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Cinema e Storia

2008, Eidos

Il filosofo Nicholas de Malebranche, rinomato fra gli studenti perché prendeva a calci i cani, volendo sostenere che non possiedono l'anima, affermò nel 1680, che il mondo esiste perché è creato, in ogni istante, da un Demiurgo che, fulmineamente, nell'istante successivo, lo sostituisce con una nuova creazione leggermente diversa. Ciò, a lungo termine causa l'impressione del cambiamento. È accaduto ad alcuni grandi registi di interpretare il Demiurgo, producendo, fotogramma dopo fotogramma, una realtà alternativa. Sergej M. Ejzenstejn, per esempio, in varie occasioni crea la storia, nel senso della vicenda raccontata. La rivoluzione del 1905 fallisce, mentre La corazzata Potemkin vince, proprio perché si oppone alla negatività del reale. L'abbinamento dei termini Cinema e Storia evoca immediatamente il genere del film storico. Ciò è corretto, ma limitato. Potremmo riferirci alla Storia del Cinema, o all'impatto del Cinema sulla Storia umana. Inoltre, per chi si cimenta con la psicoanalisi, la parola Storia rimanda a qualcosa di individuale e profondamente emotivo che, ancor oggi, una parte del pensiero psicoanalitico tende a lasciar scivolare fuori dell'agone sociale e culturale collettivo. Senza pretendere di esaurire tale complessità, che rimanda a vari settori delle scienze umane, la prima indicazione utile per approfondire il rapporto tra Cinema e Storia consiste, fuor d'ogni paradosso, nella sua storicizzazione.

Cinema e Storia Alberto Angelini www.albertoangelini.it Pubblicato sulla rivista Eidos, n.10/2008 Il filosofo Nicholas de Malebranche, rinomato fra gli studenti perché prendeva a calci i cani, volendo sostenere che non possiedono l’anima, affermò nel 1680, che il mondo esiste perché è creato, in ogni istante, da un Demiurgo che, fulmineamente, nell’istante successivo, lo sostituisce con una nuova creazione leggermente diversa. Ciò, a lungo termine causa l’impressione del cambiamento. È accaduto ad alcuni grandi registi di interpretare il Demiurgo, producendo, fotogramma dopo fotogramma, una realtà alternativa. Sergej M. Ejzenstejn, per esempio, in varie occasioni crea la storia, nel senso della vicenda raccontata. La rivoluzione del 1905 fallisce, mentre La corazzata Potemkin vince, proprio perché si oppone alla negatività del reale. L’abbinamento dei termini Cinema e Storia evoca immediatamente il genere del film storico. Ciò è corretto, ma limitato. Potremmo riferirci alla Storia del Cinema, o all’impatto del Cinema sulla Storia umana. Inoltre, per chi si cimenta con la psicoanalisi, la parola Storia rimanda a qualcosa di individuale e profondamente emotivo che, ancor oggi, una parte del pensiero psicoanalitico tende a lasciar scivolare fuori dell’agone sociale e culturale collettivo. Senza pretendere di esaurire tale complessità, che rimanda a vari settori delle scienze umane, la prima indicazione utile per approfondire il rapporto tra Cinema e Storia consiste, fuor d’ogni paradosso, nella sua storicizzazione. “La Storia la decidono i vincitori”: mai frase fatta fu più adeguata, relativamente al film. Lo spettatore accorto intuisce quel che per lo storico è dottrina. Il cinema è uno dei modi in cui la società gestisce la trasmissione dei ricordi; di conseguenza è ideologicamente condizionato, ma non privo di realtà. Bisogna cercare al di là dell’apparenza. Per esempio, il cinema addomesticato che descrive la conquista del West rivela meglio di ogni altra fonte l’ideologia dei bianchi anglosassoni che si impadronirono di quei territori. Il fascismo nostrano fu, anche cinematograficamente proposto nel dopoguerra, come una dittatura verticistica. Ci volle il coraggio di uno storico come Renzo de Felice per esaminare le caratteristiche popolari che si erano manifestate in quel tragico periodo. La valvola della memoria viene manovrata perfino dalla documentaristica. Inaugurò questa serie, nel 1914, un documentario di guerra tedesco, L’attacco dello Zeppelin sull’Inghilterra: una truffa vera e propria. Queste manipolazioni, in forme diverse, avvengono anche oggi. Tuttavia, per lo storico e per tutti noi, anche le immagini più “false”, nel documentario, nei cinegiornali, nella fiction, comunicano una enorme quantità di informazioni “vere”. Tutti i film di ogni genere, anche solo per le scelte relative alle inquadrature e al montaggio, non possono rivendicare l’oggettività. Nemmeno il Neorealismo riuscì ad essere “pura registrazione del reale”. Ciò non toglie che, con le dovute cautele metodologiche, si possa utilizzare il cinema come fonte storica e documento scientifico. Come i dipinti del quattrocento, ispirati magari al Vecchio Testamento, ci illustrano invece gli abiti, gli strumenti o le armi rinascimentali, così, per fare un esempio profano, i film di Stanlio e Ollio sono una macchina del tempo che ci permette di “vedere” l’architettura, i costumi, gli oggetti dell’America degli anni venti e trenta. Senza contare gli aspetti antropologici, certamente più importanti. Eppure, la visione di quei film non evoca in noi, la “meraviglia” del filosofo; ci spinge piuttosto verso una sana ilarità; ennesima prova del potere degli affetti sulla ragione, non solo cinematografica. L’esperienza filmica testimonia comunque l’esigenza di una razionalità affettiva e logica, nello stesso tempo. Nella vicenda cinematografica esistono passaggi dove lo spettatore soffre; momenti dove si impara qualcosa sperimentandolo direttamente. Un po’ come nella psicoanalisi, montaggio sono incappate in processi trasformativi, più o meno giustificati. Valga l’esempio della cinepresa utilizzata “a mano”, episodio rarissimo, altrimenti considerato, nel passato, errore dilettantesco, che è divenuto regola per un regista come Von Trier e il gruppo “Dogma”, desiderosi di combattere i “linguaggi filmici tradizionali”. In sostanza, parlando di Cinema e Storia e trascendendo il genere, ci troviamo di fronte alla storia di un pensiero creativo, in perenne trasformazione, nella forma tecnica e nella sostanza artistica. Con questo fenomeno lo spettatore si è storicamente rapportato, risultandone influenzato, o meglio “educato” percettivamente nel corso dell’evoluzione del mezzo. Del resto, come accade per il cinema, anche il cervello umano si storicizza; anzi sosteneva Alexander Luria: un cervello diviene umano quando è immesso nella storia e nella cultura umana. Il cervello di uno spettatore contemporaneo non è anatomicamente differente dal cervello di uno spettatore dei film di Méliès; ma il contesto storico e tecnologico è diverso; quindi è diverso il cinema. Gli spettatori contemporanei possiedono abilità percettive differenti dai loro colleghi del passato e sono costretti a frequenti faticosi adattamenti; mentre, per i nuovi nati il contesto percettivo, cinematografico e non, diviene, proprio in virtù della storicizzazione di queste funzioni cerebrali, un dato accettato e consueto. È uno degli aspetti per cui il cinema modifica la storia umana. Resta, al di là di ogni considerazione tecnologica, linguistica o percettiva, la grande capacità del cinema di trasformare una storia individuale in qualcosa di comune e condiviso, anche problematicamente. Senza pedagogia: dall’affettivo all’intellettivo. Per questo Sigmund Freud, che in verità il cinema non l’amava molto, può comunque essere considerato il pensatore più “cinematografico” nella storia del pensiero.