__________OSSERVATORIO SULLE FONTI__________
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”*
YLENIA MARIA CITINO**
Sommario
1. Introduzione: l’espansione del diritto parlamentare “sperimentale”. – 2. Se il diritto parlamentare
“sperimentale” possa costituire una nuova ed autonoma categoria di fonti di matrice fattuale. – 3. Il
diritto sperimentale come intersezione non perfettamente coincidente fra procedure informali e regole
transitorie. – 4. I casi di sperimentalità: l’abbozzo di un primo precedente in materia di sindacato
ispettivo. – 4.1. Segue: in materia di interventi incidentali. – 4.2. In materia di pubblicità dei lavori
parlamentari. – 4.3. Sui lavori del Comitato per la legislazione. – 4.4. In materia di raccordo fra la
Camera dei Deputati e l’Unione Europea. – 4.5. In materia di contabilità e bilancio. – 4.6. In materia
di deontologia: l’approvazione in via sperimentale del codice di condotta. – 5. Ulteriori casi minori di
sperimentalità deliberati dal Senato. – 6. La sperimentazione coordinata: il caso della funzione consultiva della Commissione Affari costituzionali conseguente alla riforma del Titolo V. – 7. Alcune
(in)costanti del diritto parlamentare “sperimentale”. – 8. La sperimentazione “formalizzata”: due
esempi italiani e un caso tratto da un ordinamento straniero. – 9. Arrendersi all’abbandono dei regolamenti o ritrovare la legalità persa: un dilemma.
Abstract
This is the first article that identifies the category of “experimental parliamentary law” through a selection
of some cases originating from the written opinions of the Rules of Procedure’s Committees belonging to
both chambers of the Italian Parliament. These opinions, in fact, when marked as “experimental”, contain
transitional and temporary rules, anticipating a coveted revision of the Parliamentary Rules. However,
they stay in force for several time, even many years, and in most of the cases the revision is not accomplished. The article offers a preliminary investigation on what could possibly be included or not in this
definition (such as the formalized experimentations), arguing that an extensive use of this mechanism to
adopt derogatory provisions to the Parliament’s Rules can affect the normativity of the latter, eventually
provoking a constitutional issue.
Suggerimento di citazione
Y.M. CITINO, Il diritto parlamentare “sperimentale”, in Osservatorio sulle fonti, n. 3/2021. Disponibile
in: http://www.osservatoriosullefonti.it
*
Il contributo costituisce la rielaborazione della relazione tenuta al seminario “Tempo e mutamento nel sistema delle fonti”, organizzato dalla Rivista e svoltosi il 1° ottobre 2021.
**
Fellow re:constitution 2021/22. Dottoressa di ricerca in Scienze politiche, S.S.D. IUS/09, Dipartimento di Scienze Politiche – Università degli Studi di Roma Tre.
Contatto:
[email protected]
© 2007-2021 Osservatoriosullefonti.it – Anno XIV - Fascicolo 3/2021
Registrazione presso il Tribunale di Firenze n. 5626 del 24 dicembre 2007
Rivista inclusa nella classe A delle Riviste scientifiche di Area 12 – Direttore Prof. Paolo Caretti
ISSN 2038-5633
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
1. Introduzione: l’espansione del diritto parlamentare “sperimentale”
Con il superamento delle note teorie internistiche1 è venuta definitivamente
meno la tralatizia concezione del diritto parlamentare come ordinamento posto
in condizioni di separatezza, financo “ontologica”, rispetto all’ordinamento
statale2. Anche il fenomeno costituzionale, difatti, non è riducibile al solo diritto, né alla sola politica3.
Ciononostante, l’assodata permeabilità bidirezionale tra i livelli non impedisce che una inusuale fenomenologia di produzione di regole, contrassegnabile con l’etichetta di diritto parlamentare “sperimentale” si possa vagliare attraverso i canoni del principio di legalità4. Un’operazione che va compiuta tenendo presente l’incrocio fra l’elasticità costituzionale e la malleabilità del sistema parlamentare, incarnata dalla derogabilità delle proprie regole: tale incrocio, infatti, può condurre a risultati inattesi.
La ragione alla base di un simile studio è, come propone il titolo di questo
paragrafo, la constatazione dell’espansione del diritto parlamentare sperimentale. Esso, infatti, negli ultimi anni sta compiendo su vari fronti un felpato lavoro di manutenzione dei regolamenti parlamentari, aggirando il percorso di
revisione a quorum aggravato disegnato dall’art. 64 Cost.5.
Fra le ragioni che stanno alla base di questo processo va annoverato indubbiamente un fattore di conservatorismo ormai assodato nel diritto parlamentare italiano: la tendenza alla continuità, che lo rende inadatto a recepire le
novità attraverso una logica – si potrebbe dire – di interpretazione “conforme”6.
Su cui almeno S. ROMANO, Sulla natura dei regolamenti delle Camere parlamentari (1906), ora
in ID., Scritti minori, I, Giuffrè, Milano, 1950, 249; F. RACIOPPI, I. BRUNELLI, Commento allo Statuto
del Regno, III, UTET, Torino, 1909, 253; G. ZANOBINI, Le norme interne di diritto pubblico, in Riv.
dir. pubbl., 2/1915, 360 e ss.; C. ESPOSITO, La validità delle leggi (1934), Giuffrè, Milano, 1964, 298 e
ss.
2
Sul principio di separatezza, oltre al classico di S. GALEOTTI, Contributo alla teoria del procedimento legislativo, Giuffré, Milano, 1957, anche M. MANETTI, Regolamenti parlamentari, in Enc. dir.,
XXXIX, Giuffrè, Milano, 1988, 658.
3
Il riferimento è tutto a P. AVRIL, Les conventions de la Constitution, PUF, Parigi, 1997, 5. Per la
politicità del diritto come «spazio di libero apprezzamento e di ridefinizione» delle regole, cfr. P.
CARNEVALE, Una desaparecida a Palazzo della Consulta: la convenzione costituzionale, in Scritti in
onore di Gaetano Silvestri, Giappichelli, Torino, 2016, 474.
4
Il vincolo derivante da tale principio, a livello pratico, si traduce nel rispetto delle «disposizioni
costituzionali relative all’ordinamento parlamentare» e nei «principi del regime costituzionale repubblicano» tra cui quello che prevede l’esercizio del potere «sovrano» attraverso regole generali ed
astratte. Così, V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare nella teoria e nella pratica, V ed.,
Giuffré, Milano, 2013, 16. Sul principio di legalità, come limite al diritto parlamentare, cfr. A. D’ANDREA, Autonomia costituzionale delle Camere e principio di legalità, Giuffrè, Milano, 2004.
5
Sul punto, v. C. PINELLI, Dalle “grandi riforme” alle “manutenzioni costituzionali”. Ma di cosa
parliamo?, in Il Parlamento dopo il Referendum costituzionale, Il Filangieri – Quaderno 2015-2016,
Jovene, Napoli, 2016, 7 ss.
6
V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare, cit., 7 e R. IBRIDO, La “decodificazione” dei
Regolamenti parlamentari del 1971, a cinquant’anni dalla loro adozione, in A cinquant’anni dai
1
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Come è stato ricostruito dalla dottrina, infatti, le vicende di “recupero” di testi
regolamentari da stagioni politico-ordinamentali precedenti, se da un lato
hanno consentito il mantenimento di una certa tradizione parlamentare,
dall’altro lato hanno provocato l’ultrattività di norme non necessariamente ancora funzionali.
La linea continua che può tracciarsi dall’assemblea parlamentare subalpina
al Parlamento dell’Italia repubblicana, passando per quello sabaudo, e rotta
dalla riforma del 1971 in senso solo formale, ha incorporato una sorta di “disordine sistematico”, derivante dall’innesto sequenziale di nuove regole materiali-fattuali, altrimenti dette “informali”7. In altre parole, l’assenza di “ristrutturazione” di antiche procedure, magari dettata dal loro essere ricognitive di
immemori radici consuetudinarie, ha creato nel corso dei decenni aporie e contraddizioni che si sono aggiunte alle vicende fattuali, convenzionali e pratiche
che popolano anche le norme di creazione più recente. Inoltre, il ripetuto fallimento degli sforzi di revisione dei regolamenti parlamentari ha foraggiato
l’accettazione di correttivi per vie traverse, devianti rispetto alla riserva di competenza riconosciuta dalla Costituzione.
Lo sforzo di adattamento, dunque, sbocca sempre più irrimediabilmente in
un diritto parlamentare “sperimentale”, atto a innovare in maniera condizionale e transitoria, una disciplina regolamentare reputata non più confacente ad
una determinata situazione.
Questa tendenza, non proprio recente ma attualmente in corso di valorizzazione, se collocata nel peculiare ambito materiale dell’ordinamento delle assemblee legislative, ha il pregio di “sanare” le inefficienze di un certo diritto
scritto ormai “stantio”. Ciononostante, richiede che si esaminino attentamente
le possibili criticità, per capire se la rinuncia alla codificazione regolamentare
sia ancora rimediabile ovvero se rappresenti l’inizio (o, vieppiù, l’atto finale) di
un processo di destrutturazione materiale della fonte di rango primario del
Parlamento8.
Regolamenti parlamentari del 1971: trasformazioni e prospettive, Il Filangieri – Quaderno 2021, Jovene,
Napoli, 2021, 68. Sull’interpretazione conforme e le correlate tecniche ermeneutiche nella giurisprudenza della Corte costituzionale, invece, v. G. SORRENTI, L’interpretazione conforme a Costituzione,
Giuffré, Milano, 2006, spec. 73 ss.
7
Sulla norma non scritta di stampo consuetudinario che ha retto le sorti dello Statuto albertino,
se si vuole, Y.M. CITINO, Lo Statuto albertino fra lettera e spirito: i mutamenti costituzionali nell’instaurazione del parlamentarismo statutario, in Nomos, disponibile all’indirizzo: https://www.nomosleattualitaneldiritto.it/, 1, 2020, 1 ss.
8
Sulla destrutturazione della fonte regolamentare, ex multis, R. IBRIDO, La “decodificazione”, cit.,
61 ss.
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2. Il diritto sperimentale come intersezione non perfettamente coincidente fra
procedure informali e regole transitorie?
Le tesi che si stanno anticipando a proposito del diritto “sperimentale” troveranno una loro dimostrazione solo dopo la completa esposizione della discreta
casistica prodotta soprattutto dai resoconti delle Giunte per il Regolamento
delle due Camere9.
Cionondimeno, può essere utile aprire tali riflessioni distinguendo almeno
tre accezioni di tale fenomeno: a) un primo senso abbraccia una prospettiva
più panoramica ed afferisce non solo agli interna corporis in discussione, bensì,
se si vuole, a qualsiasi atto avente un contenuto normativo. Portando ad un
livello ulteriore le suggestioni di un lavoro di Chevallier10, infatti, va notato
come tutti gli atti prescrittivi sono dotati di un carattere di sperimentazione,
essendo finalizzati al raggiungimento di determinati obiettivi, come la tutela di
un bene giuridico. Essi contengono in sé una scommessa sul futuro (un pari sur
l’avenir): se tale scommessa è “persa”, possono essere rimessi in discussione,
nel pieno esercizio della discrezionalità a legiferare.
In questo senso, allora, prendendo alla lettera una sottolineatura fatta
all’epoca dell’approvazione della riforma regolamentare del 1971 dall’allora
Presidente della Camera, on. Pertini, tutto il diritto parlamentare può essere
ritenuto un diritto “sperimentale”: la riforma, come avvertiva il Presidente, non
era perfetta, solo l’esperienza avrebbe potuto rivelare le lacune esistenti e il
modo in cui queste avrebbero dovuto essere colmate. Solo l’esperienza, inoltre,
avrebbe consentito di individuare i casi in cui “nuove norme si imporranno”
per adattare la speciale società parlamentare alle continue evoluzioni dei
tempi11.
9
Sul diritto sperimentale può trovarsi qualche cenno in R. IBRIDO, Verso la “Riforma Boldrini”:
processi di scrittura del diritto parlamentare e ruolo della comparazione, in Federalismi.it, disponibile
all’indirizzo: https://www.federalismi.it/, 2, 2014, 5 ss. e ID., L’interpretazione del diritto parlamentare,
FrancoAngeli, Milano, 2015, 82 ss.; P. RIDOLA, I Regolamenti del 1971 e la centralità della democrazia
parlamentare, in A. MANZELLA (a cura di), I regolamenti parlamentari a quarant'anni dal 1971, Il Mulino, Bologna, 2012, 241-250; M. MANETTI, Regolamenti parlamentari, cit., 638 ss. e ID., La legittimazione del diritto parlamentare, Giuffrè, Milano, 1990, 9; E. GRIGLIO, I poteri di controllo del Parlamento italiano alla prova del bicameralismo paritario, in Il Parlamento dopo il Referendum, cit., 219; G.
PICCIRILLI, Un ulteriore tassello nella de-codificazione del diritto parlamentare: il codice di condotta dei
deputati, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 3, 2016, 4;
S. SILEONI, I codici di condotta per i parlamentari, tra diritto e politica, in DPCE Online, disponibile
all’indirizzo: www.dpceonline.it/index.php/dpceonline, 4, 2019, 2764; E. SERAFIN, L'evoluzione del
regolamento del Senato come prodotto dell'esperienza, in A. MANZELLA (a cura di), I regolamenti, cit.,
73-79.
10
J. CHEVALLIER, Les lois experimentales, in D. BOURCIER, C. THOMASSET (a cura di), L'écriture
du droit, Éditions Diderot, Parigi, 1996, 167-203.
11
A.C., Assemblea plenaria, seduta del 18 febbraio 1971, 25904.
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Se si contrappone l’esperienza, come processo incompleto, all’idea di una
disposizione perfetta, intesa nel senso latino del lemma, da perficere, ovvero
“portare a termine”, allora nell’idea pertiniana il diritto parlamentare è un diritto incompleto per definizione, anche quando è stato da poco riformato.
Questo divenire perenne della materia parlamentare si incarna in maniera appagante con l’idea di sperimentazione e, altresì, con il metodo popperiano del
trial and error: l’informalità e la negoziazione delle soluzioni parlamentari implica che la versione “definitivamente provvisoria” di una norma sia il risultato
di vari tentativi12. Non solo: il regolamento sarebbe in questa prospettiva soltanto l’atto finale di una tale sperimentazione. La certificazione ultima di una
regola che, ormai matura e “praticata” fra le forze politiche, può dignitosamente accedere al regime più formale delle norme approvate seguendo l’iter
descritto dall’art. 64 Cost.13. La differenza, tuttavia, riguarda il regime di obbligatorietà giuridica che, nel caso del diritto parlamentare, è notoriamente
meno stringente rispetto all’atto legislativo, data la peculiare applicabilità
dell’eccezione nemine contradicente.
b) Una seconda accezione, più sfumata, riguarda l’uso della sperimentazione per compiere un test preventivo di efficacia su una specifica misura che
si intende adottare. La dottrina francese fornisce un secondo appiglio descrittivo attraverso la teoria della “sociologia legislativa” di Carbonnier14: essa consiste nell’adottare un approccio non dogmatico alla produzione del diritto, per
poter tener conto del “pluralismo normativo” che, nella società contemporanea, ha reso il diritto positivo uno solo dei metodi possibili di generazione di
norme. E così, dunque, le sperimentazioni compiute secondo un approccio sociologico, riprendendo Carbonnier, possono preparare il terreno alla futura
scrittura di atti normativi coerenti con le esigenze dei destinatari delle norme.
Nel presente caso, dunque, entrerebbe in gioco quella speciale “sociologia parlamentare” risultante dalla ristretta ma rappresentativa comunità politica di cui
si compone la Giunta. Tali dinamiche, nel loro svolgersi, preparano il terreno
a possibili riforme regolamentari che non necessariamente, però, sono destinate a realizzarsi15. Talvolta, dunque, si menziona un passaggio sperimentale
soltanto di sfuggita, per testare misure di tipo tecnico o di dettaglio. Se si
Sul metodo trial and error, che rievoca il noto K.R. POPPER, Logica della scoperta scientifica
(1934), trad. it., Einaudi, Torino, 1970, cfr. le intuizioni di P. RIDOLA, I Regolamenti del 1971 e la
centralità della democrazia parlamentare, in A. MANZELLA (a cura di), I Regolamenti parlamentari a
quarant’anni dal 1971, Il Mulino, Bologna, 2012, 248 ss. nonché R. IBRIDO, L’interpretazione del diritto parlamentare, cit., spec. 21, 82 e 430.
13
Sul punto, G. PICCIRILLI, Il «seguito» del precedente, da un procedimento all’altro, in N. LUPO
(a cura di), Il precedente fra diritto e politica, Il Mulino, Bologna, 2013, 147 ss., parla dei regolamenti
come “punto di arrivo” del percorso di maturazione di un precedente.
14
J. CARBONNIER, Sociologie juridique, PUF, Parigi, 1978, 282.
15
Sul tema può essere utile nuovamente G. PICCIRILLI, Il «seguito» del precedente, cit., 145 ss.
12
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considerano, infatti, tutti i casi in cui i pareri o i resoconti delle Giunte per il
Regolamento accennano alla sperimentalità, è possibile individuare un limitato
insieme in cui tale riferimento è soltanto abbozzato. Il test sperimentale appare
casualmente come un passaggio giuridicamente fittizio, un collaudo, atto a correggere eventuali errori prima di procedere alla reale approvazione della misura, ma senza che ad esso si attribuisca un significato peculiare. Non è, dunque, portatore di conseguenze giuridicamente o politicamente tangibili. Questo “falso” o “ingannevole” diritto sperimentale racchiude, per lo più, riferimenti sporadici e risalenti a legislature più antiche, in cui l’esperienza o l’esperimento di una misura sono visti come un semplice catalizzatore di eventuali,
ma incerte, trasformazioni regolamentari. Così, dunque, ci sembra di poter
classificare, ad esempio, il parere in merito alla sperimentazione di nuove tecniche di resocontazione stenografica presso il Senato della Repubblica.
c) Una terza accezione, invece, individuerebbe il diritto parlamentare sperimentale “propriamente detto” avvalendosi di due ulteriori ramificazioni: esso
è non solo quel diritto parlamentare che, come si analizzerà più avanti, si autoqualifica come tale, ma in rari casi è anche quello “formalizzato”, che conferisce carattere puntualmente provvisorio alle proprie norme, anche se poi la
provvisorietà non è assecondata, rivelandosi una sorta di tacita clausola di
un’intesa politica16. L’ambito del diritto sperimentale verrebbe, così, ad essere
solo parzialmente coincidente con il diritto informale: da quest’ultimo sfuggirebbero le sperimentazioni che si potrebbero definire, appunto, “formalizzate”.
Ma solo nel caso del diritto sperimentale non formalizzato si può correttamente
affermare che la vincolatività delle sue previsioni transitorie dipende in maniera esclusiva dalla persuasività politica che promana dagli autori dell’innovazione: tali regole, dunque, sembrano assimilabili quantomeno alle convenzioni,
se non anche alle regole di correttezza e di cortesia istituzionale. L’unico “giudice” autorizzato ad assicurare il rispetto dei vincoli procedurali disposti sperimentalmente dai pareri della Giunta sarebbe, al più, il Presidente d’Assemblea.
Infine, proprio con riferimento a questo largo insieme di pareri sperimentali,
si può cogliere un’ulteriore sfumatura fra quei testi che nascono con un sincero
intento di sperimentare, ovvero collaudare una certa disciplina, prima di sottoporre il regolamento a modifiche permanenti, e quegli altri testi che la Giunta
approva celando una sorta di reservatio mentis. Quest’ultima, se dichiarata, rivelerebbe la consapevolezza che la prospettiva di stabilizzare le regole in nuove
norme regolamentari è ben lontana dalla realtà. Se un esempio di “sincerità”
nella via della sperimentazione può essere certamente rinvenuto nei pareri in
materia di pubblicità dei lavori parlamentari, al contrario, un chiaro caso di
16
Come si spiegherà nel §8 con riferimento all’art. 154 Reg. Cam.
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reservatio mentis offusca la reale sperimentalità dei pareri in materia di contabilità e bilancio, rivelando, al contrario, un più verosimile intento di bypassare
ed eludere le strettoie del quorum aggravato di cui all’art. 64 Cost.
Fatta questa premessa, che mette a fuoco le problematiche teoriche legate
al tentativo di inquadramento che si sta per compiere, è ora possibile spostare
la lente di osservazione sulla parte quantitativamente più importante del diritto
sperimentale, ossia quello che si esplica attraverso atti interni, adottati in assenza di una meta-norma sulla produzione giuridica. Esso racchiude principalmente quei pareri emessi dal 2000 in poi, nei quali il riferimento alla “fase sperimentale” o alla “procedura sperimentale” assume una valenza specifica e circostanziata. La sperimentazione è, così, qualcosa di giuridicamente rilevante:
le decisioni prese producono conseguenze tangibili che incidono sulla sfera applicativa delle norme regolamentari.
Anche le supposizioni teoriche qui introdotte, dunque, verranno sottoposte
a un test, per capire, alla fine di questo scritto, quali tra le accezioni appena
descritte, si possa attagliare meglio al fenomeno in discussione.
3. Se il diritto parlamentare “sperimentale” possa costituire una nuova ed
autonoma categoria di fonti di matrice fattuale
In coerenza con le sue radici tardo-ottocentesche17, il diritto parlamentare è
ancora fermamente caratterizzato da un certo grado di flessibilità derivante
dallo speciale ambito da esso disciplinato, a cavallo fra il giuridico e il politico18.
La cedevolezza intrisa di politicità oggi, più che nel passato, assoggetta il diritto
parlamentare a un inarrestabile processo di disarticolazione delle fonti. In tal
senso, a proposito di una particolare categoria di atti interni – i pareri della
Giunta per il Regolamento – si è parlato di uso promiscuo di strumenti interpretativi e normativi, allo stesso tempo causa ed effetto della decodificazione e
conseguente fuga dal regolamento19.
Oggetto della presente ricerca è l’esame di un sottoinsieme di tali pareri,
connotati dall’autoqualifica della “sperimentalità”: essi saranno identificati,
commentati e classificati. Una volta compiuta tale rassegna, si tenterà di rintracciare un novero di caratteristiche che possano conferire omogeneità alla
categoria individuata per poi compiere alcune riflessioni conclusive sulla
17
R. FERRARI ZUMBINI, Il mosaico regolamentare nelle Camere subalpine del 1848, in Giorn. st.
cost., 15/2008, 17-23, che descrive l’espansione per vie traverse dei regolamenti, all’interno di un panorama costituzionale accentuatamente mobile.
18
Non si può che fare rinvio al classico di G.G. FLORIDIA, Il regolamento parlamentare nel sistema
delle fonti, Giuffrè, Milano, 1986, spec. 88.
19
R. IBRIDO, La “decodificazione”, cit., 79 ss. I pareri, così come le circolari e le lettere presidenziali
o i singoli precedenti non offrono, però, lo stesso grado di stabilità dato dai regolamenti. Così, N.
LUPO, Il precedente nel parlamentarismo maggioritario, in ID. (a cura di), Il precedente parlamentare,
cit., 12.
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compatibilità di tale casistica con il principio costituzionale della riserva di regolamento parlamentare e, più in generale, con il sistema delle fonti caratteristico del diritto parlamentare20.
I pareri sperimentali, infatti, sembrano costituire una insolita specie di fonti
di matrice fattuale, extra ordinem natae21: il termine “fonti” può attagliarsi a
tale fenomeno solo se inteso come un fattore di produzione di norme atipico
(perché privo di una fonte di validità legale) ed eclettico (perché fuoriesce dal
solco del diritto strettamente inteso). Tali fonti, poi, sono frutto di un’attività
interna del Parlamento ma produttiva, come si vedrà, di riflessi su fattispecie
esterne.
Come accennato, il c.d. “diritto parlamentare sperimentale”, del quale si sta
per compiere una prima “mappatura”, ha come epicentro le Giunte per il Regolamento22. Questi organi interni alle Camere sono, infatti, abilitati dai regolamenti parlamentari ad emettere pareri in funzione interpretativa. In conformità al terzo comma dell’art. 16 Reg. Cam., la Giunta ha il compito di proporre
all’Assemblea le modificazioni e le aggiunte al Regolamento rese necessarie
dall’esperienza 23 . Non si riscontra alcuna corrispondenza nella disciplina
dell’omologa Giunta operante presso il Senato. L’art. 18, co. 3, Reg. Sen., infatti, conferisce alla Giunta «l’iniziativa o l’esame di ogni proposta di modificazione del Regolamento e il parere su questioni di interpretazione», senza
menzionare l’esperienza. Questo termine per noi così importante, dunque, appare citato soltanto una volta24.
20
Cfr. V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare, cit., 28, per la distinzione fra fonti in
senso tecnico (la Costituzione, le leggi costituzionali e ordinarie, i regolamenti parlamentari e le norme
interne minori, gli statuti dei partiti, i regolamenti dei gruppi e le consuetudini parlamentari) e fonti
in senso atecnico (le convenzioni, la prassi, i precedenti, la giurisprudenza camerale, la correttezza
parlamentare). Sulla prassi, volendo, Y.M. CITINO, Quale parametricità delle prassi parlamentari nei
giudizi della corte costituzionale?, in Rass. parl., 2, 2017, 285 e ss.
21
Sul punto, possono essere utili le tesi sostenute a suo tempo da M. MANETTI, La legittimazione
del diritto parlamentare, cit., passim.
22
Sulla pubblicità dei pareri della Giunta e sulla loro più marcata formalizzazione, v. A. RIEZZO,
La raccolta dei precedenti alla Camera nell’evoluzione delle strutture amministrative, in N. LUPO (a cura
di), Il precedente, cit., 70.
23
La formula tipizzata in tale articolo, peraltro, rappresenta emblematicamente un esempio di
continuità parlamentare, consistendo in una trasposizione di una norma regolamentare ancora più
risalente. L’art. 18 del testo del 1888, infatti, specificava che «La Giunta permanente per il Regolamento interno della Camera, nominata a termini dell’art. 12 lett. a), verrà proponendo, durante la
sessione, le modificazioni e le aggiunte al Regolamento che l’esperienza mostrerà necessarie. Ad essa
sarà deferito lo studio di qualunque proposta relativa al Regolamento».
24
Ma ad esso si fa riferimento, ad esempio, nel corso della storica decisione assunta dalla Presidente Iotti per superare il blocco ostruzionista: i risultati dell’esperienza come presupposto di modifiche regolamentari rappresentano una clausola studiata per oggettivare talune scelte di revisione.
L’esperienza sola dimostrerebbe, in uno spirito di garanzia democratica, la strada giusta per compiere
certe modifiche. Cfr. A.C., VIII Leg., Assemblea plenaria, seduta del 4 novembre 1981, 35408 e ss.
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Eppure, al canonico potere consultivo e di proposta sembra essersene aggiunto uno diverso, più creativo, talvolta, di tipo referente.
Come si vedrà più avanti, è arduo, se non impossibile, trovare una norma
sulla produzione giuridica che conferisca alla Giunta un’attribuzione di tal
fatta. Il diritto parlamentare sperimentale, come fonte non tipizzata, si innerva
o sulle mancate previsioni dei regolamenti o su norme regolamentari obsolete
o poco funzionali. Così, dunque, secondo un criterio sostanziale, sembrerebbero potersi distinguere due tipi di effetti: un diritto sperimentale “innovativo”
e un diritto sperimentale “derogatorio”. Talvolta la distinzione è nitida, come
nel caso dell’introduzione sperimentale del Codice di condotta dei deputati,
sino ad allora mai disciplinato, o nell’inverso caso della modifica del termine
di durata della presidenza del Comitato per la legislazione, attraverso un parere
che esplicita il suo carattere derogatorio di una norma regolamentare che non
è mai stata modificata per recepire l’emendamento. Talvolta, invece, i profili di
deroga e di innovazione del regolamento si mischiano, come quando un parere
ha ampliato, in via sperimentale, i poteri della Commissione Affari costituzionali della Camera, al fine di poter procedere agli adeguamenti resi necessari
dalla riforma del Titolo V.
Una forma embrionale di tale ircocervo normativo si può rintracciare in un
riferimento contenuto nella relazione al Progetto di riforma dei regolamenti
del 1971, firmata dagli onn. Bozzi, Luzzatto e Rognoni. Il documento, infatti,
sottoponeva alla decisione finale dell’Assemblea una nuova sistemazione non
solo degli istituti tradizionali, ma anche di procedure «non collaudate», specificandosi che solo la loro applicazione pratica avrebbe potuto rivelare le imperfezioni che «l’esperienza indurrà a correggere»25.
Per trovare un appiglio a questa inedita condizione, allora, sembra possibile,
a chi scrive, la via del riferimento al classico principio dell’effettività26. Come
rileva una consolidata dottrina, infatti, nel corso delle vicende di un ordinamento è dato riscontrare l’esistenza di atti e fatti che ricevono solo dall’esterno
la loro efficacia normativa 27 . Alla base non vi sono, dunque, parametri che
A.C., V Leg., Doc. II, n. 1, Progetto di nuovo regolamento, 11.
A. SPADARO, Dalla Costituzione come “atto” (puntuale nel tempo) alla Costituzione come “processo” (storico). Ovvero della continua evoluzione del parametro costituzionale attraverso i giudizi di
costituzionalità, in Quad. cost., 3/1998, 416-417; M. NIGRO, Costituzione ed effettività costituzionale,
in Riv. trim. dir. proc. civ., 1969, 1710 ss.
27
C. ESPOSITO, Consuetudine (Diritto costituzionale), in Enc. dir., IX, Giuffrè, Milano, 1961, §4;
V. CRISAFULLI, Fonti del diritto, in Enc. dir., XVII, Giuffrè, Milano, 1968, 940 ss.; F. MODUGNO, In
tema di regolamenti parlamentari e di controllo sugli «interna corporis acta» delle Camere, in AA. VV.,
Scritti in onore di Gaspare Ambrosini, II, Giuffrè, Milano, 1970, 1337; S. TOSI, Modificazioni tacite
della Costituzione attraverso il diritto parlamentare, Giuffrè, Milano, 1959, passim; Q. CAMERLENGO,
I fatti normativi e la certezza del diritto costituzionale, Giuffrè, Milano, 2002; A. BARBERA, Intorno alla
prassi, in A. BARBERA, T.F. GIUPPONI, La prassi degli organi costituzionali, Bononia University Press,
Bologna, 2008, 12 e ss.; R. BIN, Il fatto nel diritto costituzionale, in AA.VV., Prassi, convenzioni e
25
26
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1240
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
orientino tale funzione dispositiva, ma vicende e comportamenti che generano
norme in maniera indipendente. Le consuetudini sono un tipico esempio che
è ben presente nella realtà parlamentare. Oltre ad esse, dunque, vi è tutto un
insieme di materiali fattuali che incidono sullo svolgimento della forma di governo e che si caratterizzano per il fatto che, come direbbe Crisafulli, fonte di
produzione e fonte di validità sembrano identificarsi, ovvero trovano la loro
ragione di essere in sé stessi28.
Quanto al rilievo della dubbia giuridicità del cascame delle varie vicende
sperimentali, trattandosi di un tema complesso che necessita dei risultati del
riscontro casistico, si rinvia alle argomentazioni svolte nella parte conclusiva
del presente contributo.
4. I casi di sperimentalità: l’abbozzo di un primo precedente in materia di
sindacato ispettivo
I primi cenni di un diritto sperimentale si possono rinvenire undici anni dopo
la riforma regolamentare del 1971. Nel 1982 i resoconti di seduta degli organi
collegiali sono ancora molto stringati29 e così si può solo immaginare il dibattito
di più di due ore che, il 2 marzo, porta la Giunta per il Regolamento della
Camera ad esaminare, fra i punti all’ordine del giorno, «l’introduzione, in via
sperimentale, del question time». Il tema verrà ripreso nella discussione del 10
settembre, nella quale la Giunta concorda, con un’unanimità inficiata dalle ampie riserve di un deputato, la «possibilità di avvio sperimentale del question
time, secondo lo schema a suo tempo distribuito». Pur non essendo rimasta
traccia di tale schema, qualche precisazione si ottiene da una successiva seduta
d’Assemblea, che riprende la proposta della Giunta con cui si introduce nel
diritto parlamentare l’istituto dell’interrogazione a risposta immediata30. Esso
consiste, si spiega, in una domanda, «quindi, in sostanza, in un interrogativo
consuetudini nel diritto costituzionale. Atti del XXIX Convegno annuale Catanzaro, 16-18 ottobre 2014,
Jovene, Napoli, 2015, 3.
28
Su tema, G. GRASSO, Forma di governo, convenzioni costituzionali e mutamento del quadro politico, in Partiti politici e dinamiche della forma di Governo, Convegno annuale del Gruppo di Pisa,
Napoli, 14-15 giugno 2019, Ed. Scientifica, Napoli, 2020, 45 e ss.; volendo, Y.M. CITINO, I materiali
fattuali costituzionali nella forma di governo italiana tra vecchie e nuove tendenze, in Riv. GDP, disponibile all’indirizzo: https://www.gruppodipisa.it/rivista/la-rivista-gruppo-di-pisa, 2, 2021, 40 ss. e ID.,
Dietro al testo della Costituzione. Contributo a uno studio dei materiali fattuali costituzionali nella forma
di governo, Ed. Scient., Napoli, 2021.
29
Non essendosi, infatti, ancora verificata la riforma tesa a limitare il ricorso al voto segreto, i
resoconti della Giunta «per una consolidata tradizione di riservatezza sugli interna corporis, erano stati
caratterizzati da un tipo di resocontazione molto sintetica». Cfr. A. RIEZZO, La raccolta dei precedenti
alla Camera, nell’evoluzione delle strutture amministrative, in N. LUPO (a cura di), Il precedente, cit.,
58. Così, dunque, si prendeva nota dei parlamentari intervenuti e si riassumevano le conclusioni raggiunte. Non resta traccia, invece, dei processi deliberativi.
30
A.C., IX Leg., Assemblea plenaria, seduta del 12 ottobre 1983, 1996 ss.
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YLENIA MARIA CITINO
su un fatto preciso sul quale si chiede al Governo una risposta altrettanto netta
e precisa»31. Secondo la formulazione dell’art. 135-bis appena introdotto, si
tratta di «interrogazioni consistenti in una pura e semplice domanda al Governo, senza alcun commento», di iniziativa del singolo deputato. Soltanto
nella versione modificata dell’articolo, a partire dal 24 settembre 1997, si preciserà la natura dell’istituto, che deve constare «in una sola domanda, formulata in modo chiaro e conciso su un argomento di rilevanza generale, connotato
da urgenza o particolare attualità politica».
Ad ogni modo, nel 1983 questa novella regolamentare è vista dagli estensori
come una “sperimentazione”, in seguito alla quale si avrà modo di «valutare
meglio le necessarie forme di compatibilità, di concorrenza, di ammissibilità
delle interrogazioni ordinarie, nonché ogni altro problema che dovesse essere
sollevato». Infatti, l’on. Barbera interviene a sottolineare l’importanza di questa
innovazione «a carattere sperimentale», che introduce un nuovo canale di dialogo fra il Parlamento e il Governo nel suo dovere di informare: «si sperimentano più moderni ed efficaci poteri di controllo sperimentale» con l’obiettivo
di «rivitalizzare gli strumenti del sindacato ispettivo attraverso l’utilizzazione
dei mezzi che il progresso tecnologico ci offre»32.
Occorre rimarcare, tuttavia, che questo primo accenno alla “sperimentalità”
si pone in maniera differente rispetto ai casi successivi. L’introduzione del question time, infatti, non avviene con fonti sub-regolamentari che surrogano una
eventuale riforma, ma mediante un veloce intervento sul regolamento stesso,
cosicché il risultato della sperimentazione può portare i suoi frutti quattordici
anni dopo, quando si decide di rimaneggiare il testo dell’art. 135-bis33.
Nel frattempo, infatti, l’istituto era caduto «in una sorta di desuetudine
presso i due rami del Parlamento, probabilmente anche per l’estraneità del metodo di trattazione sintetica dei quesiti»34. Una rivitalizzazione avviene a partire
dalla “seconda sperimentazione” deliberata dalla Giunta per il Regolamento
della Camera, che prima di elaborare una nuova disciplina, si interessa all’ottenimento non solo dell’unanime accordo dei gruppi, ma altresì dell’assenso
del Governo cui si chiede di sottostare ad un question time riformato35. La
Ibidem, 1998.
Ibidem, 2003.
33
Invece, presso il Senato della Repubblica, non si procede con una sperimentazione bensì attraverso la discussione di “schemi di modifica regolamentare, elaborati a seguito di contatti informali”.
Cfr. A.S., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 27 gennaio 1999. La proposta è successivamente approvata nella seduta della Giunta del 4 febbraio 1999.
34
V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare, cit., 773.
35
A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 2 ottobre 1996, 6. La seconda sperimentazione sarebbe avvenuta a partire dal 28 novembre 1996 e qualche giorno prima la Giunta si pone il
dilemma della scelta fra il metodo della comparazione che, con il riferimento al sistema britannico,
aveva dato luogo ad un regime troppo protocollare, ovvero il metodo della prosecuzione della
31
32
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
sperimentazione come metodo prealabilmente negoziato fra tutte le parti politiche, salvo «formalizzare e approvare al più presto la corrispondente revisione
regolamentare»36. Ma il funzionamento dell’istituto è insoddisfacente37 e di lì a
qualche mese (settembre) si sarebbe perfezionata la seconda revisione regolamentare.
Nonostante la profonda novazione dell’articolo, qualche anno dopo emergono nuove problematiche applicative, in particolare con riguardo al c.d. premier question time38. Si valuta, dunque, di elaborare un nuovo “schema procedurale” che si rifaccia all’iter della riforma del 199739. Il metodo scelto è quello
dell’accordo politico: l’intendimento di voler procedere in tal senso viene comunicato alla Conferenza dei Capigruppo. Ottenuto l’assenso, si trasmette ai
vicepresidenti della Camera, ai presidenti dei gruppi parlamentari e ai membri
della Giunta, una comunicazione dello schema procedurale finale elaborato a
seguito delle osservazioni formulate. La sperimentazione avrebbe avuto, secondo la Giunta, un periodo di prova di due mesi40.
Questa inusitata modalità di procedere comincia gradualmente a caratterizzarsi. Le iniziative di carattere sperimentale, si dice, devono essere assistite
«dall’unanime consenso dei gruppi e limitate nel tempo, così da non consolidarsi in deroga permanente alle norme regolamentari»41. Si delineano, quindi,
i primi limiti alla sua ammissibilità. Ad ogni modo parte, se si esclude qualche
ulteriore riferimento sporadico a procedure in via sperimentale42, i casi realmente pregnanti sono quelli che si discuteranno appresso.
sperimentazione, «affinché la pratica possa mostrare le vie più praticabili» (Mattarella). A.C., XIII
Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 26 novembre 1996, 7.
36
A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 10 ottobre 1996, 4.
37
A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 4 luglio 1997, 3. I membri della giunta
chiedono che le proposte in tema di interrogazione a risposta immediata vengano integrate poiché la
sperimentazione fino ad allora avutasi non ha prodotto i risultati sperati.
38
Si afferma, infatti, che «l’esempio offerto dal pratico svolgimento del premier question-time, secondo la procedura sperimentale attuata in Assemblea negli ultimi mesi, dimostra che non sempre
l’impegno del Governo è adeguato. Del resto, il comportamento delle opposizioni, che si sono valse
talora in modo ostruzionistico degli strumenti regolamentari, è stato indotto da corrispondenti eccessi
del Governo e della sua maggioranza». A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 15
aprile 1997, 4.
39
A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta dell’8 giugno 2000, 4.
40
Tale termine, peraltro, trova l’accordo degli altri deputati. Si dice, ad esempio, che «la sperimentazione, attesa la brevità della sua prevista durata, non pregiudicherebbe, d’altronde, i diritti individuali dei deputati, atteso anche il fatto che, già nella vigente configurazione dell’istituto, lo strumento dell’interrogazione a risposta immediata non è posto nella disponibilità del singolo ma del
gruppo». A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta dell’8 giugno 2000, 5, intervento dell’on.
Guerra.
41
A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 25 luglio 2000, 6, intervento dell’on.
Guerra.
42
V. ad esempio, A.C., X Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 14 marzo 1990; A.C., X
Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 9 ottobre 1991; A.C., X Leg., Giunta per il Regolamento,
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YLENIA MARIA CITINO
4.1. Segue: in materia di interventi incidentali
Fra i primi casi in cui la procedura di tipo sperimentale è adottata con la finalità
esplicita di non introdurre momentanee modifiche al regolamento, si può annoverare un parere del 199643. In tale occasione, si discute della materia degli
interventi incidentali, che pone il problema di assicurare razionalità e funzionalità ai lavori in Assemblea e, al contempo, permettere, pur nel rispetto del
contingentamento dei tempi, che i singoli deputati possano esercitare il loro
diritto di espressione. La Giunta motiva l’attivazione dei propri poteri in materia adducendo che «l'esperienza dei primi mesi di attività della Camera nella
XIII legislatura ha posto in luce alcuni problemi relativi all'esigenza di assicurare l'ordinato svolgimento dei dibattiti»44.
Occorre, pertanto, circoscrivere dei limiti di ammissibilità per lo svolgimento di interventi incidentali nel corso dei lavori parlamentari. In base a considerazioni di “correttezza” e di “tutela della sfera di prerogative” delle istituzioni e di quella “personale” dei cittadini, la Giunta, dopo adeguata istruttoria,
ritiene di precisare le modalità applicative dell’art. 41, co. 1, Reg. Cam., statuendo che gli interventi incidentali sono ammissibili tendenzialmente quando
i richiami al regolamento o per l'ordine dei lavori «vertano in modo diretto e
univoco sullo svolgimento e sulle modalità della discussione o della deliberazione o comunque del passaggio procedurale nel quale, al momento in cui vengono proposti, sia impegnata l'Assemblea o la Commissione». Si va, dunque,
ad innovare il testo regolamentare abbinando al criterio della precedenza rispetto alla discussione principale, da esso espressamente statuito, l’ulteriore
condizione dell’attinenza all’argomento in discussione o in deliberazione. La
valutazione dell’attinenza, specifica la Giunta, spetterà alla Presidenza «che inviterà previamente chi richieda la parola per questo fine ad indicare il riferimento all'articolo del regolamento e, comunque, allo specifico atto della procedura in corso». Tale precisazione, dunque, è finalizzata ad escludere ogni
forma di discrezionalità in capo alla Presidenza stessa.
L’importanza nell’imparzialità nella decisione presidenziale di togliere, concedere o estendere il diritto di parola è evidente dal fatto che il parere stesso
seduta del 16 ottobre 1991; A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 27 luglio 1999;
A.C., XIV Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 21 dicembre 2004; A.C., XVII Leg., Giunta
per il Regolamento, seduta del 2 novembre 2016, in cui, incidendo sul tema delle garanzie delle opposizioni, si propone di «anticipare in via sperimentale la soluzione dell’iscrizione fuori quota degli
argomenti dell’opposizione rinviati in Commissione», una soluzione che sarebbe già oggetto di proposta di modifica del regolamento.
43
A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, Parere sullo svolgimento di richiami al regolamento
o per l'ordine dei lavori e sull'osservanza dei limiti di correttezza negli interventi (artt. 41, 45 e 89), 24
ottobre 1996.
44
Enfasi aggiunta.
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
richiede che, nell’ipotesi di interventi eccezionali ai sensi dell’art. 45, si effettui
una “prudente valutazione”. Si compie, dunque, un monito preciso, poiché
una eventuale condotta poco neutrale «può risolversi in una violazione del diritto di ciascun deputato ad intervenire con parità di condizioni nei dibattiti».
Non occorre addentrarsi nel novero delle ulteriori specificazioni procedurali previste dalla Giunta per la materia, ma va aggiunto che, nello stabilire la
natura e il valore di questo parere, è d’ausilio la lettera inviata ai deputati dal
Presidente della Camera. In essa si fa riferimento a “precisazioni interpretative”
da parte della Giunta compiute tenendo conto delle garanzie e delle esigenze
dell’istituzione parlamentare, in particolare quella di correttezza nel corso
dello svolgimento dei lavori. Tuttavia, il fatto di introdurre specifiche limitazioni all’articolo oggetto di interpretazione sembra far pensare piuttosto a una
portata modificatrice del parere in discussione. Facendo riferimento a una nota
dottrina, infatti, il restringimento del potenziale fascio applicativo di una
norma comporta una trasformazione del suo tenore letterale, in quanto introduce un’eccezione non prevista inizialmente45. Del resto, a nulla varrebbe la
puntualizzazione contenuta nella lettera di accompagnamento del parere, in
quanto non si potrebbe escludere una diversa qualificazione dell’atto sottostante.
Se, dunque, come si tenterà di dimostrare nei casi di “sperimentalità” ancora da discutere, il riferimento all’esperienza si abbina ad una portata del parere non già interpretativa, bensì modificativa– in senso additivo, riduttivo o
financo sostitutivo della norma regolamentare originaria – allora si potrebbe
inferire che il diritto parlamentare “sperimentale” si colloca in un “percorso”
di produzione di norme diverso da quello canonico.
In un secondo momento, il parere del 1996 viene integrato46. È un processo
difficile, poiché permangono numerosi punti di frizione e a causa di essi si preferisce scartare la via della riforma regolamentare e procedere per la più sicura
via “sperimentale”, che ha il pregio di consentire aggiustamenti “in corso
d’opera”, evitando che una disciplina rivelatasi poco utile resti cristallizzata in
una norma scritta. Resta, comunque, il fatto che il parere del 2015 non è approvato, a differenza di altri, all’unanimità. Messo in votazione, esso risulta essere “adottato” con il voto contrario dei componenti del Movimento 5 Stelle.
Nel merito, l’aggiunta disposta nel 2015 riguarda gli interventi di fine seduta,
rispetto ai quali si attribuisce alla Presidenza un ruolo dirimente di selezione47.
45
Cfr. G. ZAGREBELSKY, Sulla consuetudine costituzionale nella teoria delle fonti del diritto, UTET,
Torino, 1970, 183 e G.U RESCIGNO, Le convenzioni costituzionali, Cedam, Padova, 1972, che la riprende quando elabora la categoria di regole convenzionali del secondo tipo.
46
A.C., XVII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 7 luglio 2015 e del 19 novembre 2015.
47
Come si spiega, non sono istituti extra ordinem in quanto fanno parte del catalogo di tipi di
intervento previsto dall’art. 41 Reg. Cam., letto in maniera estensiva attraverso le integrazioni risultanti
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Importante il quinto punto del parere, nel quale si stabilisce che si potranno
derogare i criteri ivi stabiliti «soltanto previa consultazione (anche informale)
dei Capigruppo, in presenza di ragioni di particolare urgenza o rilevanza politica o di questioni d'interesse generale». Si tratta, dunque, di una disciplina
molto duttile, la cui disponibilità dipende in larga misura dall’elevato tasso di
politicità cui è collegato l’atto della presa della parola del singolo deputato.
4.2. In materia di pubblicità dei lavori parlamentari
Una naturale applicazione del diritto “sperimentale” sembra collocarsi sul
fronte della pubblicità dei lavori parlamentari, materia che, essendo soggetta a
frequenti trasformazioni dovute agli avanzamenti tecnologici, richiede plurimi
riadattamenti fattuali48.
La Costituzione contiene due punti di riferimento: l’art. 64, co. 2, che accoglie il principio della pubblicità dei lavori di ciascuna Camera, e l’art. 72, co. 3,
che demanda ai regolamenti di stabilire «le forme di pubblicità dei lavori delle
Commissioni». La regola della pubblicità delle sedute in plenaria, tuttavia, non
ha un valore assoluto, poiché la stessa Costituzione ammette che una delibera
collegiale possa derogarvi per far sottostare la seduta a un regime di segretezza.
I regolamenti parlamentari hanno dato attuazione in maniera diversificata
al disposto costituzionale, distinguendo peraltro fra il più ampio regime di
pubblicità assegnato alle sedute d’Assemblea e quello di portata più ridotta
relativo ai lavori delle Giunte e delle Commissioni49. Alla tradizionale forma di
tipo documentale, consistente nei resoconti sommari e stenografici e nei bollettini degli organi collegiali, si sono affiancate forme più moderne di
dalla prassi e dal disposto del parere del 1996. Seguono una serie di precisazioni volte a limitare “in
via sperimentale e per ragioni di economia procedurale” l’ammissibilità di interventi di fine seduta. Si
fissando dei criteri per orientare l’attività della Presidenza volta a selezionare e consentire richieste
d’intervento, anche tardive.
48
Come fa notare N. SCARPELLINI, La pubblicità delle sedute e dei lavori in Parlamento: Costituzione e Regolamenti delle Camere, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 2, 2014, 13, «alla Camera dei deputati, anni addietro è stata iniziata una sperimentazione, tendente ad assicurare che le modalità di redazione del verbale risultassero più aderenti alle
prescrizioni dell’art. 11 delle norme regolamentari. In particolar modo, era previsto che non fosse più
in alcun modo indicato il contenuto degli interventi svolti in aula e che le generalità dei relatori intervenuti nel corso della seduta fossero riportate, cumulativamente, in calce al processo verbale». Alla
fine, conclude, tale sperimentazione ha acquisito natura definitiva.
49
V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare, cit., 58 ss. La prassi relativa alla pubblicità ha
esteso l’ambito applicativo dei regolamenti. Una sua codificazione, avente natura principalmente ricognitiva è stata, peraltro, compiuta dal “Disciplinare sulle procedure di trasmissione radiotelevisiva
dei lavori del Senato”, disposto con decreto presidenziale nella seduta del 1° giugno 2005, pubblicato
in G.U. n. 157 dell'8 luglio 2005.
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
pubblicità non mediata, che si avvalgono dei mezzi di comunicazione radiofonici, televisivi e informatici50.
La trasmissione televisiva diretta dei lavori dell’Assemblea e, in particolare,
dello svolgimento delle interrogazioni a risposta immediata (question time) è
ammessa, su decisione del Presidente, attraverso appositi sistemi audiovisivi51.
La diffusione delle sedute in Commissione, invece, avviene «in separati locali»
e attraverso appositi impianti «a circuito chiuso». I regolamenti sono lacunosi,
invece, con riguardo alla possibilità di disporre la trasmissione televisiva, tanto
in diretta che in differita52. Così, emerge gradualmente una prassi estensiva con
cui si dà luogo alla trasmissione sui canali satellitari della Camera e del Senato
delle sedute delle Commissioni in cui si effettuano interrogazioni a risposta
immediata e audizioni formali. Si tratta, in principio, di casi isolati ai quali, per
espressa volontà del Presidente, si accompagnata spesso la specificazione che
non debbano costituire un precedente53.
Tale prassi perdura senza alcuna copertura fino alla delibera dell’Ufficio di
Presidenza del 26 novembre 2003, riguardante l'avvio di un progetto di sviluppo del canale satellitare, nell’ambito del quale vi è una prima “fase sperimentale” sarebbe stata gestita da un Comitato per la comunicazione e l’informazione esterna.
La sperimentazione ha esito positivo e un successivo parere della Giunta54
introduce una seconda “procedura sperimentale” finalizzata ad attuare la trasmissione dei lavori delle Commissioni 55 . Appurata la sussistenza di una
Sul ruolo, invece, della comunicazione di massa mediata, attraverso i c.d. cronisti accreditati
presso le sedi parlamentari, di grande rilievo soprattutto anteriormente agli anni Novanta, cfr. L.
GIANNITI, N. LUPO, Corso di diritto parlamentare, Mulino, Bologna, II ed., 2013, 289.
51
A tal fine, l’art. 63 Reg. Cam. prevede la trasmissione televisiva diretta per le sedute d’Assemblea,
mentre non esiste una disposizione corrispondente nel regolamento del Senato, la cui prassi è, però,
conforme. La trasmissione del question time in Assemblea è regolata, invece, dall’art. 135-bis reg. Cam.
e dal nuovo art. 151-bis, co. 6-bis, Reg. Sen. Per un raffronto tra il carattere meramente autorizzativo
del potere del Presidente della Camera di disporre la pubblicità e, viceversa, quello facoltativo e discrezionale del Presidente del Senato, cfr. D. PARTESCANO, Pubblicità e comunicazione dell’attività e
dei lavori parlamentari: radio, televisione e internet, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo:
www.osservatoriosullefonti.it, 2, 2014, 39. In ogni caso, per prassi la trasmissione televisiva diretta
delle interrogazioni a risposta immediata è sempre disposta automaticamente.
52
Il nuovo regolamento del Senato, peraltro, ha abrogato il co. 3 dell’art. 33, Reg. Sen. riguardante
il principio di riservatezza delle sedute delle Commissioni in sede consultiva e referente.
53
Esempi in V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare, cit., 346-7.
54
A.C., XIV Leg., Giunta per il Regolamento, Parere del 14 luglio 2004 sulla procedura da applicare
per la trasmissione in via sperimentale dei lavori delle Commissioni sul canale televisivo satellitare della
Camera dei deputati.
55
«Vista la mancanza di una normativa in materia – si spiega nel documento, – e la conseguente
necessità di definire, con una pronuncia della Giunta per il Regolamento, la disciplina sperimentale
delle trasmissioni televisive satellitari, che potrà successivamente essere consolidata in norme
espresse», si darà luogo alla predisposizione di una serie di requisiti tecnici. Sulla pubblicità dei lavori,
in generale, resta un riferimento P. COSTANZO, La pubblicità dei lavori parlamentari: profili storico50
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volontà comune a trasmettere «alcune specifiche fasi dei lavori delle Commissioni», essa si trova a dover disporre i criteri in ordine all'utilizzo del canale
satellitare. Questi specificano ulteriormente il mandato predisposto dall’Ufficio di presidenza56. La durata della sperimentazione, tuttavia, non viene definita, dipendendo essa dalle successive valutazioni degli organi tecnici.
Il parere della Giunta, dunque, sorretto da questa volontà qualificata, introduce all’unanimità una disciplina del tutto inedita nei regolamenti, rispetto
alla quale va senza ombra di dubbio escluso che abbia un carattere meramente
“interpretativo”.
Tale conclusione sembra essere confermata da una decisione successiva57,
che riguarda il tema della procedura parlamentare da applicare nei casi in cui
le Commissioni debbano esprimere un parere sulle nomine governative. In tal
caso, la Giunta, preso atto di specifiche richieste avanzate sul punto58, ammette
per la prima volta che le Commissioni possano procedere ad effettuare audizioni speciali informali dei soggetti designati dal Governo, al fine esclusivo
dell'«accertamento dei requisiti posseduti» e «senza possibilità di incidere sugli
indirizzi gestionali degli enti ed organismi interessati». Ciò è consentito in via
sperimentale e «nelle more delle riforme regolamentari in corso», con
l’espressa finalità di facilitare una sollecita e informale istruttoria59.
comparatistici ed aspetti attuali, in Rass. parl., 3, 1980, 287 ss. Solitamente, peraltro, nella ricostruzione
della materia non si compie riferimento ai pareri della Giunta. V. A. CIPOLLONE, Pubblicità dei lavori
parlamentari e tutela della privacy, in AA.VV., Il Parlamento della Repubblica: organi, procedure, apparati, Camera dei deputati, Roma, 2019, III, 963-991; C.F. FERRAJOLI, La pubblicità dei lavori in Commissione: un antidoto alla crisi del compromesso parlamentare, in Costituzionalismo.it, 2, 2017, 159-189.
56
Nel merito, la Giunta opta per il consolidamento di alcuni criteri emersi nella prima fase. Così,
dunque, per quanto riguarda la trasmissione televisiva delle sedute delle Commissioni dedicate alle
interrogazioni a risposta immediata, sino ad allora previste solo con il sistema a circuito chiuso, essa
le autorizza in via permanente (e non più, dunque, “sperimentale”), salvo che il summenzionato Comitato stabilisca “criteri di rotazione” delle trasmissioni. Per quanto riguarda le sedute dedicate ad
audizioni formali, se ne autorizza la trasmissione de plano, salvo obiezioni. Infine, si prevedono ulteriori criteri per le sedute delle Commissioni monocamerali di inchiesta dedicate ad audizioni formali,
nonché per le audizioni delle Commissioni bicamerali e delle Commissioni riunite di Camera e Senato.
57
A.C., XVIII Leg., Giunta per il regolamento, Parere del 26 giugno 2013 sulla possibilità che le
Commissioni procedano all'audizione informale dei soggetti designati a nomine governative e sulle forme
di pubblicità delle riunioni delle Commissioni dedicate ad audizioni informali.
58
La proposta, in particolare, sarebbe partita dall’on. Realacci, Presidente della Commissione Ambiente, che con una lettera del 10 giugno 2013 avrebbe manifestato l’opportunità del superamento
della disciplina allora vigente che escludeva per le Commissioni la possibilità di procedere ad audire
informalmente i soggetti designati a nomine governative, prima di emettere il proprio parere. Cfr.
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 26 giugno 2013.
59
Come risulta dal resoconto di seduta, l’allora Presidente, on. Boldrini, specificava che «la vigente disciplina contraria risale ad un parere della Giunta per il Regolamento del 17 gennaio 1979,
sempre confermato successivamente, che – nel silenzio del Regolamento – ha escluso la possibilità di
audizione dei designati alle nomine, posto che in tal modo potrebbero essere definiti, in maniera impropria, indirizzi gestionali relativi agli enti cui si riferisce la nomina. Questo divieto col tempo sembra
divenuto inattuale e limitativo dei poteri del Parlamento sulla verifica dei presupposti professionali
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
In secondo luogo, si va esplicitamente ad integrare il primo parere, quello
del 2004, con la previsione che ciascuna Commissione, d'intesa con la Presidenza della Camera, possa disporre la pubblicità dell’audizione attraverso uno
strumento nuovo, la web-tv della Camera. Si specifica, infine, il criterio dell’assenza di obiezioni, introdotto dal primo parere, richiedendosi l’assenso «dei
rappresentanti dei gruppi pari ad almeno i tre quarti dei membri della Camera».
Tali innovazioni, che hanno una portata significativa sulla pubblicità dei lavori, vengono giustificate sulla base del loro carattere sperimentale, destinato a
perdurare «in attesa di eventuali modifiche regolamentari in materia di audizioni da parte delle Commissioni e di pubblicità dei lavori».
Si tratta di un ambito su cui, peraltro, sono state di recente introdotte dalla
Giunta per il Regolamento della Camera ulteriori innovazioni in via sperimentale, per fronteggiare l’emergenza da Covid-19 e i disagi che questa ha provocato sul buon andamento dei lavori e sulla stessa funzionalità dell’organo parlamentare60. In particolare, considerata l’eccezionale situazione derivante dalla
pandemia, la Giunta ha formulato una proposta intesa ad ammettere “in via
sperimentale” la partecipazione dei deputati ai lavori delle Commissioni attraverso sistemi di videoconferenza da remoto61. Questo ha permesso, tra le altre
cose, il regolare svolgimento delle riunioni dell'Ufficio di Presidenza nonché
di certe audizioni informali in digitale.
Le condizioni affinché si potesse procedere ad una modalità di lavoro mista,
da remoto e in presenza, sono state stabilite dalla Giunta che, nello specifico,
ha richiesto la partecipazione in sede del Presidente o di un Vicepresidente
della Commissione, nonché la programmazione delle sedute in una maniera
idonea ad assicurare il richiesto supporto tecnico per il collegamento.
A supporto di tali misure straordinarie si è richiamata l’attenzione sulla loro
temporaneità, destinate a durare per lo meno fino alla cessazione degli effetti
della dichiarazione di emergenza nazionale deliberata dal Consiglio dei Ministri. Tuttavia, proprio sulla questione della durata temporale non si è registrata
un’unanime convergenza. È stato fatto notare, da un lato, che ciò avrebbe significato attribuire a un provvedimento emesso dall’esecutivo la possibilità di
incidere sui lavori del Parlamento, in contrasto con l’autonomia di quest’ultimo
e, dall’altro lato, che un eventuale scadenza del regime di eccezionalità avrebbe
dei soggetti interessati. Ciò anche alla luce del fatto che sono intervenute alcune leggi che prevedono
ora le audizioni dei soggetti designati alla nomina in alcune importanti autorità indipendenti o enti
pubblici».
60
Cfr. A.C., XVIII Leg., Giunta per il Regolamento, Comunicazioni del Presidente sulle modalità
di svolgimento dei lavori delle Commissioni nel periodo dell’emergenza derivante dalla diffusione del
virus Covid19, sedute del 31 marzo 2020 e del 4 novembre 2020, nonché A.C., XVIII Leg., Giunta
per il Regolamento, Comunicazioni del Presidente sulle modalità di svolgimento dei lavori parlamentari
nel periodo dell’emergenza derivante dalla diffusione del virus Covid19, seduta del 7 maggio 2020.
61
A.C., XVIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 31 marzo 2020.
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YLENIA MARIA CITINO
potuto essere fissata in maniera indipendente al più sino alla conclusione della
pausa estiva.
La questione più dirimente, però, è stata quella del voto elettronico, ritenuto non applicabile alle riunioni in sedi formali, cosa che, in pratica è stata
poi aggirata attraverso la derubricazione ad “informali” di audizioni ministeriali62.
Solo con riguardo alla sede referente è stata ammessa “in via sperimentale”,
con un’efficacia limitata alla durata del periodo d’emergenza e previa unanimità dei consensi, la trasmissione via sito web delle sedute delle Commissioni.
Questo è avvenuto, dunque, con l’esplicita finalità di assicurare il buon andamento dei lavori parlamentari, permettendo ai deputati impossibilitati a prendere parte alla seduta nel rispetto delle restrizioni alla libertà di circolazione,
di seguire da remoto le suddette riunioni63.
Il tema della partecipazione a distanza ai lavori parlamentari mediante l’attivazione di una pubblicità ristretta, tra l’altro, ha suscitato un ampio dibattito
sia all’interno delle sedi istituzionali interessate sia fra i costituzionalisti64. Questi ultimi si sono interrogati sull’opportunità di provare a leggere in maniera
estensiva la Costituzione, forzando l’art. 64, co. 3, che richiede, ai fini del raggiungimento del numero legale, la maggioranza dei presenti65. Così, è sorto il
dubbio se possano essere considerati presenti i deputati che partecipino attraverso l’ausilio di sistemi di videoconferenza o altri strumenti tecnologici a
La pratica è stata segnalata, ad esempio, dall’on. Fornaro (LEU) in replica alle Comunicazioni
del Presidente sulle modalità di svolgimento dei lavori parlamentari nel periodo dell'emergenza derivante
dalla diffusione del virus Covid19, nella seduta del 7 maggio 2020 della Giunta per il Regolamento, che
ha specificato che «nel proseguire la sperimentazione, si potrebbe forse assumere un approccio più
laico e allargare il campo di applicazione delle modalità da remoto alle audizioni formali, anche con
riferimento alle Commissioni d'inchiesta, in presenza dell'unanimità in tal senso negli uffici di presidenza e purché, naturalmente, non si tratti di attività secretate o comunque riservate».
63
La visione delle sedute è stata consentita anche a «coloro che, in base alle regole vigenti, possono
già ora seguire i lavori delle Commissioni tramite il circuito chiuso». Tali innovazioni, ciò malgrado,
non sembrano aver assicurato un libero e pieno esercizio del mandato, poiché i membri delle Commissioni, pur potendo assistere ai lavori, hanno espresso doglianze in merito alla non abilitazione ad
intervenire, preclusa dal carattere formale della sede di riunione.
64
Cfr. almeno C. PINELLI, Regolamenti parlamentari e innovazione tecnologica nella società digitale, in A cinquant’anni dai Regolamenti parlamentari, cit., 229 ss.; N. LUPO, Perché non è l’art. 64
Cost. a impedire il voto “a distanza” dei parlamentari. E perché ammettere tale voto richiede una “reingegnerizzazione” dei procedimenti parlamentari, in Oss. Cost., 3, 2020, 23 ss.; R. IBRIDO, Alla ricerca
della “giusta distanza”: il formato tecnologico dei lavori parlamentari in Italia e in Spagna durante la crisi
pandemica, in Il Parlamento nell’emergenza pandemica. Il Filangieri – Quaderno 2020, Jovene, Napoli,
2021, 77 ss.
65
P. MARSOCCI, Lo spazio digitale dei lavori parlamentari e l’emergenza sanitaria Covid-19, in Medialaws, maggio 2020, 8.
62
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
distanza66. Di una simile forma di presenza “non fisica”, infatti, andrebbe valutata la compatibilità con altri principi di rango costituzionale67.
Pertanto, al fine di affrontare i numerosi profili critici legati al tema della
partecipazione da remoto e della relativa sperimentazione si sceglie di creare
un soggetto ad hoc68. Al Comitato ristretto viene affidato il compito di svolgere
tutti gli approfondimenti per poi rimettere la questione alla Giunta medesima.
Tale mozione, tuttavia, non trova un consenso unanime delle parti politiche,
che hanno rilevato come la Giunta costituisca già un organo “ristretto”.
Il sottotema dello svolgimento a distanza delle audizioni si gioca sul piano
del rapporto fra formalità e informalità delle stesse. Non esiste un indizio nei
regolamenti che possa consentire di distinguere le une dalle altre e il suggerimento di attribuire il regime della formalità in base al soggetto audito non pare
abbia trovato un’adesione diffusa69. La scelta, dunque, dipenderebbe dal singolo caso concreto ma, come già evidenziato in dottrina70, la tendenza della
prassi sembra andare nel senso dell’estensione dei casi di riunioni informali.
Questo consente, infatti, di eludere la previa autorizzazione della Presidenza,
che dovrà semplicemente essere edotta dell’avvenuto svolgimento dell’audizione. La maggiore agilità deriva, poi, dall’assenza di resocontazione.
Talvolta, le decisioni sperimentali della Giunta si riverberano sulle scelte
compiute da altre Commissioni. Ad esempio, in una seduta della Commissione
parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie, si ammette che i Commissari e gli auditi partecipino ai lavori sperimentalmente attraverso la modalità
della videoconferenza71. La “sperimentalità” della decisione deriva dal fatto
66
I membri del gruppo Movimento 5 Stelle hanno avanzato, sul punto, la teoria della “presenza
di connessione”.
67
Principi come l’immunità di sede; la libertà di discussione e di espressione dei deputati, che
potrebbe essere pregiudicata dai limiti delle modalità di discussione online o da difetti nel collegamento internet; i poteri presidenziali in ordine al buon andamento dei lavori parlamentari e alla tutela
delle rispettive prerogative; non da ultimo, va considerato altresì il divieto di accesso alle Aule da parte
di soggetti estranei che potrebbe facilmente essere aggirato non tanto, o non solo, attraverso possibili
tentativi di “effrazione” e violazione da parte di hacker informatici, ma soprattutto per la difficoltà di
un pieno isolamento da parte del deputato partecipante, con conseguenti rischi di interferenze di
soggetti estranei. Si pensi, infine, alla problematica legata ai lavori delle Commissioni d’inchiesta, la
cui delicatezza dei relativi poteri impone il rispetto di un principio di riservatezza e di secretazione
degli atti, aggirabile attraverso la possibilità di un’abusiva divulgazione delle sedute. In sostanza, esisterebbe tutto un insieme di complicazioni tali da non rendere equiparabili i lavori parlamentari ad
altre modalità di svolgimento di riunioni a distanza, come quelle utilizzate, ad esempio, per il c.d.
lavoro agile.
68
A.C., XVIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 31 marzo 2020.
69
Alcuni parlamentari hanno avanzato, quale criterio distintivo, quello della presenza o meno di
pubblicità documentale ma a chi scrive pare piuttosto che ciò sia una conseguenza della formalità,
anziché un suo elemento identificativo.
70
V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare, cit., 538.
71
A.C., XVIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 17 novembre 2020, intervento dell’on.
Vitali.
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YLENIA MARIA CITINO
che «la Presidenza si riserva di valutare le conseguenze applicative di tale variante procedurale per poi, eventualmente, sottoporre all'Ufficio di Presidenza
soluzioni e indirizzi stabili».
In estrema sintesi, si può rilevare che se il metodo sperimentale della partecipazione a distanza è stato dichiarato per il momento incompatibile con il regime di pubblicità previsto dalle sedi formali, ciò ha implicato una rivitalizzazione della prassi di una maggiore frequenza delle audizioni informali.
Per completare la rassegna sul tema, va detto infine che, in un secondo momento, previa intesa politica nella Conferenza dei presidenti di Gruppo, la
Giunta per il regolamento elabora ulteriori innovazioni definite ancora una
volta “in via sperimentale”72.
Da un lato, si è convenuto di modificare l’articolazione dei lavori della Camera per adeguare lo svolgimento delle sedute alle necessità derivanti
dall’emergenza sanitaria, legate al distanziamento fisico e alla capienza delle
sale. Tale decisione ha inciso dunque sulla programmazione dei lavori. Di maggiore peso è stata la seconda scelta in senso “sperimentale” che, «tenendo
conto degli esiti positivi della sperimentazione» svoltasi in un primo momento,
ha disposto una rivalutazione in via estensiva, ma sempre rigorosamente “sperimentale”, delle modalità di partecipazione da remoto ad ulteriori sedute73.
Il tema dell’esplicabilità del mandato parlamentare a distanza è discusso anche al Senato ove, rivendicandosi la piena autonomia decisionale della Giunta
rispetto alle scelte della Camera, si procede nel senso di espungere qualsiasi
riferimento al carattere “sperimentale” delle modalità di partecipazione74. Tale
carattere, come illustrato dall’on. Calderoli, «è del tutto differente da quello
dell'emergenza, che è l'unico a poter giustificare in modo fondato una deroga
al principio della presenza dei parlamentari, sancito dall'articolo 64, terzo
comma, della Costituzione». Pertanto, il quadro emergenziale è di per sé sufficiente a giustificare il ricorso a inediti lavori a distanza, senza portare avanti
necessariamente le fasi di sperimentazione. La qual cosa non trova d’accordo i
componenti del gruppo Movimento 5 Stelle, che propongono, al contrario, di
riflettere sull’opportunità di rendere permanente il ricorso a tali strumenti
A.C., XVIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 4 novembre 2020.
Nel merito, esse vengono identificate nei lavori riguardanti: a) audizioni formali, previste
nell'ambito di indagini conoscitive o disposte ai sensi dell'articolo 143, co. 2, Reg. Cam.; b) comunicazioni del Governo, in conformità all’art. 22, co. 3, Reg. Cam.; c) atti di sindacato ispettivo; d) riunioni dei Comitati ristretti, ove non vi si svolgano deliberazioni; e) ogni altra seduta delle Commissioni
(o di Comitati permanenti costituiti al suo interno) in sede formale nella quale sia previsto esclusivamente lo svolgimento di una discussione e non siano previste votazioni. Sono invece escluse le riunioni
del Comitato dei nove, in quanto al loro interno si compiono decisioni «sui pareri sugli emendamenti
a progetti di legge discussi in Assemblea e di competenza della Commissione». A.C., Giunta per il
Regolamento, seduta del 4 novembre 2020.
74
A.S., XVIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 9 giugno 2020.
72
73
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
costruttivi, poiché «la natura sperimentale delle nuove modalità di lavoro» potrebbe condurre a «risultati positivi in termini di produttività» 75 . In nome
dell’unanimità della decisione della Giunta, tuttavia, si rinuncia a sostenere il
mantenimento della precisazione dell’opzione sperimentale.
Dall’esame di tale seduta in particolare, sembra emergere una certa differenziazione fra il carattere sperimentale «destinato a durare diversi anni» e soluzioni aventi natura solamente transitoria.
In ogni caso, la proposta di modifica del regolamento volta all’adozione,
anche in via sperimentale, del voto elettronico non trova sufficienti consensi76.
4.3. Sui lavori del Comitato per la legislazione
Il Comitato per la legislazione, istituito nel 1997 soltanto alla Camera attraverso
una modifica regolamentare77, merita attenzione in quanto è oggetto di ben due
discipline sperimentali che avrebbero dovuto anticipare una successiva riforma, mai avvenuta78. Il materiale che ne viene fuori rappresenta un modello
di flagrante scollamento della prassi rispetto al perimetro regolamentare.
In primo luogo, va considerato un parere del 200179 che incide sull’art. 16bis, co. 2, Reg. Cam. Questo prevede l’inusuale modalità della presidenza di
turno, disponendo che l’incarico spetti, di volta in volta, ad uno dei suoi componenti, per la durata di sei mesi. Al contrario, il parere della Giunta, rilevando
che l’esperienza di funzionamento del Comitato, durata quattro anni, ha fatto
emergere l’esigenza di una più stabile conduzione della presidenza, decide di
Ibidem, intervento dell’on. Santangelo.
Cfr. A.C., Doc. II, n. 14, On. Bitonci ed altri, Articolo 55-bis: Introduzione del voto a distanza,
proposta presentata il 12 marzo 2020 e ritirata il 23 marzo 2020. Secondo N. LUPO, Il Parlamento
nell’emergenza pandemica, tra rischio di auto-emarginazione e “finestra di opportunità”, in Il Parlamento
nell’emergenza pandemica, cit., 149 e ID., Perché non è l’art. 64 Cost., cit., 23 ss., la disposizione costituzionale di cui all’art. 64, co. 3, non osterebbe a che le Camere, nell’esercizio di un ampio margine di
apprezzamento, interpretino che il requisito del numero legale possa essere soddisfatto anche da una
presenza da remoto.
77
A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 24 settembre 1997.
78
Cfr. G. PICCIRILLI, Una nuova disciplina “sperimentale” per il Comitato per la legislazione: il
doppio parere sui disegni di legge di conversione, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo:
www.osservatoriosullefonti.it, 3, 2009, 1 ss. Sulla proposta di revisione del regolamento per tenere
conto delle modifiche in via di prassi sul Comitato, poi abbandonata, cfr. ID., Il ripensamento del
Comitato per la legislazione: non un organo rinnovato, ma un organo diverso, in Osservatorio sulle fonti,
disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 1, 2014, 1 ss. Per un bilancio dell’attività di
tale organo, cfr. V. DI PORTO, Il Comitato per la Legislazione, vent’anni dopo, in Luiss SOG Working
Paper Series, 45/2018, 1 ss. Cfr. anche L. DI MAJO, La qualità della legislazione tra regole e garanzie,
Ed. Scient., Napoli, 2019.
79
A.C., XIV Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 16 ottobre 2001, Parere sui criteri per la
determinazione del turno di presidenza del Comitato per la legislazione di cui all’articolo 16-bis, comma
2, del Regolamento.
75
76
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YLENIA MARIA CITINO
modificarne la durata “in via sperimentale” da sei a dieci mesi80, al fine di consentire una maggiore continuità negli indirizzi presidenziali81.
Successivamente, si comincia a constatare come la disciplina regolamentare
concernente il Comitato contenga varie criticità che ne impediscono un proficuo e utile funzionamento82. Difatti, nel caso in cui un decreto-legge subisca
significativi emendamenti in sede referente, il primo parere emesso sulla versione originaria del testo è privo di valore. Il regolamento non ammette la possibilità che tale organo si possa esprimere nuovamente. La necessità di un secondo parere, tuttavia, è manifestata a più riprese, in previsione dell’effettivo
miglioramento della qualità della legislazione. Occorre dunque abilitare il Comitato a riattivarsi una seconda volta per spiegare sulle novità nel frattempo
introdotte la propria istruttoria.
Accertata la sussistenza di una volontà politica a procedere in tal senso, la
Conferenza dei Capigruppo si pone di fronte ad una difficoltosa scelta di metodo, posto che il regolamento vigente non contempla una simile ipotesi83. Occorre, dunque, rivedere la norma regolamentare sui pareri del Comitato emessi
sui disegni di legge di conversione dei decreti-legge (art. 96-bis Reg. Cam.),
ipotizzandone l’estensione al caso in questione.
Prima di procedere a una modifica regolamentare, tuttavia, viene suggerito
di «avviare, se si registra il consenso della Giunta, una fase sperimentale al fine
di verificare la concreta fattibilità della soluzione individuata ed eventualmente
di correggerla […] Una volta verificata sul campo l’efficacia della soluzione
adottata, si potrà pervenire ad una modifica del Regolamento che potrà contestualmente comprendere anche l’adeguamento delle norme ad altre pronunce
interpretative della Giunta (nelle riunioni del 16 ottobre 2001 e del 28 febbraio
2007)»84.
Vengono individuati due relatori e si attiva un dialogo con il Presidente e i
componenti del Comitato per la legislazione al fine di ottenere suggerimenti e
La proposta iniziale era, tuttavia, di un anno. A.C., XIV Leg., Giunta per il Regolamento, seduta
del 16 ottobre 2001, 4.
81
Sempre nel merito, inoltre, si converge unanimemente sull’adozione del criterio dell’alternanza
fra gruppi di maggioranza e di opposizione, in base all’anzianità di nomina nel Comitato e, in via
sussidiaria, all’anzianità parlamentare o anagrafica. La turnazione per l’attribuzione della vicepresidenza, infine, avviene scegliendo il deputato che sarà incaricato di svolgere il ruolo di Presidente nel
turno successivo.
82
Per un’analisi approfondita delle criticità, cfr. A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 6 ottobre 2009, Allegato 1 - Relazione degli onorevoli Bressa e Leone su questioni concernenti
il Comitato per la legislazione, 15 ss.
83
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 26 novembre 2009.
84
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 13 gennaio 2009, 10.
80
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
proposte utili per la prospettata riforma, tenuto conto che essa presupporrebbe
un potenziamento della composizione e struttura del Comitato stesso85.
Questa metodologia di lavoro apre, pertanto, la strada al secondo parere
sperimentale in cui si decide di procedere in tal modo al fine di soddisfare «l'esigenza di un rafforzamento dell'efficacia dei pareri espressi da tale organo»86.
Si può notare significativamente la presenza di una clausola di condizionalità,
che collega la legittimità della via sperimentale al verificarsi «di una compiuta
riforma delle norme del Regolamento concernenti il Comitato per la legislazione», avvertendo che ove la prima fase produca risultati positivi, «i relatori
stessi si faranno carico di avviare, se si registra il consenso della Giunta, una
fase sperimentale al fine di verificare la concreta fattibilità della soluzione individuata ed eventualmente di correggerla». La successiva fase di correzione,
dunque, sarebbe parte di un processo più vasto, ma anche più ambizioso, di
revisione dei regolamenti coerentemente con gli altri adeguamenti individuati
e transitoriamente risolti dalle precedenti pronunce, ancorché definite “interpretative”.
Occorre rilevare, quanto al grado di consenso raggiunto sul parere, che
mentre la prima parte di esso viene approvata all’unanimità, sulla seconda si
registra un «limitato dissenso» da parte di un solo deputato87. Essa viene, comunque, approvata a larghissima maggioranza, senza che tale dissenso possa
inficiare la piena efficacia del parere stesso88.
85
Tale ultima riflessione, però, viene posticipata all’avvenuta “sperimentazione” del nuovo
schema procedurale, come risulta da A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 6 ottobre
2009, 5.
86
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 6 ottobre 2009, Parere su questioni concernenti il Comitato per la legislazione.
87
Nel merito, si dispone che su richiesta di almeno un quinto dei componenti della Commissione
competente in sede referente, il Comitato possa esprimere un secondo parere sul testo del disegno di
legge di conversione e del decreto legge come emendato in Commissione. In esso dovranno essere
valutate le modifiche introdotte in sede di Commissione, nei limiti delle competenze del Comitato.
Con riguardo ai tempi entro i quali il parere deve essere reso, la Giunta specifica che esso può essere
indirizzato alla Commissione, se rientra nei «tempi previsti per la conclusione dell'esame in sede referente in sede di programmazione dei lavori», altrimenti può essere reso direttamente all’Assemblea
plenaria. In ogni caso, la mancata espressione del parere, statuisce la Giunta, non ha un esito impeditivo del successivo esame in Commissione e in Assemblea. Di rilievo, poi, la limitazione prevista per i
pareri resi dal Comitato per la legislazione in ambito di disegni di legge collegati alla manovra finanziaria. Si preclude, infatti, l’ammissibilità di emendamenti nuovi in Assemblea, salvo che non siano
volti a recepire «condizioni poste nel parere del Comitato e formulate in modo testuale, così da non
lasciare alcun margine di discrezionalità in ordine alle modalità di accoglimento». Su questo ultimo
punto, v. una vicenda analoga ricostruita da C. FASONE, Possono essere presentati in Assemblea emendamenti a un disegno di legge collegato “nuovi”, ma volti a recepire pareri di altre Commissioni?, in Luiss
Amministrazione in cammino, disponibile all’indirizzo: amministrazioneincammino.luiss.it, 1 ottobre
2008.
88
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 6 ottobre 2009, 7, intervento del Presidente on. Fini, che registra la volontà lievemente contraria dell’on. Favia (IDV).
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YLENIA MARIA CITINO
Nel corso della seduta che porta all’emanazione di questo secondo parere
sperimentale, infine, si valuta l’opportunità di procedere ad una revisione dei
criteri per la successione dei deputati nei turni di presidenza del Comitato.
L’assenza di un consenso unanime conduce stavolta ad una conferma integrale
di quanto stabilito dalla Giunta otto anni prima. La ratio viene individuata
nell’utilità derivante dall’«esperienza parlamentare maturata da ciascun membro nell'attività dell'organo», che andrebbe persa se la carica scadesse dopo
appena un semestre89.
Sembra, peraltro, che il grado di consenso di questa prassi sia andato mutando nel tempo. In occasione di una seduta interna del Comitato90, un deputato ha chiesto chiarimenti su quale fosse la fonte normativa che fissava la durata della Presidenza in dieci mesi. La Presidenza, nel ricordare come la disciplina risultasse dall’intreccio fra il regolamento e il parere espresso in materia
dalla Giunta, rammentava altresì come l’originaria previsione regolamentare
rispondesse alla ratio di assicurare che ogni membro del Comitato potesse esercitare le funzioni di Presidente. Tuttavia, alla luce dell’esperienza maturata nei
primi anni di funzionamento del Comitato, si era fatta sentire l’esigenza di una
maggiore continuità nella direzione dell’organo. In un orizzonte temporale ristretto, infatti, gli indirizzi presidenziali non avrebbero avuto modo di esplicarsi in maniera effettiva.
Eppure, a rigore, il trascorrere di più di un decennio rende arduo sostenere
che la sperimentazione sia ancora in corso. Ci si troverebbe, piuttosto, dinanzi
a una modifica surrettizia del regolamento: per scongiurare l’eventualità che
soggetti politici non partecipanti all’intesa originaria rivendichino l’applicazione della lettera del regolamento, sarebbe più corretto procedere ad una revisione e stabilizzare l’esito positivo del test sperimentale, ma solitamente ci
sono ragioni sotterranee che impediscono di procedere in tale direzione 91 .
Emerge, dunque, il problematico profilo dell’incertezza della sperimentazione,
soprattutto in caso di contestazioni.
4.4. In materia di raccordo fra la Camera dei Deputati e l’Unione Europea
Il percorso di razionalizzazione delle procedure regolamentari, avviato nella
XIII legislatura e culminato con la riforma regolamentare del 1997, richiede
89
Sul tema, si ricorda la nota teoria di G.U. RESCIGNO, Le convenzioni costituzionali, cit., 156, per
cui la disponibilità del diritto parlamentare deriverebbe non dall’arbitrio dell’operatore politico ma
dal carattere di utilità della norma parlamentare, pronta ad essere derogata allorché non risponda più
a tale interesse.
90
A.C., XVI Leg., Comitato per la legislazione, seduta del 9 ottobre 2012.
91
Infatti, come è stato fatto notare, tale revisione è apparsa molto rischiosa: «finirebbe per “trascinare” verso un ripensamento più generale delle dinamiche del procedimento legislativo e del sistema delle Commissioni […] se non anche per innescare un discorso più ampio sulle riforme dell’istituzione parlamentare». Così, G. PICCIRILLI, Una nuova disciplina “sperimentale”, cit., 8.
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
ancora, a cavallo della XVI legislatura, lo sviluppo di numerosi temi, tra i quali
l’adeguamento dei regolamenti in connessione con l’evoluzione dei rapporti
con l’Unione Europea92. Da tempo è avvertita l’esigenza di ripristinare la corrispondenza tra le disposizioni scritte del regolamento e la loro concreta applicazione93. Frattanto, il mutato quadro istituzionale richiede correttivi, in parte
assecondati da fonti che provocano un ulteriore divaricamento.
Al Senato la complessità e delicatezza dell’argomento porta a individuare in
sede di Giunta per il Regolamento due relatori incaricati di compiere un profondo lavoro di istruttoria ai fini dell’elaborazione di una proposta di modifica
del regolamento94. Alla Camera si sceglie, invece, di percorrere un’altra via.
La ragione sottesa alla preferenza per l’opzione sperimentale è che gli aggiornamenti derivanti dall’evoluzione progressiva dei rapporti fra le istituzioni
europee e il sistema dei Parlamenti nazionali avrebbero necessitato di battere
la strada della revisione regolamentare in tempi brevi. Nella realtà, invece, perdura una situazione di elevata incoerenza sulla quale vanno a intervenire i pareri sperimentali della Giunta per il Regolamento del 6 ottobre 2009 e del 14
luglio 201095.
Nel 2009, la Giunta comincia a riflettere sul tema. L’iter procedurale di
questo primo parere sperimentale è molto interessante: si dà mandato a due
relatori di definire «nuove procedure, per ora di carattere sperimentale»96. Il
lavoro istruttorio dei relatori viene integrato dal contributo del Presidente della
XIV Commissione Politiche dell’Unione Europea, contenuto nella lettera del
24 luglio 2009. La ricognizione viene giustificata da alcuni “fatti nuovi”,
92
Sul mancato adeguamento in via regolamentare, cfr. N. LUPO, “Codificazione” dei precedenti o
valorizzazione del parlamento? I presupposti dell’ipotesi di riforma del regolamento della Camera e alcune possibili integrazioni, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 1, 2014, 3.
93
E, segnatamente, a partire dal 2001, quando in A.C., XIV Leg., Giunta per il Regolamento,
seduta del 12 settembre 2001, 5, la Presidenza richiedeva di ponderare il tema del rafforzamento delle
norme che avrebbero consentito al Parlamento di formare e attuare le politiche dell’Unione europea.
In tal senso, dunque, i regolamenti avrebbero dovuto favorire, non ostacolare, l’espletazione degli
obblighi informativi del Governo nei confronti del Parlamento. La Commissione politiche dell’UE
avrebbe dovuto assumere un ruolo crescente di raccordo fra i due livelli ordinamentali. La revisione
organica così desiderata avrebbe dovuto incidere quanto meno sugli artt. 125 e 127-bis del regolamento). In seguito alla riforma della legge La Pergola, inoltre, si discuteva se dare corso agli opportuni
adeguamenti addivenendo ad un’interpretazione regolamentare compatibile con il vigente art. 127
Reg. Cam. ovvero avviare una fase sperimentale. A.C., XIV Leg., Giunta per il Regolamento, seduta
del 27 aprile 2005.
94
A.S., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 5 ottobre 2010.
95
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, Parere del 6 ottobre 2009 su “Questioni concernenti
le procedure di raccordo tra la Camera dei Deputati e le istituzioni europee”; A.C., Giunta per il Regolamento, Parere del 14 luglio 2010 su “L’esame in Assemblea del documento della XIV Commissione
concernente la conformità al principio di sussidiarietà e sull’esame delle relazioni sulla partecipazione
dell’Italia all’Unione europea”.
96
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 6 ottobre 2009, 8.
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1257
YLENIA MARIA CITINO
consistenti nell’approvazione della legge n. 11/200597, nella ratifica dell’Italia
nonché nell’imminente entrata in vigore del Trattato di Lisbona e dei relativi
protocolli, con la finalità del potenziamento del ruolo giocato dal Parlamento
nell’interlocuzione con le istituzioni europee. Infine, illustrato in Giunta, il parere incontra un “consenso generalizzato” e viene, dunque, approvato all’unanimità.
Come nei casi precedentemente illustrati, anche qui si può riscontrare l’esistenza di una clausola di condizionalità, premessa ineliminabile di un’intesa
politica affinché «le riforme regolamentari [siano] avviate dopo una verifica di
una prima fase applicativa del parere e del sopravvenire di eventuali nuove esigenze»98.
Nel merito, il parere intende proporre dei rimedi procedurali per fronteggiare le “ricadute” parlamentari conseguenti all’attuazione della riforma, in
modo da dotare la Camera di nuovi strumenti per partecipare in maniera proficua ai processi decisionali europei, soprattutto in relazione alla c.d. fase
ascendente.
Come risulta dalla relazione, si ipotizza di affidare “in via sperimentale” una
nuova competenza alla XVI Commissione, per attivare sollecitamente la procedura riguardante l’esame dei profili di sussidiarietà99. I passaggi scanditi dal
parere sono alquanto articolati e introducono una disciplina del tutto nuova
rispetto ai regolamenti parlamentari.
Il termine finale della sperimentalità viene individuato nella piena entrata
in vigore del Trattato, necessaria affinché i pareri parlamentari possano spiegare effetto anche in sede europea. Da quel momento, terminata la sperimentazione, si sarebbe potuta avviare una fase successiva, investendo l’Assemblea
della questione, per una nuova valutazione. Anche l’organizzazione pratica dei
lavori della XVI Commissione avrebbe dovuto essere ricalibrata dopo l’entrata
in vigore del Trattato, in modo da poter determinare i tempi «entro i quali gli
organi parlamentari possono utilmente pronunciarsi».
Infine, una seconda “disciplina sperimentale” è contenuta nell’ultima parte
del parere e riguarda la procedura di esame della relazione annuale del Governo sulla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea. Il parere prevede che
essa si svolga separatamente rispetto all’esame del disegno di legge comunitaria,
97
Legge 4 febbraio 2005, n. 11 recante “Norme generali sulla partecipazione dell’Italia al processo
normativo dell’Unione europea e sulle procedure di esecuzione degli obblighi comunitari”, in G.U. n.
37 del 15 febbraio 2005.
98
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 6 ottobre 2009, 8.
99
E, segnatamente, come risulta dal parere, «la verifica della conformità al principio di sussidiarietà dei progetti di atti legislativi di cui all'articolo 6 del Protocollo sull'applicazione dei principi di
sussidiarietà e di proporzionalità». Con riguardo al Senato, invece, prima della riforma regolamentare
del 2017, gli opportuni adeguamenti sono stati introdotti mediante una lettera informale del Presidente del Senato ai Presidenti delle varie Commissioni del 1° dicembre 2009.
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1258
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
«in deroga a quanto stabilito dall’art. 126-ter, Reg. Cam.». Tale statuizione risulta di particolare interesse perché si tratta di un raro caso in cui un parere
della Giunta ammetta espressamente la propria valenza derogatoria del regolamento, sulla base, beninteso, di una assoluta transitorietà.
In un secondo tempo, tuttavia, maturano due nuove questioni: da un lato,
la necessità di valutare gli effetti della sperimentazione del primo parere e,
dall’altro lato, l’urgenza di definire un’ulteriore procedura100. Ci si domanda,
in sede di Giunta, se optare ancora una volta per l’adozione di “schemi procedurali sperimentali” ovvero se trasfondere le regole in una revisione regolamentare.
L’urgenza della definizione delle questioni porta i relatori a propendere per
l’ipotesi “anticipatoria”, riservando una più ponderata fase di predisposizione
di norme scritte ad un secondo momento che “faccia tesoro” dell’esperienza
accumulata.
Anche la seconda disciplina sperimentale, peraltro, riporta nuovamente
all’attenzione della Giunta un nodo che sembrava sciolto: una novella legislativa, intervenuta con la legge 4 giugno 2010, n. 96, sdoppia la relazione annuale
del Governo sulla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea in due distinti
documenti, uno di carattere programmatico e l’altro di carattere consuntivo101.
In maniera inedita, l’iter di questo secondo parere non parte da un’intesa
politica presa in sede informale: per colmare questo passaggio, si avvia un dibattito nella stessa seduta di esposizione della relazione, nel corso del quale,
pur registrandosi una “sostanziale condivisione” sulla proposta, permane una
“diversità di opinioni” su alcuni punti minori. Così, si sceglie di rinviare il dibattito affinché i relatori possano «presentare una proposta di parere che tenga
conto degli elementi di novità e delle valutazioni emersi nel dibattito e condivisi»102. Due settimane dopo, la proposta così riformulata, contenente una disciplina molto articolata ed incidente in vari punti sul regolamento, è esposta
ai membri della Giunta e da essi approvata alla piena unanimità103.
4.5. In materia di contabilità e bilancio
Come si sta avendo modo di rimarcare, il ricorso alla procedura sperimentale
è avvenuto sovente in presenza di questioni che richiedevano una decisione
100
Cioè «la procedura parlamentare per l’applicazione delle disposizioni del Trattato che conferiscono ai Parlamenti nazionali la facoltà di opporsi ad una decisione comunitaria». A.C., XVI Leg.,
Giunta per il Regolamento, seduta del 1° luglio 2010, 5.
101
Legge 4 giugno 2010, n. 96, recante “Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti
dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee - Legge comunitaria 2009, in G.U. S.G. n. 146
del 25-06-2010.
102
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 1° luglio 2010, 11, intervento del Presidente, on. Fini.
103
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 14 luglio 2010.
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1259
YLENIA MARIA CITINO
sollecita per effetto dell’entrata in vigore di leggi di riforma. In tali casi, bisogna
predisporre specifici adeguamenti su fattispecie che i regolamenti parlamentari
non potevano considerare. La difficoltà nel dar seguito a simili revisioni ha,
così, condotto la Giunta per il Regolamento della Camera a svolgere un ruolo,
per così dire, di “supplenza normativa”104.
Alla base di un intervento alquanto pervasivo va ascritta la riforma del quadro di contabilità e finanza pubblica, con l. 31 dicembre 2009, n. 196, la cui
efficacia dipendeva in larga misura dalla tempestiva revisione delle procedure
parlamentari105. La pluralità degli ambiti toccati dal nuovo testo legislativo fa
sorgere la domanda se procedere con l’adattamento delle vigenti procedure
parlamentari alle novelle ovvero se approntare nuove regole passando per la
revisione dei regolamenti106.
Nelle more, interviene un parere della Giunta107 che si avvale del lavoro
istruttorio svolto dalla Commissione Bilancio. Questa, in suo seno, aveva già
istituito un apposito Comitato tecnico, incaricandolo di studiare proprio la
questione delle possibili modifiche regolamentari conseguenti alla legge n.
196108.
La procedura intercorsa per l’adozione del parere è desumibile dai resoconti delle sedute della Giunta del 1° e 14 luglio 2010. Incaricati dal Presidente
della Camera, dopo aver proceduto all’istruttoria, i relatori per gli adattamenti
regolamentari conseguenti all’entrata in vigore della legge di contabilità elaborano una proposta di articolato. Secondo la metodologia scelta, il percorso di
adeguamento sarebbe stato suddiviso in due fasi: una prima, sperimentale, consistente in agili interventi correttivi, tali da poter essere portati a termine in
R. IBRIDO, Un “protocollo sperimentale” può contenere le regole di prima attuazione dell’Ufficio
parlamentare di bilancio?, in Luiss Amministrazione in Cammino, 24 febbraio 2014.
105
Sul tema, D. CABRAS, La nuova sessione di bilancio: gli effetti sull’attività del Parlamento, in
Federalismi.it, disponibile all’indirizzo: https://www.federalismi.it/, 16, 2010, 1-10.
106
Tale dibattito, del resto, non era inedito. In A.C., XIV Leg., Giunta per il Regolamento, seduta
del 30 settembre 2003, si faceva menzione di una lettera, inviata a tutti i deputati dal Presidente della
Camera, on. Casini, il 18 luglio dello stesso anno, in cui, raccogliendo le indicazioni raccolte dai presidenti delle Commissioni Bilancio di Camera e Senato, si manifestava l’intendimento di rivedere alcune prassi riguardanti il contenuto della legge finanziaria, prospettandosi l’opportunità di «sperimentare, sulla base di un’intesa fra i gruppi parlamentari e il Governo, alcuni limitati interventi di
razionalizzazione» che non andassero a incidere con puntuali modifiche alla normativa regolamentare
e legislativa vigente. Cfr. anche A.C., XIV Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 7 ottobre 2003,
in cui si era tentato di razionalizzare le discussioni e il processo decisionale della Camera proponendo
un approccio di sperimentazione in Commissione attraverso interventi correttivi delle vigenti procedure di bilancio, da rivalutare in un secondo momento per un’eventuale estensione dell’applicazione
in Assemblea.
107
Cfr. A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, Parere del 14 luglio 2010 su “I primi adeguamenti regolamentari di carattere sperimentale conseguenti alla nuova legge di contabilità”.
108
Cfr. G. RIVOSECCHI, La riforma dei Regolamenti parlamentari dopo il trattato di Lisbona: un’occasione mancata, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 3,
2009, 1 ss.
104
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1260
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
tempi solleciti. Questi si sarebbero dovuti limitare alla progettazione di quadro
normativo essenziale, tale da consentire alla Camera l’esercizio dei nuovi poteri
previsti dalla riforma di contabilità sin dalla successiva sessione di bilancio. La
seconda fase, invece, si sarebbe aperta con una riflessione più ponderata, al
fine di rimeditare in maniera ampia le procedure parlamentari di bilancio e
«sviluppare pienamente le potenzialità offerte dalla legge». Tale obbiettivo, richiedendo più tempo, veniva posto con l’idea di giovarsi delle esperienze applicative derivanti dalla prima fase, la “sperimentazione” iniziale. Esso sarebbe
stato raggiunto con la messa a punto di una più ampia ipotesi di revisione dei
regolamenti parlamentari.
Nel merito, il parere deve tener conto di alcuni aspetti fondamentali della
riforma della contabilità pubblica 109 . In primo luogo, l’innovazione conseguente alla modificazione degli strumenti di programmazione finanziaria attraverso la sostituzione della Decisione di Finanza Pubblica (DFP) al Documento
di Programmazione Economica-Finanziaria (DPEF)110 e del disegno di legge
finanziaria al disegno di legge di stabilità, ex art. 11 l. 196/2009. Nelle more di
un adeguamento, il parere è costretto a intervenire sul Regolamento della Camera che continuava a menzionare la legge finanziaria. In maniera innovativa,
si dispone pertanto che quest’ultima vada intesa come “legge di stabilità” e che
al relativo disegno di legge vada applicata la disciplina sino ad allora prevista
per il disegno di legge finanziaria, ossia gli artt. 119-123 del Regolamento. Già
solo dall’esame di questo punto appare indubbio che il parere aveva assunto
sin dal principio un marcato valore normativo.
In secondo luogo, si stabilisce che lo schema di DEF (già DFP), in conformità all’art. 10 della suddetta legge, venga esaminato facendo ricorso alla procedura prevista dall’art. 118-bis Reg. Cam., che attribuisce un compito istruttorio primario alla Commissione Bilancio111. Le varie operazioni vanno compiute in tempo utile per permettere al Governo di tenerne conto: il Regolamento non specifica alcun termine cosicché il parere della Giunta scioglie il
nodo, innovando ancora una volta la disciplina preesistente112.
109
Sul punto, ex plurimis, L. MANCANO, La legge di riforma della contabilità e finanza pubblica, in
E. Rossi (a cura di), Studi pisani sul Parlamento, V, Plus Pisa University Press, Pisa, 2012, 187-200; M.
CAPUTO, La sessione di bilancio 2009: spunti e prospettive alla luce della riforma della legge di contabilità, in Rass. parl., 1, 2010, 77-120.
110
Come è noto, per effetto della legge 7 aprile 2011, n. 39, la DFP è stata abrogata e sostituita dal
Documento di Economia e Finanza (DEF), che ne ingloba alcuni contenuti.
111
In particolare, la Commissione Bilancio deve sentire il parere delle altre Commissioni permanenti e della Commissione parlamentare per le questioni regionali, prima di passare la parola all’Assemblea che, con una risoluzione, può votare eventuali proposte di integrazioni e modifiche al documento di finanza.
112
Si prevede l’attribuzione di tale prerogativa al Presidente della Camera, che lo fisserà «in modo
che la calendarizzazione in Assemblea avvenga in termini compatibili con quello previsto dalla medesima legge n. 196 per la presentazione dei disegni di legge di stabilità e di bilancio». Deve intendersi
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1261
YLENIA MARIA CITINO
Inoltre, la l. n. 196/2009, allineandosi sul calendario stabilito dalle istituzioni europee, incide sui termini del ciclo annuale di bilancio, spostandoli in
avanti113. Per concludere le operazioni in maniera tempestiva, tenuto conto
delle esperienze pregresse, il parere finisce per emendare espressamente l’art.
119, co. 2, Reg. Cam.114.
Ancora, la l. n. 196/2009 introduce alcuni nuovi documenti, non menzionati
dal regolamento parlamentare. Nel tentativo di colmare questa lacuna, il parere
dispone per tale insieme di atti115 l’applicabilità in via analogica della procedura prevista dall’art. 124 Reg. Cam., «in attesa di individuare moduli procedurali più specifici»116.
Un’ultima notazione di interesse è, infine, la previsione di uno specifico atto
di indirizzo che la Commissione Bilancio è autorizzata ad esprimere con riguardo ai documenti di bilancio e alle procedure di finanza pubblica. In esso,
dice il parere, possono essere contenute «osservazioni […e…] valutazioni utili
alla migliore impostazione dei documenti» stessi.
Dal quadro sostanziale che emerge da questo primo parere, approvato
all’unanimità, può certamente essere sostenuto che la Giunta, attraverso la via
sperimentale, non ha esercitato un semplice potere interpretativo, ma ha “legiferato” praeter Regolamento, aggirando, sulla base dell’urgenza delle scadenze
finanziarie, l’ordinaria procedura di revisione ex art. 64 Cost.
che con l’abrogazione del DFP tali procedure siano oggi espletabili con riferimento allo schema del
DEF.
113
Lo schema del DEF, infatti, va presentato entro il 15 settembre. Conseguentemente, la data
ultima di presentazione della manovra di bilancio e della legge di stabilità è fissata entro il 15 ottobre.
114
Tale norma, infatti prevede una durata della sessione di bilancio di quarantacinque o trentacinque giorni, a seconda che la manovra sia presentata dal Governo rispettivamente alla Camera o al
Senato. Il parere, invece, ne ridetermina la durata in trenta giorni. Le rimodulazioni dei termini sono
intese a valorizzare le istruttorie di ciascuna Commissione, lasciando sette dei dieci giorni a disposizione per esaminare congiuntamente le parti del disegno di legge di stabilità e del bilancio di propria
competenza, approvare la propria relazione e nominare un relatore. Scaduto tale termine, la Commissione Bilancio deve esaminare i disegni di legge e i documenti connessi e approvare la relazione generale: non ha più a disposizione quattordici giorni, bensì tredici. La riduzione sostanziale, invece, va a
detrimento della restante discussione in Assemblea, cui restano, tolti i tempi tecnici, meno di dieci
giorni. Un intervallo ritenuto comunque sufficiente rispetto alla prassi anteriore, in cui si erano registrate giornate di dibattito non pienamente utilizzate.
115
Si tratta, ai sensi del parere in questione, dei seguenti atti: «La relazione annuale sull'economia
e la finanza pubblica e la relazione di sintesi sugli interventi realizzati nelle aree sottoutilizzate e sui
risultati conseguiti (che il Governo presenta alle Camere entro il 15 aprile), la relazione generale sulla
situazione economica del Paese per l'anno precedente (entro il 30 aprile) (art. 12 della legge n.
196/2009), lo schema di aggiornamento del programma di stabilità da presentare al Consiglio dell'Unione europea e alla Commissione europea (da presentare secondo il calendario concordato in sede
europea) (art. 9 della legge n. 196/2009), le linee guida per la ripartizione degli obiettivi di finanza
pubblica (che il Governo presenta entro il 15 luglio) (art. 10, comma 5, della legge n. 196/2009) ed
ogni altro documento trasmesso dal Governo ai sensi della legge n. 196/2009».
116
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 14 luglio 2010, 5.
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1262
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
Le riforme di finanza pubblica sono all’origine di un nuovo eclatante caso:
l’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio (di seguito, UPB), in ottemperanza agli obblighi europei e prevista sia alla Camera che al Senato per effetto della legge costituzionale che ha introdotto il principio del pareggio di
bilancio, è avvenuta attraverso l’inusuale e atipica procedura consistente
nell’approvazione in via sperimentale del Protocollo per l’attuazione del Capo
VII della legge 24 dicembre 2012, n. 243, relativo all’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Tale legge, infatti, disponeva la creazione dell’organo indipendente con decorrenza dal primo gennaio 2014, attribuendo all’intesa dei
Presidenti d’Assemblea, il compito di nominare, con decreto, il Presidente e i
membri del Consiglio dell’Ufficio da una lista di nominativi votata a maggioranza di due terzi dalle commissioni competenti di entrambi i rami del Parlamento. L’urgenza di questo termine era peraltro acutizzata dall’infruttuosa decorrenza di un'altra scadenza, prevista nel quadro del c.d. two pack e finalizzata
ad accelerare la sorveglianza di bilancio e il coordinamento finanziario fra gli
Stati membri dell’UE. In particolare, l’art. 5 del Regolamento UE n.
473/2013117, che imponeva agli Stati membri di dotarsi entro il 31 ottobre 2013
di enti indipendenti cui garantire autonomia funzionale, al fine di monitorare
l’osservanza delle regole di bilancio.
Come risulta dai resoconti118, si specifica che «nelle more dell’introduzione
di una specifica disciplina regolamentare» da adottare in parallelo, si sceglie di
elaborare, in seguito a un’intesa bicamerale fra gli Uffici di presidenza delle
Commissioni Bilancio e le Presidenze dei due rami del Parlamento, un Protocollo definito “sperimentale per la sua prima applicazione” al fine di consentire
l’operatività dell’Ufficio119. Come spiegano i Presidenti nelle citate sedute, il
testo del Protocollo è stato prima inviato ai membri della Giunta, poi illustrato
ai Presidenti delle Camere, che «ne hanno verificato l’aderenza alle previsioni
della legge n. 243, ritenendo opportuno condividerlo». La procedura, seppure
informale, ha il pregio di consentire un elevato coinvolgimento dei gruppi, anche di opposizione.
Questo dimostrerebbe il raggiungimento di un sufficiente grado di consenso politico prima di innescare ulteriori procedure, propedeutiche all’attivazione dell’UPB. Sarebbe, dunque, la ristrettezza della tempistica a giustificare
117
Regolamento (UE) n. 473/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 maggio 2013
sulle disposizioni comuni per il monitoraggio e la valutazione dei documenti programmatici di bilancio e per la correzione dei disavanzi eccessivi negli Stati membri della zona euro, in G. UE. L. 140 del
27/05/2013.
118
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 21 novembre 2013.
119
Come chiarito dalla Giunta in una seduta di qualche anno successiva, per Protocollo si intende
«una disciplina convenzionale predisposta dall’organo, che vincolerebbe comunque i deputati e che
presupporrebbe una successiva modifica regolamentare da effettuare solo dopo un certo periodo di
sperimentazione». A.C., XVII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 10 marzo 2016, 4.
© Osservatoriosullefonti.it, fasc. 3/2021
1263
YLENIA MARIA CITINO
una tale “deviazione” rispetto al percorso ordinario di modifica dei regolamenti parlamentari120. Una deviazione giustificata dal fatto di aver compiuto
sufficienti approfondimenti e accettata per via della “natura sperimentale”, che
non escluderebbe successivi riadeguamenti.
La speditezza con cui si sarebbe svolto l’iter decisionale relativo all’istituzione dell’UPB ha fatto sollevare dubbi sulla legittimità della semplice “ratifica”
del protocollo operata in Giunta, preclusiva dei necessari dibattiti121.
La dottrina, invece, mette a fuoco i rischi di una possibile carenza di democraticità del processo istitutivo, sottolineando l’assenza di un qualsiasi confronto nelle Assemblee e la frettolosità delle discussioni formali in sede di
Giunta, precedute da più approfonditi colloqui nelle sedi ristrette degli Uffici
di Presidenza delle Commissioni Bilancio e della Presidenza d’Assemblea122.
Riassumendo, in entrambi i pareri appena esaminati non sono mancate le
perplessità o le espressioni di disaccordo sul metodo. Come si può evincere
dalla lettura delle sedute della Giunta, c’è chi ha evidenziato come la previsione
di una fase di tipo sperimentale e transitorio, circoscritta ad interventi di tipo
meramente correttivo, rischi di frapporsi all’emanazione di una disciplina di
più ampio respiro, per effetto della prassi che tende ad eseguire rinvii sine die
alle riforme regolamentari, stabilizzando e rendendo durature norme concepite
come provvisorie ovvero identificando in queste ultime dei precedenti dal valore non trascurabile123.
Anche nell’omologa procedura di elaborazione del parere svoltasi presso il
Senato della Repubblica non sono mancate contestazioni: un senatore, ad
esempio, facendo espresso riferimento alle competenze attribuite alla Giunta
dall’art. 18, co. 3, Reg. Sen., rimarcava come essa non potesse disporre di «alcun potere di emanare ulteriori fonti a valenza esterna, in rapporto sia con la
legge, sia con altri Organi costituzionali»124. I pareri, dunque, in quanto fonte
diversa dai regolamenti parlamentari, non dovrebbero ritenersi ammissibili, né
idonei «a specificare quanto già previsto da fonti di rango primario». A giustificazione parziale di quanto contestato, nella stessa seduta, il Presidente della
120
Eppure, come fa notare E. GRIGLIO, Il protocollo sull’Ufficio parlamentare di bilancio: una
«fuga» dai regolamenti parlamentari?, in Quad. cost., 1, 2014, 118, «il ricorso ad una procedura sperimentale non ha comunque consentito di rispettare la scadenza prevista dalla legge organica».
121
Come rilevato, ad esempio, dall’on. Giorgietti, sarebbe stata preferibile la via maestra della
revisione regolamentare, data la non transitorietà dell’ufficio in questione. Tuttavia, in difetto di essa,
è sempre meglio addivenire ad una disciplina «di carattere sperimentale».
122
Difatti, entrambi gli organi «sono stat[i] convocat[i] rispettivamente il 21 novembre e l’11 dicembre 2013 con un ordine del giorno dedicato a “comunicazioni” della Presidenza relative all’istituzione dell’Ufficio parlamentare di bilancio, che come tali non presupponevano una formale presa di
posizione dell’organo». Cfr. E. GRIGLIO, Il protocollo, cit., 117.
123
A.C., XVI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 14 luglio 2010, intervento dell’on. Sereni.
124
A.S., XVII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta dell’11 dicembre 2013, intervento dell’on.
Santangelo.
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1264
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
Giunta replicava che il fatto di trovarsi di fronte a «una fattispecie del tutto
inedita, concernente la costituzione di un organismo introdotto da una normativa estremamente recente» era un caso «che i Regolamenti di entrambi i rami
del Parlamento non potevano ovviamente contemplare». Così, per dare tempestiva attuazione alle riforme di contabilità e bilancio, il meccanismo dei pareri sperimentali «risulta comunque necessario».
Trattandosi di un ambito tipico dell’autonomia funzionale del Parlamento,
desta preoccupazione il fatto che simili decisioni vengano prese non già nemine
contradicente, bensì attraverso mere “ratifiche”, “prese d’atto” o generiche
“convergenze di volontà”. Ad un osservatore esterno, infatti, sembra evidente
che pur non violandosi espressamente la condizione della maggioranza assoluta
prevista dall’art. 64 Cost., una tale procedura possa condurre in buona sostanza
ad un’elusione del meccanismo di confronto e di garanzia che la Costituzione
stessa implicitamente suggerisce nel prescrivere rinforzi alle ordinarie maggioranze125.
4.6. In materia di deontologia: l’approvazione in via sperimentale del codice
di condotta
Per quanto riguarda le innovazioni in tema di deontologia e di disciplina delle
attività di rappresentanza di interessi, va posta l’attenzione sul fatto che la via
sperimentale viene per la prima volta proposta in abbinamento con una intesa
“convenzionale”. La Giunta della Camera sembra “avventurarsi” in questa inedita combinazione di metodi di produzione delle norme nell’intento di superare l’impasse che deriva dalla perdurante assenza di una disciplina legislativa
e regolamentare organica126. Il quadro normativo di allora, consistente in disposizioni normative sparse con un flebile apparato sanzionatorio, richiede non
solo l’introduzione di norme generali e «riassuntive dei principi deontologici
al cui rispetto sono tenuti i deputati italiani», ma anche una «puntuale
125
Come fa criticamente notare E. GRIGLIO, Il protocollo, cit., 119, «la soluzione alternativa venutasi così a legittimare rappresenta un precedente potenzialmente molto pericoloso di fuga dalla
revisione dei regolamenti parlamentari che nessuna garanzia consente di offrire sulla transitorietà e
sul carattere realmente sperimentale della disciplina adottata».
126
Sul punto, G. PICCIRILLI, Un ulteriore tassello, cit., 4, osserva che «l’adozione negli ultimi anni
di una ampia e pervasiva legislazione anticorruzione, a partire dalla legge n. 190 del 2012, ha determinato il paradossale disallineamento dell’ordinamento parlamentare, che ne è stato direttamente destinatario per la parte che riguarda l’assunzione del mandato parlamentare e le sue vicende». Si richiedeva, dunque, l’intervento delle fonti regolamentari per recepire la normativa nel rispetto della prerogativa di autonomia garantita dalla Costituzione. Pur avendolo previsto nella propria fonte regolamentare (art. 12, co. 2-bis), il Senato non ha ancora approntato un simile strumento.
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1265
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individuazione di quegli aspetti della materia che risultino ancora sprovvisti di
disciplina e sui quali la fonte regolamentare sarebbe legittimata ad intervenire»127.
Si giunge, per tale via, alla faticosa elaborazione del codice di condotta128,
fonte con una natura certamente ricognitiva e, per certi versi, anche innovativa:
su di esso si raggiunge un consenso parziale, a causa di un punto che desta
perplessità in un gruppo politico.
Anche in questo iter procedurale si ritrovano i due tipi di sperimentalità:
quella, per così dire, iniziale, che attiene alla fase di predisposizione di una
apposita scelta normativa. E quella “postuma” rappresentata da una sperimentazione applicativa129: la previsione di quest’ultima motiva il respingimento di
qualsiasi altra soluzione in difformità con la proposta originaria, poiché in ogni
caso, dopo la suddetta fase applicativa si potranno ridiscutere le regolamentazioni poco performanti.
I deputati del Movimento 5 Stelle, ad esempio, avevano avanzato alcune
specifiche riserve sul tema sanzionatorio, pur essendo consci della loro inammissibilità perché implicanti una lettura estensiva del Regolamento. La Presidenza ha dovuto ricordare che la fonte prescelta del Codice, avendo natura
sperimentale, inibisce qualsiasi modifica alle sanzioni di tipo interdittivo a carico dei deputati, perché ciò implicherebbe una revisione regolamentare (art.
60 Reg. Cam.) che allo stato non era possibile compiere con quel mezzo130.
Tuttavia, come risulta dal resoconto, gli emendamenti al Codice erano stati
presentati comunque, per “lasciarne traccia” negli atti della Giunta.
In coerenza con tale impostazione, il resto del dibattito concernente le proposte di emendamento viene condotto in una cornice di sperimentalità, che
comporta il rinvio dell’esame di talune proposte al momento successivo, quello
in cui la disciplina verrà riversata nelle maglie più stabili e definitive del Regolamento. Un momento, tuttavia, incerto nell’an e nel quando.
Sia il Codice di condotta che il testo recante l’ipotesi di regolamentazione
delle attività di lobbying sono stati approvati con le due astensioni dei
A.C., XVII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 19 novembre 2015, intervento del relatore, on. Pisicchio, 7.
128
Con riguardo all’intarsio fra le regole parlamentari e le regole etiche nel Codice di condotta,
quale fattore condizionante della democraticità degli ordinamenti, cfr. P. GAMBALE, Le proposte di
modifica dei regolamenti di Camera e Senato: verso l’adozione di un “codice etico” per i parlamentari?,
in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 2, 2015, 1-6.
129
A.C., XVII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 23 marzo 2016, intervento del relatore,
on. Pisicchio, 10.
130
A.C., XVII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 12 aprile 2016, intervento della Presidente, on. Boldrini, 4.
127
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1266
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
rappresentanti del Movimento 5 Stelle131. Non vi sono, dunque, voti contrari
tali da apparire in contrasto con il principio di matrice consuetudinaria del
nemine contradicente132, ma non può nascondersi che quelle astensioni hanno
un peso.
Il quesito della natura giuridica di tali documenti, come dei già discussi protocolli sperimentali, è stato risolto dalla dottrina in vario modo: si è ipotizzata
una loro “parità di grado” con i pareri della Giunta in cui essi sono formalmente contenuti133; si è parlato di atti interni, frutto dell’autonomia degli organi
costituzionali, le cui norme etico-morali sono però di dubbia valenza giuridica134; ovvero, più genericamente, si è rimarcato il loro essere fonti di organizzazioni interna dei Parlamenti, di rango subregolamentare e convenzionale, ma
non giuridica135; o, ancora, salvo le opportune distinzioni, sarebbero forme analoghe ai codici di autoregolamentazione deontologica di tipo privatistico.
A rigor di logica, la non giuridicità scaturirebbe, dal punto di vista formale,
dall’assenza di una norma di rango superiore che autorizzi la Giunta ad emanare un codice di condotta. A sostegno di tale ipotesi, si può addurre la volontaria qualificazione del codice come “convenzionale”, cosa che risulta dai resoconti delle sedute di Giunta e coincide con l’intendimento politico di base
che sorregge il documento. Dal punto di vista sostanziale, invece, la natura
principalmente compilativa del Codice, volto a riunire in un unico documento
norme e principi già presenti nell’ordinamento, per di più privi di un reale apparato sanzionatorio, impedisce di potervi identificare una genuina attitudine
prescrittiva e normo-generativa rispetto al complesso dell’ordinamento giuridico.
5. Ulteriori casi minori di sperimentalità deliberati dal Senato
Per completezza dell’esposizione, vanno menzionati ancora due casi minori di
percorsi sperimentali deliberati dal Senato.
A.C., XVII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 12 aprile 2016, 13. Per alcune considerazioni sulla regolamentazione dell’attività di rappresentanza di interessi così introdotta, cfr. R. DI
MARIA, «Adelante, Pedro, con juicio!» ovvero “prove generali” di regolamentazione del lobbying in Italia,
in Forum di Quaderni Costituzionali, disponibile all’indirizzo: https://www.forumcostituzionale.it/wordpress/, 7, 2016, 1-4.
132
R. IBRIDO, Clausola del nemine contradicente, in Rass. parl., 2, 2011, 367 ss.
133
Così, ad esempio, G. PICCIRILLI, Un ulteriore tassello, cit., 5, che rimarca, però, «l’assenza di
un riferimento diretto all’interpretazione o all’attuazione di una specifica norma regolamentare».
134
G. STEGHER, La deontologia nell’esperienza costituzionale italiana, in Federalismi.it, disponibile
all’indirizzo: https://www.federalismi.it/, 36, 2020, 138.
135
Così, S. SILEONI, Il Codice di condotta della Camera dei Deputati: (mancate) novità di contenuto
e forma, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 2, 2016, 3
e ID., I codici di condotta per i parlamentari, tra diritto e politica, in DPCE Online, disponibile all’indirizzo: www.dpceonline.it/index.php/dpceonline, 4, 2019, 2753 ss.
131
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YLENIA MARIA CITINO
Il primo riguarda la sperimentazione in materia di resocontazione stenografica, attivata su iniziativa del Collegio dei Senatori136. Questo, con delibera del
23 giugno 1999, incarica l’Amministrazione del Senato di predisporre un progetto tecnico finalizzato alla verifica di nuove metodologie di resocontazione.
Come esito dell’istruttoria, si individua una prima fase di sperimentazione in
cui personale di imprese private avrebbe dovuto affiancare il personale del Senato durante le sedute, a fini dimostrativi e di assistenza per la predisposizione
delle nuove tecniche di resocontazione. Occorreva, pertanto, stabilire se la vicenda potesse essere inquadrabile in maniera compatibile con il regolamento
e, soprattutto, con il principio consuetudinario dell’inviolabilità della sede.
L’art. 70 Reg. Sen., contenente il divieto di accesso di personale estraneo
nell’Aula, contiene una lacuna rispetto al caso di ingresso nelle aule delle Commissioni. Così, in un’apposita seduta, il Presidente «prende atto dell'unanime
orientamento della Giunta, secondo la quale non esistono impedimenti regolamentari a che, per un periodo di tempo limitato, la sperimentazione in oggetto possa venire promossa». Viene, dunque, emanato un parere che, come
specificato dal Presidente della Giunta, ha espressamente una valenza ampliativa del consueto ambito applicativo della resocontazione stenografica137.
A condizione della «massima prudenza», la Giunta delibera all’unanimità
tale misura eccezionale, rendendola effettiva, salvo alcune limitate eccezioni.
Un secondo caso si origina a partire dall’art. 116 Reg. Sen., riguardante la
procedura di votazione nominale con appello, disposizione che aveva dato
luogo a numerose questioni interpretative. Molti senatori, infatti, avevano fatto
valere la macchinosità della procedura concernente l’uso del dispositivo elettronico. Una regola non ancora attuata, poiché le modalità tecniche per renderne possibile l’uso avrebbero dovuto essere state fissate, ai sensi dell’art. 118,
co. 7, Reg. Sen., da apposite istruzioni approvate dal Consiglio di Presidenza,
cosa che è avvenuta soltanto il 23 gennaio 2008. In suo luogo, dunque, si è
lungamente fatto ricorso alla procedura derogatoria fissata dall’art. 118 e prevedente, in caso di mancato o difettoso funzionamento del dispositivo elettronico di voto, il sistema dell’appello puro e semplice.
In maniera insolita, dunque, sull’integrazione dell’art. 116 Reg. Sen. la
Giunta non si esprime con un parere ma dichiara, nel corso di una propria
seduta, «il suo assenso a che, in via sperimentale, venga mantenuta la
136
A.S., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, Parere al presidente - ai sensi dell'articolo 18, comma
3, del Regolamento - sulla possibilità che, ai fini della sperimentazione delle nuove tecniche di resocontazione stenografica, personale estraneo al Senato sia ammesso nelle aule delle commissioni parlamentari
durante la seduta, seduta del 29 luglio 1999.
137
Essa viene ammessa «nelle Aule delle Commissioni parlamentari - eccezion fatta per le sedute
delle Commissioni d'inchiesta e per quelle per cui, a giudizio dei Presidenti di Commissione, la sperimentazione apparisse inopportuna - nonché - limitatamente alle sedute del sindacato ispettivo nell'Aula dell'Assemblea».
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1268
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
procedura di votazione nominale con appello» adottata in Assemblea 138 . Si
tratta della c.d. chiama, secondo la quale «ciascun senatore, chiamato dai senatori Segretari, esprime il proprio voto passando innanzi al banco della Presidenza»139.
6. La sperimentazione coordinata: il caso della funzione consultiva della
Commissione Affari costituzionali conseguente alla riforma del Titolo V
Il coordinamento su certi temi, spesso in maniera informale, fra Camera e Senato conduce a discipline sperimentali comuni. Lo si già è visto a proposito
dell’istituzione coordinata dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio. Un ulteriore
vicenda riguarda l’ampliamento sperimentale della funzione consultiva delle
omologhe Commissioni Affari costituzionali, mutata per effetto degli adeguamenti resi necessari dalla riforma del Titolo V. Il meccanismo con cui si certificano questi adeguamenti è diverso fra i due rami del Parlamento, poiché mentre al Senato si emette un parere sperimentale della Giunta, alla Camera si allega al resoconto di seduta uno “schema procedurale”. L’impulso di coordinamento parte dal Presidente del Senato che, con una lettera del 11 ottobre 2001,
chiede alla Camera di poter avviare un’istruttoria comune in seno alle rispettive
Giunte per il Regolamento avvalendosi della creazione di un comitato paritetico.
La riforma costituzionale, nella specie, dava luogo a inedite criticità regolamentari inerenti alla mancata previsione di procedure di verifica della competenza legislativa a livello statale, conseguentemente alla modifica delle ripartizioni con il livello regionale. Infatti, l’art. 11, l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3, assegna a un organismo bicamerale, la Commissione parlamentare per le questioni regionali a composizione integrata 140 , un ruolo specifico di controllo
sull’esercizio delle competenze attraverso l’emanazione di pareri su progetti di
legge concernenti le materie di cui all’art. 117, co. 3 e 119 Cost.
Come si è detto, al momento dell’entrata in vigore della riforma, i regolamenti parlamentari sono alquanto impreparati e il complesso normativo non
riesce a coprire le modifiche nel frattempo intervenute141. Si sceglie di colmare
A.S., XI Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 30 luglio 1992.
Ibidem.
140
A norma dei regolamenti, essa può essere integrata con i rappresentanti delle Regioni, delle
Province autonome e degli enti locali.
141
Ai sensi dell’art. 75, co. 1, Reg. Cam., la Commissione Affari costituzionali ha il compito di
rendere parere sui progetti di legge «sotto il profilo delle competenze normative e della legislazione
generale dello Stato». Inoltre, a norma del paragrafo 7.3 della circolare del Presidente della Camera
10 gennaio 1997, n. 1, sull’istruttoria legislativa nelle Commissioni, tale profilo va trattato in ciascun
parere della Commissione e va tenuto in debito conto prima della conclusione dell’esame in sede referente. Questo aspetto concorre con l’art. 79, co. 4, Reg. Cam., che prevede che la Commissione
138
139
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1269
YLENIA MARIA CITINO
il vuoto attraverso nuove decisioni sperimentali, che vengono così ad assumere
una rilevanza accentuata, in considerazione del carattere “rinforzato” del parere della Commissione Affari costituzionali142. Si discute, dunque, della possibile attribuzione alla succitata Commissione di una funzione di verifica delle
questioni di competenza legislativa, da estendere “in via sperimentale” agli
emendamenti presentati in assemblea riguardanti questioni sul riparto delle
competenze legislative di cui al nuovo art. 117 Cost. Pertanto, come risulta
dallo schema finale approvato all’unanimità, «il Presidente della Camera stabilirà, ove occorra, il termine entro il quale deve essere espresso il parere della
Commissione affari costituzionali».
Quanto al Senato, è un parere della Giunta143, adottato all’unanimità nel
2001, a disporre l’integrazione dell’art. 40 Reg. Sen.144. Nell’attesa della creazione della Commissione bicamerale, dunque, la Giunta del Senato stabilisce
– in via sperimentale e transitoria – che la 1ª Commissione esprimerà «parere
sui disegni di legge e sugli emendamenti presentati in Commissione come pure
in Assemblea, nonché sugli schemi di atti normativi del Governo sottoposti a
parere parlamentare» al fine di valutarne la «conformità al mutato assetto costituzionale del riparto delle competenze normative fra lo Stato e le Regioni».
In questo modo, si va ad integrare surrettiziamente l’art. 139-bis in materia di
pareri delle Commissioni sugli atti del Governo: ancora una volta, dunque, i
pareri sperimentali della Giunta assumono un valore propriamente normativo.
7. Alcune (in)costanti del diritto parlamentare “sperimentale” delle Giunte
È giunto il momento di tirare le fila del discorso: dall’analisi della casistica sinora esposta si è potuta riscontrare una certa variabilità nelle caratteristiche,
cosa che rende difficile registrare delle costanti. Si può, forse, più correttamente parlare di “tendenze”.
Innanzitutto, la sperimentalità non è solo menzionata nel resoconto ma appare come giustificazione ufficiale di un atto prodotto dalla Giunta: che sia un
parere, uno schema, un protocollo o un codice ad esso allegato, il valore del
metodo sperimentale non cambia. Esso sembra essere attivato da un rinvio,
competente per il merito dell’istruttoria legislativa debba tener conto, fra le altre cose, del «rispetto
delle competenze delle regioni e delle autonomie locali».
142
Tale carattere deriva, infatti, dall’obbligo di motivazione in caso di mancato adeguamento e
dalla conseguente rimessione in plenaria in sede legislativa.
143
A.S., XIV Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 23 ottobre 2001, Parere adottato in seguito a “Comunicazioni del Presidente sulle implicazioni regolamentari delle modifiche al titolo V della
parte seconda della Costituzione”.
144
La norma riguarda l’assegnazione alla 1ª Commissione Affari costituzionali del compito di
emettere pareri obbligatori sui «disegni di legge deferiti ad altre Commissioni che presentino aspetti
rilevanti in materia costituzionale o che attengano alla organizzazione della pubblica Amministrazione».
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1270
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
specifico o generico, alla fonte regolamentare da parte di una legge di fresca
approvazione. Si è parlato, sul punto, di intarsio fra atti legislativi e regolamenti: l’accertamento di un simile legame potrebbe essere un indizio che allude
alla predisposizione di una procedura sperimentale145. Nei casi trattati, lo si è
notato con la riforma della legge di contabilità, le innovazioni sul piano europeo dopo l’approvazione del Trattato di Lisbona, l’entrata in vigore del pacchetto di leggi anticorruzione, l’emanazione da parte dell’esecutivo dei decretilegge emergenziali e così via dicendo. Spesso, come nel caso dell’adeguamento
agli obblighi derivanti dalla partecipazione dell’Italia all’Unione Europea,
l’adozione di regole tecniche o di dettaglio in via sperimentale è accelerata da
una certa urgenza e indifferibilità.
Una seconda linea di tendenza è il carattere temporaneo della procedura
sperimentale, sugellato dal tacito o espresso inserimento di una clausola condizionale che subordina l’avvio della fase successiva alla fine dell’esperimento.
Si pensi alle innovazioni in via sperimentale, per fronteggiare l’emergenza da
Covid-19, condizionate dal perdurare dello stato di crisi sanitaria146.
È da segnalare come anomalo, invece, il fatto che la pregiudiziale della temporaneità, che dal tono dei dibattiti in Giunta sembra consustanziale alla scelta
sperimentale, si trascini talvolta in una provvisorietà sine die, visto che non
sempre le regole così decise vengono riversate in una definitiva revisione parlamentare. Così è stato per il Protocollo istitutivo dell’UPB, ma si potrebbero
riportare altri esempi. Anche qualora, per effetto di una valutazione positiva
della sperimentazione, si giungessero a introdurre novelle, si è sostenuto che
queste ultime non avrebbero dovuto essere comunque troppo dettagliate, lasciando alle fonti subregolamentari una competenza, per così dire, di attuazione147.
Una terza tendenza è da rintracciare sul piano del iter costitutivo dei pareri,
poiché la scelta di procedere in via sperimentale deve essere concordata assicurando il pieno coinvolgimento dei gruppi. Nella quasi totalità dei casi l’iniziativa proviene del Presidente della Camera che, nei casi di estrema
Così, R. IBRIDO, La “decodificazione”, cit., 88.
A proposito del voto a distanza, anche B. CARAVITA, L’Italia ai tempi del coronavirus: rileggendo la Costituzione italiana, in Federalismi.it, disponibile all’indirizzo: https://www.federalismi.it/,
6, 2020, viii, ha messo in evidenza che «in primo luogo, è necessaria una adeguata strumentazione e
una sufficiente fase di sperimentazione».
147
Invece, in A.C., XIII Leg., Giunta per il Regolamento, seduta del 17 dicembre 1996, questo
assunto sembra non essere rispettato. Oggetto del dibattito sono gli effetti ordinamentali a livello parlamentare del passaggio al sistema elettorale maggioritario. Si parla di sperimentazione sulla base della
stipula di un «accordo a termine» fra le forze politiche, poiché sarebbe poco utile e contraddittorio
stabilire di volta in volta la prassi da adottare. Si sceglie, dunque, tale via per «inviare un segnale
positivo verso l’esterno, ponendo fine ad una situazione di paralisi». Tuttavia, si precisa che le norme
sottoposte a sperimentazione «non dovrebbero essere codificate»: al termine di tale fase si passerebbe
direttamente a un «confronto sui risultati».
145
146
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1271
YLENIA MARIA CITINO
complessità della materia, può scegliere di farsi coadiuvare da uno o più relatori148. Per ottenere l’acquisizione di un consenso politico largo, non di rado la
via sperimentale prende le mosse da una “ipotesi convenzionale”. In tal modo,
non viene sondata l’esistenza di una maggioranza ma, più politicamente, di un
consenso. Così, si può dire che gran parte delle decisioni sperimentali implichino l’unanimità, anche se in un caso, quello del Comitato per la legislazione,
si è registrato, come si è visto, un debole e parziale dissenso non ostativo alla
presa finale del provvedimento. La natura “pattizia” della sperimentazione,
pertanto, è una dimostrazione emblematica della mescolanza fra politica e diritto, che rifugge ogni irrigidimento provocato dal ricorso alla revisione parlamentare149. Si è appurato che, solitamente, l’intesa viene raggiunta in sede di
Capigruppo. Resta, però, il dubbio del valore da dare ad eventuali decisioni
prese con maggioranze più “risicate”: l’assenza di impugnativa a favore della
parte politica debole potrebbe far supporre un rischio di “tirannia” dei pareri150. Altri limiti di tale procedura, come è stato evidenziato, sono il ruolo solo
“ratificatorio” della Giunta che, approvando in toto la proposta presidenziale,
vi trasmette un supplemento di legittimità politico-giuridica151. Una fase eventuale della procedura, infine, riguarda la valutazione successiva degli effetti
della sperimentazione, una sorta di “collaudo finale”, prima di riflettere sul se
procedere alla revisione del regolamento.
Infine, una quarta notazione va fatta rispetto al contenuto di tali misure, che
si pone dichiaratamente “interpretativo” ma che, sovente, ha un effetto più
normativo e derogatorio. La motivazione che sorregge l’incisività di tali misure
è, come si è visto, quella di assicurare, nelle more della revisione del regolamento, il “buon andamento” dei lavori parlamentari rispetto a modifiche
148
Si pensi, ad esempio, alla relazione degli onn. Bressa e Leone su questioni concernenti il Comitato per la legislazione, cit.
149
Non a caso, infatti, si è parlato di «gestione contrattata del regolamento», alla base di soluzioni
diverse dalla revisione. F. POSTERARO, La funzione di consulenza procedurale, in Associazione dei consiglieri parlamentari della Camera dei Deputati, La formazione della classe dirigente per l’Europa.
Spunti di riflessione sull’alta burocrazia pubblica: atti del forum, Roma, 14 gennaio 1999, 114-8.
150
Per riprendere la fortunata immagine utilizzata da D. PICCIONE, Metodi interpretativi per il
parlamentarismo (per una prospettiva di evoluzione del metodo di studio nel diritto parlamentare), in
Giur. cost., 1, 2007, 533 ss.
151
Così, F. POLI, Dinamiche del sistema politico e formazione delle regole di diritto parlamentare:
una tassonomia dei pareri delle Giunte per il Regolamento, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 1, 2015, 5. Sui limiti dell’intesa, v. anche A.C., XVII Leg.,
Giunta per il Regolamento, seduta del 7 luglio 2015, intervento dell’on. Baldelli, 11.
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1272
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
esteriori nel frattempo intervenute152. Anche la Giunta, dunque, come il Presidente d’Assemblea, concorre al rispetto di tale principio153.
In questo senso, sorge il quesito di come comporre le eventuali antinomie
date dalla successione nel tempo di più pareri o tra fonti diverse. A breve si
illustrerà la peculiare vicenda “abrogativa” data dall’art. 5 della riforma del
Regolamento del Senato del 2017, compiuta con l’idea di operare un riordino,
accollandosi il rischio – discendente dalla scelta del criterio dell’“incompatibilità” fra pareri e articoli di nuova introduzione – di dar vita ad una nuova casistica “chiarificatrice”. Quanto alla successione tra pareri sperimentali, data
l’esiguità degli stessi, si è sino ad ora compiuta una successione espressa, avvalendosi del criterio cronologico. Il fattore tempo, infatti, risulta essere il più
congeniale per stabilire la prevalenza di una regola, in quanto quella più recente rispecchia la maggiore adesione alla volontà delle forze politiche. Il vero
punto di anomalia sta nel caso, non infrequente, in cui un parere disponga in
maniera derogatoria o contraria ad una norma regolamentare precedente.
8. La sperimentazione “formalizzata”: due esempi italiani e un caso tratto da
un ordinamento straniero
Come si è anticipato in apertura, esisterebbe anche un risvolto “formalizzato”
del diritto parlamentare sperimentale, atto a racchiudere quelle ipotesi che fuoriescono dall’ambito informale ma che non è detto che non possano per ciò
stesso arrestarsi su una dimensione di indefinita provvisorietà.
Un primo caso paradigmatico è rappresentato dal divieto di applicazione
delle norme sul contingentamento dei tempi per la discussione nel procedimento di conversione dei decreti-legge154. L’art. 154, 1° co. Reg. Cam., in una
sua versione rimasta in vigore sino al 31 dicembre 1998, lo disponeva «in via
transitoria e fino all’approvazione di una nuova disciplina del procedimento di
conversione dei decreti-legge». A partire dal 1° gennaio dell’anno successivo,
tuttavia, la disposizione è modificata con l’eliminazione del riferimento al termine di efficacia finale.
Il regime transitorio così delineato viene ad essere, in qualche modo, “perennizzato”. In una seduta della Giunta, allora, il Presidente della Camera evidenzia la «palese difformità fra la mens legis espressa nei lavori preparatori e la
152
Cfr. R. IBRIDO, Precedenti parlamentari e metodi di risoluzione delle questioni regolamentari, in
N. LUPO (a cura di), Il precedente, cit., 117, che chiarisce che «la clausola del “buon andamento”,
nell’ambito di una sorta di “bilanciamento” con altri interessi in gioco, costituisce uno degli elementi
strutturali che il Presidente d’Assemblea deve tenere in considerazione nelle operazioni di “ottimizzazione” dei risultati dell’interpretazione».
153
Cfr. R. IBRIDO, L’uso dei precedenti da parte dei Presidenti d’Assemblea: il metodo storico-casistico di interpretazione del diritto parlamentare, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo:
www.osservatoriosullefonti.it, 2, 2012, 20.
154
Cfr. R. IBRIDO, L’interpretazione, cit., 360.
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1273
YLENIA MARIA CITINO
formulazione della richiamata norma»155. Infatti, l’ablazione di quella parte di
articolo sembrava aver comportato l’applicabilità del divieto «ai soli disegni di
legge di conversione pendenti alla data di entrata in vigore delle nuove disposizioni regolamentari». In realtà, la transitorietà andava intesa con riferimento
al compimento di una riforma di più ampia portata, e dunque anche costituzionale, senza che ciò andasse ad inficiare nel frattempo la piena applicabilità
del divieto.
L’incongruenza, tuttavia, creava un potenziale rischio di incentivazione
della produzione normativa d’urgenza del Governo, contraddicendo, quindi,
le premesse da cui muoveva la riforma regolamentare stessa. Il dibattito, proseguito nelle sedute successive della Giunta, finisce per rivelare che l’antinomia
non aveva radici interpretative, ma politico-istituzionali, in quanto la Giunta,
nel formulare la proposta di modifica del regolamento, aveva preferito mantenere un’ambiguità di fondo. Considerata anche la pressione determinata dalla
sent. n. 360/1996 della Corte costituzionale, si palesa come il tema della decretazione d’urgenza stesse creando pesanti frizioni, evidenti nell’invocazione del
principio di “affidabilità politica” legato al rispetto convenzionale della regola
pacta servanda sunt156.
Nel corso di più di vent’anni, però, l’art. 154-bis non viene mai “rettificato”,
e così la dichiarata e ambigua “transitorietà” si trasforma in un connotato stabile della regola. La peculiarità del caso, dunque, è rappresentata dal fatto che
la norma entra in vigore in maniera ordinaria, ma non è sorretta da una volontà
politica atta a mantenerla vigente. La stessa volontà politica la dota, quindi,
della scure della clausola di provvisorietà ma, contrariamente ad essa, sarà
l’inerzia delle mancate riforme a renderla definitiva.
Riprendendo le accezioni di diritto sperimentale distinte all’inizio, dunque,
qui può segnalarsi come il diritto parlamentare transitorio, sperimentale e formalizzato si distingua, rispetto ad altre forme di transitorietà presenti nell’ordinamento, per l’assenza di un termine finale157.
Un secondo esempio di diritto sperimentale formalizzato che può essere
addotto riguarda le circolari dei Presidenti delle Camere. La circolare del 16
ottobre 1996, ad esempio, concerne la specificazione degli ambiti di competenza delle Commissioni. Tale competenza è regolata dall’art. 22, co. 1-bis Reg.
Cam., che attribuisce tale ruolo al Presidente. Esiste, quindi, una meta-norma
sulla produzione giuridica. Pur non essendo diritto informale, tuttavia, la lettera circolare individua un diritto “in fase di sperimentazione”, Come risulta
155
A.C., Giunta per il Regolamento, seduta del 9 febbraio 1998, intervento del Presidente, on.
Violante.
156
A.C., Giunta per il Regolamento, seduta del 19 febbraio 1998, intervento dell’on. Armaroli.
157
Si rinvia, per alcuni aspetti del tema, a P. SCARLATTI, Diritto costituzionale transitorio, Ed.
Scient., Napoli, 2016, passim.
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1274
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
esplicitamente dal testo, il suo ambito viene regolato in via transitoria, rinviandosi a data da destinare il tema della revisione organica delle competenze e
dello stesso numero delle Commissioni permanenti. La fine della transitorietà,
si spiega, dipenderà dalla compiuta realizzazione della riforma “costituzionale
“della forma di Stato e della forma di Governo”. Il radicale intervento di riordino in discussione in quegli anni, come è noto, non verrà perfezionato. Anche
la circolare del Presidente del Senato del 10 gennaio 1997 regola il suo oggetto
in maniera transeunte: nel punto primo, contenente le finalità della comunicazione, si distingue, infatti, fra una fase di “rideterminazione e riqualificazione
dei compiti del Regolamento”, spettante a una riforma istituzionale, e una fase
di “ridisciplina dei modi e delle forme del procedimento legislativo”, oggetto
di una possibile revisione del regolamento. Nessuna delle due fasi viene, tuttavia, avviata in tempi brevi e così, «in attesa di queste innovazioni» si sceglie di
«fissare sin da ora alcuni principi».
Per concludere davvero questa rassegna, si può rievocare un istituto presente negli ordinamenti di common law che, avvalendosi della possibilità di integrare le regole procedurali parlamentari esistenti con nuove norme a limitata
vigenza temporale, potrebbe forse essere interpretato come un significativo
esempio di diritto sperimentale istituzionalizzato158.
Con una tradizione avviata dal sistema parlamentare di Westminster, infatti,
gli “ordini di sessione” (sessional orders) si distinguono dagli “ordini permanenti” (standing orders) in quanto per natura “precari”: i primi possono persino integrare i secondi, sebbene con efficacia esplicitamente limitata alla sessione in corso. In altre parole, mentre gli standing orders, come è noto, contengono letteralmente degli “ordini” atti a regolare il funzionamento interno della
Camera, i sessional orders sono regole di diritto parlamentare concordate il
giorno della Cerimonia di inaugurazione di una nuova legislatura (State opening).
Apparsa per la prima volta alla fine del XVII secolo, tale usanza è stata oggi
abrogata dal sistema britannico (abolished)159. Come risulta da un rapporto
della House of Commons160, gli ordini di sessione erano di volta in volta approvati (passed) a presidio del diritto a che l’attività parlamentare non subisse interferenze esterne. Consistevano, dunque, in una disposizione rivolta al
Attentamente lo rileva R. IBRIDO, L’interpretazione, 73.
Ma esiste ancora in altri ordinamenti, come quello neozelandese, australiano ed altri ordinamenti di paesi membri del Commonwealth.
160
Il tipico testo di un sessional order è: «Metropolitan Police ordered that the Commission of the
Police of the Metropolis do take care that the passages through the streets leading to this House be
kept free and open and that no obstruction be permitted to hinder the passage of Members to and
from this House during the sitting of Parliament…». Cfr. O. GAY, Sessional orders, SN/PC/055934,
House of Commons, disponibile all’indirizzo: https://commonslibrary.parliament.uk/research-briefings/sn05593/, luglio 2013.
158
159
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YLENIA MARIA CITINO
Metropolitan Police Commissioner per richiedere l’assistenza delle forze di sicurezza e prevenire il blocco delle strade che conducono alla Camera. Simili
regole non avevano un’efficacia giuridica diretta o, al massimo, spiegavano un
«little direct legal effect».
Dotate di una natura cedevole e, per natura, giuridicamente blurred (sfocata), esse sono state alla fine codificate in una legge: nel 2005, infatti, l’approvazione del Serious Organised Crime and Police Act (SOCPA) ha reso non più
indispensabile l’approvazione di regole parlamentari per il controllo delle dimostrazioni e delle attività nei dintorni del Parlamento161. Pertanto, dopo una
“sperimentazione” durata centinaia e centinaia di anni, questo diritto precario
ha trovato la sua via per formalizzarsi162. Rispetto ad ulteriori materie, invece,
la fissazione di regole passeggere, se negli altri ordinamenti di common law avviene attraverso ancora attraverso la negoziazione di ordini di sessione, nel Parlamento britannico viene adesso fatta con una regolamentazione enclosed agli
ordini permanenti. Distinti fra public affairs e private affairs, questa, nella versione più aggiornata, fa parte di un addendum che, in calce, contiene norme a
valere solo per la legislatura in corso163.
9. Arrendersi all’abbandono dei regolamenti o ritrovare la legalità persa: un
dilemma
Alla luce di quanto detto sinora, si possono compiere alcune considerazioni
conclusive incentrate sul caso italiano, tenendo a mente che il processo di riconformazione che il diritto parlamentare sta attraversando si svolge in un assetto fortemente policentrico164. Di fronte al conservatorismo dei regolamenti,
infatti, le necessarie correzioni richieste in tempi rapidi dalle trasformazioni
politico-costituzionali sono effettuate sul piano fattuale e informale165.
161
Per ulteriori dettagli sulla legislazione riguardante le dimostrazioni politiche a Parliament
Square, cfr. Library Standard Note 3568, Protests around Parliament.
162
Successivamente, peraltro, si è invocato il ripristino dell’usanza, sulla base del fatto che non è
più necessaria una codificazione attraverso un atto legislativo: «legislation should only be used when
absolutely necessary, to resolve uncertainty or in the unlikely event of Parliament’s exclusive cognisance
being materially diminished by the courts». V. Joint Committee on Parliamentary Privilege, Parliamentary Privilege, Report of Session 2013-14, House of Commons, London, 2014, 69, disponibile online:
https://publications.parliament. uk/pa/ jt201314/jtselect/jtprivi/30/30.pdf.
163
Regole siffatte sono solitamente individuabili con una clausola del tipo: «This order is to have
effect for the remainder of this Parliament».
164
Per una ricostruzione in chiave storica delle deviazioni non scritte del diritto parlamentare, cfr.
R. FERRARI ZUMBINI, Tra norma e vita. Il mosaico costituzionale a Torino 1846-1849, Luiss University
Press, Roma, 2016.
165
Cfr. R. IBRIDO, Prima “legge” del diritto parlamentare: l’adattamento. A proposito delle modalità
di coesistenza fra Regolamenti delle Camere e fonti non scritte, in Federalismi.it, disponibile all’indirizzo: https://www.federalismi.it/, 1, 2018, 1 ss.
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
In tal senso, è significativo che le più recenti riforme non solo non abbiano
deciso di codificare le innovazioni transitorie contenute nei pareri, ma abbiano
omesso altresì di “legalizzare” il potere delle Giunte di ricorrere a procedure
sperimentali in deroga ai regolamenti. Non si può trascurare, in tal senso, che
la nuova edizione del Regolamento del Senato, per effetto dell’organica riforma
del 2017, abbia depennato gli asterischi che, abbinati a determinati articoli,
informavano dell’esistenza di pareri integrativi della Giunta per il Regolamento.
Questa “opacizzazione” delle “glosse”, stratificatesi dalla inarrestabile azione
del diritto informale e spontaneo, priva il testo di un importante livello di comprensione166. Sacrificando la certezza a favore di un maggiore coordinamento
con l’aspetto redazionale del regolamento della Camera, crea un vulnus sulla
coerenza del diritto parlamentare, inteso in una dimensione onnicomprensiva167.
Questa notazione implica, tra l’altro, di dover menzionare l’accennata disposizione introdotta dall’art. 5 della revisione del 20 dicembre 2017, a norma
del quale «a decorrere dall’entrata in vigore delle presenti modificazioni al Regolamento, cessa ogni effetto prodotto dai pareri interpretativi della Giunta
per il Regolamento e dalle circolari riferiti agli articoli oggetto della presente
riforma»168.
A un attento esame, la novella fa tabula rasa della casistica della Giunta prodotta sino ad oggi al Senato, cassando tutto quell’insieme di pareri e circolari
incompatibili con gli articoli novellati. Certo, rispetto all’altro ramo del Parlamento, si è potuto osservare come la casistica senatoriale sperimentale abbia
spiegato, per motivi sia quantitativi che sostanziali, un ruolo più trascurabile.
Ciò non toglie che tale previsione possa avere effetti potenzialmente vasti considerato che, come è stato messo in evidenza, sospinge il diritto parlamentare
al superamento del dominio, “di fatto oramai incontrastato”, del precedente
nel parlamentarismo italiano 169 , ripristinando una sorta di legalità che sembrava sorpassata dalle trasformazioni materiali.
Interessanti elementi del diritto parlamentare spontaneo sono messi in evidenza da R. FERRARI
ZUMBINI, Il mosaico, cit., 19.
167
Sul punto, N. LUPO, Il diritto parlamentare tra regolamenti e precedenti: qualche spunto alla luce
della disposizione finale della riforma “organica” del regolamento del Senato, in Osservatorio sulle fonti,
disponibile all’indirizzo: www.osservatoriosullefonti.it, 2, 2018, 9, che giudica tale vicenda transitoria.
168
Enfasi aggiunta.
169
N. LUPO, Il diritto parlamentare, cit., 4. E. GIANFRANCESCO, La riforma del Regolamento del
Senato: alcune osservazioni generali, in Federalismi.it, disponibile all’indirizzo: https://www.federalismi.it/, 1, 2018, 4, che riconosce come, alla base di tale previsione, vi sia una nuova logica del superamento dell’uso strumentale del precedente.
166
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Tornando al tema principale, allora, ha senso rievocare quell’immagine di
Costituzione “fluida”170, tratteggiata a suo tempo da Massimo Severo Giannini
a proposito del diritto costituzionale “transitorio”, in quanto attuato progressivamente a causa dei rallentamenti e degli ostacoli frapposti dalle forze politiche. Ebbene, il diritto “sperimentale” può certamente definirsi come una materia (proto)giuridica “fluida” e transeunte, immersa perennemente in un
magma instabile e cedevole171. Questo “ectoplasma” nutrito dalle fratture e ricomposizioni delle forze politiche, sembra gradualmente mettere radici nelle
fessure vuote della muraglia regolamentare, rischiando di incrinare la tenuta
dell’ordo iuris parlamentare, pensato dal costituente come un insieme giuridico,
certamente complesso e “complessificato” dalla politica, ma comunque in
principio ordinato secondo una propria coerenza sistematica172.
Al contrario, il processo alluvionale e scomposto, si potrebbe dire di “partenogenesi”, delle regole e degli “schemi” procedurali, senza che siano automaticamente formalizzati in successive norme dalla chiara natura giuridica, induce a mettere in dubbio la stessa enunciazione di “diritto” sperimentale. Esso
potrebbe, al più, essere definito per l’appunto un proto-diritto o un diritto “in
essere”, in attesa del giudizio positivo della fase di sperimentazione; in attesa,
altresì, di una auspicata ma improbabile trasposizione postuma in una fonte di
indubbia classificabilità.
Nella speciale materia così individuata il sein, l’essere, prende il sopravvento
sul sollen, il dover essere, stravolgendo la logica kelseniana. E questa constatazione che induce, probabilmente, ad attestare il primato dell’effettività su
quello della legalità, richiede una verifica della copertura giuridica di tale inversione. Poiché, altrimenti, significherebbe ratificare un aggiramento dei metodi classici di produzione del diritto173. Il quesito, in altre parole, deve rivolgersi all’individuazione di una meta-norma che autorizzi un ruolo praeter o
persino contra regolamento dei pareri della Giunta.
Se il diritto parlamentare informale è quella modalità di produzione giuridica che non trova ancoraggio in una meta-norma scritta 174 , allora, come
170
M.S. GIANNINI, La costituzione «fluida», in Società, 3/1951, 497 ss., ora in Scritti, III, 19491954, Giuffrè, Milano, 2003.
171
Chissà, dunque, come lo avrebbe giudicato VINCENZO GUELI, di cui ricordiamo il suo Diritto
costituzionale provvisorio e transitorio, Soc. Ed. del Foro Italiano, Roma, 1950.
172
Si riprende, qui, un concetto filosofico tradizionale, su cui M. MANZIN, Ordo iuris. La nascita
del pensiero sistematico, FrancoAngeli, Milano, 2008.
173
E, conseguentemente, l’esistenza di interpretazioni “in via sperimentale” che danno luogo a
prassi in contrasto con la lettera «o lo spirito delle norme costituzionali sul Parlamento». Così, N.
LUPO, L’evoluzione dei Regolamenti delle Camere in relazione alle trasformazioni del sistema politico
ed elettorale, in A cinquant’anni dai Regolamenti, cit., 29.
174
Riprendendo la definizione di R. IBRIDO, Prima “legge” del diritto parlamentare: l’adattamento.
A proposito delle modalità di coesistenza fra Regolamenti delle Camere e fonti non scritte, in Federalismi.it, disponibile all’indirizzo: https://www.federalismi.it/, 1, 2018, 17, il diritto parlamentare
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
anticipato in apertura, quei pareri sperimentali che assumono una valenza
“normativa” anziché “interpretativa” esulano da qualsiasi copertura poiché
svolgono un compito diverso rispetto a quello formalmente attribuito alla
Giunta per il Regolamento175. Tali pareri, e più in generale tutte le decisioni
prese in via sperimentale paiono entrare a giusto titolo (o, semmai, in difetto
di qualsiasi altro titolo) fra le fonti informali, in quanto prodotte al di fuori
degli schemi formalizzati di produzione previsti nello speciale ordinamento
parlamentare.
Bisogna, poi, distinguere la natura dei pareri sperimentali dalla natura della
meta-norma che abiliterebbe i pareri stessi a derogare ai regolamenti dietro una
sorta di generale acquiescenza. Sul punto, può proporsi un triplice ordine di
idee: a) la meta-norma è una convenzione parlamentare ad hoc, ovvero b) si
sfrutta il varco sempre aperto della consuetudine nemine contradicente, o infine
c) potrebbe essere sorta una consuetudine derogatoria atta a conferire valore
anche normativo ai pareri della Giunta.
a) In primo luogo, la tesi forse più convincente è che si tratti di una particolare forma di convenzione parlamentare stipulata ad hoc prima di discutere
ciascun parere. Se i pareri, accogliendo quanto sinora argomentato, sono dotati
di una giuridicità soltanto “affievolita”176; se essi si fanno scudo della «portata
travolgente del principio derogatorio dell’unanimità»177, che corrobora la loro
effettività, compensando quel difetto di piena legalità; se, dunque, dando un
valore costitutivo ai richiami espliciti contenuti nei pareri più recenti, i pareri
sono intesi come delle particolari “convenzioni formalizzate”, allora la metanorma è una convenzione a tutti gli effetti.
Tale convenzione sprigiona da un’intesa politica che impone di considerare
l’elaborazione di una proposta di parere. Che poi questa, in un secondo momento e a causa dello spiccato tecnicismo, venga effettivamente rifusa in un
atto scritto, ciò non fa eclissare l’ipotesi convenzionale iniziale. La forza persuasiva del parere resta tutta politica, non andando ad intaccare il regolamento,
come appare evidente dal ruolo di rilievo della Capigruppo, luogo geometrico
informale è «il prodotto di atti o fatti privi di forme giuridiche normativamente predisposte, ma che –
malgrado il mancato aggancio ad una meta-norma scritta – sono comunque in grado di imprimere
effettività alle regole da esse prodotte».
175
Come fa notare R. IBRIDO, La riforma del procedimento legislativo. principio di “sincerità” e
modello accusatorio di deliberazione politica, in Osservatorio sulle fonti, disponibile all’indirizzo:
www.osservatoriosullefonti.it, 1, 2014, 21, «in assenza di una “meta-norma” scritta che individui il
fondamento di questo potere, l’unico percorso che conferisce legittimità ai suddetti pareri è quello
che passa per il tradizionale istituto del “nemine contradicente”, ossia la consuetudine orizzontale che
abilita a derogare il Regolamento qualora nessuno si opponga».
176
Per N. LUPO, “Codificazione”, cit., 5, la debole giuridicità che il diritto parlamentare sta assumendo non può che essere considerata come una vicenda di segno negativo, posto che prefigura un
più generale indebolimento del Parlamento stesso.
177
V. DI CIOLO, L. CIAURRO, Il diritto parlamentare, cit., 53.
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YLENIA MARIA CITINO
per eccellenza dell’intesa politica. Occorre notare, peraltro, che non tutte le
discussioni volte alla sperimentazione sboccano poi in pareri: di conseguenza,
la sperimentazione può attivarsi anche sulla base di accordi presi oralmente,
avendo i resoconti sommari una funzione meramente ricognitiva di una decisione assunta nel corso di una o più sedute.
b) La seconda idea che potrebbe prospettarsi è che il principio consuetudinario del nemine contradicente possa fungere da varco d’ingresso sempre
aperto per fenomeni materiali di tal fatta, ma ciò non spiegherebbe la percorribilità della via sperimentale anche nel caso di astensioni.
c) Una terza idea, forse la più ardita, è che la mancata contestazione del
valore coercitivo dei pareri sperimentali derogatori o contra regolamento abbia
prodotto, nel corso degli anni, una consuetudine parlamentare intesa ad ammettere che i regolamenti possano subire modificazioni aliunde. L’elemento
oggettivo, dato dalla ripetizione della condotta, è rinvenibile nel fatto che non
si sono mai verificate aperte opposizioni alle regole contenute nei pareri. Non
mancherebbe nemmeno l’opinio, che potrebbe essere individuabile nella piena
autonomia di ciascuna Camera a stabilire il regime di efficacia dei propri atti
interni. Ci si troverebbe di fronte al caso, più unico che raro, di una metodologia interpretativa capace di uscire dai propri confini per trasformarsi in una
consuetudine parlamentare. Una simile considerazione andrebbe a suffragare,
dunque, le speculazioni in merito alla ammissibilità, non solo teorica, della consuetudine interpretativa di crisafulliana memoria178. Tra le possibili ricadute,
però, si annida l’eventualità che l’ordinamento parlamentare si tramuti in un
diritto “robinsoniano”. Come Robinson Crusoe, spiaggiato su un’isola disabitata, faceva e disfaceva le proprie regole di condotta, così un diritto informale,
posto in maniera solitaria, che consuetudinariamente decide di poter mutare
ad libitum le proprie regole di produzione normativa, rischia di rivelarsi meramente volontaristico e autoreferenziale 179 . Si re-introdurrebbe, dunque,
quell’antico principio della giuridicità debole del diritto parlamentare, teorizzato in un’altra epoca dal Miceli180. Esso, tuttavia, si scontra con la valenza
esterna degli atti di sperimentazione, il cui campo non resta affatto limitato alla
comunità ristretta dei destinatari del diritto parlamentare181 e che potrebbe,
V. CRISAFULLI, Lezioni di diritto costituzionale, II, L’ordinamento costituzionale italiano, Le
fonti normative, La Corte Costituzionale, Cedam, Padova, 1978, 387.
179
Sul diritto robinsoniano cfr. A. FALZEA, Introduzione alle scienze giuridiche. Il concetto di diritto, Giuffrè, Milano, 2008.
180
V. MICELI, Principii di diritto parlamentare, in Enc. giur. it., IV, Società editrice libraria, Milano,
1910, 11 ss. ove esprime la preferenza per gli “ordini” (orders) del diritto parlamentare britannico che,
rispetto ai “codici parlamentari continentali”, hanno il pregio di potersi rivolgere a tutte le “esigenze
della vita parlamentare”, anche quelle non astrattamente prevedibili.
181
Si pensi, ad esempio, al parere sperimentale sull’attività di resocontazione stenografica, che ha
consentito accesso al Senato da parte di personale esterno.
178
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IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
non diversamente da quanto avvenuto con la sent. n. 120/2014, subire il rischio
di “incursioni” da parte della Corte costituzionale182.
Non solo. Che dire, più in generale, del tema della giustiziabilità del diritto
sperimentale? È un problema tutto interno alla Camera di riferimento oppure
è suscettibile di ammettere un controllo esterno da parte della Corte costituzionale, nelle forme del conflitto interorganico? Si pensi, ad esempio, al caso
del parlamentare che ritenga che le proprie prerogative costituzionali siano lese
dal contenuto di un parere sperimentale. Diversa sarebbe la sua posizione a
seconda che egli sia un membro della Giunta per il Regolamento, o meno.
Nella prima ipotesi, infatti, non si capirebbe perché non si sia opposto
all’adozione del parere stesso nella sede opportuna e in tempi utili. Come si è
avuto modo di vedere, i pareri della Giunta sono solitamente approvati all’unanimità. Eventuali forme minori di dissenso, invece, secondo quanto risulta dai
resoconti, sono composte in sede politica e non inficiano l’ottenimento di un
parere finale. Le decisioni, dunque, non vengono prese con la “tirannia della
maggioranza”, di tal che sarebbe improbabile l’eventualità di pareri successivamente contestati da parte di opposizioni o minoranze ritenute lese. Il regolamento, insomma, può essere derogato con i pareri delle Giunte, purché nemine contradicente. Se, al contrario, il parere derogatorio e illegittimo fosse
stato per di più adottato con il voto contrario di uno o più parlamentari, questi
avrebbero decisamente più titolo per reclamare la corretta applicazione del regolamento inopinatamente violato e, a cascata, delle prerogative che si dovessero ritenere lese.
Nella seconda ipotesi, invece, il parlamentare esterno alla Giunta potrebbe
avere interesse a contestarne l’operato, non avendo contribuito all’adozione
della delibera potenzialmente lesiva. Così facendo, però, si porrebbe in rotta
di collisione con il proprio gruppo politico, per cui potrebbe immaginarsi, in
prima battuta, un ruolo conciliativo del Presidente del Gruppo e, in seconda
battuta, del Presidente della Camera di appartenenza.
La Corte costituzionale, allora, rappresenterebbe il metodo di gravame più
estremo. Forse, un salvacondotto potrebbe essere rintracciato nell’ordinanza n.
182
Sulla pluricommentata pronuncia in tema di autodichia, si segnala, almeno, M. MANETTI, La
Corte costituzionale ridefinisce l’autonomia delle Camere (ben oltre i regolamenti parlamentari e l’autodichia), in Oss. cost., ottobre 2014, 1-9; A. RUGGERI, Novità in tema di (in)sindacabilità dei regolamenti
parlamentari, in una pronunzia-ponte della Consulta (a margine di Corte cost. n. 120 del 2014), in Consulta Online, disponibile all’indirizzo: www.giurcost.org, 2014, 1-3; R. IBRIDO, “In direzione ostinata
e contraria”. La risposta della Corte costituzionale alla dottrina della sindacabilità dei regolamenti parlamentari, in Rivista AIC, disponibile all’indirizzo: www.rivistaaic.it/it, 3, 2014, 1-18; G. BUONOMO, Il
diritto pretorio sull’autodichia, tra resistenze e desistenze, in Forum di Quaderni costituzionali, disponibile all’indirizzo: https://www.forumcostituzionale.it/wordpress/, maggio 2014, 1-8; A. LO CALZO, Il
principio di unicità della giurisdizione costituzionale e la giustizia domestica delle Camere, in Federalismi.it, disponibile all’indirizzo: https://www.federalismi.it/, 10, 2014, 1-15.
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1281
YLENIA MARIA CITINO
17 del 2019, che ha innovativamente aperto alla legittimazione a ricorrere del
singolo parlamentare183 . Ma simili speculazioni probabilmente non tengono
conto dell’alto tasso di politicità di un simile conflitto che, corrispondentemente, rischierebbe di scolorire il “tono costituzionale” del ricorso.
Non può negarsi, comunque, alla luce di quanto detto, che questo diritto
parlamentare “sperimentale” rovesci ancora di più lo schema piramidale delle
fonti 184 , annichilendo quell’assolutismo del diritto che, spiegato da Grossi,
comporta «primato del testo sui fatti di vita ma anche separazione del testo dai
fatti di vita»185. Distinguendosi dallo ius secundum ordinem, esso, piuttosto,
crea un nuovo tipo di formalismo “internistico”, privo però dell’astrattezza,
della generalità e altresì, sempre per riprendere Grossi, della meta-temporalità.
Sue caratteristiche sono, piuttosto, il tecnicismo sovente particolareggiato; la
specialità, legata alla situazione particolare di un dato momento storico; la transitorietà sine die. Il binomio Giunta-Presidenza, allora, non incarna affatto la
figura di un esegeta, un’interprete passivo delle norme regolamentari, ma è
piuttosto una sorta di “costituente in perpetuo” e “imperfetto”. Esso si è dotato non solo di una innovante nomofilachia, ma altresì di un potere di interpretazione autentica che, forte del consenso di una sufficiente parte dell’emiciclo, è suscettibile di trasformarsi in un potere altamente creativo.
Rispetto, tuttavia, all’altra attività creativa per eccellenza, quella dei giudici,
i prodotti della Giunta rivestono accentuati profili di specificità186. Nell’analizzare il “diritto vivente” delle Giunte, infatti, bisogna tenere conto dell’errore
di parallassi che si verifica al momento della trasposizione nei resoconti degli
interventi orali dei membri delle Camere. Come rilevato da attenta dottrina,
infatti, «non mancano correzioni degli uffici volte ad esplicitare i significati
dell’intervento e eventualmente ad estenderne la redazione, così consentendo
una rappresentazione compiuta del senso della trattazione orale, la quale, pur
ben presente ai membri della Giunta, potrebbe non esserlo per il lettore
esterno»187.
V. il numero speciale di questa Rivista, L’ordinanza 17/2019 della Corte costituzionale, 1, 2019
e, in particolare, il contributo di G. TARLI BARBIERI, L’ordinanza 17/2019 a distanza di sessant’anni
dalla sent. 9/1959: una nuova «storica (ma insoddisfacente) sentenza»?, 1-15. Si consenta, altresì, un
rinvio a Y.M. CITINO, La consolidata prassi della questione di fiducia sul maxi-emendamento: osservazioni a margine dell’ordinanza n. 17/2019, in Rass. parl., 1, 2019, 115-148, e alla letteratura ivi citata.
184
Cfr. C. BERGONZINI, La piramide rovesciata: la gerarchia tra le fonti del diritto parlamentare, in
Quad. cost., 4, 2008, 741 ss.
185
P. GROSSI, Della interpretazione come invenzione (la riscoperta pos-moderna del ruolo inventivo
della interpretazione), in Quaderni fiorentini per la storia del pensiero giuridico moderno, 47/2018, 10.
186
Sulla divaricazione esistente fra precedente giudiziario e precedente parlamentare, cfr. R.
IBRIDO, Precedenti parlamentari, cit., 96 ss.
187
R. IBRIDO, L’interpretazione, 484.
183
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1282
IL DIRITTO PARLAMENTARE “SPERIMENTALE”
In conclusione, il diritto sperimentale è una nuova vicenda delle fonti parlamentari dotata di innegabili pregi. Conviene alla Giunta, per aprirsi con la
opportuna cautela ai cambiamenti, tenendo conto dei rilievi delle varie parti
politiche e dei differenti orientamenti e proponendo una loro ricomposizione
grazie alla condizionalità della provvisorietà. Ciò ha consentito un migliore rendimento di certi istituti che, altrimenti, sarebbero rimasti cristallizzati in norme
regolamentari non più aderenti con la realtà delle cose.
In questa prospettiva, si può facilmente ipotizzare che il ricorso alle procedure sperimentali non sia destinato ad eclissarsi. Una possibile spinta a nuovi
interventi correttivi di tal tipo, ad esempio, è certamente data dalla riforma
costituzionale sul numero dei parlamentari188. Non solo i lavori e le procedure
regolamentari dovranno inevitabilmente adeguarsi alla riduzione dei membri189,
ma anche alcune prassi non potranno che esplicarsi in maniera differente190.
Sul fronte dei difetti, d’altra parte, la perennizzazione della sperimentazione
ha introdotto una sospensione ad libitum della piena effettività dei regolamenti,
“delegificandoli” in una fonte dall’oscura collocazione e qualificazione. La sperimentazione intacca, dunque, uno dei capisaldi delle fonti giuridiche, che è la
stabilità nel tempo, atta a conferire certezza e affidamento, incontestabilità e
una certa “sacralità”. Gli atti frutto della sperimentazione, non consolidati in
revisioni, sono e restano discutibili. La loro obbligatorietà non riposa su solide
fondamenta, bensì si affida all’accettazione reciproca delle parti politiche. Per
ovviare a tali difetti, dunque, non sarebbe troppo azzardato, forse, immaginare
un parallelismo con gli strumenti per la qualità della regolazione previsti per le
fonti di rango primario. Se si potessero apporre ai pareri delle Giunte delle
clausole intese ad attivare, una volta terminata la fase della procedura sperimentale, un susseguente percorso di analisi dell’impatto della sperimentazione
- una sorta di VIR - si potrebbe contrastare quella natura di incertezza e di
instabilità che è consustanziale al diritto sperimentale stesso.
Eppure, a ben pensare, sembra essere proprio questa inedita natura una
delle ragioni più forti che inducono i parlamentari a farvi ricorso: l’esistenza di
188
La riduzione del numero dei componenti, peraltro, potrebbe intaccare la già diminuita centralità della Giunta. Al Senato, ad esempio, essa consta di appena dieci senatori, da cui anche la difficoltà
di rispettare il principio della bilanciata rappresentatività politica. A. CARBONI, M. MAGALOTTI,
Prime osservazioni sulla riforma organica del Regolamento del Senato, in Federalismi.it, disponibile
all’indirizzo: https://www.federalismi.it/, 1, 2018, 18. Per un commento di più ampia portata, v. M.
SICLARI, Riduzione del numero dei parlamentari e legge elettorale, in Dirittifondamentali.it, disponibile
all’indirizzo: www.dirittifondamentali.it/, 2, 2021, spec. 8.
189
Secondo C. BERGONZINI, Riduzione dei parlamentari, riforma dei regolamenti e sessione di bilancio, in Forum di quaderni costituzionali, disponibile all’indirizzo: https://www.forumcostituzionale.it/wordpress/, 3, 2020, 238, dovrebbe senz’altro rivedersi la disciplina relativa all’ammissibilità
degli emendamenti
190
Sempre C. BERGONZINI, Riduzione, cit., 239, enumera alcune di tali prassi, concludendo che
esse non andrebbero razionalizzate bensì “ri-costituzionalizzate”.
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YLENIA MARIA CITINO
un accordo politico “per l’oggi, non per il domani”, la necessità di un intervento rapido ed estemporaneo per colmare un vuoto di regolamentazione, l’indecisione sul regime da assegnare alla fonte dispositiva, sono dei tratti che non
potrebbero essere cancellati a pena di non voler snaturare quello che si è chiamato sin qui “diritto sperimentale”.
Così per ripristinare le sembianze di legalità che il diritto parlamentare deve
pur avere, se non vuole trasformarsi in un diritto robinsoniano, più opportuno
sarebbe garantire un ordinato funzionamento del sistema delle fonti, razionalizzando il rapporto fra norme e meta-norme e, quindi, “codificando” l’inedito
compito normo-generativo delle Giunte. Altrimenti, si incorrerebbe nel definitivo disarcionarsi delle logiche formalistiche, arrese all’effettività o, come
avrebbe detto a suo tempo Hatscheck, alla praktische Bedeutung del diritto
parlamentare191.
191
Ciò implica, di per sé, l’accettazione dell’eventualità che la Corte costituzionale intervenga ab
externo col proprio sindacato.
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