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Gli anelli di Saturno

Riporto i primi due interventi e l'indice generale dei miei "Anelli di Saturno", raccolti in volume e in uscita nel 2017.

Alessandro Gaudio Gli anelli di Saturno Agenda di filosofia della letteratura L'esercizio della critica e l'immagine della realtà Prima serie 2013-2014 con le interferenze di Domenico Calcaterra, V.S. Gaudio, Gaudio Malaguzzi, Rosarita Morandini, Maria Panetta, Romolo Rossi. Una difficoltà in filosofia è che manchiamo di una visione d'insieme. Ci imbattiamo nello stesso tipo di difficoltà che avremmo con la geografia di un territorio del quale non possediamo mappe, o solo una mappa di singoli posti. Il territorio del quale stiamo parlando è il linguaggio e la geografia è la grammatica. Possiamo percorrere il territorio senza grosse difficoltà, ma quando ne dobbiamo fare una mappa, ci sbagliamo. Una mappa mostrerà percorsi diversi che attraversano gli stessi luoghi; ne possiamo prendere uno alla volta, ma non due contemporaneamente, proprio come in filosofia dobbiamo occuparci dei problemi uno alla volta, sebbene in effetti ogni problema rimandi a molti altri. Dobbiamo attendere sino a che non siamo tornati al punto di partenza prima di poter discutere il problema che abbiamo affrontato in precedenza o procedere verso un altro. In filosofia le questioni non sono abbastanza semplici da poter dire «ne abbiamo un'idea sommaria», perché non conosciamo il territorio se non attraverso la conoscenza delle connessioni fra i percorsi. Così consiglio la ripetizione come un modo di indagare le connessioni (L. Wittgenstein, [dichiarazione sul proprio metodo filosofico, rilasciata nel 1933], in Wittgenstein. Una biografia per immagini [2012], a cura di M. Nedo, trad. di A. Bernardi e M. Jacobsson, Roma, Carocci, 2013, p. 11). 0. Quasi a nudo [...] Di pagine bianche è impossibile vivere. (T. Landolfi, Il tradimento, Milano, Rizzoli, 1977, p. 128) Gli anelli di Saturno sono messaggi in bottiglia affidati alle correnti e ai marosi del mondo attuale e accompagnati − in origine, nell'area virtuale allestita intorno all'«Eco dei monti» − dalla fiducia che continuo a nutrire, ostinatamente, per quel che faccio, per quel che sono: uno studioso di letteratura. Fiducia, vorrei dire, non sempre colma della speranza di approdare da qualche parte o in qualche tempo. Certamente, i miei testi mirano a un fine, a qualcuno cui ci si possa indirizzare; a qualcuno cui vado incontro − affermerebbe il poeta Paul Celan − con il mio esserci, essendo all'addiaccio, allo scoperto, ferito dalla realtà e, pur tuttavia, in cerca di essa. Sorvolato dalle stelle (Sternüberflogen) − che, spiega ancora Celan in un discorso pronunciato a Brema il 26 gennaio 1958, sono opera mia, che sono il mio tempo e il mio spazio −, continuo indifeso a produrre il mio sforzo intellettuale. Fuori dalle angustie dell'accademia, continuo a rispettare il mio programma teorico, a svolgere la mia attività, a dire quel che so in funzione di una prospettiva, a chiarire − servendomi della mia esperienza e della mia attrezzatura rotta − gli aspetti più articolati e controversi della condizione umana e della civiltà che mi circonda, a parteggiare per ciò che fatica a esprimersi in letteratura, a sottolineare ciò che è rimasto ai margini dell'interesse degli studiosi. Al vuoto di sapere, al fumo senza arrosto, al rumore senza sostanza, all'insulsa standardizzazione o alla melassa estetizzante, io reagisco così, come chiunque può vedere di settimana in settimana, quasi a nudo. Tutto ciò, ovviamente, non basta a salvarmi dagli esiti di questa civiltà, dalle sue regole, dall'ordine e dall'indifferenza che essa presuppone. Né pretendo di riordinarla io, cedendo all'illusione di arrivare alla definizione semplice e definitiva di una realtà a tal punto contraddittoria, così insicura e piena di condizionamenti. Gli anelli di Saturno forniscono almeno una ragionevole consapevolezza del modo in cui l'inquietudine umana si è versata nell'arte per un certo periodo; e, anche se non ne estinguono tutti gli aspetti, possono aiutarmi a sopportare l'angoscioso senso di precarietà, i rozzi e pesanti contrasti che dal romanzo o dalla poesia come dalla vita trapelano. Sono scritti che non possono allontanarmi da questo mondo scombinato, anche perché, si sa, non mi è concesso di guardarlo dal di fuori: è questo il mio unico mondo e io − nelle cose e, allo stesso momento, al di fuori di esse, come suggeriva Adorno nel 1944 − cerco di rapportarmi ad esso attraverso il disagio dello scrittore che si confronta con se stesso e con la realtà e che finisce per educare la percezione del mio quotidiano. Così, ricostruisco il fondamento sempre mutevole della realtà, cogliendolo, di volta in volta, da un punto di vista differente, inconsueto. Finisco per rendermi conto che esso non è il tutto, il compimento di un processo, perché è l'incompiutezza della letteratura e di ciò che c'è al di là di essa che si riversa nel presente e che riesco ad afferrare. Vivo di questo ed è questo che faccio e lo faccio, perché non dirlo?, in condizioni di deprivazione quasi assoluta: il tentativo di reagire a queste limitazioni passa, lo si vede bene, dal diario delle mie letture, dal modo in cui i pensieri che da esse muovono scandiscono il mio cielo, i diversi momenti della mia settimana e le complicazioni, anche materiali, che devo affrontare. In questo stato di coscienza − e non, si badi bene, di derisa incoscienza −, ho l'opportunità (di cui non sottovaluto l'importanza) di fornire il mio contributo per cambiare la disposizione di un qualsiasi preziosissimo lettore nei confronti di quei testi che per anni sono stati relegati (spesso giustamente) nel novero degli studi di settore, specialistici, si dichiara. Ciò è stato fatto usando insensate etichette, definizioni alla moda, chiacchiere da salotto, esercizi scolastici e li si è spacciati per critica, analisi, interpretazione. Ma non è solo questo. Si tratta, come detto, del modo stesso di guardare la realtà: la realtà delle cronache può essere vista e interpretata attraverso le pagine di quello scrittore che tanto mi piace? Posso usare (persino sul web) un precetto che derivo da un'intuizione di Wittgenstein, di Matte Blanco, di Musil, di Bernhard o di Volponi per analizzare un fatto realmente accaduto? Questa mia disposizione di oggi in che modo è scaturita o è stata influenzata dalle opere del passato, dal modo in cui Landolfi, Sciascia o Morselli hanno contrastato quella realtà che tanto somiglia alla mia? Si delinea, così, un percorso arduo e ambizioso (ma coerente, e unico) che non chiede l'approvazione dei vili, degli incompetenti, degli svigoriti e non è detto che, passando da questo, non si potrà un giorno arrivare ad altro, a un sentimento dell'arte più vicino all'arte stessa e, al contempo, più prossimo al meno attrezzato tra i lettori perché da esso finalmente compresa: è fiducia senza speranza, forse, ma è il solo pregio di queste pagine. (26 agosto 2014) 1. Gli anelli di Saturno Per fare dell'interdisciplinarità non basta prendere un "soggetto" (un tema) e intorno a esso chiamare a raccolta due o tre scienze. L'interdisciplinarità consiste nel creare un oggetto nuovo, che non appartenga a nessuno. (R. Barthes, L'ovvio e l'ottuso. Saggi critici III [1982], trad. di C. Benincasa, G. Bottiroli, G.P. Caprettini, D. De Agostini, L. Lonzi, G. Mariotti, Torino, Einaudi, 1985, p. 86) Un dettaglio oscuro, esente da qualsiasi vanità intellettuale, uno scrupolo, etico oltre che estetico, che impedisca di sprofondare nella sabbia del proprio tempo e consenta per un attimo di capire, attraverso la letteratura, la filosofia, la psicoanalisi, l'antropologia, la storia dell'arte e la fotografia, ma anche la fisica e la matematica, l'ordine delle cose e il progetto cui esso si ispira. Come uno specchio rotto che, riflettendo una realtà atroce e irrilevante, fornisca sorprendentemente uno spunto per immaginare e per ridefinire teoricamente (e, spesso, dialetticamente) i rapporti tra le diverse discipline e che, comunque, si guarda bene dal trasfigurare il reale. Un battito di ciglia, quello con il quale si chiude un'epoca, un indizio dello sfacelo, della tacita rovina, un relitto della nostra civiltà offesa. Oppure un piccolo specchio d'acqua, un sogno, un miraggio, una piccola aberrazione decimale che accresca in noi la saggezza o la follia, ma comunque l'espressione di una quotidianità o di una strana mania: «Si tratta − spiegava Adorno nel 1947, concludendo i suoi Minima moralia − di stabilire prospettive in cui il mondo si dissesti, si estranei, riveli le sue fratture e le sue crepe, come apparirà un giorno, deformato e manchevole, nella luce messianica». Tuttavia, pur prediligendo il frammento, non lo si riduce a esercizio di stile, disinteressato o impropriamente assolutizzato e chiuso, a «fortezza costruita con gli stuzzicadenti», diceva Leonardo Sinisgalli, il poeta delle 'due culture' (quella scientifica e quella umanistica, ovviamente). In sostanza, sono stati questi i principi cui ci si è attenuti negli scritti (i miei e le interferenze di altri studiosi) che ho proposto, con alcune piccole varianti rispetto alla versione qui pubblicata, all'interno del mio spazio sull'«Eco dei monti», storica testata fondata a Nicosia, in Sicilia, nel 1905 [alcuni interventi − Un tentativo di restituzione, Per il meglio, La frase infinita e Geometria del tormento − sono usciti anche sul «Cobold», rivista di estetica e spazi creativi, fondata nel 1981, dal 2005 diffusa in versione on line e diretta da Ettore Bonessio di Terzet; quelli dedicati a Landolfi, modificati e riuniti in un unico testo «A mezza strada». Peso e patologia della realtà nell'idea di poesia di Tommaso Landolfi, sono reperibili anche in E. Di Iorio e F. Zangrilli (a cura di), Atti del Convegno internazionale Tre corone postmoderne. Landolfi, Manganelli, Tabucchi, patrocinato dall’Istituto Lorenzo de’ Medici di Firenze, 2015; dall'8 settembre 2014, alcuni di questi (La rete di remote prospettive, Pieno e vuoto. Ancora sulla poesia di Landolfi, Forma e suono dell'inferno e Sul peso della lettera) sono visibili anche sul sito del Centro Studi Tommaso Landolfi al seguente URL: http://www.tommasolandolfi.net/da-gli-anelli-di-saturno-di-alessandro-gaudio/]: rifacendomi al titolo di un noto romanzo dello scrittore tedesco Winfried Georg Sebald, lo spazio si è denominato Gli anelli di Saturno ed è stata l'occasione per cogliere il modo in cui il tempo o la superficie o le grandi questioni sulle quali si interroga la civiltà occidentale tardomoderna si siano infine ripiegate dentro di me. Il confronto tra queste e le tesi su cui già ci si era interrogati agli albori e nel corso del Novecento ha dato vita a un viaggio esclusivo che, nella serie di interventi qui avviata, dalla tradizione mitteleuropea conduce sin nel cuore della cultura italiana: le problematiche sottolineate da Musil, Trakl, Wittgenstein, Bernhard, Sebald, Volponi, Landolfi, Morselli e altri, forma un sistema di rimandi che consente di considerare da punti di vista inediti la complessità della cultura moderna. Detto altrimenti, si è trattato di cogliere il modo in cui alcune opere della letteratura europea del Novecento si siano coagulate intorno a idee e moduli stilistici comuni. Considerare il ricorso ad alcuni temi − quali l'inconscio, il caso, il vuoto e il disagio della civiltà, la paura della morte, l'utopia, l'incertezza, la ripetizione, l'associazione − e il modo in cui ciascuno di essi è stato, volta per volta, ricondotto agli altri ha fatto sì che principi estetici apparentemente distanti tra loro abbiano potuto ritrovarsi lungo un percorso di conoscenza inedito, dagli approdi ermeneutici talvolta sorprendenti. L'appello alla pittura e alla fotografia, da un lato, e alla scienza, alla fisica e all'antropologia, dall'altro, l'adozione di un linguaggio il più delle volte semplice, sempre volto a spiegare con calma ogni tornante dell'esposizione e mai ingenuamente finalizzato alla riproposta degli schemi tipici della critica convenzionale e della teoria della letteratura, nonché le interferenze prodotte dal richiamo a progetti esegetici di natura dissimile, consentono di apprezzare maggiormente la varietà e la bellezza del viaggio intrapreso, come anche il carattere della nuova disposizione che sono arrivato a maturare nei confronti della realtà. Tutto ciò non ha significato affatto eliminare ogni parvenza di limite e dare così corso a quella cultura del vuoto e dell'illimitatezza tipica della nostra civiltà (e cara a quel comparativismo d'accatto che tutto mette insieme, tutto accomuna, tutto digerisce): si è trattato, al contrario, di limitare la dismisura, muovendosi lungo quella linea di confine, prendendo in considerazione il sistema di relazioni (nonché saggiando i limiti della rappresentazione) che essa prospetta e rendendo possibile una lettura, fondata filosoficamente, della scrittura e delle questioni essenziali sollevatesi nel Novecento in seno alla cultura europea, nonché del modo in cui si sia riflettuto su di esse − passando per un discorso che le investe e, talvolta, le sottrae − nel passaggio dalla modernità alla contemporaneità. Oggi, questo margine riguarda il modo in cui nel romanzo di Sebald che si è citato (e che sarà il primo testimone del passaggio di cui si è detto) si considera il rapporto di non contraddizione che nasce tra la dimensione circoscritta di un orlo, di uno squarcio, di un particolare, di un frantume e la potenza elementare e incommensurabile che si sprigiona da ciascuno di essi: «nel semplice levarsi di una mano o abbassarsi di una palpebra, e nell'esalazione dell'ultimo respiro, pareva a volte che trascorresse un secolo. E con il dissolversi del tempo si dissolveva anche ogni altro rapporto» (W.G. Sebald, Gli anelli di Saturno. Un pellegrinaggio in Inghilterra [1995], trad. di A. Vigliani, Milano, Adelphi, 2010, p. 161). Sebald, qui come altrove, è solito tessere la sua trama di riferimenti incessanti e di ripetizioni, manifestando così il disagio profondo che nasce da una quantità enorme di materiale accumulato, mostrando il modo in cui nella nevrosi dell'individuo (su cui incombe l'ombra dello Steinhof di bernhardiana memoria) si cela il naufragio storico della società occidentale. Questa idea di narrazione che nasce dal rispecchiamento tra il singolare o il familiare e l'universale non ha niente della relazione formalisticamente corretta che lega l'oggetto e la sua immagine speculare ed è colto nell'andamento errabondo e molto spesso sorprendente del suo procedere per perturbamenti, per contiguità; il rapporto tra oggetto e immagine, partito come riflesso, è quindi, se si vuole, di sovrapposizione ed è proprio giustapponendo i diversi piani di realtà e metarealtà che Sebald finisce per rivelare l'irregolarità che caratterizza un sistema perfettamente regolare. è questo stesso principio di connotazione − configurazione, o Gestalt se si vuole, fatta di riduzioni, di aggiunte e di trasformazioni − che cercherò di saggiare in alcune importanti opere di autori vissuti nel Novecento nel corso delle pagine che seguono. (25 agosto 2013) Indice generale Premessa di Massimo Fusillo 0. Quasi a nudo 1. Gli anelli di Saturno 2. Il topolino di Tripp 3. Interferenze. Sebald, Tripp e le inquietudini del signor Palomar di Domenico Calcaterra 4. Arte e indeterminazione: ancora su Sebald e Tripp 5. Lo zaino di Wittgenstein 6. Simmetria, realtà e romanzo 7. Interferenze. La reciprocità come solo modello di Domenico Calcaterra 8. Una bella giornata d'agosto 9. Aufbruch 10. Radice quadrata di meno uno 11. «Qui c'è una porta». Sul fondamento infondato del pensiero (e del romanzo) 12. La stanza del filosofo, la patria del poeta 13. La cassetta degli attrezzi (digressione metodologica) 14. La misura di Majorana 15. Il ritratto di Margaret 16. Interferenze. Ancora sul ritratto di Margaret di Rosarita Morandini 17. Un tentativo di restituzione 18. Per il meglio 19. Interferenze. L’andatura di Sandra Alexis e la quinconce di Thomas Browne di V.S. Gaudio 20. La frase infinita 21. Geometria del tormento 22. Lo spazio della critica 23. L'opera di una vita 24. Spazio al limite 25. La musica che tutto unisce 26. Etica ed estetica 27. Wittgenstein antimoderno 28. Interferenze. Del discorso vissuto di Rosarita Morandini 29. Verfall 30. Interferenze. Il bosco stormisce di Romolo Rossi 31. Come in sogno (Traumhaft) 32. Al margine del bosco 33. Interferenze. La cugina del poeta un po’ feticista delle scarpe come Wertheimer di Gaudio Malaguzzi 34. Il luogo di Trakl (Abendland) 35. La rete di remote prospettive 36. Pieno e vuoto. Ancora sulla poesia di Landolfi 37. Forma e suono dell'inferno 38. Sul peso della lettera 39. Interferenze. Battiti di ciglia, e d’ali di farfalla di Maria Panetta 40. Il principio di Landolfi 41. Tradimento 42. La poesia è un pruno negli occhi? 43. Poesia, paura e scienza 44. Moles et machina mundi (dimensioni e struttura del mondo) 45. Come questo sogno che sto vivendo 46. Il peggio è già accaduto 47. Umanismo 48. Realismo critico 49. Interferenze. I satelliti di Venere e le vestali del Fuoco di Maria Panetta 50. La misura dell'errore 51. Interferenze. Krähen des Pinocas, und zottige Bär. La Stimmung con Ingeborg Bachmann di V.S. Gaudio 52. Il ritratto del poeta (per concludere) Cronologia delle cose e delle principali opere citate Elenco delle illustrazioni Indice dei nomi e delle cose principali Riferimenti bibliografici Indice generale