Academia.eduAcademia.edu

Cinema italiano e Resistenza

1995, Quaderni di Agorà

Ouqderni di frSorù 50o anniversario della Liberazione I v-. Cinema italiano e Resistenza Glann i thvçr aprile L995 - numero 7 lntroduzione Parlare di cinema e resistenza, e più in generale di cinema e storia, implica una precisazione di carattere metodologico: il cinema non puô, e quindi non deve, servire come mezzo di analisi degli avvenimenti che rappresenta; troppi sono i suoi limiti nel riprodurre la "realtà", sia questa contemporanea o antecedente all'epoca della realizzazione. ll film non puô che offr:irci un'interpretazione specifica e parziale, non puô che rappresentare la visione che una persona o, più spesso, un gruppo di persone hanno di un periodo storico. ll film ci informa più sul modo di vedere un dato avvenimento che sull'avvenimento stesso" Fare la storia della rappresentazione cinematografica della Resistenza non puô quindi essere un modo per ripercr>rrere la storia della Resislenza, ma puô essere un formidabile mezzo per mettere in evidenza quale fosse la portata politica e sociale di un tale tema cinematografico negli anni del dopoguerra. Questo lavoro quindi, dopo una doverosa escursione negli antecedenti storici del cinema del periodo 1943-45, tratterà soprattutto di quegli anni che vanno dalla liberazione al boom economico. ll materiale chê ha dato vita a questo quaderno era stato inizialmente raccolto in occasione di una serie di conferenze daÏe, questi ultimi tre anni, presso il Liceo Pareto di Losanna e durante i corsi di lingua e cultura italiana organizzali dall'ufficio scuola media del Consolato Cenerale di Losanna. Una prima pubblicazione è già avvenuta, sotto forma di articolo in quattro parti, circa un anno fa su Agorà. La formula adottata con questô quaderno permette non solo di aggiornarne e correggerne il contenuto, ma anche di trovare un suppo(o più consono con l'aspirazione didattica iniziale. lnfine esso si propone come complemento introduttivo alla retrospettiva organizzata, sullo stesso tema, in collaborazione con la Cineteca Svizzera per l'aprilemaggio di quest'anno. Cinema ltaliano e Resistenza di Gianni Haver ll cinema della R.S.l. Fin dagli albori della R.S.l. la cinematografia italiana si ritira da Roma a Venezia (o,"usando altri termini, da Cinecittà a Cinevillaggio come erano battezzati i nuovi studi che, fra mille difficoltà, i repubblichini erano riusciti a tirare su racimolando materiale che in molti casi aveva già preso la via per la Cermania), sono perô pochi gli uomini di cinema, anche fra quelli più compromessi con il regime, che si arrischiano a seguire la sorte della repubblica di Salô. La maggior parte si nasconde aspettando l'arrivo delle truppe alleate che sembrano a due passi e saranno invece molto lente nell'arrivare a Roma, qualcuno passa con i partigiani, altri ancora trovano rifugio nel cast dell'unico film ufficialmente in lavorazione nella capitale: Ia porta del cielo, intoccabile, poiché si tratta di un opera voluta e finanziata dai cattolici oltre che caldeggiata e protetta dagli ambienti vaticani. La lavorazione del film viene di proposito protratta fino alla liberazione della città e fornisce un pretesto d'oro per rifiutare le offerte di lavoro a Venezia non solo al regista, Vittorio De Sica, ma anche a una nutrita schiera di attori e collaboratori, fra i quali: Maria Mercader, Marina Berti, Massimo Cirotti, Carlo Ninchi, Vittorio Cottafavi, Pina Piovani, Aldo Tonti e tanti altri. La sirena tentatrice del cinema di Salô, interpretata dal convincente e abile Luigi Freddi già direttore della cinematografia, riesce comunque a convincere qualcuno, là dove la retorica non basta sono le paghe elevate a dissuadere: fino a diecimila lire mensili per i più qualificati. Alcuni giovani si fanno attirare dalla possibilità di fare esperienza, e non si pongono molte domande quando vedono spalancarsi le pofte del mondo del cinema abitualmente meno accogliente. Non sono comunque molti, né molto conosciuti, coloro che si trasferiscono a Venezia, unici 3 personaggi di rilievo la coppia di attori Luisa Ferida e Osvaldo Valenti e i registi Francesco De Robertis, Flavio Calzavara (che perô prudentemente si trasferisce in Spagna tra il 1944 eil1948), Piero Ballerini e Mario Baffico. Se i due attori verranno fucilati nel 1945 dai partigiani (il Valenti si è arruolato come ufficiale della Decima Mas) nessuno dei registi citati soffrirà alla liberazione di particolari persecuzioni e tutti saranno attivi anche negli anni del dopoguerra. Cinevillaggio è anche il luogo dove esordiscono autori che diventeranno molto prolifici negli anni successivi, come Fernando Cerchio, autore tra il 1945 e il 1967 di 24 lungometraggi tra i quali cercheremmo inutilmente un capolavoro, ma troviamo tre originali film dell'ultimo Totô: Totô contro Maciste (1961), Totô e Cleopatra (1963) Totà contro il pirata nero (1e64). Se dopo il 25 aprile l'epurazione sarà molto limitata, questo è in parte dovuto al tipo di produzione del cinema di Salô che resta estremamente vago rispetto alla situazione politica attraversata dall'ltalia degli anni cruciali 1943-1945, producendo quasi sempre opere di puro svago completamente estranee alla realtà; gli autori non si sono compromessi con opere di propaganda. Unica eccezione alla regola Aeroporto di Piero Costa e forse un paio di film messi in cantiere ma probabilmente mai usciti, i cui titoli denunciano una qualche allusione alla situazione italiana. Cercheremmo quindi inutilmente una rappresentazione o semplicemente un accenno alla resistenza in queste pellicole, la propaganda cinematografica repubblichina ha preferito ignorare i partigiani piuttosto che tentare di demonizzarli. La maggior parte della trentina di film prodotti in quegli anni si svolgono in un "contemporaneo vago" che non fornisce allo spettatore allacci con gli awenimenti bellici e politici. Se raramente si parla di guerra, l'esistenza della repubblica sociale è addirittura eclissata: in Ogni giorno è domenica di Baffico, si vedono dei soldati rientrare dal fronte per una licenza a Venezia (gli studi erano li e i registi ne approfittano) ma i loro baveri non sono ornati con i gladi e le fronde dei militi del maresciallo Craziani ma delle ben 4 più rassicuranti stellette del Regio Esercito. Eppure il film è uno di quelli interamente girati durante la R.S.l. I cinegiornali L.U.C.E. L'istituto L.U.C.E. parte più tardi per Venezia, dove già si trova resto della cinematografia repubblichina, probabilmente solo nei primi mesi del 1944. Al pari della restante produzione cinematografica, anche i cinegiornali sono estremamente cauti e, contrariamente a quanto faceva la stampa o la radio, non dedicano servizi alla lotta contro i "bandiTi", con la scarna eccezione di quattro numeri che mostrano unità della R.S.l. snidare, al fianco di soldati tedeschi, nuclei di partigiani che agiscono in Slovenia, ed è evidente l'importanza che riveste lo svolgimento dell'azione al di fuori del territorio nazionale. Le attualità filmate che il L.U.C.E. propone sono in massima parte o glorificazioni del nuovo regime e del suo esercito o ancora servizi puramente aneddotici e irrilevanti, distanti come il resto della produzione filmica dalla realtà degli spettatori. Spesso non si tratta di prodotti nazionali ma di soggetti acquisiti presso i cinegiornali di paesi dell'asse o neutrali; ititoli sono eloquenti: La mietitura del grano in Finlandia, Pellegrinaggio a un santuario ungherese, Un saggio ippico in Romania, La fabbricazione di mortaretti a Lugo di Romagna, L'inaugurazione della Vll fiera campionaria a Bilbao; qualche soggetto arriva anche dalla Svizzera: Pascoli nelle valli svizzere, L'incisione delle fibbie metalliche in Svizzera. La volontà di far sparire anche dai cinegiornali ogni allusione alla lotta contro i partigiani risulta evidente dalla visione di quelle poche centinaia di metri scartati al montaggio e conservati nell'archivio dell'istituto. Argentieri le descrive cosi: "la cattura di un bambino spaurito in mezzo alla neve; le inospitali catene dei monti e dei boschi ove era annidata la partigianeria; lungo le stradicciole di un villaggio, un mesto corteo funebre che accompagna in chiesa un caduto; una pattuglia che si acquatta sotto il tiro di un cecchino; la sepoltura di un volontario in un cimitero il 5 di campagna"t. Qualche filmato, realizzalo probabilmente in modo informale, sulla lotta ai partigiani esiste e sarà inserito in alcuni documentari del immediato dopoguerra, non si tratta comunque di immagini destinate alla proiezione pubblica nei cinema della R.S.l.. La liberazione di Roma Non appena gli alleati entrano a Roma, molte di quelle persone che avevano preferito la fame e la clandestinità alle lusinghe di Freddi, si mettono in moto per cercare in qualche modo di fare cinema. La voglia è tanta ma i mezzi sono praticamente inesistenti, uno dei primi che riesce a mettere mano alla cinepresa è Roberto Rossellini. Regista con all'attivo già tre opere, Rossellini aveva dovuto interrompere dopo gli avvenimenti dell'B settèmbre quello che sarebbe potuto essere il suo quarto lungometraggio e resta a Roma durante l'occupazione nazista. Quel periodo fatto di paure e di umiliazioni ma anche di atti coraggiosii lo impressiona profondamente e fa maturare in lui l'idea di raccontarlo in un futuro film. Rossellini trova diversi amici e colleghi che credono allo stesprogetto, so anche se l'idea che il regista e i suoi primi collaboratori hanno del film da realizzare è abbasT.anza diversa dalla forma che questo prenderà una volta concluso. Fin dall'inizio perô il progetto è quello di realizzare un film su di un avvenimento della resistenza contro l'occupante nazista. I mezzi a disposizione essendo limitatissimi, si pensa dapprima a un cortometraggio semidocumentario che, girato nei locali della sede della Cestapo di Roma, racconti del sacrificio di don Morosini, il prete fucilato dai nazisti. ln seguito perô, grazie anche all'apporto di nuovi collaboratori (fra i quali il giovane sceneggiatore LÔ .i- O) .g a.) 6 U É. o c) U É -o \ G qJ OrE /ff d U r 1 M. Argentieri, L'occhio del regime, 1979, pag. 192. 6 7 Federico Fellini) si decide di tentare la via più difficile del lungometraggio a soggetto. Di Roma città aperta si è detto di tutto, il film è stato eretto a capostipite, non solo del cinema resistenziale, ma anche e soprattutto dell'esperienza neorealista, aneddoti e interpretazioni si sprecano. A noi interessa, in questa sede, innanzi tutto quale elemento di prova della volontà, e si potrebbe addirittura dire del bisogno, di raccontare con le immagini una resistenza che, appena finita a Roma continua più a Nord (il film è girato fra l'estate del 1944 e la primavera del 1945). Per poter appagare questa smania di raccontare, Rossellini e i suoi collaboratori devono far fronte a delle difficoltà enormi. Nella Roma del1944 trovare qualche metro di pellicola è diventato difficilissimo. Si gira usando pellicola da 35 mm per fotografie, senza banda sonora, disponibile spesso in spezzoni di pochi metri il più delle volte scaduta e deteriorata, non ci si puô permettere di ripetere le scene. I riflettori non hanno sempre la corrente elettrica che serve al loro funzionamento. ll film acquista involontariamente quella fotografia scuro-opaca che, benché per Roma città aperta sia dettata dalle condizioni di ripresa particolarmente precarie, è diventata una importante caratteristica estetica del film. Un altro gruppo molto attivo a Roma è quello dei giovani marxisti che facevano capo alla rivista Cinemaz, vi partecipano Ciuseppe De Santis, Luchino Visconti, Marcello Pagliero, Mario Serrandrei, è quest'ultimo ad avere l'idea di montare in un lungometraggio alcune immagini isolate relative alla lotta contro i nazisti. 2La rivista Cinema, diretta da Vittorio Mussolini, è stata fin dalla sua creazione un importante mezzo e veicolo di riflessione. Crazie al nome del suo intoccabile direttore essa divenne una specie di zona franca dove si aveva poco da temere con la censura. Tra i suoi collaboratori troviamo nomi importanti del cinema italiano del dopoguerra. o Ne salta fuori una specie di film a episodi nel quale si mescolano frammenti documentari, scene ricostruite, inchieste e anche scene a soggetto, come l'agguato del gappista girato da De Santis che sembra uscire da un film di Bangsters americani. Al di là dei suoi limiti e difetti, dettati in parte dal fatto che l'opera è stata girata a caldo nella foga di avvenimenti appena conclusi e di ferite non rimarginate, materializzali in una struttûra ineguale e in ur;r commento che soffre della retorica che troviamo anche nel titolo, Giorni di gloria costituisce un documento di un'importanza storica e sociale inestimabile, ed è forse proprio questo film a rendere, più di ogni altro il clima di quel periodo. Le scene di guerra partigiana della prima parte, girate spesso da operatori improvvisati e dotati di mezzi di fortuna (ricordiamo il partigiano "Manlio" delle divisioni garibaldine della Valsesia autore di numerose riprese) tradiscono qualche volta la loro non immediatezza con i fatti che vogliono rappresentare: il momento in cui due repubblichini si arrendono è con molta probabilità ricostruito, magari solo qualche minuto dopo il fatto reale, ma lo scollamento si nota. Sono difetti che non passano inosservati e Pietro Bianchi noterà su "Oggi" nel gennaio del 1945: "La parte dedicata alla guerra partigiana è la più debole. Si tratta probabilmente di scene non colte nel momento in cui venivano realmente agite". La presa diretta sul reale è invece dominante nelle altre parti: il processo del ex capo della polizia Pietro Caruso e di Pietro Koch il boia della pensione Jaccarino, la loro fucilazione a Forte Bravetta, il linciaggio di Carretta il direttore di Regina Coeli, l'esumazione dei cadaveri delle Fosse Ardeatine e le testimonianze dei parenti delle vittime, piazzale Loreto (le riprese di piazzale Loreto sono probabilmente state fornite dall'impresa svizzera Cinéac di Losanna che inviô un operatore per filmare la liberazione di Milano e che figura anche come coproduttrice del film). Sia Giorni di gloria che Roma città aperta escono sugli schermi a guerra conclusa, ma sono stati entrambi cominciati mentre al Nord si combatteva ancora. Solo un altro film sulla resistenza italiana era in lavorazione all'epoca, si tratta di una opera stra- 9 niera che quindi esurla dai limiti di questo lavoro, mi sembra perô doveroso citarla soprattutto considerando il fatto che si tratta di una produzione svizzera: Die letzte Chance di Leopold Lindtberg, destinata a diventare nel dopoguerra un successo internazionale. La Liberazione Nella primavera del 1945, quel poco che in ltalia rimane ancora del poderoso complesso industriale cinematografico creato nella seconda metà degli anni trenta, si trova in massima parte concentrato al Nord. Si pone cosr' un problema vitale per il futuro del cinema italiano: il salvataggio degli impianti dalla distruzione bellica o da eventuali sabotaggi dei tedeschi in ritirata. Cosciente dell'imporlanza rivestita dalla cinematografia, il Comitato di Liberazione Nazionale riesce a stabilire dei contatti all'interno dell'istituto L.U.C.E. con alcune persone alle quali affida il compito di organizzare il salvataggio del materiale. ll mandatario principale del C.L.N. è Francesco Pasinetti e tra coloro che lo affiancano troviamo il regista Ciorgio Ferroni. Si comincia cos) a trasferire segretamente le attrezzalure in magazzini lontani dall'istituto e soprattutto sconosciuti ai tedeschi. Qui i macchinari resteranno fino all'insurrezione di Venezia e la successiva occupazione dei locali del L.U.C.E. nella mattina del 2B aprile 1945, da parte dei gruppi di partigiani guidati da Ceo Tapparelli. lmmediatamente la potenzialità dell'istituto viene usata e alcune squadre di operatori, dirette da Clauco Pellegrini, realizzano i primi due cinegiornali Attualcinee alcuni documentari tra i quali Venezia Insorge, girato dallo stesso Pellegrini e proiettato sugli schermi romani e milanesi..ln seguit_o il^C.L.N. una società privata. Quelli della Liberazione sono giorni ricchi di avvenimenti e chi ha qualcosa con cui girare, fa incetta di immagini: girano a più non posso le macchine da presa dei servizi cinematografici militari americani e quelle del Servizio Documentazione dell'Vlll Armata britannica; gli operatori del cinegiornale svizzero e quelli della società privata Cinéac di Losanna si fanno concorrenza filmando insieme la liberazione di Milano e le raccapriccianti scene di piazzale Loreto (una volta in Svizzera Cinéac che si accorge di non poter sfr:uttare economicamente delle immagini già presenti in tutti i cinema elvetici a causa della distribuzione obbligatoria del cinegiornale, si considererà parte lesa e farà finire in tribunale I'intera faccenda). Cirano infine anche Fernando Cerchio e Carlo Borghesio due registi che appena smessi gli abiti repubblichini salgono in montagna per filmare le ultime scene di vita partigiana realizzando il documentario Aldo dice 26x1. ll dopoguerra Vernocchi, il quale giunge a Venezia con il compito di defascistizzare l'istituto in modo da riorganizzarne l'attività. L'intervento di Vernocchi riesce anche a sventare una manovra di prelievo di materiali pubblici da parte di ex impiegati che intendono fondare I primi anni del dopoguerra vedono la difficile rinascita del cinema italiano. La produzione anche se ancora lontana dalle cifre dei primi anni quaranta (nel 194'l -42 era numericamente la più importante d'Europa) si stabilizza:. una trentina di film tra la liberazione e la fine del 1945, 62 nel 1946,60 nel 1947 e 54 nel 1948. ll cinema sulla Resistenza occupa in questo periodo un posto importante, le opere si moltiplicano. L'argomento infatti, pur non facendo più parte dell'attualità immediata, è recentissimo e quindi ancora molto sentito. lnoltre, l'assenza di censura che ha seguito la liberazione e che durerà solo per qualche anno, permette agli autori di trattare liberamente temi scottanti e spesso politicamente impegnati. Nei soli anni 1945 e 1946 sono stati distribuiti oltre una quindicina di lungometraggi documentari e a soggetto che abbordano temi resistenziali. Questi film non sono pochi se vengono rapportati alla sola produzione nazionale che all'epoca è, come abbiamo visto, modesta; il film italiano 10 11 nomina commissario straordinario del L.U.C.E. Olindo perô non è più padrone degli schermi e occupa nel 1946 solo 13% del mercato; il resto è quasi esclusivamente terreno d'azione dei film americani, arrivati in massa e verso i quali gli spettatori italiani, che ne sono a digiuno da anni, intendono recuperare il tempo perduto. Voltare pagina Quasi tutti iregisti attivi in quegli anni hanno un passato fascista o quantomeno di convivenza con il regime, vogliono perô dimostrare di aver cambiato pagina: è cosi che Blasetti farà dimenticare film come Vecchia guardia (1934), che girô in gioventù per glorificare la marcia su Roma, dirigendo nel 1946 IJn giorno nella vita, film clerical-resistenziale su un gruppo di partigiani che trovano rifugio in un convento di monache di clausura. Meno compromesso, ma più veloce del collega, Camerini l'anno precedente aveva realizzalo Due lettere anonime sulla resistenza prima militare e poi popolare a Roma nel 1943-1945. Anche Camerini aveva al suo attivo un opera di regime: Il grande appello (1936), film di propaganda girato in occasione della conquista dell'impero. ll Rossellini di Roma città aperta e del successivo Paisà - film a episodi che conta due bellissime ricostruzioni che illustrano la lotta partigiana a Firenze poco prima della liberazione della città la lotta contro i nazisti nelle difficili condizioni delle lagune venete - si era pure lui cimentato con il cinema di propaganda, e film da farsi perdonare ne aveva addirittura tre, tutti ben più recenti di quelli girati dai colleghi citati sopra. Si tratta di quella che venne chiamata a posteriori "trilogia della guerra fascista" nella quale vengono racchiusi i primi film del regista, tutti di propaganda bellica: La nave bianca (1941), Un pilota ritorna (1942) e L'uomo della croce (1943), dedicati, per non scontentare nessuno, rispettivamente alla marina, all'aviazione e all'esercito. Rossellini scrisse anche la sceneggiatura di Luciano Serra pilota 12 di lvo Perilli diresse diverse scene di interni) celebre film di propaganda del regista Coffredo Alessandrini, il cui titolo era stato scelto nientemeno che da (e secondo una testimonianza Mussolini in persona. Carmine Callone, alla regia del quale si deve il "colossal" fascista Scipione l'Africano (1937) - film che doveva saldare idealmente la Roma dei Cesari con la Roma mussoliniana - dirige nel 1946 Anna Magnani e Tito Gobbi nel poco convincente -Davanti a lui tremava tutta Roma, storia di un tenore di successo (Cobbi naturalmente) che passa i mesi dell'occupazione a Roma impegnandosi alternativamente tra lotta partigiana e bel canto. Romolo Marcellini autore di numerosi film a soggetto e documentari di propaganda a tema bellico (Sentinelle di bronzo, Los novios de la muerte, L'Ltomo della Legione, M.A.S., Inviati specia/i, ecc...) passa tranquillamente al genere pacifista realizzando, con pari abilità che nei precedenti il film di montaggio Guerra alla Guerra (in collaborazione con Ciorgio C. Simonelli) del quale Albertazzi entusiasta dirà: "Come pellicola di propaganda antibellica merita ogni considerazione"t.ll film viene prodotto dalla cattolica "Orbis" e raggruppa riprese "dal vero" degli anni 19401945; alla sceneggiatura partecipa anche Cesare Zavattini. Ciorgio Ferroni, regista del quale abbiamo già parlato, oltre ad aver aderito alla cinematografia di Salô aveva realizzato nel 194O L'ebbrezza del cielo, film che declama le italiche gesta nei cieli spagnoli. Nel 1946 Ferroni realizza per conto del C.V.L. (Corpo Vôlontari della Libertà) Pian delle Stelle, sceneggiato da lndro Montanelli, Rodolfo Sonego e Vittorio MeTz, ma nonostante questi nomi illustri il film, che resta comunque una delle rare rappresentazioni della lotta partigiana in montagna, non sembra essere uscito bene. Lo stesso Sonego qualche anno dopo ne parlerà cosi: nPian delle stelle? E un film di nessun conto, meglio 3lntermezzo N. B, 1948 13 dimenticarlo. Voleva essere una storia partigiana, e io fui chiamato come consulente, ma con la resistenza c'enlrava ben pOCO... )4. tanti registi italiani passarono da un passato fascista (o per lo meno fascistizzalo) ad un presente antifascista non si tratta probabilmente di una scelta fatta con leggerezza d'animo o motivata solo da opportunismo politico, certo ci sarà stato anche chi è salito sul carro del vincitore, ma è più importante sottolineare che la volontà di un'intera nazione di riscattarsi da vent'anni di fascismo viene espressa anche attraverso le opere di questi autori per quanto ineguali esse possano essere. ll periodo 1943-1945 ebbe poi sugli intellettuali (in genere e non solo sugli autori cinematografici) un effetto di radicale "sveglia" dal sonno fascista, preceduto per alcuni dal periodo di dormiveglia 1938-1943, facendo nascere in molti una volontà di ripensare criticamente un recente passato nel quale erano stati anche coinvolti. Se cosi I partigiani producono La Resistenza si era dimostrata cosciente dell'importanza del cinema, sia come supporto informativo-propagandistico, sia come mezzo di testimonianza storica, e quel poco che è stato possibile fare con i mezzi a disposizione è stato fatto anche durante la clandestinità. Naturalmente si tratta essenzialmente di riprese in formato ridotto, di breve durata, girate da operatori dilettanti, quando le circostanze lo permettonos. Esemplari di questo tipo di produzione filmica cono le immagini lasciate da Don Pollarolo, un prete partigiano che ha ripreso diverse immagini della vita dei resistenti grazie alla sua piccola macchina da presa Pathé Baby. Pollarolo riusciva anche a sviluppare e monta- re con quadri di commento le immagini ed a organizzare proiezioni. Mano a mano che l'ltalia viene liberata e che si rendono disponibili uomini e materiali, si riescono a girare sequenze documentarie più professionali, inserite poi nei vari cortometraSgi in circolazione nei mesi successivi al conflitto (L'ltalia si è desta di Domenico Paolella, La nostra Suerra di Alberto Lattuada, Le foglie non volano, La liberazione di'Milano, ecc...). A guerra finita le associazioni di partigiani inaugurano una vera altività di produzione cinematografica. Cià Giorni di gloria è stato coprodotto dalla Titanus e dall'A.N.P.l. (Associazione Nazionale Partigiani d'ltalia) e Pian delle stelle è voluto e finanziato dai partigiani del C.V.L. di Padova per raccontare uno degli avvenimenti dei quali erano stati protagonisti; ma il film che segna il più forte impegno dell'A.N.P.l. è ll sole sorge ancora di Aldo Vergano. Tratto da un soggetto di Ciuseppe Corgerino - un giornalistà che aveva partecipato alla Resistenza come redattore di "ltalia Libera" e come collaboratore di Parri sia durante la clandestinità che durante l'insurrezione - il film doveva inizialmente essere diretto da Coffredo Alessandrini, poi scartato perché nanche se oggettivamente Alessandrini era una persona perbene, il suo smaccato passato cinematografico di regista del fascismo strideva con il finanziamento dell'A.N.P.1.l, Ciuseppee. Anche Vergano aveva realizzalo nel 1943 un opera di regime: Quelli della montagna, un film bellico sulle truppe alpine, ma fino dagli anni trenta era nota negli ambienti cinematografici la sua fede comunista e il suo dichiarato antifascismo. I contatti con Vergano vengono presi alla fine dell'ottobre 1945 e la lavorazione si pro- s Una raccolta di filmati di questo tipo è stata possibile grazie al lavoro dell'Archivio audiovisivo della resistenza di Torino, creato nel 1966 con presidente Franco Antonicelli e direttore Paolo Cobetti, come sezione autonoma ln C. Fofi, F. Faldini, L'avventurosa storia del cinema italiano, 193559 paç.121. a 14 dell'lstituto storico della resistenza in Piemonte.. 6 De Santis in C. Fofi, F. Faldini, op cit 15 trae per circa quattro mesi dell'inverno 1945-1946, periodicamente interrotta dalla mancanzadi finanziamenti. ll film è sempre considerato una delle più belle opere sulla Resistenza e ha susci- tato l'interesse degli studiosi italiani e stranieri. Tra gli atri film prodotti con il finanziamento dell'A.N.P.1., ricordiamo anche Caccia Tragica (1946) di Ciuseppe De Santis, che pur non parlando direttamente di Resistenza è impregnato di temi che se ne ispirano. La Resistenza scomoda Cià nel 1947 la rappresentazione della Resistenza al cinema perde di importanza, gli autori impegnati si rivolgono ai problemi che non mancano nell'ltalia del dopoguerra: è il periodo d'oro del cinema neorealista. La vera battuta d'arresto pêr il genere resistenziale arriverà perô l'anno dopo e avrà un carattere politico. Le elezioni del 1B aprile 1948, segnano il raggiungimento della maggioranza assoluta da parte della Democrazia Cristiana la quale riesce cosi a escludere dal governo le altre forze che avevano partecipato alla resistenza.lnizialo subito dopo un processo di normalizzazione e di riconciliazione, la D.C. comincia a vedere di cattivo occhio la proiezione di film che frugano in un passato prossimo cosr' problematico e conflittuale, che ha lasciato numerose ferite non ancora rimarginate. Non solo ifilm di resistenza, ma anche quelli sul periodo fascista sono visti come pretesti per disturbare il delicato tentativo di riconciliazione nazionale che il partito al potere ha intrapreso. Questi film inoltre, costituiscono agli occhi dei notabili democristiani, un appiglio troppo facile per la propaganda delle sinistre. Senza considerare che la componente di rivolta, sottintesa in molte pellicole resistenziali, assume in alcune di esse itoni e lo slancio della rivoluzione. Questo non puô che preoccupare gli ambienti cattolici e industriali, iquali devono fare iconti con un Partito Comunista fra i più grandi dell'Europa occidentale. Neanche 16 l'esercito, allora in piena riorganizzazione grazie agliaiuti americani, vede di buon occhio dei film che ricordano avvenimenti delicati e non troppo gloriosi, come quelli dell'B settembre 1943. ll ritorno di madama I I Anastasia Cli anni di libertà vissuti nell'immediato dopoguerra arrivano cos) alla loro fine e la censura - che molti cineàsti credevano relegata definitivamente fra i brutti ricordi, insieme a fez, orbaci e adunate oceaniche - risorge vigilante e meticolosa. I produttori scartano prudentemente le sceneggiature a sfondo politico e, fra queste, quelle legate alla Resistenza. Sono anni che vedono gli schermi italiani dominati dai melodrammi, dalle farse e dai fi[m avventurosi. Le eccezioni non fanno che confermare la regola: per essere in grado di produrre Achtung! Banditil (1951)ôarlo lizzani finisce per costituire una cooperativa di autori e spettatori, ma le autorità cercano comunque di'ostacolare la lavorazione del film proibendo l'uso di armi da fuoco, anche caricate a salve, per invocate ragioni di sicurezza. Lizzani dovrà girare le scene di combattimento con attori che impugnano armi di legno fabbricate e offerte dai volenterosi falegnami genovesi. Questa stessa cooperativa produce tre anni dopo anche Cronache di poveri amanti, sempre di Lizzani che mette in scena fascismo e antifascismo i.n un quartiere di Firenze durante gli anni venti; poi, non ' riuscendo a far fronte alle crescenti difficoltà, si scioglie. Altri film sono semplicemente proibiti dalla censura: Tragica alba a Dongo di Vittorio Crucillà (sugli ultimi giornî di Mussolini), che avrebbe dovuto uscire nel 1950 è bloCcato per_ ché considerato pericoloso, lo si vedrà per la prima volta quasi quarant'anni dopo. Come se non bastasse, alla censura di stato si aggiunge quella indiretta, ma potente, del Centro Cattolico I Cinematografico che preme sui produttori col peso delle numerosissime sale parrocchiali. La situazione è tale che il produttore Carlo Ponti dichiara: nOggi non sarebbe possibile realizzare Roma, città aperta, poiché non sarebbe gradito ai tedeschi. Non 17 i registi e iproduttori godevano nell'immediato dopoguprra, quella libertà che ha permesso al cinema italiano di risorgere e produrre film universalmente ammirati. Oggi insomma, coloro che intendono realizzare un film devono muoversi in un campo minato di compromessi, intimidazione e pressioni. Accade che, se un produttore non riceve un assenso, dovrà armarsi di molto coraggio per affrontare la realizzazione di un film. Quando avrà ultimato il lavoro, ammesso che riesca a passare attraverso le maglie della censura - magari mutilando il film nelle sue parti migliori - difficilmente potrà ottenere quel premio di cui la critica magari lo riterrà meritevole. Se un produttore è coraggioso potrà tentare una volta una simile alea, ma la seconda preferirà impiegare il suo denaro in film scacciapensieri che gli potranno assicurare un guadagno certo, e forse anche un premio>2. ln questo clima il solo fatto di aver pubblicato una proposta di film sulla poco gloriosa campagna di Crecia, costa ai critici Guido Aristarco e Renzo Renzi una condanna per vilipendio alle Forze Armate rispettivamente a sei mesi e sette mesi e tre giorni di prigione. $ N Eroismo, sacrificio e dovere c Se si devono abbordare temi legati alle operazioni militari delle Forze Armate italiane durante la seconda guerra mondiale, .! J esiste più quella libertà, della quale O) N =.û è più prudente farlo con un tono glorificatore. ln effetti durante gli anni cinquanta nasce un prolifico filone bellico: Carica Eroica (De Robertis, 1952), ll prezzo della gloria (Musu, 1955), Divisione Folgore (Coletti, 1954), La donna che viene dal mare (De Robertis,1957), El Alamein (Malatesta, 1957), ll cielo brucia (Masini, 1957), ecc... . Questi film non trattano quasi mai della guerra di liberazione e quando raramente lo fanno, l'ottica è U = ô J o (^ 7 M. Argentieri, La censura nel cinema ltaliano, pag. 96. 1B 19 quella della riconciliazione. Un episodio di // cielo brucia è, in questo senso, esemplare: Un trimotore appartenente alla Aeronautica ltaliana Cobelligerante (quella badogliana per utilizzare un termine più conosciuto) viene abbattuto dai tedeschi nel mezzo del Mediterraneo, uno dei piloti si salva su di un battellino pneumatico. Diversi giorni passano, fino all'improbabile incontro di un altro battellino con a bordo un pilota italiano, questa volta appartenente all'Aeronautica Nazionale Repubblicana (quella di Salô, sempre per usare termini chiari). I due piloti finiscono per fralernizzare e scoprono di lottare entrambi per la stessa causa: I'ltalia. Raccolti senza vita sulla riva, saranno sepolti insieme: (come fratelli>. Tutte q ueste ra le, s zioni sull'esercito italiano durante la seconda guerra guardano bene dal ricordare agli spettatori che si trattava di una guerra voluta dal regime fascista. L'eroismo e il patriottismo vi sono esaltati come valori positivi di per se stessi. Solo vaghe giustificazioni, esortanti alla riconciliazione e a valori religiosi, spiegano il perché del sacrificio di tanti soldati italiani, cosi come il commento in voce off sulle immagini del cimitero dei paracadutisti italiani ad El Alamein nel film Divisione Folgore: <La tragedia della Folgore è finita, il fragore della battaglia si è spento nella pace della morte che fa vano e inutile ogni odio. Ma questa ordinata distesa di croci nelle sabbie non più deserte sia esempio di eroismo, di sacrificio e di dovere, e monito di chi visse a chi vive perché l'umanità, nel segno di Cristo, ritrovi il dono dell'amore., La volontà precisa di non risvegliare vecchi odi e di evitare la messa in evidenza dei problemi della società scartando un cinema troppo critico, viene esternata ufficialmente con una chiara presa di posizione di Scalfaro, successore di Andreotti alla Direzione Cenerale dello Spettacolo (dopo Bubbio e Ermini), nel discorso fatto alla stampa nell'aprile del 1955: oLa prima esigenza del cinema è quella di divertire sul piano umano. Occorre che il film possa dare al pubblico un senso di riposo dopo le fatiche della giornata, che lo interessi e diverta in modo semplice, 20 senza creare il tormento di complicati stati d'animo ma cercando di alleviare le fatiche della giornata con un maggior ottimismo, con una visione più allegra della vita. [...] Un altro aspetto politico dei rapporti con l'industria per una produzione impegnata e seria è quello della censura [...] Ci sono tuttavia dei principi che sarebbe grave danno se venissero calpestati. Nel mettere in evidenza certi punti e certe esigenze, mi è parso di dover mettere al primo posto la necessità di non avvilire il concetto di patria, non dimenticando che, nel dopoguerra, certi film che hanno toccato questo difficile argomento hanno suscitato vivaci polemiche. Altro punto : il principio della fede e della religione.> Qualcuno non demorde e prova ad aggirare l'ostacolo cercando nel passato dei temi che parlino anche del presente o di un passato molto recente. E quello che fanno Lattuada con ll mulino del Po (1949) e Cermi con // brigante Tacca di Lupo (1952) nel quale possono anche essere trovati molti parallelismi con i film di Resistenza. Visconti prende questa strada con Senso (1954), film che lo storico Rémy Pithon ha messo in rapporto con Il sole sorge ancora: "Nei due film, le classi possidenti [...] collaborano con tutti i regimi e non hanno che una cosa da temere: non il passaggio da un regime a un altro socialmente analogo, ma la presa di potere delle masse."s Verso il centrosinistra Nel frattempo la Repubblica italiana, che si avvicina al suo quindicesimo anniversario, vive degli avvenimenti importanti: il margine della maggioranza assoluta della D.C. si riduce e costringe il partito a cercare appoggi e alleanze in altre formazioni politiche. Per evitare un'apertura a sinistra iniziano trattative R. Pithon, "Cinéma et histoire: le néo-réalisme dans la vie politique .l italienne entre 944 et 1954" in Cahiers Vilfredo Pareto, No 22-23, 1970. B 21 con la destra monarchica e con il Movimento Sociale che porteranno il governo Tambroni ad appoggiarsi, nel febbraio del 1960, sui voti del M.S.l.. Questa alleanza dà inizio a movimenti di malcontento popolare che sfociano nelle grandi manifestazioni di piazza del luglio dello stesso anno. Le forze dell'ordine reprimono violentemente le manifestazioni, risulta perô chiaro che un governo che comprende forze della destra neofascista non è realizzabile. La D.C. è dunque costretta a pensare ad un'apertura a sinistra, che si realizzerà solo nel 1963 con l'entrata al governo del Partito Socialista, ma il dibattito sull'argomento è comunque aperto e già dal 1960 spira il vento del centrosinistra. Questi avvenimenti politici restituiscono immediatamente un nuovo ruolo di attualità al cinema sulla Resistenza: si tratta di ricordare a tutti quelli che l'hanno dimenticato, a che cosa ha portato il fascismo e quanto è costato combatterlo. I produttori si lasciano convincere nella speranza che un soggetto ridivenuto d'attualità porti gli spettatori a riempire le sale e i progetti di film sul periodo 1943-1945 si moltiplicano. Dal canto suo, la censura lascia passare opere che avrebbe intralciato solo qualche tempo prima: se la sinistra dovrà partecipare al governo si dovrà pure fare qualche concessione. ln questa situazione i cattolici riscoprono il loro contributo alla lotta per la Liberazione, anteriormente velato per precise scelte politiche e strategiche. Naturalmente il tema della Resistenza non è avvicinato solo da autori impegnati o militanti, dal momento che è diventato un filone sfruttabile economicamente esso fa fiorire una gran quantità di realizzazioni che hanno come unico scopo ultimo la cassetta. Nel periodo 1960-1963 si assiste a un vero e proprio boom (è il periodo di quello economico) dei film sul periodo del fascismo e della Resishenza, c'è chi ha contato oltre quaranta titolig. Tutti i generi cinemato'grafici partecipano alla rievocazione: dal sMicciché, ll cinema italiano degli anni '60, pag.31 22 documentario al film musicale, dalla commedia al film drammatico, dalla farsa al film di montaggio. Ancora Rossellini È ancora una volta Rossellini che dopo l'intervallo degli anni cinquanta rilancia il tema della Resistenza. ll generale Della Rovere, tratto dall'omonimo racconto di lndro Montanelli, viene presentato al festival di Venezia del 1959 dove ottiene il Leone d'Oro a pari merito con La grande guerra di Mario Monicelli. ll film racconta di un tale Ciovanni Bertone che durante la guerra vive di espedienti, arrestato per borsa nera si vede proporre dai tedeschi un patto: dovrà simulare di essere un celebre generale badogliano internato a San Vittore e spingere cosi i capi della resistenza detenuti a rivelare la loro identità. A contatto con la realtà del carcere il Bertone si immedesima sempre più nel personaggio fino a farsi fucilare senza aver rivelato alcun nome. Giovanni Bertone è una persona realmente vissuta (fu incontrato da Montanelli durante la guerra), ma Rossellini si discosta talmente dal fatto di cronaca che i parenti del fucilato intentano al produttore una causa per diffamazione. ll film ha un buon successo di pubblico, probabilmente anche grazie all'ottima interpretazione di Vittorio De Sica, tanto che Rossellini cercherà l'anno seguente di sfruttare ancora il filone resistenziale dirigendo iI deludente Era notte a Roma, che oltre ad essere di gran lunga inferiore al precedente dal punto di vista formale e artistico, incasserà al botteghino meno di un terzo. Se ne ll generale Della Rovere Rossellini sa servirsi, almeno nella prima parte, di quel velo di commedia che quando usato con intelligenza dona al film spessore e realismo, in Era notte a Roma non riesce a scrollarsi di dosso né un pesante e lacrimoso schema melodrammatico né gli stereotipi più consolidati: al punto da far interpretare ad uno zoppo la parte del traditore, cosT da sottolineare, la dove non ve ne è alcun bisogno, la deformazione morale con quella fisica. 23 ll successo de ll generale Della Rovere, i cui incassi ammontano ad oltre settecento milioni di lire, va senz'altro annoverato fra quelle cause che scatenano l'ondata di film a carattere resistenziale. O per lo meno serve da innesco. I Film di montaggio Con la distanza storica permessa dai quindici anni trascorsi, alcuni registi sono tentati dalla possibilità di ripensare critica- mente l'intera esperienza fascista; questo passaggio permette loro di situare in una migliore prospettiva storica anche la Resistenza. Nascono cos) alcuni film che alle vecchie immagini documentarie, scovate nei magazzini dell'istituto L.U.C.E. o altrove, uniscono un commento che non è più declamatorio, glorificatore o denigratore ma si sforza di essere critico e analitico. ll primo maggio del 1962, alla vigilia del governo di centrosinistra, esce sugli schermi italiani All'armi siam fascisti di Lino Del Frà, Cecilia Mangini e Lino Micciché, film di montaggio sostenuto dal partito socialista. Era stato preceduto da due altri film di montaggio usciti entrambi nel gennaio dello stesso anno: Benito Mussolinidi Pasquale Prunas e Benito Mussolini: anatomia di un dittatore di Mino Loy. Al contrario di questi due ultimi titoli, All'armi siam fascisti non accentra il suo discorso attorno alla figura del dittatore evitando quindi l'errore nel quale cadono gli altri, e cioè la semplificazione di chi crede di aver trovato un responsabile unico. Al contrario il film di Micciché e compagni propone il fascismo come una minaccia ancora attuale, le èui diverse forme non fanno che nasconderne la pericolosità. Le allusioni e i richiami all'attualità sono continui ed espliciti, particolarmente presenti quelli sulla guerra d'Algeria. ll film si conclude con le immagini delle manifestazioni di Cenova del 1961, indicate come un proseguimento della lotta di Resistenza. LÔ .= -a) 6 o É. L q) _o t -o \ q) a.) o (! a.) q,) \ ft qJ qJ *os{Ëf$' T 24 25 La commedia all'italiana Cli anni sessanta sono anche gli anni della commedia all'italiana, una corrente cinematografica che muta profondamente gli schemi della commedia classica e soprattutto ne approfondisce le tematiche. Niente di più normale che questi film, cosi attenti ai fatti del giorno e cosi curiosi della recente storia del Paese, si occupino anche di fascismo e Resistenza. Certo fascismo e Resistenza sono già stati trattati in modo comico: da Come persi la guerra (Borghesio, 1945) a A noi piace freddo (Steno, t 960); passando attraverso I morti non pagano le tasse (Crieco, 1952), Destinazione Piovarolo (Paolella, 1 955), Siamo uomini o capora/i? (Mastrocinque, 1955) e altri ancora. Si tratta perÔ di una comicità farsesca, troppo spesso qualunquista, che non fa altro che regalare allo spettatore una sonora risata liberatrice. Ben diversa invece la logica della commedia all'italiana che permette una riflessione sugli argomenti che solleva. ln questa ottica è particolarmente importante - sia perché è la prima opera della nuova corrente ad occuparsi di Resistenza, sia per il suo valore intrinseco - ilfilm di Luigi Comencini Tutti a casa (1960) nel quale, servendosi di un Alberto Sordi in grandissima forma, il regista ci mostra la travagliata trasformazione del protagonista, da sottotenente di complemento del Regio Esercito imbevuto di nozioni e slogan fascisti, a combattente per la Iibertà che prende parte alle quattro giornate di Napoli. Tutti a casa è anche uno dei pochissimi film a rendere (forse grazie dal suo tono tragicomico) con estrema verosimiglianza gli avvenimenti attorno all'armistizio dell'B settembre. L'anno seguente Dino Risi con IJna vita difficile, sembra voler prendere insieme all'attore Sordi lo stesso personaggio creato da Comencini, seguendolo dal periodo della lotta partigiana fino a quello del boom economico, dove da vincitore del nazifascismo diventa un vinto della società dei consumi. La trama di Unavita difficile sarà anche rivisitata da Ettore Scola che se ne ispira nel 1974 per il suo C'eravamo tanto amati. 26 Sempre nel 1961 esce una commedia all'italiana che fa discutere: // federale di Luciano Salce. ll film racconta la storia di un graduato dell'esercito repubblichino (Ugo Tognazzt) incaricato di andare ad arrestare e riportare a Roma un alto esponente dell'opposizione indicato dal C.L.N. come il possibile presidente del futuro governo democratico. Durante il percorso entrambi difendono le loro idee e dopo numerose vicissitudini arrivano nella capitale, liberata nel frattempo dagli alleati, dove l'antifascista deve salvare dal linciaggio il suo ex carceriere. Salce vuole dare al personaggio interpretato dafognazzi un certo spessore e una dignità poco abituale per il ruolo, e la cosa non manca di scatenare polemiche. Ne approfittano subito i neofascisti e Alberto Giovannini, direttore del quotidiano ll Secolo d'ltalia, organo del M.5.1., scrive: uLei, egregio Salce, è il primo che dopo quindici anni ha avuto la sensibilità e, voglio aggiungere, il coraggio di guardare il periodo più tragico della nostra vita e di quella del nostro paese in termini realistici, e di raccontarlo a suo modo, senza molto badare alla retorica imperante; ha avuto il buon gusto di affermare che, anche i fascisti, e per di più, i repubblichini furono essere umani e non del tutto spregevoli; ha avuto la sensibilità di contrapporre, sia pure in chiave di satira, una carica morale ad una carica morale opposta, nobilitandole sostanzialmente entrambe... [...]. Ora, in un clima psicologico come l'attuale, che induce i cinematografari a ricercare i loro temi tra lo sterco della nostra società, e quindi iloro soggetti politico-resistenzialisti tra gli episodi più atroci e turpi della dolorosa guerra civile, lei ha avuto per primo il coraggio di portare alla ribalta imigliori, di contrapporre a una umanità viva una altra umanità ugualmente viva.> La critica di sinistra rispose immediatamente accusando il film di qualunquismo. Forse oggi Il federale meriterebbe una rilettura più attenta, che permetterebbe probabilmente di scoprire che il suo tono, meno manicheo di quello di tante opere sull'argomento, è molto più antifascista di quanto lo si pensasse un trentennio fa. 27 Conclusione Cli anni sessanta vedono la maturazione ma anche la decafilm resistenziale, che da un lato perde l'immediatezza denza del e l'istintività dell'immediato dopoguerra ma dall'altro acquista una maggiore profondità e forza di analisi. Si esplorano lati più oscuri e temi delicati, si cercano le cause, si indicano gli effetti del ventennio e della Resistenza. Nascono film coraggiosi: [a lunga notte del '43 (F. Vancini, 1960), sull'eccidio di Ferrara, film che solleva il problema dell'impr-rnità dei responsabili dei crimini fascisti; Tiro al piccione (C. Montaldo, 1961), uno dei rari film antifascisti di resistenza che decide di raccontare la guerra partigiana vista dal campo repubblichino; ll terrorista (De Bosio, 1963), film che mostrando le attività dei C.A.P., i gruppi di partigiani che operavano nelle città con colpi di mano e attentati, pone molto bene le contraddizioni politiche interne al Comitato di Liberazione Nazionale. Certo si sfrutta anche il tema come semplice supporto per film d'avventura e a sensazione come per l'insulso e inverosimile Ultimatum alla vita (R. Polselli, 1961); tendenza questa, che si rafforza verso la fine del decennio e nella quale cadono anche autori dai quali ci si poteva aspettare di meglio, è il caso di filrn come I sette fratelli Cervi (1967) di Cianni Puccini, regista che parte probabilmente con ottime intenzioni ma che finisce per prendere in prestito addirittura al genere western il tenore di varie sequenze. Dopo il momento forte della prima metà degli anni sessanta si dovranno aspettare gli anni settanta e l'arrivo di un nuovo cinema d'autore per vedere cineasti come Bertolucci o ifratelli Taviani ridare al cinema di resistenza un nuovo slancio. i rr c .U C c-) E () :s. : î J Gianni Haver U # r,, .E F- îo zo 29