Colligite fragmenta, Atti del Convegno
Bordighera 2008, pp. 217-228
Andrea De Pascale, Marica Venturino Gambari, Stefano Boaro
GIOVANNI BATTISTA AMERANO E LA SUA COLLEZIONE
La formazione della collezione
archeologica
tezze economiche, a varie istituzioni, che attualmente si sta cercando di ricostruire più in dettaglio grazie all’individuazione di molti documenti - qui presentati per la prima volta - rintracciati presso il Fondo Pigorini dell’Università degli Studi di Padova,
l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte, l’Archivio Storico del Comune di
Finale Ligure e l’Istituto Mazziniano di Genova.
Giovanni Battista Amerano (1842-1919)1, appartenente ai Signori o Padri della Missione, nel
1887 divenne superiore del Collegio Ghiglieri di
Finalmarina (SV), dove si dedicò all’insegnamento,
occupandosi anche della gestione dell’istituto. Tra
il 1887 e l’inverno 1892-1893 eseguì numerose ricerche paletnologiche nelle caverne del Finalese, un
territorio ricco di testimonianze per l’epoca preistorica, che proprio nell’ultimo ventennio del XIX
secolo si pose al centro dell’attenzione di diversi
studiosi e amateurs interessati all’antichità umana2.
Durante le sue ricerche3 ebbe modo di raccogliere migliaia di reperti, che andò ordinando nei locali
del Collegio Ghiglieri, in quello che egli chiamava
“Gabinetto di Storia Naturale”4. Molti anni dopo, a
partire dal 1931, quegli stessi spazi sarebbero diventati la prima sede del Museo Civico di Finalmarina, inaugurato nel 1935 e ordinato da Giovanni
Andrea Silla, che in gioventù era stato allievo di
Amerano5.
La collezione archeologica di Giovanni Battista
Amerano venne ricordata nel 1924 sul “Bullettino di
Paletnologia Italiana” da P. Barocelli come “frutto di
scavi da lui [Amerano] eseguiti nelle caverne del Finale Ligure, specialmente tra gli anni 1887 e 1893,
quando pel suo ministero religioso, aveva in Finalmarina la residenza. Scavi faticosi in caverne lontane
dagli abitati, umide, in qualche luogo prive o quasi
di luce, condotti da lui personalmente nelle poche
ore, che gli lasciavano libere le molte e svariate cure
di cristiana carità”6. Nelle sale del Collegio aveva radunato oltre tremilacinquecento oggetti, tra cui circa quattrocento orsi di tutte le età con almeno quaranta crani ben conservati, altrettanti grossi frammenti e oltre trecento “mandibule” dalla Caverna
delle Fate7, “più di 1800 vasi fittili e frammenti che
permettono di ricostruire le fogge” dalla Grotta Pollera8 e oltre ottocento oggetti litici dalla sola Caverna delle Fate9.
Questa vasta collezione subì nel corso del tempo
diverse vicissitudini, oltre a diversi tentativi di vendita da parte dello stesso Amerano, sempre in ristret-
La collezione archeologica tra
Finalmarina e Mondovì
Giovanni Battista Amerano dopo tanti anni di insegnamento al Collegio Ghiglieri di Finalmarina, intorno
al 1897 lasciò la direzione dell’Istituto, abbandonando
anche la ricerca sul campo, senza purtroppo mai dare alle
stampe un’esauriente pubblicazione dei risultati delle
proprie scoperte10.
Allo stato attuale non è ancora chiaro se dopo il
1897 Amerano abbia continuato a risiedere ancora
nella cittadina ligure o se si fosse trasferito altrove.
Di certo, dal 1905, divenne Padre Superiore della
Missione ed insegnante di Teologia nel Seminario
Vescovile a Mondovì, dove strinse rapporti di amicizia con don Carlo Bruno, al quale avrebbe lasciato in
dono la sua raccolta “d’armi ed attrezzi preistorici...”
per il Museo di Storia Naturale del Seminario11. Sulla
base delle informazioni bibliogra fiche disponibili
e di un documento conservato presso la Biblioteca
del Seminario Vescovile di Mondovì12, sembrerebbe dunque di poter ipotizzare che alla presenza di
Amerano nel Monregalese possa essere stato collegato anche lo spostamento di almeno parte della sua
collezione paletnologica da Finalmarina alla cittadina cuneese.
Dal confronto incrociato dei dati è emerso però
come il trasferimento di Padre Amerano da Finalmarina a Mondovì non coincise in realtà con quello della sua
raccolta archeologica. La collezione, infatti, rimase a Finalmarina almeno fino al 1913-14, come dimostrano
diverse lettere che egli inviò alcuni anni più tardi
(1912-1913) a Luigi Pigorini13, dove sono evidenti ed
espliciti i diversi tentativi di vendita che il religioso
compì, anche per finanziare le tante opere di beneficenza in cui era impegnato, prima di indirizzare la dona217
ANDREA DE PASCALE, MARICA VENTURINO GAMBARI, STEFANO BOARO
scritto, molto in ritardo, che pure ebbi tempo di far
ricopiare. Veda la S. V. lo credo meritevole di essere
pubblicato sul suo Bullettino di Paletn.: non tema di
rimaneggiarlo, o di usare le forbici, che io ne sono
ben contento. Oggi le spedisco la calotta umana, con
acclusavi la fotografia un po’ guasta dell’ossicino
umano forato, e il disegno dal vero dello stesso ossicino, molto ben eseguito. La S.V. ne faccia quell’uso
che crede. A giorni le spedirò alcune tavole, nelle
quali sono disegnati alcuni oggetti preistorici neolitici delle Caverne del Finale, e che conservo nella mia
Collezione, e se posso vi unirò alcune fotografie di
oggetti archeolitici del Finale, ed in particolare della
Caverna delle Fate. E’ questa una Stazione per quel
che concerne i manufatti in osso ed in pietra possa
competere con parecchie dei Balzi Rossi. Anch’io desidererei che nel Museo Etnografico fosse meglio
rappresentata la Liguria preistorica specialmente per
la parte paleolitica. E per questo lato la mia Collezione, potrebbe supplire non poco. Incominciai parecchi lavori sulle ricerche fatte nelle caverne della Liguria, che diverse circostanze mi impedirono di finire. Ora sono più libero dalle mie occupazioni, e se la
S. V. li vorrà accettare li pubblicherò in parte sul di
Lei Bull. palet. Se fossi ricco, donerei la mia Collezione al Museo da Lei diretto, ma nol sono, ed ho
qualche Opera di Beneficenza per le mani, per cui
sono costretto a venderla. Prima di fissarne il prezzo,
amo che la S. V. veda, se non gli oggetti, ma almeno i
disegni di alcuni. La persona, un professore del quale
ignoro il nome, credo qua di Roma, che si portò a Finalmarina, ove al presente è depositata la mia Collezione, non potè vedere la parte paleotica, perché
chiusa in parecchie casse. Ed ora mi permetta Chiaris. Prof. Pigorini, che le parli della seconda parte
dello scritto, che ho intenzione di inviarle. In essa
trattando dei Riti funebri della doppia sepoltura, la
prima, provvisoria, per dar tempo al cadavere di spogliarsi delle sue carni; la seconda definitiva, per le
ossa rimaste, parmi di avere letto che anche la S. V. è
di opinione che presso i preistorici fosse in uso. A me
pare di avere raccolti fatti ed osservazioni i preistorici del Finale l’usavano, se non sempre, almeno qualche volta. Erro forse in questo? Vorrei farle qualche
altra domanda, ma non abusare del suo tempo prezioso, tronco, e prego la S.V.I. credermi. Suo Dev.
Serv. P. G.B. Amerano”14.
Questa lettera prova come nel 1912 la collezione
fosse ancora a Finalmarina e come un “professore del
quale ignoro il nome, credo qua di Roma” - del quale
al momento ci sfugge ancora l’identità - si fosse recato in Liguria a vedere la collezione, ma non “potè vedere la parte paleotica, perché chiusa in parecchie
Fig. 1 - Particolare della lettera scritta da G.B. Amerano a L. Pigorini il
23 novembre 1912 da Mondovì (Fondo Pigorini dell’Università degli
Studi di Padova).
Fig. 2 - Particolare della perizia di A. Issel sulla collezione di G.B.
Amerano (Istituto Mazziniano di Genova).
zione a favore del Museo di Antichità di Torino, dove
oggi è depositato il nucleo principale della raccolta.
A tale proposito risulta particolarmente significativa
la lettera scritta da G.B. Amerano a L. Pigorini il 23
novembre 1912 da Mondovì (fig. 1): “Onorev. Sen. Pigorini, Le spedii per posta la 1a parte del mio mano218
GIOVANNI BATTISTA AMERANO E LA SUA COLLEZIONE
Fig. 3 - Tavola originale al tratto con disegni a inchiostro e grafite predisposta da G.B. Amerano per la pubblicazione nel “Bullettino di Paletnologia Italiana” del 1893 (Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie).
219
ANDREA DE PASCALE, MARICA VENTURINO GAMBARI, STEFANO BOARO
casse”. Ciò suggerisce che almeno parte della raccolta, pur essendo rimasta a Finalmarina, non era più
esposta in quel “Gabinetto di storia naturale” nel
Collegio Ghiglieri in cui Amerano l’aveva ordinata
affinché i suoi allievi potessero usufruirne. Del resto
bisogna tenere conto che nel 1904, un anno prima
della presa d’incarico di Amerano presso il Seminario
Vescovile di Mondovì, l’Amministrazione Comunale di Finalmarina, proprietaria del Collegio Ghiglieri, non aveva rinnovato la convenzione ai Padri della
Missione, confiscando loro alcuni beni e affidando la
gestione del Collegio ad un privato15. La collezione
paletnologica, quindi, pur rimanendo a Finale Ligure, venne probabilmente messa in casse e ricoverata
in qualche locale del Collegio.
In questa stes sa con di zio ne la do vet te ve de re
an che Artu ro Issel, per so nag gio ben noto ad
Ame ra no.
I due, tra cui a partire da un certo momento non
corrono buoni rapporti per divergenze apparentemente di carattere scientifico, si incontrarono in diverse occasioni, come nel maggio 1889 quando il geologo genovese si era recato alla Caverna delle Fate e
poi aveva seguito il Padre a Finalmarina per vedere la
sua collezione16.
Issel ebbe almeno una seconda occasione di visionare la raccolta, in un periodo da collocarsi tra il
1909 e il 1914. Risulta infatti, da un documento
conservato presso l’Istituto Mazziniano di Genova,
purtroppo senza data, che la collezione Amerano fu
oggetto di una perizia da parte del geologo genovese17 (fig. 2). L’atto, oltre a non riportare la data di stesura, non esplicita il soggetto a cui era stato indirizzato, ma è da riferire al Ministro dell’Educazione, da
cui dipendeva parte del finanziamento offerto al Comune di Genova per l’acquisto della collezione. Issel
- che valutò la raccolta 5000 lire - si rivolge a una
“Eccellenza” e scrive: “domenica scorsa 1° corrente,
per opportuni accordi epistolari col prof. G.B. Amerano, mi recai a Finale Marina affine di adempiere
all’incarico affidatomi [...] cioè col proposito di procedere alla perizia della collezione paletnologica posseduta dal predetto Professore. La collezione, che
solo in parte io conoscevo, consta di oggetti numerosissimi, affastellati senza ordine in parecchie vetrine,
su tavolini e seggiole, in casse, cassette, cesti e pacchi. Questa circostanza rendeva malagevole di precisarne il numero e di farne un esame particolareggiato
[...] Premetto che le indicazioni relative alla provenienza degli esemplari sono scarse e incomplete, ma
alle deficienze possono in parte supplire quelle che il
raccoglitore ha promesso di fornire ed altre suscettibili di essere desunte dalle sue note a stampa”.
Nella stessa perizia inoltre viene citata, quasi a
giustificare la stima effettuata, la “somma pagata dal
Municipio di Genova per l’acquisto della collezione
Morelli (6000 lire), collezione la quale per il numero
e la natura degli esemplari, è paragonabile a quella
dell’Amerano”. Questo richiamo ci porta a datare il
documento ad un periodo posteriore al 9 novembre
1909, quando il Municipio di Genova aveva acquisto la collezione Morelli18.
Da un altro documento, una lettera del Ministro
dell’Educazione al Comune di Genova datata 15 ottobre 1914, si apprende che “questo Ministero vedrebbe
volentieri che il Municipio di Genova acquistasse, per
il suo Museo di Palazzo Bianco, la Collezione paletnologica Amerano, secondando così il voto espresso dalla
Sezione I^ del Consiglio Superiore. Per quanto riguarda il prezzo di essa, l’Amerano ha accompagnata
la sua offerta di vendita con una richiesta di L. 7.500,
ma il Consiglio Superiore, accogliendo la perizia del
Prof. Arturo Issel, ha giudicato che essa, per venir acquistata a condizioni convenienti, non dovrebbe costare più di L. 5000. Con ciò non è da escludersi che
cotesto Comune, con abili trattative, possa ottenere
dall’Amerano una riduzione anche maggiore. L’acquisto dovrebbe essere fatto dal Comune di Genova, ma
lo Stato sarebbe disposto a concorrere ad esso con un
contributo fisso di L. 1500. Non dubito che codesta
Amministrazione riconoscerà tutti i vantaggi
dell’offerta che Le presento e che vorrà intraprendere
le trattative con l’Amerano con qualche sollecitudine,
perché quegli afferma che ha frequenti e insistenti offerte e che non può quindi indugiare più a lungo”19.
Grazie a questa fonte possiamo quindi porre un altro
termine cronologico: nell’ottobre 1914 Issel aveva già
visionato i materiali della collezione di Padre Amerano
a Finalmarina e consegnato la sua perizia, che può
quindi essere circoscritta tra il 9 novembre 1909 e il 15
ottobre 1914.
La relazione di Issel ci fornisce, infine, interessanti informazioni sulla composizione della raccolta (fig. 3): “Il materiale paletnologico di maggior
pregio sottoposto al mio esame consiste in fittili
non torniti e cotti sulle braci; specialmente vasi, fra
i quali circa una cinquantina sono integri, o conservati per la maggior parte. Essi provengono principalmente dalle caverne Pollera e dell’Acqua. Pregevolissime certe grandi olle ornate di graffiti e di
cordoni, con manichi di varie fogge, ciotole, tazze,
vasetti, bicchieri a campana di medie dimensioni o
anche piccoli, di tipi svariatissimi. Non manca la
forma caratteristica a bocca quadra. Numerosissimi
i cocci di fittili con fregi impressi per lo più di carattere geometrico; alcuni, affatto eccezionali nelle
220
GIOVANNI BATTISTA AMERANO E LA SUA COLLEZIONE
Fig. 4 - Particolare del manoscritto “Per la relazione sul Seminario, sul decreto Pontificio si prega di rispondere a quanto sotto…”, in cui è citata la presenza di materiali della collezione Amerano nel Seminario Vescovile di Mondovì (Biblioteca del Seminario Vescovile di Mondovì).
stazioni neolitiche della Liguria presentano un saggio primitivo di ornato policromo e ricordano certi
vasi di Siracusa. Ritengo che questo complesso si
possa stimare almeno 2000 lire, alle quali ne aggiungerei altre 150 per tenere conto di [...] oggetti
di piccola dimensione assai pregevoli (lampadine,
fusaruole e una [...] pintadera di tipo [...]). Una serie
meno numerosa proveniente dalle stesse stazioni
che fornirono i fittili comprende ossa e corna lavorate ridotte cioè in forma di punteruolo, punte di
[...] e di giavellotti, cuspidi di frecce ecc. Associonati a queste i denti forati, ridotti cioè a pendagli, le
conchiglie forate, quelle adornate di solchi oltre i
monili di conchiglia mi pare che si possano valutare
a 300 lire. Le accette e gli scalpelli di pietra verde
levigata integri raccolti nelle stesse caverne sono
circa una trentina, molti altri oggetti analoghi sono
spezzati o logori. Non mancano punte di freccia,
coltellini, raschiatoi di selce scheggiata (pertinenti
tuttavolta alla facies neolitica). Tutti questi oggetti
raccolti nelle caverne già ricordate insieme alle pietre da macina e macinelli, pietre da affilare, percus-
sori o mazzuoli e moltissime pietre di focolare possono costituire a parer mio un altro complesso di
circa 300 lire. Provengono dalle stazioni neolitiche
(caverna Pollera, dell’Acqua ed altre) quattro crani
integri o quasi ed altri resti umani e un certo numero d’esempi di [...], principalmente ossa di ruminanti. A questo complesso attribuisco approssimativamente il valore di 400 lire. I manufatti paleolitici quantunque assai meno numerosi dei neolitici,
si tratta di selci scheggiate quasi tutte raccolte nella caverna delle Fate, le quali per la fauna [...] che
accompagnate si possono riferire al quaternario medio. [...] spesso appariscono conformi ai tipi mousteriani, ma sono in generale più rozze e più piccole. Siccome una raccolta non più numerosa di analoghi manufatti paleolitici si può acquistare presso
Exsteens per un centinaio di lire, stimo 150 lire
quelli compresi nella collezione Amerano, introducendo nel computo il coefficente di rarità. Finalmente sono pure compresi fra le raccolte esaminate
moltissimi ossami quaternari quasi tutti raccolti
nella caverna delle Fate. Fra questi sono da distin221
ANDREA DE PASCALE, MARICA VENTURINO GAMBARI, STEFANO BOARO
va le più antiche fasi di insediamento umano e dove
erano state effettuate le ricerche.
Come accennato, però, Amerano a Mondovì aveva
stretto amicizia con don Carlo Bruno, professore ordinario di Fisica e direttore del Museo di Storia Naturale del Seminario. Don Francesco Filippi, anch’egli professore al Seminario di Mondovì, appassionato
ricercatore e discepolo di Don Bruno, all’interno
dell’elogio funebre di quest’ultimo, tessuto il 25
maggio 1916 in occasione delle esequie trigesimali,
ricordò alcuni “scienziati amici e [...] alunni” che
contribuirono all’arricchimento delle raccolte: “È
giustizia ricordare qui il prof. Cavalier Giovanni Michelotti, che gli fece dono di una collezione di fossili
dei terreni terziari; il prof. Raineri che gli mandò da
Roma una collezione di marmi; il prof. Amerano dei
Preti della Missione, il quale gli regalò una preziosa
collezione d’armi ed attrezzi preistorici”21.
Della presenza nel Monregalese della collezione
Amerano, o di almeno una parte di essa, si trova traccia anche nel documento già ricordato, su carta intestata del Seminario Vescovile di Mondovì, non datato ma sicuramente posteriore al 1916, essendovi un
esplicito riferimento alla morte di Don Bruno, in cui
vengono elencate le dotazioni dei “Gabinetti scientifici” del seminario (fig. 4). Nella descrizione di quello di “Storia Naturale” tra “una mummia egiziana di
sangue reale”, “teschi umani e scheletri di animali”,
varie conchiglie e “insetti di ogni qualità”, compaiono pure “oggetti di preistoria provenienti dalle Caverne Liguri (Sig. Amerano della Missione)”22.
Dai dati fino ad oggi in nostro possesso, quindi,
possiamo sostenere che Padre Amerano trasferì la sua
collezione, o molto più probabilmente una parte di
essa, da Finalmarina a Mondovì nell’ultimo periodo
della sua permanenza nella cittadina cuneese. Infatti
fino al 1913 questa era ancora in Liguria, ma falliti i
tentativi di vendita sia con il Comune di Genova, sia
con il Comune di Finalmarina e arenatosi pure il rapporto con Pigorini e quindi la possibilità di una vendita al Museo di Roma, tra il 1914 e il 1915 dovette
decidere di portarla a Mondovì, dove aveva trovato
nella struttura gestita da Don Carlo Bruno un luogo
più idoneo e sicuro per i suoi reperti.
Alcune lettere conservate presso l’Archivio della
Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie di Torino evidenziano come i tentativi di cessione della collezione a diversi soggetti siano proceduti in parallelo, sintomo
dello stato di apprensione del religioso. Incrociando,
infatti, date e riferimenti contenuti nelle varie missive appare chiaro come tra il 1912 e il 1914, nello
stesso momento in cui era in corso l’operazione da
Fig. 5 - Allestimento della collezione Amerano presso il Museo di Antichità di Torino nel 1927-1930 circa (Archivio fotografico Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità
Egizie).
guersi per il valore commerciale assegnato a fossili
analoghi dai negozianti di oggetti di storia naturale
molti crani di orsi delle caverne quasi interi ed altri
più o meno incompleti, come pure altre ossa dello
scheletro e denti quasi tutti appartenenti alla medesima. Non in base ad un prezzo unitario, ma stimando la serie delle ossa complessivamente e avvertendo che è suscettibile di fornire a un museo geologico buoni esemplari per cambio la inscrivo nella
mia nota per 1500 lire. Ho lasciato da parte qualche
oggetto non compreso nelle serie già contemplate
(per esempio due manufatti metallici frammentari)
tali però da non alterare sensibilmente il mio computo, il quale può essere [...] per difetto piuttosto
che per eccesso. La somma totale 5000 lire è a parer
mio di poco inferiore a quella programmata spesa
per provvedere agli scavi ed anche perciò rappresenta un minimo”.
Se l’acquisto da parte del Comune di Genova non
andò a buon fine, altrettanto infruttuosi si rivelarono
altri tentativi indirizzati da Padre Amerano nei confronti dell’Amministrazione di Finalmarina20.
La collezione, dunque, parecchi anni dopo il trasferimento nel 1905 di Padre Amerano a Mondovì,
si trovava ancora nel territorio del quale documenta222
GIOVANNI BATTISTA AMERANO E LA SUA COLLEZIONE
Fig. 6 - Allestimento della collezione Amerano presso il Museo di Antichità di Torino nel 1927-1930 circa (Archivio fotografico Soprintendenza per i
Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie).
parte del Municipio di Genova, tramite Issel, Amerano scriveva contemporaneamente a Pigorini e ad
Ernesto Schiaparelli, all’epoca Soprintendente alle
Antichità per Piemonte e Liguria, per tentare di vendere la collezione.
Significativa, anche per il giudizio negativo che
Amerano esprime in merito all’azione condotta da
Issel, è la seguente lettera spedita a Schiaparelli il 24
dicembre 1914, da Mondovì23: “Egregio Prof. Schiapparelli, Mi prendo la libertà di darle le buone Feste Natalizie, e di porgerle i miei voti pel nuovo anno pregandole del Signore che la conservi lungamente alla Scienza ed alle tante opere buone e sante nelle quali spende si
utilmente la sua laboriosa vita. Mi preme anche di far
conoscere alla S. V. I. ciò che mi scrive il Sen L. Pigorini
a riguardo della mia collezione della quale volle gentilmente interessarsi tanto. Egli mi dice che il Consiglio
Superiore che diede già voto favorevole per farmi l’acquisto dallo Stato, si radunerà nuovamente nel prossimo Gennaio e che avendo Egli chiesto a qualcuno, in
via privata, se si concludeva per la Collezione mia, gli
fu risposto, in modo evasivo, che correvano trattative
tra il Ministero e il Municipio di Genova. Mi soggiun-
ge (copio le sue parole) che il suo parere sarebbe quello
di pregare il prof. Schiapparelli, dal quale partì la dimanda d’acquisto e chiederne ufficiali notizie. Il l’ho
già seccato tanto intorno a questa faccenda, mi rimetto
intieramente a Lei: faccia ciò che meglio creda. Da parte mia mi pare di comprendere chiaro che il prof. Issel,
mediante il Municipio di Genova tenta d’acquistare o
pel Museo dell’Università, o per quello della città, d’avere la mia Collezione [...]. È mia volontà al contrario
che essa vada a finire al Museo di Torino, e serva di
compimento alla Collezione preistorica del Piemonte e
terre confinanti. Parmi che non sia irragionevole questo
mio [f. 3] desiderio, e che Lei, se giudicasse appropriato, farlo valere. Rinnovandole i miei sentimenti di stima e riconoscenza, godo di dichiararmi della S. V. I.,
Dev. Suo GB Amerano d. Missione”.
La donazione al Museo di Antichità di
Torino, scorpori e dispersioni
Gli anni in cui Padre Amerano si preoccupava di
collocare la sua collezione presso qualche istituzione
pubblica, dimostrando una ferma intenzione di af223
ANDREA DE PASCALE, MARICA VENTURINO GAMBARI, STEFANO BOARO
Fig. 7 - L’allestimento del Museo Civico del Finale negli anni ‘40 del XX secolo a Palazzo Ghiglieri (Archivio Istituto Internazionale di Studi Liguri, Sezione Finalese - Museo Archeologico del Finale).
frettare i tempi, coincisero con il progressivo aggravarsi del suo stato di salute.
Nonostante le difficoltà, le trattative di cessione
della sua raccolta continuarono e, in conclusione,
fu proprio quella intessuta con Ernesto Schiaparelli ad andare a buon fine. Nel gennaio 1917 Amerano ricevette la comunicazione ufficiale “da Lei fattami come il Ministero accetta pel Museo di Antichità di Torino della mia Collezione preistorica. Il
Ministro stesso Ruffini con un suo autografo m’invia già l’accettazione pel Museo di Torino della
mia Collezione encomiandola”24.
Nel frattempo anche Schiaparelli manifestò
problemi di salute. Dalle lettere dell’autunno del
1917 emerge, infatti, la preoccupazione che Amerano esprime al Soprintendente per il suo stato,
anche se ciò non fermò le operazioni di trasferimento della raccolta e una prima sistemazione che
venne seguita da P. Barocelli, aiutato dallo stesso
Amerano quando era ancora in condizioni di raggiungerlo e di soggiornare a Torino25 (fig. 5).
Con il passare dei mesi, però, la salute di Giovanni Battista Amerano si aggravò. Ritiratosi a
Como, dal fratello Giuseppe, non ebbe più la possibilità di recarsi al Museo di Torino per seguire
l’allestimento e lo studio della collezione (fig. 6).
Impossibilitato anche nello scrivere, nel settem-
bre 1918, fu il fratello, Giuseppe Amerano, ad inviare un messaggio a Schiaparelli; dopo aver descritto le condizioni sempre più gravi di Giovanni
Battista, sottolinea: “Come vede non è più possibile
possa venire a Torino occuparsi del Museo. È necessario se ne occupi d’ora innanzi la S. V. A questo proposito avrei bisogno di parlarle anche per intendermi
riguardo a quell’altra parte del Museo lasciato ancora
a Finalmarina, il quale non vorrei andasse a finire,
male, quindi se non è possibile venderlo, come pare,
vorrei almeno potesse essere collocato a Torino al Suo
Museo oppure arricchire qualche altro della stessa
vostra città. Di questo ho cercato persuadere mio fratello il quale aderì alla mia proposta, quanto più volentieri in quanto che ora più non può occuparsene
ne vi è di sperare possa farlo più tardi anzi vivo sempre nell’ansia possa avere qualche altro colpo e questo possa essere fatale”26. Inaspettatamente, da quest’ultima missiva si apprende che una parte della collezione era, nel settembre 1918, ancora a Finalmarina. Questo elemento conferma l’ipotesi che i materiali donati da Amerano a don Bruno, al seminario di
Mondovì, costituivano solo una parte della sua raccolta. Non appare chiaramente dai documenti, ma è
assai probabile che i reperti nel frattempo trasferiti a
Torino fossero proprio quegli “oggetti di preistoria
provenienti dalle Caverne Liguri (Sig. Amerano del224
GIOVANNI BATTISTA AMERANO E LA SUA COLLEZIONE
la Missione)” che certamente nel 1916 erano, come
visto, nel Monregalese27. Non è ancora possibile stabilire se quanto giunto a Torino fosse formato solo
dalla raccolta depositata a Mondovì, o se a questa si
aggiunsero altri pezzi rimasti fino a quel momento
a Finalmarina. Nessun documento, tra quelli attualmente rintracciati, scioglie tale dubbio, ma il
fatto che una parte di casse giacesse ancora nel 1918
al Collegio Ghiglieri di Finalmarina potrebbe contribuire a spiegare per quale motivo il Museo Archeologico del Finale, oggi, conserva diverse centinaia
di reperti frutto degli scavi Amerano (fig. 7).
A complicare le vicende subite dalla collezione e a
spiegare l’attuale presenza al Museo Archeologico
del Finale di reperti provenienti dagli scavi di Amerano, però, contribuisce un ulteriore aspetto. Nel
1947, anno di fondazione dell’Istituto Internazionale di Studi Liguri, Nino Lamboglia procedette allo
scorporo della collezione Bicknell di Bordighera, inviando al museo di Finale tutti i materiali preistorici
in essa presente, tra i quali figurano oggetti provenienti dagli scavi Amerano28. È quindi possibile che i
reperti legati all’opera di Amerano, oggi depositati
al Museo Archeologico del Finale, siano formati dall’unione dei due “lotti”: quello delle casse ancora a
Finalmarina nel 1918 e quelli nel frattempo confluiti a Bordighera nella collezione Bicknell, poi rientrati a Finale nel 1947. Nell’archivio torinese, infatti,
non vi è traccia di ulteriori arrivi di materiali della
collezione Amerano posteriori all’acquisizione del
1917. Solo una totale revisione degli elenchi presenti presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Piemonte, l’Istituto Internazionale
di Studi Liguri e il Museo Archeologico del Finale,
congiunta al controllo e allo studio di tutti i reperti
attualmente noti nelle diverse sedi, potrà - forse - dipanare tale situazione.
La collezione Amerano, oggi, non è comunque divisa solo tra Torino e Finale Ligure.
Infatti, 571 reperti furono concessi in deposito il
5 dicembre 1935, dal Museo di Torino al Museo Civico di Archeologia Ligure di Genova, dove si trovano tuttora. Numerosi i documenti in cui si ha traccia
di questo ulteriore scorporo della raccolta, tra cui
una relazione a firma del Soprintendente Carlo Carducci29, datata “Torino, 28 febbraio 1939/XVII°” e
intitolata “Riassunto relativo alla situazione giuridica del materiale archeologico conservato presso il R.
Museo di Antichità di Torino”, tra le donazioni si ricorda “quella della importante raccolta preistorica
del padre G.B. Amerano (1917), costituita dai ritrovamenti effettuati con scavi sistematici nelle caverne
ossifere del Finalese, una parte della quale fu succes-
Fig. 8 - Lettera scritta da G.B. Amerano a L. Pigorini il 20 febbraio
1913 da Mondovì (Fondo Pigorini dell’Università di Padova).
sivamente (1935) trasferita nella Sezione Governativa
del Civico Museo di Genova-Pegli”.
Una possibile ulteriore frammentarietà dell’originale collezione pare essere suggerita da diverse
lettere del Fondo Pigorini - Università di Padova,
dalle quali si apprende che Amerano spedì al Senatore per il suo Museo a Roma diversi materiali. Ad
esempio, nella lettera datata Finalmarina, 26 ottobre 1887 su carta intestata “Scuola Tecnica Pareggiata di Finalmarina”, Amerano scrive “Illm. Sig.
L. Pigorini, Benché alla S. V. del tutto ignoto pur
mi prendo la libertà d’inviarle alcune armi in pietre
più o meno caolinizzate, ed un frammento di mandibola superiore d’Ursus speleus (?) con una zanna
da me trovati in una stazione preistorica scoperta
nella Caverna detta delle Fate, comune di Finalmarina, alla distanza di circa un’ora e mezza dal
mare”30, o ancora in una lettera del 20 febbraio
1913, da Mondovì, “Onor. Sen. Prof. Pigorini, Curioso della di Lei salute, perciò le scrissi. Ora sono
contento nel sentire da lei che può riprendere le sue
molte occupazioni. Poco importa se ritarda la pub225
ANDREA DE PASCALE, MARICA VENTURINO GAMBARI, STEFANO BOARO
blicazione del Bullettino: l’importante è che la S. V.
I. siasi ristabilito. Ho ordine a Finalmarina, dove è ancora la mia Collezione, di spedirle alcuni manufatti
in pietra della Stazione paleolitica delle Fate, perché si degni di esaminarli e dirmi il suo parere, specialmente sul manufatto terroso. Come vedrà alcune sono monolitiche, appena sbozzate, lavorate a
larga scheggia, le più in quarzite. Di ciascun tipo,
che le invio, ho parecchi esemplari, il che mi conferma nell’opinione che siano lavorati intenzionalmente dall’uomo...”31 (fig. 8). Sulla consistenza e l’esistenza di una collezione Amerano al Museo Pigorini di Roma, al momento, non si hanno dati precisi,
mentre alcuni reperti sono stati rintracciati presso
il Dip.Te.Ris. (Dipartimento per lo Studio del Territorio e delle sue Risorse) dell’Università di Genova, erede dell’Istituto di Geologia fondato da Arturo Issel, che conserva ancora varie selci scheggiate
dalla Caverna delle Fate e un bifacciale dalla stessa
grotta, precedentemente identificato come “Grande azza a mano in quarzite grezza: Francia occidentale”, che alcuni anni fa Giuseppe Vicino ha ricondotto all’esemplare scavato da Amerano
(1887-1889), dallo stesso Amerano donato
all’Istituto e pubblicato da Issel nel 1892 in Liguria
Geologica e Preistorica32.
Note
Per il profilo biografico di Amerano, cfr. BOARO et al. in
questo volume.
2 DE PASCALE 2007; 2008.
3 DE PASCALE 2007 e 2008; cfr. BOARO et al. in questo volume.
4 AMERANO 1889, p. 45.
5 DE PASCALE 2007 e 2008.
6 BAROCELLI 1924, p. 67.
7 AMERANO 1889, p. 43.
8 BAROCELLI 1924, p. 68; tale cifra è riportata anche in BAROCELLI 1929, p. 105.
9 BAROCELLI 1924, p. 70.
10 Presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte sono però recentemente stati rintracciati molti documenti, quaderni d’appunti, disegni, fotografie, inerenti
gli scavi di G.B. Amerano nel Finalese. Il materiale è in corso di
ordinamento e studio, da parte di M. Venturino Gambari e A.
De Pascale, nell’ambito di un più ampio progetto di studio sulla
figura e sulla attività archeologica di Padre G.B. Amerano.
11 DE MARCHI 2006.
12 Manoscritto “Per la relazione sul Seminario, sul decreto Pontificio si prega di rispondere a quanto sotto...”, Biblioteca del Seminario
Vescovile di Mondovì, collocazione 95-B-322. Si ringrazia il
dott. S. Comino per la segnalazione.
13 Fondo Pigorini dell’Università degli Studi di Padova.
14 Fondo Pigorini dell’Università degli Studi di Padova, busta
48, fascicolo 5.
15 In numerosi faldoni - in corso di esame da parte di A. De Pascale - conservati presso l’Archivio Storico del Comune di Finale
Ligure, vi sono centinaia di lettere - molte a firma di Amerano inerenti la gestione scientifica e amministrativa del Collegio
Ghiglieri. Dai documenti emergono chiaramente i non facili
rapporti tra la Congregazione dei Signori della Missione e
l’Amministrazione Comunale. In base a varie convenzioni stipulate tra i due soggetti il Comune di Finalmarina diede la gestione delle Scuole Ginnasiali e Tecniche di Palazzo Ghiglieri ai
religiosi. Il Comune ogni anno garantiva gli stipendi ai Padri e
la manutenzione dell’edificio, mentre la gestione ordinaria, la
cura ed il soggiorno dei ragazzi nel Collegio e la manutenzione
del mobilio e della dotazione scientifica delle scuole era a carico
dei religiosi. Da una parte vi sono molte lettere scritte da Amerano, quale direttore dell’Istituto, dove appaiono attente analisi
e lamentele sui ritardi nei pagamenti da parte del Comune e sui
mancati interventi di manutenzione alle strutture. Dall’altra, in
diverse relazioni a firma del Sindaco o di suoi delegati, vi sono
contraccuse su inadempienze da parte dei Signori della Missione. Il rapporto si incrinò a tal punto che più di una volta Amerano e la rappresentanza del Comune finirono di fronte ai giudici
per redimere le vertenze in corso, come provato dal ritrovamento nell’archivio di una cartella intitolata “Collegio Ghiglieri
(Scuole) - Cause e liti” contenente copia dei verbali del Tribunale. La situazione degenerò talmente che nel 1904 il Comune di
Finalmarina non rinnovò la convenzione ai Padri della Missione, confiscò loro alcuni beni e affidò la gestione del Collegio ad
un privato. Dalla prima ricognizione effettuata su questi documenti non ci sono riferimenti diretti alla collezione o alle ricerche archeologiche di Amerano, ma numerosi e importanti sono
gli elementi utili alla biografia di questo religioso, che appare
come un uomo molto determinato e dalle spiccate capacità organizzative e gestionali. Il non positivo rapporto tra i Padri della Missione, Amerano in testa, e il Comune di Finale
sicuramente non favorì i tentativi di vendita della collezione paletnologica all’Amministrazione Comunale, come ricordato, alcuni decenni più tardi, da Nino Lamboglia in occasione
dell’inaugurazione del Museo Civico (cfr. nota 20).
16 ISSEL 1889, p. 8.
17 Istituto Mazziniano di Genova, Carte Issel 116/25726. Un
ulteriore riferimento a questa perizia è contenuto nella lettera
del Ministro dell’Educazione al Comune di Genova datata 21
settembre 1914, nella quale si caldeggia l’acquisizione della
collezione da parte del Comune di Genova con la possibilità di
un contributo governativo: GARIBALDI 2008. Si ringrazia Patrizia Garibaldi per la cortese segnalazione.
18 GARIBALDI 2008.
19 Archivio Museo Civico di Archeologia Ligure di Genova,
com. pers. Patrizia Garibaldi.
20 Dalla prolusione tenuta il 10 marzo 1935 da Nino Lamboglia, in occasione del III Congresso della Regia Deputazione di
Storia Patria per la Liguria - Sezione Ingauna e Intemelia, quando venne inaugurato il Museo Civico di Finale Ligure, apprendiamo che “L’istituzione del Museo era stata deliberata dal
Podestà di Finale, cav. Settimo Ascenso, fin dal 27 ottobre
1931, con l’appoggio della R. soprintendenza alle Antichità e
con l’approvazione del Ministero dell’Educazione Nazionale.
Da quella data il prof. Giovanni Andrea Silla, nominatone direttore, si dedicò silenziosamente, con disinteresse ed amore, a
1
226
GIOVANNI BATTISTA AMERANO E LA SUA COLLEZIONE
to espositivo dato alla Collezione Amerano nel Regio Museo di
Antichità di Torino si trova in BAROCELLI 1931, pp. 6-8 e relative tavole.
26 Lettera da Como, 2 settembre 1918, da Giuseppe Amerano
a Ernesto Schiaparelli: Archivio Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie.
27 Manoscritto “Per la relazione sul Seminario, sul decreto Pontificio si prega di rispondere a quanto sotto...”, Biblioteca del Seminario
Vescovile di Mondovì, collocazione 95-B-322.
28 In una nota del 22 dicembre 1920 (Archivio Istituto Internazionale di Studi Liguri, Bordighera), P. Barocelli, quale funzionario del Regio Museo di Antichità e Sovrintendenza per il
Piemonte e la Liguria, riporta il primo inventario della “Raccolta Archeologica Bicknell” a “norma dell’art. 3 della legge 20
giugno 1909 sulle antichità e belle arti”. I reperti, distinti in
“Antichità preromane” e “Antichità romane raccolte negli scavi
di Albintimilium”, ammontano a 1367 pezzi, di cui 1196 facenti
parte del primo lotto. Tra questi i materiali del Finalese sono
1057: “Dalle Caverne del Finalese. Ossa non lavorate: 661 ossa
di Ursus spelaeus, e di vari altri animali (Caverna delle Fate);
193 ossa di Ursus spelaeus e di vari altri animali, comprese 63
ossa di cinghiale, lupo, cervo, capra, ecc. (Caverna della Pollera);
118 ossa di un scheletro umano neolitico (Caverna Pollera); ossa
di località non indicata. Oggetti lavorati: 12 ossa tagliate ad uso
di coltelli e di punta (Caverna Pollera); 2 granuli di ocra rossa
(Caverna Pollera); 21 manufatti litici (schegge ed altri oggetti
di pietra (“ “); 23 conchiglie (residui di pasti) (“ “); 11 conchiglie con foro di sospensione ad uso collana (“ “); 49 cocci ed anse
di vasi in terracotta, alcuni con ornati primitivi ad intaglio ed a
cordoni sporgenti (Caverna Pollera); 14 pietre da macina, ecc. (“
“); 1 pietra di foro con sospensione; 1 pietra verde levigata
(ascia), rotta e mancante (“ “); 1 lastrina di arenaria levigata, con
foro di sospensione (caverna non indicata)” (GANDOLFI 2003).
Ignote le modalità di acquisizione di tali materiali da parte di
Bicknell, forse donati da Issel o più probabilmente donati o acquistati direttamente da Padre G.B. Amerano, in quanto i siti
sono gli stessi da questo indagati.
29 Conservata presso l’Archivio Soprintendenza per i Beni
Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie.
30 Fondo Pigorini dell’Università degli Studi di Padova, busta
1, A-B, fascicolo 2.
31 Fondo Pigorini dell’Università degli Studi di Padova, busta
1, A-B, fascicolo 2.
32 ISSEL 1892, tav. XXVI, fig. 12; MARCHINI, VICINO 1983,
figg. 2a, b, c; 198b, fig. 2; BONCI et al. 2008; si ringraziano
M.C. Bonci e M. Firpo (Dip.Te.Ris - Università degli Studi di
Genova) per la collaborazione.
radunare, classificare ed ordinare il primo nucleo di oggetti, che
ormai, esposto in belle vetrine in due sale del Palazzo Ghiglieri,
in località centralissima del Finale, ha permesso di aprire il Museo al pubblico [...] il nuovo Museo di Finale riveste soprattutto
carattere etnografico e paletnologico. All’etnografia e al folclore
finalese è dedicata la prima più grande sala [...] scientificamente
più prezioso è invece il materiale della seconda sala, destinata
alla preistoria, salvo i pochi oggetti romani rinvenuti a Finalmarina e altri non indigeni donati da S.E. il Maresciallo Caviglia... Il Finale, è da tutti risaputo, in Liguria e forse in Italia è la
plaga che in più ristretta superficie racchiuda maggior ricchezza
di sedi e di reliquie della primitiva popolazione cavernicola. Le
indagini che nell’ultimo cinquantennio si sono svolte in questi
depositi, ed a cui sono legati i nomi di Nicolò Morelli, di don
Perrando, di G. B. Amerano, di Arturo Issel, risentirono gravemente della mancanza di una organizzazione locale che favorisse
la conservazione unitaria e completa dell’ingente quantità di
oggetti rinvenuti. Una non piccola parte andò così dispersa
presso privati; quella poi rimasta in mano dello Stato si trova
oggi divisa nella maniera più inorganica fra i musei maggiori di
Roma, Firenze, Torino, Genova, Savona, talché nessuno di essi è
in grado di offrire agli studiosi una visione sinteticamente completa della preistoria finalese [...] Questa necessità aveva bene
avvertito il Signor G.B. Amerano, che negli ultimi decenni del
secolo scorso, nella sua qualità di direttore della Scuola Tecnica
Pareggiata, allora annessa al Collegio Ghiglieri in Finalmarina,
aveva accuratamente riunito e ordinato tutti gli oggetti da lui
raccolti in lunghi anni di ricerche, circa 4000 in tutto, in locali
dello stesso palazzo ove oggi è il nuovo Museo. Egli intendeva in
tal modo costituire il primo poderoso nucleo di un Museo preistorico finalese. Ma le proposte fatte in questo senso alle amministrazioni Comunali d’allora rimasero letta morta, per lo
spirito d’incomprensione che allora dominava verso questi studi” (LAMBOGLIA 1935-1936, pp. 77-81).
21 FILIPPI 1916; BERTOLINO 2001, pp. 5-6; DE MARCHI 2006.
22 Manoscritto “Per la relazione sul Seminario, sul decreto Pontificio si prega di rispondere a quanto sotto...”, Biblioteca del Seminario
Vescovile di Mondovì, collocazione 95-B-322.
23 Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie.
24 Lettera da Savona, 20 gennaio 1917, da Giovanni Battista
Amerano a Ernesto Schiaparelli, Archivio Soprintendenza per i
Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie.
25 Lettera da Torino, 9 ottobre 1917, da Giovanni Battista
Amerano a Ernesto Schiaparelli; Lettera da Como, 22 dicembre
1917, da Giovanni Battista Amerano a Ernesto Schiaparelli:
Archivio Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte
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