Periodico di informazione e formazione di
sestante edizioni
Periodico di informazione e formazione per insegnanti di italiano L2 | www.sestanteedizioni.it
EDITORIALE /
N.5 - DICEMBRE 2020
Roberto Balò
Le competenze di un insegnante/facilitatore L2
D
iversi anni fa, fresco di studi umanistici, ma non ancora laureato, mi
incaricarono di insegnare italiano
a un piccolo gruppo di studenti stranieri.
Il giorno prima della lezione mi consegnarono il libro di testo che, una volta
tornato a casa, iniziai a sfogliare. Feci
delle scoperte sorprendenti come queste tre: gli articoli seguono delle leggi
esatte, perfette, quasi matematiche; per
usare l’articolo corretto bisogna sapere
il genere dei sostantivi, in particolare
quelli che terminano in -e, ma il genere
o si conosce per esperienza o si cerca su
un dizionario, altrimenti bisogna tirare a
indovinare; il dimostrativo quello davanti
ai sostantivi segue la regola degli articoli
determinativi. Erano tutte regole e alcune
perdonabili eccezioni alle quali non avevo
mai fatto caso. A me non creava nessun
problema linguistico: ma a uno studente
di un altro paese? Mi misi allora a studiare
la grammatica dal punto di vista di chi apprende una lingua stzraniera, e questo fu
solo il primo passo di un lungo percorso
di educazione all’insegnamento, quasi da
autodidatta.
Insegnare italiano come lingua seconda richiede una formazione specifica e
la prima cosa da fare è eliminare dalla
mente il radicato stereotipo che sia sufficiente parlare una lingua per insegnarla. Della nostra lingua madre si hanno
delle competenze implicite profonde, il
che non corrisponde necessariamente
al sapere perché diciamo certe cose in
un certo modo. Per insegnare è fondamentale avere una consapevolezza dei
meccanismi che sottostanno al funzionamento della lingua. Tuttavia conosce-
re le regole non basta. Bisogna sapere
come insegnarle e come si apprendono:
l’apprendimento ha infatti dei tempi e
delle tappe di acquisizione ben precisi.
Un altro stereotipo da abbattere prima
possibile è quello sugli errori: gli errori sono parte integrante e fondamentale
del processo di acquisizione e ne rappresentano il suo progredire, per cui durante l’apprendimento non devono essere
soltanto tollerati, ma addirittura benvenuti. Quando si studia/insegna una lingua, l’insegnante diventa un facilitatore,
cioè agevola l’apprendimento attraverso
determinate strategie, tecniche e attivi-
«Insegnare italiano come
lingua seconda richiede
una formazione specifica
e la prima cosa da fare
è eliminare dalla mente
il radicato stereotipo che
sia sufficiente parlare una
lingua per insegnarla»
tà. Con le basi teoriche acquisite si potrà
iniziare ad applicare abilità e competenze metodologiche, come per esempio
impostare un’unità didattica o un’unità
di lavoro, semplificare un testo, preparare materiale adatto agli specifici bisogni
d’apprendimento degli studenti. Si dovrà imparare a saper distinguere tra livello della scrittura e dell’oralità, poiché
non sapere scrivere non vuol dire non
sapere una lingua e che alfabetizzare significa insegnare la lettoscrittura, cosa
ben diversa dal mero insegnamento della lingua. Conoscenze di antropologia,
pedagogia, scienze del linguaggio, della
comunicazione, della psicologia si integreranno con le neuroscienze in questo
affresco di saperi. Senza dimenticarsi
dell’acquisizione delle normali abilità
che un insegnante dovrebbe avere: la capacità di spiegare bene e con autorevolezza, di essere motivante e coinvolgente
in modo da facilitare l’apprendimento,
di saper creare in classe un clima piacevole privo di ansia, di porre ai discenti
problemi sfidanti, di presentare contenuti rilevanti e significativi, di lasciare il
tempo per la riflessione, di rispettare i
limiti cognitivi e accettare i diversi ritmi di apprendimento, di dare feedback
chiari ed efficaci, di osservare criticamente i successi e gli insuccessi didattici
ecc. Infine, è ormai di fondamentale importanza ai fini lavorativi formalizzare
le proprie competenze didattiche attraverso le certificazioni ufficiali DITALS,
DILS-PG, CEDILS o CEFILS. Il campo di ricerca in ambito glottodidattico è
amplissimo, ma con il tempo, lo studio e
l’esperienza in classe si possono acquisire tutte queste abilità.
Sicuramente il primo passo per essere un
buon docente è diventare esperto della
propria materia: per questo motivo abbiamo dedicato il quinto numero di Elledue
alla formazione di base dell’insegnante di
italiano L2. Grazie alla scuola El Comedor di Pisa, nella persona di Nicola Leporini, che organizza regolarmente corsi di
formazione per i propri volontari, sono
state preparate delle brevi lezioni di base
di glottodidattica in formato digitale (po-
1
#Nicola Leporini
dcast): nel suo articolo lui stesso esporrà in
modo più ampio questo progetto e ci fornirà un quadro esaustivo della genesi della
maggior parte degli articoli che seguono.
Alan Pona apre la nostra introduzione
alla glottodidattica con un articolo sui
modelli operativi, strumenti basilari per
iniziare un percorso di insegnamento di
una lingua.
I miei tre podcast didattici, qui restituiti
sotto forma di articoli, sono dedicati ad
alcuni nodi cruciali della formazione: la
conoscenza degli approcci e dei metodi
glottodidattici; le tecniche glottodidattiche più comuni e il loro utilizzo all’interno delle diverse fasi dell’unità didattica;
la differenza tra materiali autentici e artificiali e il loro uso a lezione.
Il podcast di Alan Pona illustrerà una
strategia molto importante quando facciamo didattica dell’italiano L2 e in italiano L2: la semplificazione, rielaborazione e riorganizzazione dei testi, cioè la
redazione di testi ad alta accessibilità per
apprendenti italiano L2.
Particolarmente rilevante ai fini formativi
è l’intervento teorico-pratico di Claudia
Manetti sull’interlingua e l’errore, argomenti troppo spesso sorvolati e relegati
agli specialisti.
I due contributi di Alessandro Borri sono
invece incentrati sull’apprendimento degli adulti, soprattutto migranti o immigrati, e sull’alfabetizzazione.
Sempre nell’ambito di questo progetto,
sulla scia dell’uscita dei rispettivi volumi,
sono stati girati anche due video: nel mio
sottolineo l’utilità di Italiano L2/LS fai
da te per chi vuole iniziare a insegnare o
per chi ha necessità di imparare a creare
materiale didattico originale, realizzato
attraverso l’uso dei diversi tipi testuali disponibili, ovvero il testo scritto, il video,
il film, l’audio, la canzone, il videoclip e
l’immagine. Alan Pona presenta Il nuovo
fare grammatica, la grammatica pedagogica di italiano L2 di cui è autore: uno
strumento facilitatore che accompagna
l’apprendimento dell’italiano lingua seconda, fornendo al tempo stesso un solido sostegno all’osservazione della lingua.
Chiude questo numero della rivista l’attualissimo contributo di Sannipoli sul fare
didattica digitale integrata.
Roberto Balò
2
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El Comedor Giordano Livia,
La nostra storia
Nicola Leporini
E
l Comedor Giordano Liva, associazione di volontariato nata nel 2002
in memoria di Giordano Liva, studente della facoltà di Storia dell’Università di Pisa, venuto a mancare in giovane
età, ha avuto sin dalla sua fondazione lo
scopo di sostenere il diritto alla salute,
all’alimentazione, all’educazione e all’inclusione sociale di bambini e adulti in varie zone del mondo.
A livello internazionale abbiamo dato vita
a Juliaca, città del Sud-est del Perù, alla
Institución Educativa Particular “Giordano Liva”, un istituto scolastico che segue il
metodo costruttivista e che promuove un’educazione personalizzata e di qualità, incentrata sulla persona. Grazie al programma di
borse di studio che promuoviamo, anche i
bambini che appartengono a famiglie meno
abbienti possono accedere a tale struttura
scolastica. In Nepal, invece, partecipiamo
alla ricostruzione della Uttargaya Public
English Secondary School, nel villaggio di
Uttargaya, nel centro del paese, gravemente
danneggiata dal terremoto del 2015.
Abbiamo rivolto la nostra attenzione
anche ai bisogni espressi dalla comunità
locale della nostra città, Pisa. Per questo
motivo nel 2006 abbiamo inaugurato una
Scuola di Italiano per Migranti, attraverso la quale offriamo corsi di italiano
gratuiti in orario serale, partendo dal presupposto che la lingua sia uno strumento imprescindibile tanto per la comunicazione che per la partecipazione. La
Scuola è un luogo di accoglienza, aggregazione e scambio culturale aperto a tutti, senza distinzioni di status giuridico, e
offre attività di incontro e socializzazione
in contesti educativi familiari. Nel 2019 è
stato attivato anche un corso di mattina
riservato esclusivamente alle donne: in
questo orario, infatti, quando i figli sono
a scuola, è più facile per loro seguire un
corso di italiano.
Lo Zaino del Maestro
Alcuni insegnanti volontari della Scuola
non potevano però contare su un background di studi o di interessi personali che
avesse a che fare con la didattica dell’italiano; per questo, pur armati di buona volon-
#Nicola Leporini
tà, si trovavano catapultati in classe senza
però avere sempre il polso della situazione, rischiando altresì di fare affidamento
su approcci e metodologie sì più familiari,
forse perché loro stessi li avevano “subiti”
da studenti, ma che oramai vengono considerati unanimamente desueti. Per questo
motivo sentivamo l’esigenza di organizzare dei momenti formativi e, potendo contare sui fondi 8x1000 della Chiesa Valdese,
li abbiamo ben presto attivati, decidendo
però di aprirli a tutti: non solo ai volontari
della nostra associazione, ma anche a operatori del terzo settore, aspiranti volontari, volontari di altre associazioni, studenti
universitari e insegnanti.
Se nel 2013 la formazione è stata organizzata sotto forma di seminari indipendenti, negli anni successivi è stata strutturata come un vero e proprio corso di
formazione gratuito, al quale abbiamo
dato il nome di Lo Zaino del Maestro,
giunto ormai alla settima edizione.
Nel corso degli anni lo Zaino del Maestro si è focalizzato su questioni centrali
della didattica dell’italiano L2 (approcci,
metodi e tecniche della Glottodidattica,
spunti e idee per la programmazione,
la correzione dell’errore, l’interlingua,
l’apprendimento naturale, le sequenze di
acquisizione, la specificità della didattica
dell’italiano ad adulti), sempre facendo
riferimento al nostro target principale di
studenti, ovvero analfabeti e debolmente scolarizzati. Lo Zaino del Maestro ha
toccato però anche altre questioni: la
legislazione nazionale in materia di migrazione, le certificazioni linguistiche in
Italia, la didattica ludica, la relazione in
un contesto plurilingue e multiculturale,
l’utilizzo di strumenti artistici nella didattica in classe, la comunicazione sociale
e interculturale, fino a mettere in piedi
dei “laboratori di spaesamento” in lingua
araba, dove gli insegnanti si mettevano
nei panni degli studenti.
Questi incontri sono stati molto importanti sia per i volontari di vecchia data sia
per i nuovi arrivati. Lo Zaino del Maestro
è stato seguito anche da operatori del terzo settore che lavorano nel campo della
migrazione, facendo crescere quella “rete”
cittadina di cui la nostra associazione fa
parte sin dalla sua fondazione. Gli incontri
hanno consentito a molte persone, soprat-
L2elledue |
tutto studenti universitari, di seguire un
percorso gratuito che, oltre a formarle, le
ha fatte avvicinare alla nostra associazione,
nella quale in alcuni casi sono poi entrate a
far parte come nuovi insegnanti volontari.
Oggi
Nel 2020, a causa delle restrizioni richieste dal dilagare della pandemia e poi
del lockdown, abbiamo dovuto constatare
l’impossibilità di organizzare una nuova
edizione dello Zaino del Maestro in presenza. Non ci siamo però dati per vinti e
abbiamo deciso comunque di inventarci
qualcosa di nuovo, un po’ per non trascurare troppo i nostri volontari e un po’ per
metterci alla prova. La nostra prima idea è
stata messa in pratica nei mesi di maggio
e giugno, quando abbiamo attivato per la
prima volta un’edizione dello Zaino del
Maestro in remoto, utilizzando l’applicazione di teleconferenza gratuita Google
Meet. Il Modulo 1 dello Zaino del Maestro 7 è stato dedicato interamente all’utilizzo del web e di risorse informatiche
gratuite per la programmazione didattica,
con particolare attenzione per la Didattica
a Distanza (DAD). Nel laboratorio finale i
corsisti, suddivisi in gruppi, hanno dovuto
mettere in pratica quanto appreso e hanno
presentato ai formatori una unità didattica
progettata proprio per essere utilizzata a
distanza.
La seconda idea è stata quella di organizzare il secondo modulo dandogli una
forma ancora diversa, quella del podcast.
Abbiamo chiamato a raccolta i nostri
formatori “di fiducia” e abbiamo chiesto
loro di affrontare un argomento specifico
e circoscritto in un intervento audio che
non superasse i 15 minuti. Caricando poi
i vari audio sulla piattaforma gratuita Anchor, il podcast Lo Zaino del Maestro 7
– Modulo 2 è stato immediatamente reso
disponibile nel catalogo di diversi fornitori di servizi multimediali e streaming
audio (tra cui Spotify e Google Podcast).
W ASCOLTA IL PODCAST
L’ultima idea ha un carattere diverso, e
rientra all’interno di un progetto più ampio che coinvolge la nostra associazione
ormai da quasi due decenni. Ogni anno,
nel mese di giugno organizziamo Solida-
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rista, festa della solidarietà e dei diritti. Si
tratta di un momento nel quale, attraverso dibattiti, mostre, spettacoli e concerti, presentiamo alla cittadinanza i nostri
progetti e mettiamo in rete le associazioni di volontariato del territorio. L’emergenza sanitaria non ne ha ovviamente
reso possibile la realizzazione. Tuttavia,
la nostra festa non poteva mancare, non
in un anno così difficile. Abbiamo deciso
così di darle una forma diversa: quella di
un evento online. Per farlo abbiamo chiamato a raccolta volontari e amici e abbiamo chiesto loro di registrare dei video in
cui raccontavano la loro esperienza nella
nostra associazione. Alcuni di loro ci hanno anche “regalato” alcune performance
musicali o artistiche. Il 18 giugno è così
andato in onda in anteprima SolidariSTA
A CASA, dedicato, oltre che alla presentazione delle attività e alla promozione
del volontariato, ad una raccolta fondi
straordinaria in favore della Institución
Educativa Particular “Giordano Liva”: la
nostra Scuola di Juliaca, che rappresenta
il cuore e le fondamenta della nostra associazione, per via della crisi economica
causata dal Coronavirus, rischiava infatti
di chiudere per sempre.
M GUARDA IL VIDEO
Per la fine dell’anno abbiamo pensato a
qualcosa ancora più in grande, una sorta
di strenna natalizia, alla quale abbiamo
dato il nome LOS SOLIDARISTAS,
una rassegna di eventi online, che coinvolgerà “mondi” diversi (cinema, teatro),
per continuare a promuovere la cultura
del volontariato e della solidarietà anche
a distanza.
All’interno di questo multi-evento abbiamo organizzato in collaborazione con Sestante Edizioni la presentazione di due libri
sulla didattica dell’italiano L2 i cui autori,
oltre a essere stimati formatori e facilitatori
linguistici, sono diventati nel tempo anche
amici del Comedor Giordano Liva e della
nostra Scuola di Italiano per Migranti.
M GUARDA LA PRESENTAZIONE
DI ALAN PONA
M GUARDA LA PRESENTAZIONE
DI ROBERTO BALÒ
3
#Alan Pona
L2elledue |
Modelli operativi nella didattica
dell’italiano come lingua
seconda e straniera1
Alan Pona
1. Introduzione
In queste poche pagine, si descrivono i modelli operativi
oggi maggiormente impiegati dagli insegnanti/facilitatori
linguistici per l’insegnamento dell’italiano come lingua
seconda e straniera: l’unità
di apprendimento (UdA),
proposta da Balboni (2002)
(ma anche unità di acquisizione: Balboni 2012); l’unità
didattica centrata sul testo
(UDt), proposta da Vedovelli (2002); l’unità di lavoro
(UdL), proposta da Diadori
(2009) e da Diadori, Palermo,
Troncarelli (2009; 2015).
Dopo l’illustrazione dei modelli tradizionalmente impiegati nella didattica dell’italiano come L2 e LS e presenti
nelle certificazioni per l’insegnamento dell’italiano come
lingua seconda e/o straniera
(DITALS, DILS-PG, CEDILS, CEFILS), si illustrerà
brevemente il modello di insegnamento basato sui compiti comunicativi o task.
Si conclude, infine, l’illustrazione dei modelli operativi in
uso nella pedagogia linguistica
con il riferimento alla metodologia ALC (Apprendimento
Linguistico Cooperativo), sperimentato nel territorio pratese
all’interno della progettualità
del Comune di Prato.
2. I modelli
operativi per
la didattica
dell’italiano come
lingua seconda
Qui di seguito (Tabella 1), si
dà uno schema riassuntivo sia
dei modelli operativi maggiormente in uso nella didattica
dell’italiano come L2/LS (con
l’indicazione e la scansione
delle fasi didattiche): la tabella
permette un rapido raffronto.
Da ora innanzi si userà un solo
termine per i diversi modelli della Letteratura scientifica
– unità di lavoro/apprendimento – poiché risultano affini e facilmente integrabili. Il
primo modello, della scuola
di Freddi, Balboni e Porcelli,
si richiama apertamente alla
psicologia della Gestalt e alle
nozioni di bimodalità e direzionalità proposte da Marcel Danesi negli anni ‘80; i modelli di
Diadori e Vedovelli rimandano,
invece, al Quadro comune europeo
di riferimento per le lingue e alla
funzione chiave del testo nella
comunicazione e nell’apprendimento delle lingue.
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Come risulta dal raffronto fra i
modelli operativi proposti, essi
si differenziano tra loro maggiormente per la filosofia di
fondo e per i tempi di esecuzione3, meno per i contenuti e
le modalità di lavoro proposte.
Pur nelle differenze tra di essi,
qui di seguito, per ogni fase si
è riportato il nome che essa ha
nei diversi modelli nel tentativo – speriamo non banalizzante ma di aiuto per i professionisti del settore – di mettere in
dialogo le diverse proposte.
La Motivazione/Contestualizzazione/Introduzione
è
quella fase dell’unità di lavoro/
apprendimento nella quale l’insegnante/facilitatore linguistico cerca di suscitare l’interesse
dell’apprendente, “scaldandolo”, motivandolo, e allo stesso
tempo lo introduce nell’universo del testo - sia esso audio, video, audio-video, scritto,
Tabella 1. Unità di lavoro/apprendimento
Unità Didattica come rete di Unità di Apprendimento
(Balboni 2002) o di Unità di Acquisizione (Balboni 2012)
Unità didattica centrata
sul testo (Vedovelli 2002)
Unità di lavoro
(Diadori 2009)
Motivazione
Contestualizzazione
Introduzione
Globalità
Globalità
…
Verifica della comprensione
Analisi
Analisi
…
Attività di comunicazione sul testo
Sintesi
Sintesi
…
Attività di comunicazione dal testo
Riflessione
Riflessione
…
Attività metalinguistica
e metacomunicativa
Svolgimento
Attività esercitativa di rinforzo
Controllo2
Output comunicativo
e/o Verifica in uscita
Conclusione
1 Nel ripresentare questo lavoro, che ho pubblicato nel 2015 sul sito del Polo regionale di documentazione interculturale della Regione Toscana, e che mi pare possa avere ancora una sua
utilità, ho eseguito alcuni tagli, effettuato lievi modifiche e aggiornato la bibliografia di riferimento.
2 Balboni (2012) propone di far seguire alla fase di controllo il rinforzo, se si riscontrano problemi relativi all’unità didattica appena conclusa, o il recupero, in caso di carenze globali.
3 Per Balboni (2012), per esempio, l’Unità Didattica come rete di Unità di apprendimento/acquisizione può avere una durata dalle 6 alle 10 ore, e talvolta anche di più, mentre ogni singola
Unità di acquisizione può durare da pochi minuti a un’ora e più.
4
#Alan Pona
iconico, non verbale etc. -, che
incontrerà durante l’unità di
lavoro/apprendimento. Questa
fase ha anche lo scopo non secondario di facilitare la ripresa
e la rielaborazione delle preconoscenze, non solo linguistico-comunicative, e di attivare la
expectancy grammar, la capacità
di fare ipotesi, anticipando ciò
che può comparire in un testo
operando sulla base della porzione di testo che già si conosce.
La fase di Globalità/Verifica
della comprensione/Attività di incontro con i testi è
la fase della scoperta del testo.
Questa scoperta è progressiva: si va dall’osservazione del
paratesto (immagini, titolo,
aspetto del testo etc.), e dalla
conseguente formulazione di
ipotesi, all’analisi del cotesto
per arrivare infine all’analisi
del testo vero e proprio. La
lettura del testo avviene dal
generale al particolare attraverso fasi di skimming e scanning. Gli apprendenti si muovono attraverso le due fasi di
skimming e scanning per ogni
testo: si ha skimming per stabilire di cosa tratti il testo e si
passa allo scanning soltanto in
una fase secondaria per recuperare nel testo informazioni
particolari e specifiche.
Nella fase di Analisi/Attività
di Comunicazione sul testo/
Differenziazione dei temi e
delle strutture, l’apprendente
fa una ricerca sul testo, precedentemente compreso, su come
risolvere un proprio bisogno comunicativo (analisi funzionale),
o un problema di tipo linguistico (analisi grammaticale) o lessicale (analisi lessicale). Questa
fase è induttiva perché permette
all’apprendente scoperte personali di regolarità generali a partire dal testo specifico.
La fase di Sintesi/Attività di
Comunicazione dal testo/
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Ampliamento ed espansione permette all’apprendente di
impiegare le informazioni comunicative e linguistiche, precedentemente incontrate ed analizzate nel testo, per rispondere
a propri bisogni comunicativi.
Citiamo da Vedovelli (2002):
Con questa espressione [attività di
comunicazione] intendiamo quel
flusso di attività interattive e comunicative nelle quali gli apprendenti, singolarmente o in gruppo,
sono lanciati per rimettere in gioco
i modelli di uso comunicativo e per
verificare le ipotesi di soluzione ai
problemi linguistico-comunicativi
contenuti nel testo.
(Vedovelli 2002: 140)
Nella fase di Riflessione/Attività metalinguistica e metacomunicativa/Integrazione
e riflessione, gli apprendenti
verificano quelle ipotesi formulate nelle precedenti fasi dell’unità e scoprono la regola(rità)
generale nascosta negli usi testuali specifici. L’insegnante/facilitatore può anche offrire una
spiegazione grammaticale delle
strutture, ma solo dopo che il
gruppo-classe abbia provato a
riflettere autonomamente sulle
medesime.
La novità di questi modelli rispetto agli approcci di tipo deduttivo risiede soprattutto nel
collocamento di questa fase
all’interno dell’unità: se metodi
di tipo tradizionale (il modello
operativo era quello della lezione) partivano dalla spiegazione
della regola da parte dell’insegnante per poi chiedere agli
studenti di lavorare su esercizi di tipo decontestualizzato
(come gli esercizi manipolativi)
per fissare le strutture in un’ottica di tipo deduttivo, l’unità di
lavoro/apprendimento si concentra sul testo e permette induttivamente all’apprendente
di fare delle ipotesi e di verifi-
carle personalmente.
L’Attività esercitativa di rinforzo è la fase nella quale si va
a consolidare e a fissare quanto
appreso nelle fasi precedenti
dell’unità. In questa fase si possono proporre attività di tipo
più tradizionale; quello che
conta è che la somministrazione degli esercizi vada a seguire
una riflessione metalinguistica
che l’apprendente ha fatto da
solo o in collaborazione all’interno del gruppo-classe.
L’Attività di controllo/verifica/Output comunicativo o
Azione si riferisce, oltre alla
possibilità di verificare formalmente quanto appreso in
classe (il classico test di verifica), alla possibilità di misurare
fuori dal contesto classe ciò
che l’apprendente ha appreso
all’interno del gruppo-classe.
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lo. Citiamo da Balboni (2008):
Il termine suggerisce che entrambe le modalità del cervello,
quella analitica dell’emisfero sinistro e quella globale dell’emisfero destro, sono coinvolte nella
comunicazione linguistica. Ne
consegue che quando si studia
una lingua, e soprattutto quando
la si usa per comprendere o per
produrre testi, per dialogare ecc.,
si devono attivare entrambe le
modalità, quella globale e quella
analitica […].
(Balboni 2008: 15)
Da un lato, esso [l’output] rappresenta l’uscita al di fuori del contesto comunicativo di tipo didattico,
cioè la spinta a rimettere in azione fuori del contesto didattico gli
usi esperiti dall’apprendente nella
comunicazione didattica. In questo caso si tratta di un giocare che
però stavolta è “senza rete”, senza
la protezione del docente, senza il
suo orientamento, senza il suo costante aiuto, implicito od esplicito.
(Vedovelli 2002: 141)
Il principio della direzionalità
stabilisce che l’uso bimodale del
cervello avviene secondo una direzione ben precisa: dall’emisfero destro (modalità contestuali,
globali, emozionali) a quello
sinistro (modalità più formali,
analitiche, razionali).
Bisogna prestare molta attenzione a questo principio: il percorso
naturale (cioè quello previsto dal
nostro patrimonio genetico) è
quello direzionale, dalla percezione globale a quella analitica,
anche se molta tradizione scolastica ci ha abituati al percorso
opposto (prima il teorema e poi
gli esempi, prima le regole e poi
le attività, prima la storia della
letteratura e poi i testi letterari).
(ivi: 16)
Questo tipo di modello operativo permetterebbe, secondo
Balboni (2002), che riprende
le proposte di Marcel Danesi,
di sfruttare la bimodalità e la
direzionalità del nostro cervel-
Qui di seguito, si fornisce una
tabella con la corrispondenza
tra le fasi dell’unità di lavoro/
apprendimento e le tecniche
glottodidattiche maggiormente
impiegate.
BIOGRAFIA PROFESSIONALE
Alan Pona, dottore di ricerca in Linguistica, ha lavorato negli Stati Uniti come assistente di lingua italiana e da anni si occupa di facilitazione dell’italiano come lingua
seconda e di facilitazione degli apprendimenti nella scuola plurilingue e con bisogni
educativi speciali e specifici. Formatore di docenti ed operatori sui temi della didattica inclusiva e dell’apprendimento/insegnamento dell’italiano, con particolare riferimento alla grammatica valenziale nella scuola plurilingue, è direttore della collana
scolastica di Sestante Edizioni, per la quale cura i materiali didattici rivolti a studenti
parlanti italiano L2 e con bisogni educativi speciali e la rivista elledue.
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#Alan Pona
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Tabella 2. Fasi e tecniche glottodidattiche
FASI DIDATTICHE
TECNICHE GLOTTODIDATTICHE4
Motivazione/
Contestualizzazione/
Introduzione
Brainstorming
Costellazione a ragno (spidergram)
Elicitazione
Esplorazione delle parole-chiave
Impiego di realia, di immagini, di video etc.
Globalità/
Verifica della
comprensione
Accoppiamento/Matching
Ascolto-lettura silenziosa
Ascolto-ripetizione
Chi? Che cosa? Dove? Quando? Azione? Come? Perché?
Cloze classico
Domande a scelta multipla
Domande aperte
Domande Vero/Falso
Drammatizzazione
Griglia
Riordino/incastro
Transcodificazione
Cloze mirato
Esclusione
Analisi/
Esplicitazione
Attività di comunicazione
Riordino/Incastro
sul testo
Inclusione
Seriazione
Composizione testuale
Conversazione di gruppo
Dialogo a catena
Dialogo a coppie
Dialogo aperto
Sintesi/
Monologo
Attività di comunicazione
Passaggio da un genere testuale all’altro
dal testo
Pattern drill
Riordino/Incastro
Role taking, role making, role play
Tecniche manipolative e di riempimento
Telefonata
Riflessione/
Attività metalinguistica e
metacomunicativa
Elicitazione della regola(rità)
Riempimento di griglie vuote o parzialmente riempite
Attività esercitativa di
rinforzo
Composizione testuale
Conversazione di gruppo
Dialogo a catena
Dialogo a coppie
Dialogo aperto
Monologo
Passaggio da un genere testuale all’altro
Pattern drill
Riordino/Incastro
Role taking, role making, role play
Tecniche manipolative e di riempimento
Telefonata
Attività di controllo/verifica/ Testing/Verifica in uscita
Output comunicativo/Azione Azioni fuori dal contesto classe
Per concludere questa rapida rassegna dei modelli
operativi impiegati sul territorio nazionale nella pedagogia linguistica, se ne illustra
brevemente un altro molto
interessante per la didattica
dell’italiano L2, diffuso in
Italia soprattutto da linguiste come Stefania Ferrari ed
Elena Nuzzo. Tale modello
operativo si basa sui compiti comunicativi, i cosiddetti
task5. Tale metodologia sovverte l’ordine delle fasi dei
modelli operativi più tradizionali, cioè presentazione
– pratica – produzione, ed
introduce il seguente procedere didattico: produzione
– analisi – pratica, che potremmo parafrasare in “gli
apprendenti ci provano, dopo
ci riflettono, dopo ci provano
ancora”. Questa scansione
nasce dalla convinzione che
l’apprendente nota maggiormente una forma linguistica
quando ne sente il bisogno
funzionale nello svolgimento
di un compito comunicativo.
Il modello della didattica per
task si organizza in tre fasi6:
1) Prima del task (brainstorming, elicitazione, esplorazione delle parole chiave
etc.);
2) Ciclo del task: task (fare
elenchi, ordinare e selezionare, confrontare, risolvere problemi, condividere
esperienze; task creativi,
project work etc.), preparazione e report;
3) Dopo il task: analisi e pratica.
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3. L’Apprendimento
Linguistico
Cooperativo nelle
classi eterogenee a
scuola
La metodologia ALC (Apprendimento Linguistico Cooperativo) è stata sperimentata nelle scuole del comune di
Prato all’interno del progetto
“Implementazione del Portale Integrazione e sua Gestione Sperimentale a Livello
Locale”, finanziato dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali tramite ANCI,
nell’anno scolastico 2012-137.
Nell’anno scolastico 2014-15,
la metodologia è stata consolidata sul territorio grazie a
“LINC (Linguaggi Inclusivi
e Nuova Cittadinanza)”, progetto con fondi FEI che ha
coinvolto il territorio pratese.
I progetti di cui sopra nascono
dalla volontà di implementare
e potenziare prassi didattiche
inclusive per alunni di madrelingua italiana e non, prevedendo attività a classe intera
come sfida per lo sviluppo, per
tutti e per ciascuno, di competenze, abilità e conoscenze al
contempo socio-relazionali
e disciplinari. Le attività in
ALC sono graduate e accessibili anche per studenti con
competenze interlinguistiche,
stimolanti per i parlanti nativi ed infine ricche di elementi
interculturali e plurilingui.
L’Apprendimento Linguistico
Cooperativo nasce dall’assunto
che in un contesto scolastico
plurilingue, un clima di classe
positivo, ricco di scambi significativi di collaborazione, aiuto
e condivisione tra i ragazzi, stimoli e faciliti gli apprendimen-
4 Si rimanda a Balò (2020) per un glossario dettagliato delle tecniche glottodidattiche e al contributo di Balò all’interno di questo numero della rivista.
5 “Un’attività di classe in cui lo studente deve comprendere, manipolare, produrre e interagire nella lingua target mentre l’attenzione è rivolta principalmente al significato, piuttosto che alla
forma” (Nunan, 1989).
6 Si veda Ferrari-Nuzzo (2011) per una descrizione dettagliata della proposta di insegnamento dell’italiano attraverso i task. Si rimanda, inoltre, al sito internet dedicato per una più puntuale
illustrazione della metodologia e per unità didattiche per il lavoro in classe attraverso i compiti comunicativi: www.insegnareconitask.it
7 Si rimanda a Gentile-Chiappelli (2016) per una descrizione dettagliata del progetto.
6
#Alan Pona
L2elledue |
ti, in generale, e quelli linguistico-comunicativi, in particolare.
La ricerca-azione condotta
da Maurizio Gentile, Tiziana
Chiappelli e le psicologhe Jessica Nistri e Pamela Pelagalli
(Gentile-Chiappelli 2016) ha
evidenziato un cambiamento
tra prima e dopo l’intervento
educativo nella struttura e nella
densità delle relazioni all’interno delle classi. Tale dato si evince dall’analisi dei sociogrammi,
cioè degli strumenti di analisi
della struttura delle relazioni
all’interno delle classi plurilingui, somministrati agli alunni
prima e dopo l’intervento per
raccogliere le preferenze rispetto alle seguenti tre situazioni:
1. “A ricreazione sto insieme
a…”
2. “In classe lavoro e collaboro insieme a…”
3. “Parliamo di quello che ci
piace fare con…”
L’analisi dei sociogrammi è
stata visualizzata in grafici per
renderla più facilmente leggibile. Qui di seguito ne riportiamo due (prima e dopo l’intervento) a titolo esemplificativo.
L’acronimo ALC fonde insieme
Apprendimento Cooperativo e
Facilitazione Linguistica: con
l’Apprendimento Cooperativo
si cerca di intervenire sulla costruzione del gruppo, sull’interdipendenza positiva tra allievi
e sulla promozione di un clima
positivo di lavoro. Con le metodologie, le strategie e le tecniche
della Facilitazione Linguistica si
cerca di sviluppare negli alunni, con madrelingua italiana o
alloglotti, le abilità linguistico-comunicative e per lo studio
nonché strumenti alternativi per
accedere ai saperi e alle competenze disciplinari coniugandoli
con una visione interculturale e con la valorizzazione delle
competenze/abilità/conoscenze
(pluri)linguistiche.
Nei due progetti introdotti
sopra8 sono state coinvolte le
scuole primarie e secondarie di
1° grado del territorio: ciascuna scuola ha identificato una o
più classi con un numero elevato di alunni con madrelingua
non italiana di livelli linguistico-comunicativi compresi tra
l’A2 e il B1 del QCER. I team
e i Consigli di classe degli istituti comprensivi hanno poi
selezionato le/i docenti che
avrebbero preso parte attiva-
mente alle attività proposte.
Le altre figure coinvolte all’interno dei due progetti sono stati
i facilitatori linguistici, in possesso di certificazioni di competenza nell’insegnamento dell’italiano L2 (DITALS, DILS-PG,
CEDILS, CEFILS), e/o i metodologi esperti di Apprendimento Cooperativo. Facilitatori
linguistici e metodologi hanno
condiviso un percorso di formazione condotto da Maurizio
Gentile (Università LUMSA) e
Tiziana Chiappelli (Università
di Firenze), entrambi anche coordinatori didattici e parte della
commissione scientifica della ricerca scientifica del progetto del
2012-2013; percorso formativo
che ha portato ad uno scambio
di competenze, alla condivisione
di pratiche e all’individuazione
di macro-progettazioni per una
didattica inclusiva.
Il modello operativo attinge ad
un pacchetto di procedure didattiche/tecniche didattiche e
glottodidattiche. Le procedure
sono a-disciplinari. Le équipe
composte da facilitatore e metodologo o dal solo facilitatore
degli apprendimenti, figura dalle
competenze/abilità/conoscenze “ibride”, possono riempire
N.5 - DICEMBRE 2020
tali procedure didattiche di
contenuti e materiali specifici
ad ogni disciplina9.
Il modello operativo - che va
consolidandosi anche grazie
alla costante progettazione del
Comune di Prato e al lavoro di
rete con gli Istituti comprensivi
del territorio e con le cooperative sociali che collaborano
nei servizi riguardanti l’italiano
lingua seconda e la lotta alla dispersione scolastica - prevede
che ciascun incontro/lezione
(I/L) o Unità di lavoro/apprendimento (UdLA) (della durata
di circa 2 ore) e ciascuna Unità
Didattica (3/4 incontri/lezioni
della durata di circa 6/8 ore)
siano articolati in 3 macro-fasi:
1. fase relazionale introduttiva;
2. fase centrale di lavoro
sulle competenze/abilità/
conoscenze riguardanti le
microlingue e le discipline
scolastiche;
3. fase conclusiva di auto-valutazione, di feedback
e di valutazione.
Questa organizzazione degli
interventi didattici è in piena sintonia con quanto pro-
Tabella 3. Grafi di lettura dei sociogrammi
FIGURA 1
FIGURA 2
Grafo relativo alla situazione “In classe lavoro e collaboro insieme a …”.
Rilevazione prima dell’intervento.
Grafo a bassa densità relazionale
(rosso = allieve/i italiano L2, blu = allieve/i italiano L1)
Rilevazione dopo l’intervento.
Grafo ad alta densità relazionale
(rosso = allieve/i italiano L2, blu = allieve/i italiano L1)
8 Si rimanda a Troiano-Gentile-Pona (2019) e Pona-Viani (2020) per una illustrazione dettagliata degli sviluppi della sperimentazione sulla metodologia dell’Apprendimento Linguistico Cooperativo.
9 Si vedano Natali-Pona-Troiano (2015), per l’illustrazione di alcune unità di lavoro/apprendimento con il metodo ALC e Gentile-Pisanu-Tabarelli (2012: 161-180) per una rassegna delle
tecniche didattiche impiegate all’interno del metodo.
7
#Alan Pona
posto da Pierangela Diadori
per l’Unità di lavoro (UdL)
nella didattica dell’italiano
(Diadori 2009; Diadori-Palermo-Troncarelli 2009), che
presenta la seguente organizzazione: Introduzione–Svolgimento–Conclusione.
Come micropercorso di apprendimento guidato, unitario, in sé
concluso, valutabile e accreditabile, L’UdL è da intendersi come
iperonimo, che può realizzarsi in
un incontro/lezione (I/L), in una
unità didattica (UD), organizzata in più I/L, o in un modulo (M),
organizzato in più UD.
(Diadori 2009: 105)
In ALC, ogni UdLA e l’UD
nel suo complesso seguono,
dunque, la stessa organizzazione interna, con una fase
introduttiva nella quale si lavori soprattutto sulle relazioni
all’interno dei gruppi cooperativi, sulle pre-conoscenze e
sulla contestualizzazione del
lavoro disciplinare; una fase
centrale di svolgimento del lavoro sulle discipline centrato
sui testi in microlingua (scoperta/comprensione dei testi,
ricerca sui testi, rielaborazione dei temi e delle strutture
dei testi); ed infine una fase
conclusiva di auto-valutazione, di feedback e di valutazione del lavoro dei gruppi e dei
singoli apprendenti.
Conclusioni
Benché i modelli operativi
tradizionali possano, a nostro
avviso, avere una loro utilità
all’interno del processo di apprendimento/insegnamento
di una seconda lingua, qualora
se ne superi certa rigidità e se
ne consideri il potenziale relazionale all’interno del gruppo-classe, siamo tuttavia d’accordo con quanto affermato da
Stefano Rastelli (Nuzzo-Ra-
8
L2elledue |
stelli 2011: 39), il quale lamenta la mancanza in Italia di studi
specifici con riscontri empirici
neurolinguistici sulla “bontà”
di certe scelte didattiche e l’uso
di determinati modelli operativi. Occorre precisare, infatti,
che i modelli operativi tradizionali che abbiamo presentato in questo breve articolo,
benché ampiamente utilizzati
in Italia e all’estero per l’insegnamento dell’italiano come
L2/LS, non sono supportati da
nessuno studio specifico che
dimostri un significativo rapporto di causa-effetto tra variazioni del modello operativo
e variazioni a livello fisiologico
nel cervello degli apprendenti.
L’impianto metodologico di
ALC, descritto al paragrafo 3,
cerca di superare, almeno in
parte, questa problematicità
perché il suo impiego nel territorio pratese è stato accompagnato da una ricerca che ha
dimostrato come le procedure
didattiche in apprendimento
linguistico cooperativo andassero a promuovere la realizzazione di un clima di classe più
sereno, disteso e motivante e
come grazie ad esse le relazioni all’interno dei gruppi-classe
diventassero più dense e significative (vd. Gentile-Chiappelli 2016). Se intendiamo la
facilitazione linguistica come
facilitazione dei rapporti umani (Masciello 2009) e accostiamo gli sviluppi di tipo linguistico-comunicativo a quelli di
tipo socio-relazionale, il fine
ultimo, ma anche il mezzo,
della facilitazione linguistica è,
dunque, la relazione. Il modello che proponiamo, rappresentato qui di seguito nella Figura
1, prevede un rapporto dinamico tra le relazioni – tra pari
e con l’insegnante/facilitatore
linguistico – e la competenza
linguistico-comunicativa (vd.
Chiappelli-Pona 2016).
N.5 - DICEMBRE 2020
Figura 1. Modello del rapporto dinamico tra relazioni e
competenza linguistico-comunicativa
RELAZIONI
Si comprendono allora i vantaggi che derivano dalla scelta
di un approccio cooperativo
alla facilitazione linguistica
COMPETENZA
LINGUISTICOCOMUNICATIVA
basato sulla costruzione del
gruppo e sulla promozione
attraverso le relazioni di un
clima positivo di lavoro.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
• Balboni P. E. (1999), Dizionario di glottodidattica, Perugia, Guerra-Soleil.
• Balboni P. E. (2002; nuova edizione 2012), Le sfide di Babele. Insegnare le lingue
nelle società complesse, Torino, UTET.
• Balboni P. E. (2008), Imparare le lingue straniere, Venezia, Marsilio.
• Balò R. (2020), Italiano L2/LS fai da te. Guida pratica per insegnanti/facilitatori linguistici, Bergamo, Sestante edizioni.
• Chiappelli T., Pona A. (2016), “Facilitazione linguistica, insegnamento dell’italiano
come L2, didattica delle lingue seconde e pedagogia interculturale a scuola: uno
sguardo d’insieme”, in M. Gentile, T. Chiappelli (a cura di) (2016): 61-83.
• Diadori P. (2009), “Quali modelli operativi per l’italiano L2? L’unità di lavoro”, in P.
Diadori (a cura di), La DITALS risponde 6, Perugia, Guerra Edizioni: 103-112.
• Diadori P, Palermo M., Troncarelli D. (2009), Manuale di didattica dell’italiano, Perugia,
Guerra.
• Diadori P, Palermo M., Troncarelli D. (2015), Insegnare l’italiano come seconda lingua,
Roma, Carocci.
• Ferrari S., Nuzzo E. (2011), “Insegnare la grammatica italiana con i task”, in L. Corrà,
W. Paschetto (a cura di), Grammatica a scuola, Milano, FrancoAngeli: 284-295.
• Gentile M., Chiappelli T. (a cura di) (2016), Intercultura e inclusione. Il Cooperative
Learning nella classe plurilingue, Milano, FrancoAngeli.
• Gentile M., Pisanu F., Tabarelli S. (2012), Personalizzare l’apprendimento nel contesto
della classe, Trento, Provincia Autonoma di Trento.
• Masciello E. (2009), Essere insegnante/facilitatore linguistico. Appunti didattici per
l’insegnamento della lingua italiana L2, Firenze, “Ass. Vol. Centro Internazionale Studenti G. La Pira”.
• Natali S., Pona A., Troiano G. (a cura di) (2015), Quaderni operativi, 2 Voll., Progetto
“LINC: Linguaggi Inclusivi E Nuova Cittadinanza”, Fondo europeo per l’integrazione di
cittadini di paesi terzi 2007-2013.
• Nunan D. (1989), Designing Tasks for the Communicative Classroom, Cambridge,
Cambridge University Press.
• Nuzzo E., Rastelli S. (2011), Glottodidattica sperimentale. Nozioni, rappresentazioni e
processing nell’apprendimento della seconda lingua, Roma, Carocci.
• Pona A., Viani A., (2020), “ALC-S: l’apprendimento linguistico cooperativo stratificato
nelle classi plurali”, in C. Benelli, A. Pona (a cura di), Costruire sistemi inclusivi. Percorsi educativi, didattici ed etnoclinici nelle scuole plurali a Prato, Anthology Digital
Publishing, Prato: 85-108.
• Troiano G., Gentile M., Pona A., (2019), “L’apprendimento linguistico cooperativo: un
metodo inclusivo per la didattica curricolare”, in D. Ianes (a cura di), Didattica e inclusione scolastica. Ricerche e pratiche in dialogo, Milano, FrancoAngeli: 103-119.
• Vedovelli M. (2002), Guida all’italiano per stranieri. La prospettiva del Quadro comune
europeo per le lingue, Roma, Carocci.
SITOGRAFIA
www.insegnareconitask.it
#Roberto Balò
L2elledue |
Approcci e metodi glottodidattici
Roberto Balò
I
n questa lezione parleremo
di approcci e metodi didattici: cercheremo innanzitutto di capire la differenza tra
approccio e metodo, faremo
una rapida rassegna di quali
sono gli approcci e i metodi
in glottodidattica e di ognuno
di essi vedremo quali sono gli
aspetti più utili per le nostre
lezioni di italiano L2.
Chiariamo innanzitutto la differenza tra approccio e metodo: con il termine approccio
si indica un insieme di tesi
glottodidattiche ricavate dalle
scienze linguistiche (linguistica generale, linguistica acquisizionale, sociolinguistica,
neurolinguistica), dalle scienze
dell’educazione, dalla psicologia, dall’antropologia ecc.: gli
approcci rappresentano, quindi, delle teorie di fondo della
glottodidattica volte ad individuare le mete e gli obiettivi
dell’insegnamento linguistico.
Dagli approcci derivano i diversi metodi, che rappresentano le applicazioni pratiche di
scelte teoriche, ovvero come
gli approcci vengono applicati
nell’insegnamento linguistico.
Anche se le varie definizioni non sono unanimemente
condivise dagli studiosi, i principali approcci sono cinque:
deduttivo, induttivo, strutturalistico, umanistico-affettivo e
comunicativo. I metodi che ne
derivano, come vedremo, sono
un po’ di più.
Approccio deduttivo
Il primo approccio che storicamente incontriamo è quello
deduttivo (o anche formalistico). Nasce nel 1700 quando il
latino non è più lingua franca
e diventa una lingua morta: la
lingua assume la forma di una
raccolta di regole ed eccezioni.
La didattica della lingua latina, così formata, finisce per
influenzare anche quella delle
lingue straniere.
Nell’approccio deduttivo la
lingua è intesa come lingua
scritta, per apprenderla è necessario conoscere la grammatica e le sue regole. Da questo
approccio nasce il cosiddetto
metodo grammaticale-traduttivo
le cui caratteristiche sono:
- il docente impartisce la lezione in L1 e non è tenuto
a saper parlare nella L2;
- la L2 viene usata poco,
è principalmente scritta
quindi non si sviluppano
abilità produttive;
- si affrontano precocemente testi classici della L2;
- esercizi di memorizzazione e
comprensione delle regole;
- le più tipiche tecniche didattiche sono il dettato, la
lettura e la traduzione (dalla L2 alla L1 e talvolta dalla L1 alla L2).
Cosa c’è da salvare di questo
approccio? La conoscenza
dei meccanismi della lingua
è molto importante: la grammatica aiuta a usare consapevolmente una lingua e, almeno
per certi apprendenti, è molto
importante conoscerla. Quindi questo aspetto dell’approccio deduttivo, sapientemente
miscelato con altri approcci, è
tuttora sfruttabile ed è infatti
ancora presente in molti metodi. Le tecniche glottodidattiche ad esso collegate sono
invece molto desuete.
Approccio induttivo
L’approccio induttivo o naturale nasce tra Ottocento e Novecento ad opera del linguista tedesco, poi naturalizzato
americano, Maximilian Berlitz,
il fondatore della scuola Berlitz
School of Languages. Secondo
questo approccio la lingua è un
organismo vivo e per impararla dobbiamo basarci principalmente sulla comunicazione e
sulla riproduzione del naturale processo di apprendimento
della propria lingua madre. Da
qui nascono i cosiddetti metodi diretti che sono il metodo
naturale, metodo orale e il metodo
Berlitz che prevedono:
- l’esclusione dell’uso della
L1, che quindi l’insegnante
non deve conoscere;
- le lezioni prendono spunti
da testi dialogici di sapore
informale;
- il docente ricorre alla mimica e alle figure per supportare l’insegnamento;
- l’approccio alla grammatica della L2 e alla cultura di
riferimento è induttivo; la
lingua straniera va appresa
come la lingua materna,
non ci sono spiegazioni
esplicite nemmeno per l’aspetto grammaticale;
- il docente deve essere madrelingua o avere una competenza della L2 paragonabile
a quella di un madrelingua.
N.5 - DICEMBRE 2020
È evidente che questo approccio e le sue relative metodologie sono in parte ancora
molto attuali, ad esempio la
comprensione delle regole in
modo induttivo, l’informalità
delle lezioni, l’uso della mimica e delle immagini. E soprattutto è ancora attuale l’idea
che una lingua sia un oggetto
unico, un organismo vivo e
non solo un insieme di regole
grammaticali.
Approccio strutturalistico
L’approccio
strutturalistico
nasce negli anni ‘50, ma i suoi
prodromi sono da individuare
già negli anni ‘40 proprio durante la seconda guerra mondiale, quando, dovendo insegnare le lingue in modo rapido
ed efficiente, si doveva fornire
agli studenti la capacità di sviluppare rapidamente abilità di
dialogo in diverse lingue. Uno
dei pionieri fu Leonard Bloomfield, il quale mise a punto
il cosiddetto informant method
che funziona così: un informant,
cioè un nativo, un madrelingua
insomma, fornisce agli studenti
un repertorio di frasi e di lessico
sotto la supervisione di un linguista che conduce le lezioni.
Negli anni ‘50 e ‘60 si afferma
l’approccio strutturalistico, che
poggia le sue basi sulla teoria
comportamentista di Skinner e
che si concretizza nel cosiddetto metodo audio-orale:
- il discente è una tabula rasa
sulla quale bisogna innestare
degli automatismi inconsci,
degli “abiti mentali”, delle
abitudini;
BIOGRAFIA PROFESSIONALE
Roberto Balò dirige dal 1997 l’Accademia del Giglio, scuola di lingua italiana e
arte a Firenze. Insegna italiano come lingua seconda/straniera e tiene formazioni
sull’uso delle nuove metodologie e tecnologie nella didattica dell’italiano L2/LS. Ha
pubblicato articoli sulla didattica con il blog e il wiki. Dal 2006 è direttore editoriale
di adgblog.it, testata giornalistica specializzata in didattica dell’italiano L2/LS.
9
#Roberto Balò
- il discente è esposto a una serie ininterrotta di sequenze
stimolo-risposta-rinforzo,
la cui ripetizione continua
determina un’acquisizione
meccanica di automatismi;
- le risposte vengono confermate o invalidate attraverso un “rinforzo” positivo o negativo;
- gli strumenti utilizzati
sono il registratore e il laboratorio linguistico.
Anche questo approccio ha
degli aspetti evidentemente
obsoleti, come l’uso del laboratorio linguistico, tuttavia
proporre durante una lezione,
insieme ad altri tipi di attività, esercizi di tipo stimolo-risposta può avere su alcune
tipologie di apprendenti dei
risultati sorprendentemente
positivi.
Approccio
comunicativo
L’approccio
comunicativo
che inizia a svilupparsi dagli
anni ‘60 e che tutt’oggi è in
auge, è un approccio induttivo alla cui base sta il concetto
di competenza comunicativa,
definito da Dell Hymes nel
1972. Nell’approccio comunicativo la competenza linguistica, ovvero conoscere
vocaboli e strutture, non è più
sufficiente. Per essere competenti nella lingua straniera
l’apprendente, che si ritrova
al centro dell’attenzione, deve
essere capace di utilizzare la
lingua in determinati contesti e situazioni. I suoi obiettivi
sono di sviluppare varie competenze:
- la competenza linguistica,
che si occupa di tutti gli
aspetti strettamente legati
alla lingua, come la fonetica, la morfosintassi, il lessico ecc;
10
L2elledue |
- la competenza sociolinguistica, che si occupa dell’uso
della lingua nel contesto
sociale, come le convenzioni sociali, i generi testuali, le varietà di registro
più adeguate alle diverse
situazioni;
- la competenza paralinguistica, cioè tutto ciò che sta
intorno alla lingua, come il
tono della voce, la pronuncia, gli intercalari (pause,
risate, sospiri ecc.);
- la competenza extralinguistica, ovvero i codici non
verbali come la cinesica (i
gesti, il linguaggio del corpo) e la prossemica (ovvero
la posizione del corpo nello spazio).
I manuali sono accompagnati da cd o file audio, si usano
tecnologie didattiche come il
video e negli ultimi anni anche le glottotecnologie (piattaforme internet, attività, giochi interattivi ecc.)
La lingua orale è privilegiata
rispetto a quella scritta. L’insegnante ha il ruolo di guida e
di tutor e deve presentare anche la cultura, la civiltà e le regole sociali del paese del quale
si studia la lingua.
Questo metodo è ovviamente utilissimo per sviluppare
le abilità comunicative ed è
al momento probabilmente il
più diffuso.
Nell’approccio comunicativo
la pragmatica, ovvero come e
per quali scopi la lingua viene
utilizzata, il modo in cui soddisfa esigenze e scopi comunicativi, è messa sullo stesso piano della correttezza formale.
Questo approccio afferma
anche che una lingua straniera può essere usata solo se è
conosciuta la cultura del paese straniero: lingua e cultura
sono quindi strettamente correlate tra loro.
I metodi dell’approccio comunicativo sono quello situazionale e nozionale-funzionale. La
lingua che si studia ha sempre
scopi comunicativi detti “funzioni” (salutare, presentarsi,
ordinare ecc). Si propongono quindi agli studenti delle
situazioni reali, solitamente
attraverso dialoghi, si sviluppano le abilità linguistiche
attraverso unità didattiche, si
sviluppa la comprensione globale e analitica di un testo, si
utilizzano drammatizzazioni
ed attività condotte con tecniche di tipo comunicativo
come roleplay ecc. e si fanno
riflessioni metalinguistiche.
Negli anni ‘60 nascono i cosiddetti metodi umanistico-affettivi o meglio approcci
psicoaffettivi-psicomotori che
si contrappongono all’eccessivo meccanicismo dell’approccio strutturalistico. Le teorie
di riferimento sono:
Approcci
umanistico-affettivi
- la psicologia umanistica;
- le teorie di psicodidattica;
- gli studi sull’intelligenza
emotiva;
- gli studi sull’acquisizione
linguistica in età precoce;
- il ruolo del filtro affettivo;
- la ricerca dell’ordine naturale di acquisizione della
lingua;
- l’interlingua.
I metodi che nascono da questo approccio sono il Total
Physical Response, il Silent Way,
la Suggestopedia, il Community
Counseling e il Natural Approach. Tutti questi metodi hanno
le seguenti caratteristiche:
- il discente si trova al centro
del processo di apprendimento. L’insegnante agevola l’apprendimento ma
N.5 - DICEMBRE 2020
riveste un ruolo secondario, a volte sta in disparte
come nel metodo Silent
Way dove non interviene
per il 90% della lezione;
- c’è un interesse per tutti
gli aspetti della personalità umana, non solo quelli
cognitivi, ma anche quelli
affettivi e fisici;
- l’assenza, o per lo meno la
maggior limitazione possibile di processi generatori d’ansia per abbassare
quello che Krashen chiama
“filtro affettivo” e che è in
grado di bloccare qualsiasi
forma di apprendimento.
Alcuni aspetti positivi di questi metodi sono evidenti e
nelle nostre lezioni spesso li
mettiamo in atto senza nemmeno rendercene conto: sicuramente il porre il discente
al centro del percorso di apprendimento, con tutte le sue
caratteristiche e peculiarità, è
l’innovazione più importante
di questo approccio.
In conclusione, perché non
esiste un unico approccio, e di
conseguenza un metodo efficace e universale, al quale attenersi per insegnare una lingua? Perché l’apprendimento
e l’insegnamento di una lingua
dipendono da troppe variabili,
tra cui quella fondamentale:
la relazione che ha l’apprendente con la lingua studiata.
Nessuno studente è uguale a
un altro, potrebbe essere banale dirlo, ma in realtà quando si tratta di insegnamento si
tende spesso a omogeneizzare
gli apprendenti e a proporre
loro lezioni preconfezionate.
Ogni metodo ha i suoi pro e
i suoi contro, per questo, per
ottenere dei risultati, bisogna
scegliere di ognuno gli aspetti
migliori, combinarli e adattarli agli apprendenti.
#Roberto Balò
L2elledue |
Tecniche glottodidattiche
e fasi delle UD e UdA
Roberto Balò
Q
uando organizziamo
una lezione o una serie
di lezioni, creiamo nella
nostra mente, o anche materialmente su un foglio o su un
file, una sequenza di azioni che
vengono raccolte all’interno
di strutture che chiamiamo
Unità Didattiche. L’UD è un
modello operativo suddiviso
in sei fasi che caratterizzano
lo svolgimento del processo di
apprendimento: motivazione,
globalità, analisi, sintesi, riflessione, controllo. Una UD è un
percorso che può durare poche
ore o molte lezioni a differenza
ad esempio dell’UdA che è più
breve e può durare dai trenta ai
centoventi minuti.
Cosa c’è dentro una UD? Abilità, atti comunicativi, lessico
e grammatica, cultura e civiltà. Tutto volto a sviluppare la
competenza linguistica, ovvero la capacità di produrre frasi
grammaticalmente corrette e
nuove, cioè mai sentite prima, e
la competenza comunicativa
cioè la capacità di usare tutti i
codici, verbali e non, per raggiungere i propri fini nell’ambito di un evento comunicativo.
Per raggiungere gli obiettivi
didattici usiamo le tecniche
glottodidattiche, ossia le procedure operative che vengono
utilizzate all’interno delle varie fasi delle UD. Ogni tecnica
glottodidattica attiva uno o più
processi cognitivi: non dobbiamo considerare le tecniche
come dei semplici esercizi, ma
dobbiamo pensarle come attività in cui viene richiesta la capa-
cità di usare la lingua L2 o LS
in modo creativo per risolvere
un compito.
Vediamo adesso quali tecniche didattiche è consigliato
usare all’interno delle fasi delle UD o delle UdA.
scrivono altre parole collegate
con delle linee a quella centrale.
O ancora potremo usare l’elicitazione, dove l’insegnante/facilitatore, attraverso domande
e conversazioni mirate con gli
apprendenti, elicita, cioè “tira
fuori”, “estrae” dagli apprendenti e rende esplicite le loro
conoscenze pregresse (parole,
informazioni o altro), le quali
saranno importanti per l’attività
didattica che sta per presentare.
Infine l’esplorazione delle parole chiave, tecnica usata anche
nella fase successiva, quella globale, in cui l’insegnante/facilitatore fornisce all’allievo concetti
o parole “chiave” indispensabili
alla comprensione del testo (ricordo che per testo si intende
qualsiasi materiale, testo scritto,
immagini, video ecc.)
Motivazione
Globalità
Come sostiene Paolo Balboni,
non esistono tecniche buone
o cattive: bisogna valutarle in
base alla loro efficacia rispetto
ai nostri obiettivi didattici, in
rapporto ai processi cognitivi
che sollecitano e al modo di
gestire una classe o anche un
singolo studente. È fondamentale scegliere le attività
più adatte a raggiungere gli
obiettivi fissati per ogni fase
della UD affinché l’apprendimento sia efficace ed effettivo.
Le classiche tecniche che si
usano nella prima fase, quella
della motivazione, sono quelle
utili a recuperare le conoscenze
pregresse degli studenti, a condividere le conoscenze e a fare
supposizioni e ipotesi sull’argomento che verrà affrontato. Potremo quindi sicuramente usare
il brainstorming che consiste
nell’esprimere in totale libertà
le associazioni di pensiero che
scaturiscono da un determinato tema, immagine, audio o
altro. Potremo fare anche una
costellazione o diagramma a
ragno (spidergram): alla lavagna
o su un foglio, viene scritta una
parola che sarà il corpo centrale
del diagramma, gli apprendenti, o l’insegnante/facilitatore,
attraverso associazioni di idee,
Nella seconda fase, quella della
globalità, in cui gli apprendenti
si avvicinano al testo e che è volta a comprendere l’argomento
in generale, nella sua globalità
appunto, usiamo tecniche come
le domande vero/falso, sì/no o
a scelta multipla, attività di riordino, ad esempio riordinare
cronologicamente parole, frasi,
paragrafi, immagini, battute di
un dialogo ecc. Possiamo anche
usare l’abbinamento che consiste nell’accoppiare tra loro
elementi diversi, ad esempio
un’immagine al suo nome, una
parola alla sua definizione ecc.
Nel caso di un testo scritto possiamo attuare la tecnica dello
skimming, o lettura orientativa, che è una lettura veloce alla
ricerca degli elementi princi-
N.5 - DICEMBRE 2020
pali del testo che possano darci
un’idea dell’argomento: spesso
questi elementi sono evidenziati con grassetti o titoli di
paragrafi o altri elementi grafici che li indichino. Un’altra
tecnica della fase globale è il
dettato-cloze in cui gli studenti
ascoltano il testo e trascrivono
solo le parole che sono state
cancellate dal testo. L’ascolto di
canzoni con il testo bucato può
rientrare in questa tecnica.
Analisi
Nella fase di analisi, in cui gli
apprendenti approfondiscono
nei particolari la conoscenza
del testo, esplorano il lessico,
la morfosintassi, comprendono i modelli culturali ecc.,
le tecniche più indicate sono
l’incastro in cui si devono inserire parole, frasi, battute di
un dialogo all’interno di un
testo; l’esclusione che consiste nel riconoscere l’elemento
estraneo all’interno di un insieme che contenga elementi
con caratteristiche comuni o
il suo contrario, l’inclusione,
in cui alcuni elementi del testo
caratterizzati da tratti comuni
vengono raggruppati: si possono ad esempio creare insiemi di
verbi ad un determinato tempo,
di aggettivi, di nomi al singolare
ecc. Utile per l’apprendimento
delle regolarità grammaticali è
il completamento di griglie
che consiste nel proporre una
tabella, parzialmente completata, con variabili nelle colonne e
nelle righe: l’apprendente deve
ultimare il completamento.
Una delle tecniche più comuni
volte a verificare le competenze dell’apprendente è quella
del cloze facilitato e mirato: nel
cloze facilitato si danno delle
parole in ordine sparso da inserire nel testo. Di solito le parole da inserire, che sono state
cancellate dal testo, sono degli
elementi caratterizzati da tratti
11
#Roberto Balò
comuni come ad esempio i pronomi, gli articoli ecc.: in questo
caso si parla di cloze mirato.
Una tecnica al momento un
po’ in disuso, ma che potrebbe
essere utile con determinate tipologie di apprendenti, è il dettato, da utilizzare però sempre
contestualmente a ciò che stiamo imparando: se ad esempio
il nostro argomento è il supermercato, potremmo dettare,
o far dettare dagli studenti (in
questo caso si parla di dettato
al contrario) la lista della spesa.
Sintesi
Nella fase di sintesi, il cui
scopo è fissare le forme e le
strutture morfosintattiche e il
lessico, vengono tipicamente
usate attività di simulazione
che promuovono l’autonomia nella produzione orale
come la drammatizzazione,
il role-making, role-taking
e roleplay che consistono nel
recitare un testo a memoria,
leggendolo o più o meno improvvisandolo. Il testo è soli-
12
L2elledue |
tamente preparato dagli stessi
apprendenti, facendo particolare attenzione agli aspetti fonetico-fonologici,
gestuali,
prossemici ecc. Per fissare certi atti comunicativi o strutture
grammaticali, tecniche molto
utili in questa fase sono i dialoghi a catena: l’apprendente
pone una domanda, un compagno risponde e rilancia la domanda allo stesso compagno
o a un altro. Utili sono anche
i pattern drill, ovvero esercizi
di risposta a stimoli linguistici
volti ad automatizzare le abitudini linguistiche attraverso
la ripetizione delle strutture.
Sempre in questa fase, ma può
essere usata anche nella precedente di analisi, è spesso usata
la manipolazione o trasformazione, tecnica per la modificazione di strutture linguistiche che operano di solito solo
sull’aspetto morfosintattico. In
pratica sono quelle attività che
hanno consegne del tipo: Volgi
le frasi al plurale oppure Coniuga
i verbi alla 3a persona dell’impe-
rativo, e così via. Possiamo usare anche le domande aperte,
sia orali che scritte e le composizioni scritte di testi affini
a quelli studiati, che possono
essere libere, se usate nei livelli più alti, o guidate mediante
l’uso di indicazioni, domande,
griglie o altro per i livelli più
bassi. Per la fissazione del lessico si usano anche cruciverba
e giochi enigmistici.
Riflessione
Nella fase di riflessione, in
cui gli apprendenti approfondiscono l’argomento usando
tutte le conoscenze e le abilità
acquisite durante le fasi precedenti, si tende ad ampliare le
conoscenze sociolinguistiche,
interculturali e a contrastare
gli stereotipi. In questa fase
possiamo e dobbiamo anche
uscire dalla struttura della
UD: oltre alle tecniche incontrate nelle due fasi precedenti,
possiamo usare la caccia al
tesoro su internet (webquest)
cioè la ricerca, solitamente
N.5 - DICEMBRE 2020
guidata attraverso domande
con le indicazioni di siti dove
effettuare le ricerche, di informazioni, immagini, testi
e quant’altro; possiamo fare
giochi di società; attività di
transcodificazione cioè la
traduzione di un messaggio da
un codice a un altro, ad esempio dall’ascolto o lettura di un
testo si fanno dei disegni delle
informazioni che se ne ricavano oppure mimare ciò che
si ascolta o si legge, seguire il
percorso su una cartina ecc.
Controllo
Nella fase di controllo si verifica il raggiungimento degli
obiettivi didattici, le competenze linguistiche e comunicative. Le tecniche usate sono le
stesse delle altre fasi, vero/falso, griglie, cloze, incastri, cruciverba, domande aperte e composizioni scritte e orali. Nella
fase di verifica è raccomandabile non usare tecniche diverse
da quelle usate nella UD.
#Alessandro Borri
L2elledue |
L’insegnamento ad adulti migranti
Alessandro Borri
S
alve a tutte e a tutti, sono
Alessandro Borri, docente di Italiano presso
il CPIA Montagna di Castel
di Casio. Oggi affronteremo il
tema dell’insegnamento dell’Italiano L2 ad adulti stranieri,
ponendo attenzione al contesto e ai destinatari delle azioni
di insegnamento e ad alcune
specificità di apprendimento
proprie dell’età adulta. Per facilitare questa trattazione farò
riferimento ad una serie di domande stimolo.
Quanti sono gli
stranieri in Italia
oggi?
Alla data odierna in Italia sono
residenti più 5 milioni di stranieri (pari all’8,8% della popolazione), di cui circa 3.874.000
non comunitari, provenienti
da 194 paesi, con quasi analoga
presenza di donne e di uomini.
Sono più di 130 le lingue parlate dagli immigrati con notevoli
differenze nel comportamento linguistico; secondo una
recente indagine dell’ISTAT,
l’Istituto nazionale di statistica,
il 4,5% degli stranieri dichiara
l’italiano propria lingua madre:
si tratta in generale di persone
nate in Italia o giunte prima
dei 6 anni; tra i minorenni è di
madrelingua italiana uno straniero su quattro.
L’indagine fa emergere, inoltre, che l’italiano è parlato in
famiglia dal 38,5% degli stranieri; sembra essere riaffermato il prevalere di un modello di
interazione spesso asimmetrico nel quale i genitori, soprattutto i padri, si rivolgono ai
figli in L1, mentre i secondi si
rivolgono in italiano. Sempre
secondo l’indagine, il 63,8%
degli intervistati dichiara di
non avere difficoltà nella comprensione, il 62,5% di riuscire
a esprimersi, il 50,2% di non
avere difficoltà a leggere in
italiano, il 41,6% a scrivere.
Tuttavia, metà degli stranieri
entrati in Italia da adulti manifesta difficoltà a comprendere
e parlare l’italiano (rispettivamente il 52,2% e il 55%), con
notevoli variazioni in relazione
alla provenienza. A fronte di
questa complessa ed eterogenea situazione, solo il 17,2%
dei maggiorenni ha frequentato o frequenta un corso di italiano; spesso la partecipazione
ad attività formative è associato al grado di istruzione: tra i
laureati, il 28,6% ha seguito
un corso a fronte del 13,4%
tra quanti non hanno nessun
titolo di studio. I dati forniti
sembrano quindi confermare
che l’immigrato adulto apprende la lingua italiana perlopiù in ambiente naturale più
che in attività formative, attraverso le interazioni con i parlanti nativi o con l’esposizione
ai testi scritti, facendo ricorso
alle diverse lingue (lingua italiana, lingua di origine, repertori linguistici di scambio…) in
relazione a una molteplicità di
fattori: i domini e le situazioni
affrontate, le strategie individuali di inserimento, i contesti
e gli interlocutori della comunicazione, evidenziando così
situazioni di plurilinguismo.
Il quadro sulla presenza dei
cittadini stranieri diventa più
completo se a questi vengono
aggiunti i dati relativi a profughi, rifugiati e richiedenti
asilo, il cui numero è cresciuto
negli anni a causa del clima di
incertezza sociopolitica che ha
riguardato ampie zone dell’Africa sub sahariana e del Nord
e del Vicino Oriente. Basti
pensare che nel solo 2016,
123.000 sono state le richieste
di asilo, il 47% in più rispetto al 2015, inoltrate perlopiù
da cittadini della Nigeria, del
Pakistan, del Gambia, del Senegal e dell’Eritrea.
Sembra, quindi, comprovato
anche per l’Italia il carattere
di super-diversità, coniato per
descrivere la complessità delle identità e delle interazioni
nelle società contemporanee.
La diversità etnica, sociale,
economica, di status giuridico, ma anche di stili di vita, atteggiamenti e comportamenti
sono, infatti, i tratti distintivi
per definire le recenti realtà
migratorie.
N.5 - DICEMBRE 2020
di entrare nella nuova realtà
di arrivo. L’imparare la nuova
lingua è spesso supportato sia
da motivazioni riconducibili al desiderio di una propria
crescita personale e a interessi culturali sia da motivazioni
derivate da esigenze di ordine
lavorativo o di integrazione
sociale. È necessario, quindi,
oltrepassare l’immagine di
una lingua della sopravvivenza per giungere allo sviluppo
di competenze linguistiche e
comunicative che permettano ad ognuno di esprimere
i propri desideri, le proprie
necessità, la possibilità di un
totale inserimento nel mondo
sociale e professionale. La lingua diventa quindi una chiave d’accesso indispensabile a
rapporti qualificati e significativi all’interno della nuova società d’arrivo, il “passaporto”
insostituibile per degli scambi
interculturali autentici e significativi.
In quale cornice
si inserisce
l’insegnamento
Quali sono i bisogni di una L2 ad
degli apprendenti
apprendenti adulti?
La cornice teorico-metodolostranieri in Italia?
Fin dall’arrivo in Italia, lo
straniero presenta una serie di bisogni: una casa, un
lavoro, una stabilizzazione
dei documenti di ingresso o
permanenza. Al contempo
manifesta dei bisogni culturali e formativi. Ha necessità
di comunicare, di capire e di
essere capito, di orientarsi in
una realtà che ha delle caratteristiche specifiche, insomma
gica generale, che è alla base
dell’insegnamento dell’Italiano L2, è quella elaborata nel
2001, dopo anni di lavoro e di
ricerca, dal Consiglio d’Europa nel Quadro Comune Europeo di Riferimento per le
Lingue e nei successivi documenti che ne esplicitano temi
di studio (descrittori di competenza, ambiti…) e tecniche
di insegnamento, in relazione
BIOGRAFIA PROFESSIONALE
Alessandro Borri, insegna italiano, storia e geografia presso il CPIA (Centro Provinciale Istruzione per Adulti) Montagna di Castel di Casio (BO). Ha maturato esperienza
come coordinatore di progetti nazionali ed europei per l’insegnamento ad adulti. È
autore e coautore di materiali di lingua italiana per stranieri nei campi dell’insegnamento per lo studio, multimediale e a distanza.
13
#Alessandro Borri
ai profili, ai domini, ai destinatari e agli usi della lingua.
L’attenzione posta dai teorici
del Consiglio d’Europa alla
lingua in uso per realizzare atti
essenzialmente sociali, porta
di conseguenza alla centralità
della competenza linguistico-comunicativa, intesa come
integrazione di più competenze – quelle pragmatiche,
sociolinguistiche e linguistiche – distanziandosi così dallo
studio e dalle descrizioni delle
singole strutture della lingua
come prevedevano gli approcci
tradizionali. È da questa nuova
visione e dall’ambizione uniformatrice che anima l’intero
progetto del Consiglio d’Europa, che gli estensori del Quadro hanno fornito una base
comune per l’elaborazione dei
programmi, curricoli, esami e
materiali didattici per le lingue
moderne europee, inoltre hanno definito livelli di competenza che permettono di misurare
e valutare la progressione nello studio e nell’apprendimento
linguistico.
Esiste una
specificità
nell’insegnamento
agli adulti?
Il riferimento all’Educazione
degli Adulti, intesa come disciplina che propone approcci
metodologici in linea con le
caratteristiche dell’essere adulto che apprende, è diventato
essenziale anche nell’insegnamento linguistico. Alcune direttrici sono ormai ampiamente consolidate nella didattica
dell’italiano L2, fra queste il
radicamento dell’insegnamento all’esperienza del soggetto,
l’attenzione al bagaglio di conoscenze e competenze pregresse acquisite anche di fuori
delle attività formative. A livello teorico il lungo dibattito sul
ruolo e l’identità dell’adulto
14
L2elledue |
hanno portato a superare la
visione dell’adultità come fase
terminale di sviluppo. Le trasformazioni socioeconomiche
e culturali hanno evidenziato
la problematicità e complessità dell’essere adulto e messo
in crisi la visione delle teorie
“stadiali”, secondo le quali lo
sviluppo umano è un susseguirsi di periodi contrassegnati
da precise abilità affettive, relazionali, e sociali. L’età adulta
non è, quindi, più percepita
come fase caratterizzata da
stabilità e continuità nelle condizioni di vita, nell’affettività
e nella professionalità. Come
ricorda Duccio Demetrio, il
concetto di adulto è di fatto
caratterizzato da instabilità
temporale e geografica. Questa nuova visione permette
all’individuo di rispondere alle
costanti mutazioni della realtà
in maniera più personale e di
fissare «i parametri della propria età psicologica». È su tale
orizzonte di senso che si colloca la teoria andragogica di
Malcom Knowles, secondo cui
l’apprendimento adulto, presenta tratti caratteristici ben
diversi dal bambino e dall’adolescente. L’adulto che apprende è intenzionato a riprendere
un percorso formativo solo se
ne percepisce il senso e l’utilità
(la motivazione), se partecipa
alla definizione e negoziazione degli obiettivi (il concetto
di sé), se individua legami con
la vita reale (l’orientamento verso l’apprendimento) e
l’esperienza di cui è portatore (l’influenza dell’esperienza precedente). Valorizzare e
capitalizzare le esperienze di
vita dell’apprendente garantisce, infatti, la disponibilità
dell’adulto all’apprendimento,
anche quello linguistico, che
di solito è legato a motivazioni intrinseche, quali il raggiungimento di una maggiore
autonomia, una realizzazione
in ambito professionale o sociale, un miglioramento delle
qualità di vita, una risposta ad
un’incongruenza avvertita tra
biografia del soggetto ed esperienza vissuta, come ben sottolineato da Peter Jarvis. Diversi
fattori neurobiologici e cognitivi influiscono sull’apprendimento linguistico dell’adulto.
Uno dei fattori che agisce più
in profondità è senz’altro la
plasticità cerebrale che è massima fino all’età di otto o nove
anni e che permette ai bambini
di raggiungere una padronanza della L2 a livello dei parlanti
nativi. Recenti ricerche in ambito neurobiologico hanno in
parte sfumato i contorni della
discussione e dimostrato che
anche l’adulto, se stimolato,
può raggiungere ottimi risultati facendo «affidamento su
un apprendimento esplicito,
su strategie di tipo pragmatico e contestuale e su piani
di risoluzione di problemi di
N.5 - DICEMBRE 2020
ordine generale, non strettamente linguistici». Accanto a
fattori neurobiologici sono da
considerare elementi di ordine psicologico, legati alla personalità, alla predisposizione
all’interazione e alle esperienze formative passate, di ordine
psico-sociale, come la quantità
e la qualità dell’input e la motivazione, di ordine linguistico,
quali la distanza tipologica tra
le lingue. Nell’insegnamento
della L2 risultano, pertanto,
efficaci quegli approcci che
hanno trovato una sistematizzazione nell’apprendimento
significativo. Oggetto di riflessione da parte di studiosi provenienti da ambiti disciplinari
differenti, esso si qualifica per
essere orientato verso la realtà
extrascolastica, per il coinvolgimento del soggetto nella sua
globalità e nella pluralità dei
suoi ruoli e compiti sociali, per
la continua ristrutturazione del
sapere alla luce di nuove informazioni apprese.
#Claudia Manetti
L2elledue |
Interlingua e apprendimento
di Claudia Manetti
S
econdo la definizione
di Larry Selinker del
1972 (trad. it. Arcaini e
Py, 1984) l’interlingua è “un
sistema linguistico a sé stante
[...] che risulta dal tentativo di
produzione da parte dell’apprendente di una norma della
LO [lingua obiettivo, lingua
target].” Come afferma Selinker, l’interlingua è un sistema
linguistico che si sviluppa nel
momento in cui una persona
sta apprendendo un’altra lingua, che viene denominata lingua obiettivo o target. Ovvero,
l’interlingua è la lingua di chi
apprende.
Il concetto di interlingua è
un concetto chiave nell’ambito della linguistica acquisizionale ma anche della glottodidattica in quanto, se da
una parte ci aiuta a osservare
il processo di apprendimento
della lingua seconda, dall’altra ci guida nella pratica didattica. I fattori che determinano l’interlingua sono
molteplici, per esempio a) la
L1 che può interferire sulla
lingua seconda, questo fenomeno si chiama ‘transfer’; b)
principi linguistici universali
che emergono nell’interlingua indipendentemente dalla
L1; c) strategie con le quali
l’apprendente usa al meglio i
mezzi linguistici a disposizione per comunicare.
È importante porre l’accento
sul carattere transitorio e sulla
variabilità dell’interlingua, che
si sviluppa nel tempo e cambia
in base a vari fattori, sia interni che esterni all’apprendente.
L’interlingua, nei vari livelli di
competenza linguistica e comunicativa, da quello iniziale
a quello avanzato, comprende quindi elementi che sono
quelli della L2 (lingua target)
ma anche elementi che divergono dalla lingua target e
che comunemente chiamiamo
‘errori’. A differenza dell’acquisizione della prima lingua,
in cui i bambini con facilità
acquisiscono la morfosintassi,
sappiamo che in una seconda
lingua l’apprendimento della
morfosintassi può creare difficoltà, per esempio nell’uso
«L’interlingua è
la lingua di chi
apprende.
È un concetto
chiave nell’ambito
della linguistica
acquisizionale
ma anche della
glottodidattica»
della morfologia nominale o
verbale, nell’accordo morfosintattico, nell’uso di elementi
funzionali come gli articoli,
i pronomi o le preposizioni.
Quelli che chiamiamo errori,
in realtà, sono spie che mettono in evidenza il sistema
linguistico in divenire e che
costituiscono possibilità strutturali che la nostra grammatica mentale mette a disposizione, tanto che le strutture
non-target in una data lingua
possono essere possibilità attestate in altre lingue.
L’insegnante facilitatore può
quindi osservare, sia nella
scrittura che nell’oralità, questi elementi non-target che
forniscono informazioni preziose sull’apprendimento in
corso, nonché spunti e idee
per pianificare la pratica didattica attraverso attività mirate e
un input adeguato, finalizzati
a facilitare l’apprendimento.
Questo mi dà l’opportunità di
aprire una breve parentesi sulla
differenza tra processi impliciti
ed espliciti nell’apprendimento della lingua: è fondamentale
essere consapevoli, in quanto
facilitatori, che la conoscenza
esplicita di una data regola non
corrisponde necessariamente
alla competenza, che è implicita e profonda. Per capire la differenza tra esplicito e implicito
ci viene in aiuto la distinzione
tra memoria dichiarativa (quello che sappiamo) e memoria
procedurale (quello che sappiamo fare): una cosa è sapere/
conoscere la regola, un’altra
cosa è acquisirla ovvero usarla
e automatizzarla. L’acquisizione della lingua avviene attraverso l’ascolto e l’uso della lingua, ovvero in modo implicito.
In classe, oltre a proporre input adeguato e attività rilevanti per praticare la lingua e per
facilitarne l’apprendimento,
possiamo aggiungere un livello esplicito di analisi attraverso la riflessione sulla lingua
N.5 - DICEMBRE 2020
fornendo all’apprendente altri
strumenti, attraverso i quali
si vanno a evidenziare alcuni
aspetti della lingua seconda o
dell’interlingua. Ricordiamoci
quindi che sapere le regole non
corrisponde necessariamente
ad averle acquisite. Per approfondire i vantaggi della riflessione metalinguistica in classe,
vi consiglio di vedere il video
di presentazione del libro Fare
Grammatica di Alan Pona.
M GUARDA IL VIDEO
Tornando al nostro discorso
sull’interlingua, l’insegnante può anche avanzare delle
ipotesi sulle caratteristiche
dell’interlingua: a tal proposito è fondamentale ricordare,
come abbiamo detto prima,
che sono molti i fattori che
interagiscono nel determinare
il processo di apprendimento,
per esempio la L1, le caratteristiche della L2, e principi
che dipendono dalla nostra facoltà del linguaggio, ecc. Per
questo vi consiglio di adottare
un atteggiamento esplorativo
quando ascoltate e osservate gli apprendenti, senza per
forza arrivare a conclusioni
rigide sugli aspetti non-target
dell’interlingua, visti i tanti
fattori che concorrono all’apprendimento.
Sappiamo che l’apprendimento consiste inevitabilmente di
errori: l’analisi della lingua
dell’apprendente serve quindi
BIOGRAFIA PROFESSIONALE
Claudia Manetti, dottore di ricerca in scienze cognitive con specializzazione in
linguistica, si occupa di acquisizione dell’italiano come prima e seconda lingua.
Insegna lingua spagnola in una scuola secondaria di primo grado a Firenze.
Dal 2014 ha collaborato con l’Università degli Studi di Siena come assegnista di
ricerca e docente a contratto di Fondamenti di linguistica.
Collabora con enti e associazioni in qualità di formatrice di docenti e operatori
nell’ambito dell’apprendimento e insegnamento dell’italiano (L1 e L2) e del plurilinguismo.
Ha lavorato come insegnante/facilitatrice dell’italiano L2 nella scuola, primaria e
secondaria, e con apprendenti adulti.
15
#Claudia Manetti
a notare gli elementi target e
non target, in un’ottica costruttiva. Che cosa vuol dire
questo? Vuol dire che l’insegnante può stimolare la riflessione metalinguistica intorno
all’errore, con l’obiettivo di
far riflettere sia sulla forma
della lingua ma anche sulle
ripercussioni che possono esserci a livello comunicativo.
Vorrei inoltre sottolineare che
è importante trattare l’errore
in modo diverso a seconda
della situazione di apprendimento. È sì importante fornire feedback correttivi espliciti,
«L’apprendimento
consiste
inevitabilmente
di errori: l’analisi
della lingua
dell’apprendente
serve quindi a
notare gli elementi
target e non
target, in un’ottica
costruttiva»
ma solo se la cornice comunicativa e didattica è adeguata:
per esempio, è sconsigliato
interrompere l’apprendente
in un momento in cui si sta
esprimendo e sta quindi producendo lingua, perché correggere significherebbe spezzare e incrinare lo scambio
comunicativo e l’interazione.
In questo caso è importante
concentrarsi sul messaggio e
sul contenuto piuttosto che
sulla forma. Invece, è consigliabile proporre la correzione o l’autocorrezione se
la cornice condivisa prevede
un’attività in cui ci si focalizza sulla forma della lingua, e
in questo caso sia l’insegnante
16
L2elledue |
che gli apprendenti hanno entrambi l’obiettivo di praticare
e rinforzare le forme target.
Vi illustro attraverso alcuni
esempi come possiamo trattare l’errore nel contesto classe.
Nel caso di un’attività di brainstorming, per esempio nella
fase iniziale dell’unità didattica, il facilitatore guida e facilita la discussione attraverso
la formulazione di domande
chiave di elicitazione: l’obiettivo è quello di far emergere
le competenze pregresse e
quindi è importante ascoltare
e osservare quello che gli apprendenti sanno fare con la
lingua senza correggerli o interromperli, perché è proprio
grazie all’osservazione che avviene durante il brainstorming
che posso calibrare al meglio
le fasi successive dell’unità didattica.
Anche nel caso di un’attività
orale in cui la classe discute
intorno a un tema, per esempio, argomentando a favore o
contro, l’insegnante osserva le
competenze lasciando che gli
apprendenti pratichino la produzione orale. Nei momenti
in cui l’insegnante interagisce con gli apprendenti, come
spiegato prima, è importante
dare la priorità al contenuto piuttosto che alla forma:
quando l’insegnante ascolta gli
apprendenti può intanto registrare mentalmente gli aspetti
target e non target dell’interlingua, su cui eventualmente
potrà focalizzarsi in un secondo momento, in maniera
esplicita. Inoltre, è importante
che il facilitatore interloquisca
con gli apprendenti in modo
naturale, usando la lingua
target: se l’apprendente produce, per esempio, un errore nell’accordo da soggetto e
verbo (es. io fa), il facilitatore
osserva questo aspetto e durante l’interazione cercherà di
riproporre la forma target (es.
io faccio), all’interno di uno
scambio comunicativo autentico ed ecologico, fornendo
così un feedback implicito della
forma target.
Per finire, in un contesto in
cui la classe sta esercitandosi nell’uso di un determinato aspetto grammaticale, per
esempio l’uso dei pronomi
clitici o della morfologia verbale, allora l’obiettivo è concentrarsi sulla corretta forma
delle frasi: dunque in questo
caso l’errore viene fatto nota-
N.5 - DICEMBRE 2020
re, utilizzando una modalità
di correzione o autocorrezione. Per esempio, durante un
roleplay guidato in cui gli apprendenti mettono in pratica
una determinata struttura, è
importante che si cerchi di
praticare l’uso target di tale
struttura. In questa situazione, rispettando lo svolgimento dell’attività, il facilitatore
può intervenire facendo notare l’errore, per esempio,
attraverso una correzione
esplicita o una riformulazione della forma target.
RIFERIMENTI BIBLIOGRAFICI
• Arcaini E., Py B. (1984), Interlingua. Aspetti teorici e implicazioni didattiche, istituto
della Enciclopedia Italiana, Roma.
• Pona A. (2020), Il nuovo fare grammatica. Quaderno di italiano L2 dal livello A1 al C1,
Bergamo, Sestante Edizioni.
• Selinker L. (1972), “Interlanguage”, International Review of Applied Linguistics in Language Teaching, 10: 209-231, (trad. it. in Arcaini, Py, 1984).
#Roberto Balò
L2elledue |
Materiale autentico o artificiale?
Roberto Balò
In questa breve lezione illustreremo cos’è il materiale
autentico, come si differenzia da quello artificiale
e come e perché usarlo in classe
Cos’è il materiale
autentico?
È tutto ciò che troviamo intorno a noi, su internet, su un
giornale, per strada; può essere un brano di un libro, una
canzone, un film di Sorrentino. Gli oggetti che portiamo
in classe per l’attività didattica, come un volantino pubblicitario o un biglietto del treno, sono chiamati realia.
La caratteristica che lo distingue dal materiale artificiale
è il fatto di essere creato per
i madrelingua, quindi non
nasce per un precipuo scopo
didattico: lo scopo didattico
viene dopo, nel momento in
cui decidiamo di usare il materiale autentico per insegnare
ai nostri studenti.
Cos’è il materiale
artificiale?
Il materiale non-autentico, che
io chiamo “artificiale”, o, come
ambiguamente viene chiamato
in glottodidattica, materiale
didattico o didattizzato, è quello
che si trova nei manuali di italiano per stranieri, soprattutto
nei primi livelli: sono i testi e
i dialoghi costruiti “a tavolino”
per sottolineare alcuni aspetti
della lingua (lessicali, grammaticali o morfosintattici).
Solitamente materiale didattico più semplice o comunque
semplificato: vi si usano solo
certi termini lessicali e si usano tempi e modi grammaticali
che gli studenti conoscono già
o devono apprendere attraverso quel preciso testo.
Come, quando e
perché usare il
materiale autentico
o quello artificiale
La questione non è essere pro
o contro un tipo di materiale;
io, ad esempio, non sono sfavorevole all’uso di materiale
artificiale, ne faccio uso, specialmente con alcuni profili
specifici di apprendenti, semplificando testi tratti dal web
e manipolandoli per costruire
esercizi e attività. Anche nel
momento in cui lavoro su un
video e ne estraggo una parte specifica per raggiungere
i miei obiettivi sto didattizzando e quindi facilitando
l’apprendimento. Tuttavia, sia
dagli studi ufficiali, sia dalla
mia esperienza, il materiale
autentico è solitamente più
apprezzato e gradito dagli
studenti e analizzare un evento comunicativo “autentico”
viene accolto con entusiasmo;
mentre con i materiali artificiali si hanno a volte reazioni
di noia, senso del ridicolo e
addirittura rifiuto.
Il dibattito su cosa sia effettivamente considerato materiale autentico è ancora in corso:
pensate a questo, se io prendo
un articolo di Michele Serra,
so che questo articolo è stato
scritto per un preciso pubblico, sono state usate certe
parole e specifiche strutture
morfosintattiche per interagire in un contesto socio-culturale “autentico” ovvero reale. Se io questo articolo lo
uso in una classe di studenti
L2 o addirittura LS, lo sto in
un certo senso manipolando,
perché lo sto sfruttando in
un contesto socio-culturale
“non autentico”, ovvero la situazione in cui mi trovo non
sarebbe “reale”. Oppure se io
invento un testo pensato per
la mia classe di livello A2 in
cui descrivo ciò che Mario ha
fatto ieri, cercando di usare
l’imperfetto e il passato prossimo, secondo alcuni studiosi
sarebbe comunque materiale
autentico poiché il mio testo
è stato pensato per un preciso
contesto socio-culturale e con
obiettivi specifici. In pratica,
alcuni glottodidatti sostengono che il materiale autentico
non esiste oppure che tutto è
materiale autentico.
Quello che dobbiamo fare è
usare un tipo di materiale o
l’altro a seconda di chi ci troviamo davanti, delle necessità
e dei bisogni didattici dei nostri studenti. Se possibile, tuttavia, io prediligo il materiale
autentico o una sua didattizzazione: questo perché, oltre
ad essere recepito positivamente, presenta la lingua straniera in un contesto preciso,
e “tale contestualizzazione”,
come dice Paola Begotti, “fa
aumentare la comprensione
del messaggio e quindi innalza
la motivazione, illustra diversi
modelli di lingua orale e scritta e diverse variazioni sociolinguistiche secondo il mezzo
utilizzato, il registro, la classe
N.5 - DICEMBRE 2020
sociale e la provenienza geografica degli interlocutori”.
L’obiezione che sorge spontanea all’uso del materiale
autentico è il fatto che possa
essere troppo difficile per gli
studenti e che ingeneri frustrazione. Qui entra in gioco l’insegnante che non è un
mero somministratore di materiali, ma un vero e proprio
facilitatore che sceglie il materiale adatto al proprio contesto scolastico, ai bisogni e
alle necessità degli studenti,
seguendo i loro gusti, le loro
inclinazioni e soprattutto le
diverse modalità di apprendimento. L’insegnante/facilitatore spiegherà gli obiettivi
dell’uso di quel determinato
materiale, lo contestualizzerà,
predisporrà delle attività motivazionali e preparatorie prima di somministrarlo, creerà
un’atmosfera piacevole e di
fiducia all’interno del gruppo classe, e soprattutto spiegherà che non è necessario
comprendere il testo al 100%:
citando Christopher Humphries, “se lavoriamo su un
testo scritto, l’obiettivo non è
capire il testo ma sviluppare la
capacità di capire il testo. Gli
studenti non sono tenuti a capire, piuttosto vanno esposti
all’input, con un atteggiamento sereno, come se stessero
ascoltando una musica.”
Sicuramente sottoporre un
articolo dell’Huffington Post
ad uno studente di livello A1
non sarà una buona idea, ma
se dello stesso materiale ne
prendiamo solo un frammento, ad esempio il titolo, e lo
inseriamo in una Unità di Lavoro, non vi sarà alcuna controindicazione ad usarlo. Teniamo anche presente che in
un gruppo-classe il livello di
conoscenza della lingua non è
17
#Alan Pona
quasi mai omogeneo, ovvero
ci può essere chi ha un buon
livello di comprensione, ma
oralmente si trova in difficoltà, per cui, secondo me, non
c’è una linea netta che separi
l’uso del materiale autentico
da quello artificiale. Valutiamo quindi bene il livello di
qualsiasi materiale: se proponiamo un’attività troppo facile lo studente probabilmente
si annoierà, sentirà di perder
tempo e il suo livello di attenzione calerà; parimenti,
L2elledue |
anche con una troppo difficile
avremo simili effetti, ovvero
lo studente nel migliore dei
casi si annoierà, nel peggiore
si sentirà frustrato.
Trovare o creare del materiale,
autentico o artificiale, che sia
perfetto per il livello a cui insegniamo è molto difficile. Di
solito è consigliabile tarare il livello del materiale verso l’alto:
in fondo ci siete voi ad aiutare
e se vi accorgete che qualcosa
è troppo difficile potete immediatamente intervenire agevo-
lando l’apprendimento. Se ad
esempio vi rendete conto che
c’è una parola che gli studenti
non conoscono e che è importante per la comprensione del
testo, sarete voi a spiegarla. La
volta successiva, in cui riproporrete a un altro gruppo lo
stesso materiale, avrete cura di
inserire la spiegazione di quella parola prima della lettura del
testo oppure di aggiungerla a
un piccolo glossario.
In conclusione vorrei sottolineare il fatto che non dobbia-
La semplificazione, rielaborazione
e riorganizzazione dei testi
Alan Pona
Questo breve contributo illustrerà una strategia molto
importante quando facciamo didattica dell’italiano L2
e in italiano L2: la semplificazione, rielaborazione e
riorganizzazione dei testi, cioè la redazione di testi
ad alta accessibilità per apprendenti italiano L2.
Premesse
Qui di seguito farò delle premesse terminologiche che ci
permetteranno di comprendere al meglio le successive
proposte didattiche.
Lo studioso canadese Jim
Cummins introduce nel 1979
la distinzione tra CALP (Cognitive Academic Language
Proficiency) e BICS (Basic Interpersonal Communication
Skills), sottolineando quanto
siano diversi i tempi per il raggiungimento di queste competenze ed abilità: da 6 mesi fino a
2 anni circa per il possesso delle
competenze e delle abilità comunicative di base, 5/7 anni per
la padronanza della lingua legata ad operazioni cognitivamen-
18
te complesse. La CALP non è
solo una lingua, ma è costituita
da un insieme di varietà linguistiche, di tecniche, di strategie
e, infine, di abilità specifiche,
linguistiche e cognitive.
Definiamo microlingua la varietà di lingua che gli specialisti di un settore scientifico
o professionale usano per ottenere chiarezza e per essere
identificati come membri del
settore specifico. Le microlingue hanno caratteristiche
linguistiche diverse rispetto
alla comunicazione di base e
le une rispetto alle altre.
Quando facciamo didattica
dell’italiano L2 e in italiano
L2, possiamo scegliere di approcciare un testo autentico,
una presentazione con lessico
microlinguistico redatta per
italofoni o un manuale, per
esempio scolastico, scegliendo
diverse strategie.
La facilitazione
linguistica e degli
apprendimenti
Usiamo il termine facilitazione
linguistica e degli apprendimenti
per riferirci a tutta una serie di
strategie, tecniche e attività che
favoriscono la comprensione
dei testi: il testo è presentato
nella sua veste originaria (il
testo autentico, il manuale di
studio, le slide e i quiz/test per
l’esame per la patente di guida
o per l’HACCP, per esempio)
e l’insegnante/facilitatore lin-
N.5 - DICEMBRE 2020
mo avere paura ad usare materiale autentico in classe, anche
nei livelli iniziali: valutiamo
bene il tipo di materiale e chi
abbiamo di fronte, facilitiamo,
agevoliamo l’apprendimento
e sfruttiamo tutte le occasioni
che i nostri studenti ci danno.
Ricordiamoci che insegnare
non è una sfida tra insegnante e studente, ma un’alleanza
per raggiungere un obiettivo
comune, in questo caso l’apprendimento di una lingua
straniera.
guistico stimola il gruppo-classe con immagini, evidenziazioni, gesti, col supporto di altri
testi (video, audio-video, iconici etc.) e con attività di lavoro
sul testo stesso perché questo
venga compreso.
La semplificazione,
rielaborazione e
riorganizzazione dei
testi
La semplificazione, rielaborazione e riorganizzazione dei testi è
la riformulazione del testo in
microlingua in un linguaggio
più vicino alla comunicazione
di base, con una rielaborazione del testo che ne aumenti
la comprensibilità tramite ridondanza e secondo un’organizzazione logico-concettuale
che ne faciliti l’elaborazione
cognitiva e la comprensione.
Non sottovaluto affatto l’efficacia delle strategie, tecniche
e attività che caratterizzano
la facilitazione linguistica e
degli apprendimenti, questa
parte centrale della mia lezione voglio dedicarla, però, alla
semplificazione, rielaborazione e riorganizzazione dei testi
nell’ottica dell’alta accessibilità per apprendenti italiano
#Alan Pona
L2 (cioè alta leggibilità e alta
comprensibilità). Con alcuni
profili specifici di apprendente (penso, per esempio, agli
studenti a scuola o agli adulti
migranti o immigrati), saper
redigere testi ad alta accessi-
L2elledue |
bilità si rivelerà molto utile.
Credetemi.
Le strategie per la
redazione di testi di
facile lettura
Qui di seguito, propongo una
lista di strategie e tecniche sia
per semplificare, rielaborare e
riorganizzare testi autentici o
tratti da manuali di studio o
da slide per la preparazione di
esami sia per la redazione ex
novo di testi di facile lettura ri-
N.5 - DICEMBRE 2020
volti a parlanti italiano L2 con
competenze linguistico-comunicative di livello A1 e A2
del Quadro comune europeo
di riferimento per le lingue.
Usare lessico concreto, della comunicazione di base, più vicino alla vita di tutti i giorni degli apprendenti.
Es. Porre → mettere; giungere → arrivare; volto → viso
Se necessario aggiungere un glossario, scritto o con immagini con funzione integrativa al testo: porlo accanto al testo in corrispondenza del lessico complesso.
Evitare figure retoriche: ossimoro, metonimia/sineddoche, personificazione, sinestesia etc.
Ripetere le parole (soprattutto se parole-chiave) e non usare i sinonimi.
Non usare diminutivi, vezzeggiativi, o nomi alterati in genere.
Evitare espressioni idiomatiche e modi di dire.
Evitare nominalizzazioni.
Es. La costruzione delle piramidi da parte degli Egizi... → Gli Egizi costruiscono le piramidi...
Impiegare le parti del discorso in modo prototipico.
Oggetti, persone, animali → si esprimono come nomi
Azioni, processi, eventi → si esprimono come verbi
Qualità → si esprimono come aggettivi
Es. L’altezza del Monte Bianco è di 4810 metri. → Il Monte Bianco è alto 4810 metri.
Evitare termini polisemici.
Es. Secondo te cosa vuol dire il termine…? → Per te che cosa vuol dire la parola...
Il significato di secondo e termine è ambiguo.
Usare frasi brevi: nucleari (verbo con i suoi argomenti) o semplici (nucleari con informazioni temporali e locative di sfondo).
Usare il presente indicativo, con valore di passato, presente e futuro.
Preferire il modo indicativo.
Usare tempi verbali in base al momento di acquisizione linguistica.
Preferire la forma attiva rispetto alla forma passiva.
Usare l’ordine SVO (Soggetto-Verbo-Oggetto).
Evitare rimandi anaforici e cataforici (es. pronomi atoni o clitici) e preferire espressioni nominali piene (lessicali e non pronominali).
Ripetere i soggetti grammaticali.
Ripetere sempre gli argomenti (complementi necessari) del verbo.
Preferire la coordinazione alla subordinazione
Es. Sebbene io abbia studiato, non ho superato l’esame → Io ho studiato, ma non ho superato l’esame.
Evitare le strutture impersonali.
Es. Nell’anno mille si credeva che il mondo sarebbe finito → Nell’anno mille le persone credono che il mondo sta per finire.
Evitare densità di informazioni. Un testo di facile lettura non è un testo ridotto ma ridondante.
Dividere in sequenze testuali con titolazioni ed esplicitare i legami in modo da favorire l’elaborazione cognitiva (es. prima-dopo, causa-effetto).
Dividere il testo in paragrafi che corrispondano a nuclei tematici.
Usare il rientro per la prima riga dei paragrafi.
Usare lo stampato maiuscolo (poi, in un secondo momento, lo stampato minuscolo).
Usare neretti (pochi) per evidenziare parole-chiave.
Usare font più leggibili (es. Arial, Verdana, Calibri; 14-16).
Preferire un’interlinea di almeno 1,5.
Allineare a sinistra i paragrafi; non giustificare i paragrafi a destra.
Evitare impaginazione a colonne.
Creare pagine ariose e non caotiche con giusto equilibrio tra spazi bianchi e neri (scritti).
19
#Alessandro Borri
L2elledue |
La didattica dell’italiano L2
ad analfabeti
Alessandro Borri
Il tema
dell’analfabetismo è
un tema ancor oggi
di interesse?
Negli ultimi anni abbiamo
assistito ad una ripresa di interesse nei confronti dei bisogni educativi speciali degli
adulti per nulla o debolmente
alfabetizzati. Indagini recenti
hanno mostrato il persistere di
sacche di insufficienti capacità
alfabetiche delle popolazioni
europee suscitando il timore
di gravi conseguenze sul piano della competitività, della
produttività e della coesione
sociale nelle società coinvolte
dal fenomeno. A ciò si aggiunge la decisione di molti stati
europei di introdurre norme di
certificazione sulla conoscenza
delle lingue nazionali, che hanno fatto emergere la presenza
di fasce deboli di popolazione
immigrata con scarse competenze linguistiche. A prova
dell’urgenza della questione
sono numerosi i documenti di
indirizzo promossi dal Consiglio d’Europa, dichiarazioni di
principio a sostegno delle più
ampie azioni di educazione di
base, curricoli e sillabi dedicati
all’insegnamento delle lingue
comunitarie agli adulti analfabeti, ma anche progetti finanziati dagli organismi europei
finalizzati, in buona parte,
all’apprendimento delle lingue
da parte, soprattutto, di adulti
debolmente alfabetizzati.
Più in generale, sono «donne,
neo arrivati, detenuti, debolmente scolarizzati, analfabeti
di ritorno e soprattutto analfabeti totali, per i quali l’anal-
20
fabetismo diventa in primo
luogo ostacolo alla partecipazione sociale, fattore che crea
marginalità» (Rocca 2013: 37)
a costituire la parte prevalente
di persone che faticano a rientrare nei percorsi formali.
Diverse le ragioni che facilitano l’esclusione dei migranti
scarsamente o per nulla scolarizzati dai programmi educativi: da un lato questi ultimi
«Il concetto di
alfabetismo
contestuale
rimanda all’idea
che lo spazio, gli
usi e le funzioni
della letto-scrittura
risentono dei
contesti sociali,
culturali e politici»
si indirizzano generalmente
a persone alfabetizzate nella
loro lingua madre, dall’altro
i potenziali apprendenti si
trovano spesso in condizioni
difficili dal punto di vista abitativo, lavorativo e sociale e
non hanno accesso alle informazioni scritte su programmi
dedicati a rispondere ai loro
bisogni. Il presente contributo intende quindi mettere in
evidenza alcuni spunti teorici
e i riflessi che questi possono
avere sulle pratiche didattiche e metodologiche dedicate
ad un’utenza che, spesso, non
trova risposte ai propri bisogni formativi e linguistici.
Qual è la
discussione
intorno al tema
dell’analfabetismo?
È cambiato nel
tempo?
Nella sua definizione terminologica, l’analfabetismo rimanda all’incapacità da parte di un individuo a leggere,
a scrivere e a far di conto. È
analfabeta una persona che
presenta un deficit di abilità
di base nella codifica e decodifica del linguaggio scritto e
nelle competenze logico-matematiche di base. La definizione è stata comunque oggetto di profonde discussioni
nel tempo risentendo anche
di epocali cambiamenti avvenuti nella società contemporanea. Il dibattito relativo
non è dunque il frutto di una
sterile discussione accademica, quanto piuttosto il tentativo di definire i contorni
della questione, che ha implicazioni in ambito culturale,
educativo e politico. Dal termine analfabetismo, utilizzato
per indicare la condizione di
chi «non sa leggere e scrivere,
comprendendolo un semplice
asserto relativo alla propria
vita quotidiana», secondo la
classica definizione dell’Unesco, si è giunti, dopo ampia discussione, al vocabolo inglese
illiteracy – tradotto in italiano
con il termine illetteratismo –
per intendere la mancanza di
quelle competenze e abilità
in letto-scrittura necessarie
per operare attivamente in
un gruppo o in una comunità.
Nella società della conoscen-
N.5 - DICEMBRE 2020
za e del cambiamento, l’Unesco ha ridefinito i contorni
dell’alfabetizzazione
intesa
come: «l’abilità di identificare, comprendere, interpretare, comunicare e calcolare,
utilizzando materiali scritti
e stampati, associati a diversi
contesti. Essa implica un continuum di apprendimenti al
fine di capacitare le persone
a perseguire le proprie mete,
sviluppare le conoscenze e le
potenzialità di ciascuno e partecipare pienamente alla vita
della comunità e della società
nazionale». Sempre l’Unesco,
durante il decennio dedicato
al tema dell’alfabetizzazione,
ha posto l’attenzione su due
ordini di questioni. Il concetto di alfabetismo contestuale
rimanda all’idea che lo spazio, gli usi e le funzioni della
letto-scrittura risentono dei
contesti sociali, culturali e
politici in cui le competenze
alfabetiche vengono apprese
ed utilizzate. Ciò significa che
queste mutano di realtà in realtà poiché differenti sono gli
ambiti di riferimento.
Inoltre, il rapporto fra analfabetismo e alfabetismo non
viene più percepito come uno
spartiacque fra assenza e presenza delle capacità di lettura
e scrittura, quanto piuttosto
un continuum in cui sono rilevabili diversi livelli ed usi
di competenza. Tale paradigma è essenziale per chi opera
con individui debolmente o
per nulla scolarizzati perché
presuppone, come elemento
imprescindibile, quello di conoscere il background educativo e culturale degli apprendenti, abbandonando così
categorizzazioni non sempre
precise ed efficaci per l’azione didattica, e valorizzando
al contempo le competenze e
le abilità già possedute dagli
adulti.
#Alessandro Borri
Chi sono gli
apprendenti
analfabeti?
Allo stato attuale non si ha la
percezione precisa del fenomeno che accompagna l’alfabetizzazione di migranti in
italiano L2 anche perché le
strutture statali, in primis i
Centri Provinciali di Istruzione per Adulti, non esauriscono la gamma dell’offerta formativa di italiano come lingua
seconda: corsi di alfabetizzazione sono organizzati da enti
pubblici e privati, da organizzazioni di volontariato, politiche e sindacali, dai singoli
comuni. Pur non avendo dati
concreti e precisi, sappiamo
che i partecipanti ai corsi di
alfabetizzazione sono adulti/e
migranti provenienti da tutto
il mondo, in particolar modo
dall’Asia e dall’Africa subsahariana. Per definire comunque
profili di apprendenti chiari,
cui offrire interventi mirati,
si considerano di solito due
variabili: la conoscenza della
L2elledue |
lingua scritta e il grado di conoscenza della lingua italiana.
Per quanto riguarda la padronanza della scrittura, si individuano i seguenti profili, la
cui terminologia si rifà ad un
filone di studi nordamericano:
• prealfabeti: individui la cui
lingua madre non è lingua
di scolarizzazione;
• analfabeti totali o strumentali: apprendenti che non
hanno avuto accesso ad
un sistema di istruzione/
alfabetizzazione a causa di
difficoltà familiari, povertà
o di situazioni di instabilità sociopolitica dei paesi di
origine che spesso rendono
inaccessibili i servizi educativi primari;
• debolmente
alfabetizzati: apprendenti che hanno
avuto un accesso limitato
ad un sistema di istruzione/
alfabetizzazione, di solito
quantificato in un periodo
da 3 ai 5 anni, che risulta
comunque insufficiente a
rispondere a richieste lin-
guistiche e comunicative
sempre più complesse in
cui trovano spazio parole,
immagini e simboli (per
esempio compilare un
bollettino postale, leggere
un avviso, interpretare un
segnale o un’icona in uno
spazio pubblico ecc.).
Queste condizioni vanno poi
relazionate al livello di conoscenza della lingua italiana
che porta all’individuazione di
particolari casistiche. Ognuno
di questi profili richiede azioni specifiche: un conto è insegnare a leggere e a scrivere ad
una persona che possiede una
buona competenza orale, un
altro a chi già possiede un alfabeto e può riutilizzare competenze maturate in L1, altro
ancora è operare il passaggio
dall’oralità alla scrittura.
Gli strumenti per svolgere
questa prima importantissima
analisi sono questionari/schede e modelli di prove di ingresso strutturate che permettono
di raccogliere informazioni re-
N.5 - DICEMBRE 2020
lative al background educativo
e culturale degli apprendenti
(scolarizzazione, rilevazione di
eventuali fenomeni di plurilinguismo, esposizione all’italiano ecc.) e a possibili aspettative
formative.
Accanto al colloquio, funzionali sono le prove di ingresso
graduate che permettono di
rilevare eventuali abilità tecniche e strumentali, quali la
familiarità con l’alfabeto latino e la capacità di discriminazione fonologica, i gradi di
alfabetizzazione funzionale, la
competenza comunicativa in
lingua italiana.
Quali sono gli
approcci più
funzionali con
apprendenti
analfabeti o
scarsamente
scolarizzati?
Gli approcci e le pratiche didattiche da utilizzare risentono anche delle visioni sottese
all’alfabetizzazione. Sostan-
21
#Alessandro Borri
zialmente due sono i modelli
che hanno caratterizzato il
dibattito: il modello autonomo e quello ideologico o delle
prassi sociali.
Il primo risulta focalizzato
sull’alfabetizzazione in termini di possesso di abilità,
capacità e competenze di
base. L’apprendimento della
letto-scrittura avviene indipendentemente dagli specifici
contesti attraverso una tecnica neutra, variabile ed autonoma. In linea con un modello
di stampo tecno-cognitivista,
l’apprendimento avviene attraverso un percorso consequenziale e stabilito.
Il secondo, invece, è basato su
un approccio socioculturale.
L’alfabetizzazione è vincolata al contesto sociale in cui
si sviluppa: ciò significa che
l’apprendimento della letto-scrittura stimola e modifica le capacità di pensare, di
comunicare e anche di interagire all’interno di un contesto.
Nella sua forma più militante,
come quella del teorico brasiliano Paulo Freire, l’alfabetizzazione è legata ai processi
di liberazione da ogni forma
di oppressione attraverso la
presa di coscienza di sé e della
realtà.
In generale, la neutralità
del modello autonomo è da
tempo messa in discussione.
L’influenza dei principi della
glottodidattica e l’esperienza
maturata nella pratica dell’Educazione per adulti portano a
considerare l’alfabetizzazione
come un processo complesso
che porta l’apprendente ad
acquisire le pratiche discorsive della comunità in cui l’alfabetizzazione ha luogo. In una
realtà come quella italiana, alfabetizzare significa pertanto
far comprendere la centralità
del codice scritto, portatore
di significati, insegnare a leg-
22
L2elledue |
gere e a scrivere in una lingua
straniera, ma anche sviluppare
quelle competenze comunicative utili e funzionali a vivere
ed interagire all’interno di
una comunità (vita quotidiana, professionale e sociale).
In quest’ottica, diverse realtà europee prevedono corsi
combinati di alfabetizzazione
e di lingua che comprendono
oltre la letto-scrittura, l’insegnamento del calcolo, dell’informatica, degli elementi di
cultura e civica dei paesi ospitanti e l’avvio di strategie di
apprendimento.
Per far emergere gli usi della
lettura e i generi testuali più
ricorrenti, ma anche i biso-
possono avere un impatto positivo sull’apprendimento della lettura.
Le competenze orali si consolidano e possono agire ancor di più sulla motivazione
se comunque rimandano allo
spazio reale ed autentico degli
scambi comunicativi.
In Italia, nell’ultimo decennio,
diversi sono i materiali didattici che danno centralità alla
comunicazione orale, condizione necessaria per l’interazione sociale, ma anche per
l’avvio di vere e proprie attività di alfabetizzazione. Ai vetusti abbecedari si affiancano
così proposte didattiche che,
attraverso una serie di input
«Alla base di tutte le proposte didattiche
è auspicabile un’attenzione alla
condizione adulta»
gni linguistici degli apprendenti, fondamentale risulta la
già detta fase di accoglienza.
Schede, colloqui e semplici registrazioni di attività in
classe potranno far emergere
i bisogni comunicativi degli
apprendenti e costruire una
trama che orienta l’azione didattica.
Le competenze comunicativa e di interazione orale diventano ancor più prioritarie
per individui debolmente o
per nulla alfabetizzati che
non padroneggiano il codice
scritto. Ricerche sull’acquisizione della letto-scrittura
in inglese L2 sostengono, in
aggiunta, che il rafforzamento di un adeguato vocabolario,
la conoscenza delle strutture
linguistiche, della fonologia
e della struttura del discorso,
iconici, cercano di stimolare
la discussione e di far emergere le conoscenze e il portato di
esperienze degli apprendenti.
Nella prassi didattica ciò si
traduce nell’utilizzo di materiali autentici (avvisi, opuscoli,
orari, segnali…) che sensibilizzano ai diversi codici semiotici, ma anche nel ricorso ad
attività di project work, nei quali agli apprendenti è richiesta
la messa in campo di soluzioni
linguistiche ed extralinguistiche, e ad uscite e gite di classe
(presso una biblioteca, un ufficio postale, un supermercato,
o un museo), che forniscono
un luogo per esercitarsi a parlare e leggere in attività reali.
Fra le attività particolarmente
efficaci in classe il metodo autobiografico, che pone al centro
delle proposte didattiche il
N.5 - DICEMBRE 2020
vissuto degli apprendenti. Le
narrazioni riferite e condivise
in aula diventano materiale di
discussione e di negoziazione,
ma anche l’input per l’avvio di
attività di letto-scrittura. Tale
metodologia può essere utilizzata solo se l’apprendente
ha acquisito una sufficiente
competenza orale, inoltre l’insegnante deve saper gestire il
carico emozionale che certe
narrazioni possono ingenerare all’interno del gruppo classe.
Alla base di tutte le proposte didattiche è auspicabile
un’attenzione alla condizione
adulta: gli apprendenti in una
fase tanto delicata come l’alfabetizzazione, devono avere
la certezza della spendibilità
delle attività in cui sono coinvolti, ma anche la consapevolezza di organizzare il proprio
apprendimento attorno a problemi reali, facendo ricorso al
bagaglio di esperienze maturate nei diversi contesti informali e non formali. È, quindi,
sconsigliabile, perché disincentivante sulla motivazione,
il ricorso a materiali e proposte didattiche ed editoriali per
l’infanzia.
Qual è l’approccio
più indicato
nell’insegnamento
della letto-scrittura?
Le attività comunicative diventano elemento inderogabile anche per sostenere
l’apprendimento della strumentalità di base. Ciò comporta un cambiamento nella
stessa strutturazione didattica:
l’alfabetizzazione non è solo
l’insegnamento dell’alfabeto,
anche perché, come rilevato da indagini e studi, molto
spesso i facilitatori e gli alfabetizzatori lamentano come
l’insegnamento tradizionale,
cioè strumentale, non sia ga-
#Alessandro Borri
ranzia di una lettura corretta.
Per quanto riguarda le tecniche di insegnamento della
letto-scrittura il riferimento
va ai metodi analitici-sintetici
e globali.
I primi pongono il proprio
focus d’attenzione sugli elementi più semplici sprovvisti
di significato, cioè le lettere
e le sillabe. È fondamentale in questi casi lo sviluppo
della capacità di abbinamento fonema e grafema, di decodifica dei segni grafici e di
ricombinazione per formare
nuove parole. Il processo può
porre attenzione al singolo
fonema (fonematico) o alla
sillaba (sillabico). Nel primo
caso l’insegnamento verte
sull’osservazione e apprendimento delle singole lettere e
solo dopo averne appreso un
certo numero si giungerà alle
parole.
Nel secondo, viceversa, si
pone attenzione alla sillaba,
considerata da molti come
unità sonora maggiormente
percettibile della singola lettera (grafema/fonema) e che
permette, inoltre, di giungere
più velocemente alla formazione di parole. Simultaneamente è prevista la presentazione e l’esercitazione dei
principali caratteri di stampa:
lo stampato maiuscolo, il corsivo minuscolo e maiuscolo.
I metodi basati su fonemi e
sillabe possono talvolta risultare complessi per adulti poco
scolarizzati, sia per la memorizzazione di più caratteri di
lettura e scrittura, sia per lo
studio di lettere o sillabe che
non offrono concretezza immediata all’apprendente.
I metodi globali, al contrario,
si focalizzano su frasi o parole e si collegano agli approcci
orientati sul significato. Nelle
indicazioni dei principali teorici si privilegia la memoriz-
L2elledue |
zazione di stringhe di parole
scaturite dall’esperienza di chi
apprende, dalle sue emozioni
e dai suoi interessi. Solo dopo
un lungo periodo di riconoscimento globale, l’apprendente
arriva a leggere in maniera naturale attraverso un percorso
spontaneo scoprendo i meccanismi di traduzione dei segni
in significati. Tale approccio
può risultare demotivante per
adulti debolmente alfabetizzati a causa della complessità
del processo cognitivo (memorizzazione, riproducibilità
e comprensione delle stringhe
di parole). Esso inoltre non
facilita e sostiene la mappatura grafema/fonema impor-
Come per la lettura anche
nella scrittura fondamentale è il rapporto integrato fra
lingua e comunicazione, così
come rimane invariata l’attenzione ai bisogni linguistici di
chi apprende.
È senz’altro efficace legare la
scrittura agli usi più immediati e spendibili per l’adulto.
Si tratta, quindi, di esercitare,
da un lato, una scrittura “funzionale”, che permetta all’apprendente di scrivere date,
orari, piccoli appunti, compilare moduli e formulari ricorrenti nella vita quotidiana, firmare documenti, dall’altro, di
sviluppare le competenze per
giungere ad una scrittura più
«Nella pratica degli adulti, in generale, si
ritiene funzionale la combinazione degli
approcci globali e analitico-sintetici»
tante nelle lingue alfabetiche
come l’italiano.
Nella pratica degli adulti, in
generale, si ritiene funzionale
la combinazione degli approcci globali e analitico-sintetici.
Di solito si parte dalla centralità di testi (singole parole
o brevi frasi) legati all’esperienza e ai vissuti quotidiani
degli apprendenti immigrati,
che risultano di solito motivanti, per poi avviare simultaneamente la fase di analisi e
di segmentazione in fonemi o
sillabe, fino alla composizione
di nuove parole.
La scelta delle parole oggetto
di studio deve altresì rispondere ai criteri di frequenza
nel parlato, di ricorrenza nei
documenti di uso quotidiano
e di utilità nelle situazioni affrontate.
personale e privata, un mezzo
di espressione che consenta
di comunicare e condividere
pensieri, stati d’animo e istanze (si pensi all’utilizzo ormai
ampiamente diffuso degli
SMS o delle e-mail funzionali
nella gestione delle relazioni
sociali…).
Per avviare attività di scrittura è necessario innanzitutto
che l’apprendente padroneggi
le abilità manuali e grafiche di
base (tracciamento dei segni,
conoscenza delle convenzioni
di scrittura da sinistra a destra o dall’alto verso il basso,
uguale dimensione delle lettere) che deve essere esercitata in fase di pre-alfabetizzazione.
Acquisita la meccanica della
scrittura, egli potrà passare
alla scrittura di parole, frasi,
N.5 - DICEMBRE 2020
semplici testi, arrivando nel
tempo ad assimilare la differenza fra lingua scritta e orale.
L’apprendente dovrà essere
messo in contatto, fin da subito, con diverse tipologie testuali (liste di parole, moduli
amministrativi, avvisi, indirizzi, segnaletica…) e con le
regole che le disciplinano, in
modo da comprendere le diverse funzioni dello scritto e
degli usi nella realtà, fino ad
afferrare alcune norme di redazione e di funzionamento
corrette.
Infine, una considerazione
sull’insegnamento del calcolo
di base che nella misura possibile dovrà essere compresa
nello sviluppo delle competenze orali e di letto-scrittura. In molti casi alcuni temi
spesso trattati nei corsi integrati di alfabetizzazione e di
lingua, come la ricerca di un
appartamento o l’acquisto di
beni ed oggetti, fanno appello
a certe competenze di base logico-matematiche che devono
essere oggetto di studio.
Anche gli strumenti della matematica forniscono infatti
agli adulti le risorse per esprimere fatti, opinioni, e per analizzare.
Concludo ricordando che la
necessità di garantire il diritto all’apprendimento della
lingua impone l’avvio di una
politica linguistica che abbandoni l’episodicità degli interventi e che preveda la collaborazione fra i diversi soggetti
che si occupano a vario titolo
di alfabetizzazione.
È auspicabile, quindi, la formazione specifica degli operatori con corsi orientati
sull’apprendimento centrato
sui bisogni educativi dei pubblici migranti, ma anche sulla convinzione di approcci,
linguaggi e prassi adeguati al
pubblico di riferimento.
23
#Alan Pona
L2elledue |
Il nuovo Fare grammatica
di Sestante Edizioni
Presentazione a cura di Alan Pona
Una grammatica
pedagogica
Il nuovo Fare grammatica è, innanzitutto,
una grammatica pedagogica di italiano L2, cioè uno strumento facilitatore
che accompagni nell’apprendimento
dell’italiano lingua seconda, fornendo
un sostegno all’osservazione della lingua.
Una grammatica pedagogica non è
esaustiva, cioè non contiene una descrizione dettagliata di tutta una lingua,
ma fa una scelta dei fatti linguistici da
presentare. Una grammatica pedagogica è eclettica, segue diversi modelli
teorici di riferimento: l’obiettivo non è
la coerenza nella descrizione, ma l’efficacia nella facilitazione dell’apprendimento linguistico. Una grammatica
pedagogica si sofferma sui pezzi di
lingua che occorre mettere in rilievo perché l’apprendente li possa ben
notare: penso, per esempio, ai pronomi
clitici (mi, ti, la, lo, le, gli etc.), che non
portano accento e hanno poca rilevanza
nell’enunciato poiché l’informazione è
recuperabile o dal contesto o dal materiale linguistico intorno ad essi; si sofferma sui pezzi di lingua che occorre
stimolare perché l’apprendimento
non si fermi - non si fossilizzi - ma
possa procedere e possa essere facilitato
e accelerato.
In questa grammatica pedagogica la lingua è vista attraverso la lente delle
forme e delle funzioni; queste ultime
indispensabili per fare cose con la lingua, per agire con essa in uno spazio sia
personale, sia interpersonale sia sociale.
Le funzioni comunicative seguono i bisogni di comunicazione: quando si vuole
raccontare, descrivere, chiedere il permesso o una informazione etc. Questi
bisogni si esprimono attraverso pezzi di
lingua, le forme. Questo libro aiuta ad
esprimere i bisogni attraverso mezzi
linguistici.
24
Struttura
Il nuovo Fare grammatica presenta capitoli tematici ordinati in base a diversi
criteri: funzionale, acquisizionale, tradizionale; cioè ho cercato di sposare la
tradizione grammaticale con le scoperte
glottodidattiche e acquisizionali senza
una profonda rottura col passato. Nella
presentazione dei Tempi e dei Modi verbali, per esempio, Il nuovo Fare grammatica segue le tappe acquisizionali per favorire un apprendimento in armonia con lo
sviluppo naturale delle strutture.
All’inizio del libro troviamo fatti di lingua
abbastanza complessi a livello acquisizionale, come i nomi, gli aggettivi e gli articoli
con i loro tratti, in accordo, di numero (singolare, plurale) e di genere (maschile, femminile), perché è fondamentale, soprattutto
in una prima fase di apprendimento di una
lingua, dedicarci al lessico e nominare gli oggetti del mondo intorno a noi, dare loro un
nome diverso rispetto a quello della nostra
lingua materna, descriverli; per immergerci,
insomma, in un altro universo linguistico.
Ad ogni capitolo tematico di presentazione di un fatto linguistico si accompagnano un gran numero di esercizi: di
essi, in questa nuova edizione rinnovata,
sono presenti le chiavi alla fine del libro.
Completano l’opera sette appendici tematiche di supporto all’apprendimento:
le tre coniugazioni, le preposizioni, le congiunzioni coordinanti e gli avverbi connettivi, le congiunzioni subordinanti, i suoni
dell’italiano e cenni di ortografia, la punteggiatura e, infine, un glossario linguistico.
Il libro è acquistabile in tre versioni:
• la prima, completa, Il nuovo Fare grammatica. Quaderno d’italiano L2. Dal livello A1 al C1
• Fare grammatica 1. Quaderno d’italiano
L2. Dal livello A1 all’A2
• Fare grammatica 2. Quaderno d’italiano
L2. Dal livello B1 al C1
I due nuovi volumi, Fare grammatica 1 e
Fare grammatica 2, dividono il percorso
N.5 - DICEMBRE 2020
di riflessione metalinguistica del nuovo
volume unico in due percorsi più brevi,
che contribuiscono a costi ridotti al raggiungimento di obiettivi specifici, come
per esempio i seguenti:
• livello A2, necessario per gli studenti
neo-arrivati della scuola e per la certificazione linguistica per il permesso di
soggiorno per soggiornanti di lungo
periodo (Fare grammatica 1);
• livello B1, fondamentale per iniziare
ad affrontare con una certa autonomia
le discipline di studio a scuola e per la
certificazione linguistica per la cittadinanza (Fare grammatica 2);
• livelli B2 e C1, per lo sviluppo di competenze linguistico-comunicative più
“alte” per affrontare le scuole secondarie di secondo grado e gli studi universitari (Fare grammatica 2).
Perché “fare” nel titolo di questa
grammatica?
Di solito, in Italia, pensiamo alla grammatica come ad una lunga serie di attività
di memorizzazione di regole noiose e,
a volte, controintuitive se confrontate
con la lingua che “sperimentiamo” nelle
relazioni: “non si dice a me mi”, “il soggetto è colui che fa l’azione”, “non si dice
se studiavi, passavi” etc. etc.
Il verbo “fare” vuole indicare un meccanismo di apprendimento molto diverso dalla mera memorizzazione di regole
normative. La nostra grammatica vuole
essere un laboratorio di sviluppo di
competenze metalinguistiche, cioè di
riflessione sulla lingua attraverso la
lingua stessa; un laboratorio di scoperte personali delle regolarità che
emergono dai campioni offerti sia
nelle parti teoriche del testo sia negli
esercizi.
Riassumendo, si arriva alla regola attraverso l’osservazione metalinguistica delle
regolarità con l’obiettivo ultimo non di
normare gli usi ma di permettere apprendimenti d’uso vero, reale della lingua.
Con un pizzico anche di competenza sociolinguistica.
Perché fare grammatica per l’insegnamento/apprendimento
dell’italiano
L2?
#Alan Pona
L2elledue |
re dalla comunicazione. Questo libro è,
quindi, solo un supporto nel cammino
personale di acquisizioni anche e soprattutto relazionali.
Studiare la grammatica di una lingua
aiuta ad apprendere la lingua stessa:
studiare i pezzi di lingua, analizzarli, permette di elaborare enunciati
consapevolmente in modo corretto
e accurato (attivazione del cosiddetto monitor) e osservare meglio la lingua nell’uso (il cosiddetto noticing)
e, da questa produzione monitorata
dell’output e da questa osservazione
continua dell’input, crediamo possa
emergere acquisizione.
Però, dopo i tanti errori del passato,
quando si riteneva che lo studio delle
regole fosse sufficiente alla padronanza
linguistica e allo sviluppo di competenza
comunicativa, adesso possiamo con fiducia sostenere che si deve “fare grammatica” soprattutto attraverso gli scambi relazionali con i parlanti. La lingua, oltre ad
essere un sistema di conoscenze raffinato,
è anche il mezzo principale che l’uomo
possiede per comunicare. L’acquisizione
di questo strumento, strettamente legato
al nostro cervello, non può prescinde-
Quando si può fare uso di questa
grammatica in classe o in autoapprendimento?
Consiglio vivamente la consultazione del
volume nelle seguenti fasi dell’Unità didattica:
• nella fase di riflessione metalinguistica e metacomunicativa: la parte
teorica dei capitoli tematici permette
un utile confronto con le proprie scoperte personali delle regolarità della
lingua e le rimodellerà fornendo ulteriori spunti di riflessione
• nella fase esercitativa di rinforzo:
la parte degli esercizi, che seguono
la trattazione teorica in ogni capitolo
tematico, permetterà di reimpiegare
le strutture della lingua, di fissarle e
automatizzarle nelle memorie dell’apprendente
sestanteedizioni
IL NUOVO
FARE GRAMMATICA
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A1-C1
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Alan Pona
Francesco Questa
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VOLUME
UNICO
QUADERNO DI ITALIANO L2 • DAL LIVELLO A1 AL C1
FARE GRAMMATICA 1
sestanteedizioni
Alan Pona Francesco Questa
N.5 - DICEMBRE 2020
• gli esercizi potranno essere un utile
strumento in mano all’insegnante/facilitatore linguistico per ritornare sulle strutture dopo le attività di verifica e controllo degli apprendimenti
linguistici.
Quale italiano hai scelto per la tua
grammatica?
Ritengo che la varietà più adatta ai bisogni
degli apprendenti e al fare con la lingua
possa essere l’italiano comune, la varietà
linguistica scritta e parlata dalle persone
colte in circostanze non troppo informali. Un italiano non troppo sorvegliato, ma
attento alla tradizione della lingua. Nei
punti di crisi, in quelle fessure di variazione nelle quali il parlante sceglie in base al
contesto situazionale, abbiamo fornito la
forma “alta”, ma abbiamo indicato all’interno dei riquadri tematici altri possibili
usi in base alla variazione diamesica (attraverso il canale: scritto, orale), diatopica
(attraverso lo spazio geografico) e diafasica (attraverso i contesti d’uso). Ecco allo-
sestanteedizioni
A1-A2
Alan Pona Francesco Questa
B1-C1
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QUADERNO DI ITALIANO L2 • DAL LIVELLO A1 ALL’A2
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LE CHIAVI I
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IL NUOVO FARE GRAMMATICA
Quaderno di italiano L2
dal livello A1 al C1
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LIVELLO LINGUISTICO: DALL’A1 AL C1
LIVELLO LINGUISTICO: DALL’A1 ALL’A2
LIVELLO LINGUISTICO: DAL B1 AL C1
25
#Alan Pona
ra il dimostrativo “codesto”: ti è utile per
la comprensione se ti muovi in Toscana
ed è bene padroneggiarlo per decifrare i
documenti della burocrazia italiana.
La tua grammatica è una delle pochissime grammatiche pedagogiche per
l’apprendimento dell’italiano L2 che
fa uso del modello della grammatica
valenziale. Quali sono, a tuo avviso, i
vantaggi di questo modello nell’insegnamento/apprendimento dell’italiano
L2?
Intanto, due parole su che cos’è la Grammatica valenziale: è un modello di descrizione della lingua, nato dall’intensa
attività come linguista e glottodidatta del
linguista francese Lucien Tesnière a metà
del secolo passato, centrato sul verbo
e sulla sua proprietà di attrarre elementi agganciandoli intorno a sé per
formare frasi. Questo modello semantico-sintattico dà rilievo al significato
dei verbi come punto di partenza per la
costruzione sintattica della frase. I verbi
hanno una valenza, cioè una capacità attrattiva di elementi, detti argomenti, necessariamente agganciati al verbo-predicatore per la formazione di frasi nucleari,
cioè costituite dal verbo e da tutti i suoi
“argomenti”, cioè elementi necessariamente richiesti dal suo significato.
La Grammatica valenziale può essere un
utile strumento per gli insegnanti e i facilitatori linguistici per l’insegnamento/
apprendimento dell’italiano come lingua
non materna. Perché?
Attraverso il suo impiego in classe il docente/facilitatore può contribuire:
• allo sviluppo e al consolidamento delle capacità di noticing
tramite segmentazione
della frase attraverso gli schemi
radiali e i
colori
26
L2elledue |
• allo sviluppo e alla completezza della
frase, strutturata a partire dal verbo e
dalla sua “forza” semantico-sintattica
• allo sviluppo e al consolidamento
dell’ordine non marcato della frase
italiana SVO (e successiva “scoperta”
degli ordini marcati: dislocazioni, frasi
scisse, frasi a tema sospeso etc.)
• allo sviluppo e al consolidamento di
quadri argomentali target (e superamento delle ellissi di argomenti, tipiche
delle interlingue degli apprendenti)
• all’acquisizione dei pronomi clitici,
nodo critico nell’insegnamento/apprendimento dell’italiano L2
• allo sviluppo delle reggenze dei verbi
e all’uso delle preposizioni
• all’ampliamento lessicale e all’arricchimento del vocabolario
• allo sviluppo e al consolidamento
dell’uso degli avverbi (espansioni, circostanti, argomenti)
• al consolidamento dell’accordo tra
soggetto e verbo
• alla riflessione sul parametro del prodrop (soggetto nullo) e sviluppo e
consolidamento di usi target di soggetti espressi o non espressi foneticamente
• allo sviluppo graduale di testi scritti, a
partire da frasi nucleari giustapposte
gradualmente “cucite” insieme
N.5 - DICEMBRE 2020
• alla valorizzazione della tendenza dei
parlanti a fare confronti tra le lingue
e alla creazione di un ambiente d’apprendimento plurale e ricco di lingue e
scritture
• la riflessione sul concetto di frase nucleare e la successiva dimestichezza da parte dei docenti e dei facilitatori con la nozione di nucleo delle frasi può, inoltre,
contribuire allo sviluppo di competenze
professionali di selezione, adattamento
o creazione di testi adeguati ai livelli linguistico-comunicativi degli apprendenti, quindi alla creazione di testi ad alta
accessibilità.
M GUARDA LA PRESENTAZIONE
DI ALAN PONA
#Roberto Balò
L2elledue |
Dopo vari anni e grazie anche all’esperienza di formatore, ho deciso di raccogliere in un libro alcune di queste attività, le più significative, per spiegare come
si creano esercizi, unità didattiche o di
apprendimento.
In questo libro, dopo una prima parte
introduttiva dove si danno le premesse teorico-pratiche, si passa alle attività pratiche, quelle artigianali, come le
chiama Paolo Torresan nella prefazione.
Quindi vediamo quali sono i materiali
da usare in classe e dove trovarli e dal
capitolo successivo iniziamo a valutare
e studiare come si usano i materiali didatticamente. Cominciamo con i testi
scritti e vediamo quali sono le tecniche
glottodidattiche più adatte per didattizzarli; passiamo ai video, vediamo come
sceglierli e quali tipi di video sono migliori per la didattica; un altro capitolo è
dedicato ai film, quali film e soprattutto
a come mostrarli in classe; un altro capitolo è dedicato alla didattizzazione delle
canzoni dove si danno consigli utili su
come usarle, ad esempio se prima par-
Italiano L2/LS fai da te
di Sestante Edizioni
Presentazione a cura di Roberto Balò
S
alve a tutte e tutti, sono Roberto
Balò, dal 1997 insegnante di italiano L2, formatore e anche l’autore
di questo libro, Italiano L2/LS fai da te,
uscito da poche settimane per le edizioni
Sestante di Bergamo. Come recita il sottotitolo, il volume è una vera e propria
guida pratica per insegnanti/facilitatori
linguistici.
Questo libro nasce dalla mia esperienza
di insegnante: quando ho iniziato ad insegnare nel 1997 non esistevano grandi
supporti metodologici o didattici all’insegnamento dell’italiano come lingua
straniera. Usavamo il classico approccio grammaticale-traduttivo, quello che
avevamo usato a scuola per imparare la
nostra L1. Quindi le lezioni si basava-
N.5 - DICEMBRE 2020
no soprattutto su esercizi ripetitivi di
grammatica, sul lessico e poi altre piccole cose, come ascolti fatti con il registratore e le vecchie audiocassette. Dopo
un po’ di tempo mi sono reso conto che
questo metodo non dava grandi risultati,
soprattutto dal punto di vista comunicativo. Nel frattempo, per fortuna, sono
cominciati ad uscire alcuni manuali basati sull’approccio comunicativo e mi
sono formato, informato, ho cominciato a cercare materiale didattico diverso
e dal 2006, insieme ai miei colleghi di
Accademia del Giglio abbiamo aperto
su internet un blog, adgblog.it, nel quale abbiamo cominciato a raccogliere gli
esercizi e le attività creati da noi e che
usavamo in classe con i nostri studenti.
\\ I Camaleonti
Dirige dal 1997 l’Accademia del Gi
glio, scuola di lingua italiana e arte a
Firenze, insegna italiano come lingua
seconda/straniera e tiene formazioni
sull’uso delle nuove metodologie e
tecnologie nella didattica dell’ita
liano L2/LS.
Laureato in Lettere Moderne, ha
conseguito la certificazione di inse
gnante di italiano come lingua se
conda DILS-PG di I e II livello dell’U
niversità per Stranieri di Perugia.
Ha pubblicato articoli sulla didatti
ca con il blog e il wiki sui bollettini
ITALS dell’Università di Venezia e
collabora con la rivista
.
Dal 2006 è direttore editoriale di
testata giornalistica spe
cializzata in didattica dell’italiano
L2/LS.
Nasce una nuova collana
di Sestante dedicata
a insegnanti e facilitatori
Roberto Balò
Italiano
L2/LS
fai da te
Guida pratica
per insegnanti/facilitatori linguistici
i camaleonti
i camaleonti
I camaleonti rappresentano un caso unico nel
mondo animale. I loro occhi possono ruotare e
mettere a fuoco anche indipendentemente l’uno
dall’altro.
La collana glottodidattica “I Camaleonti”
di Sestante Edizioni ospita sguardi di professionisti
riflessivi, di artigiani colti della didattica, che sanno
posare il loro sguardo attento su aspetti sia teorici
che pratici, fondendo insieme le informazioni
ricavate da questa pratica bifocale. Teoria e pratica,
studio ed esperienza nelle classi: il doppio fuoco
che Sestante sceglie per questa collana.
Il num
esiste t
lingua
mente
superindiscr
suno s
le esig
mento
l’inseg
funzion
contes
Questa
facilita
chi dev
per l’in
zioni r
del m
unico,
si han
reperto
dattich
All’inte
ferta d
e graz
gerime
illustra
tività e
dimen
verso t
videoc
Integra
tecnich
ste com
da util
liano L
sestante edizioni
ITALIANO L2/LS FAI DA TE
Guida pratica per insegnanti /
facilitatori linguistici
R. BALÒ
ISBN: 978-88-6642-352-2
Prezzo € 15,00 - p. 206
27
#Roberto Balò
tire dal testo della canzone o prima dal
suo ascolto; un altro capitolo è dedicato
ai videoclip; un altro ancora agli audio,
come creare audio artificiali e come usare audio autentici a fini didattici; l’ultimo capitolo infine è riservato all’uso e
all’importanza delle immagini nella didattica.
Alla fine del libro ho inserito anche
tre appendici tematiche. La prima è
una rassegna di tecniche glottodidattiche impiegate nelle attività illustrate
all’interno dei capitoli, appendice utile
anche per chi volesse approcciarsi alle
certificazioni glottodidattiche italiane.
La seconda è una lista ragionata di film
da utilizzare nelle classi di italiano L2/
LS. Infine l’ultima è un elenco, chiaramente non esaustivo, di canzoni con indicazioni associate a possibili obiettivi
didattici.
Il libro si rivolge solo a insegnanti
esperti o anche a chi è agli inizi?
È sicuramente una guida ideale per chi
inizia ad insegnare e per chi deve sostenere le certificazioni glottodidattiche,
ma anche per gli insegnanti più esperti
che finora si sono affidati ai manuali e ne
hanno rilevano alcuni limiti e vogliono
ampliare la loro offerta formativa verso
i loro studenti.
28
L2elledue |
Ci sono le chiavi o le soluzioni degli
esercizi?
No, perché non è un manuale da usare
con gli studenti, ma una guida per l’insegnante che passo passo spiega e dà consigli utili su come creare attività, esercizi
adatti alla tipologia di studenti che ci troviamo davanti. Tuttavia tutti gli esempi
riportati sono linkati ad adgblog dove
potrete trovare gli esercizi e le eventuali
chiavi, copiarli e modificarli per le vostre
esigenze e infine stamparli.
Come si relaziona questo libro con
i materiali già esistenti, i manuali di
glottodidattica da una parte e i libri di
esercizi e attività dall’altra?
I manuali di glottodidattica sono utilissimi
e imprescindibili per formarsi un impianto
metodologico sul quale basare le proprie
lezioni. I manuali operativi sono importanti perché fanno da filo conduttore alle
nostre lezioni. A mio avviso questo libro
si inserisce tra le due tipologie, proponendo ai docenti strumenti e materiali flessibili e adattabili, utili per la costruzione di
unità didattiche pensate per la classe che
abbiamo davanti. Inoltre offre
anche degli utili consigli, che deriva-
N.5 - DICEMBRE 2020
no dall’esperienza diretta in classe, da cui
ho estrapolato gli elementi a mio avviso
più significativi da condividere con gli
altri insegnanti che derivano dai successi,
ma anche dagli insuccessi che ho vissuto
in classe.
Che ruolo hanno i media in questo libro? Può essere utile anche per la didattica digitale?
Certamente, perché nel libro vengono
fornite molte indicazioni sui materiali digitali. I materiali sono varissimi, vanno da
un testo descrittivo di Firenze a uno spezzone di un film di Fantozzi o a uno youtuber famoso. Quindi sicuramente i legami
con la didattica a distanza, ma anche con la
didattica integrata sono fortissimi.
M GUARDA LA PRESENTAZIONE
DI ROBERTO BALÒ
#Valentina Sannipoli
L2elledue |
Fare didattica digitale integrata
Valentina Sannipoli
C
ome spesso abbiamo
sentito dire negli ultimi
tempi, tra i tanti eventi
negativi che ci hanno travolto,
almeno un risvolto positivo
c’è stato: la rapida alfabetizzazione informatica dei docenti.
Tutto quello che non sono riusciti ad ottenere in cinque anni
le miriadi di corsi di aggiornamento previsti e organizzati
dal Piano Nazionale Scuola
Digitale si è invece concretizzato in poco più di due mesi
di didattica a distanza. Risulta
ormai evidente che formare “a
pioggia”, e prescindendo dai
bisogni contingenti è del tutto
inutile: disperde risorse e non
scalfisce le cattive abitudini.
Da marzo in poi, invece, facendo di necessità virtù, la maggior parte dei docenti si è spesa
in vari modi per colmare quel
gap informatico che si era venuto a creare negli ultimi anni,
in una sorta di autoaggiornamento voluto e cercato e quindi finalmente efficace. Quando
si dice, Ubi maior...
La cosa più interessante è che
anche gli studenti e le loro
famiglie hanno dovuto spingere il piede sull’acceleratore
delle competenze digitali per
non rischiare di rimanere al
di fuori del contesto “classe
virtuale”. Perché, diciamolo
francamente, a scuola fino allo
scorso marzo si confondeva
ancora l’utilizzo delle nuove
tecnologie nella didattica con
l’ora di informatica...
Nel mese di giugno 2020, alla
fine di un anno scolastico impegnativo e denso di novità, il
Ministero ha ben pensato di
pubblicare delle “Linee Guida
per la Didattica Digitale Integrata” (DDI per gli amanti
degli acronimi) per regolamentare le modalità che permettono lo svolgimento delle
attività didattiche a distanza,
ma soprattutto per stimolare
l’intera comunità educante a
non disperdere le competenze
digitali acquisite proprio durante la DAD.
Anche se queste linee guida
sono state accolte, come spesso
accade nel mondo della scuola,
come la richiesta di un ulteriore adempimento formale (ogni
istituto è infatti tenuto a redigere un Piano per la DDI), io
credo che debbano essere invece vissute come un supporto per affrontare in modo più
consapevole e proficuo l’anno
scolastico corrente, ma anche
quelli futuri.
Il passaggio dalla didattica a
distanza (didattica di emergenza che si rende operativa
solo ed esclusivamente in caso
di sospensione dell’attività in
presenza) alla didattica digitale
integrata (modalità didattica
di insegnamento-apprendimento che integra la tradizionale esperienza di scuola in
presenza con l’ausilio di piattaforme digitali e delle nuove
tecnologie) è fondamentale:
l’innovazione didattica digitale non può essere relegata ad
una situazione emergenziale
ma deve entrare a far parte
della pratica quotidiana di
ogni docente e studente.
La redazione di un efficace
Piano per la DDI dovrebbe essere vissuta dai singoli istituti
non come un mero adempimento formale ma come una
riflessione sul fare scuola nel
XXI secolo. E qui la riflessione
è d’obbligo: vogliamo essere
semplici spettatori del cambiamento o decidere di entrare a
farne parte in maniera attiva,
consapevole e partecipata?
In questa delicata fase di riprogettazione e di implementazione delle risorse digitali,
diventa cruciale negli istituti il
ruolo dell’animatore digitale e
del suo Team. Dovrebbero essere loro, infatti, a predisporre
la prima redazione del Piano
per la DDI, redazione che
N.5 - DICEMBRE 2020
verrà poi condivisa con tutto
il corpo docente e potrà essere
modificata tutte le volte che la
riflessione su quanto sta succedendo lo renda necessario.
Il Piano per la DDI non può
essere considerato infatti un
documento statico (una volta
approvato non può più essere messo in discussione) ma
dinamico e, in quanto tale,
dovrà rispondere pienamente
alle esigenze e alle contingenze della scuola di oggi, una
scuola che deve guardare al
cambiamento con occhi coraggiosi e mente aperta.
Ma andiamo al punto e vediamo come è possibile integrare
il nostro fare didattica in presenza
con il fare didattica a distanza.
UNO SGUARDO AL MONDO SOCIAL
Il mondo Social non è proprio il mio forte, ma lo apprezzo perché ha permesso
anche ai docenti di ritagliarsi uno spazio per la condivisione di riflessioni, idee e
buone pratiche: il miglior modo per auto-aggiornarsi e auto-formarsi. Vi suggerisco perciò alcune di queste positive e stimolanti realtà presenti su FACEBOOK.
I gruppi a cui conviene iscriversi:
• G Suite for Education Italia: il gruppo dei docenti italiani che utilizzano con
successo e soddisfazione la G Suite for Education. Qualsiasi dubbio riguardante la piattaforma qui trova certamente una risposta. https://www.facebook.com/groups/gsuiteita
• Insegnanti 2.0: innovazione e pratica nella didattica integrata con le nuove
tecnologie.
• Prof in rete: spazio per la condivisione di progetti, strumenti, informazioni,
idee, problemi (e soluzioni!) legati alla didattica e alla scuola.
• Insegnanti di italiano L2/LS: la community degli Insegnanti di italiano L2/LS.
• La Classe Capovolta: Il primo gruppo che parla di Flipped Learning, metodologia che consente a docenti e studenti di trascorrere delle ore felici e produttive.
• Didattica inclusiva: il gruppo fondato da Dario Ianes, una garanzia di serietà
e competenza.
Le pagine personali da seguire:
• Prof Digitale: al secolo Alessandro Bencivenni, docente di scuola secondaria,
formatore, blogger, divulgatore. In questo periodo è il punto di riferimento dei
docenti che vogliono provare ad integrare le nuove tecnologie alla didattica.
• Antonio Fini: Dirigente scolastico dell’IC di Sarzana; i suoi Post sono illuminanti, soprattutto quando riguardano il rapporto tra la scuola e le nuove tecnologie.
• Cinzia Mion: Dirigente scolastica ora in pensione, formatrice, psicologa. I
suoi interventi sulla scuola sono la testimonianza del fatto che la modernità di
pensiero non è legata all’età anagrafica.
• Daniele Fedeli: Studioso di ADHD e altri disturbi dell’età evolutiva. I suoi
post sono una formazione gratuita di altissimo livello: un vero dono per tutti i
docenti che lo seguono.
• Ludovico Arte: Dirigente Scolastico presso I.T.T “Marco Polo” di Firenze;
ha saputo portare il buono ma anche il bello nella scuola, dimostrando così
che quando si crede fermamente in un progetto si può trovare la strada per
realizzarlo. Le sue riflessioni sono sempre interessanti e stimolanti.
29
#Valentina Sannipoli
L2elledue |
N.5 - DICEMBRE 2020
Funzioni di Google Workspace che maggiormente interessano i docenti
Prima di tutto è necessario
dotarsi di una piattaforma che
permetta ai docenti di mantenere i contatti con i propri
studenti ovunque ci si trovi, e
ogni scuola, da marzo in poi,
ha potuto scegliere tra quelle
presenti nel
mer-
cato (WeSchool, Edmodo,
Office 365 Education, Fidenia ecc.), quella che ritenesse maggiormente adatta alle
proprie esigenze.
Attualmente la piattaforma
più diffusa e usata nelle scuole
italiane (e non solo)
risulta essere
Wor-
kspace (ex G-suite). Il successo di questa diffusione è
sicuramente dovuto al fatto
che tutto quello che occorre
ad un docente per lavorare a
distanza, nella piattaforma di
Google è presente e non c’è
bisogno di integrare altre funzioni, come invece accade con
le altre piattaforme.
Nell’articolo che segue spiegherò come realizzare un
compito da far svolgere in
classe o a casa integrando
una Unità di Lavoro/Apprendimento creata con
Google Documenti a
Classroom (per Go-
ogle Presentazioni vale lo
stesso procedimento). L’esempio che propongo non è
certamente esaustivo di tutte
le potenzialità che la piattaforma offre, ma rappresenta
un primo passo per cominciare a lavorare con Classroom
proficuamente.
Questo tipo di attività, naturalmente, mirerà ad ampliare non
solo le competenze linguistiche e disciplinari dell’alunno,
ma anche quelle digitali.
⬇ SCARICA LA LEZIONE
“FARE DIDATTICA INTEGRATA
CON CLASSROOM”
BIOGRAFIA PROFESSIONALE
Valentina Sannipoli nasce a Lussemburgo nel 1970 da genitori immigrati economici, per questo ha da sempre a cuore la questione dei migranti. Insegna Religione dal 1992, e durante la sua esperienza lavorativa in scuole dove la presenza
di alunni non italofoni è rilevante (IC MARCO POLO e IC DON MILANI di Prato),
ha ricoperto vari incarichi: figura strumentale, referente progetti europei Comenius-Erasmus, formatrice (applicazione delle nuove tecnologie alla Didattica).
Attualmente è docente IRC presso l’Istituto Comprensivo Don Milani di Prato, nel
quale riveste il ruolo di Figura Strumentale PTOF, amministratrice della piattaforma GOOGLE WORKSPACE, componente del Team Digitale, formatrice e responsabile dei progetti PON.
Da anni insegna ai propri alunni a studiare in modo attivo attraverso la ricerca e la
realizzazione di PPT o prodotti audio-video. Negli ultimi tre anni si è specializzata
nell’utilizzo didattico di Minecraft.
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Attività didattiche
e approfondimenti
#Valentina Sannipoli
L2elledue |
N.5 - DICEMBRE 2020
Apro il corso da me creato su Classroom ITALIANO L2 e dopo aver selezionato
LAVORI DEL CORSO, dovrò cliccare su CREA e poi COMPITO.
ATTENZIONE: le schermate con la barra gialla sono dell’account DOCENTE.
Clicco sul
corso
TIPS 💡💡
●
●
●
Clicco prima su
CREA e poi su
COMPITO
INSERISCI NELLA BARRA DEI PREFERITI LE FUNZIONI DI
WORKSPACE CHE USI MAGGIORMENTE.
SE TU DOVESSI CAMBIARE IL NOME AL CORSO
RICORDATI DI CAMBIARE ANCHE IL NOME DELLA
CORRISPONDENTE CARTELLA CHE SI TROVA NEL TUO
DRIVE.
PROVA A PERSONALIZZARE CON COLORI O SFONDI
DIVERSI I TUOI ACCOUNT GOOGLE, VEDRAI CHE SARÀ
PIÙ FACILE GESTIRLI (NELLA PAGINA INIZIALE DI GOOGLE,
IN BASSO A DESTRA TROVI UNA MATITINA, CLICCA E
DIVERTITI A PERSONALIZZARE IL TUO ACCOUNT!)
Dopo aver inserito il TITOLO e le eventuali istruzioni, devo scegliere se
aggiungere o creare il documento che voglio inviare agli alunni. In questo caso il
documento è già pronto e quindi cliccherò su AGGIUNGI.
Metto il
titolo e le
istruzioni
Scelgo
l’opzione che
riguarda il mio
documento
Se il documento si
trova nel mio
computer scelgo
l’opzione CARICA e
poi clicco su
BROWSE
32
Se il documento invece si
trova nel mio DRIVE scelgo
l’opzione GOOGLE DRIVE e
poi IL MIO DRIVE; visto che
l’ho aperto da poco lo posso
trovare anche nei RECENTI;
a questo punto non mi rimane
che fare doppio click sul
documento
#Valentina Sannipoli
L2elledue |
N.5 - DICEMBRE 2020
Non rimane altro che assegnare il compito, ma prima devo fare una cosa
importantissima: scegliere l’opzione CREA UNA COPIA PER OGNI STUDENTE;
attenzione: questa scelta non può essere fatta dopo aver assegnato il compito!!!
Se ci dimentichiamo dobbiamo eliminare il compito e ricominciare da capo.
Clicco qui per assegnare il lavoro
L’opzione “PER”
assegna in
automatico il compito
a tutti gli studenti del
corso.
Per assegnarlo
anche ad altri corsi o
solo ad alcuni
studenti devo
cambiare i destinatari
cliccando sul menù a
tendina.
Tutte le altre opzioni
(PUNTI,
SCADENZA,
ARGOMENTO,
GRIGLIA) non sono
OBBLIGATORIE e
quindi possono
essere selezionate o
tralasciate.
Ma cosa succede dalla parte dello STUDENTE (schermate con barra rosa)? Per avere
chiare le procedure che devono seguire gli studenti per utilizzare la piattaforma,
ho creato un account “studente.prova” che utilizzo ogni volta che occorre.
Ricordiamo ai nostri studenti di
controllare quotidianamente
questa sezione!
In questa sezione gli
studenti possono
facilmente controllare i
compiti assegnati, anche
quelli che non hanno la
data di scadenza
Anche lo studente
dovrà per prima cosa
cliccare sul corso
TIPS 💡💡
Anche da qui è possibile
accedere ai compiti
●
CHIEDI ALL’AMMINISTRATORE DELLA
PIATTAFORMA WORKSPACE DELLA
TUA SCUOLA DI FORNIRTI UN
ACCOUNT “STUDENTE-PROVA” PER
POTER CONOSCERE LE PROCEDURE
CORRETTE CHE DEVONO METTERE
IN ATTO GLI ALUNNI.
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#Valentina Sannipoli
L2elledue |
N.5 - DICEMBRE 2020
Le prime volte dobbiamo aiutare gli studenti a capire la giusta
sequenza della procedura, se non vogliamo rischiare un fallimento.
Attenzione:
NON da qui!!!
Per prima cosa lo studente
deve cliccare sulla sezione
VISUALIZZA COMPITO
Insegnamo
ai nostri
alunni ad
usare il
sommario
Adesso si può
cominciare a
compilare la
scheda...
Poi nella sezione IL TUO LAVORO,
deve cliccare sul documento che
deve avere il NOME dello studente
… e si
possono
inserire
note e
commenti
Sempre seguendo la procedura passo passo, lo studente arriva
finalmente a poter consegnare il suo compito.
Cliccando su
COMMENTA
l’alunno può
lasciare un
messaggio al
docente
Attenzione,
per
commentare
deve essere
attiva la
sezione
MODIFICA
Allo studente verrà poi
chiesto di confermare
la CONSEGNA
Terminato il
compito
cliccare su
CONSEGNA
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#Valentina Sannipoli
L2elledue |
N.5 - DICEMBRE 2020
Il lavoro ormai è consegnato (ma lo studente può ritirarlo, se lo desidera,
per apportare dei cambiamenti o correzioni). Vediamo adesso quindi cosa
deve e può fare il docente per correggere e restituire compito.
Nella sezione LAVORI IN
CORSO, il docente deve
scegliere il compito da
correggere e poi cliccare
su VISUALIZZA COMPITO
Lo studente, per ritirare il
compito e modificarlo dovrà
cliccare su RITIRA.
TIPS 💡💡
●
Nella sezione
LAVORO DELLO
STUDENTE
posso aprire il
compito di chi
ha consegnato
per correggerlo.
●
NELLA SEZIONE “LAVORO DELLO
STUDENTE” POSSIAMO APRIRE ANCHE I
COMPITI NON CONSEGNATI,
CORREGGERLI E RESTITUIRLI CON O
SENZA PUNTEGGIO.
LA RESTITUZIONE DI UN COMPITO PUÒ
ESSERE EFFETTUATA ALUNNO PER
ALUNNO O TUTTI INSIEME.
Continuiamo nel lavoro di correzione utilizzando le varie
possibilità che Google DOCUMENTI ci offre.
Qui c’è l’elenco di tutti gli
alunni del corso che io posso
scorrere senza tornare alla
pagina precedente
Rispondo alle domande o
ai commenti
Posso anche aprire il
documento in un’altra
finestra
TIPS 💡💡
E apporto le correzioni che
sono sono colorate di verde
●
●
GOOGLE DOCUMENTI POSSIEDE TANTISSIME
OPZIONI CHE DEVONO ESSERE PROVATE PIÙ
E PIÙ VOLTE PER ESSERE BEN ASSIMILATE:
“SPIPPOLIAMO” SENZA TIMORE!
PRIMA DI ASSEGNARE UN DOCUMENTO,
ACCERTIAMOCI CHE FUNZIONI
COMPILANDOLO NOI PER PRIMI
DALL’ACCOUNT DELLO STUDENTE-PROVA.
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#Valentina Sannipoli
L2elledue |
N.5 - DICEMBRE 2020
La correzione è ormai giunta al termine e quindi posso compilare
le voci presenti nella barra a destra prima dell’invio definitivo.
Clicco qui per
restituire il lavoro
TIPS 💡💡
●
Per avere una visione
d’insieme dell’andamento
della prova, posso
consultare la sezione VOTI
I QUADERNI HANNO RIGHE O QUADRETTI,
NON POSSIAMO PENSARE CHE, NEL
PASSAGGIO DALLA VERSIONE CARTACEA A
QUELLA DIGITALE, GLI STUDENTI RIESCANO
IMMEDIATAMENTE A GESTIRE UNA PAGINA
VUOTA: USIAMO IL PIÙ POSSIBILE LE
TABELLE PER CREARE UNA BUONA UdLA!
CERTO SARÀ PIÙ LUNGA E FATICOSA LA
PREPARAZIONE MA NE VARRÀ LA PENA.
Un’ultima occhiata al lato STUDENTE e
finalmente siamo arrivati alla fine!
TIPS 💡💡
●
Lo studente dovrà aprire
di nuovo il suo lavoro
se decidesse di
controllare le correzioni
I commenti del docente
e la valutazione, invece, sono
subito disponibili alla visione.
TUTTI I LAVORI REALIZZATI DAI NOSTRI ALUNNI,
SECONDO LA POLITICA DI WORKSPACE, SONO
DI PROPRIETÀ DEGLI ALUNNI STESSI. DOBBIAMO
PERCIÒ SCARICARE UNA COPIA (WORD O PDF)
DI TUTTO CIÒ CHE VOGLIAMO CONSERVARE
NEL NOSTRO DRIVE, PERCHÉ SE GLI STUDENTI
DECIDESSERO DI CANCELLARLI O SPOSTARLI,
POTREMMO NON TROVARE PIÙ I COMPITI
CONSEGNATI.
Le correzioni del
docente adesso sono
rosse e lo studente può
accettarle o rifiutarle
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