in this case without any symbolic
meaning. The Roman architect Vitruvius writes in
the seventh book of his De Architectura (Vitruvio
2008, Lib. VII, Cap. 9 [1]), addressed to building
materials and techniques and not to astronomy of
which he speaks in the ninth book: “Revertar nunc
ad minii temperaturam. […] cum est in expolitionibus
conclavium tectis inductum, permanet sine vitiis suo
colore; apertis vero, id est peristyliis aut exhedris aut ceteris eiusdem modi locis, quo sol et luna possit splendores
et radios inmittere, cum ab his locus tangitur, vitiatur et
amissa virtute coloris denigratur. ltaque cum et alii multi tum etiam Faberius scriba, cum in Aventino voluisset
habere domum eleganter expolitam, peristyliis parietes
omnes induxit minio, qui post dies XXX facti sunt invenusto varioque colore. ltaque primo locavit inducendos
alios colores.” (“But let’s go back to the preparation
of the minium [actually it is “cinnabar”, a pictorial
pigment]. [... ] When used in indoors decorations,
it maintains its color unchanged, but in spaces exposed to the open air, such as peristyles, exedras or
other analogues where sunlight and moonlight arrive, it gets damaged, loses its splendor and becomes
opaque. Like many others, even the scribe Faberius,
who wanted his house on the Aventine finished with
191
Contemplation of the heavens and the passing of
time
I’m going to finish with some words taken from the
Cycle of Baal, a collection of Mesopotamian mythopoietic texts, found in ancient Ugarit and derived
from earlier copies or from ancient oral tradition between the fifteenth and fourteenth centuries BC. The
poem is considered a probable source of the Greek
192
myth here at the beginning mentioned. It narrates
the struggle of the god Baal, lord of fertility, with
other deities, as a probable metaphor of the seasonal agrarian cycles and the victory of the Order over
the primordial powers of Chaos. The Time of the
origin of all things is described (Lachièze-Rey 1998,
p. 131): “Without borders and without time was the
Air, and a Wind relentlessly rotated. And the Wind
became the lover of his Principle and rewound upon
himself. And from this the Desire was born and then
the Word was born, with the appearance of an Egg,
and unconscious beings came from the Egg, then
conscious and contemplators of the Heavens”.
And so, according to the ancient myth, the first act
of consciousness of humankind was the contemplation of the heavens, their regular and periodic motions and the passing of time.
Notes
1. Translation by the author.
2. Translation by the author.
Pre-instrumental
astronomy
Elio Antonello
Key words
particular elegance, had the minium on all the walls
of the peristyles, but after thirty days the color was
already ruined and patchy, so that he had to immediately arrange to paint the walls with other colors.”)1.
Here is an attention to the solar orientation (and
also lunar, writes Vitruvius, but it is the solar radiation that counts, acting on the mercury of which
cinnabar is composed, but he could not know it) that
has nothing to do with symbolism or similar things,
but it is of great practical importance.
On the other hand, Vitruvius himself illustrates
what must be the basis of the architect’s education,
describing him as a figure of universal culture just at
the beginning of De Architectura (Vitruvio 2008, Lib.
I, Cap. 1 [3,10]): “Et ut litteratus sit, peritus graphidos,
eruditus geometria, historias complures noverit, philosophos diligenter audierit, musicam scierit, medicinae
non sit ignarus, responsa iurisconsultorum noverit, astrologiam caelique rationes cognitas habeat. […] Ex Astrologia autem cognoscitur Oriens, Occidens, Meridies,
Septentrio etiam caeli ratio, Aequinoctium, Solstitium,
astrorum cursus: quorum notitiam si quis non habuerit,
horologiorum rationem omnino scire non poterit.” (“Let
him be educated, skillful with the pencil, instructed
in geometry, know much history, have followed the
philosophers with attention, understand music, have
some knowledge of medicine, know the opinions of
the jurists, and be acquainted with astrology and the
theory of the heavens. […] From astrology we find
the East, West, South, and North, as well as the theory of the heavens, the Equinox, the Solstice, and the
courses of the stars. If one has no knowledge of these
matters, he will not be able to have any comprehension of the theory of sundials”)2.
Apart from the fact that Vitruvius here uses the
word “astrology” since at the time it was practically
synonymous with “astronomy”, this importance of
astronomical knowledge for an architect should not
surprise us, if we think of what has been said before.
Namely that clients, artists, architects, craftsmen,
workers who had to create “things” of some symbolic importance wanted those things had to reflect
and interpret the relationships between the passing
of time in the Earthly events and in everyday life
and the celestial bodies which regulates that flowing
time, and therefore be recognizable as such to the
users of those works.
Archaeoastronomy
Farming calendars
Solstices
Constellations
Lunistices
Introduction
In the context of the present-day meeting devoted to
the representation of time, it could be useful to discuss
some archaeoastronomical characteristics regarding
the observations of the main celestial bodies for calendrical purposes in the antiquity, particularly when
the writing did not yet exist, and moreover to mention
some of the problems related to them. These topics
are dealt with at length in several books, and here we
recall that of Ruggles (1999) for the European area,
and Aveni (2001) for the American one. In the present note we will talk briefly of cardinal and solstitial
points, the solar year, the farming calendar governed
by the Sun and the stars, and we will conclude with
the archaeoastronomical problem of the Moon.
Image p. 16:
Hilma af Klint
(1862–1944),
Urkaos, nr 16,
The WU/Rose
Series, Group I,
1906-1907. Oil on
canvas, 53 x 37
cm. The Hilma af
Klint Foundation,
Stockholm (Photo:
Albin Dahlström,
Moderna Museet,
Stockholm).
Cardinal and solstitial points
The ancients established the important points of the
horizon by looking at the Sun. Its culmination at the
local midday gives the North-South direction of the
place where we are observing, while its rising and
setting at the equinox give the East-West direction.
Today we have the clock for civil uses, but generally
the local midday is not that defined by the time zone.
Therefore, if we wish to repeat the experience of the
ancients, we must take into account the shadow of a
gnomon. There exist, however, useful computational
programs on the web that calculate the true midday
of a site for any date. The other important points at
the horizon are defined by the rising and setting of
the Sun at the solstices; there are many records in the
classical literature and ethnography about their use
as a calendrical reference point. In the ideal case of
a flat horizon, with no mountains, hills or obstacles,
the rising point of the Sun at the summer solstice
is diametrically opposite to the setting point at the
winter solstice, and the rising at the winter solstice is
opposite to the summer setting.
The local Earth plane can then be imagined as a circle divided in eight sectors, that is, it has the appearance of a wheel with eight spokes [fig. 1]. I do
not know whether the Celtic symbol of the wheel,
which is interpreted as a solar symbol by archaeologists (see for example, the collected material in
Bertrand 1897) could be associated with this image,
since there are no written records that could support
this view. We can make, however, the association of
the plane divided in four sectors by the cardinal directions with a cross inscribed in a circle, on the basis
of the ethnographic records. This symbol, the medicine wheel, is well described by Black Elk (Black Elk
1953) of the Sioux Oglala tribe. According to this
tribe there were six main directions: to the zenith,
that is the site of Wakan-Tanka (the Great Spirit,
father-progenitor), to the ground (Mother Earth,
mother-progenitor), and to the four cardinal points
in the circle of the horizon. Four powers came from
the four points; for example, the light of the wisdom
dispelling the ignorance came from the East. These
points played an essential role in the worship, and
the simple architecture for the ritual was based on
them.
The position of the rising and setting at the solstices
depends on the latitude of the site, and it is defined
by the azimuth, the angle usually measured from the
North. For example, for the latitude of 42 degrees
the Sun at the summer solstice rises with azimuth of
about 57.7 degrees. For our discussion of the observations performed by the ancients, the longitude of
the site and the exact time have no importance, since
the displacement of the Sun on the horizon is very
small, that is, it changes very little from one day to
→ Architettura, geometria e astronomia
the next around the solstice. At our mean latitudes,
during the four days preceding and four days following the solstice the Sun moves by less than one tenth
of a degree. Moreover, in our discussion the astronomical precession has no importance, whereas it is
important when we consider the Sun with respect
to the stars, as we will say in the next sections. The
variation of the obliquity of the ecliptic has an effect.
The axial tilt of the Earth oscillates by a couple of
degrees in 41 thousand years, and this changes slowly the value of the azimuth. Today the obliquity of
the ecliptic is about 23.4 degrees, and four thousand
years ago it was about 23.9 degrees.
Generally, however, there are mountains and hills on
the horizon, hence the azimuth of the rising Sun will
be different from that considered up to now, and the
height above the horizon will be different from zero.
Moreover, one has to take into account the effects of
the atmospheric refraction, also in the case of a horizon with no obstacles, since when we see the rising
Sun on the horizon actually it is located about half a
degree below it.
Solar year
The solstices were useful indicators of the beginning
of the year. Our civil year itself, that derives from
the Roman one, could be considered an example,
and we can find some justifications in the classical
literature. Varro (1st century BC; De lingua latina,
VI, 8) writes a precise definition of year: "tempus a
bruma ad brumam dum sol redit vocatur annus", that is,
it is the time from the bruma to the next one; bruma
was the winter solstice, while solstitium indicated the
summer solstice. Ovid (Ovidius; 1st century CE) in
the Fasti explains the origins of Roman holidays and
associated customs. He writes an interview between
the poet and the god Janus. He asks the god why
does the year begin during a so bad season, while it
would be much better to begin during spring, and
he describes at length such a beautiful season. The
answer of Janus is concise: the solstice is the first day
of the new year and the last day of the old one, Phoebus and the year have the same beginning. Plutarch
(Plutarchos; 2nd century CE; Quaestiones romanae,
19) supplies us with a detailed justification. Generally, there is not naturally either last or first in a cycle,
and it is by custom that some adopt one beginning of
this period and others another. The best is to adopt
the beginning after the winter solstice, when the Sun
turns about and retraces his course toward us. For
this beginning of the year is in a certain way natural
to mankind, since it increases the amount of light
that we receive.
The prehistoric solstitial indicators, such as Stonehenge, suggest us that this choice could be a legacy
of the far past. Therefore, it is meaningful to look for
1.
Position of the
rising (sorgere)
and setting
(tramonto) of the
Sun at the summer
(estivo) and winter
(invernale) solstice,
for a latitude of
42 degrees. The
azimuth (azimut)
is the angle from
North (Graphic
elaboration by the
author).
193
solstitial alignments in megaliths and rocks, because
we could interpret them as calendrical reference
points that were used to determine the beginning of
the year. In the past, when written calendars did not
exist yet, this was an essential procedure for defining
the farming activities.
The Greek poet Hesiod (8th century BC) from Boeotia, in the Works and Days illustrates very well the
way in which the sky was used as a calendar for the
farming activities. For example, he writes (v. 479-481)
that if one will wait for the turning around of the Sun
to plough the ground, he will reap sitting, grasping a
thin crop in the hand. That is, if one waits for the solstice for ploughing and sowing, he risks reaping very
little. The turning around of the Sun is indeed what
occurs on the horizon at the solstice [fig. 2].
It may be worth to recall that, for ancient Greeks,
Eniautos was the embodiment of the year, and
sometimes represented along with Eleusis, the goddess Demeter of the crop ( Jentoft-Nilsen, 1991).
The Sun and the stars: the farming year
Let us see with some detail the relation between the
Sun and the stars as regards the calendrical applications. Hesiod (v. 564-570) prescribes to count sixty
days after the winter solstice, until the star Arcturus
leaves the holy stream of Ocean and first rises brilliant at dusk; it was the time to start the hard farming
works after the winter by pruning the vines. That is,
one had to count the days starting from the solstice.
We can presume that, after many days, it had been
possible to have miscounted1, but, in any case, one
had the help of the star Arcturus; it was a calendrical indication valid only for some centuries around
the epoch of Hesiod [fig. 3].A famous passage often
quoted by scholars (v. 383-386) is: “When the Pleiades, daughters of Atlas, are rising, begin your harvest”, and then the poet adds “forty nights and days
they are hidden”. By using the modern software one
can make a verification of these sentences. In Boeotia, 8th century BC, it was possible to see the heliacal setting (i.e., just after the sunset) of the Pleiades
several days after the spring equinox, and they were
not more visible for forty nights. That is, assuming
the equinox on 21st March, they set by the end of
March, and the heliacal rising (just before the rising
of the Sun) occurred by the second week of May.
Since the effect of the astronomical precession is to
change the location of the Sun at the equinox with
respect to the stars, the date of their rising or setting
is generally valid only for some centuries around the
considered epoch (e.g., Antonello 2013).
The heliacal rising of Pleiades was the time, as the
poet says, of sharpen the sickle, since harvesting was
approaching. It is only the second week of May, but
one should take into account the species and varie-
194
ties of cereals. For example, since the barley had a
brittle spike, upon maturity, the spikelets separated,
facilitating seed dispersal; this problem was overcome by harvesting well before its ripening, putting
the barley in drying sheaves, and after some tens of
days threshing it. Anyway, in the past, harvesting itself usually required many days.
Another interesting example is given by the Hebraic calendar. In order to determine the date of Pesach
(Easter) and Shavuot (Pentecost) the lunar phase was
taken into account. The first month of the year in
the Hebraic calendar, named abib2, that is ‘spikes’ ore
‘ears’, begun with the new moon of spring. Two weeks
later, with the full moon, on the 14th of the month,
the feast of Pesach was celebrated. The law prescribed
to begin harvesting barley during this time, and the
Bible (Deuteronomy, Leviticus) describes the ritual
to be followed. Palestine is much southern than our
latitudes, hence the beginning of barley harvesting
around April should not be surprise. Two weeks later
the wheat harvesting started. Fifty days later, there
was the feast of Shavuot, and the law prescribed that
the activity of threshing and winnowing should have
finished by that time (Book of Ruth).
Hesiod provides other calendrical indications for the
farming activities. As regards the grape harvest, he
suggests (v. 609-611): “when Orion and Sirius are
come into mid-heaven, and rosy-fingered Dawn
sees Arcturus, then cut off all the grape-clusters and
bring them home”. This sentence appears as another example of the good quality of his astronomical
observations. Orion and Sirius were about on the
meridian when Arcturus was rising just before the
sunrise, few days before the autumn equinox, the
time of the grape harvest.
The poet concludes in this way the calendar (v. 614617): “But when the Pleiades and Hyades and strong
Orion begin to set, then remember to plough in
season…” It is the ploughing in the autumn, when
Pleiades, Hyades and Orion are well visible during the night, that is, Hesiod means the setting of
these constellations just before the sunrise. After the
mid October, when the Sun was rising, the Pleiades
were setting. About ten days later, the Pleiades were
set well before the sunrise, and it was the Hyades
that were setting, and after another fifteen days it
was Orion. By then, it was the middle of November, which could be considered a limiting date for
ploughing at the latitude of Boeotia.
It is worth to recall that, after Hesiod, farming calendars with stellar indications had been compiled by
several Greek and Latin authors; however, just few of
them are existing, such as the very detailed ones by
Columella and Plinius. The Latin writers compiled
them taking into account the data reported by the
previous authors. In the past, several scholars tried
2.
Location on the
horizon of the rising
Sun in autumnwinter, from
October (ottobre) to
February (febbraio).
The Sun turns
around at the
winter solstice; this
point is indicated
by an arrow.
(Visualization
from software
Stellarium).
3.
Rising of Arcturus
at the sunset,
about 60 days
after the winter
solstice, for the
latitude of Boeotia,
8th century BC.
(Visualization
from software
Stellarium).
to understand and solve the inconsistencies that are
found in the calendars of Columella and Plinius, but
this was, and it is, a worthless attempt, since, as it
was already noted by Plinius, the authors themselves
of the previous compilations gave contradictory indications for a given place (Antonello 2016).
The Moon
For a calendrical use of the Moon, that is, the lunar
months, it is sufficient to follow directly its phases.
There is no need to remark the socio-cultural importance of the moon phases, as they are a phenomenon
that should have caught the imagination since the
prehistory.
A lunation (synodic month) is a cycle of about 29
days. New Moon is when our satellite is close to the
Sun, and it is not possible to see it with the naked
eye; about 15 days later it is located on the opposite
side of its orbit and it is full Moon. The path of the
new Moon is similar to that of the Sun: it arcs low
across the southern sky in December-January; however, 15 days later (full Moon) it arcs high in the sky
as the Sun in summer. On the contrary, when the
new Moon occurs in June-July, the arc path is wide,
while 15 days later (full Moon) it is narrow. This
phenomenon is easily visible even in the present-day
difficult observational conditions owing to the light
pollution and horizon obstructed of urbanscape.
Now, for a better understanding, let us place ourselves at the centre of the Universe. The Sun orbits
the Earth slowly in one year, while the Moon makes
an orbit in the same direction more quickly in one
month. The solar orbit (ecliptic) is tilted about 23
degrees with respect to the terrestrial equator, and
the lunar orbit is tilted about 5 degrees with respect
to the ecliptic. Hence the two orbits do not lie on
the same plane, and their intersection (lunar nodal
line) moves slowly in about 18 years (nodal period)
by retrograde motion. When the Sun on the horizon
goes back and forth from the solstices during one
year, the Moon on the horizon goes back and forth
from the lunistices (lunar standstill) more quickly
with a period of about 27 days (shorter than the synodic month). Moreover, since the plane of the lunar
orbit moves with respect to the ecliptic, the locations
of the lunistices change during the nodal period. In
other words, the azimuth of the lunistice is not fixed
as that of solstice, and it oscillates within an arc defined by the extrema which are termed major and
minor lunistice, north and south [fig. 4].
Although the lunistices have been dealt at length in
archaeoastronomy, there are no records about them
in classical literature or in ethnography as for the
solstices, and Schaefer (2007) concluded in a rather
clear-cut way: “In all cases, the sole evidence for the
intentional alignment is the existence of the align-
→ Architettura, geometria e astronomia
ment itself ”. Of course, one cannot exclude a priori
the intentionality of the alignments in the case of
megaliths such as those much studied in Great Britain (for a discussion, see Ruggles, 1999)3. However,
if we have to rely on some written record as required
by archaeologists, we should conclude that what the
ancients felt important were just the phases of the
Moon, its colour and the eclipses. The lack of evident
interest for the Moon extrema arouses perplexity,
given the undeniable importance of the Moon for
past and modern populations (e.g., Mesopotamia,
Arabs). For example, the lunar male god (Nanna,
Sin) was relevant in the area of Mesopotamia, and in
particular it seems that the god was the main deity
of the town of Harran (Green 1992).
Even though one cannot exclude that some pre-literate civilization took in consideration the lunistices, it was however the French astronomer Lalande
(1761) who invented such a specific term [fig. 5].
The astronomical ephemerides were the positions of
the celestial objects computed one or two years in
advance, so that the interested people could find the
objects at the given date by looking up to the sky
in the direction of the computed position. Lalande,
when describing in 1761 the positions of the Moon
for the year 1763, introduced the term lunistice to
indicate the extremum of the lunar path. After Lalande, in 19th century the farmer’s almanachs begun
to mention it (e.g., Johnson and Shaw, 1844), and
then it was taken into consideration by archaeoastronomer (lunar standstill; e.g., Ruggles 2005). As
a concluding note, we remark that it would be extremely important to find in ancient or in ethnographic literature some clear indication of interest
for the extrema of the Moon on the horizon, preceding (or independent on) that of Lalande.
Conclusions
We discussed some archaeoastronomical characteristics regarding the observation in the antiquity of
the celestial bodies; such observations had also the
purpose of defining a calendar that was essential for
the farming activities, and we showed several records
taken from ancient literature. In this context it is
possible to discuss about the phenomena on the horizon of the Sun and the stars in a way that perhaps
could be acceptable by archaeologists.
As regards the Moon, the situation is more complex. While the calendrical use of the lunar phases is
shown by populations since the antiquity, clear historical and ethnographical records of the use of the
extrema of the Moon on the horizon are still lacking.
Notes
1. I think that one should consider the need for an accurate counting of the days in the past. For example, in
4.
Scheme of the
lunistice (lunar
standstill; lunistizio)
for the latitude
of 42 degrees.
Whereas the
azimuth of the
summer solstice
is 57.7 degrees
(sunrise), that of
the North lunistice
at the moonrise
oscillates between
about 49.7
(lunistizio maggiore
nord) and 65.2
degrees (lunistizio
minore nord),
during the nodal
period (Graphic
elaboration by the
author).
5.
In the discussion of
the declination of
the Moon, Lalande
(1761, p. 160)
introduces the term
lunistice. During the
nodal period, the
Moon declination
oscillates between
a maximum
value of about
28.7 degrees
and a minimum
value of about
18.1 degrees,
corresponding
to the major and
minor lunistice.
Image p. 24:
The sky in 4000
BC, with Orion and
Taurus, visible at
medium latitudes
(Stellarium
simulation).
195
Mesoamerica, among the Maya descendants, presently
a daykeeper is assigned specifically for this purpose,
which was and is needed for their traditional rituals
based on a calendar of 260 days (Sokol 2022).
2. It was later named nisan.
3. Schaefer replied clearly to archaeoastronomers that
indicated some possible examples of the use of lunar
standstills, and concluded: “Given this stunning lack
of written or oral evidence, we can only conclude that
most (but not necessarily all) cultures have zero or
near-zero interest in lunar standstills” (Schaefer 1998).
More recently, Sims e Holbrook (2014) discussed also
the possibility that solstitial alignments were lunistitial, due to their coincidence each nine years, but it is
just a possible interpretation of some myths.
Intuitive geometries
of time perception,
from Antiquity
to the Middle Ages
Key words
Mario Arnaldi
Middle Ages
Time reckoning
Time diagrams
Canonical hours
Iconography
Introduction
The purpose of my talk is to highlight — if still
needed — the difference between the chronometric measurement of time and its daily perception in
the Middle Ages. In a field such as that of astronomy, archaeoastronomy and ancient gnomonics, one
should always prefer the epistemological method
rather than the rational one to which we are too often bound today. I mean that to understand the medieval vision, even of a technical-scientific topic such
as that of the measurement of time, we must learn to
think with a medieval mind.
To get to the heart of the subject, however, I have
to start from a little further back, that is, from the
introduction of sundials in social life.
196
Antiquity and the Middle Ages
In spite of the correct geometry developed by the
ancient mathematicians, the Greco-Roman gnomonics, considered by Otto Neugebauer among the
“exact sciences” of antiquity (Neugebauer 1974),
in practice, however, was much less so. It must be
remembered that the production of sundials was
always delegated to craftsmen who, although specialized, made use of manuals containing pre-calculated tables. In a few cases can we speak of the exact
measurement of time because many of the sundials
that have come down to us from antiquity contain
inaccuracies in the layout of the hour lines that in
the modern concept of chronometry would be impermissible. In most cases, we can certainly say that
before the invention of mechanical clocks, we were
satisfied with a simple and acceptable perception of
time1. The precise reading of the hours was only useful for the astronomer, not for common people, and
this is demonstrated both by the numerous ancient
and medieval archaeological finds and by the texts
that have come down to us.
It is now recognized that many ancient sundials did
not follow the firm rules of gnomonic geometry that
mathematicians had developed. In several cases, the
hour lines all converged in the foot of the gnomon
— which should not happen if the path were correctly drawn — and this construction method, already known in Egypt long before Ptolemy wrote
about it in his work on the Analemma, also persisted
in the Middle Ages2.
Such a radial lines pattern made it possible to measure time, but not with the hours one expected to
read. In fact, although they were also called ‘unequal’, the Greco-Roman temporal hours were actually all of the same duration over a single temporal
space, whether day or night. Differences in amplitude occurred only between those of the night and
those of the day, with the lengthening or shortening
of the days3. With the pattern we are talking about,
however, every hour of the same time span had a different duration from the previous and the next, but
in the belief that that method was correct, the error
was not perceived.
The erroneous idea that the stages traveled by the
Sun on the inclined plane of the Ecliptic remained
unchanged overturning the latter on the horizon
plane, allowed the invention of the first azimuthal
sundials in the West, starting from an essential geometric model [fig. 1]4. The same simplification was
probably the origin of the use of hourly terminologies also to indicate geographical directions [fig. 2]5
. There was, in the Middle Ages, another aspect of
the measurement of time that inevitably escaped
chronometry, and it was the great mobility of the
times dedicated to the recitation of the canonical
1.
The azimuthal
sundial of Saint
Willibrord (ms. BnF,
lat. 10837, fol.
42r).
2.
Perceive the time
of day by observing
the direction of
the Sun in the sky
(Drawing by the
author).
Hours6. The moments of prayer began to escape the
severe cage of hour lines as early as the sixth century,
and in this regard, it is worth remembering that St.
Benedict, in his Rule, ordered the celebrations of the
functions of the Terce, Sext and Nones at different
times, according to the periods of the year7. Terce,
for example, could be celebrated at the end of the
second hour of the day (hora secunda plena), at the
end of the third, or shortly before or after the end
of the fourth (hora pene quarta)8. Sext was moved
back a little (quasi sexta)9, while between Easter and
the first day of October Nones was celebrated in the
middle of the eighth hour (mediante octava hora),
that is, at the seventh hour and a half10. Just the use
of the terms “quasi” and “pene”, so uncertain and difficult to interpret, gives us confirmation that even
at that time in the hourly terminology necessary for
community life in monasteries, the concept of chronometry was very vague or scarcely binding.
age) between Vespera and primum somnum, i.e. Compline, and decrepitas (decrepitude) between the primum somnum and the Matutinum [fig. 5].
Dante Alighieri, who also wrote a lot in his Convivio
on the partition of the day, faithful to Aristotle divided the time of human life into four parts but did
not tell us which time to match them14. We can dare
to guess them from the many topics covered in his
work but above all when he justifies his quadripartite
image by recalling the chariot of Phoebus which, according to Ovid (Metamorphosis), was pulled by four
horses (Eoo, Pirroi, Eton and Flegon), each symbolizing one of the four fundamental stages of the day;
the first ended at Terce, the second at Nones15, the
third at Vespers and the fourth at sunset16.
Consequently, although the circle was the most common geometric figure to describe cyclic phenomena,
the diagram that we could derive from the words of
Alighieri in his Convivio, would appear with a different aspect: no longer a circle but an arc [fig. 6]17.
The world, the year and man divided into four
For the ancient philosophers, pagans and Christians,
especially of Aristotelian extraction, the number
four, as well as the three, had great importance. The
primary elements, the cardinal points, the seasons,
the virtues, the moods, and the “complexions” corresponded to the tetrad, and all were represented with
a circular diagram similar to that in figure 3.
The four ages of man were later added to this score, a
perfect allegory of the passing of time11. These were:
adolescence, youth, old age and decrepitude. Each
author posed small variations, but this is not what
interests us as much as the connection that the various ages had with the hours of the day, this being
intended as a metaphor for life.
The ages of human life are not instants but periods,
and it is probably for this reason that one always
hesitates to say at which times to set the various
states. It is preferred to place them within two distinct temporal hinges or at the end or at the beginning of the period relative to each one. William of
Conches (c. 1080 - post-1154) shows it in a diagram
[fig. 4] and suggests it when he speaks of the division
of the natural day12: “The philosophers” — he writes
— “divided the natural day into four parts: from the
ninth part (read, “hour”) of the night to the third of
the usable day (daylight), and they say it is hot and
humid; from the third part of the day usable up to its
ninth part, and they say it is hot and dry; from this
until the third part of the night it is cold and dry, and
from this until the ninth part of the night it is cold
and humid”13.
Ramon Llull (1235-1315) inserted pueritia (childhood) between the Matutinum (the ninth hour of
the night) and the third hour of the day, juventus
(youth) between the third and Vespera, senesctus (old
→ Architettura, geometria e astronomia
The week, the seven planets and the seven ages of man
Together with the quadruple partition of the day
and the theme of the human ages, however, other astrological concepts of the ancient world began to be
recovered, which raised the number first to six18 and
then to seven. The partition by seven must be sought
above all in the Christian sphere, because the fundamental hours, both for religious and for lay people, were always the canonical ones: Matins, Prime,
Terce, Sext, Nones, Vespers and Compline.
The famous liturgist Honorius of Autun, monk, theologian and philosopher, who lived between the second half of the 11th century and the first half of the
12th century, was one of the first authors who, while
not altering the classic Quaternary division of the
day, described this new scheme. In his work Gemma
Animae he placed childbirth at Matins: childhood at
Prime, adolescence at Terce, youth at Sext, senility
at Nones, decrepitude at Vespers and death at Compline19. From his description, we can derive the diagram in figure 7.
The hours of Francesco da Barberino
So far we have encountered representations of time
idealized by ancient and medieval philosophy, but
between the thirteenth and fourteenth centuries,
the models of the previous diagram change the geometric layout used up to that moment. The first to
graphically testify this seems to have been Francesco
da Barberino (1264-1348), a notary, man of letters,
and poet. Among the various works he wrote and
perhaps illustrated by his own hand, two deserve our
attention: the Officiolum or Officiolo and the Documenti d’Amore. The first is a small book of hours
probably written in Padua between 1304 and 130920,
3.
Diagram
from Isidorus
Hispalensis, Opera,
c. IX. KBR, ms.
9311-19, fol. 74v.
4.
Diagram from
Cologny, Cod.
Bodmer 188,
Dragmaticon
by William of
Conches (it reads
counterclockwise)
and drawing by the
author.
5.
Diagram as
described by
Ramon Llull
(Drawing by the
author).
6.
Diagram described
by Dante Alighieri
(Drawing of the
author).
7.
Diagram descibed
by Honorius of
Autun (Drawing of
the author).
197
and the second one is an allegorical work composed
between the years 1309-1310 but published in 1314.
These two works are important for our discussion
because they contain a series of miniatures of a new
conception: the ages of life are no longer inserted
in a diagram but in a pictorial representation of the
cosmos. The content of each miniature is enclosed
in a tondo composed as follows: in the centre, surrounded by water, is the terrestrial globe on which
the scene takes place21; a second circle contains the
atmosphere surrounding the terraqueous globe;
a third, outermost circle represents the starry sky
painted with a blue background. The Sun and the
Moon move within it, placing themselves where the
interested hour wants. The six ages of a human life
(this is the number considered by Francesco da Barberino)22 are combined with the Hours in this way:
at Prime (i.e. Aurora), Infantia; at Terce, Pueritia;
at Sext, Adolescentia; at Nones, Iuventus; at Vespers,
Senectus; at Compline, D [ecrepita] etas [figs. 8a-f ]23.
The miniatures by Francesco da Barberino were
certainly an important iconographic source at that
time because we find the same drawings in another
prayer book, always composed in the Paduan area
around the years 1325-1330, but not attributed to
him [fig.9a-g].
It is a small volume that belonged to Taddea Visconti (1351-1381) which she brought with her to Bavaria after her marriage with the Duke Stephen III24.
The same sequence is repeated almost identically in
the Documenti d’Amore and the only differences with
the Officiolo lie in a better arrangement of the homocentric spheres and in the presence of little houses in
the representation of the different ages of life [figs.
10a-g]25. The Officiolum is a prayer book, so the hours
shown are not linked to those of the clock, because
they were horae quoad officium and not quoad tempus.
This is an important point to remember, which leads
us to consider a variant that we had not encountered
until now: the lack of chronometric symmetry, due to
the displacement of the canonical Hours. We note,
in fact, that the position of the Sun reveals places of
the clock that are unusual for us for the arrangement
of liturgical moments: the time of Nones, for example, is very close to the point of Sext and Vespers is
very close to the end of the ninth temporal hour. It
is no longer an idealized geometric model but, even
without abandoning the philosophical framework
that generated it, a more realistic pattern that is close
to the rhythms perceived every day by common people through the sound of bells26.
Gentile da Fabriano and the hours of the day in the
pictorial cycle of Palazzo Trinci in Foligno
Eighty years after the publication of the Documenti
d’Amore, Francesco da Barberino was unequivocally
198
the iconographic source of Gentile da Fabriano in
the remarkable pictorial cycle of the Trinci palace in
Foligno27.
Like all socially important families of that time, the
Trinci also needed to show their greatness and, like
many others, they did so by expanding their palace
and enriching it with grandiose frescoes painted by
the best artists of the time.
In 1411, to fulfill this important task, Gentile da
Fabriano was called to the palace28. Of all the marvelously frescoed rooms, however, only one is of interest to this study, and it is the one that once was
called ‘Sala delle rose’ (Hall of the roses) and that
today, after the rediscovery of the frescoes that were
hidden under the drab removed between 1918 and
1919, has the more appropriate name of ‘Hall of the
Liberal Arts and the Planets’ [fig. 11].
The core of the humanistic culture of the time is
concentrated in that room. On one side the allegories of the seven Liberal Arts are depicted, on the
other, the mythological personifications of the seven
planets are depicted, associated with as many phases
of human life which in turn are connected to specific times of the day. The planets are not arranged
here according to the Ptolemaic order of the heavens
they preside over but according to that of the days
of the week29. The ages of life and the hours of competence are depicted in seven circles painted near
the corresponding planet [figs. 12a-g]. To the Moon
correspond Matins and Decrepitude (decrepita etas),
to Mars the dawn or aurora (i.e. the beginning of
the first hour) and Childhood, to Mercury the third
hour and Adolescence, to Jupiter the sixth and Youth
(adult time), to Venus the ninth hour and Virility
(iovinil potentia), to Saturn the Vespers and the mature age (consistentia), to the Sun Compline and Old
age (senectute)30.
As in Francesco da Barberino’s Officiolum and in his
Documenti d’Amore, the circles in which the phases
of the various human ages are depicted are composed
of a series of homocentric circular bands, which represent the spheres of the cosmos, albeit limited to
the path of the Sun alone. At the centre is the terrestrial globe on which the scene pertaining to the age
and time of day takes place, immediately after a light
green circle represents water. A wider band contains
the sky within which the Sun (painted on a bright
field) and the Moon (painted on a dark background)
move; the outermost circle contains the stars painted
on a blue background and represents the sky of the
fixed stars.
Although the images painted in the Trinci palace
are almost identical to the illuminated figures in
the Barberini manuscript of the Documenti d’Amore,
Gentile did not just copy them uncritically. While
Francesco da Barberino recognizes only six ages of
8a-f.
The six ages of life
combined with
hours, illuminated
in Francesco
da Barberino's
Officiolum (courtesy
of Salerno Editrice,
Rome).
9a-g.
The six ages of
life and the hours
in the miniatures
of the Book of
Hours belonged
to Taddea Visconti
(1351 - 1381). The
images, taken from
the cc. 13r, 23r,
27r, 33r, 38r, 44r,
52r of the Munich
code, BSB Clm
6116, have been
made available
from the Biblissima
portal, based on
the Open Licenses
2.0 license (http://
www.etalab.gouv.
fr/licence-ouverteopen-licence).
10a-g.
The six ages of life
and the hours in the
miniatures of the
Documenti d’Amore
di Francesco da
Barberino. Graphic
elaboration by the
author, from the
Vatican code Barb.
Lat. 4076, cc.76v77r (the miniatures
of the Vatican code
are very damaged
and made almost
illegible by wear.
In the graphic
elaboration,
they have been
very lightened to
highlight the line
reconstruction of
the figures inside
them).
human life, in Foligno seven are declared, giving
to the Matutinum the age of decrepitude, whereas
Francesco da Barberino simply proposed an allegory
of the night, and to the Completorium the old age
when Francesco, instead, does not write anything;
that Hour probably represents for him the end of
life, as Honorius d’Autun wrote and as he himself
writes in the comments besides his rhymes31.
As in Francesco da Barberino, and also in Gentile
da Fabriano the lack of time symmetry of the canonical Hours is present, and the resulting graph,
which I have highlighted in figures 13 and 14, makes
this very evident. Neither of the two authors, however, show completely identical settings, because the
times of the Divine Office were not stable and varied
during the liturgical year but also from city to city.
They were so uncertain that even in the two works by
Francesco da Barberino there are clear differences.
In the Officiolum, for example, we see that both the
Terce and the Nones are symmetrically very close
to the zenith position of the Sext, while the Terce
in the Documenti is roughly placed at the end of the
third temporal hour and Nones in the middle of the
eighth hour. The position of the Sun at Compline,
in the Officiolum, is at the end of the first hour of
the night, but in the Documenti d’Amore it is already
halfway through the third hour of the night. In the
paintings of Palazzo Trinci the point of Nones is remarkably close to noon, but the position of Compline at the end of the fourth hour of the night is
anomalous.
Conclusions
The cosmography of Gentile da Fabriano — as
we have seen — is the result of a long process of
philosophical and astronomical thought that had
its origins already in Greek and Roman antiquity,
and I would say that Foligno was the point beyond
which the topics covered began to lose interest or to
be used only in the artistic field to reproduce wellknown iconographies with a vague ancient taste32.
When Gentile da Fabriano worked on the frescoes
of Palazzo Trinci, almost a century had passed since
the publication of the Documenti d’Amore and in the
meantime in Italy an important revolution had taken
place in time reckoning: the entry into use of the
hours ab occasu solis (from sunset), then called ‘Italian’33. The temporal hours remained in use only by
the Church and with the sole purpose of managing
the liturgy.
At the beginning of the fifteenth century, several
cities already began to mount the first mechanical
clocks with all equal hours on the towers (the hours
ab occasu are all equal); therefore, although it was
still a period of slow transition, surely Gentile must
have known them. I recall that Jacopo Dondi built
→ Architettura, geometria e astronomia
a famous astronomical clock in Padua in 1344 and
that Paolo Uccello (1397-1475) painted the beautiful Italian hour clock in the counter-façade of Santa
Maria del Fiore, in Florence in 1443 [fig. 15].
In fact, on closer inspection, the arrangement of the
concentric circles in the frescoes of Foligno, as in the
drawings of the Officiolo and the Documenti d'Amore,
is very similar to that also present in some astronomical tower clocks of that time. An indicative example
can be considered the public clock of Padua [fig. 16].
By inserting the diagram obtained from the Foligno
paintings within an hour ring of a common fourteenth-sixteenth century tower clock, we can then
distinguish the correspondences between the Italian
and temporal hours, as shown in figure 17.
Obviously, the resulting hourly pattern must be considered valid only at the equinoxes, because both
the ancient temporal hours and the new ab occasu
hours were both mobile, and even if the canonical
ones had maintained the same time position on the
clock, they could not however touch the same point
on the hour ring of the clock. This is shown in figures 18 and 19. In the two graphs I have left the
positions of the Sun on the circle of temporal hours
unchanged, as given to us by Gentile da Fabriano,
even in the extreme astronomical moments of the
year (the summer solstices and in winter), that is,
when the days reach their greatest length or brevity.
Even without applying the variations that the liturgy
would require34, we cannot fail to notice the great
discrepancy of the times between the hours of one
system and those of another.
In a historical era where life was marked by the
sound of the bells of the churches and the Municipality, we cannot underestimate the perception of
time evaluated by the simple position of the Sun in
the sky. This is how everyone ruled: the bell-ringers,
the shepherds, the peasants, the wayfarers, etc35.
We need to take this into account when doing historical research or when looking for reasons for a
certain alignment. There is a risk of giving value to
results of no liturgical or social importance, losing
sight of those that - if any - would have really deserved it.
Notes
1. Nor should we forget all those mnemonic methods based
on simple arithmetic, which allowed the approximate
reading of the hours according to the length of one's
shadow or that of any gnomon. These methods were
widely used in the Latin Middle Ages but originated long
ago, and their use had almost no boundaries of space and
time. The whole ancient world from India to our far West
made extensive use of it. For India and areas of Islamic culture see (Davidian 1960), (King 1990), (Charette
2003, pp. 145-153); For the Greek and Coptic schemes
see (Neugebauer 1975, vol. 2, pp. 736-748); for Zoroas-
11.
Foligno, Palazzo
Trinci: the room of
the liberal arts and
planets (side of the
planets and hours).
From right to left:
the chariot of the
Moon and the hour
of Matins, Mars
and Prime, Mercury
and the third hour,
Jupiter and the
sixth — Venus
is gone — and
Nones, Saturn and
Vespers.
12a-g.
The hours of the
day combined
with the seven
ages of human life,
painted by Gentile
da Fabriano in the
Palazzo Trinci in
Foligno (Picture by
Andrea Carloni Rimini).
13.
Diagram of the
position of the
Sun at the hours
described by
Francesco da
Barberino in the
Dialoghi d’Amore
(Drawing by the
author).
14.
Diagram of the
position of the
Sun at the hours
painted by Gentile
da Fabriano in the
hall of liberal arts
and planets in
the Trinci palace,
Foligno (Drawing by
the author).
15.
The beautiful
clock-dial painted
in 1443 by Paolo
Uccello in Santa
Maria del Fiore,
Florence.
16.
Astronomical
tower-clock in
Padua (Picture by
the author).
199
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
200
trian Persia and Mesopotamia see (Rezvani 2014) and
(Steele 2013); for our Middle Ages see (Schaldach 2008)
and (Arnaldi 2020).
The design of this kind of sundial, although it was very
simple to make (it could be done with a simple compass),
was actually based on a precise geometry of the sphere.
In other words, it used the "vertical angle" mentioned
by Claudius Ptolemy in his book De analemmate, but
for ancient hours it was correct only at latitudes close to
the equator. See on this topic (Savian 2009) and (Savian
2021).
In ancient times, the entire duration of the nychthemeron
(that is, the amount of time consisting of night and day),
was marked by 24 hours, like today, but its calculation
was divided into two parts of 12 hours each. The day was
measured from sunrise to sunset and night from sunset to
the next sunrise. Since these two time frames are always
divided into 12 equal portions, it followed that in summer, when the nights are shorter than the day, there was
a large gap between the lengths of the hours of the two
time frames: the hours of the day were longer of those
at night, while in winter, with shorter days, the opposite
happened. For this reason they were called 'unequal',
because they are never the same between night and day
except on the equinoxial days. Due to the daily gap between the two durations, these hours were also called
'temporal' or ‘seasonal’ (from Latin tempora = seasons).
On this topic see (Arnaldi 2011) and, in more detail, (Arnaldi 2012).
Plinius, Nat. Hist., III. 45: “(Italia) incedit per maria caeli
regione ad meridiem quidem, sed, si quis id diligenti subtilitate exigat, inter sextam horam primamque brumalem”;
Ivi, VI. 202: “Fortunatas (insulas) contra laevam (partem)
Mauretaniae in VIII horam solis (esse)”; Gregory of Tours,
Cur. Stell., 36: “et cum (stella) in hora diei quinta advenit,
surge”; Lobinellus, Hist. Britan., t. 2, col 250 (carta of uncertain date): “Usque dum pervenitur ad ipsum locum, ubi
tres Fossæ simul adveniunt. Et tunc vadit Fossa sancti Catuodi quasi ad horam IX per abrupta loca usque dum pervenit ad unam nodula.”; Ibidem: “Et in capite marcasii levat fossa per montem Huelgoret quae recte vadit quasi ad
Orientem. Tunc relinquens nodam quae vadit ad puteum
tenens nodam unam cum fossam contra horam tertiam”.
To avoid confusion, it is good that I specify here how
much it is necessary to keep the hours of the clock distinct from those of the Divine Office, and so I will write
Terce, Sext and Nones (in uppercase) to indicate the
times of the Office and in lower case the hours of the day.
The formulas let say "at Terce" and "at the hour of Terce"
must be considered exactly as they were understood in
ancient times, that is, "at Terce’s time" or "at the hour in
which it is customary to recite Terce".
On the displacement of the canonical moments of the liturgy, see (Arnaldi 2011, chap. 5).
Regula Benedicti, 48.
Ibidem. It is not clear whether it is to be understood as "almost at the beginning of the sixth hour", that is, one hour before noon, or "almost at the end of the sixth hour", that is, just
before noon. Everything depended on the interpretations of
the abbots, as Ildemarus of Civate recalls (9th century).
10. Ibidem.
11. This kind of diagram was very popular indeed. See (Incerti 2010, pp. 118-120). In this chapter we mainly analyze
handwritten textual sources, but we must not forget, although rare, the testimonies painted on the walls of the
buildings. The thirteenth-century frescoes of the marvelous crypt of the cathedral of Anagni and those executed by Gentile da Fabriano in Foligno —we will talk about
them later— are a great example of this.
12. William of Conches, Dragmaticon Philosophiae, lib. IV, in
(Maccagolo 1980).
13. In the Middle Ages, the day was considered to be of two
types: the 'natural day', made up of twenty-four equinoctial hours, i.e. equal, including night and day and the 'artificial' or 'usable' day, measured from sunrise to sunset.
The latter always had twelve hours, whether the day was
long (summer) or short (winter). On the division by four
see Arnaldi (2011), part II, chap. 1.2.2.1.
14. Dante Alighieri, Convivio, IV,23.12-13: “seguendo le
quattro combinazioni de le contrarie qualitadi che sono ne
la nostra composizione, a le quali pare essere appropriata,
dico a ciascuna, una parte de la nostra etade, in quattro
parti si divide, e chiamasi quattro etadi. La prima è Adolescenza, che s’appropria al caldo e all’umido; la seconda si è
Gioventute, che s’appropria al caldo e al secco; la terza si è
Senettute, che s’appropria al freddo e al secco; la quarta si
è Senio, che s’appropria al freddo e a l’umido” (according
as the combinations of the contrary qualities which enter
into our composition are four (to which, I mean to each
combination, one section of our life seems to be appropriated), they divide it into four parts, which are called the
four ages. The first is adolescence, which is appropriated to the hot and moist; the second is manhood, which
is appropriated to the hot and dry; the third is age, which
is appropriated to the cold and dry; the fourth is decrepitude, which is appropriated to the cold and moist); Ivi,
24.1: “Dico che la umana vita si parte per quattro etadi. La
prima si chiama Adolescenzia, cioè ‘accrescimento di vita’;
la seconda si chiama Gioventute, cioè ‘etate che puote giovare’, cioè perfezione dare, e così s’intende perfetta — ché
nullo puote dare se non quello ch’elli ha —; la terza si chiama Senettute; la quarta si chiama Senio, sì come di sopra
è detto” (I say that human life is divided into four ages.
The first is called adolescence, that is, the ' increasing '
of life. The second is called 'manhood’, that is to say, ‘the
age of achievement’, which may give perfection, and in
this sense it is itself called perfect, because none can give
aught save what he hath. The third is called old age. The
fourth is called decrepitude, as said above).
15. At the time of Dante Nones was played at the beginning of
the seventh hour, that is to say at noon, at the end of the
sixth. Convivio, IV, 23.16.
16. The hours of the day touched by the four horses were
mentioned by Fulgentius (5th - 6th centuries) in the Mythologies (Fabius Planciades Fulgentius, Mithol., I, 12):
the horse Erytreus (the red one) gets up reddish in the
morning with the sunrise, Acteon (the shining one) shines
at the third hour, Lampus (the fiery one) dominates the
centre of the day at the sixth hour, and the horse named
Philogeus (lover of the ground) from the ninth hour in-
17.
Gentile da
Fabriano's diagram
— which has an
equinoctial sky
setting — inserted
in a mechanical
clock ring for hours
ab occasu (Drawing
by the authors).
18-19.
Gentile da
Fabriano's diagram
adapted for the two
solstice periods
(summer and
winter). The times
on the circle of
temporal hours
have been kept
unchanged, while
these change
greatly on the circle
of hours ab occasu
(Drawing by the
author).
Image p. 32:
Gentile da
Fabriano, The
Astronomy. Foligno,
Palazzo Trinci: Hall
of the Liberal Arts
and Planets (Photo
by the author).
17.
18.
19.
20.
21.
22.
23.
24.
clines towards the sunset. Dante never named Fulgentius, but now seems proven by Albi (2021) that the poet
knew his work.
Dante Alighieri, Convivio: IV, 23.6, 12: “Onde, con ciò sia
cosa che la nostra vita, sì come detto è, ed ancora d’ogni vivente qua giù, sia causata dal cielo, e lo cielo a tutti
questi cotali effetti, non per cerchio compiuto, ma per parte di quello a loro si scuopra; e così conviene che ‘l suo
movimento sia sopra essi come un arco quasi, e tutte le
terrene vite […] montando e volgendo, convengono essere
quasi ad immagine d’arco assimiglianti” (Wherefore inasmuch as our life (as said above), and also that of every
creature that lives here below, is caused by heaven, and
heaven displays itself to all such effects not in its complete circle, but in part thereof, and thus its motion must
needs be above them, and like an arch, as it were embracing all lives as it mounts and descends […] they must
needs be in a way likened to the image of an arch); “Veramente questo arco non pur per mezzo si distingue da
le scritture; ma seguendo le quattro combinazioni de le
contrarie qualitadi che sono nella nostra composizione,
a le quali pare essere appropriata, dico a ciascuna, una
parte della nostra etade, in quattro parti si divide…” (However, it is not specially with reference to its central point
that scriptures divide this arch, but rather, according as
the combinations of the contrary qualities which enter
into our composition are four (to which, I mean to each
combination, one section of our life seems to be appropriated), they divide it into four parts, which are called the
four ages).
In fact, there are six stages in life proposed by Saint Augustine and also taken up by Rabano Mauro. Augustini
hipponensis, De diversis quaestionibus LXXXIII, 58, 2,
“Sunt enim aetates sex etiam in uno homine: infantia, pueritia, adolescentia, iuventus gravitas et senectus.”; Rababus Maurus, De rerum naturis, VII, 1, “Gradus aetatis sex
sunt: infantia, pueritia, adolescentia, iuventus, grauitas,
atque senectus”.
Honorius Augustodunensis, Gemma animae, chap. 54,
De horis et aetatibus, Migne PL, clxxii, coll. 633B-D.
The manuscript was believed to be irretrievably lost but
was found in 2003 in a private library (it is still located in
a private library), but a valuable facsimileing version has
been printed by Salerno publishing.
This is the typical image of the medieval Mappa Mundi.
See for example the representation of the globe in the
tarot card (the World) painted for the Visconti-Sforza family by Bonifacio Bembo around the year 1440.
Cristina Galassi believed that Francesco da Barberino
found this solution to reconcile the partition of human
life into the six fundamental periods suggested by St. Augustine, within an iconographic project now based on the
number seven (Galassi 2001, p. 287).
I have not been able to find the image of the page with
the miniature of the Matutinum (the Officiolum is private
property), but it shouldn't be much different from the one
proposed in the Documenti d’Amore: that is an old woman
sitting with the head between her hands. That figure represents the Night without any match to a specific age.
The manuscript, Clm 6116, is today in the Bayerische
→ Architettura, geometria e astronomia
25.
26.
27.
28.
29.
30.
31.
32.
Staatsbibliothek of Munich. The images are at cc. 13r,
23r, 27r, 33r, 38r, 44r, 52r.
In the Documenti d'Amore, the Sun and the Moon move in
the middle circle, leaving the outer one free to represent
the sky of the fixed stars. The sphere of the 'fixed stars',
representing the eighth sky, was the outermost sphere
of the Aristotelian cosmos, also called the 'first mobile',
because it imposed motion to all the spheres of the sky
below it. Ptolemaic cosmology hypothesized a sky higher
than that of fixed stars (the crystalline sky mentioned by
Dante), and the latter was given the task of 'first mobile'.
On the uncertainty of the cosmological representation,
see (Pegoretti 2014, pp. 187-211).
The positions of these canonical Hours and the sound of
the bells announcing them were declared by Dante Alighieri in: Convivio, IV, 15-16.
Cristina Galassi recognized its origin in the miniatures
painted in cc. 76v-77r of the manuscript of the Documenti d'Amore (Bibl. Vat. Codex Barb. Lat. 4076); (Galassi 1991; Galassi 2001). the Officiolo had not yet been
found, but only in the Documenti is the cosmographic layout identical to that used by Gentile, and in the scenes,
there are small houses which are, however, absent both
in the miniature of the Officiolum and in the prayer book
of Taddea Visconti. The iconographic source identified by
Cristina Galassi is therefore still valid.
After numerous hypotheses on the anonymous author
of the paintings, Gentile da Fabriano and his workshop
were finally identified thanks to an eighteenth-century
notebook that reported some notes from a document of
1411. Salmi (1919).
It was believed that the planets presided over, with their
influences, the various hours of the day and night. The
one who ruled the first hour of the day dominated the rest
of the day, until the next sunrise. That planet, therefore,
assigned the name to the entire day: according to that
doctrine, the first hour of Monday was presided over by
the Moon, the first of Tuesday from Mars and so on until
Saturday (presided over by Saturn, which however will
later take the form Jewish of the Shabbat) and Sunday
(ruled by the Sun, whose root with the advent of Christianity changed to Dominus in Latin areas).
The names of the Hours were written in hendecasyllables
inside panels painted in trompe l'oeil in the decoration of
the underlying frame. Unfortunately, many of these are
now lost, but we can know their content because it was
handed down to us by those who could read them before
they were hidden by the plaster (removed in 1918). Some
sentences in verse were transcribed in the seventeenth
century by Ludovico Iacobilli in his Discorso della città
di Foligno (manuscript); (Faloci-Pulignani 1888); (Faloci-Pulignani 1906); (Salmi 1919); (Caciorgna 2001).
“Vide etiam ut tibi pulcrior appareat hic tractatus quod
insimul cun horis rapresentantur etates ita etiam per se
in ipso officiolo presentabantur ystorie ut in completorio
decessit virgo beata et complete sint etates et completus
sit dies et actente quod in matutino non presentatur etas
sed nox”.
See for example the floor inlaid around 1475-76 by the
sculptor Antonio Federighi in the open space in front of
201
202
Thinking and figuring
time in space:
the Zodiac and the
Occupations
of the months
Angelique Ferrand
Key words
the Cappella del Voto in the cathedral of Siena (the inlays are now preserved in the Museo dell'Opera della
Metropolitana); (Caciorgna 2014). To my knowledge, only
Raffaello Sanzio (1483 - 1520) took up the theme of the
hours and the planets in his Roman period, but the documentation on this is still incomplete.
33. The ab occasu hours, always equal between them, were
twenty-four and began to count from the setting of the
Sun.
34. Apart from Prime, which was always recited at sunrise,
the canonical Hours could not be recorded on the scans
of a clock, whatever the time system. In this regard, see
the Ordinarium of the Cathedral of Parma, dated 1417, in
(Arnaldi 2011, part I, chap. 5.4).
35. Dante Alighieri and Giovanni Boccaccio gave us to witness
this in several places. Dante Alighieri, Divina Commedia,
Inf. 34, 91: “… e già il sole a mezza terza riede” (the Sun
is already in his half terce place); Purg. 4, 137-139 “Vienne omai: vedi ch’è tocco / meridian dal sole, ed a la riva
/ copre la notte già col piè Marrocco” (Come by now: see
the Sun touching the meridian, and down on the shore
the night is approaching Morocco); Purg. 15, 1-6 “Quanto
tra l’ultimar dell’ora terza / e ‘l principio del dì par della
spera, / che sempre a guisa di fanciullo scherza, / tanto
pareva già inver la sera / essere al sol del suo corso rimaso: / vespero là, e qui mezza notte era” (How much time
was between the end of the third hour and the beginning
of the day on the sphere that like a little child jokes, the
same amount of time it seems of the Sun course remained in the evening: vesper was over there while here
was midnight). Giovanni Boccaccio, Decameron, I, concl. “Già era il sole inchinato al vespro” (the Sun already
was inclined toward vesper); Ivi, III, intro. “L’aurora già
di vermiglia cominciava, appressandosi il sole, a divenir
rancia” (The dawn was already coloured vermillion and
because the Sun was near to rise, was starting to become
orange); Ivi, IV intro. “essendo il sole nella sua maggior
sommitá” (being the Sun at its peak); Ivi, VII, concl. “essendo ancora il sole alto a mezzo vespro” (being still the
Sun high at half vesper); Ivi, VIII, 7 “Il sole, il quale era
ferventissimo, essendo già al mezzogiorno salito” (The
Sun was very fervent, being already raised up to midday);
Ivi, X, concl.”levato il viso verso il cielo e veggendo che il
sole era giá basso all’ora di vespro” (raising the face to the
sky and seeing the Sun was low at the Vesper’s hour). The
time guessed from the position of the Sun in the sky was
common practice between the 13th and 14th centuries
(still widely practised by peasants in the late 18th century
[Toaldo 1802, p. 260]).
Zodiac
Occupations of the Months
Middle Ages
Calendar
Rhythms
Introduction
Frequently associated in medieval art, the Occupations of the months and the signs of the Zodiac symbolically show the time of the year, based on
the observation of the sky and the rhythms of the
cosmos. “Si les phénomènes rythmiques s’ancrent
dans le temps et font de lui leur vecteur privilégié, ils
s’inscrivent aussi et simultanément dans l’espace. Ou
plutôt dans des lieux […]” (Schmitt 2016, p. 361).
The Occupations of the months and the signs of
the Zodiac are part of these rhythms, at the crossroads between temporality and spatiality. Moreover, the ambiguity of the term spatium in medieval
Latin illustrates this idea. In fact, spatium can also
designate an interval between two points, a temporal duration or even a precise place (Guerreau 2004;
Schmitt 2006, p. 320). In all cases, it does not designate a large area as in our contemporary definition. Between the 11th and 13th centuries, monthly
scenes and signs of the heavens enjoyed a certain
success in the ecclesial decor of the Christian West.
We propose here to look at the ways in which time
was thought of and represented through these two
iconographic themes, particularly in the ecclesial
space. The aim is to show how astronomical reference points were used to emphasise the harmony
of the cosmic order, which supports the temporal
rhythms specific to medieval Christian culture. To
do this, we will briefly review the ancient origins of
these iconographic themes. We will look at the links
between astronomical reference points and liturgical
rhythms, between scientific and symbolic registers,
which emerge through their transmission during the
Early Middle Ages. We will then observe how the
twelve signs of the sky and the images of earthly activities allow us to think about and represent time in
the ecclesial space. From this perspective, we will examine their dynamic distribution in the built space,
as well as the rhythmic visual devices, particularly
geometric ones, which participate in these images
linking time and space(s), but also earth and sky.
The ancient origins of the signs
and images of time
To begin with, it is a question of going back quickly
to the ancient origins of the Zodiac and the Occupations of the Months and observing the shift from
astronomical reference points to a more symbolic
representation of cosmic rhythms. The signs of the
Zodiac have their roots in Antiquity with the astrological-astronomical observations of the ancient
Mesopotamians, which the Greeks later systematised (Bottéro 1998). Indeed, the twelve signs of the
Zodiac were established and fixed between the 5th
and 3rd centuries BC, but zodiacal images only really took off from the 1st century AD (Gury 1982).
The constellations – including those of the signs of
the Zodiac – are based on a process of schematisation of the distribution of the stars. The figures thus
distinguished were the subject of a mythologisation
inaugurated by the Phenomena of Aratos of Soles
and amplified thereafter in the Latin translations
and commentarie1. Catasterismic accounts aim to
anchor in the memory knowledge relating to the
stars by explaining each figure and its characteristics, gestures, position, posture, etc. They are thus the
vehicles for information about location in an idealised sky, but also for calendar indications (Soubiran
2005; Carruthers 2002, p. 41). Beyond its mnemonic dimension, the mythological fund carried by the
catasterisms constitutes a rich visual repertoire for
the iconographic tradition of the Zodiac. From the
first centuries of our era, the Zodiac will truly free
itself from the purely astronomic-astrological tradition to participate in a more symbolic iconography,
as a synthesis of the cosmos (Gury 1982). The autonomous development of the Zodiac was favoured
by monumental objects and decorations from an
imperial context that emphasised the concept of
eternity as well as the cosmic domination of a deity
or the emperor (Musso 2000). On the vault of the
Temple of Hercules in Sabratha, the apotheosis of
Marcus Aurelius shows him being carried by an eagle through the zodiac circle2. The Zodiac, a circle of
catalysed figures, thus translates the fact that the imperial apotheosis corresponds to the overcoming of
earthly, human spatial and temporal limits to reach
the beyond and the divine (Ghedini 2001).
As for the Months, they were first personified dur-
→ Architettura, geometria e astronomia
ing Antiquity by allegorical figures that were rather static and associated with festivals (Le Sénécal
1921-1923). During the 3rd and 4th centuries, the
allegories of the months became the Occupations
of the Months themselves, taking on the appearance of moving figures, engaged in specific activities
throughout the seasons and the calendar3. One of
the oldest testimonies of the figurative association of
the months with the signs of the Zodiac could be the
frieze known as the Athens Calendar. This frieze was
reused in the 12th or even 13th century in the façade
of the church of Hagios Eleutherios (or Theotokos
Gorgoepikoos) in Athens [Fig. 1]. Its dating is controversial, but it should be placed in the first half of
the 2nd century (Palagia 2008).
The Occupations of the months and the signs of the
Zodiac are part of the cosmological iconographic
themes that were very popular in late antique mosaics, such as that of the villa in Hellín (late 2ndmid 3rd century AD) [Fig. 2]4. This decoration was
organised by a geometric ornamental mesh. In octagons, the months and/or zodiacal signs were merged
in the form of anthropomorphic or zoomorphic personifications accompanied by the tutelary deity of
the month whose name is inscribed in abbreviated
form underneath, so that different information relating to the sky and questions of temporality are
intertwined on the floor decoration (Stern 1965).
From astronomical landmarks
to liturgical rhythms
It is largely through their membership of a scientific encyclopaedic tradition that the Occupations of
the Months and the signs of the Zodiac were transmitted in the Middle Ages. The copied and commented texts of this tradition are often accompanied
by diagrammatic compositions that bring together
and network the different spatial and temporal units
(Obrist 1996; Obrist 2004).
On the one hand, in the constructed space of the
manuscript, the signs of the Zodiac and the Occupations of the Months have been used in these “images
classificatrices” which are based on geometric forms
and concentric compositions (Schmitt 1989). The
geometric aspect of these compositions reflects both
the process of ordering spatial and temporal reference points and their synthetic and cosmic dimension. Astronomical, computational and cosmological
concerns were closely linked during the Early Middle Ages. The development of the computational system for calculating the moving holidays of the year,
in which the months and signs of the Zodiac were
used as reference points, encouraged their development. In fact, the development of the computational system responded to a need to link the rhythms
of earthly life with the divine order of the cosmos
1.
Hagios Eleutherios
(Theotokos
Gorgoepikoos),
Athens, detail of
the calendar frieze
reused on the
façade (Picture by
the author, 2014).
2.
Hellín, pavement
mosaic from a villa,
late 2nd-mid 3rd
century AD, Madrid
Archaeological
Museum (CC-BYSA-4.0 Miguel
Hermoso Cuesta,
2014, Wikimedia
Commons).
203
(Garcia Aviles 2001). The correspondences between
the monthly and celestial rhythms and those of the
Zodiac in relation to the Sun are emphasised in texts
– particularly in Bede’s De temporum ratione – as well
as in images5. In a manuscript dating from around
800 from Fulda Abbey, we find one of the earliest
pictorial testimonies to the medieval tradition of the
signs of the Zodiac [Fig. 3]6. The signs of the Zodiac are arranged in a concentric circular composition,
which is part of a set of figures dealing with matters
of calculation and cosmography. The zodiacal figures
are accompanied by texts that relate them to the patriarchs, apostles, months or parts of the body in a
zodiacal melodesy perspective.
On the other hand, during the 9th-10th centuries,
beyond their practical function, the signs of the
Zodiac and the occupations of the months became
symbolic markers of the divine order of the cosmos
(Blume, Haffner e Metzger 2012, p. 158; Schmitt
2016, p. 276). In this sense, they were depicted in
many liturgical calendars as visual markers in the
constructed space of the manuscript, in order to
link cosmic rhythms and liturgical time. Similarly,
the signs of the Zodiac and the months punctuate
a Martyrology dated to the end of the 9th century.
Probably from Reichenau, this manuscript contains
the versified calendar of Wandalbert of Prüm7. The
months are still close to the ancient personifications,
but they sketch gestures characteristic of monthly
activities. In addition, they take on the appearance
of the apostles according to a set of symbolic correspondences established in the Christian literature of
the first centuries, notably in Clement of Alexandria
(Daniélou 1959; Jullian 2005). The zodiacal sign is
either held by the personification of the month or is
placed in the lower part of the scene. Monthly personifications and zodiacal signs are placed under architectural structures similar to open doors for each
month. They introduce the text of the martyrology
and the cyclical temporality of the sanctoral. These
architectural frames are surmounted by verses from
Bede’s poem, De signis duodecim mensium, which
underline the correspondences between signs and
months. The iconography of some of the zodiacal
signs shows stylistic similarities with a computistic
and astronomical collection from St. Gallen, which
also contains the work of Wandalbert of Prüm8. The
Capricorn illustrating the Aratean corpus in the St.
Gallen manuscript (p. 497) [Fig. 4] is similar to that
in the Wandalbert martyrology from Reichenau (fol.
2r), with its elongated, serrated horns and fish tail.
The position, gesture and vase of the Aquarian signs
are also similar (p. 496 ; fol. 4r). These similarities
thus highlight the bridges between a manuscript
with a more liturgical content and one with a more
encyclopaedic content. They testify to the way in
which astronomical knowledge was oriented to support the rhythms of liturgical time. In fact, “la valeur
symbolique de ce savoir astrologique hérité des Anciens est plus forte que sa fonction pratique” and this
is also true for the Months to a large extent (Schmitt
2016, p. 278).
Observation of the sky is also closely linked to a
symbolic conception of ecclesial space. The Horologium stellare monasticum testifies to the observation of
the stars by the monks in order to find their way in
the night sky (Palazzo 2002). This text is preserved
in a composite collection dating from the 11th century and probably comes from the abbey of SaintBenoît-sur-Loire9. In this text, astronomical markers are linked to markers in the monastic space, in
particular around the cloister, in order to construct a
sort of observatory circuit of the stars to identify and
order the time of services. During the Middle Ages,
the cosmos was seen as a reflection of the Celestial
City and Paradise, while the cloister, especially with
its square shape, was itself seen as a prefiguration of
Paradise and a cosmological synthesis (Palazzo 2002,
p. 43). Thus, in this text, the practical - astronomical
- and symbolic construction of the liturgical calendar is intertwined with the symbolic and idealised
perception of the built space. This cosmic dimension
given to the cloister and its relationship to cosmic,
calendrical and liturgical rhythms are reminiscent of
the pillar of Saint-Pierre de Souvigny (1130-1150).
Originally, this pillar was probably part of a cloister10.
Today incomplete, it gathered on its perimeter the
signs of the Zodiac, the Occupations of the Months,
the Peoples of the Earth as well as a bestiary, so
many themes composing a cosmological synthesis,
at the same time temporal and spatial, astronomical
and geographical, put in relation with the idealized
space of the cloister (Stratford 2005) [Fig. 5]. In the
Utrecht Psalter, the circle of the Zodiac serves as the
symbolic and cosmic wall of the Heavenly Jerusalem11. On folio 36 of the manuscript produced near
Reims in the first half of the 9th century, the Cross
held by Christ-Logos is inserted between the zodi-
Areas concerned
Portal
Choir
Nave
Other
Occurrences
90
70
22
57
In percentages
38%
29%
9%
24%
204
3.
Basel, Universitätsbibliothek, ms.
F III 15a, fol. 23.
Digitized: https://
www.e-codices.
ch/en/list/one/
ubb/F-III-0015a
(Domaine public CC0 1.0).
4.
St. Gallen,
Stiftsbibliothek,
Cod. Sang. 250,
late 9th century,
p. 497. Digitized
: https://www.ecodices.ch/en/
list/one/csg/0250
(Public domain CC0 1.0).
5.
Lacunar pillar of
Saint-Pierre de
Souvigny (known
as the Colonne du
Zodiaque), kept
in the Musée de
Souvigny (Picture
by the author,
2022).
6.
Utrecht Psalter,
Utrecht, Universiteitsbibliotheek,
ms. 32, fol. 36,
vers 820-835, from
abbaye d’Hauvillers (near Reims).
Numérisé < http://
www.utrechtpsalter.nl/#digital-edition> (Domaine
public - CC0 1.0)
7.
Lyon, relief, SainteFoy-lès-Lyon, 11th
century, Lyon,
musée Gadagne.
The Capricorn
(Picture by the
author, 2015).
8.
Chartres, NotreDame, south
ambulatory, bay
28, stained glassed
window 28a, ca.
1217-1220. Detail,
in the centre, the
month of January
and the sign of
Aquarius (Picture
by the author,
2015).
acal signs of Pisces and Aries, markers of the end
of Winter and the beginning of Spring, taking the
place of alpha and omega [Fig. 6]. The sign of Virgo
is positioned in the axis of the Cross as a subtle allusion to the Incarnation. The busts of the Sun and
the Moon flank the upper part of this celestial wall.
The articulation between cosmic rhythms and the
time of the Christian historia is visually translated in
this synthetic image. This image seems to us to show
that, because of its temporal and spatial dimension,
the zodiacal circle contributes to the symbolic and
concrete construction of the e(E)cclesia.
11th and late 13th centuries (Ferrand 2017). The
occurrences recorded are wall paintings, pavement
decorations, stained glass windows and, above all,
sculpted ensembles. The iconography of the zodiacal
figures is inherited from Antiquity with Christian
re-semantisations which are not systematic and were
nourished by the textual tradition, in particular by
the writings of Zeno of Verona, John Scotus Erigena
or by the gloss of the De signis duodecim mensium of
Bede12. For example, the sign of Virgo is frequently
associated with Mary and Libra is often presented
in the perspective of the Incarnation of Christ the
Redeemer and the Last Judgement. The scenes of
the Occupations of the Months show agricultural
activities throughout the seasons, but also non-labour activities, evoking for example the renewal of
Spring with Marcius Cornator or the beginning and
end of the Year with Janus bifrons13. In Notre-Dame
de Chartres, the three-headed month of January alludes to the Trinity [Fig. 8]. The majority of medieval monumental calendars begin with January, without this having any connection with the beginning
of the calendar year or the beginning of the liturgical
year (Schmitt 2016, p. 277). Derived from the Julian calendar, the medieval calendar perpetuated the
practice of starting the year in January according to
the solar year. The assimilation of Christ to the year
and to the Sun undoubtedly favoured the maintenance of this usage. The direction of reading is most
often hourly, since this concerns nearly 71% of cases.
The statistical analysis of this corpus also allows us
to observe the distribution of images of the months
and signs of the Zodiac in the built space of the
church and to show that the portal was a privileged
area with 90 examples, i.e. 38% of the total corpus
[Table 1]. The portal is a zone of tension between
exterior and interior, symbolically associated with
the idea of spiritual transformation. The second
most important area for the representation of these
themes is the choir with 70 examples, i.e. 29% of the
The rhythm of the ecclesial space with signs and
images of time
We will then look at the dynamic distribution of
these images linked to both space and time in the ecclesiastical building. From the 11th century onwards,
the signs of the Zodiac and the Occupations of the
months were depicted in the monumental decorations of churches. The first known examples are signs
of the Zodiac depicted high up and outside on quadrangular carved plates in low relief. Three sculpted
cycles of this type have been found in Lyon and are
now kept in the Gadagne Museum and the Musée
des moulages of the Université Lumière-Lyon 2.
Two of them come from the Île-Barbe and were reused in buildings in Lyon. The third case comes from
the church of Sainte-Foy-lès-Lyon and its elements
would have been reused to form a solar clock [Fig.
7]. Their quadrangular format and the presence of
inscriptions testify to the influence of manuscript illuminations, in particular lists of constellations copying texts inherited from Antiquity.
The corpus that we have gathered and indexed in
a database contains 239 occurrences of the signs
of the Zodiac and the Occupations of the Months,
associated or not, in monumental church decorations, mainly in France and Italy, but also in Spain,
Germany and the United Kingdom, between the
Main supports
Numbers of occurrences
In percentages
Hemicycle wall of the apse
16
6,7%
Arc (intrados)
35
14,6%
Capital
14
5,9%
Pavement
32
13,4%
Doorjamb
14
5,9%
Voussure
52
21,8%
Other
76
31,8%
→ Architettura, geometria e astronomia
Tab. 1.
Distribution of
the signs of the
Zodiac and/or the
occupations of the
months among
the main areas of
the ecclesiastical
building, 11th-13th
centuries.
Tab. 2.
Distribution of
the signs of the
Zodiac and/or
the occupations
of the months
in ecclesiastical
architecture
according to the
supports, 11th13th centuries.
9.
Chartres, NotreDame, north
portal of the
western façade,
ca. 1145-1155,
the Ascension and
the two voussoirs
alternating the
signs of the
Zodiac and the
Occupations of the
months (Picture by
the author, 2015).
10.
Poitiers, SaintHilaire-le-Grand,
end of the 11th
century, triumphal
arch painted with
the signs of the
Zodiac and the
names of the
months (Picture by
the author, 2015).
205
occurrences, an area radiating sacredness and open
to the heavens through the liturgy celebrated on the
altar. In these two main areas, the supports are also
interesting because of their form and position.
Throughout the corpus, the two most frequent supports, the arch and the intrados of the arch, are
semi-circular in shape, sculpted and/or painted [Table 2]. They mark the two poles of the building, the
door and the choir. It can be added that the intrados
is mainly that of the triumphal arch, while the arch
in question is often that of the archivolt of the central portal. In other words, these are axial and dominant positions. The decoration thus emphasises the
architectural dynamics of the church.
At the threshold of the church and the sanctuary,
the twelve signs of heaven symbolically show the
opening of the door to heaven (Ferrand 2020). Indeed, the church is referred to as the Porta Coeli in
the dedication liturgy, an expression borrowed from
Genesis (Gn 28:17) (Treffort 2014). Associated
with the Occupations of the months, the rhythms
of earthly life, the Zodiac operates and makes visible the encounter between earth and heaven that
takes place in the church14. On one of the portals
of the western façade of Notre-Dame de Chartres
(c. 1145-1155), the Zodiac and the Occupations of
the Months are placed on the two arches above the
Ascension of Christ [Fig. 9]. Signs of heaven and
206
earthly scenes alternate on the two arches and are
arranged in four groups in an ascending movement
that is symmetrical in relation to the centre of the
arch. In this way, they express Christ’s overcoming
of the “limites entre le ciel et la terre” and emphasise divine eternity (Schmitt 2016, p. 509). This is
reminiscent of the role played by the zodiac circle in
the ancient apotheosis scenes mentioned above. Furthermore, the School of Chartres was a particularly
important centre for the study of the Quadrivium
during the Middle Ages. On the intrados of the triumphal arch of Saint-Hilaire-le-Grand in Poitiers,
the signs of the Zodiac were painted at the end of
the 11th century without the scenes of the Occupations of the Months. [Fig. 10] Only the names
of the months accompany the zodiacal figures arranged in meanders of pleated ribbons forming a geometric frieze whose central module is a cross. The
cross has been presented as the axis and measure of
the world since the patristic tradition, so that this
sign has a cosmic dimension that resonates with the
twelve signs of the sky (Prieur 2006). This zodiacal
cycle introduces a cycle of episodes from the Apocalypse painted above the seven arches crowning the
altar and beginning with the visual translation of
the “open door of heaven” and the “voice” evoked in
the text15. Thus, the cosmic temporality of the signs
of the Zodiac opens up here to the “temps escha-
Separating elements
Numbers of occurrences
In percentages
Arcature
16
6,7%
Continuous frieze
21
8,8%
Medallions
56
23,4%
Medallions and arcatures
3
1,3%
Medallions
and quadrangular panels
4
1,7%
Quadrangular panels
55
23 %
By arch stones
17
7,1 %
By arch stones
and by radiating bases
7
2,9 %
Rays
5
2,1 %
Scrolls
6
2,5 %
Radiating bases
5
2,1 %
Other
20
8,4 %
Indefinite
24
10 %
11.
Piacenza, San
Savino, crypt,
mosaic pavement
decoration, 12th
century (Picture by
the author, 2012).
12.
Tournus, SaintPhilibert, remains
of the pavement
of the ambulatory,
around 1200
(Picture by the
author, 2017).
Tab. 3.
Separating
elements in the
cycles of the
Occupations of
the months and/
or signs of the
Zodiac depicted
in ecclesiastical
decoration, 11th13th centuries.
13.
Vézelay, SainteMarie-Madeleine,
central portal of
the nave, ca. 11201130 (Picture by
the author, 2015).
14.
Vézelay, Sainte-Marie-Madeleine,
central portal
of the nave, ca.
1120-1130, detail
of the calendar arch
ending with the
month of December
at the bottom,
surmounted by the
sign of Capricorn
and the Old Year
carried by the New
Year (?). (Picture by
the author, 2015).
15.
Chartres, NotreDame, south
ambulatory,
bay 28, stained
glassed window
28a, ca. 12171220. (Picture by
the author, 2015).
tologique” and the celestial city (Le Goff 1982, p.
148-149; Le Goff 2011, p. 11).
The signs of the Zodiac and the Occupations of the
Months are also recurrent on pavement decorations,
especially in the first half of the 12th century. Most of
them are located in the choir or in the crypt. Through
their themes and their orderly organisation in the
manner of cosmological diagrams in manuscripts,
these pavements show a synthesis of the cosmos. On
the pavement of the choir of Aosta Cathedral, dating from the middle of the 12th century, different
spatial and temporal units participate in a cosmic
synthesis in the heart of the church. In fact, this is
in line with the symbolic conception of the ecclesial
space, expressed by Honorius Augustodunensis in
the 12th century, “in the four corners of the church
are the four parts of the world”16. In the same vein,
the pavement of the crypt of San Savino in Piacenza,
built in the first half of the 12th century, shows the
signs of the zodiac and the monthly occupations associated with them in twelve medallions set against
a marine background represented by white and black
chevrons [Fig. 11] (Nicklies 1995; Barry 2007). The
verses of Bede’s De signis duodecim mensium, based
on Ausonius’ Eglogues, are inscribed in the border of
the medallions and reinforce the correspondence between the signs of the sky and the monthly activities.
At Saint-Philibert in Tournus, the ambulatory was
decorated around 1200 with a cycle of medallions
with the signs of the Zodiac alternating with the
Occupations of the months [Fig. 12]. The figures are
arranged in such a way as to radiate around the sanctuary so that the latter is inscribed in this cosmological synthesis that links liturgical temporality to
cosmic rhythms. Thus, in these decorations anchored
in an efficient architecture, heaven and earth, the
order of the cosmos and the earthly rhythms were
associated through the Occupations of the months
and the signs of the Zodiac.
In fact, the way these cycles are arranged shows a
certain “spatialisation symbolique” of these images related to time (Marchesin 2015, p. 215). Semicircular and circular forms, with evocative power
due to their cosmic dimension, are frequent in the
iconography of the Zodiac cycle and the Occupations of the Months. “Le cercle engendre la sphère,
image cosmique déposée dans la main de Dieu ou
celle de l’Empereur ; il se manifeste dans le schème
omniprésent de la roue : perpétuel retour, totalité
spatio-temporelle du Zodiaque, roue de Fortune,
thème médiéval inépuisable offert aux moralistes,
aux écrivains, aux peintres et sculpteurs (Zumthor
1993, p. 23).” Beyond the form of the composition,
the rhythms of the calendar are also highlighted by
the repetition of certain motifs, often geometric or
of geometric origin, but also of foliage, both in mon-
→ Architettura, geometria e astronomia
umental decorations and in manuscripts. These iterative ornaments emphasise the order of the cosmos,
whose rhythms are related to the rhythms of human
life. Circular medallions and quadrangular panels are
the forms most frequently used to arrange and network the signs and images of the calendar [Table 3].
On the voussoirs, the keystones, but also sometimes
bases arranged in a radiating manner, compartmentalise the arch and thus underline the concentric organisation of the portal.
The use of medallions is particularly interesting. The
medallion or clipeus is a form with a cosmic dimension
inherited from Antiquity (L’Orange 1953; Musso
2000). At Vézelay, on the central portal of the forenave of the Madeleine (c. 1120-1130), the double cycle of the Zodiac and the Occupations of the Months
is completed with other temporal units. The Seasons
and the Old Year are depicted in the New Year, while
the Peoples of the Earth – and above all of the farthest reaches of the Earth – are depicted below [Fig.
13]. This cosmological ensemble supports the theme
of the evangelisation of the created world. On the
so-called Calendar arch, the signs of heaven alternate
with monthly earthly scenes. The circular medallion
is the module of this spatio-temporal listing which
makes different temporalities resonate together, polarised by eschatological eternity. In the cycle of the
Occupations of the Months, it is not only agricultural
activities that are shown. Thus, in the medallion for
the month of December, the seated figure holds a cup
in his hand, an allusion to the Eucharistic chalice, so
that the liturgical rhythms are inscribed in the seasonal and, more broadly, cosmic rhythms [Fig. 14]. This
same figure and idea can be found in the stained glass
of Notre-Dame de Chartres [Fig. 8, 15]. The signs
of the Zodiac and the Occupations of the months
are arranged in an ascending, geometrical manner in
circular medallions and quatrefoils. This calendar is
dominated by Christ enthroned on an altar, holding
the Book and flanked by the Alpha and Omega. This
iconography visually conveys the eschatological perspective of the liturgy. In the lower register, with the
help of a string parallel to the vertical axis of the calendar cycle, a monk rings the bells that resonate with
the different temporalities thus brought together17.
Conclusions
On several levels and from Antiquity onwards, the
Zodiac and the Occupations of the Months have
been the focus of a series of semantic interweavings between spatial and temporal data. The signs
of the Zodiac and the monthly scenes, which were
used as markers in liturgical manuscripts from the
9th century onwards, mark out the ecclesial space,
from the arch of the portal to the arch of the choir,
via the decoration of the floor. At the same time,
Image p. 48:
Hagios Eleutherios
(Theotokos
Gorgoepikoos),
Athens, detail of
the calendar frieze
reused on the
façade (Picture by
the author, 2014).
207
they resonate with several temporalities, that of
the temporal, the sanctoral or even the “temporalité eschatologique” (Le Goff 2011, p. 11). The signs
of the Zodiac, in particular, also bear witness to a
symbolic perception of ecclesial architecture articulated to its celestial model and as a cosmic synthesis.
The joint representation of the signs of heaven and
the monthly earthly scenes in the ecclesial decoration testifies not only to the desire to make liturgical
and cosmic rhythms coincide, but also to support
the conjunction between Earth and Heaven in the
church. Underlying these two iconographic themes
is the articulation between the earthly church and its
model, the Heavenly Jerusalem, both as an allegory of the Church and as an eschatological principle
(Christe 1996). As Jean-Claude Schmitt has pointed
out, “dans les tympans romans […] comme dans les
calendriers des manuscrits, la présence du zodiaque
rappelle et magnifie l’ordre cosmique de la Création”
(Schmitt 2016, p. 278).
14. On the relationship between these iconographic
themes and their location, see also the work of Wittekind and Le Luel (Wittekind 2013 ; Le Luel 2016).
15. Ap. 4, 1. (Klein 2002, p. 466).
16. Honorius Augustodunensis, Gemma Animae, PL 112,
col. 1023C.
17. On the importance of bells as sensitive time markers,
see the remarks of Schmitt (Schmitt 2016, p. 312-319).
An experiential
approach to heaven:
the Utotombo of the
pedagogy of heaven
Nicoletta Lanciano
1. A dense bibliography covers these issues (Martin
1955; Bakhouche, Moreau et Turpin (éd.) 1996).
2. Sabratha, fresco, western apse of the Temple of Hercules, reign of Commodus (180-192), apotheosis of
Marcus Aurelius.
3. On these issues, see in particular the work of Henri
Stern (Stern 1953 ; Stern 1955).
4. Archaeological Museum of Madrid.
5. Let us note in passing the work on the lexical analysis
of the vocabulary relating to "time" in Bede and more
widely in the Latin Patrology (Frigault Hamel 2018).
6. Bâle, Universitätsbibliothek, ms. F III 15a, fol. 23
:
https://www.e-codices.ch/en/list/one/ubb/F-III0015a (Obrist 2001).
7. Martyrology of Wandalbert, Vaticane Library, Reg. Lat.
438, prov. Reichenau or Saint-Gall (?), end of 9th century, fol 2r à 27v (http://digi.vatlib.it/view/MSS_Reg.
lat.438 ).
8. Sant Gallen, Stiftsbibliothek, Cod. Sang. 250 end of
9th century : https://www.e-codices.ch/en/list/one/
csg/0250
9. Oxford, Bodleian Library, ms. Bodley 38 (S. C. 8849),
part. 2, fol. 19v-23v.
10. Museum of Souvigny.
11. Utrecht Psalter, Utrecht, Universiteitsbibliotheek, ms.
32, fol. 36, c. 820-835, prov. abbaye d’Hauvillers (near
Reims). Digitized < http://www.utrechtpsalter.nl/#digital-edition>
12. Zeno of Verona, Tractatus XLIII, Ad Neophitos…VI, PL
XI, col. 492-496 ; John Scotus Eriugena, Carmina, IX,
100, PL 122, col. 1238; Bede, De temporum ratione,
XVI, De signis duodecim mensium, Glossae. PL 90, col.
361. (Ferrand 2017).
13. The historiography of the subject is marked by the
work of Mane, Castiñeiras, Jullian et Le Luel (Mane
1983 ; Jullian 1995 ; Castiñeiras 1996 ; Le Luel 2009).
208
Key words
Notes
Plurality of languages
Didactics of Astronomy and Geometry
Direct observation
Construction of monuments and tools
Inventions
Introduction
“First I will make some experience, before I
proceed further, because my intention is to attach the experiment first and somewhat with
reason to demonstrate why this experiment is
thus forced to operate; and this is the real rule
as natural effect speculators proceed”1.
Even in works born in the teaching and didactic research of geometry and astronomy “there is a visible
and intangible cultural heritage, strongly connected
to the evolution of scientific thought of an astronomical nature” as indicated in the presentation of the
study day Representing the time. Furthermore, if it is
true, I quote again from the presentation of the study
day, that also in the didactic action “geometry and
drawing and more generally the three-dimensional
constructions help to understand the movement of
celestial bodies in space and to represent them on
earth”, also other means and other expressive codes
help to face obstacles, difficulties and errors and to
focus on the “good ideas, questions and founds” produced by teachers and students.
I deal with the teaching of Astronomy and Geometry, therefore with aspects of communication and
teaching. I study difficulties and good practices of
a cognitive, epistemological, sensory, linguistic nature: I look for them in the history of science and in
artistic and technological artifacts, I highlight them
in teaching, and I find that very often they are not
explicitly addressed in the handbooks. For these reasons, the errors, uncertainties, and inventions of my
collaborators but also of school and university students and teachers in training, are precious clues and
materials for research.
In Astronomy what we know is not directly what we
perceive by looking, and this discrepancy produces
an unavoidable obstacle, as my colleague Sbaragli
would say (Sbaragli 2005, pp. 57-71), in fact even
our bodies do not perceive the Earth’s rotation! We
build, through experiences and reflections, a mental model in which the perception and language of
a local topocentric view coexist, in which we see the
Sun rising in the east and say, “the Sun rises,” with
an awareness of the usefulness and soundness of a
global heliocentric model, in which it is the Earth’s
rotation that produces the visibility of the Sun in the
east, and much more.
But on the obstacles that are avoidable we need creativity, imagination, and more idioms and more languages, more semiotic codes we know how to use,
better we will be able to propose effective pathways
to help bring into dialogue and agreement, what we
see with what we know, what we see from a certain
point on the surface of the planet and what can be
seen considering a larger space, in which the objects
are the celestial bodies, the Earth, the Sun and the
Moon, and then beyond, cosmic space. In this course
we consider more disciplines than those codified and
separated in the Academy (but how we can say with
Faraday, all this nature does not know) and more we
help so many children and adults with their different
modes of cognition, to really get closer to the spatio-temporal character understanding of astronomical phenomena.
Oreste Brondo writes “in this freedom to connect, to
dynamically bring into communication those areas
of knowing and exploring that man for convenience
has divided into disciplines, consists one of the very
useful integrating backgrounds for exploring and
trying to decode the complex of phenomena happening around us2.”
In order to do research on what I explain later
through some examples, freedom of thought and
action are also necessary, and for this reason I have
often looked for a “out of place”, a protected place to
work and research, in the activities of the Movimento
di Cooperazione Educativa and at the House-laboratory of Cenci, in Umbria. Here, from the early eighties, we began to attempt, invent, and then transfer
the results of these experiential research, as far as
→ Architettura, geometria e astronomia
possible and, with appropriate modifications, even
in universities, schools, parks, museums, in Italy and
abroad. The body and its movement are essential and
indispensable tools in this path, in the belief that, as
also claimed by illustrious mathematicians, someone
without movement could not have invented geometry. And movement is essential to understand geometry: sitting in a classroom is not enough!
Oreste Brondo also writes that “our work on perception is well described by Wittgenstein’s sentence
found in his text Observations on colours ‘You observe
to notice what you didn’t notice when you weren’t
observing’. Observing is not looking, learning by
rote and repeating, but rather building up tools of
inquiry that enable you to look at the object of your
attention from different points of view, grasp aspects
and organize in a network of relationships what precisely you are observing, understand what you are
looking at, and this you can do profitably if you have
acquired tools, some of which are part of our natural
perceptual and reasoning faculties, while still others
have to do specifically with culture. Art gives us tools
that we discover, in several cases, connected deeply
with science and mathematics”3.
In this work, we quickly realized that inventions
were needed to support direct sky-gazing activities
in a way that would be effective in maintaining connection with nature, throughout the day and night.
Therefore, we have invented tools, monuments that
are created in the time of a day or a night, which are
transformed in passing from one situation to another, from a school to a park, from one hemisphere of
the Earth to another.
In constructing our tools, we take care of the beauty
of the objects, their solidity so that they can be used
and inhabited over time and safely, their correctness
with respect to what we want to work on and thus be
helpful, and not an obstacle or disturbance, to perceptual and experiential knowledge, and capable of
generating questions.
In the research we asked ourselves: why usually people, even adults, even educated ones, in our Western world do not understand why the Sun cannot
be above our heads every day, at Zenit, at noon in
Italy, and why not do they manage to question some
everyday facts such as the phases of the Moon? And
why do they believe in “communication horrors” of
the media and the network, such as “next month
Mars will be seen as big as the Moon”?
Part of the answer lies in the fact that one cannot
only read about these phenomena in books, and look
at them in flat supports, but in order to reason about
them, one needs to connect the world around us
and the image we construct of its movements: it is
necessary to look into three-dimensional space and
find ways of recording what one observes in order to
209
make predictions and find confirmations and denials, to reason with others, and to arrive at building
mental models and concrete tools that clarify the
various pieces of a puzzle.
Our perspective is therefore multidisciplinary and
includes crafts and manual skills.
The tools, activities and constructions presented below are extensively described with pedagogical indications in my text Strumenti per I Giardini del Cielo
(Tools for the gardens of the sky), which has a preface by Margherita Hack.
Bamboo canes: a 1983 invention to memorize the
observed path of the Sun
When I started, at the end of the 70s, to deal with
didactics of Astronomy, I found that everyone was
resting gnomons on the ground and observing the
shadows: to do this they turned their backs to the
Sun and looked at the ground. This involved various
problems that were configured as perceptual difficulties of a geometric and physical nature: looking
north instead of south, looking down instead of up
and not declaring one’s own reference system for the
description of the changes observed in the shadows.
Our Sun Monument arises from the need to help
record the observed path (I do not use the word apparent on purpose) of the Sun, relative to the local
horizon. To accomplish this, we work, if possible,
from sunrise to sunset. The Sun leaves no trace, and
it is not possible to draw in the sky its successive positions, which memory cannot retain because there
are no references in the sky. Therefore, I have devised an activity that consists of following the Sun
in the sky and materializing its successive positions,
observed from a specific point in space. We also recover in this way a focus on symbolic aspects related
to light and shadow. Every hour or so we plant a
bamboo cane in the ground in the direction of the
Sun. The canes are planted on an arc of a circle with
a radius of about one meter with a centre in whoever
is looking through a loop placed on a stake fixed in
the ground, protecting their eyes with eclipse glasses.
We then attach a small “sun” at the point on the rod
where from our grommet, that “sun” covers the real
Sun at that instant, and we stretch a thread between
the rod and the grommet. The first time, we tied the
threads to a big rock, but our viewpoint was on the
ground, and it was very uncomfortable. At the end
of the day the “monument” gives us back the path of
the Sun above the horizon: the wires and the surface,
not always flat, made up of all the stretched wires
materialize different angles and conical surfaces, depending on latitude and the time of the solar year
[fig. 1].
We thus put a focus, supported by the concreteness
of the artifact, on the directions of the Sun’s rising
210
and setting on that day, on the maximum height
reached by the Sun above the horizon, on the different speed of the star in changing azimuth and height
at times of the day near sunrise and sunset or around
true noon. Having done this work for one day fleshes
out so many terms, fills the language with visions,
poses questions that allow one to hypothesize which
aspects vary and which will prove constant on other
days of the year. This tool allows us to grasp the genesis of the geometric layout of sundials. Importantly,
the bamboo canes, which we suggest using, are very
easy to find, cheap and easy to cut, and can also be
planted in flowerpots. The educational effectiveness
of this tool has meant that it has been repeated and
used in many schools, and also in science outreach
activities at some Observatories (Mizar) and in the
form of a small model in displays of educational materials (Franco).
The threads on the trees:
drawing as a way of knowing
To help pay particular attention to the alignment
between the Sun, the ray of light that reaches the
observer’s eye, the eye itself and the end of observer’s
shadow on the ground, we suggest tying a string to
a branch in the direction of the Sun and fixing it to
the ground passing close to the observer’s eye. This
can also be useful in case of difficulty in planting the
canes in the ground.
The drawing [fig. 2], is used in this case to fix the
experience itself and the gestures made to incorporate the knowledge, in a phase that is of consolidation and aid to memory. Drawing makes it possible
to pick out and recognize the essential elements of
an activity and bring it to be a cognitive experience:
the drawing of the Figure, made by a child during
a school camp, shows the essential elements of the
alignment to which attention was paid.
In this way, the care and aesthetic sense that each
person puts into the work emerges and the difference
between drawing and photography, which is also
very useful for rethinking and sometimes discovering something that we had missed in the moment
of making, but which in this case might contain
overabundant and distracting elements compared to
our reflection. For example, the tree is drawn as if it
were bare to allow the Sun to be seen through the
branches.
Our Utotombo: effective objects
built with love (Congo)
While visiting an exhibition in Brussels in the 80s
of everyday objects from Congo, I came across the
word Utotombo which can be translated as “Effective
object built with love”. It is this word that we have
chosen for many of our instruments-monuments
1.
The invention of
bamboo canes to
follow the observed
path of the Sun
on a day near the
Autumn Equinox
(Picture by the
author).
2.
Child's drawing.
built during educational activities. I had received a
story about the Dayaks of Borneo from my friend,
the archaeoastronomer Giuliano Romano, in 1992.
He had entrusted it to me certain that I would get
something out of it useful for teaching, to help me
see something of the celestial phenomena and to address once again, the problems given by a plane representation. In night-time stargazing, the challenge
was to translate angles and linear lengths ... into different and ordered sounds.
In the time of an entire night, I proposed the recording of the meridian passage of a few stars of such
magnitude that they could certainly be recognized
by everyone. Our choice ranged from Denebola, star
of Leo, through Alkaid, Arcturus, Alioth, Spica, Zuben Elghenubi, to Antares star of Scorpio: as well
as four constellations of the Ecliptic had passed in
the meridian between the beginning and end of the
observation, at very different heights from the horizontal plane [fig. 3].
I like to quote a text, particularly dear to me, from
Marguerite Yourcenar’s Memoirs of Hadrian: “Once
in my life I did more: I offered the sacrifice of an
entire night to the constellations. That night traced
the celestial movements for me with a precision that
no partial observation could ever achieve’. It is this
conviction that has often led me to have the sky observed at length, in residential situations, to have the
time to see the zodiacal constellations rise and set
at different points on the horizon, just as the Sun
does when it is a guest in each one. And to observe
circumpolar constellations and give body and meaning to words like rising and setting, and to give a
physiognomy to each point of that great arc of the
local eastern horizon that runs from North to South,
passing through the cardinal point East.
The graphic diagram [fig. 4] of the observed phenomenon is rigorous but cold and difficult to read.
The sounds of the brass tubes we produce, at the
time of the passage of each star across the meridian,
are different from each other when we listen to them
one by one in the morning: the lower ones, produced
by long tubes for stars that had crossed the meridian
pole at higher points in the sky, compare with the
higher sounds of stars that had made a smaller arc,
towards the south, and had reached a lower height
above the horizon.
In the graphic diagram, O is the eye of the observer
lying along QO, QACR are points of the Earth’s axis
towards the Polar Star and are in the meridian plane,
OC and OA indicate the directions of the lines of
sight towards two different stars. The RQO angle is
the latitude angle of the observation site. The tubes
correspond to lengths CD and AB.
If this instrument was born related to the night, it
is possible to build it during the day and record, for
→ Architettura, geometria e astronomia
example, the height of the midday Sun, in different
months of the year, or of the Moon in different phases.
The celestial deckchair: an invention to look at the
sky in borderline cases
Emma Castelnuovo (Castelnuovo 1964) taught us
to reason in Geometry by “borderline cases” i.e. extremes, but also with those cases that, if studied and
observed, help to understand a phenomenon in all
other possible cases. In Astronomy, this means, for
example, thinking about what happens to the Sun
on the days of the Solstices, or how an astronomical
phenomenon occurs at the Poles and at the Equator.
The Celestial Deckchair is a large instrument, to be
inhabited with the posture of the body and the gaze.
The Deckchair consists of a plane inclined with respect to the ground, to be parallel to the plane of
the Equator, on which one can lie down to look at
the sky. An axis parallel to the axis of the world, and
therefore perpendicular to the plane of the Deckchair and oriented South-North, crosses it and is
pointed at the North Star.
Lying on the deckchair is like lying on the ground
at the North Pole and having the North Star high at
one’s Zenith, but it is also like standing at the Equator and having the North Star low on the horizon.
This invention helps us in the reading of many astronomical artifacts, that is, to understand the functioning of the equatorial sundial, from which every
other type of sundial is generated by projection.
Here again, I present the geometric reference diagram [fig. 5, 6], a drawing found in gnomonics texts,
which considers the geometry of the equatorial sundial in relation to the horizontal plane at a given latitude on Earth. In the photo [fig. 7], next to a Parallel
World Globe “placed homothetically to the Earth”
(Lanciano 2019), one can see a Celestial Chair built
for the latitude of Frankfurt in 1992, when we were
invited to the Book Fair to run outdoor Astronomy
workshops. This monument-instrument has been
erected, for example, in Murcia, Spain, in the square
in front of the Museo de Ciencia y el Agua, as a
fixed piece of equipment next to a large stone Parallel World Globe. In fact, I have often suggested promoting education in Astronomy through astronomical objects placed in public spaces with the intention
of making people able to read the instruments that
are democratically available to everyone on the facades of buildings, on the ground, in churches and in
squares... in many cities.
The seven-pointed star and the days of the week:
the invention of a dance.
Why does Monday, the day of the Moon, follow Tuesday, the day of Mars and then Wednesday, the day of
Mercury...? What order in this apparent dis-order?
3.
Utotombo built in
Cenci in 1992 to
hear the sounds
of the different
angular heights
of the stars in the
meridian (Picture
by the author).
4.
Graphic diagram
of the meridian
angular heights
of different
stars (Graphic
elaboration by the
author).
5.
Geometric scheme
of the construction
of the Celestial
Deckchair (Graphic
elaboration by the
author).
6.
Scheme of
Mitsumasa Anno
(Anno 1987) with a
plane parallel to the
equatorial plane,
and the respective
axis parallel to the
axis of the Earth, for
different latitudes,
along the same
meridian.
7.
Photo of the
Celeste Deckchair
in Frankfurt (Picture
by the author).
211
In various ancient cultures, the Moon, with its cycle, provided a measure: the month (from mensura)
of 28 days, or 4 cycles of 7 days. The day was then
divided into 24 hours. Each hour was ‘dedicated’ to
one of the 7 planetary bodies, in order, from Saturn,
to Jupiter, to Mars... and each day of the week was
named by the celestial body to which its first hour
was dedicated. Since the hours are 24 and the days
7, so we have 24:7=3, with the rest of 3. Thus, on the
day in which the first hour is dedicated to the Moon
(and that is Monday) the eighth, fifteenth and twenty-second hours are also dedicated to the Moon;
therefore, the twenty-third hour is dedicated to Saturn, the twenty-fourth to Jupiter and, to continue
the cycle, the first hour of the next day is dedicated
to Mars (and that is therefore Tuesday). Then, with
the same procedure, the first hour of the following
day is dedicated to Mercury (and it is Wednesday),
then to Jupiter (and it is Thursday), then to Venus
(Friday), then to Saturn (and it is Saturday), then to
the Sun (and it is Sunday). By uniting the 7 moving
celestial bodies together in this new order, we obtain a 7-pointed star that arises from the reflection
in space of an organization of time. In our re-elaboration, from a graphic scheme [fig. 8], often found in
texts dealing with the history of the organization of
time, in which the rhythm of the days of the week is
seen in the seven-pointed star, we have translated it
into a movement in space, through the invention of
a dance. On the ground, on a circle, the names of the
7 planets or the 7 days of the week are placed in the
correct order. One dancer walks the path from Monday to Tuesday... tracing the star’s path back to its
place. A second dancer then enters, starting on Tuesday, and so on up to 7 dancers moving with the same
rhythm. This scenic action involves finding a suitable
rhythm to accompany the synchronous movement of
the participants, in a playful and integrated work of
astronomy, rhythm and movement.
The plurality of languages used, from the graphic diagram to the table with the numerical data relating
to the planets, to the calculations with the numbers
24 and 7, lead us to enter deeply into the rhythm and
meaning of the 7-pointed star.
It is this type of work in the handicraft construction
that makes us capable of a more attentive reading
of the artifacts and has led us to point out an error,
probably made by the craftsman, in the reading of
an astronomical artifact: the planetary table of Palazzo Spada in Rome [fig. 9], in which the rhythm
is not entirely transparent and there is an error on
Wednesday (Lanciano 2018).
We are also persuaded that teaching, in order to be
effective, needs suggestions linked to the body and
looks and words suggested by other sciences and
other arts, which help to portray but are also capable
of generating new descriptions [fig. 10].
212
Reading and transcribing Galileo
in different languages
Finally, I will show some examples of our constructing models as a way of reading a text in depth, which
in this case is Galileo’s Sidereus Nuncius, written in
1610 and “translated” by us into dynamic objects
during the World Year of Astronomy, 400 years after
those first astronomical observations made with the
telescope. The perceptual issue behind the choice of
constructing models of the observations that Galileo
describes, whenever possible respecting the proportions between the parts, originates from the problematic perceptual datum that we see the sky as a
flat surface, the vault of heaven, and also the Sun
and Moon and the planets, which we know to be
spherical, we see them as two-dimensional discs, and
we make and see drawings and photos of them in
2 dimensions: the transition to the 3-dimensional
model allows us a way of reading a text that restores
three-dimensionality and correct form to objects,
mutual movements, to the questions of scale in space
and phenomena in time.
In particular, referring to the observations of Saturn,
the hypotheses and the questions posed, and not
solved, by Galileo can be found in letters that the
astronomer wrote to various friends, and in his drawings. But his students, gathered in the Accademia del
Cimento in Florence, whose motto was “proving and
reproving”, found an answer to the question of Saturn’s form that rescued all appearances and gave an
organic explanation to what could be seen from Earth
as the months passed: they arrived at the spherical
form surrounded by a flat ring, even through the construction of a three-dimensional and dynamic model
[fig. 11 a-d], which they observed at a sufficient distance to see the rings tilted in various ways, until they
disappeared into a segment [fig. 11 c].
The beauty of Galileo’s itinerary as an astronomer
aware that he was the first to see new things in the
heavens, his wealth of novelties for the history of
science - the mountains of the Moon, the satellites
of Jupiter, the rings of Saturn - has led us to translate the synthesis of Galileo’s discoveries into a song,
once again mixing the languages of art with those of
craftsmanship, geometry, and celestial observation.
Furthermore, Galileo is a master in the use of a plurality of codes: as he observed, he estimated relative
distances and proportions, dictated what he saw to
his amanuensis, he drew ... and in naming things
never seen before by anyone. human being, he also
resorted to the language of myths. And he knew
well the myth that the god Saturn has, ferocious in
swallowing his children, when Dite gave birth to
them, because a vaticinium had predicted that one
of them would have cast him out, and so it was.
There the spherical planet appeared to him at times
with two dark spots and then two points of light on
8.
Pattern of the star
of the days of the
week (Graphic
elaboration by the
author).
9.
Photo of the
Planetary Table of
Palazzo Spada in
Rome (Picture by
the author).
10.
Photo of the
realization of the
seven-pointed star
in the garden of
a school in Rome
(Picture by the
author).
11a-d.
Different
configurations seen
from the Earth of
Saturn with its rings
in a scale model
(Picture by the
author).
Image p. 64:
the Logo of
the MCE's Sky
Pedagogy Research
Group (Drawing
by the author).
both sides, which, after discovering the satellites of
Jupiter, made him think of two satellites (the light
points) or two clear satellites and two dark, and this
happened when the rings were very inclined on the
orbit seen from the Earth. Then the satellites seemed
to disappear, when the rings were seen flat: it seemed
that the god had swallowed his children!
Astronomical time and
eternal enterprise in
Alexander's mosaic
Paolo Giulierini
The tools and models I have chosen to present in
this text are a part of the many others that we have
created and used effectively since the 80s and continue to transform during the research and practice
of educational cooperation.
For the most part, they were born outdoors, often
in nature and not only during the day. They were invented through direct observation of the sky, from
the study of the sky, and from listening to the difficulties and “findings” of many.
These are not objects that were only conceived at
a desk and locked into a definitive object, but they
have a history that has been enriched by the exchanges between educators who share manual skills,
dialogues, book readings, knowledge, songs, educational values, male and female teachers, trips to other
countries and different languages.
They are the precipitate of all this, and all this helps
and allows everyone to free his or her imagination
and sense of aesthetics from the confines of disciplines, classrooms, and daytime and to meet the
space between earth and sky.
Inside our Utotombo there is all of this.
Notes
1. Leonardo da Vinci nel Ms E, folio 55 r.
2. Extract from an unpublished essay by Oreste Brondo,
2021.
3. Idem.
→ Architettura, geometria e astronomia
Key words
Conclusions
Light geometries
Art
Technology
Time measurement
Eternal Time
The advent of technology at the Archaeological museum_Mann in Naples
Science and art are separated in the Italian museum
world almost ab origine. Instead, it is rather obvious
to recall how little of the art achievements of the
ancient world would have been possible without a
proper mastery of the technologies. In the case of
the Mann, technological artifacts from Pompeii have
increasingly accelerated this process of reuniting the
two worlds because, as a unique case along with the
Egyptian world, they were found in large numbers
and in an excellent state of preservation. Frequently,
the ancient world has not given us back such categories of materials, or, at the very best, modern scholars
have kept them aside, often in obscure storerooms, as
opposed to the more empathetic and communicative
art objects, thus almost suggesting their estrangement
from the classical themes of antiquity. From this has
often resulted, for the general public, a distorted idea
of past societies, as if they were populated solely by
artists and philosophers. Actually, Amedeo Maiuri
already around the 1930s had the happy intuition to
start a Technological Section in the Museum’s New
Wing, later decommissioned, in which so many areas
of applied sciences and disciplines (from hydraulics,
to agriculture, to astronomy) were encompassed. Today, the Mann, aware that ancient society cannot be
recounted without re-establishing that connection,
which makes it, moreover, much closer to today’s,
has initiated the project of renovating, refitting, and
modernizing what was once the disused technology section, in partnership with the Galileo Galilei
Museum, which already worked on the exhibition
Homo Faber. Nature, Science and Technology in Pompeii;1 in that area, astronomy, agriculture, surveying
techniques and more will be presented; on the other
hand, meanwhile, the Mann has started a cultural
mediation path, by means of exhibitions, events,
213
conferences, to share such topics with its community. Some of the most significant activities include
the exhibition “The Hours of the Sun,” dedicated to
the re-functioning of Pompeii’s sundials organized
with the scientific advice of Prof. Alessandra Pagliano, with related catalog, in 2018 and the subsequent
reprinting of the volume in 2022, updated in monographic form2. We also mention the many scientific
projects aimed at restoring a complete idea of the
ancient world, such as Mann in colours, dedicated to
restoring the original colours of statues. Over time
many exhibitions have been dedicated to ancient
Roman technology, organized by the Mann abroad
or the same museum’s loans for exhibitions of related
content, such as the recently opened one in Agrigento, with the evocative title Building for the Gods. How
the Valley of the Temples was born. But on the topic
one can go further. The point of the present essay is,
in fact, to demonstrate how we can find, even in a
masterpiece of art, some themes involving scientific
and technological aspects; in the specific case, that of
the punctual measurement of time, which parallels
more classical topics, the eternal time. The artwork
in question is the famous Alexander’s mosaic [fig. 1],
found in the House of the Faun in Pompeii in 1831
and kept at the Mann since 1843, dated around 100
B.C., and currently in undergoing restoration.
The historical context of the artwork and the Battle
of Gaugamela
According to the most recent interpretations, the
mosaic of Alexander’s battle may be a copy of a famous painting by Apelles, one of the Macedonian
king’s court artists during the 4th century B.C., that
depicted the Battle of Gaugamela, occurred east of
the present city of Mosul, which took place on October 1, 331 B.C., and whose sources are the works of
Arrian (Anabasis of Alexander) and Quintus Curtius Rufus (Histories of Alexander the Great) and,
in a minor proportion, Diodorus Siculus (Historical
Library) and Plutarch (Life of Alexander), which
were all posterior and dependent on coeval sources, starting with the writings of Nearchus, Ptolemy,
Aristobulus. Through the use of about one and a half
million tiles, combined together using the opus vermiculatum technique3, the salient scene of the battle
is represented, when Alexander the Great, on the left
of the mosaic, riding Bucephalus, centrally charges
King Darius III of Persia’s chariot, located in the
royal chariot next to the charioteer and surrounded by his bodyguards. The king is depicted with a
clearly frightened expression, while the charioteer
makes the gesture of spurring the horses determining an abrupt turn of the chariot. An Indian warrior
stands between the Macedonian king and Darius receiving a fatal hit from Alexander’s spear, who, from
the impact, sees his helmet knocked off and fall to
214
the ground. The colours, though only four, appear
very softened, almost suggesting the artist’s intent
to evoke the great dust cloud raised by the armies
in the plain, mentioned by historians. A dry tree can
be seen in the background. The spears and the crowd
of men and horses evoke the clamor of battle. The
scheme had a great success, though not in a continuity process: just think of Paolo Uccello’s famous
paintings or Velasquez’s La Lanzas.
The scene, the light and the landscape: from the instant time to the eternity
The scene takes space from the lost weapons and the
ones in the foreground, which are matched, in the
backlight, to the twisted branches of the tree and the
crowding of spears and banner. The tree, according
to some scholars, would be the one described more
than 1,500 years later in Marco Polo’s The Million4, a
wrecked plant that was a landmark of the final contest for the conquest of Asia; perhaps a plane tree,
known as the lone tree, for Christians the dry tree,
isolated for many miles. The Gaugamela plain, according to the sources, had been razed and flattened
in order to allow for the launching of Persian falcate
chariots; the tree would have been left as a signal,
and moreover not without some significance: the
“golden plane tree” in fact was a precious ornament
of the Achæmenid’s court, a symbol of the Greeks’
enemies. Fifty characters are portrayed in the scene,
all in softened colors, probably to recall, as mentioned earlier, the huge cloud of dust raised by the
fighters and recalled by the sources. Sunlight comes
from above, from the left of the one looking over
the shoulders of the attackers (the opposite alignments at Gaugamela were arranged from north to
south; the Macedonians were moving from the west
against the Persians, who were attested in the east).
Alexander, as everyone knows, will succeed in breaking through the enemy front obliquely, pointing
Darius towards the northeast. The transverse gallop
would have seen sunlight on the incumbent Macedonians. The height of the Sun can be inferred from
the shadow of the broken spear in the lower right
or from the chiaroscuro of the horse depicted from
behind [fig. 2]. On the side of the chariot the shadow of the wheel casts [fig. 3]. Apelles, at least in the
original painting (it is difficult to say how much the
later cartoons that inspired our mosaic deviate from
the original artwork)5 [fig. 4], is presumably trying
to depict the afternoon hour: the one that, according to the sources, sees Alexander’s cavalry fighting
the enemy cavalry at length until they finally break
through and even reach the road to Arbela. In the
pictorial work of the fourth century B.C., however admirably imitated in the Pompeian mosaic, the
artist fixes, through the deeds of the characters and
the shadow and light effects, the propitious time, the
1.
Alexander's Mosaic,
National Archaeological Museum,
Naples. Recent
identification of the
battle site. (Photo
by the National
Archaeological Museum of Naples).
2.
Alexander’s Mosaic. The scheme
shows the height
of the Sun deduced
from the shadow
of the spear and
the chiaroscuro of
the horse (Graphic
elaboration by the
author).
3.
Alexander’s
Mosaic, detail of
the shadow of the
wheel cast on the
chariot (Photo
from the National
Archaeological
Museum in Naples).
4.
Reconstructive
hypothesis of the
original painting
taken from a
modern painting
preserved at the
MANN (Photo of
the Archaeological
National
Archaeological
Museum in Naples).
Image p. 74:
detail of the
Alexander
Mosaic, National
Archaeological
Museum, Naples.
Photo owned
by the National
Archaeological
Museum of Naples.
Notes
1. See (Ciarallo, de Carolis 1999) for more details on the exhibition organized in collaboration with the Museo Galileo
Galilei in Florence.
→ Architettura, geometria e astronomia
2. See (Pagliano 2022) for more details on the exhibition organized in collaboration with Professor Alessandra Pagliano.
3. A type of ancient mosaic probably invented in Alexandria,
characterized by small mosaic tiles that, arranged asymmetrically, follow the outline of the images. The mosaic
tiles used, which are of different shapes and colors, can
range in size from 4 mm to a single millimeter. The name
vermiculatum derives from the Latin vermiculus, i.e. ‘little
worm', referring to the thinness and also the wavy shape
of the outline that characterized this type of mosaic.
4. See (Polo, Ciccuto 2003, pp. 4-7).
5. The presence of several cartons of the original painting
can also be deduced from the discrete diffusion of parts
of the main scene on ceramics, reliefs, and Etruscan urns,
such as those from the Volumnii Hypogeum in Perugia.
Heliographia
mechanica:
the instruments of
gnomonics
Filippo Camerota
Key words
kairòs, that brings the Macedonian leader to victory.
Not only that: the precise moment described by the
artist’s work is, also and above all, historical, being
placed in time and space, by means of a philological technique of reproducing not only the episode
itself but also the clothes, the characters’ weapons
that constitutes a unicum. The masterpiece artist has
really seen that type of militia or had first-hand information.
It is crystal clear, however, that when such an enterprise is carried out, as a result of which power in
Asia shifts, for the first time, from the Persian to
the Greek side, we enter a new dimension of time:
this can no longer be measured punctually because
we are now in the eternal dimension. And, perhaps,
according to some scholars, the tree itself can take
on a new meaning: not only as an historical-topographical reference but as an allegory of the limit
that has been crossed by a human endeavor that almost intends to settle down to the rank of the divine, ultimately performing an act of hybris: a proud
arrogance that leads man to compare himself to the
gods and, consequently, to suffer their revenge (so
by many scholars have read Alexander the Great’s
subsequent death, in Babylon on June 10 or 11, 323
B.C., at only 33 years of age, after he had extended his empire up to the India. Through art, as well,
we can ultimately return to the technological world:
in this case, through the more classical description
of military apparatuses but also by delving into the
sunlight depiction, one can identify the crucial moment represented that, through a resounding victory makes the transition from the specific hour to an
aura of interminable and everlasting glory, where the
measuring unit is no longer provided by technical
instruments but by the genius of the painter and the
writers’ poetry.
Of course, in Alexander’s victory, which brings down
a secular empire like the Persian one, an eternal time
is also celebrated: the one of the Alexander’s glory,
at the command of a new extended empire from the
Greece to Egypt up to the India.
The art of mosaic, which however probably derives
from a painting (whose frame is represented by
means of the tiles), therefore allows us to contemplate two types of time: one that can be measured,
through a series of artistic (use of light) and technical (use of geometry and depth) expedients; the
other, which is not measurable, concerns the sphere
of eternity for those who, like the Macedonian, can
go beyond human borders.
Gnomonics
Astronomy
Geometry
Scientific instruments
Time measurement
The technical literature of the modern age is full of
inventions, often very original, of tools for measuring
and representing the visible world. Entire chapters,
often entire treatises, are dedicated to those products
of human ingenuity that we now categorize under
the general name of scientific instruments. The main
purpose of these inventions was to facilitate geometric operations, but the intrinsic characteristic that
distinguishes them as material expressions of the geometric or mechanical principles that guide their operation has also provided a useful explanatory model
fot theoretical concepts. This is the case, for example, of the famous “door” by Albrecht Dürer, a perspective instrument that the cosmographer Egnazio
Danti described in his commentaries on Vignola’s
Le due regole della prospettiva pratica specifically to
demonstrate the geometric principle of intersection
of the visual pyramid (Barozzi da Vignola 1583, p.
55). In some cases, the tools are even configured as
215
three-dimensional representations of the object itself that they are called to measure and represent.
Such are the compasses for conical sections which
simulate the surface of a cone sectioned by a plane
(in this cas represented by the drawing sheet). But
this is also the case of the gnomonic instruments
which contain in their components the main circles
of the celestial sphere, sometimes without departing
from the geometric model of reference.
The most eloquent instrument in this sense has been
described by Daniele Barbaro in his treatise on perspective where an ample space is dedicated to the
plane projection of the celestial sphere as a representation of the sky (Barbaro 1568, pp. 187-190).
Barbaro considered it particularly beautiful “because
it represents the sphere” and because, in addition to
allowing the design of sundials for any latitude, it is
itself a time keeper [fig. 1]. Specifically, the instrument is part of a mechanical clock in the shape of a
terrestrial and celestial globe, a refined widespread
invention since the early sixteenth century. The best
known of these instruments is the so-called Jagiellonian globe of the University of Krakow, perhaps
built in France approximately by 1510. The specimen known to Barbaro was perhaps the one preserved now in the Correr Museum in Venice which,
unlike the previous one, presents the sphere of the
fixed stars according to the iconographic model designed by Albrecht Dürer [fig. 2]. In both cases the
clockwork mechanism is contained within the terrestrial globe, and it sets in motion an index that,
through the celestial axis, makes one complete revolution every twenty-four hours. The hours are shown
by twenty-four meridian arcs welded to the two
tropical circles into an armillary sphere that envelops the entire instrument. This last sphere is the one
that Barbaro takes as a model for the instrument he
called “Universal Horario”.
To design a sundial, it was necessary to tilt the
sphere according to the latitude of the place and cast
the hour arcs on the drawing sheet, sighting each of
them from the opposite arc. From the hour divisions
of the Tropic of Cancer, the opposite divisions of the
Tropic of Capricorn were casted, and vice versa. All
the visual rays - or alternatively a silk thread simulating the visual ray - passed through the center of
the sphere, touching the tip of a stylus fixed in one of
the poles. The resulting drawing would have shown a
series of converging straight lines whose ends indicated the tracing of hyperbolic curves depicting the
tropics of Cancer and Capricorn, that is, the northern and southern limits of the annual course of the
Sun.
The drawing could be made without taking into account the real dimensions of the sundial because an
ingenious procedure devised by the Milanese math-
216
ematician Giovanni Battista Vimercato allowed it to
be enlarged or reduced to the desired size (Vimercato 1565, II, II, pp. 117-125). The procedure, which
Barbaro describes in the same section of his treatise,
consisted in the use of two gnomons, one commensurate with the size of the preparatory drawing, the
other proportionally larger or smaller, to perform the
reproduction at the desired size (Barbaro 1568, p.
193). Both gnomons, the drawing to be copied and
a blank sheet were placed on a tilting table exposed
to the sun. By moving the table, the shadow cast by
the first gnomon gradually touched the significant
points of the preparatory drawing, while the shadow
of the second one indicated its corresponding position
on the white sheet. As shown in a drawing by Giulio
Parigi that documents the presence of the instrument
in Buontalenti’s workshop [fig. 3], the procedure also
made it possible to easily design a hemispherical clock
starting from a plane one, or more generally to enlarge
any design of civil or military architecture (Parigi ca.
1600, c. 247r).
Vimercato had described the procedure in the Dialogo degli horologi solari (Vimercato 1565, I, XII, pp.
52-56) where we also find the first description of the
‘trigon of signs’ that the author calls “raggidico solare” (solar rays diagram) [fig. 4]. This figure contains
the projection lines of the intersections among the
solstice colure and the parallels passing through the
Zodiac signs and is one of the fundamental elements
of the tools used in the sixteenth century to design
sundials. We find it, for example, in the instruments
of Petrus Apianus, Oronce Finé and Chistopher
Clavius, always in combination with the equinoctial
disc which, thanks to the hour divisions, guides its
rotation around the celestial axis [fig. 5]. In this type
of instrument, the sphere is broken down into various flat figures. The circle of the horizon is usually
placed at the base of the instrument in a semicircular
figure, so that its diameter remains parallel to the
wall on which the sundial is drawn. Hinged on it is a
vertical quadrant which, oriented to the north, indicates the direction of the solstice colure, and therefore the noon line. In the center there is a pointer
which, fixed on the latitude of the place - measured
on the graduated scale of the quadrant - indicates
the inclination of the celestial axis1. The equinoctial
disc with the hour divisions is fixed orthogonally to
the pointer, and the trigon of signs is placed on it,
hinged at the top of the same pointer. A silk thread
tied to the vertex of the trigon allows to cast the Zodiac parallels for each position of the trigon on the
hour divisions of the equinoctial disk. In practice,
by positioning the trigon of the signs on the ante
and post meridiem hours, and casting for each hour
the seven parallels passing through the Zodiac signs,
a series of points are obtained which, once joined,
1.
D. Barbaro, La
pratica della
perspettiva, Venezia
1568, IX, I-II, pp.
187-190: “Horario
universale”.
2.
Anonymous,
Mechanical
celestial and
terrestrial globe,
16th century,
Venezia, Museo
Correr, Cl. XXIX, 31.
3.
G. Parigi, Taccuino
di arte militare,
Washington,
Library of Congress,
Rosenwald
Collection, c. 247r:
procedure for the
reproduction of
drawings by G.B.
Vimercato.
4.
G.B. Vimercato,
Dialogo […] de gli
horologi solari,
Venezia 1566,
cap. XII, p. 42: the
“raggidico solare”
or trigon of signs.
5.
C. Clavius, Fabrica
et usus instrumenti
ad horologiorum
descriptionem,
Roma 1586, p. 10:
sundial drawing
tool.
allow to visualize the hour lines and the curves of
the months.
An instrument of this type belongs to the circle of
Daniele Barbaro. It was drawn in detail by Senator Jacopo Contarini, a well-known collector of books and
scientific instruments and intellectual heir to Barbaro’s scientific humanism [fig. 6] (Contarini ca 1590,
pp. 28-29; Camerota 2000, pp. 252-253). In Contarini’s drawing, the semicircle of the horizon has two
brackets which presumably served to fix it to the edge
of the drawing board; the lack of a descriptive text
forces us to interpret the operation but the precision
of the drawing does not seem to leave many doubts.
At the center of the semicircle there is a moving beam
that carries a graduated dial and a compass for orientation to the north. A long metal stylus, which acts as
a celestial axis, hinges at the dial’s center and carries
a graduated disc with the dual function of equinoctial
disc and trigon of signs. Once fixed the quadrant to
the northern direction and the stylus according to the
latitude of the place, the graduated disc was mounted
orthogonally to the stylus at any point chosen as the
center of the gnomonic projection. A silk thread allowed at this point to cast the hour divisions on the
drawing sheet, obtaining a series of points aligned
along a straight line that represented the equinoctial line. Once this operation was completed, the disc
was removed and mounted again on the stylus but in
tangency, thanks to the two cylinders with locking
screws placed on the opposite face. The silk thread in
this case was first used to determine the position of
the disc - aligning it each time with the points on
the equinoctial line (the disc could therefore rotate
around the celestial axis) - and subsequently to cast
the other parallels of the Zodiac. When the operation was completed, a series of points appeared on the
sheet which, once joined, displayed the converging
hour lines and the hyperbolic curves of the months.
Usually, the orientation to the north was determined
with the compass - obviously ignoring, or underestimating, the problem of magnetic declination - but
Contarini shows another tool that was used to find
the meridian even without the magnetic needle: “a
tool to find the meridian at any time of day without
the magnet“ [fig. 7] (Contarini ca 1590; Camerota
2000, p. 251). The instrument consists of a horizontal disk with an alidade, a right-angled triangle whose
hypotenuse corresponds to the inclination of the celestial axis, the trigon of signs and an index with visual
target, one of which is perforated. Pivoted to the vertex of the trigon of signs, the index was fixed on the
Zodiac sign corresponding to the current month,
and the trigon of signs rotated on the celestial axis
according to the hour corresponding to the moment
of measurement. The whole was then rotated on the
horizontal plane by means of the alidade which indi-
→ Architettura, geometria e astronomia
cated the direction of the meridian when the sun’s ray
crossed the perforated sight to fall into the center of
the other.
The construction of direct sundials was sufficiently
satisfied by instruments of this type which we find
illustrated at least up to the eighteenth-century collection of mathematical instruments by Nicholas
Bion (Bion 1709). Much more difficult was the case
of catoptric and dioptric sundials, that is, those that
exploited the optical laws of reflection and refraction
of rays. Gnomonics is a discipline governed by optical
science, and the construction of sundials was therefore
based on the geometry of vision which, contemplating the propagation of visual and light rays, divided
the discipline into three case studies relating to direct
rays (optics), reflected rays (catoptric) and refracted
rays (dioptric). The components of the drawing instruments for sundials are substantially always the
same but their combination changes according to the
different typology of sundials.
The first known catoptric sundial dates back to 1519
and was designed by Nicolaus Copernicus on the entrance wall of his rooms in Olsztyn Castle (Graßhoff
2018). The surviving fragments indicate hour lines
near the equinoctial line and a series of parallels every
five degrees of latitude. The course of the sun was
marked by the ray reflected from a small mirror placed
in front of the central opening of a three-arched loggia, according to a gnomonic model spread more than
a century later by Athanasius Kircher and Emmanuel
Maignan. A brief mention of this type of sundial can
be found in Raphael Mirami’s Specularia (Mirami
1582) but it is only in the seventeenth century that
the gnomonic problem is adequately treated. The Jesuit George Schönberger made it one of the sections
of his Demonstratio et constructio “of new clocks for
direct rays, refracted in water and reflected in mirrors”
(Schönberger 1622), while Kircher dedicated an entire treatise to it, the Primitiae gnomonicae catoptricae
(Kircher 1635), and Maignan a fundamental part of
his Perspeciva horaria (Maignan 1648).
In his treatise Kircher described a catoptric sundial
he built in the Tour de la Motte of the Jesuit College
of Avignon where, since 1632, he taught mathematics and oriental languages. It was actually a double
sundial, because it made use of two mirrors placed on
the windowsills located east and west of the tower to
mark the time before and after noon [fig. 8]. To carry
out the drawing without margin of error, the German
Jesuit developed an instrument formed by a horizontal plate with compass and meridian line, and by a
vertical graduated semicircle representing the northern meridian [fig. 9]2. Orthogonally to the northern
meridian, but rotating on the axis of the equinoxes,
there was the equinoctial semicircle divided by twelve
hours, on which flowed the trigon of signs that Kirch-
6.
G. Contarini,
Figure d’istromenti
matematici e loro
uso, ms., ca. 1590,
Oxford, Bodleian
Library, Ms. Canon
Ital. 145, ff. 28-29:
sundial drawing
tool.
7.
G. Contarini,
Figure d’istromenti
matematici e loro
uso, cit., f. 19: tool
for finding the
meridian line.
8.
A. Kircher, Primitiae
gnomonicae
catoptricae,
Avignone 1635,
frontispiece with
illustration of the
Avignon cathedral
sundial.
9.
A. Kircher, Primitiae
gnomonicae
catoptricae, cit.,
lib. II, probl. I, p.
100: "anacamptic"
or "cathotric"
instrument.
10.
A. Kircher, Primitiae
gnomonicae
catoptricae, cit.,
lib. II, probl. III,
p. 107: "optical"
instrument.
11.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib.
III, Catoptrice
horaria, prop.
XX: projection of
sphere circles for a
catoptric clock.
217
er calls the “radiant Zodiac” or “mobile hour dial”. The
common center of the two semicircles and of the
trigon of signs corresponds to the position of the gnomonic mirror. To draw the hour lines and day lines for
each month it was first necessary to orient the horizontal plate according to the north-south direction
following the indication of the magnetic needle. Then
it was necessary to tilt and fix the equinoctial semicircle according to the ‘mirrored’ latitude of the place
(in a sundial with direct rays the semicircle is inclined
downwards while in this case it faces upwards). Finally, it was necessary to bring the trigon of signs on each
hour line and, from each position, to cast its divisions
onto the walls on which is going to be accomodated
the sundial the drawing of the sundial. Aware of the
fact that the natural bending of the wire possibly used
to cast the points could produce non-marginal errors,
Kircher developed an optical instrument formed by a
baculum equipped with alidades which were oriented
by means of a wire towards the vertex of the trigon
of signs [fig. 10]. Each alidade, equipped with sights,
then allowed the points to be casted optically without
room for error.
Kircher came to Rome in 1635 to teach mathematics
at the Roman College, and in 1637 Emanuel Maignan made his extraordinary catoptric sundial in the
Convent of Minims of Trinità dei Monti, a gnomonic
masterpiece that nine years later he replicated, with
greater decorative pomp, in the palace of Cardinal
Bernadino Spada, protector of the Order of Minims. These two catoptric clocks remain unsurpassed
examples of technical skill and scientific knowledge,
the foundations of which are illustrated by Maignan
in his famous Perspectiva horaria, siue, De horographia gnomonica tum theoretica tum practica libri quatuor
(Maignan 1648).
To put it simply, a catoptric sundial is nothing more
than a sundial seen in a mirror. The mirror used as a
gnomon deflects the sun’s rays and produces an inverted image that shows the southern latitudes upwards. An engraving by Maignan clearly shows how
the celestial sphere which should have its axis facing
north, in this type of projection has instead turned
south [fig. 11]. Another engraving shows how to
draw the catoptric sundial starting from a horizontal
direct sundial which, once drawn, is rotated towards
the south and then casted ‘mirror’ towards the north,
using the gnomon as a projection control center. The
tropic of Capricorn, which in the direct quadrant is
closest to the gnomon’s base, that is ‘below’, is thus
projected upwards on the vault of the loggia, while
the tropic of Cancer is found on the wall close to the
floor [fig. 12].
The plates that illustrate the executive phases of the
two catoptric sundials show various tools conceived
and developed for these specific creations. Having
218
established the position of the mirror-gnomon on a
windowsill, Maignan determined the direction of the
meridian plane and to trace its intersection with the
floor, the wall and the vault of the room [fig. 13]. Having completed this operation, he placed a quadrant
with the trigon of signs in a position that replicates
the inclination of the ‘mirrored’ celestial axis to the
south, with the vertex of the trigon in correspondence
with the mirror. By rotating the dial around the celestial axis and, projecting the parallels of the months
by means of a thread, the mathematician obtained the
entire projection of the celestial sphere inside the gallery3 [fig. 14].
We also owe to Maignan’s work the more detailed and
complete discussion of the third optical category of
sundials, that is the one of refractive dials which involved a further degree of difficulty. While the laws
of reflection follow a constant and easily measurable principle - incident rays and reflected rays form
equal angles on the surface of the mirror - refraction
impose to the refracted ray to assume ever different
angles from the corrispondent incident one. Those angles are also different with respect to the transparent
medium that they have to pass through: the refraction
in water is, indeed, different from that produced in
glass.
The problem begins to be studied in the mid-sixteenth century. The first refraction sundials into
masterfully worked brass cups are attributed to the
German instrument maker Georg Hartmann, while
some Italian mathematicians are responsible for the
attempts to define the refractive index and elaborate
tables of correspondences for each degree of incidence
of the visual or luminous ray. Starting from the data
provided in the medieval optical treatises of Alhazen
and Vitellione, Federico Commandino, Ettore Ausonio, Guidobaldo del Monte and Giovanni Battista
Benedetti dealt with them, but none obtained results
worthy of being published4. Then it was the turn of
Thomas Hariot, at the beginning of the seventeenth
century, of Willebrod Snell in 1621, of Schönberger in 1622, and finally of René Descartes who in the
Diotrique of 1637 laid the scientific and philosophical
foundations of this branch of optics (Shirley 1951 ;
Sabra 1981; Descartes 1637).
These are sundials usually engraved inside a hemispherical cup, taking into account the refraction that
the sun’s rays would have undergone once the container was filled with water. The refraction of the sun’s
and visual rays obliged the maker to accurately calculate the ‘flattening’ of the drawing to ensure that
the gnomon’s shadow fell in the correct point, but
it is probable that, despite the refraction tables, the
empirical approach was always followed as proof. For
a mathematician like Muzio Oddi who in 1638 published the expanded version of his treatise on sundials
12.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib.
III, Catoptrice
horaria, prop. LXXV:
construction of
the catoptric clock
by means of an
inverted horizontal
clock.
13.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib.
III, Catoptrice
horaria, prop. XXXV:
the meridian line
tracing.
14.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648, Lib.
III, Catoptrice
horaria, prop. XLVI:
construction of the
other meridians
and month curves.
15.
Procedure
described by Muzio
Oddi for drawing
refracting clocks
(Degli horologi
solari, Venezia
1638, pp.99-102).
16.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648,
Lib. IV, Dioptrice
horaria, prop. LXIV:
refraction clock in a
hemispherical tank.
17.
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Roma 1648,
Lib. IV, Dioptrice
horaria, prop.
XLVI: measuring
instrument for
angles of refraction.
Image p. 80:
C. Clavius, Fabrica
et usus instrumenti
ad horologiorum
descriptionem,
Roma 1586, p. 8:
sundial drawing
tool.
→ Architettura, geometria e astronomia
Note
1. The linda is an accessory analogous to the alidade of the
astrolabe and, like that, serves as an index and optical
target. The term is widely used in (Bartoli 1564).
2. See Problem I in (Kircher 1635, p. 100).
3. On the operations of these instruments see (Farroni
2019, pp. 70-79).
4. See (Ibn al-Haitham 1572). The studies by Commandino, Guidobaldo and Benedetti are cited in (Oddi 1638, p.
100; Benedetti 1574, ch. XCII: De horologio ex refractione radiorum).
5. (Oddi 1638, pp.99-102). A specimen of Guidobaldo del
Monte’s refracting clock soon became part of Cosimo I
de’ Medici’s collection and is now in the Museo Galileo in
Florence, Inv. 241. Cf. (Camerota 2003).
6. See Lib. IV, Dioptrice horaria, prop. XLVI, p. 647: Instrumentum refractorium construere in (Maignan 1648).
The role of optics and
perspective for the
study of gnomonics
and astronomy: three
case studies
Cristina Càndito
Key words
(1614), including the refractive dials, the construction
of these instruments was carried out “for mere practice”. To him we owe the news that a refractive dial
in a brass cup, masterfully crafted by the instrument
maker Simone Barocci, was designed by Guidobaldo
del Monte in Urbino in 1572, and it is probable that
the empirical procedure of which he provides a detailed description - he being a disciple of Guidobaldo - is referable precisely to that experience (Oddi
1638, pp. 99-102; Camerota 2003, pp. 25-37)5.
The procedure consisted in preliminary drawing inside a dry cup the hemispherical dial; preliminary that
is nothing more than a half celestial sphere inclined
according to the latitude of the place. Using a lantern,
the maker casts the gnomon’s shadow to any point
of the preliminary dial, then he filled the cup with
water, and traced with a metal stylus the point where
the refracted shadow of the gnomon’s tip appeared [
fig. 15]. The cup was then emptied, and the lantern
moved to locate another point on the preliminary
dial, and proceed as above until the completion of
the drawing. Due to the effect of refraction, the final
dial was lower and compressed than the preliminary
one, as seen in the beautiful Maignan engraving that
shows this type of sundial [fig. 16]. In this case Maignan does not describe an instrument for plotting hour
lines but an instrument he calls a “refractometer” to
compose a table of refractive angles for each degree
of incidence [fig. 17]6. The instrument reproduces the
one described by Ptolemy in the fifth book of Optics
- a description that Maignan derives from the texts
of Alhazen (book VII, prop. 10) and Vitellione (book
X, prop. 5) - and consists of a graduated circle with
alidade and index. The instrument is half immersed
in a container full of water and held firmly in that
position. The observer brings the index to the value of
the desired angle of incidence and looks from its end
until the two sights of the index coincide with that of
the alidade immersed in the water. The uncovered end
of the alidade thus shows the value of the refraction
angle on the degree scale.
The attention paid by Maignan to the ‘mechanic gnomonics’ is declared from the treatise’s front page of the
Perspectiva horaria where the arts of the Quadrivium
assist the meticulous work of the muses who, armed
with instruments and guided by Vitellione’s optical science, show the three types of sundials illustrated in the
work: direct dials (optics), reflection dials (catoptrics)
and refraction dials (dioptrics). The attention paid to
the tools goes far beyond the practical need to trace the
hour lines. These inventions are configured as refined
material expressions of optical geometry, objects of
admiration, technological artifices, ingenious products
deserving of the utmost consideration. Not simple expedients for the empirical solution of the problem but
visible and tangible forms of mathematical thought.
Perspective
Astronomy
Gnomonics
Optics
Stellated Polyhedra
Introduction
This contribution documents the close link between
optics and perspective with gnomonics and astronomy through the illustration of three case studies.
The relationship concerning the disciplines is proven
through the evident sharing of scientific foundations
that has led, in past centuries, several scholars to deal
with these issues as a whole, in a way that no longer
seems to be viable in current times.
What we intend to testify here is that in order to
deepen some objects of study, precisely by virtue of
this ancient link, it is necessary to involve what we
consider today as distinct branches of science. In
fact, an astronomical instrument of the seventeenth
or eighteenth centuries can involve optical-perspective elements just as a perspective fresco can be doc-
219
umented through historical artistic studies, but also
astronomical gnomonic, or again, a sundial can be
reactivated thanks to the collaboration of gnomonic
and architectural knowledge.
The exposition in the text is articulated in the description of three case studies that are presented in
a chronological order coinciding with the succession
with which they were the subject of in-depth study
by the writer, not for autobiographical interest. It is
rather the documentation of the historical contribution of optics and perspective and its reflection in the
current progressive definition of a field of study that
records an interdisciplinary confluence in the interest in complex objects and of extraordinary artistic
and scientific value.
The first case is the catoptric sundial of Palazzo Spada in Rome by Emmanuel Maignan (1644) to whose
study we contributed through the finding of a precedent in the field of optical studies (Mirami 1582)
and with the identification of a geometric relationship with the Colonnade by Francesco Borromini
(1652-1653). The second case has been identified in
the seventeenth-century cycle of frescoes of Palazzo Balbi Senarega in Genoa, in which some painted
geometric polyhedra of the Sala di Leda (1655 ca.)
take on a wider meaning when read in a broad cultural context, through the identification of references to the geometric and astronomical studies of Johannes Kepler. The third case, still belonging to the
Genoese artistic heritage, concerns a rare example
of a gnomonic sundial made by François Rodolphe
Corréard (1771) in the Jesuit College, which finds
its enhancement through the tools of drawing and
representation.
The catoptric sundial of Palazzo Spada: optical
precedents and geometric relationships
The unique combination of the perfection of the
mechanism and the harmony of the painted space
makes the sundial gallery of Palazzo Spada in Rome
one of the most fascinating examples of a cathoptric
or specular sundial able to testify to the collaboration between scientific disciplines and art. A small
circular mirror conducts the reflection of sunlight
inside the space in order to indicate time, calendar
and position data through its path along lines and
signs painted on the inner surface of a vaulted space
overlooking a courtyard of the building.
The Spada sundial was made in 1644 by Emmanuel
Maignan (1601-1676), belonging to the order of
the Minims, and is characterized by the preciousness of its execution with the collaboration of the
painter Giovan Battista Magni (1592-1674) called
the “Modanino” 1.
As part of the studies related to perspective and its
links with the science of mirrors - the catoptrics -
220
a text was found at the National Library of Rome
that constitutes a precedent for these types of instruments: a treatise on catoptrics written by the doctor Raphael Mirami (Compendiosa introduttione alla
prima parte della specularia, 1582) [fig. 1a]2. In the
first part, the author exposes in 25 chapters the laws
that regulate the phenomenon of reflection, while
in the second (Come si possano col mezo de gli specchi
fare horalogi solari in luoghi ombrosi) exposes in three
pages the construction of catoptric sundials. These
are instruments capable of working in areas that do
not receive direct light, which in Mirami’s text are
described synthetically and without illustrations,
trusting in the capable interpretation by gnomonic
experts and referring to a future broader treatment,
unfortunately not received.
Mirami wants to show the practical application of
the theory of mirrors enunciated in the first part and
suggests the positioning of a flat mirror placed in
a horizontal position that, thanks to a window, can
project the reflected ray in the place where the sundial is constituted. The area affected by the path of the
reflection is identified with the help of a traditional
sundial with gnomon and there is also mention of
the possible extension of the method for different
positions and configurations of the instrument.
The text precedes by about fifty years the writing by
the Jesuit Athanasius Kircher (Primitiae gnomonicae,
1635) dedicated to the catoptric sundial he made in
the staircase of the Jesuit College of Avignon. The
Avignon clock is today laboriously interpretable due
to the scarce traces left and is also not congruent with
the instrument placed in a vaulted environment that
is illustrated on the back cover of the same text [fig.
1b]. The best testimony is provided by the specimen
made in 1673 by the Jesuit Jean Bonfa (1638-1724)
inside the climbing tower of the college of Grenoble
(Foyer du lycée Stendhal 1984), which would constitute a sort of replica of the Kircherian specimen.
Emmanuel Maignan himself had made an earlier catoptric sundial (1637) at Trinità dei Monti in
Rome and probably other examples in France3. The
description of the Spada sundial is contained in the
Perspectiva horaria (1648) [fig. 1c] in four parts, the
third of which is dedicated to the cathoptric gnomonics: in the proposition XXXVI a catoptric sundial in the gallery is illustrated and the LVI proposition
refers to the example of Palazzo Spada, illustrated in
the table populated by some characters, including
perhaps Bernardino Spada himself [fig. 3a].
At the base of this rarity are therefore the studies
of gnomonics but also of optics, as evidenced by the
depiction of the antiporta of Maignan’s text [fig. 2]
which reproduces almost faithfully the one positioned at one end of the vault, in which four allegorical figures are represented that build a catoptric
1.
Frontispieces
of: R. Mirami,
Compendiosa
introduction to
the first part of
the specularia,
Ferrara 1582; A.
Kircher, Primitiae
gnomonicae
catoptricae,
Avignon 1635;
E. Maignan,
Perspectiva horaria,
Rome 1648.
2.
Antiporta of
Maignan's
text (1948)
representing the
allegorical figures
of Astronomy,
Cosmography,
Geometry and
Optics.
sundial: Astronomy, Cosmography, Geometry and
Optics (or Perspectiva), the latter with the hand on
the fundamental thirteenth-century treatise of Vitellione4.
The personifications show the collaboration between
areas of knowledge that constitute the foundation
for another masterpiece present in the palace: the
perspective Colonnade created by Francesco Borromini (1652-1653). For this reason, it seemed appropriate to investigate the relationship between the
two works carried out a few years apart at the behest
of the same client, Bernardino Spada [fig. 3b]. Here
we leave out the construction phases and the valuable spaces that go beyond the theme treated, to focus on the Perspective Colonnade, built by the great
architect probably in collaboration with Giuseppe
Maria di Bitonto (n. 1586) who follows the works5.
The Colonnade, as is known, is an example of solid
perspective able to appear a greater depth than the
real one, thanks to the inclination of the flooring and
the sloping of the measurements in depth. The illusion is complemented by elements that lie beyond
the opening opposite its entrance to the courtyard:
four flower beds in perspective and a painting executed by Giovan Battista Magni, also involved in
Maignan’s sundial paintings6.
The perspective point of view of the Colonnade is on
the plane of symmetry, on the extension of which is
also positioned the gnomonic mirror of Maignan’s
sundial. The alignment does not seem to be accidental, as it finds correspondence in some historical testimonies that attest that from his Chamber
of Audiences, located on the first floor of the central arm that separates the courtyard from the secret
garden, Bernardino Spada showed the Colonnade7.
From the same space, in fact, it is also possible to
perceive the façade of the courtyard on which the
sundial overlooks, even if the latter can only be seen
externally. In fact, the perfect alignment between the
gnomonic mirror of the sundial itself (at the level
of the vault on the first floor) with the entrance of
the perspective colonnade (on the ground floor) and
their visibility through the Chamber of Audiences
[figg. 4 and 5]8.
A geometric presence in the private neighborhoods
of a noblewoman
As part of the research on painted architectural perspectives, the mysterious stellated polyhedra painted
in the Sala di Leda of Palazzo Balbi Senarega were
identified, which suggested to carry out some indepth studies in search of their meaning. The frescoes are executed in about 1655 by Valerio Castello
(1624-1659) with the quadraturist Andrea Seghizzi
(1613-1684) in the probable private room of the wife
of the owner Francesco Maria Balbi (1619-1704):
→ Architettura, geometria e astronomia
Barbara Airolo (born in 1624) [fig. 6] (Magnani
2008). The palace had been built starting from 1616
by Bartolomeo Bianco at the behest of Giacomo and
Pantaleo Balbi, representatives of a conspicuous Genoese family of merchants who in the seventeenth
century reached an economic power such as to be
able to build an entire city street and aspire to noble
and political recognition (Lamera Pigafetta 1987).
The oval eye of illusory sky that portrays Leda and
her encounter with Zeus in the appearance of a swan
is framed by a gilded architecture that simulates an
oval dome with six illusory circular holes alternating with as many stellated polyhedra [fig. 7, 1-6].
The decoration is completed by a painted marble
structure consisting of groups of columns resting on
angular walls interspersed with four allegorical representations [fig. 7, A-D]. The analyses carried out
with the instruments of survey and representation9
have made it possible to identify the geometric solids with the small stellated dodecahedron (Càndito, Celoria 2019), which is recognized as one of the
four regular non-convex polyhedra that are added
to the five regular convex or platonic polyhedra: an
authentic geometric rarity. The small stellated dodecahedron consists of a dodecahedron whose edges are
prolonged to form pentagonal pyramids on each face
[fig. 8].
It is interesting to note that, although representations of generic elevated dodecahedra can be found
(with pyramids not derived from the prolongation of
the edges of the base dodecahedron), this constitutes
the first perspective representation of this polyhedron that occurs 36 years after its discovery by Johannes Kepler, in his text Harmonices Mundi (1619)
(Field 1979, Cromwell 1995) [fig. 9].
It seems interesting to ask the question about the
reasons for the placement of this particular subject
right in the private room of the lady of the building.
The main myth refers to Leda, mother of Helen of
Troy and the heroic children of Zeus: Castor and
Pollux. The subject can be understood as a tribute to
the lineage of the Balbi, even if the incongruity of the
myth with the celebratory one of the consort is noted, given the theme of the extramarital relationship
with Zeus. The aforementioned four mythological
paintings complete the picture with representations
of Venus, Diana and Minerva, as allegories of the attributes of beauty, confidentiality and prudence, and
of Mercury, protector of trade, but also an auspicious
figure, as well as a symbol of the union between men
and gods.
There are many symbolic and mythological interpretations that can be formulated in this celebratory
framework about the presence of geometric solids,
however, one can recognize a clear intention in the
representation to refer to the polyhedron recently
3.
The Spada sundial
by Maignan
(Maignan 1648)
and the Spada
Colonnade
by Borromini
(elevation of the
project for the
Perspective Gallery
of Palazzo Spada;
drawing by F.
Righi, Accademia
albertina, Vienna,
Az. Rom. 1156).
4.
The alignment
between the
perspective axis
and the mirror
of Maignan's
sundial. Point of
view V (Camerone
per l’udienze of
Bernardino Spada,
first floor) is aligned
with Borromini's
Colonnade (G,
ground floor) and
the gnomonic
mirror (S, first
floor). Axonometric
image of the
plants and model
(Coordination by
C. Càndito, with
drawings by Andrea
Salmaso and
Andrea Quartara).
5.
Images of the
two works seen
from Bernardino
Spada's private
closet (Photo by the
author).
6.
The Sala di Leda
in Palazzo Balbi
Senarega (Graphic
elaboration by the
author).
7.
The frescoes of the
vault of the Sala di
Leda: the stellated
polyhedra (1-6) and
the mythological
paintings (AD) (Graphic
elaboration by the
author).
221
discovered by Kepler, which can constitute a symbolic reinforcement of the attributes of beauty, by
virtue of its depiction as a five-pointed star with
perfect harmonic proportions [fig. 8 b] (Càndito,
Celoria 2022).
The idea of adopting this subject in the fresco can
perhaps be attributed to Andrea Seghizzi, a quadraturist of vast architectural and geometric culture.
The inspiration can come from the same client, but
also from the one who occupies the decorated environment: Barbara Airolo, who married Francesco
Maria Balbi in 1640 (only 16 years old!) with whom
she had her son Giacomo. As usually happens to the
female protagonists of history, not much information is found about her, apart from a recognition of
her consideration, and perhaps of her competence in
the artistic field, in the will of her father Giovanni
Tomaso Airolo (1644), which indicates her as the
beneficiary of a painting of her choice from his collection (Lercari 2010)10.
The most plausible hypothesis, however, seems to be
that of a suggestion to the client or executors provided by scholars in the geometric and astronomical
field, such as the Jesuits of the College that settled a
few years earlier right in front of the Palace, to want,
as we will see, of the Balbi family itself. Research has
been carried out about the professors of mathematics of the time, including Giacomo Bonvicino, who
taught in Genoa between 1651 and 165611.
Checks have also been carried out on the texts present in the register of the historical library of the college, among which are the inescapable Tabulae Rudolphinae drawn up by Kepler (1627) on the basis of
the observations of Tycho Brahe, but not the text of
1619, in line with the distrust shown by the Catholic Church towards a Protestant author who has not
openly denied the Copernican theories (Aricò 1996).
In 1596, Kepler had written the Mysterium Cosmographicum in which the 5 regular solids were assimilated to the orbits of the five planets in an ingenious but unconvincing construct. In 1604 he had
published Ad Vitellionem Paralipomena, a text of
optics based on the aforementioned text of Vitellione, while in 1609 he had exposed in his Astromonia Nova, among other things, the so-called first
law of Kepler, which identifies the elliptical shape
of the orbits of celestial bodies. According to this
last well-known acquisition of the German astronomer, we can also advance a further integrative interpretation linked to the oval configuration of the
composition of the fresco, which can constitute, in
fact, a reference to the elliptical orbit of the planets
identified by Kepler [fig. 10]. The presence of ellipses and ovals is common in the seventeenth century,
especially in Baroque architecture12,and can also be
explained by the sole need to uniformly cover the
222
rectangular surface of the room. The hypothesis that
the six geometric subjects represent as many celestial
bodies remains fascinating, thus implying an assimilation of the Earth to the other five planets known
at the time and a representation of the Copernican
model effectively hidden until today13.
The gnomonic sundial of the University of Genoa
The relationships between geometry and astronomy
are the basis of a particular presence in the aforementioned Jesuit College of Genoa, now the University Palace. It is a rare specimen of a gnomonic
hole sundial placed on the third floor of the building
that is built starting from 1633 by the joint will of
the Jesuit Order and the Balbi family [fig. 11] (Lamera, Pigafetta 1987; Càndito 2001).
The College counts among the most representative
rooms also the double-height Aula Magna on the
second floor overlooking the street, while the classrooms line up in depth, overlooking the loggias of
the courtyard. Above the classrooms are the homes
of the fathers, distributed by the Corridor of St. Ignatius, which leads to the south to the Domestic
Library, also overlooking Via Balbi and in a symmetrical position with respect to the larger wooden
Library, which preserves the texts of the funds of the
Jesuit college.
A mathematics teacher, the Jesuit François Rodolphe
Corréard (1725-1794), created in 1771 the gnomonic hole sundial (Balestrieri 2000) in the Domestic Library, now called Aula della Meridiana and intended
for teaching and representative activities. Corréard
has been in Genoa since 1766, after completing his
astronomical studies at the Marseille Observatory,
and having written the Mémoires de mathématique et
de physique (Avignon, 1755-1756). The Jesuit astronomer had left France due to the suppression of the
Order in the country (1762), following which he has
been teaching mathematics in the Genoese Jesuit
college and then holding the same role at the University of the Republic, even after the suppression of
the Company in Italy (1773)14.
A gnomonic hole sundial (or darkroom) consists of a
meridian line (horizontal and oriented north-south),
positioned in an internal space, and a narrow hole
that projects the solar image on the same meridian line15. The projection takes place during the year
with inclinations that are placed between the farthest limit of the winter solstice and the nearest one
of the summer solstice [figg. 12 and 13]16.
This realization is part of the history related to the
adoption of the French or astronomical time, which
in Genoa replaces the Italian time in December 31,
1771, for the convenience of the change of date at
midnight. It thus becomes necessary to adjust the
mechanical clocks with the local noon, which can
8.
The small stellated
dodecahedron
of the Sala di
Leda and its ideal
model with the
highlighting of
the continuity
between the edges
of the bases of
the dodecahedron
and those of the
pyramids, to form
the five-pointed
star (Graphic
elaboration by the
author).
9.
J. Kepler,
Harmonices Mundi,
1609: frontispiece
and depiction of
the small stellated
dodecahedron.
10.
Graphic
construction
with highlighting
of the elliptical
arrangement of the
six small stellated
dodecahedra
(Graphic
elaboration by the
author).
11.
The Palace of
the University of
Genoa (former
Jesuit College)
and the sundial
with a gnomonic
forum (Graphic
elaboration by the
author).
be correctly identified, in fact, by a gnomonic hole
sundial.
This instrument in Genoa can also be framed in the
strengthening of the astronomical interest of the
college, also witnessed by the Jesuit Ruggero Boscovich (1711-1787) in 1767, while noting that a real
astronomical observatory seems to have been established only in the nineteenth century17. Recently the
gnomonic sundial has been the subject of studies
by a working group of the University of Genoa to
achieve its reactivation, which will allow to reconcile
the historical scientific interest with the functional
one of the university18.
Conclusions
The presentation of the three case studies is motivated by the need to highlight a common thread that is
constituted by the inescapable interdisciplinarity necessary for the study of the subjects examined. The contribution of the representation is recognizable both on
the scientific level, as a verification tool, and on the
informative one, as an indispensable instrument for
simulation and for support in the illustration of complexity.
In the first case study, that of the Spada catoptric
sundial (1644), in fact, the identification of a text unknown to the history of gnomonics (Mirami 1582)
took place through research related to optics. The recognition of the possible spatial relationships with Borromini’s perspective Colonnade was also carried out
starting from the historiographical testimonies verified through the representation of the spaces involved.
The geometry then stimulated a deeper study of an
apparently negligible subject, a geometric solid, within
the decorative cycle among the most valuable of the
Genoese seventeenth century: the fresco of the Sala di
Leda in Palazzo Balbi Senarega (1655 ca.). Through
the search for the meaning of its presence, compelling
suggestions have been found on the possible links with
the figure of Johannes Kepler through an encrypted
astronomical representation.
The third case study illustrates how the Jesuit College
of Genoa enters the history of gnomonics thanks to
the presence of a rare specimen of a gnomonic hole
sundial made in 1771 by François Rodolphe Corréard,
professor of mathematics of the same college. Further
evidence of the union between the disciplines of geometry and astronomy are clearly identifiable in the
past and still able to provide interdisciplinary interpretations in the contemporary world of specializations.
This type of study, in fact, provides researchers of various disciplines with opportunities for dialogue that
introduce new (or ancient) interpretations for objects
that are difficult to classify according to the current
subdivisions of knowledge19.
→ Architettura, geometria e astronomia
Notes
1. For studies about this rare tool and the palace: Neppi
1975, Tabarrini 2008 and Farroni 2019. See the latter,
and to other chapters in this same volume for new studies and surveys.
2. The interest in this object was born for the writer from
its link with the scientific development of the seventeenth-century perspective, developed in particular by
scholars belonging to two religious orders: the Jesuits
and the Minims. Cfr. Càndito 2001 e Id. 2005.
3. Cfr. Lanciano 2013 and De Rosa 2013. Maignan perhaps
built other catoptric sundials in Aubeterre (Dordogne),
Toulouse and Bordeaux (J. Saguens, Philosophia Maignani
scholastica, Toulouse 1703; cf. Neppi 1975). For a further
link with Borromini, see. Camerota 2000 and Bortot 2016.
4. Vitellione or Witelo (1220 ca.-1300 as.), Perspectiva Libri
X, 1270 ca.; first edition: F. Risner, Opticae Thesaurus, Basel 1572.
5. The works of the palace are documented in the Inventario
dei beni di Bernardino Spada (1631), Minute de’ capitoli
della Vita di Bernardino Spada (written by Virgilio Spada
in 1662) and Descrizione delle Stanze del Palazzo. Cfr.
Neppi 1975. See also the texts of Tabarrini 2008, Sinisgalli 1998 and the bibliography cited in Càndito 2013.
6. Neppi 1975, pp. 177, which reports the data of the payment of 1653.
7. Archivio di Stato di Roma, Fondo Spada Veralli, Descrizione delle stanze del palazzo a Capo di Ferro fatta da
mons.r Virgilio Spada, 1662; cfr. Neppi 1975, p. 290.
8. It also appears that in 1665 the possibility of perceiving
the colonnade right from the Gallery of the sundial was
experimented through the opening of a hole under the
central window of the gallery of Maignan. The hole, later
closed, crossed the outer frieze of the centaurs. For the
works carried out, see. Neppi 1975, p. 181.
9. The photogrammetric survey and the panoramic photography shooting were realised by C. Càndito and I. Celoria (2019).
10. For his works, cf. Pigozzi 2006; L’Occaso 2018.
11. Garibaldi 1992; Cosentino 1987. We consulted his manuscript Brevis introductio in totam mathematicam (1654)
(Ms. VI 6, University Library of Genoa) who does not contain references to starry polyhedra, but not even to polyhedra and therefore seems to be incomplete on this part
of the geometry.
12. It is not possible here to cite even in part the extensive
bibliography on ellipses and ovals, but a reference to the
possible influences by Kepler on the diffusion of these
forms in the seventeenth century is Colonnese 2014.
13. Further studies are underway about the astronomical and
geometric sources of potentially involved in the drafting
of such a complex allegorical program.
14. See Garibaldi 1992.
15. For an analysis of hole sundials pinhole in Italy, cf. Mesturini 2002.
16. The projection of the solar image at the equinoxes takes
place at a distance equal to the geographical latitude
multiplied by the height of the gnomonic hole.
12.
Plan and section
of the Aula della
Meridiana (Graphic
elaboration by the
author).
13.
The Aula della
Meridiana of
the Palace of
the University of
Genoa. (Photo,
drawings and
photogrammetric
model under the
coordination of the
author; survey by C.
Càndito e I. Celoria;
simplified model by
A. Meloni).
Image p. 90:
The frescoes in the
vault of the Hall of
Leda, highlighting
the elliptical
arrangement of
the six small starry
dodecahedra
(Graphic
elaboration by the
author).
223
17. Alizeri, 1875, p. 431.
18. The group is composed of C. Càndito, W. Riva and V. Scelsi. The author is developing a project of accessible path
into the palace (https://www.youtube.com/watch?v=ujpD7j7HHl8).
19. The present studies have been possible thanks to the setting made by other scholars, such as Filippo Camerota,
Agostino De Rosa and Manuela Incerti. We thank Fabrizio
Bònoli for the valuable suggestions. However, the author
assumes all responsibility for the research presented.
Space and Time in
James Turrell’s Roden
Crater Project
Key words
Agostino De Rosa
Geometry
Astronomy
Land art
Digital modeling
Archaeo-astronomy
Introduction
My first “physical” encounter with James Turrell
dates back to September 2004, when I caught up
with him at the opening of one of his shows at the
Almine Rech Gallery in Paris. From 2002, we had
been in frequent contact by phone and e-mail, unwittingly clarifying the conditions of that meeting,
which, for me at least, proved momentous.
When we met in the lobby of the Hôtel du Boucy,
I found him with his partner, Kyung-Lim Lee. A
mild yet decisive man, he was the very incarnation
of the sincere, devout Quaker that you soon learn to
recognize and appreciate. Despite his relative youth,
the beard and gray hair suggested the somatic features of a biblical prophet more than a star of the
international art scene. His affable manner and the
profound attention he paid to the content of the
conversation that ensued, despite the inevitable linguistic traps we both fell into, showed his extraordinary ability to listen, offset only by the profusion
of technical information he dispensed over the next
three hours. That was the first time Jim had had an
opportunity to see with his own eyes the digital work
224
that the unit I run at the IUAV University in Venice
had come up with over the previous two years. This
consisted of drawings, “renderings,” and animations
obtained from a digital clone of the Roden Crater
project, the work to which the Californian artist had
already devoted thirty years of his life, and which we
had endeavored to reconstruct, taking advantage of
the capabilities provided by new tools for eidomatic
representation.
I had heard about this project, which was monumental in its conception and staggering in its substance,
many years earlier - in 1993, to be precise - during a study trip to California. It consisted of creating an ensemble of subterranean rooms connected
by tunnels - also subterranean - inside an extinct
volcanic crater in northeast Arizona [fig. 1]. These
were to be arranged so as to receive the desert light,
day and night, thus presenting it to visitors in ways
the artist had already tried out in vitro in his famous
light installations. Every room would also serve an
astronomical function, special apertures orienting it
toward a specific part of the sky where a particular
solar, lunar, or stellar phenomenon had occurred.
I checked out all of the bibliographical material
available on the subject, of course, discovering among
others the sublime and unrivaled work of Craig Adcock (Adcock 1990), which devoted an entire detailed chapter to the Roden Crater project. My extensive reading convinced me of the profound scientific foundations of this work, whose conception and
realization seemed to postulate an impressive plethora of accomplishments. Architecture, engineering,
astronomy, archeo-astronomy, physics, geology, and
anthropology were among the disciplines that appeared to find a common application perspective in
the visionary work of James Turrell. To a young PhD
student of architecture at the time, it did not sound
altogether accidental, either, that Roden Crater was
beginning to look like the hitherto missing apex of
an ideal “frontier” triangle whose other two vertices were Frank Lloyd Wright’s Taliesin West (near
Scottsdale) and Paolo Soleri’s Arcosanti (seventy
miles north of Phoenix).
All of the pieces - geographical and cultural - of
the mosaic now seemed in place, in confirmation of
the legend of the American West, in which artistic
dreams and utopias could find fruition. I knew the
works of other protagonists of American land art,
but in my eyes none of them could rival the Roden
Crater project in complexity and spiritual caliber
[fig. 2]. The drawings then available, done by Turrell
from 1974 onward or by various architects thanks
to generous support from Count Giuseppe Panza
di Biumo, showed the topographical reliefs of the
crater with the plants of the future chthonic spaces
superimposed on them. The Mongian sections done
1.
View from the
southwest of Roden
Crater. Painted
Desert, Arizona
(Picture by the
author).
2.
View of the Roden
Crater from the
ruins of the Roden
family home.
Painted Desert,
Arizona, 2009
(Picture by the
author).
on the body of the extinct volcano revealed arcane
alignments of tunnels and spaces with specific points
of the firmament. Physical models on the scale of
individual environments revealed configurative
characteristics formally very close to the work of architects of the French Revolution or contemporary
American and Japanese Minimalists. However, really getting one’s mind around the project and its multiple functions, both terrestrial and sidereal, mainly
involved studying the verbal descriptions that Turrell
supplied and accounts given in occasional interviews
and articles and papers by art historians.
As the years passed, I did not lose interest in the
activities of the American artist, and took advantage
of any occasion to renew my acquaintance with his
works, directly or indirectly. But it was known that
the work on the crater was proceeding slowly, both
for funding reasons and because of the technical
problems inherent in digging in blocks of solidified
magna. There was also the question of the precise
astronomical alignments of every individual tectonic
element.
In 2000, personal academic developments saw me
installed at the IUAV University (Istituto Universitario di Architettura di Venezia, as it was then) as a
professor, and in that new role I decided to inaugurate a line of research on the interdisciplinary character of the works of James Turrell. The idea of creating a digital model of the Roden Crater project more
or less dates back to those years, paralleling the rapid
evolution of computerized modeling and simulation.
It would endeavor to prefigure not just the complete
final appearance of the project from an architectonic
and landscape point of view, but also the function of
the naked eye observing specific astronomic events.
The Roden Crater Project
The first outlines were based on documents then
available in publications connected with the Roden
Crater project, which highlighted gaps and omissions
that only cross-referencing with other sources, both
graphic and written, could minimize. In particular,
animations of the effects of solar motion, re-created virtually in some of the underground spaces of
the project, started to show us, albeit filtered by the
digital medium, the experimental nature that characterized the work and was difficult to re-create via
traditional means of representation.
The next step was to convince James Turrell of the
scientific and documentary interest of the work of
the Venetian team so that he would entrust us with
the original documentation of the project, along with
his invaluable explanations. The aims and character
of a work that required a great deal of time to be
completed could be communicated more easily with
modern infographic technology, and our readiness to
→ Architettura, geometria e astronomia
help in that area was total. We therefore decided to
offer it to Jim unequivocally and immediately, and
that was made possible thanks to the good offices of
Count Giuseppe Panza di Biumo, an extraordinary
Italian collector and intellectual who immediately
grasped the nature of our work and acted as an enthusiastic spokesman in our contact with the Californian artist. With the first barriers overcome, the
contacts with James Turrell became more frequent
and fruitful - all the way up to the first personal
encounter, which took place (as mentioned earlier)
in Paris in September 2004.
Since then, I have been able to deepen my acquaintance with the man and the artist in the course of
numerous subsequent meetings in Europe, which
culminated in the first trip to the Roden Crater (in
Arizona) in autumn 2006, which was followed by
many others, alone or with my students. It is almost
impossible to describe in words the beauty of the
work. Though so far only partly finished in a number of spaces (South Lodge [figg. 3-4], South Space,
Sun and Moon Space [figg. 5a-c, fig. 6], Alpha Tunnel
[fig. 7], East Portal [fig. 8, figg. 9a-b], and Eye of the
Crater [fig. 10]), these foreshadow its future development: to observe the profile of the Roden Crater take shape in the absolute, adamantine light of
the Painted Desert, so changeable and inviting that
it already speaks - in an unknown and yet familiar language - to a part of our subconscious. The
natural adaptation of the perceptive system to the
unusual conditions of the site gradually predisposes
us to an encounter with the unexpected, which, once
revealed, is found to be articulated in radiant and
acoustic forms of archetypal resonances. The gradual transitions of the brilliance of the natural light
to the silent underground spaces “intoxicated with
shadow,” to paraphrase Tanizaki Jun’ichiro (Tanizaki
1982), are masterfully modulated by James Turrell
by means of dark openings immersed in the bowels
of a geological formation which continuously displays its own age-old history. The aim of the artist
is to induce a dilation of the sensory organs such
that visitors are able to make themselves as hollow as
possible, receptive to all photonic presence, whether
coming from the Sun or moon or from stars lightyears away and maybe even extinct; but also to every
sound originating from the terrestrial environment
or the immense stellar space enclosing us.
On the first day of the visit, Jim advised us not to
use photographic equipment or telecameras, but
simply to take in the experience of Roden Crater.
We followed his invitation reluctantly, but of course
the artist was right. The visual and aural, and more
generally sensory, stimuli in that place are so intense
that you just have to yield to them, so as to awaken
the more instinctive, animal side of your seeing and
3.
James Turrell,
South Lodge. Roden
Crater, Arizona,
2009 (Picture by
the author).
4.
James Turrell
South Lodge.
Roden Crater,
Arizona, 2009. The
viewpoint facing
the Painted Desert
(Picture by the
author).
5a-c.
The tholos entrance
to the Sun and
Moon space. Roden
Crater, Arizona,
2009.
Image of the
monolith placed
in the center of
the Sun and Moon
space. Roden
Crater, Arizona,
2009. (Picture by:
a) Agostino De
Rosa, b) Antonio
Calandriello, c)
Sissi Rosselli).
6.
The Sun and
Moon space as
a dark room:
the parastatic
projection of
the sky on the
monolith.
Roden Crater,
Arizona, 2009
(Picture by Amos
Zampatti).
7.
The Alpha tunnel.
Roden Crater,
Arizona, 2009
(Picture by Amos
Zampatti).
8.
Alpha Space (East
Portal). Roden
Crater, Arizona,
2009 (Picture by
the author).
225
feeling. You could never record on photographic film
the light that our visual system reassesses and our
anthropology interprets. No audio recording device
is equipped to capture the immersive character of
the sound that travels in a circle around the spaces
and the underground tunnels, seeming to come from
a remote past and making you at one with the primal
tones of creation.
The modern reluctance to believe that it could be
possible to give physical consistence, material reality,
and constructive substance to a dream is swept away
at Roden Crater, making way for an ancient beauty
seemingly unsustainable in our day. The history of
architecture and scholars of all ages speak of visionary projects: the fleeting image, received in a dream
from a sovereign of a now remote past, led inexorably to the construction of a city whose masonry
perimeter mimed and amplified the pale of a sacred
enclosure; and thus, the mystic inspiration that illuminated a prophet was translated into palaces with
plans and dimensions that spoke an initiatory language made of numbers and proportions attuned to
celestial harmonies. Nevertheless, this superior imagination, capable of distancing itself from the dust
of history and aspiring to immortalize itself, seems
for decades not to have registered new initiates capable of sacrificing their entire existence to realize
that fleeting vision, that fateful dream of a universe
so evanescent but perfectly coherent.
The Roden Crater project revives this tradition, with
one non-trivial exception: Turrell does not speak the
language of the initiates and does not permeate his
subterranean spaces with eremitism, but addresses
our more basic (i.e., sensory) communicative system
directly, urging us to undergo an experience that will
stir our senses, taking us to a physiological, almost
biological threshold of attention to the ways we see,
feel, and perceive. Rather than explain the path to
us, he invites us to experience the path; rather than
depict the light, he urges us to immerse ourselves in
the true light, even if this often assumes a consistency we know from the oneiric realm.
Recognition of the long time-scale envisaged to
complete the Roden Crater project led to the idea,
taking shape in 2002 at the IUAV University in Venice and scientifically coordinated by me, to create
an interactive digital model of the entire complex,
thanks to which it would be possible to describe and
document critically - both from a figurative and a
technical point of view - the role that light, shadow, and the reading of celestial phenomena perform
(now and in the future) in the definition of the architectural spaces planned by James Turrell. The results of this research, carried out with close contact
between the Venetian team1 and the Californian artist, constituted the nucleus of a series of exhibitions
226
(at the Gino Valle Hall, IUAV University in Venice,
in October 2007; at the Panza di Biumo Gallery and
Collection, Varese, from June to August 2008; at
the Galleria d’Arte Moderna, Palermo, July 2009; at
Zentrum für Internationale Lichtkunst, Unna 2009;
and at the Solomon R. Guggenheim Museum, New
York 2011), and the associated catalogue2. Along
with digital reconstructions of every individual installation, the exhibitions and catalogue principally
feature the unique combinatorial methods of all the
sciences involved in the works of Turrell, defining
the roles that the project and its geometrical depiction play inside environments located at the frontier
of architecture as such, landscape and environmental planning, and archaeo-astronomy. The sound
environments of the exhibitions were organized
by a team of musicians from the worlds of improvised jazz and contemporary electro-acoustic music
(Eivind Aarset, Maria Pia De Vito, Maurizio Giri,
Anja Lechner, Michele Rabbia and Huw Warren),
who wrote and improvised the soundtrack of a digital video produced by Imago rerum IUAV, evocative
of future terrestrial and celestial scenarios visible at
the site.
As may easily be inferred, the artistic input of James
Turrell in the Roden Crater project involves multiple
disciplines and interests, but each of them revolves
around a static, constant, and omnipresent core
(i.e., perception, principally visual) in his manner of
structuring and de-structuring via the controlled use
of light, both artificial and natural [figg. 11a-b]. As
Theodore Wolff has commented, the work of James
Turrell allows various levels of interpretation, namely “as aesthetically motivated; as a carefully calculated demonstration of certain laws as they apply to
human perception and cognition; as a demystifying
process leading to clearer understanding of man’s
working relationship with his environment; as an investigatior of subtly transcendental or metaphysical
states of mind” (Wolf 1985, p. 22).
Despite Turrell apparently not attributing any mystic religious significance to his artistic creations,
the archetype of light is powerfully active in them,
ascribable to his Quaker roots and to the practical
correlates of silence and the reception of light radiation. Right from the first, his spaces make use
of a “limited” vocabulary of elements that are combined in accordance with the requirements of place
or function, observing rigorous moderation in the
formal solutions and choice of materials [figg. 1214]. The formal grammar of James Turrell is more or
less based on a limited series of signs whose flexibility and beauty, in isolation or combination, make a
series of “absolute concepts” from them akin to the
linguistic usage of major contemporary Japanese
architect Tadao Ando - with whom the artist has
9a-b.
View of the roof of
the Alpha Space
(East Portal). Roden
Crater, Arizona,
2009.
Night view of the
basin. In evidence,
the coverage of the
East portal. Roden
Crater, Arizona,
2009 (Picture by:
Alberto Falasco).
10.
The underground
access to the Eye of
the Crater. Roden
Crater, Arizona
2006 (Picture by
the author).
11a-b.
Views of the
skyspace inside the
Eye of the Crater.
Roden Crater,
Arizona, 2009.
Sequence of views,
at sunset, of the
skyspace inside the
Eye of the Crater.
Roden Crater,
Arizona, 2009
(Picture by: Alberto
Falasco).
12.
The access ramp to
the crater. Roden
Crater, Arizona,
2009 (Picture by
the author).
13.
View of the roofs
of the Alpha Space
(East Portal) and
the Eye of the
Crater. Roden
Crater, Arizona,
2009 (Picture by
the author).
14.
View of one of
the four beds,
cardinally oriented,
of the Eye of the
Crater. Roden
Crater, Arizona,
2009 (Picture by
the author).
Image p. 114:
The Alpha tunnel.
Roden Crater,
Arizona, 2009
(Photo by the
author).
frequently collaborated, as it happens. Two elements
bring together the way Ando and Turrell use light
in their work: first and foremost, the idea that light
can be synaesthetically transformed into matter
that can almost be touched, smelled, or heard. Says
Ando: “Light gives objects as such an existence, and
connects space to form. Isolated in an architectural
space, a ray of light lingers on the surfaces of objects and evokes shadows in the background. When
the intensity of the light varies according to changes
of time of day or season, the appearance of objects
also changes. But light does not become an object
or acquire form until material objects have accepted
and isolated it” (Ando 1984, p. 84). For Turrell: “In
working with light, what is really important . . . is to
create an experience of wordless thought, to make
the quality and sensation of light itself something
really quite tactile. Often people reach out and try to
touch it.” (Adcock 1990, p. 2).
The second aspect linking the two men is their interest in dissolving spatial frontiers. James Turrell, for
example, has experimented with the possibility of
filling an environment either with a haze of colored
light so as to make the boundary of an environment
difficult to make out, or with a shadow so that the
energy outlines of the work are indistinguishable
“from the idioretinal light generated in the retina by
a random nerve firing” (Adcock 1990, p. 2). Tadao
Ando, meanwhile, takes advantage of shadow to
define unknown lands inside his buildings, in which
physical boundaries, purely academic, are undermined by the mobility of slashes of light that reveal
the more inaccessible and ritual nature of a space.
Conclusions
As a tool for pushing back the frontiers of perception
and instilling knowledge of the phenomenal world,
light is for James Turrell not a vehicle for information, but is in and of itself information: “My works
are not a looking at, but a looking into; not the displacement of a space with mass, but the working of
space; not objects in a room, but the room. The format
is not things within space, but space itself ” (Adcock
1990, p. 36). With his light installations, Turrell creates volumes of light and shadow that are perceived
as fluid substances, and the observer is disoriented by
the awareness of their immateriality and the illusion
that these nonetheless constitute perceptible entities,
sometimes more so than real objects. “More than being about perception (something that could be said for
minimal art or, for that matter, all art), Turrell’s light
images of are composed of perception. His ‘objects’ are
light and space, and they are so fundamentally integrated with perception that it becomes meaningless
to separate the works from pysiological and psychological processes they disclose.” (Adcock 1990, p. 38).
→ Architettura, geometria e astronomia
The question thus arises, whether the use of traditional methods of geometric representation and the
theory of shadows is legitimate in the case of similar works (even via the more sophisticated software
of digital renderings) to reconstruct the prismatic
boundaries of their appearance.
The reply ought to be in the negative. The works of
James Turrell indicate the inadequacy of the idea of
a rectilinear propagation of light - and thus also of
shadow - and hint instead at the Quantum model
prevalent today, though it has yet to find a coherent
translation into infographical terms. But above all,
these works spur us to observe shadowy phenomena
altogether analogous to light, thus prompting to us
to redefine in some way the laws of sight, and of sensory perception itself. Perhaps our inward eye, capable of reading the age-old stratifications - physical
and metaphysical - of a naturally iconographic sign
like shadow, has been dazzled by the Manichaean
concept of a representation which, in illuminating
every nook and cranny of its theoretical edifice, has
responded to purely rational needs and tectonic or
mechanical aims. In doing this, we have probably
lost one of the added values of the graphic depiction, which, by precisely describing shadows, tries in
a rush of hubris to pinpoint on paper or monitor the
eternally changing motion of the Sun.
Notes
1. The working group coordinated by the present writer
is made up of Imago Rerum’s members. The digital
work on the Roden Crater project was carried out at the
IUAV University of Venice’s Department of Architectural Planning (dPA) and Digital Architecture Laboratory
(LAR) between 2002 and 2007.
2. For details see (De Rosa 2007, AA. VV. 2009, Sinnreich
2009).
227
Representation of
Time at Palazzo Spada
between images
and events
Key words
Laura Farroni, Matteo Flavio Mancini
Gnomonics
Integrated survey
3D modelling
Emmanuel Maignan
Spada Palace
Introduction
This essay gathers insights from ongoing research on
the artistic-architectural episodes in Palazzo Spada,
realised during Cardinal Bernardino Spada’s commission and held together by a common thread: the
representation of time between images and events.
This topic is still recognisable today - regardless of
when it was conceived, commissioned, and realised
- between different types of images with direct and/
or indirect references to time and events in the palace. Today, scholars can interpret it according to their
sensitivity and culture because it is above individual
human actions, animating the seventeenth-century wunderkammer. From the 16th-century frescoes
dating back to the 1548 and later 17th-century layouts, to the gnomonic sundial, to the accelerated solid perspective gallery by Francesco Borromini and
Giovanni Maria Bitonto, time and its representation present themselves in different forms, revealing
themselves through painting, architecture, sculpture,
in a continuous of cross-references and relations between the real and the virtual. They are the result of
geometric procedures and projections, images, therefore, to be considered as the outcome of applications
of central projections, first and foremost perspective
and gnomonics, which have in the Astrolabe their
maximum abstraction. Visible to the human eye and
usable in their architectural spatiality, they reveal a
single design linked to the measurement of time declined in different narratives. Through the scientific
disciplinary approach of drawing, the authors intend
to grasp the cognitive value of the imaginal, which
can only be identified in the magnificent Palazzo
Spada through the consideration of the temporal
variable.
228
Bernardino Spada, the formation of a patron
The history of Palazzo Spada and the artistic episodes that most characterise it are inextricably
linked to the thirty years Cardinal Bernardino Spada
(1594-1661) spent in Rome, to his passions and to
the contribution of his brother Virgilio (1596-1662).
In those same years, the latter resided in the Oratory
of the Chiesa Nuova and followed the main building sites of Baroque Rome as the secret almoner of
popes Innocent X and Alexander VII (Haskell 2020,
p. 106). Both brothers had received from their father,
Paolo Spada (1541-1631), a passion for architecture
and construction, a trait that would run through the
entire Spada lineage and that would lead the family members not only to interact with the architects
in charge of the works but also to actively participate in the design process, going beyond the role of
commissioners. Bernardino directed his passion for
building towards the role of patron, revealing himself to be as munificent and original as he was fickle
and authoritarian. The uninterrupted succession of
interventions in the Roman palace and the criticism
his brother Virgilio includes in Bernardino’s biography in this regard bear witness to this (Tabarrini
2008, p. 4).
The family’s Romagna origins - Bernardino was
born in Brisighella near Forlì - and his important
position as papal legate in Bologna in the three years
1627-1631 explain the Cardinal’s artistic predilections and specific interests that can be traced both
in his activities as a patron and as a collector. During
his years in Bologna, Bernardino had the opportunity to appreciate the great Emilian figure painters,
such as Guido Reni and Giovan Francesco Barbieri
(il Guercino) - which both portrayed him in two
pieces that are still in the Spada Gallery collection
today - as well as virtuoso quadraturists such as
Girolamo Curti (il Dentone), Angelo Colonna and
Agostino Mitelli. The latter two would be called
upon in 1635 to paint the quadratures for the Great
Hall (today the Hall of Pompeo and/or Aula delle
udienze) (Cannatà 1992, pp. 39-42).
The three-year period in Bologna was an important
test of Bernardino’s skills because a plague epidemic
characterised it. The Cardinal’s education, his interest in architecture, his ability to read the city and
how its citizens used it, led him to take numerous
actions, including constructing a new lazaretto outside the walls. But the choices made by Bernardino,
that we know thanks to the Raccolta di tutti li bandi,
ordini e provvisoni Fatte per la città di Bologna in tempo di Contagio Imminente, e Presente, Li anni 1628.
1629. 1630. & 1631. Dedicated to the Emin.mo e Revr.
mo Sig.Cardinal Spada Nel suddetto Tempo. Meritissimo legato di Bologna. In Bologna per Girolamo Donini
Stampatore Camerale MDCXXXL, do not only con-
cern spaces but also the methods and times of use by
citizens, and therefore required, for their adoption, a
sensitivity to the measurement and control of both
spaces in terms of prediction and, therefore, time
[fig. 1].
The Spada brothers also shared important scientific
interests, particularly those related to optics and astronomy, which were inextricably intertwined with
the theme of central projections, perspective and its
various applications. Both held in their collections
geographical and astronomical measuring instruments, preserved in the Spada Gallery collection,
those of Bernardino, and in the Vallicelliana Library,
those of Virgilio. It is precisely around these themes
that we will see the significant interventions carried
out in the palazzo in Piazza Capodiferro.
Images and events at Palazzo Spada
Bernardino’s focus on building transformations and
enhancement through art and science is well illustrated by the chronology of his interventions on the
palazzo (Farroni 2019). In the thirty years he spent
in Piazza Capodiferro, numerous transformations
were carried out, imposing a new layout and modifying what already existed, often even reworking what
had just been modified (Neppi 1975, Tabarrini 2008,
Urcioli 2017, Farroni 2019).
The numerous decorative interventions promoted by
Bernardino Spada were grafted onto the pre-existing 16th-century cycle, which was not alien to the
theme of time, as shown by the painting La Verità
svelata dal Tempo in the Galleria degli Stucchi that
belongs to the pictorial cycle attributed to Giulio
Mazzoni and French craftsmen (Cannatà 1992, pp.
39-42, Urcioli 2017, p. 65). The Cardinal’s scientific
interests in astronomy and love for art drove him towards works where experimentation with the interplay between different disciplines was necessary. He
also accumulated instruments such as the two globes,
celestial and terrestrial, by Willelm Van Blaeu (c.
1630), or recalled these themes, for example in the
frescoes by Angelo Colonna and Agostino Mitelli
in the Pompeo Room (1635) where a character is
depicted while intent on using a telescope. However, the pinnacle of theoretical-practical speculation,
in which the representation of time is both image
and event, is to be found in the vault of the gallery
on the piano nobile, where the Cardinal ordered the
realisation of the catoptric astrolabe designed by
Emmanuel Maignan (1644) and painted by Giovan
Battista Magni. The artwork’s protagonists are the
Sun, light rays, mirror, celestial sphere and temporal
dimension. At the same time, the Sun finds a further
place in other rooms of the Casa dell’Arco, acquired
by the Cardinal, in the rooms known as the Sun and
the Zodiac (1653) [fig. 2].
→ Architettura, geometria e astronomia
Among these interventions, the catoptric astrolabe is
the most emblematic because it explicitly links astronomical and projective skills to represent the measurement of time and the motion of the stars. Thus,
it materialises the celestial sphere on the vault of the
gallery on the piano nobile, implementing a process
of investigation of Nature performed through the
union of the mathematical sciences in connection
with existing architecture, the barrel vault and the
vertical opaque and windowed walls.
Maignan’s astrolabe constitutes the ordering principle of the seventeenth-century spatial system desired
by the Cardinal for his property (Farroni 2019, pp.
28-30). This new system is grafted onto the pre-existing structure, which is expanded and governed by
considering the exposure to the Sun and resting on
the north-south orientation of two new mutually orthogonal axes. The spatial development of numerous
artistic episodes is hooked onto this new layout. In
short, the mirror’s centre coincides with the centre
of the façade on the courtyard, where, in turn, the
axis of Borromini’s solid perspective is set between
1652 and 1653. The mirror’s centre becomes the
fulcrum of a dynamic system, that of the solid perspective whose axis is rotated 131° to the North. The
positions of the staircase bodies are not unrelated to
this layout either, especially the one replacing the
16th-century U-shaped body towards the great garden. Thanks to the survey campaigns carried out by
the authors between 2018 and 2021, it can be stated
that the astrolabe-court system established in 1644
allows the solid perspective of 1652-1653 to find its
reason to exist in that context, not remaining an isolated object, but enhancing the project of a wunderkammer on the scale of an urban block [fig. 3].
This statement is reinforced by the comparison between the survey data of the solid gallery with the
project drawings preserved in the Albertina in Vienna. These include sheet Alb. AZ.Roma 335r [fig.
4], where there is also a freehand sketch of a rising Sun within a vaulted architectural system: the
constructed solid gallery is rotated 41° to the east.
Furthermore, the coherence between the project
idea represented in the Albertina drawings and the
realised work emerged. In fact, it develops between
two square ‘limit’ planes (given the actual availability of physical space): a first entrance plane of
14x14 palms and a background plane of 7x7 palms.
Within this interval, approximately 38 palms long
(considering that the 7x7 palms plane is read on the
penultimate row of columns), the foreshortening is
developed, and its control is managed by the interruptions present in the structure (it is composed of
four independent parts). The architectural elements
(columns, entablatures, vault parts) in this interval
have different points of convergence (Farroni, Man-
1.
Frontispiece with
the dedication
to Bernardino
Spada (Raccolta
di tutti li bandi,
ordini, e provisioni
Fatte per la città
di Bologna in
tempo di Contagio
Imminente, e
Presente, Li Anni
1628. 1629. 1630.
& 1631. Bologna:
Girolamo Donini,
1631).
2.
Artistic-scientific
episodes related to
the themes of time
and astronomy:
(a) Truth Revealed
by Time (Galleria
degli Stucchi); (b)
Earth Globe, 1630;
(c) Personage
with telescope,
1635; (d) Catoptic
astrolabe, 1644;
(e) Sun Room
with perspective
painting, 1653
(Pictures by the
authors).
3.
Plan of the ground
floor of Palazzo
Spada with the
main alignments
highlighted
(Drawing by the
authors).
4.
Francesco
Borromini, sketch
Alb. AZ.Roma 335r
(Albertina, Vienna.
Public domain).
5.
Perspective gallery
of Palazzo Spada:
on the left, the
four independent
blocks; on the right,
in blue, the front
plane with the
converging lines
of the elements of
the first column
block; in red, the
rear plane with the
converging lines of
the elements of the
last column block
(Drawings by the
authors).
229
cini, Cecili 2022, pp. 73-87) [fig. 5]. The accelerated
solid perspective is therefore also designed with projective criteria within a given space, with the same
conditions as the astrolabe: constrained dimensions
and orientation, a convergence area of a projective
system, the mirror for the astrolabe and the statue at
the bottom for the solid perspective. The cross-section of the palace passing over the catoptric astrolabe
and the accelerated perspective gallery, thus on the
mirror of the former and the longitudinal axis of the
latter, shows a system not recognisable through fixed
observation points but, rather, to be dynamically
perceived through the fruition of the palace and thus
linked to the passage of time [fig. 6].
The gnomonic catoptric astrolabe project
The catoptric astrolabe holds together the seventeenth-century system of interventions at the scale
of the building but also involves various elements
within it: a ray of light (solar and lunar), a mirror
that reflects it, a curved surface where the quadrant
that receives the reflected image is depicted, an architecture that houses the space where the quadrant
is painted, which in turn derives from the gnomonic
projection of the horizontal catoptric sphere (Maignan 1648, Liber III Prop. XIX). The structure and
formal composition of the dial are thus a function of
the characteristics of the surface that houses it, the
spatial configuration of the architecture, its size, orientation and location. The realisation of the image,
then, is due to the use of scientific instruments for
surveying and the reporting of measurements systematised, in this case, by Maignan himself (Farroni
2019, pp. 39-43).
The astrolabe of Palazzo Spada is accurately described
in Emmanuel Maignan’s treatise Perspectiva horaria
(1648), allowing the authors, who had the survey of
the actual state, to verify the relationship between
the theory expressed in the treatise and the practical
application witnessed by the Roman realisation. The
treatise, it should be recalled, contains: theoretical
assumptions, such as the conception of the horizontal catoptric sphere (Maignan 1648, Liber III Prop.
XIX); conceptual exemplifications (Maignan 1648,
Liber III Prop. XX); and operational exemplifications
(Maignan 1648, Liber III Prop. LXXV) regarding the
realisation of a catoptric sundial [fig. 7].
Following Maignan’s instructions, the positioning of
the mirror and the tracing of the sundial line were
both verified concerning the building (Maignan
1648, Liber II Prop. XII) and within the room that
is to house the catoptric astrolabe (Maignan 1648,
Liber III Prop. XXXVI) [fig. 8].
The meridian line establishes the reference for projecting all the other elements of the solar quadrant.
Therefore, changing the mirror-meridian line sys-
230
tem position would result in a different configuration of the system of lines projected onto the vault,
which, depending on the considered window, would
be unbalanced for the room, eliminating the representation of some hours and the measurement of
time during the day. The position of the mirror on
the central axis of the façade facing south-east allows several conditions to be fulfilled: more hours
of sunlight, greater balance between the parts of the
composition, and thus optimisation of the ambience
housing the astrolabe (Farroni 2019, pp. 33-39).
The representation of time in the Palazzo Spada’s
catoptric astrolabe is rich and articulate: it contains
astronomical information, not just hourly. The network of lines that unfolds is a system of eight diagrams: four of which provide information on the
time in as many conventional time systems (Italic,
Babylonian, Temporal and Civil hours) and four of
which provide astronomical information on the position of the celestial body with respect to the geometric models of the celestial sphere (altitude, azimuth, declination, astrological houses). Each family
of lines has its writing in the quadrant, allowing the
apparent clutter generated by the projection onto the
vaulted surface to be untangled. They make it possible, for instance, to determine the current month
or season by reading the Sun’s celestial coordinates
(Farroni 2019) [fig. 9].
The vault survey
As mentioned above, the vaulted surface that houses
the quadrant of the catoptric astrolabe was the subject of an integrated survey carried out using laser
scanner and photogrammetric techniques. The dual
acquisition enabled us to obtain both accurate metric-morphological information, thanks to the point
cloud from the laser scanner, and detailed chromatic
information, thanks to the textured mesh from photogrammetry. The metric data from the laser scanner point cloud was used to scale and orientate the
photogrammetric model, thus endowing it with the
metric accuracy required for the subsequent analysis
of the quadrant lines with their geometric reference
models.
The room on which the quadrant of the catoptric
astrolabe insists measures approximately 21,30m
in length and 3,40m in width, the vault sets approximately 4,40m from the floor and presents an
ideal sloping keystone line, which ascends towards
the East, on the Galleria degli Stucchi side, where it
reaches a height of 2,50m [fig. 10].
The representation of the vault through two significant arrays of sections - horizontal at a distance
of 10cm and vertical, passing through the gallery
windows - provides immediate visualisation of the
morphology of the masonry support, highlighting
6.
Cross-section of
Palazzo Spada
through the mirror
of the catoptric
astrolabe and the
longitudinal axis
of the Perspective
Gallery. Possible
viewpoints of the
gallery are marked
in red (Drawing by
the authors).
7.
Emmanuel
Maignan,
Perspectiva horaria,
1648: from left to
right, Liber III Prop.
XIX, XX and LXXV.
8.
Three-dimensional
review of the
procedures
described by
Emmanuel
Maignan to draw
the meridian line
of the catoptric
astrolabe (Graphic
elaboration by the
authors).
9.
Giovan Battista
Magni (designed
by Emmanuel
Maignan), Palazzo
Spada's Catoptric
Astrolabe, 1644
(Picture by the
authors).
10.
Integrated survey
of the catoptric
astrolabe: plan
and longitudinal
elevations of
the gallery
vault (Graphic
elaboration by the
authors).
specific characteristics: the brain of the vault rises
about 40cm towards the East, where the Galleria degli Stucchi is; the compartments of the five real windows of the gallery have substantially similar shapes,
except for the window C, which houses the mirror
and was, therefore, the subject of a specific enlargement intervention; the impost line on the left side of
the sections, facing the main staircase, shows a progressive rise that culminates at window C and then
descends again [fig. 11] (Mancini 2019, p. 91).
The small windowsill of the central gallery window,
corresponding to section C, houses the mirror of the
catoptric astrolabe, which is therefore 4,70m above
the floor. According to the geometric model of the
horizontal catoptric sphere illustrated by Emmanuel
Maignan in his treatise (Maignan 1648, Liber III,
Prop. XIIII, XIX), the horizon line of the quadrant
should be at the same height as the mirror but, in the
case of the Palazzo Spada, however, is 10cm lower
(Farroni 2019, pp. 36, 78).
The accuracy verification of selected line systems
The first necessary operation to proceed with the
geometric analysis of some line families belonging
to the quadrant of the catoptric astrolabe consists
of reconstructing its geographical and astronomical
orientation. The axis of the gallery that houses the
astrolabe is oriented according to an azimuth angle
of 43°, while the geometric model of the celestial
sphere must consider the latitude of Rome. Therefore, choosing the mirror’s centre as the origin of the
reference system, the equinoctial plane is inclined by
sented within the limits of the solar quadrant. The
limits of the quadrant are identified on the vault by
two decorative bands converging towards the central
window and the mirror. These bands are identified by
the intersection of the vault with two vertical planes
that, when extended, intersect the celestial sphere
and circumscribe the portion corresponding to the
astrolabe quadrant. The identified portion of the sky
has an amplitude of 136°, between azimuth angles of
26,3° and 162,3° [fig. 13].
Given the gallery’s orientation and the latitude of
Rome, this portion of the sky only includes some
lines that allow the different types of information on
the vault to be read.
Three significant line systems, characterised by different geometric genesis, were identified to assess the
precision with which the Palazzo Spada’s catoptric
astrolabe was realized: the astronomical hours, the
lines of equal azimuth and the lines of equal height,
otherwise known as almucantarat. Each system was
therefore isolated on the gallery vault, redrawn on
the surface of the photogrammetric model and compared with its reconstruction obtained through its
own geometric reference model. For a complete
reading of the comparison between the pattern of
the surveyed and the reconstructed lines, the vault
was then developed on the plane. The deviations between the surveyed and reconstructed lines were described through the mean distance and mean square
deviation values, used respectively to interpret the
mean construction accuracy and the distribution of
the measured errors [tab. 1].
Line system
Average deviation [cm]
Mean square deviation [cm]
Astronomical Time Lines
2,05
2,31
Equal azimuth lines
3,96
8,93
Equal height lines
(mirror height)
6,54
5,21
Equal height lines
(horizon height)
5,15
3,63
42° (as indicated by Maignan) to the Zenith and is
hinged around the cardinal East-West axis. The celestial North Pole is orthogonal to this plane. Two
other planes, parallel to the equinoctial and positioned at an angular distance of ±23.5° from it, identify the solstitial planes and, thus, the spherical band
where the sun’s apparent motion in the sky of Rome
takes place (Pagliano 2020, pp. 23-28) [fig. 12].
Once the orientation of the reference system has
been reconstructed, it is possible to verify which part
of the spherical band of the sky is actually repre-
→ Architettura, geometria e astronomia
The astronomical hours are represented in the previously identified spherical portion by arcs of maximum circles, generated by the intersection of the
spherical portion with a proper bundle of 24 planes
(one for each hour of the day) that progressively
rotate 15° around the axis pointing to the Celestial
North Pole. Their corresponding representation in
the quadrant of the catoptric astrolabe is composed of
curved plane lines generated by the intersection with
a similar bundle of planes subjected to the specular
reflection effect due to the catoptric functioning of
11.
Contour plot and
cross-sections
of the astrolabe
gallery vault
(Drawing by the
authors).
12.
Geographic and
astronomical
orientation of
the catoptric
astrolabe (Graphic
elaboration by the
authors).
13.
Identification
of the boundary
planes of the
catoptric astrolabe
quadrant (Graphic
elaboration by the
authors).
14.
Astronomical
time system: top
left, generation
of the time lines
on the celestial
sphere; top right,
generation of
the time lines
on the quadrant
of the catoptric
astrolabe; bottom,
comparison of the
surveyed (black)
and reconstructed
(yellow) traces with
false-colour map
of the measured
deviations (Graphic
elaboration by the
authors).
231
the sundial. The astronomical hours that fall within
the range of the Palazzo Spada quadrant are between
6 a.m. and 1 p.m. However, due to the conformation
of the palace’s central courtyard, which prevents the
sun’s rays from entering early in the morning, not all
of them are legible. The average deviation between
the surveyed curved lines and those reconstructed
through the geometric model is 2,05cm, with a mean
square deviation of 2,31cm. Their combined reading
indicates a high level of correspondence between the
two systems of lines and a homogeneous distribution
of the deviations and, therefore, a considerable accuracy in tracing the lines on the vault [fig. 14].
The equal azimuth lines are represented in the portion of the celestial sphere by arcs of maximum
circles, generated by the intersection with a proper
bundle of 36 planes that rotate progressively by 10°
around the axis pointing to the Zenith. Their corresponding representation in the quadrant of the
catoptric astrolabe is composed of curved plane lines
generated by a similar bundle of planes subjected to
the effect of reflection that, due to the coincidence
between the direction of the axis of the bundle and
the normal to the reflection plane, coincides with
the first bundle of planes. There are 14 lines of equal
azimuth that fall within the quadrant of the catoptric astrolabe and cover the spherical portion from
azimuth 70° to azimuth 200° relative to North. The
mean deviation between the surveyed and reconstructed curved lines is 3,96cm, with a mean square
deviation of 8,93cm. These indicate a distribution of
deviations characterised by significant fluctuations
that, thanks to the deviations visualisation on the
plane development, we can see concentrated at the
marginal lines of the left half of the vault, the one
towards the Hall of Pompeo [fig. 15].
The equal-height lines or almucantarat were reconstructed twice to verify whether the previously highlighted mismatch between the height of the mirror
and that of the horizon line has any influence on
this particular system of curves. In fact, due to its geometric generation, these lines are more sensitive to
the position of the centre adopted for the reference
system. The equal-height lines are represented on
the celestial sphere by circumferences of variable radius generated by the intersection of the sphere with
a family of 8 coaxial cones, with the axis directed
towards the Zenith, common vertex and inclination
of the generatrix progressively increasing by 10° to
the common axis of revolution. Their corresponding
representation in the quadrant is composed of skew
curved lines generated by the intersection between
the vault and a family of cones analogous to the
previous one but subjected to the specular reflection
transformation by the mirror. As in the previous case,
the two families of cones coincide because of the co-
232
incidence between the direction of the surface axis
and that of the normal to the reflection plane. The
lines of equal height in the quadrant vary between
0° and 80° degrees to the horizon. The comparison
between the surveyed lines and those reconstructed through a family of cones with vertex coinciding with the mirror shows an average distance of
6,54cm with a mean square deviation of 5,21cm and
a peculiar distribution: the best correspondence is in
the window sill, in the immediate proximity of the
mirror, while the curves on the vault, those most essential for reading astronomical information, show a
more significant and almost constant deviation. This
error distribution suggests a systematic error. The
countercheck was performed by reconstructing the
lines of equal height considering the elevation of the
horizon line, which is 10cm lower than the mirror
height: the reconstruction shows a lower error than
the previous one, equal to 5,15cm, with a significantly lower mean square deviation of 3,63cm. The
distribution of the error is also significantly different
from the previous one: it is reversed, as the most significant errors are now detected in the window sill,
while the correspondence of the lines in the valuable part of the quadrant, the one that belongs to the
vaulted surface of the gallery, improves considerably
[fig. 16].
Conclusions
The above suggest some concluding reflections on
the themes. There is a tangible, sometimes invisible,
connection between architecture and astronomy that
regulates the spaces of the palace and its use through
geometry. This can be read in the plan correspondences, which hold together the new 17th-century
interventions by linking them also to the staircase
bodies, an unprecedented connection that will require further and specific verification.
About the Astrolabe, the height of the mirror and the
horizon represented on the vault are different; therefore, the two elements do not seem to belong to the
same plane as they should according to the geometric
reference model set out in Maignan’s Perspectiva horaria. This characteristic could refer to an integrated
method of constructing the quadrant, based both on
the use of the instruments described by Maignan and
on the support of a traditional sciateric quadrant. The
latter could have considered the height of an auxiliary gnomon with its vertex coinciding with the mirror
and its foot at the height of the horizon represented
10cm lower (Maignan 1648, Liber III Prop. LXXV).
This peculiar aspect of the Palazzo Spada astrolabe
will require further comparisons with the treatise
Perspectiva horaria and specific digital simulations of
the geometric reference models and the possible onsite strategies adopted for its realisation.
15.
Equal azimuth line
system: top left,
generation of lines
on the celestial
sphere; top right,
generation of lines
on the quadrant
of the catoptric
astrolabe; bottom,
comparison of
surveyed (black)
and reconstructed
(lavender) traces
with false-colour
map of measured
deviations (Graphic
elaboration by the
authors).
16.
Equal-height line
system: top left,
generation of lines
on the celestial
sphere; top right,
generation of lines
on the quadrant
of the catoptric
astrolabe; centre,
comparison of
surveyed (black)
and reconstructed
(cyan) traces
from the mirror
elevation, with
false-colour map
of measured
deviations; bottom,
comparison of
surveyed (black)
and reconstructed
(cyan) traces
from the horizon
line elevation,
with false-colour
map of measured
deviations (Graphic
elaboration by the
authors).
Image p. 126:
Giovan Battista
Magni (designed
by Emmanuel
Maignan), detail
of the Astrolabe
catoptric in Palazzo
Spada, 1644
(Photograph by the
authors).
The analyses performed on the preliminary systems
of lines presented here show a high degree of correspondence between the surveyed lines and the geometric reference models, against which they present average deviations between 2,05cm and 5,15cm,
with relatively small mean square deviations, especially regarding the systems of astronomical hours
and equal-height lines.
It is also intended to proceed with verifying the attributions of certain survey and design drawings of
the palace to certain extensors, following the results
on the geometric-astronomical relations between
the architectural elements and figurative apparatuses created during the period of the Spada Veralli
property. The experimentation through virtual simulations that explicitly reveal these relations is also
in planning.
As part of the study of the relationship between theory and practice in the work of Emmanuel Maignan,
it is deemed necessary to compare the quadrant tracings and their respective geometric reference models
to gain a complete overview of the accuracy of the
work. Based on this information, it is also intended
to simulate with digital and analogue prototypes the
functioning of the tools illustrated by Maignan for
line drawing on the construction site.
A final aspect to be investigated concerns the actual
daily period of operation of the sundial, in relation to
the physical limits imposed on the light entrance by
the courtyard’s architectural structure, and the verification of possible astronomical alignments between
the most significant episodes of Palazzo Spada.
Geometries of light for
sundials’ restoration
Key words
Alessandra Pagliano
Projective geometry
Solar clocks
Sundials
Gnomon
Celestial sphere
Gnomonics and sundials between neglect and
disuse: a fragile cultural heritage to be preserved
The time measurement in antiquity and until the
19th century was based on the observation of astro-
→ Architettura, geometria e astronomia
nomical phenomena cyclicality: ancient communities for centuries tied daily routines and their own
annual recurrences on the periodical occurrence of
monitored phenomena in the sky. In fact, gnomonics is a very ancient science and has its origins in the
earliest experiments in measuring time by evaluating the length of the shadow cast by a stick fixed to
the ground. This simple ante litteram gnomon made
it possible to know an approximate measure of time
and space: in fact, the shortest shadow marked the
direction of the south and thus the time when the
Sun assumed its greatest daily height above the
horizon plane, and the longest ones indicated with
the directions of the east and west, both significant
because they were associated with the rising and
setting of the Sun, respectively. Thanks to gnomonics, ancient people worldwide had a computable
reference of the also intangible and distant astral
motions as the gnomon’s shadow brings back to the
ground what, in the absence of modern technological instruments, would instead have been impossible to measure in astronomical terms. The first
measurement of the Earth’s meridian by Eratosthenes1 is also due to the shadow cast by sunlight,
and some critics report an empirical method used
by Thales, as early as the 7th century B.C., to determine the height of pyramids thanks to the similitude between two triangles that contain the length
of the shadow cast by the monument and the shadow cast, at the same moment (and thus according
to the same inclination of the sun’s rays), by a wellknown-length rod stuck to the ground. Astronomy but also geodesy, architecture, mathematics and
geometry are the disciplinary fields to which gnomonics, as an autonomous science, has traditionally
been joined, sometimes drawing important and basic notions from them, and at other times offering
itself instead as a tool for geometric investigation
and verification. Such refined knowledge produced
several extremely valuable instruments, such as
sundials, portable and fixed sundials, astronomical
tables, sextants, astrolabes and armillary spheres,
whose scientific and technological value is only
equal to their artistic refinement. For thousands of
years, then, sundials have regulated the activities of
all the people around the world, and, in contrast to
what may be commonly thought, the advent of the
first mechanical clocks did not weaken their essential function and spread. Trying to retrace the steps
that led to their gradual abandonment instead, we
mention that since the 1800s there was the emergence of the need to detach time measurements
from the specific geographic location, because railroads finally allowed rapid and more extensive trips
than ever before. In Italy alone there were, until the
mid-1800s, at least six different railway hours (Tu-
233
rin, Verona, Florence, Rome, Naples and Palermo),
from which the need to adopt a single one, referring
to the city of Rome, as already carried out in Great
Britain in 1848 with the adoption of Greenwich
for all British localities. This decision was gradually
applied to the entire peninsula’s civic life as well,
leading to the emergence of the concept of Universal Coordinated Time, imposed by law as convention to be mandatorily adopted in spite of the
millenary gnomonic measurements made by means
of sundials. This transition was linked to the universal adoption of the longitude concept, i.e., the
division of the entire globe into twenty-four sectors
of constant amplitude, roughly equal to 15°, and
the consequent imposition of a single time reference for all the places included in each zone. Geodesy and chronometry then became increasingly
distant from local solar time, with the consequent
abandonment of gnomonic studies and the emergence of the modern concept of time, conventional,
rhythmic, constant, universally recognized. At the
same time, in the field of astronomy, technological
advances made it possible to construct equipment
capable of observing distant celestial bodies without using gnomonics and geometry to “bring to the
ground” what was previously immeasurable in the
sky. Gradually, then, sundials lost their multidisciplinary functions, some fading over time until they
were completely erased. Italy can be considered
as the country of sundials, with about 20,000 dials surveyed2, testifying to the propulsive role that,
since ancient times, our country has played in the
field of astronomy and gnomonics.
In this rich scenario, Campania region can boast
the production of numerous sundials of very high
artistic and scientific value, unfortunately not adequately valued, due to the gradual dissipation of
this millenary culture. Some are in a dilapidated
condition, others lost their dial lines or the gnomon, and still others have undergone inappropriate
restorations that have altered their functionality.
It frequently happens that, many valuable sundials gradually disappear from the walls of buildings
or churches after a slow agony: initially they fade,
eroded by weathering, until they leave only a few
poorly recognizable lines. Then, the absence of scientific expertise in the field of gnomonics frequently inhibits restorers from reconstructing the horary grid layout or relocating the fallen gnomon. A
sundial, before being a wall painting, is a scientific
instrument and it needs to be properly interpreted
even in the simplest re-drawing operations: In fact,
too often it has happened that the original graphic
differences between the painted or engraved lines
that allowed for the correct and easy reading of the
time have been subverted, thus altering the histori-
234
cal evidence and in any case condemning the sundial to oblivion consequent to its poor decipherability.
According to the modern standards of protection,
preservation and enhancement of Cultural Heritage, the neglect to which sundials are destined appears particularly unusual, both in comparison with
other ancient technological devices no longer in
common use (hourglasses, astrolabes and armillary
spheres are preserved, restored and musealized with
great care), and in comparison with architectural
decorations and sculptural elements that are carefully repaired because they are integral and significant parts in defining the appearance of the facades
of monumental buildings. However, in addiction to
the time measurement, which is no longer useful
for daily activities, a sundial can still provide a range
of undoubtedly useful information such as:
1. the real solar local time;
2. the main cardinal directions and
the orientation of the facades
which it belongs to;
3. the apparent motion of the Sun along the Zodiac constellation belt;
4. the date, the declination of the Sun, the zodiac constellation in which the Sun is located, the length of the day;
5. the tangible evidence, direction and speed of
the Sun’s apparent motion.
Due to neglect and the inability of adequate restoration, sundials constitute a cultural heritage that
urgently needs to be saved through protection and
recovery actions, but most importantly, through the
dissemination of the knowledge of this ancient expertise that is in danger of a quick dispersion in the
coming decades.
Geometries of light for sundials’ design
and restoration
Solar quadrants are the graphic representation on
earth of the main circles of the ethereal celestial
sphere3. This representation is made by projecting
lines, i.e., the light rays that align the different positions assumed by the Sun - during its apparent
diurnal and annual motion - with the gnomon’s tip
and its shadow cast along the surface of the quadrant. The constancy of diurnal and annual light
phenomena has allowed astronomers to create a
geometric model for reading, analyzing, and measuring these manifestations, which places the Earth
at the center of a system formed by two concentric
spheres; the celestial one envelops it and has a but
arbitrary radius so determining the regular surface
along which the Sun traces its apparent motion
paths. In fact, each day the Sun traces a circular
path whose length depends on the specific date of
the year. These arcs all have the same orientation,
1.
Geometric model
of the Sun's
apparent path
on the celestial
sphere for a given
latitude (Graphic
elaboration by the
author)
2.
Geometric model
of the light
cones for the
solstices (Graphic
elaboration by the
author).
3.
Celestial sphere
with the hour
circles of the
current time
system (French
hours) showing
the 10 o'clock
plane (Graphic
elaboration by the
author).
4.
Great cloister’s
sundial before
restoration (Photo
by the author).
5.
The celestial
sphere for the
latitude of Naples
with hour circles
according to the
Italic chronometric
system (Graphic
elaboration by the
author).
their inclination on the plane of the horizon depends on the latitude of the place considered [fig.
1]; only one of the diurnal paths along the sphere,
passed through by the Sun, is a maximum circle, divided exactly in two by the celestial equator which
intersects it at the cardinal points of east and west.
This curve corresponds to the two days of the year
when the same number of hours of light (along
the semicircle above the plane of the horizon) and
darkness (along the semicircle below the plane of
the horizon) can be observed, namely, March 21
(spring equinox) and September 23 (autumn equinox). Two other dates are always represented in the
sundials and they are June 21st (summer solstice)
and December 21st (winter solstice), days when
the number of daylight hours (in which the Sun is
above the celestial equator) is minimum and maximum, respectively.
Such diurnal circles have different lengths because,
not passing through the centre of the sphere, the
circles are not maxima. There is also an angular
relationship between the straight lines joining the
centre of the sphere with the points the positions of
the Sun, along the principal meridian North South,
assumed at noon on the above days and depends on
the value of solar declination, which is the same for
all places on earth, and varies from the null value
during the equinoxes to the maximum positive value of 23°27’ during the summer solstice to the minimum negative value of 23°27’ at the winter solstice,
measuring the angle of inclination of the light rays
on the earth’s equator on a given date.
For each date during the course of the year, it is
possible to identify a cone having its vertex in the
tip of the gnomon (or in the centre of the heliotropic hole in the case of darkroom sundials),
which itself coincides with the centre of the celestial sphere. The directrix of each cone of light
is the circular diurnal path of the Sun along the
surface of the celestial sphere [fig. 2]. We can call
them actually “cones of light”, echoing Riccardo
Migliari’s definition4, with respect to the surface
part between the circular directrix on the celestial
sphere and the vertex, to thus differentiate them
from their respective second flaps - extending
from the vertex to the quadrant of the sundial which can instead be defined as “shadow cones”
and whose intersections determine the diurnal
lines to be drawn on the sundial. Regarding the
hour lines, they are determined by intersections of
the dial with the hour planes, bordered by the circumferences traced by the union, on the celestial
sphere, of those points in which the Sun marks
the same hour on different days of the year [fig. 3].
The sundial thus becomes a ‘geometric model of
time’ as a three-dimensional graphic representa-
→ Architettura, geometria e astronomia
tion of an astronomical phenomenon. The problem
of drawing a sundial of any shape thus becomes a
purely geometric question of intersection among
the surface on which the gnomon casts its shadow
and the diurnal light cones and hour planes determined on the celestial sphere for that specific
latitude. In the present-day French-hour chronometric system, a beam of planes is thus determined
having its axis coincident with the line connecting
the centre of the celestial sphere and the polar star,
placed in the celestial north pole.
The restoration of monumental sundials: the cases of the Charterhouse of San Martino (Na) and
the Royal Site of Carditello (Ce)
The possibility of analyzing and describing the
apparent motion of the Sun using a purely geometric spatial model has allowed me, in recent
years, to restore some valuable sundials of the
monumental heritage in Campania, applying the
geometric method just described, which is based
on the alignment of the three basic gnomonic
points: the Sun’s position on the celestial sphere,
the gnomon’s tip and its shadow at the intersection
of the light ray passing through the first two. The
shadows, thus become an unequivocal graphic representation on the solar quadrant of the different
positions mutually assumed by these three significant points, which maintain a constant alignment
along the light ray, in its dual geometric valence of
luminous and projecting line. Graphical processes derived from the aforementioned geometry of
light phenomena applied to gnomonics have been
the common tool for the analysis and restoration
of sundials in widely varying conditions of deterioration, without the need for specialized software
in the field of gnomonic. In this way, I was able to
control the whole process of any deviations, inaccuracies and dissimilarities between the calculated
line grid and the one to be restored.
The vertical sundial of the Great Cloister in the Certosa di San Martino in Naples
Along the main facade of the Great Cloister are
placed two ancient circular clocks. On the right side
there is a mechanical “six-hour” clock, and on the
symmetrical position there is a vertical sundial, also
circular and equal in diameter [fig. 4]. For about a
century, only the original gnomon infixed into the
wall remained of this monumental sundial. This is
a metal rod with a rounded tip, which protrudes 40
cm from the wall in a perpendicular direction and
thus assumes the term “orthostylus.” The restoration of the sundial’s functionality thus consisted in
redrawing the time grid of lines, which was practically illegible as it had partially faded over time,
6.
Gnomonic
declination of the
cloister facade
containing the
sundial (Graphic
elaboration by the
author).
7a-b.
Gabriele Carelli,
The Great Cloister
of the Charterhouse
of San Martino
(1853). Overall
view and detail of
the sundial.
8.
Calculation of
solstitial hyperbolas
by the intersection
of the sundial’s
surface with light
cones (Graphic
elaboration by the
author).
9.
Determining
hour lines as the
intersection of
the hour planes
(in the Italic hour
chronometric
system) with
the sundial’s
surface (Graphic
elaboration by the
author).
10.
Redrawing the
time grid in
relation to the
gnomon (Graphic
elaboration by the
author).
11.
Restored sundial,
2018 (Photo by the
author).
12.
The Royal palace
of Carditello (CE)
(Photo by the
author).
13.
The turret with the
morning sundial,
with its French
hours, observed
from the balcony
of the main floor;
state of the building
before restoration
(Photo by the
author).
235
subsequently covered by several layers of white
paint during the 20th century, to erase the decay.
The hour lines and the declination lines (the daily
ones) were redrawn according to the position of the
tip of the gnomonic rod (coinciding with the vertex
of the cone and centre of the celestial sphere), the
latitude of the place (which determines the inclination of the diurnal circles on the celestial sphere
above the plane of the horizon) and the gnomonic
declination of the wall (coincident with the plane
that operates the section of the cone of shadow).
The sundial’s quadrant at the Certosa, in gnomonic terms, is declining 75° to the east as it offers its
surface to the rays coming from the east because
of the anti-clockwise angle (of 75°) by which it is
rotated with respect to the east-west laying, which
is assumed to be zero declination [fig. 5]. The redesign of the ancient grid of time lines in relation
to the existing gnomon required the proper setup
of a 3D model of the celestial sphere for the latitude of Naples (40°51’ N), with the identification
of the diurnal circles of the days corresponding to
the solstices and equinoxes and with the hour circles related to the Italian-style chronometric system
[fig. 6]. From the historical photos it is noticeable
that as early as 1910 the sundial’s lines were already
illegible: the rapid fading of the painted hour lines,
but especially the abandonment of Italic hours in
favour of French ones, certainly determined the
sundial’s gradual oblivion. A painting by Gabriele
Carelli [figs. 7a-b], titled The Great Cloister of the
Carthusian Monastery of San Martino (1853) depicts
a perspective view in which both clocks appear in
detail, and from this evidence it was possible to
understand that the sundial’s chronometric system
was the Italic one, with its typical upward progression toward the twenty-third hour. However, it is
not possible to say with certainty whether the time
system was the Italic system or the ad usum campanae system, which appeared in Italy a few centuries after the introduction of the Italic hours, when
the bell towers of civic towers began to sound the
Ave Maria half an hour after sunset, at dusk, the
time of the actual end of daylight brightness, which
was closely followed by the population for the recitation of the Angelus. In the Italic hour system, the
counting of daylight time began at sunset, from
which twenty-four hours were numbered until the
next sunset with the main advantage of simplifying the calculation of the remaining daylight hours
by simply subtracting the hour marked on the dial
from the total twenty-four into which the day was
divided. Darkness was, in fact, the most feared danger among ancient peoples: shepherds feared lingering in the pasture and losing their animals in the
darkness, peasants feared returning in the dark from
236
the fields, and merchants preferred to bring goods
back to their extra moenia dwellings in safety from
brigands and marauders otherwise favoured in their
robberies by the dense darkness.
In the specifics of the geometrical operations carried out, the day line measuring the date of December 21st is obtained as a hyperbolic conic section at the intersection between the plane of the
facade along which the quadrant is arranged and
the luminous cone, having a vertex coincident with
the gnomon’s tip and its plane directrix coincident
with the circumference corresponding to the winter
solstice on the celestial sphere [fig. 8]. By a similar geometric process of intersecting the quadrant
with the light cone having a directrix coincident
with the Sun’s diurnal circle on the 21st of June, it
was possible to determine the hyperbolic curve that
the shadow cast by the gnomon’s tip throughout
the day [fig. 9].
In 2018, thanks to the project I provided to the
direction of the Naples Museum Pole, the sundial
was painted back into the circular frame below the
gnomon, and thus the clock is now in working order again [figs. 10, 11]. In analogy to what Carelli
portrayed, the diurnal lines were repainted along
the dial with the color red, calibrating the thickness on the basis of the original traces of color still
present and verifying, for the purpose of optimal
time legibility, that this width was slightly wider
than that of the shadow cast by the gnomon.
The restoration of the sundials at the Royal Site of
Carditello
The Royal Site of Carditello in San Tammaro (CE)
[fig. 12], hunting lodge of King Ferdinand IV of
Bourbon, built by architect Francesco Collecini in
1787, has the interesting peculiarity of the presence
of four majestic vertical sundials designed by astronomer Giuseppe Cassella, who is the astronomer who
previously designed the sundial in the grand hall of
what is now the National Archaeological Museum in
Naples. The sundials are placed in pairs along the two
outermost turrets of the complex; these are majestic
examples of flat sundials within a 5.20x5.20-meter stucco frame. Despite their impressive size absolutely not unremarkable, the sundials are almost
completely absent from the historical descriptions
of the Royal site. Two of them face the major access
roads to the site from the southwest and southeast
and thus were originally visible to those about to
enter the perimeter of the palace, Two others face
instead inward, symmetrically placed with respect to
the circular temple in the center of the oval-shaped
gallop, in favour of the balcony of King Ferdinand
IV’s chamber, from which the king loved to look out
to enjoy the equestrian spectacle [fig. 13].
14.
Status before
restoration (Photo
by the author).
15.
First geometric
verifications based
on the digital
photogrammetric
survey (Graphic
elaboration by the
author).
16.
Finding of some
engraved traces
after cleaning the
plaster (Photo by
the author).
17.
Pictorial restoration
of lines based on
found engravings
(Photo by the
author).
18.
Determining
the position of
the orthostylus
tip (Graphic
elaboration by the
author).
19.
Sundial No. 1 after
restoration; Italic
hour chronometric
system ad usum
campanae; motto:
(the Sun) always
is the same either
rising or setting;
example of reading:
the end of the
shadow cast by
the gnomon (red
dot) falls midway
between hour line
No. 14 and No.
15, so 24-14,5=
9,5 hours are
missing at sunset
(the beginning of
darkness). The date
is indicated by the
hyperbola of the
summer solstice
(June 21st) (Photo
by the author).
Two of the four sundials feature the Italic chronometric system: the two inward-facing clocks, in
favour of the king’s point of view, are strongly declining and therefore mark only a few hours of the
day. In particular, the one observed to the right
from the balcony has a French-hour timekeeping
system that measures time from 6:00 to 10:00 as
it goes into shadow thereafter. On the left we find
an Italic hour clock with seven hour lines from No.
17 to No. 23, with the characteristic rising trend
toward the twenty-third hour, which measured the
arrival of sunset and thus of darkness. During the
first inspections in 2017, the sundials’ lines, carved
into a heavily damaged and even partially collapsed
plaster surface, were barely visible [fig. 14]. Three
of the four sundials were without the gnomon: the
only surviving one, which cast shadows in a French
hour quadrant was orthostylus, that is horizontal
and perpendicular to the façade plane. The problems involved in restoring the four sundials in Carditello were very different from those faced for the
clock in the Charterhouse of San Martino in that
it was first necessary to survey the sundials in order to get the flat layout of the timelines, as well as
to determine the length and precise position of the
gnomon still fixed into the wall. The sundials were
at the first stage surveyed by digital photogrammetry [fig. 15] to obtain a high-definition textured
3d mesh model from which to deduce the location
of visible engravings. Next, scaffolding was then
erected to clean the surfaces from the efflorescence,
an operation that brought to light numerous other
incisions that would haven’t otherwise been visible
[fig. 16], and of which a direct survey was made by
abscissae and ordinates, in order to integrate the 3d
model derived from the photogrammetric survey
carried out earlier. Numerous gaps due to plaster
detachments had led to the loss of some parts of
the lines and therefore it was necessary to redraw
the complete grid integrating the gaps in addition
to interpreting the complete phrases of the mottos,
in Italian in the case of the Italic hour sundials, in
Latin for the two French hour sundials. The Motto
is traditionally an integral part of a sundial; it is its
maker’s message addressed as a warning to anyone
who stops to read the time. The message is sometimes cautionary, mockiery, poetic, religious, often
philosophical; since they are instruments for measuring time, the motto often warns about the caducity of earthly things and about the death. Other
times the motto, according to ancient folk wisdom,
stimulates thoughts on the Sun and on the time.
Few traces in black colour were found along the
hour lines, still visible due to the engraved edges in
the surviving plaster, while the hyperbolic curves of
the solstices appeared extremely fragmentary and
→ Architettura, geometria e astronomia
only slight outlined with faint traces of dark red
colour, without any engravings.
However, the timelines ended exactly along these
hyperbolas and therefore were redrawn as an interpolation of the endpoint of the timelines [fig.17].
Once the project of pictorial restoration of the time
grid was finished, it was necessary, for three of the
four sundials, to find the position and the dimensions of the orthostylus. The operation was carried
by drawing in the 3d model the alignments among
the Sun’s positions on the celestial sphere for the
latitude of San Tammaro and the points on the corresponding engraved lines where the gnomon to be
restored should cast its shadow [fig. 18].
The three-dimensional model equipped with
high-definition textures allowed us to geometrically verify the gnomonic functioning, highlighting
some widespread inaccuracies especially at the solstitial hyperbolas: being, however, a restoration of
the historical traces present on the solar quadrant
and not just a geometric re-drawing as operated, in
the total absence of historical marks in the Charterhouse of San Martino, I decided to maintain,
where visible, the ancient lines without any corrections, simply integrating the missing portions due
to plaster collapses and marking each new integration with the date of the restoration, painted with
small lettering along the new lines, invisible from
the floor level but instead obvious to any future
scholars wishing to examine the sundial in more
detail for cultural and scientific purposes. The position and size of the gnomon were then determined
with reference to the equinoxes’ straight line, accepting some minor approximations in the lateral
parts of the quadrant, where the measurement of
time is sometimes less accurate [figs. 19-22].
Note
1. The first estimate of the terrestrial meridian dates back
to the Hellenistic period, having been made by Eratosthenes in the 3rd century BC. For more details see
(Agnoli 2004).
2. http://sundialatlas.net/atlas.php?cmbm=1
3. The celestial sphere is a geometric model for representing the Sun's apparent motion, still in use today by
the scientific community, especially for gnomonic and
archaeo-astronomical researches, despite the now-established astronomical heliocentric system beliefs.
4. See (Migliari 1984) for more details on the geometric
model describing the apparent motion of the Sun.
20.
Sundial No. 2,
French hour
chronometric
system; motto:
Hora terit horam;
example of reading:
the end of the
shadow cast by the
gnomon (red dot)
touches hour line
n. X, so 10 hours
have passed since
midnight. The date
is indicated by the
equinoctial line,
so it can be March
21st or September
23rd (Photo by the
author).
21.
Sundial No. 3; Italic
hour chronometric
system ad usum
campanae; motto:
Volan i giorni e gli
anni; example of
reading: the end
of the shadow cast
by the gnomon
(red dot) touches
hour line No. 18,
so 24-18= 6 there
are six hours before
sunset . The date
is indicated by the
equinoctial line,
so it can be March
21st or September
23rd (Photo by the
author).
22.
Clock No. 4; French
hours chronometric
system; motto:
(Tempus) nec
cessat nec errat;
reading example:
the end of the
shadow of the
gnomon (red dot)
touches the hour
line XI, i.e. eleven
hours have passed
since midnight. The
date is indicated
by the hyperbola of
the winter solstice
(21 December)
(Photo by the
author)
Image p. 142:
Sundial of the
Certosa di San
Martino, detail
(photo by the
author).
237
Architecture and
astronomy: the role of
drawing
Key words
Manuela Incerti
Drawing
Architecture survey
Cultural astronomy
Digital modeling
Multimedia communication
The evolution of a research field
The reconstruction of the main steps of the development of the theme of heritage and astronomy can
be no easy task, especially due to the high number
of involved associations, events, and scholars, whose
scientific production has exponentially increased
over the last thirty years. However, it is necessary
to attempt a synthetic outline, to evaluate the state
of the art and individuate possible developments. In
the framework of Italian research, the foundational moments are certainly the International Lincean
conferences, promoted by then-President Sabatino
Moscati. As recalled by Francesco Bertola (Bertola
2001, p. 8), that kick-started to this interdisciplinary
activity, participated by the members of both the
Classes of the Academy, Physical Sciences and Moral Sciences. The titles of the meetings - Archeologia e
Astronomia, esperienze e prospettive future (1st conference, 1994), Archeoastronomia, credenze e religioni nel
mondo antico (2nd conference, 1997), and L’uomo antico e il cosmo (3rd conference, 2000)1 - show that the
main impulse derived from a meeting point between
archaeology and astronomy, and from the need for a
preliminary definition of the scopes and methods of
archaeoastronomy, which started spreading in Italy
thanks to some astronomers, such as Giuliano Romano2. The second conference already preluded an
opening of the following Scientific committees to
other historical periods, as it included contributions
concerning the Medieval and modern periods, architecture, and themes that were not exclusively related
to astronomical orientations. In the 2000 roundtable (Aa.Vv. 2001, p. 408), Margherita Hack strongly
stressed the importance of archaeoastronomy in base
education - yet highlighting the possible difficulties in interdisciplinary research - to individually
238
discover and experience ancient people’s knowledge
path: from the pure sensorial datum (the vision of
celestial movement) to theoretical abstraction (interpretation of bodies and motions). She referred to
the development of human thinking (in particular,
geometric thinking), which owes a lot to the observation of astronomical phenomena and their tentative interpretations since the dawn of civilization, as
it is well-known.
Near the end of the 3rd conference, the Società Italiana di Archeoastronomia (SIA) was presented. It was
founded in Milan in December 20003, in order to
start publishing the I Rivista Italiana di Archeoastronomia, directed by the lincean Gustavo Traversari4. Moreover, annual National SIA Conference,
which are still being held, were announced.
The last conference dates back to 2012. It was entitled Lo sguardo sugli astri. Scienza Cultura Arte (The
gaze on the stars. Science, Culture, and Art) (Bertola,
Incerti 2016), and organized by the Interdisciplinary
Lincean Center Beniamino Segre, promoted by the
members of two university departments (Department of Astronomy in Padova and Department of
Architecture in Ferrara), in collaboration with INAF
(Istituto Nazionale di Astrofisica), SIA (Società Italiana di Archeoastronomia) and SAIt (Società Astronomica Italiana). There, Elio Antonello took stock of the
situation since the first lyncean conferences, with an
in-depth reflection on the theme of interdisciplinarity (Bertola, Incerti 2016).
Some relevant contributions to the debate were authored by researchers of INAF (among which the
enlightening figure of Francesco Maria Polcaro, who
has recently disappeared) and of the ancient scientific association Società Astronomica Italiana SAIt
(formerly Società degli Spettroscopisti, 1871), founded in 1920 and renovated in 19935. Under Roberto
Buonanno’s direction, the SAIt curated the edition
of Memorie della Società Astronomica Italiana6 and
Giornale di Astronomia, published first in 1975 as the
“journal of information, culture and didactics of the
Italian Astronomical Society”7. One more key actor
is the Società Italiana degli Storici della Fisica e dell’Astronomia (1999, formerly Società Italiana degli Storici
della Fisica), an association that promotes studies in
History of Physics and Astronomy, pursues the safeguard, valorization, and public fruition of the wide
historical-scientific heritage: scientific tools, historical archives and library collection8. Moreover, this
theme has also sensitized the Consiglio Nazionale
delle Ricerche (National Research Council), the Istituto
di Scienze del Patrimonio Culturale (with Paola Moscati as Research Director), and ENEA, which instituted the FSN-FUSPHY-SAD Department (Physical
Division of Fusion).
Research activities in this field are not only carried
1.
Web portal of the
UNESCO Astronomy
and World Heritage
thematic initiative.
2.
Workflow diagram
(Image by S. Iurilli,
reworked by M.
Incerti).
3.
Mausoleum of
Theodoric, drawing
of the material
characteristics of
the West elevations
and of the section,
from digital
photogrammetry
and laser scanner
survey (G. Lavoratti,
M. Incerti).
4.
Mausoleum
of Theodoric:
survey plan at
+ 1.20 meters
(by G. Lavoratti)
with metric and
geometric analysis
of the figure (M.
Incerti).
out by professional researchers from universities or
research centers, but also by several independent
scholars. Among the excellent works, it is necessary
to mention the activities of the Italian gnomonists,
a very specialized institution, which has published
journals such as Gnomonica Italiana and Orologi Solari. In this volume, they are represented by Mario
Arnaldi9.
On the international field, there are several Scientific Societies that regularly organize conferences and
workshops:
- The European Society for Astronomy in Culture,
SEAC, was founded in 1992 and is directed
by A. César González-García (Spain). It is a
professional association composed by scientists
who work in the field of cultural astronomy or
anthropological astronomy, including the interdisciplinary disciplines of archaeoastronomy
and ethnoastronomy, history of astronomy, mythology, spatial astronomy, and cosmology. They
publish conference proceedings since 199310
and have now reached the 29th edition.
- The wide cycle of international conferences The
Inspiration of Astronomical Phenomena, INSAP,
originated in 1994 from an idea by Ray White
(University of Arizona), Fr. George Coyne
(then-Director of the Vatican Specola), and
Rolf Sinclair (then-member of the US National
Science Foundation), starting from the theme
“If the stars should appear one night in a thousand years”11.
- The International Society for Archaeoastronomy
and Astronomy in Culture, ISAAC, was founded
in 1996 and its current President is Jarita Holbrook (University of Edinburgh). The society
has a transcontinental scope, and since its foundation, its interests involve both archaeoastronomy and ethnoastronomy12.
A fundamental step in the development of this research was 2003, the year in which the UNESCO
World Heritage Center has started the thematic initiative Astronomy and World Heritage coordinated by
Anna Sidorenko-Dulom13. Shortly after, at the inauguration of the International Year of Astronomy
(IYA09, Parigi 2009), one more operational work
on the procedures and the praxis to define this new
typology of preservation. The core of its action is
the need for the elaboration of conjunct research lines
between the diverse fields of historical sciences and physical sciences. One of the main objectives is to gather
as many data as possible, not only to broaden the
horizon of knowledge, but also to improve preservation and promote sites and monuments with astronomical interest. The UNESCO project has been
elaborated in concert with the Member States and
ICOMOS. Currently, also the International Astro-
→ Architettura, geometria e astronomia
nomical Union and its Commission 41 in History of
Astronomy collaborate on it14. The last meeting was
in 2018 in Gran Canaria (Spain); that was the International Expert Meeting on Astronomical Heritage and
Sacred Places and led to the first UNESCO recognition of a site in Astronomy and World Heritage (Risco
Caído and the sacred mountains of Gran Canaria)15,
followed by the area of Chankillo in Peru16.
UNESCO experts have established four categories
for the astronomical heritage, to allow easier orientation among the existing possibilities [fig. 1]:
- Tangible Fixed_ Monument and sites
- Tangible movable_Instruments and artifacts
- Intangible_Knowledge and Ideas
- Natural_Landscapes and skies
It can me meaningful to remember that, during the
years of the development of this research field, UNESCO also promoted the project Transdisciplinarity:
stimulating synergies, integrating knowledge (1998):
an approach that “dissolves the boundaries between
the conventional disciplines and organizes teaching
and learning around the construction of meaning in
the context of real-world problems or themes” (ongoing project)17. The overall picture of the international and national scenario is compounded by the
single research lines in our disciplinary sector ICAR
17 – Drawing (as also proven by the essays in this
volume), promoted through national and international workshops and conferences, coordinated by
some professors of this area18:
- Imago rerum/03, Seminario Internazionale di studi Tra luce e ombra, Venice, 2004 (organized by
Agostino de Rosa);
- Cielo dal mediterraneo all’oriente, VI Forum Internazionale di Studi - Le Vie dei Mercanti, Caserta/
Capri 2008 (organized by Carmine Gambardella);
- Mensurā Caeli. Territorio, Città, Architettura
Strumenti, VIII SIA Conference Ferrara 2008
(organized by Manuela Incerti);
- Disegnare il tempo e l’armonia: il disegno di architettura osservatorio nell’universo, AED International Conference, Florence 2009 (organized
by Emma Mandelli).
- Il dentro e il fuori del cosmo. Punti di vista per
interpretare il mondo, XI SIA Conference Bologna/Marzabotto 2011 (organized by Manuela
Incerti);
- IX NEXUS International Conference - Relationships between Architecture and Mathematics,
Polytechnic School of Milan 2012 (organized
by Michela Rossi, section on archaeoastronomy
curated by Giulio Magli);
- Lo sguardo sugli astri. Scienza Cultura e Arte,
Lincean Academia 2012 (organized by Francesco Bertola and Manuela Incerti).
5.
Mausoleum of
Theodoric: model
and render of the
building (S. Iurilli).
6.
Mausoleum of
Theodoric: some
frames of the video
with the simulation
of the light inside
the upper cell (S.
Iurilli).
7.
Mausoleum
of Theodoric:
rendering of the
building with the
simulation of
the light inside
the upper cell
(model by S. Iurilli,
management of the
model in Stellarium
by G. Zotti, data
interrogation by M.
Incerti).
8.
Mausoleum of Galla
Placidia: plans and
elevations with
integrated survey
(G. Lavoratti, M.
Incerti).
239
The role of drawing: a methodological approach
Workflow phases
The outlined course of events and their protagonists
allow understanding how the UNESCO categorization of this theme in four areas of interest has led
to the expansion of the horizon of this field and the
progressive incorporation of new research areas.
The curiosity on the influence of astronomical phenomena on material and immaterial culture has
progressively led to the articulation of our research
sector into the study of monuments and sites, tools and
artifacts, history of knowledge and ideas, and finally the
reflection on the perceptive aspects produced by the
landscape-sky relationship. “History of representation, (historical and contemporary) geometry, gnomonic, survey, data analysis, modeling, reverse modeling, drawing and digital graphic, communication
and multimedia products, image analysis” are only
some of the keywords employed by the community of drawing. New digital tools for survey and data
management, which have had an exponential development in the last twenty years, have allowed us to
query objects in effective and powerful modalities,
contributing to the development of the theme and
achieving deeply original and interesting results.
However, I think that it is necessary to discuss three
crucial points, so that Drawing will be able to provide an innovative contribution to research on astronomical heritage.
First, it must be acknowledged that actions can be
performed both on the foundations and on the applications of this research field. These latter are realized through methods and processes established by
predecessors. This substantial difference must allow
distinguishing between the opening of a new research line and the replication of routes for the optimization or the systematization of procedures.
Secondly, each of us has experimented the complexity of this type of specialized research: base
knowledge on spherical astronomy is not enough, as
it must be compounded with knowledge on the astronomical, astrological, calendarial, and gnomonic
culture of the historical period (pre-history, ancient
age, Middle Ages, modern age, contemporary age)
of constructions of each artifact with astronomical
value, to contextualize their meaning and highlight
their value. For this reason, since the dawn of the
first scientific societies, the organization of conferences and publications on this theme has always
kept a firm multi-disciplinary structure, as it has
happened in this workshop.
The last item concerns linguistic rigor, which represents an additional, important area for reflection,
and must be managed with great attention, considering the need to keep together different knowledge,
such as, for example, descriptive geometry, gnomonic, and astronomy.
The various field experiences of the last years19, carried out on often unexplored boundaries, have allowed reflecting on these epistemological aspects,
and elaborating a suitable workflow for the specific
goals of knowledge, valorization, and dissemination.
On this regard, Figure 2 reports an outline of the
spatial and temporal relationships between the different phases, and the related connections, which
can be articulated as follows20:
1. Data acquisition. Data collection with an integrated survey campaign (laser scanning, general
photographic campaign, photographic shots for
digital photogrammetry, archaeoastronomical
orientation), and search for historical, bibliographic, and iconographic data.
2. Data processing. Data treatment and extraction,
aimed to 2D output and to their realization,
construction of the orthophoto database and
of the textures for material visualization. Selection and elaboration of textual and iconographic
data for critical analysis.
3. 2D data analysis. Formulation of initial interpretative hypotheses on form, geometry, measurement units and astronomical implications,
when present: initial verification are carried out
based on CAD drawings.
4. Data extraction for model construction. 2D data
are optimized for the realization of the various
3D model.
5. 3D modeling and data optimization. Optimized
models are produced for the various research
purposes: from critical interpretation to dissemination.
6. Data analysis and verification on 3D models.
Geometrical study, reverse modeling, rendering. Some aspects of the verification, such as the
study of the projective reasons of the starry sky
in Galla Placidia, or the existence of luminous
effects with archaeoastronomical values inside
the two buildings, are also supported by the
possibility of modeling and rendering engines
to simulate light paths at the time of their construction.
7. 3D model integration with astronomical software: the case of Stellarium.
8. Editing and multimedia production. Study videos are made available to the public through a
suitable interface, which can provide simplified
fruition of scientific contents.
9. Editing and application development. Development of interactive applications as top communication products, to engage visitors by making
them protagonists of their knowledge experience.
The repercussion of these actions on the four groups of
areas of interest, according to the UNESCO subdivision,
240
9.
Mausoleum of Galla
Placidia: simulation
of the light on
the ancient floor
located at -1.40 m
with respect to the
current position (S.
Giannetti).
10.
Pseudo dome of
Galla Placidia: the
colored curves
above the arches
are those selected
for the geometry
analysis.
11.
Analysis of the
geometry of curves
in Geogebra.
12.
Finaeus Orontius,
1544. Orontii Finaei
Quadratura circuli,
tandem inuenta
& clarissimè
demonstrata.
Lutetiae
Parisiorum:
apud Simonem
Colinaeum, p. 84.
13.
View of the
pseudo dome of
Galla Placidia:
in evidence the
“festonato” pattern
of the space curves
that follow the
arrangement of the
circles of stars in
the mosaic.
14.
Orthogonal views
of the pseudo
dome of Galla
Placidia. Below
the sequence
of cones which,
intersected with the
surface, generate
the space curves
that describe the
pattern of the
circles of stars.
and in particular on the first three (monuments and
sites, tools and artifacts, and history of knowledge
and ideas) can be better described through some
previously completed case studies.
Monuments and sites
The archaeoastronomical analysis of a monument
must necessarily start from architectural survey, carried out according to the shared and consolidated
methods of this scientific sector. The survey of the
elements with an astronomical meaning (windows,
small openings, doors, altars)21 must be carried out
with strong attention. The survey of the orientation,
through classical techniques (that are astronomical)
or GPS, when accurately performed, allows viewing
the difference between the theoretical and the real
measurement, as contemporary tools are far more
sophisticated than those available in ancient construction sites.
Laser scanning and photogrammetric surveys were
performed in both mausoleums in Ravenna, Theodoric (520) and Galla Placidia (432-450). Then, the
processed data allowed extracting useful elements
for orthogonal views (floor plans, elevations, and
sections) [fig. 3-4] and 3D modeling. 2D data analysis allowed identifying hidden geometries, such
as the three circumferences circumscribed to the
decagons of radius 45-35-25 Byzantine feet in the
Mausoleum of Theodoric [fig. 4], significant alignments with morphological elements and light effects
in particular dates of the astronomical year, involving the upper level (Incerti, Lavoratti 2016; Incerti,
Lavoratti, Iurilli 2019).
Great attention must be obviously paid to calendarial aspects in relation to the age of the building
(Iulian, Gregorian, liturgical dates), the time counting system, and the evolution of the building. The
use of 3D models (realized with surface modelers)
allows, first, repeating the same analyses carried out
on 2D models as a verification (paying opportune
attention to the calendarial aspects of the software).
Then, they are also useful for the realization of videos for multimedia products, serving for the dissemination of very complex contents, which can be made
much simpler by using moving images [figg. 5-6].
Importing an optimized and correctly oriented model onto the Stellarium software22 also allows a further
level of verification of astronomical data [fig. 7].
The same workflow has also been implemented for
the Mausoleum of Galla Placidia: survey, data processing, drawings [fig. 8], analysis of the geometries
and orientations that allow formulating hypothesis
of an archeoastronomical reason for the reciprocal
rotation of the two arms of the Latin cross and some
light effects. The construction of 3D model of the
initial layout of the place (the floor was around 140
→ Architettura, geometria e astronomia
cm lower) allows visualizing the light effects [fig. 9]
on the entrance door on the winter solstice (Incerti,
Lavoratti, D’Amico 2020; Incerti, Lavoratti, D’Amico, Giannetti 2018).
Advanced morphological and material 3D surveys
also allowed analyses that were not possible with
traditional methods. The apparently irregular pseudo-dome of Galla Placidia has a parallelogrammatic impost, and cannot be reconducted to revolved
curves, nor to a rib vault or a cloister vault. The section of the survey mesh, characterized by a bundle of
horizontal planes with a span of 10 cm shows a set
of curved lines, all differing from each other, which
appear to be connected by an unusual rule [fig. 10].
A preliminary analysis allowed detecting that it is
composed by portions of hyperboles, that are hardto-trace curves, especially in a building construction
site [fig. 11]. This led to hypothesize the existence of
a construction machine based on the principle of the
perfect compass (though it was codified in the 10th
century, its theoretical foundations had already been
enunciated in Book I of Apollonius’s Conics) and on
the angle measurement proposed by Ptolemy with
a triquetrum, an astronomical tool that makes use
of the table of chords (conceived by Ptolemy as well)
[fig. 12]. This hypothetical reconstruction also seems
compatible with the curves that appear in the section
of the surface of the pseudo-dome of Santa Maria
di Casaranello (Lecce, 5th century) (Incerti 2022a).
Finally, it is useful to mention the geometries and
orientation of urban layouts, whose form can withhold reflection on the dimension of the sky23.
Tools and artifacts
Even artistic aspects, such as the layout of a starry
sky, can be subjected to new interpretations through
the potential of drawing. At Galla Placidia, even
though the stars are apparently arranged in regular
circumferences lying on parallel planes, their alignments follow a “festonato” (space curve) pattern. This
form results from an operation of projection on the
surface of the roof from a central point that is located around the height of the base of the windows. The
geometry underlying these traces is based on a series
of cones with progressively increasing vertex angles,
whose representation is allowed by the practical
knowledge on the triquetrum and table of chords [figg.
12-14]. The same principle underlies the trace of the
starry sky of Casaranello (Lecce, 5th century) [fig.
15-16] and the Chapel of Peace in the early Christian Necropolis of el-Bagawat (Egypt, 5th century)
(Incerti 2022b; Incerti, Giannetti 2020).
Knowledge and ideas
The capacity to decodify a drawing through the skills
of this sector allows providing an original contribu-
15.
Pseudo dome
of Santa Maria
di Casaranello
(LE: views of the
model elaborated
with digital
photogrammetry.
On the left, above,
the cones with a
vertex angle of 80°
which, intersecting
the surface,
generate the space
curves of the
decorative design.
16.
The mosaic
starry sky of the
pseudo-dome
of Santa Maria
di Casaranello
(Le), (photo by G.
Martiriggiano).
17.
The geometric
explanations of the
eclipse, problems
of visibility due to
the sphericity of
the earth in the
Sphaera coelestis
et planetarum
descriptio, Modena,
Biblioteca Estense
Universitaria,
lat. 209 =
Alpha.X.2.14, c.
2v. Courtesy of the
Ministry of Culture
- Estense Galleries,
Estense University
Library.
18.
Example of a
planisphere: Bern,
Burgerbibliothek,
Cod. 88, f.
11v, Aratus Germanicus:
Phaenomena,
(beginning of the
11th century,
https://www.ecodices.ch/en/list/
one/bbb/0088).
Courtesy of
Burgerbibliothek.
19.
Example of two
hemispheres:
Aratea, St. Gallen,
Stiftsbibliothek,
Cod. Sang. 902 p.
76, Latin version
of Arato (first
quarter-first half
9th century).
Courtesy of the
Stiftsbibliothek St.
Gallen.
241
tion by relating finds to the scientific knowledge and
ideas that have produced them. It is the case of the
astronomical tables of De sphaera estense, a manuscript written in the late 15th century, consisting of
loose drawings with synthetic captions but without
bibliographic references. Comparative analysis allowed identifying Tractatus de Sphaera by Johannes
de Sacrobosco24 as a possible source of the astronomical-cosmological tables of this essay [fig. 17],
while the diagrams can be traced back to Computus.
In this case as well, drawing is a powerful tool to investigate celestial representation models. Specifically,
concerning the medieval Zodiac, according to experts its representations belong to three main typologies: the planisphere [fig. 18], the two hemispheres
[fig. 19] and the zodiac circle [fig. 20] that surrounds
the Sun, the Moon, or other figures25. The zodiacal
belt rotates from East to West (clockwise) around
the Earth at a speed of 0.25°/min, hence completing a rotation every twenty-four hours. However, its
planimetric representation can produce more than
two different types of orientation: clockwise, if the
viewpoint is in the center of the sphere, and counterclockwise, if the viewpoint is external to the celestial sphere. Of course, in the Farnese Atlas (National Archaeological Museum of Naples, 2nd century
AD) the Zodiac is represented as seen “from outside”, while in many other cases, especially from the
Middle Ages, the sequence of signs moves clockwise.
The mosaic on the floor of San Miniato al Monte,
a monument with strong archaeoastronomical evidence, also confirmed by spectacular light events, is
the case. The representation on the great rose window follows the direction of a solstice axis26 and the
zodiac circle is part of a wide iconographic, probably
accounting-calendarial tradition [fig. 21], in which
classical culture is transfigured into Christian symbolism (Incerti 2013).
Two more items need to be mentioned: one is on the
theme of elementary geometry in support of iconography, as a tool for the interpretation of the decorative apparatuses of starry skies (detail and structure),
while the other concerns the influence of astronomical phenomena on artworks. A statistical analysis
reports that the arrival of some astonishing astronomical events in some historical periods has indeed
produced an increase in the number of representations of the star within the story of the Magi, and,
in some cases, emphases on visual perceptive data in
representations (Incerti, Polcaro, Bònoli 2011).
heterogeneity. However, the contribution of drawing
can make a difference.
A specific multimedia product [figg. 22-23], based
on a real-time navigable and queryable model that
visitors can use through a touch screen, has been developed for the Schifanoia Museum in Ferrara. The
complexity and information stratification of the pictorial cycle of the Hall of Months (1469-70) (Bertozzi 1999) has always been an obstacle to the narration
of the cultural, geographic, and iconographic route
of its astrological images [fig. 24]. For this reason,
it was decided to develop an easily usable product,
which can be accessed through an on-site device,
available to users27. Thanks to a navigable model
with specifically realized high-detail photographic
textures, users can freely move in the virtual space
and query images. In fact, when approaching one of
the twelve sectors, a luminous frame activates and
signals the existence of explorable contents28.
This example shows that digital humanities can really
improve the accessibility and fruition of heritage in
a sustainable logic, that is to protect it from intensive exploitation (for example, by reducing visitors’
permanence in spaces where human presence produces more decay), making it more understandable
and inclusive at the same time. The goal is to increase
the scope of the possible public, and at the same to
increase transmittable contents, easing their obtainment. In this perspective, digital documentation,
analysis, and communication have a substantial role
in the challenge of sustainability29.
In conclusions, the reflections above, which in many
cases derive from personal experience, propose a
viewpoint on the theme cultural heritage and astronomy, on its state of the art, articulating it according to
the specific discipline of Drawing. This research field
is experiencing wide expansions, but at the same
time is characterized by huge complexity, which
requires both rigor and capability to find synergies
with other skills, which cannot be overlooked for
real knowledge expansion.
Aby Warburg (Hamburg 1866 - there 1929), who
rediscovered and decoded the mysterious figures of
the deans of Schifanoia (Warburg 1999), supports
us in the conclusion of these reflections by witnessing to us how the images - detected or created are and will be, incessantly, icons full of meanings
because they are closely related to the culture and
memory of the society that produces them.
Notes
Conclusions
As shown by some essays in this volume, the intangible astronomical heritage has been represented in
artistic artifacts in several ways. The valorization and
communication of this type of contents can be quite
difficult and complex, due to their abstraction and
242
1. The Proceedings of the three conferences have been
published in (Aa.Vv. 1995, 1998, 2001).
2. Among his most notable works: (Romano 1994, 1995,
1999).
3. Professor Gustavo Traversari and his colleagues Prof.
Edoardo Proverbio and Prof. Giuliano Romano have been
20.
Example of a
zodiacal circle
surrounding the
Sun and Moon
or other figures:
Annales manuscript
- Cod. Hist. fol. 415
fol. 17v (1162),
Württembergische
Landesbibliothek
Stuttgart, Public
Domain Mark 1.0.
21.
Basilica of San
Miniato al Monte,
orientation of
the floor mosaic.
The direction of
the rising of the
Sun in the winter
solstice-sunset
summer solstice
is characterized by
the two limit signs
of the zodiacal
circle: Cancer
(towards the
apse, south-east)
and Capricorn
(towards the
door, northwest).
The yellow arrow
indicates the sign
of Aries and the
reading direction of
the zodiac.
22.
The Hall of
the Months of
Schifanoia, an
interactive, nonimmersive virtual
tour, a multimedia
product in use
in the Schifanoia
Museum. Thanks
to the Schifanoia
Museum for the
kind concession.
23.
The Hall of
the Months of
Schifanoia, Unreal
Engine, Epic
Games Unreal (3D
Models Video and
Interactivity: S.
Iurilli, D. Arnone).
24.
The Hall of
the Months of
Schifanoia, the first
decan of the month
of March (Photo by
A. Cesari, Bologna).
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
16.
17.
the main promotors of this scientific society. President:
Edoardo Proverbio, Full Professor of Astronomy, University of Cagliari. Vice-President: Gustavo Traversari, President of CE.VE.SCO. (Venice), Full Professor of Classical
Archeology, Ca' Foscari University of Venice, Lincean Academic. Members: Elio Antonello, astronomers, Vice Director of the Brera Astronomical Observatory, Milan-Merate; Francesco Bertola, Full Professor of Astrophysics,
University of Padova, Lincean Academic; Pino Calledda,
Researcher at the Cagliari Astronomical Observatory; Vittorio Castellani, Full Professor of Star Physics, University of Pisa, Lincean Academic; Giovanni Lilliu, Hemeritus
Professor of Archaeology, University of Cagliari, Lincean
Academic; Paola Moscati, Researcher at the Institute for
Etruscan-Italic Archaeology of CNR; Giuliano Romano,
Professor of Astronomical History, University of Padova;
Rodolfo Striccoli, Professor of Archaeology, University of
Bari; Pasquale Tucci, Full Professor of History of Physics,
University of Milan; Nedim Vlora, Professor of Geography,
University of Bari.
Published between 2002 and 2006 by Edizioni Quasar.
The new statute has been edited by the Ministero per i
Beni Culturali ed Ambientali, which oversees the society.
Trimestral journal dedicated to the English publication of
conference proceedings and articles on invitation in the
field of astronomy and astrophysics. It is probably the
oldest journal on astrophysics.
The Giornale di Astronomia has been directed by Fabrizio
Bònoli for 25 years.
The Conference Proceedings of the Società Italiana degli
Storici della Fisica e dell’Astronomia have now reached
the 40th issue.
In this context, Alessandro Gunnella must be mentioned
as well. He authored the Italian translation of the work
Perspectiva horaria, sive de horographia gnomonica, published in Rome by Emmanuel Maignan in 1648. The book
was published as an attachment to some issues of the
journal Orologi Solari (https://www.orologisolari.eu/). Maria Luisa Tuscano collaborated on the historical research
on the Cataoptric Astrolabe of Palazzo Spada, published
in the volume by Laura Farroni (Farroni 2019). All the
websites in the notes were consulted on 02/06/2022.
http://www.archeoastronomy.org/content/publications/
https://insap.org/publications/
https://www.archaeoastronomy.org/publications
https://whc.unesco.org/en/activities/19/#meetings
The results of the working group were published in the
handbook (C. L. N. Ruggles, 2015).
See (Belmonte et al. 2018). The author participated in
this and other meetings of the working group and also
collaborated on the Thematic Studies jointly prepared by
ICOMOS and the International Astronomical Union (IAU)
Commission C4 (Incerti 2010).
https://whc.unesco.org/en/list/1624/
The Manifesto of Transdisciplinarity was drafted and published in 1994 by Basarab Nicolescu, Edgar Morin, and
Lima de Freitas (First World Congress of Transdisciplinarity, Convento de Arrábida, Portugal). The Italian version is
(Nicolescu 2014), and a recent collection of publications
on this approach is published in (Ruta 2021).
→ Architettura, geometria e astronomia
18. All of them have published Conference Proceedings with
the same name as the events.
19. I acknowledge the people who have been part of the research group for their precious and original contributions,
in particular Uliva Velo, Stefania Iurilli, Gaia Lavoratti, and
Stefano Giannetti. I also acknowledge Marco Bertozzi and
the astronomers Elio Antonello, Fabrizio Bònoli, and Vito
Francesco Polcaro, for sharing with me the elaboration
of various scientific works. The second part of this paper
reports some published research in order to articulate
their aspects with respect to UNESCO categories. Hence,
self-citations are meant to recall the single research activities, which are also available for further study on this
theme.
20. These phases, which are here incorporated, have also
been presented in (Incerti, D’Amico, Giannetti, Lavoratti,
Velo 2018).
21. The discovery of hierophanic light effects in pre-historic,
ancient, or modern architecture has revealed numerous,
continuously increasing examples. These phenomena
were related to the cultural dimension of places, and the
results of these research activities are annually presented at major national and international conferences.
22. The open-source desktop software Stellarium (https://
stellarium.org) has been enriched over the last years, especially by Georg Zotti, to fulfill accuracy requirements for
the studies of cultural astronomy, such as the accurate
re-creation of skies of past times, but also geo-referenced
3D model views of buildings and archaeological sites under the sky, including the simulation of lights and shadows (Zotti, Hoffmann, Wolf, Chéreau, Chéreau 2020).
23. See, for example: (Bartoli 2010; González-García, Magli
2015; Incerti 1999; Magli 2008, Romano 1995).
24. The three essays Algoritmus, De Sphaera e Computus
(the only ones to be attributed to him with certainty) were
almost surely written as a support to his academic lessons. In particular, De sphaera, written around 1230, was
widely diffuse, as demonstrated by the numerous commentaries drafted since the late 12th century. The first
printing was in 1472, in the same year two editions were
published in Venice and in Ferrara under Duke Ercole I
(Venturi 2010).
25. See (Dekker 2013; Grimaldi 1905; Gundel 1992).
26. The solstice direction is marked by the dawn on the winter solstice and by the sunset on the summer solstice
(this is very accurate in the architectural pattern of the
rose window); the two opposing signs of the Zodiac circle,
Cancer and Capricorn, are positioned toward the apse
and the door, respectively.
27. The touch screen is now located in a room that precedes
the Hall of Months, available to visitors. Research team:
Angelo Andreotti, Marco Bertozzi, Manuela Incerti, Stefania Iurilli, Giovanni Sassu; 3D Models Video and Interactivity: Stefania Iurilli, Dario Arnone; Photographs,
March-September: Antonio Cesari, October-February:
Archivio Musei di Arte Antica di Ferrara, Ghiraldini-Panini;
Narrating voice: Paolo Marchetti; Scientific coordination:
Manuela Incerti.
28. Clicking on the areas activates the available contents
through video stories with musical backgrounds. See
Image p. 156:
The starry mosaic
sky of the pseudodome of the
Mausoleum of Galla
Placidia. We thank
the Archiepiscopal
Curia of Ravenna
and Cervia for their
kind permission
(photo by the
author).
243
(Incerti, Iurilli 2018). There are 60 available videos (5
for each of the 12 painted sectors), with a maximum duration of around 2 minutes. The texts have been mainly
written by Marco Bertozzi, while the images used for the
videos were taken by the photographer Antonio Cesari (Bologna). The possibilities for in-depth information
change according to the state of conservation of the artifacts: frescoes in good state with intense colors (March,
April, May, June, July, August, September) of course
have a more exhaustive description than lost paintings,
for which the artist Maurizio Bonora has realized some
reconstructive hypotheses that have been formulated
(1992).
29. On the theme of sustainability and cultural astronomy,
see (Antonio César González-García, Belmonte 2019;
Urrutia-Aparicio et al. 2022).
244
245
→ Architettura, geometria e astronomia
Collana diretta da Laura Farroni, Manuela Incerti, Alessandra Pagliano
Esiste un patrimonio culturale tangibile e intangibile, rintracciabile in opere di architettura, siti archeologici e manifestazioni artistiche, fortemente connesso all’evoluzione del
pensiero scientifico di carattere astronomico.
La geometria e il disegno, attraverso l’elaborazione del pensiero astratto, hanno contribuito potentemente allo sviluppo delle capacità di misurare il tempo, di comprendere il
movimento dei corpi celesti nello spazio e di
rappresentarli in terra. La collana vuole essere
luogo di riflessione delle varie discipline nello
sviluppo di questi ambiti della conoscenza.
ISBN: 978-88-3359-488-0