Academia.eduAcademia.edu

Tramonto dell'efficacia riflessa del giudicato

2020, Giurisprudenza Italiana

L’Autore, compiuta una breve sintesi della ‘‘parabola’’ dell’efficacia riflessa del giudicato, ripercorre gli opposti orientamenti della giurisprudenza di legittimità sulla opponibilità del giudicato di condanna nei confronti del danneggiante alla compagnia assicurativa che non ha preso parte al giudizio tra il primo e il danneggiato. Si sofferma, in particolare, sulla soluzione elaborata con la presente decisione, che privilegia l’orientamento (sinora minoritario) secondo cui il giudicato non può essere opposto all’assicuratore rimasto estraneo al giudizio e può, invece, valere come prova documentale nella causa successivamente instaurata tra danneggiato e assicuratore. Ragiona, infine, sulla qualificazione di obbligazione solidale tra assicurato ed assicuratore in ambito R.C. Auto e sulla portata della disposizione dell’art. 1306 c.c., prospettando alcuni possibili sviluppi interpretativi.

n Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato consegue l’invalidità della sentenza pronunciata in carenza di esercizio di tale potere. Si tratta di un’affermazione anche in questo caso pregna di significati. Innanzitutto, la sentenza del giudice d’appello risulta impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi dell’art. 360, n. 4, c.p.c., in quanto il mancato rilievo della questione è vizio di attività; all’esito la Corte cassa in quanto invalida la sentenza impugnata. Questo è ciò che è avvenuto nel caso di specie: la Corte di appello di Catanzaro ha omesso di rilevare ed esaminare la tardività della domanda riconvenzionale del convenuto in primo grado e, riformando la sentenza gravata, l’ha accolta nel merito; pertanto, è incorsa in un error in procedendo denunciato con ricorso per cassazione, che la Corte accoglie. Ma soprattutto, se il profilo non è utilizzato come motivo di ricorso, la Corte di cassazione ha la facoltà di rilevare essa stessa la questione, che il giudice d’appello ha omesso di rilevare, esaminare e decidere, per farne dipendere l’esito del processo; del resto, il vizio di presupposto processuale è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo e dunque anche in sede di giudizio di legittimità 25. Una considerazione che può avere effetti dirompenti è allora la seguente. Se il rilievo d’ufficio del vizio processuale è un dovere del giudice d’appello, e se il vizio è rilevabile anche per la prima volta in Cassazione, deve ritenersi un dovere anche per quest’ultima, che dunque compie una violazione di norma processuale se non lo fa, cosı̀ come il giudice d’appello. In altri termini: se è vero che l’omesso rilievo d’ufficio di un vizio processuale da parte del giudice d’appello genera la nullità della sua sentenza, per coerenza anche la sentenza della Corte di cassazione emessa in violazione di legge per mancato rilievo d’ufficio di una nullità processuale deve qualificarsi come invalida 26. Del resto la doverosità del rilievo d’ufficio, da parte della Corte di cassazione, della carenza di un presupposto processuale consegue anche alla considerazione generale che la sentenza emessa in presenza del vizio processuale è invalida per inesistenza del potere di decidere (nel merito) 27. Il problema si sposta allora sul terreno, estremamente impervio, delle modalità per far valere le invalidità delle pronunce della Cassazione ed in particolare della loro impugnazione. Non è questa la sede per affrontarlo, ma si deve sottolineare, e cosı̀ concludere, la necessità di prevedere mezzi di reazione rispetto a sentenze della Corte di cassazione viziate da errores in procedendo o difetti di attività, per garantire il rispetto delle regole processuali che, come tali, sono volte a consentire l’emissione di decisioni giuste, ed il controllo dall’esterno della loro applicazione da parte della stessa Corte, che non può essere o risultare legibus soluta quanto alle norme di comportamento relative al suo operare 28. n Limiti soggettivi del giudicato Cassazione civile, Sez. III, 9 luglio 2019, n. 18325 – Pres. Armano – Rel. Cigna – Est. Scoditti – P.M. Patrone (conf.) – A. Assicurazioni S.p.a. (avv. Del Borrello) – B.S.D.A., BA.CR. (avv. Siracusa). Cassa con rinvio, App. Milano, 19 aprile 2016. ponibilità all’assicuratore rimasto estraneo al giudizio – Esclusione – Fondamento – Efficacia solo probatoria del giudicato formatosi ‘‘inter alios’’ Responsabilità civile – Assicurazione – Giudizio di risarcimento danni da responsabilità civile automobilistica – Giudicato favorevole al danneggiato – Op- In materia di assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, il giudicato favorevole al danneggiato, conseguito nei confronti del solo danneggiante assicurato, non è opponibile all’assicuratore che non abbia par- 25 In proposito v. per tutti Bove, La corte di cassazione come giudice di terza istanza, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2004, 947, 950 e segg. 26 Si ricordi che la giurisprudenza di legittimità prevalente fornisce un’interpretazione che qualifica come invalida la sentenza emessa in violazione di legge per mancato rilievo officioso di una nullità processuale: oltre alle pronunce citate in nota 8, cfr. anche Cass. civ., Sez. lav., 16 maggio 2002, n. 7119. 27 Cosı̀, con la sua consueta chiarezza, Fabbrini, voce ‘‘Potere del giudice (dir. proc. civ.)’’, in Enc Dir., XXXIV, 1985, 721, 724725, sul mancato esercizio del potere da parte del giudice di rilievo d’ufficio della carenza di presupposti processuali, scriveva che ‘‘rilevare le fattispecie impeditive è doveroso per il giudice non già per un’asserita generica doverosità di esercizio dei poteri dell’organo pubblico, ma per la ben precisa circostanza che la tecnica del procedimento rende viziata per inesistenza del potere la decisione di merito emessa in presenza della fattispecie impeditiva’’. In proposito si veda, diversamente, Fornaciari, op. cit., 111, n. 218. 28 Non appare sufficiente allo scopo la revocazione ex art. 391- bis c.p.c., sebbene la Corte abbia spesso fatto rientrare nell’errore di fatto revocatorio anche e soprattutto errores in procedendo: infatti, si pretende comunque che si tratti di un errore di percezione, di una mera svista, con i caratteri della assoluta evidenza (ex multis Cass. civ., 8 agosto 2002, n. 11937, in Giur. It., 2003, 1125, con nota di Ronco; più recentemente Cass. civ., Sez. lav., 5 novembre 2018, n. 28143; Cass. civ., 24 gennaio 2018, n. 1820). In tema Luiso, La norma processuale ed i suoi destinatari, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2017, 897; Comoglio, Requiem per il processo ‘‘giusto’’, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2013, II, 47; Tiscini, Il giudizio di cassazione, in Luiso-Vaccarella (a cura di), Le impugnazioni civili, Torino, 2013, 321 e segg., 483 e segg.; Impagnatiello, voce ‘‘Decisioni della cassazione (impugnazione delle)’’, in Digesto Civ., Aggiornamento, Torino, 2010, 443; Panzarola, La impugnazione delle decisioni della corte di cassazione, in Giusto Proc. Civ., 2009, 1027, in part. 1030-1031, anche nota 10; Id., Art. 391-bis, in Briguglio-Capponi (a cura di), Commentario alle riforme del processo civile, I, Padova, 2009, 283; Balena, L’impugnazione delle sentenze di cassazione, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2004, I, 107. 2454 Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 n Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile tecipato al giudizio, sicché, nella causa successivamente instaurata tra danneggiato e assicuratore, potrà avere esclusivamente efficacia di prova documentale, al pari delle prove acquisite nel processo in cui si è formato. Omissis. – Con il secondo motivo si denuncia violazione o falsa applicazione degli artt. 1306 e 2909 c.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che il condebitore solidale ai sensi dell’art. 1306 non può subire alcun pregiudizio dalla sentenza resa in procedimento al quale è rimasto estraneo e che nella specie deve escludersi il nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti giuridici perché, non essendo stato citato nel giudizio penale l’assicuratore, si è dato luogo ad una totale scissione fra l’accertamento in sede penale e quello successivo a cui si poteva pervenire in sede civile. Aggiunge che la sentenza emessa nei confronti del solo danneggiante può essere utilizzata nel successivo giudizio nei confronti dell’assicuratore, contenendo essa un accertamento di verità, con possibilità però per l’assicuratore di far valere le proprie ragioni. Il motivo è fondato. L’affermazione della corte territoriale, secondo cui il giudizio svoltosi innanzi al giudice civile a seguito di rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p. ha natura di giudizio civile in senso proprio, sicché il giudicato è un giudicato civile, è corretta (cfr. Cass. 12 giugno 2019, n. 15859). Non è corretto il riconoscimento dell’efficacia di quel giudicato nei confronti dell’assicuratore rimasto estraneo al giudizio. Con riferimento all’opponibilità del giudicato favorevole al danneggiato, conseguito nei confronti del solo danneggiante assicurato, all’assicuratore in assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motori si registrano nella giurisprudenza di questa Corte due orientamenti. Secondo un indirizzo meno recente il giudicato non può essere opposto all’assicuratore che sia rimasto terzo rispetto al rapporto processuale fra danneggiato ed assicurato (Cass. 18 maggio 2011, n. 10919; 2 marzo 2004, n. 4192; 4 ottobre 1976, n. 3223; ma si veda già Cass. 29 ottobre 1963, n. 2859). Secondo un indirizzo più recente e tendenzialmente maggioritario la sentenza di condanna al risarcimento del danno pronunciata nei confronti del responsabile di un sinistro stradale fa stato nei confronti del suo assicuratore della responsabilità civile, per quanto concerne la sussistenza dell’obbligo risarcitorio del danneggiante e del correlativo debito, anche se l’assicuratore non abbia partecipato al relativo giudizio, atteso che l’assicuratore non è titolare di una posizione autonoma rispetto al rapporto cui si riferisce la sentenza e non può disconoscere l’accertamento in essa contenuto come affermazione oggetto di verità, ma è titolare di una situazione giuridica dipendente dalla situazione definita con la prima sentenza (Cass. 20 febbraio 2013, n. 4241; 31 gennaio 2012, n. 1359; 12 maggio 2005, n. 10017; 16 ottobre 2001, n. 12612; 18 gennaio 1979, n. 371). Cass. 20 febbraio 2013, n. 4241 aveva tuttavia affermato che dell’opponibilità del giudicato all’assicuratore rimasto terzo rispetto al processo ‘‘non pare che sia stata apertamente saggiata la resistenza anche alla luce delle garanzie costituzionali sui diritti di azione e difesa in giudizio (art. 24 Cost.) e del contraddittorio (art. 111 Cost.)’’; nella specie non fu tuttavia riconosciuta l’applicabilità del giudicato per non esservi stato accertamento del debito risarcitorio. Ma soprattutto Cass. 30 ottobre 2007, n. 22881, relativa ad un caso in cui era convenuta l’impresa designata dal Fondo di garanzia, osservò che la possibilità di estendere l’efficacia del giudicato a soggetti rimasti terzi rispetto al giudizio si Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 poneva in evidente contrasto con i principi costituzionali (artt. 24 e 111 Cost.), ma il rilievo rimase al livello di obiter dictum in quanto il giudicato fu ritenuto non opponibile sulla base del diverso argomento che nel caso dell’impresa designata dal Fondo di garanzia i limiti di estensibilità del giudicato rimanevano fissati dalla L. n. 990 del 1969, art. 25, per cui si ritenne applicabile la norma di cui all’art. 1306 c.c. in materia di efficacia della sentenza nei confronti degli altri debitori in solido. Ritiene il Collegio che l’indirizzo da seguire sia quello minoritario della non opponibilità del giudicato sfavorevole per il danneggiante al terzo assicuratore anche, ma non solo, sulla base della considerazione dei dubbi di ordine costituzionale emersi nell’evoluzione della giurisprudenza. Gli argomenti che militano nel senso della non opponibilità del giudicato sono infatti due, l’uno di ordine costituzionale, l’altro relativo alla costruzione della fattispecie. 2.1. Muovendo da quest’ultimo argomento, va evidenziato che l’indirizzo favorevole all’opponibilità del giudicato al terzo si iscrive in un più largo e risalente orientamento della giurisprudenza, adesivo alla c.d. teoria del giudicato riflesso. Si tratta di teoria elaborata dalla dottrina nel corso degli anni sessanta del secolo scorso (ma già emersa nel vigore del codice del 1865) e fatta propria dalla giurisprudenza. Una volta recepita, quella teoria ha avuto diffusione assai larga e continua ad essere sostenuta dalla più recente giurisprudenza. Il principio di diritto enunciato in modo ricorrente è il seguente: ‘‘il giudicato, oltre ad avere una sua efficacia diretta nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa, è dotato anche di un’efficacia riflessa, nel senso che la sentenza, come affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione, con la conseguenza reciproca che l’efficacia del giudicato non si estende a quanti siano titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico definito con la prima sentenza’’ (nell’assai nutrito numero di precedenti, che si snoda in una pluralità di decenni, si possono qui menzionare fra le più recenti Cass. 29 marzo 2019, n. 8766; 25 febbraio 2019, n. 5411; 17 maggio 2017, n. 12252; 2 dicembre 2015, n. 24558; fra le più risalenti Cass. 16 maggio 1963, n. 1237; 7 settembre 1968, n. 3928; 13 marzo 1970, n. 656). Il presupposto della c.d. efficacia riflessa del giudicato è dunque il nesso di pregiudizialitàdipendenza fra rapporti giuridici. Il fenomeno della pregiudizialità-dipendenza è da porre in relazione al principio di relatività della fattispecie secondo cui l’effetto giuridico di una data fattispecie può a sua volta rilevare come elemento del fatto costitutivo (modificativo o estintivo) di un’altra fattispecie. In altri termini, ciò che integra la conseguenza giuridica del fatto, e dunque l’elemento formale della qualificazione giuridica, può, sotto un altro aspetto, costituire l’elemento materiale di una distinta fattispecie e trascorrere da valore giuridico a fatto esso stesso. L’effetto giuridico relativo al rapporto pregiudicante, che venga a costituire elemento del fatto costitutivo del rapporto pregiudicato, costituisce nel processo relativo a quest’ultimo questione pregiudiziale in senso tecnico. Si tratta di questione conosciuta in via incidentale senza effetto di giudicato (il quale ha ad oggetto solo il rapporto giuridico oggetto del processo pregiudicato – c.d. questione pregiudiziale in senso logico), a meno che per domanda di una delle parti non debba essere decisa con efficacia di giudicato (art. 34 c.p.c., il quale, come la norma complementare sulla sospensione di cui all’art. 295 c.p.c., riguarda la pregiudizialità 2455 n Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato tecnica e non quella logica, stante l’estensione dell’efficacia di giudicato al rapporto complesso di cui è parte il diritto dedotto in giudizio che caratterizza la pregiudizialità logica – cfr. Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243 – e che la fa ricadere nel regime della continenza di cause anziché in quello della sospensione necessaria). Il punto che interessa ai presenti fini è che l’eventuale giudicato sul rapporto pregiudicante spiega efficacia nel processo pregiudicato. Quando i soggetti del rapporto pregiudiziale non coincidono con quelli del rapporto condizionato, per un verso nel processo relativo a quest’ultimo rapporto non può accertarsi con efficacia di giudicato la questione pregiudiziale su domanda di una delle parti perché queste, non essendo titolari del rapporto in questione, sono sfornite della legittimazione ad agire su tale rapporto (tale evenienza non può peraltro mai sorgere nel caso di azione diretta proposta dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore ai sensi dell’art. 144, comma 3, cod. assicurazioni, per la presenza del litisconsorzio necessario con il responsabile del danno), per l’altro però il giudicato sul rapporto pregiudicante, seguendo la teoria del giudicato riflesso, esplica la sua efficacia anche nei confronti del terzo titolare del rapporto legato a quello oggetto del primo giudizio stante il nesso sostanziale di dipendenza giuridica. Restando nel campo dell’assicurazione sulla responsabilità civile, la responsabilità risarcitoria del danneggiante, la quale costituisce l’effetto della fattispecie di illecito civile, a sua volta costituisce fatto costitutivo, unitamente all’esistenza del contratto di assicurazione, dell’obbligo dell’assicuratore di tenere indenne il danneggiante. Seguendo la teorica del giudicato riflesso, il giudicato fra danneggiato e danneggiante, in relazione all’esistenza della responsabilità ed all’ammontare del debito, sarebbe opponibile all’assicuratore, che non abbia partecipato al giudizio fra danneggiato e danneggiante, ove l’assicurato agisca per essere tenuto indenne dalle conseguenze svantaggiose della sua soccombenza, ovvero agisca in sede risarcitoria lo stesso danneggiato nel caso di assicurazione obbligatoria. L’effetto giuridico della responsabilità resta accertato come rapporto giuridico, e dunque con efficacia di giudicato anche per il terzo, e non quale mero fatto, suscettibile di accertamento incidenter tantum nella fattispecie di cui il terzo è parte. 2.2. Nell’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti la relazione di pregiudizialità-dipendenza è ciò che rende ad interesse unisoggettivo un’obbligazione la quale, per effetto dell’azione diretta, diventa obbligazione solidale. La previsione dell’azione diretta del danneggiato contro la società assicuratrice comporta infatti che responsabile del sinistro ed assicuratore rispondano in solido nei confronti del danneggiato, il primo per l’intero danno, il secondo nei limiti del massimale (salva la ricorrenza delle ipotesi di responsabilità ultramassimale). Si tratta di obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo perché l’una obbligazione esiste se esiste l’altra e nel rapporto interno il debito ricade interamente su una parte (secondo l’archetipo della fideiussione, benché a differenza di quest’ultima nel rapporto interno l’obbligazione, per la presenza dell’assicurazione sulla responsabilità civile, non ricada sul titolare del debito pregiudiziale ma sul garante obbligato ex contractu nei confronti del danneggiante ed ex lege nei confronti del danneggiato). La giurisprudenza da lungo tempo è costante nel ritenere che nell’assicurazione obbligatoria assicuratore e responsabile civile sono obbligati in solido verso il danneggiato nei limiti del massimale, in funzione di rafforzamento dell’interesse del creditore, coerentemente allo scopo della L. n. 990 del 1969 (Cass. 30 ottobre 2456 2009, n. 23057; 11 giugno 2008, n. 15462; 20 marzo 2001, n. 4005; 14 giugno 1999, n. 5883; 1º giugno 1995, 6128; 16 agosto 1988, n. 4950; 27 novembre 1982, n. 6428, quest’ultima con una motivazione particolarmente significativa). Si suole parlare di ‘‘solidarietà atipica’’, atteso che il debito aquiliano dell’assicurato discende ex delicto ed è illimitato mentre quello di natura indennitaria dell’assicuratore deriva ex lege e trova limite nella capienza del massimale (Cass. 3 giugno 2002, n. 7993; Cass. 9 aprile 2001, n. 5262; Cass. 1º giugno 1995, n. 6128). Tale conclusione si colloca nel quadro del processo di astrazione della solidarietà, quanto all’eadem causa obligandi, per essere essa riferita all’identità dello scopo e della prestazione (eadem res debita) cui i diversi rapporti tendono, processo che ormai ampiamente caratterizza la giurisprudenza, come è testimoniato dalle ipotesi di solidarietà passiva nell’ambito di obbligazioni con fonti eterogenee, fra le quali la solidarietà basata su diversi titoli contrattuali. L’inquadramento dell’assicurazione obbligatoria nella solidarietà passiva comporta l’applicabilità dell’art. 1306 c.c., per cui il giudicato intervenuto fra danneggiato e danneggiante non può valere contro il terzo assicuratore, mentre può valere a favore di quest’ultimo ove questi manifesti la volontà di avvantaggiarsene. La presenza della solidarietà passiva impedisce l’effetto del giudicato riflesso, che conseguirebbe al nesso di pregiudizialità-dipendenza, e consente l’operatività del solo giudicato favorevole al terzo. 2.3. La qualificazione in termini di solidarietà passiva della vicenda dell’assicurazione obbligatoria sarebbe argomento sufficiente per superare la tesi dell’efficacia riflessa del giudicato nella materia de qua. Una tale interpretazione del sistema normativo, che lasci ferma la tesi dell’efficacia del giudicato nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente, condurrebbe però ad un esito ermeneutico privo di ragionevolezza sul piano costituzionale. Non sarebbe infatti ragionevole un trattamento non uniforme dell’assicuratore, che nel caso di assicurazione obbligatoria non risente quale debitore solidale del giudicato sfavorevole ove si tratti dell’azione promossa nei suoi confronti dal danneggiato, mentre nel caso dell’azione di rivalsa promossa dal danneggiante quel giudicato può essergli opposto, assumendo che la regola di cui all’art. 1306 c.c. riguardi il rapporto fra il creditore e uno dei debitori in solido ma non quello fra danneggiante e assicuratore in sede di regresso. Il trattamento diseguale, questa volta dal lato del danneggiato, diventa ancor più irragionevole ove si pensi che la disciplina dell’assicurazione obbligatoria è improntata, mediante l’istituto dell’azione diretta, ad una tutela rafforzata del danneggiato e proprio in un tale ambiente di tutela al danneggiato non sarebbe consentito ciò che invece sarebbe consentito al danneggiante, opporre cioè il giudicato all’assicuratore. La coerenza costituzionale dell’interpretazione impone pertanto di allargare l’indagine anche all’altro argomento che milita nel senso della non opponibilità del giudicato al terzo assicuratore, e si tratta di un argomento anch’esso di tipo costituzionale, come si è anticipato sopra. Va tuttavia premesso un rilievo di ordine strettamente processuale. 2.4. La tesi dell’opponibilità del giudicato al terzo titolare di rapporto dipendente introduce un’incoerenza già sul piano del sistema processuale. Come riconosciuto da Cass. sez. U. 4 dicembre 2015, n. 24707, l’art. 106 c.p.c. prevede sia l’ipotesi in cui, con la chiamata in causa, il garantito esercita l’azione di regresso, sia la diversa ipotesi in cui il garantito si limita a provocare la partecipazione al processo del garante, senza proporre domanda nei suoi confronti, con efficacia estensiva della legitGiurisprudenza Italiana - Novembre 2020 n Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile timazione del garante rispetto all’accertamento del rapporto principale. La partecipazione al processo del garante, senza proposizione della domanda nei suoi confronti, mira a rendergli opponibile il giudicato sul diritto pregiudiziale fatto valere tramite la domanda. Non è coerente alla necessità di provocare la partecipazione al processo del titolare del rapporto dipendente per rendergli opponibile il giudicato l’istituto dell’efficacia riflessa, il quale consentirebbe di opporre al terzo estraneo il giudicato per il sol fatto dell’esistenza del nesso di pregiudizialità-dipendenza e senza passare per la ‘‘denuncia della lite’’ (cosı̀ definita dalla dottrina) evocata dall’art. 106. Si tratta del resto di una possibilità negata dalla stessa Cass. Sez. U. 4 dicembre 2015, n. 24707 sopra richiamata, la quale menziona la dottrina secondo cui il giudicato sul rapporto pregiudiziale senza la partecipazione al processo del terzo garante non è a lui opponibile (punto 9.2. della motivazione). È significativo che questo importante arresto delle Sezioni Unite smentisca, sia pure in obiter dictum, la teorica dell’efficacia riflessa. Ulteriore contraddizione ricorre fra l’istituto dell’efficacia riflessa del giudicato e quello del litisconsorzio processuale. A differenza del litisconsorzio necessario sostanziale (art. 102 c.p.c.), che ha carattere originario in quanto protettivo dell’interesse dell’attore ad un provvedimento giurisdizionale utile, il litisconsorzio necessario processuale, che sopravviene in fase di appello (cfr. Cass. sez. U. 4 dicembre 2015, n. 24707), mira a prevenire la formazione di giudicati che, in mancanza della necessaria persistenza delle parti in sede di impugnazione, potrebbero essere contrastanti. Ne discende che nel caso di soccombenza in primo grado dell’attore questi dovrà proporre l’impugnazione, stante l’insorto litisconsorzio processuale e l’acquisita trilateralità del rapporto, anche nei confronti del garante. Solo a queste condizioni l’eventuale giudicato favorevole all’originario attore può esplicare efficacia nel rapporto fra garantito e garante. Una tale conclusione è in contraddizione con l’assunto dell’efficacia riflessa del giudicato nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente da quello oggetto di giudicato, efficacia sussistente per il sol fatto del nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti e per la quale non è richiesta la partecipazione del titolare del rapporto dipendente al processo relativo al rapporto pregiudicante. Va infine rilevata, con riferimento all’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti, la disarmonia sul piano sistematico che si avrebbe con riferimento a quanto previsto dall’art. 144, comma 3, cod. assicurazioni. Mentre è previsto dalla legge il litisconsorzio necessario con il responsabile del danno quando sia promossa l’azione diretta nei confronti dell’assicuratore, litisconsorzio processuale e non sostanziale perché finalizzato all’opponibilità del giudicato e non all’utilità del medesimo (potendo ben essere pronunciata la sentenza di condanna nei confronti del solo assicuratore), nel caso di azione promossa nei confronti del solo responsabile del danno il giudicato sarebbe opponibile all’assicuratore rimasto terzo rispetto al giudizio di responsabilità. 2.5. Sono comunque ragioni di ordine costituzionale che rendono ormai non più sostenibile, dopo che la giurisprudenza vi ha aderito per qualche decennio, la teorica del giudicato riflesso nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente. A questo proposito si deve prendere atto del fatto che la dottrina, a cui la giurisprudenza aveva inizialmente attinto per la recezione dell’istituto del giudicato riflesso, ha da lungo tempo, ed in particolare dagli anni settanta del secolo scorso, progressivamente abbandonato l’istituto in questione, facendo prevalere la tutela del diritto di difesa del terzo ai sensi dell’art. 24 Cost., la quale Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 ha poi trovato il proprio completamento nel principio del giusto processo sancito dal revisionato art. 111 Cost., ed in particolare nel principio del contraddittorio. Questa articolazione di principi costituzionali è incompatibile con un istituto, quale quello dell’efficacia riflessa, cui la giurisprudenza continua sovente ancora a fare riferimento. Facendo applicazione dell’efficacia riflessa del giudicato ciò che integra il fatto costitutivo della domanda risulterebbe accertato in modo irretrattabile senza il contraddittorio con il convenuto e senza che questi possa esercitare il diritto di difesa. Per il terzo l’altrui decisione resta quindi res inter alios acta. Il superamento dell’efficacia riflessa del giudicato lascia però aperta la questione del bilanciamento fra il principio del contraddittorio e quello di coerenza degli accertamenti giurisdizionali circa il modo di essere dei rapporti giuridici. Il bilanciamento resta affidato alle norme di diritto positivo, mentre l’efficacia riflessa riposava su una costruzione dogmatica. Il primo passo da compiere è quello della distinzione fra successore a titolo particolare e terzo. In base all’art. 2909 c.c. e art. 111 comma 4, c.p.c., il giudicato spiega efficacia nei confronti del terzo che sia succeduto nel diritto oggetto del giudicato, post rem iudicatum nel caso dell’art. 2909 e nel corso del processo nel caso dell’art. 111, comma 4. La compressione del contraddittorio deriva qui dalla legittima esigenza di fornire una tutela effettiva alle parti del giudizio originario. Per quanto riguarda il terzo i limiti soggettivi di efficacia del giudicato restano disciplinati dalle norme positive. Si tratta dell’efficacia di diritto e non di quella di fatto, la quale si ha invece quando manchi un collegamento giuridico fra il diritto della parte interessata (in via di fatto) al giudicato ed il rapporto disciplinato da quest’ultimo (ad esempio il caso di Tizio, proprietario del fondo limitrofo, convenuto in negatoria servitutis da Caio, che ha rivendicato vittoriosamente la proprietà nei confronti di Sempronio). Norme che presuppongono l’estensione al terzo dell’efficacia del giudicato sono l’art. 404 comma 2, c.p.c. sull’opposizione di terzo revocatoria, che contempla i creditori e gli aventi causa (i quali secondo la migliore dottrina sono i terzi titolari di un diritto dipendente che è sorto prima dell’instaurazione del processo riguardante il rapporto pregiudiziale) e l’art. 1595 comma 3, c.c., secondo cui la sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto anche contro il subconduttore (espressione di un principio che può ritenersi operante nell’intera materia del subcontratto, con l’affidamento della salvaguardia del diritto del terzo allo strumento previsto dall’art. 107 c.p.c., il cui utilizzo è affidato al prudente apprezzamento del giudice). Con riferimento al fenomeno dei nessi di pregiudizialitàdipendenza fra rapporti, ferma la regola che l’efficacia del giudicato non può operare contro il terzo, può desumersi dall’art. 1306 c.c., come sostiene la dottrina, il principio generale secondo cui gli effetti del giudicato favorevole al terzo possono da questi, laddove manifesti l’intenzione di avvalersene, essere opposti al soggetto che è stato parte del processo pregiudicante confluito nel giudicato (possibilità evocata da Cass. Sez. U. 4 giugno 2008, n. 14815 in materia di giudicato tributario), operando quindi gli effetti del giudicato secundum eventum litis. 2.6. All’infuori dei confini indicati non resta che l’efficacia di prova o di elemento di prova documentale che il giudicato può acquistare, cui non di rado la giurisprudenza ha fatto riferimento proprio a proposito di rapporto pregiudiziale inter alios (Cass. 20 febbraio 2013, n. 4241; 10 settembre 2009, n. 19499; 21 settembre 2007, n. 19492; 20 luglio 2003, 2457 n Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato n. 11682; 29 gennaio 2003, n. 1372), considerando perciò il giudicato non quale valore giuridico (disciplina giurisdizionale del rapporto) ma quale fatto storico risultante da un documento. Tale è l’efficacia che il giudicato reso fra danneggiato e danneggiante può avere nei confronti dell’assicuratore nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile, sia quando agisca il danneggiato in sede di azione diretta, sia quando agisca il danneggiante in sede di rivalsa. Alla luce dell’assenza di una norma di chiusura sulla tassatività tipologica dei mezzi di prova, si può tenere conto anche delle prove acquisite nel processo svoltosi nei confronti del solo responsabile civile. Quello di cui non si può fare applicazione, ove sia il danneggiante ad agire in rivalsa nei confronti dell’assicuratore, è il principio alla base dell’art. 1485 comma 1, c.c., per il quale il compratore, convenuto da un terzo che pretende di avere diritti sulla cosa venduta, qualora non abbia chiamato in causa il venditore e sia condannato con sentenza passata in giudicato, ‘‘perde il diritto alla garanzia se il venditore prova che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda’’. Si ritiene in dottrina che tale norma sia espressione di un principio applicabile alle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo, quale in effetti è l’obbligazione dell’assicuratore nell’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile. L’onere di provare che vi erano ragioni per disattendere la domanda, ed in particolare l’esistenza del diritto ceduto, incombe sul venditore perché la circostanza accerta- ta nel primo processo è propria del terzo convenuto nel secondo giudizio, al pari delle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo quali si rinvengono nel rapporto fideiussorio e nella responsabilità per fatto altrui (art. 2049 c.c. e art. 2054 comma 3, c.c.). La circostanza accertata nel processo ove è stato convenuto il fideiussore, il padrone o il proprietario del veicolo è propria rispettivamente del debitore principale, del domestico o del conducente del veicolo. Non altrettanto può dirsi per l’assicuratore, posto che la circostanza pregiudiziale attiene proprio al convenuto del primo processo, il danneggiante. Anche dunque nel caso di esercizio della rivalsa da parte del danneggiante, come nel caso di azione diretta promossa dal danneggiato, il giudicato relativo al rapporto pregiudiziale e le prove raccolte nel relativo processo restano prova documentale di cui l’attore può avvalersi nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore, senza che possa trovare applicazione il principio alla base dell’art. 1485 comma 1, c.c. 2.7. Va in conclusione enunciato in relazione al presente ricorso il seguente principio di diritto: ‘‘il giudicato di condanna del danneggiante non può essere opposto dal danneggiato che agisca in giudizio nei confronti dell’assicuratore in assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e ha in tale giudizio esclusivamente efficacia di prova documentale, al pari delle prove acquisite nel processo in cui il giudicato si è formato’’. – Omissis. Tramonto dell’efficacia riflessa del giudicato Gian Marco Sacchetto* L’Autore, compiuta una breve sintesi della ‘‘parabola’’ dell’efficacia riflessa del giudicato, ripercorre gli opposti orientamenti della giurisprudenza di legittimità sulla opponibilità del giudicato di condanna nei confronti del danneggiante alla compagnia assicurativa che non ha preso parte al giudizio tra il primo e il danneggiato. Si sofferma, in particolare, sulla soluzione elaborata con la presente decisione, che privilegia l’orientamento (sinora minoritario) secondo cui il giudicato non può essere opposto all’assicuratore rimasto estraneo al giudizio e può, invece, valere come prova documentale nella causa successivamente instaurata tra danneggiato e assicuratore. Ragiona, infine, sulla qualificazione di obbligazione solidale tra assicurato ed assicuratore in ambito R.C. auto e sulla portata della disposizione dell’art. 1306 c.c., prospettando alcuni possibili sviluppi interpretativi. Il caso di specie La vicenda processuale oggetto della sentenza in esame è piuttosto lunga e complessa, frutto di due procedimenti paralleli in sede penale e in sede civile. Il caso di specie prende le mosse da un incidente stradale tra un’autovettura e una motocicletta, in seguito al quale il motociclista riportava una serie di lesioni. Da qui scaturiva un procedimento penale per lesioni personali colpose nei confronti del conducente dell’autovettura, che veniva condannato penalmente per il reato ascritto, nonché a risarcire i danni alla parte civile. Appellata la sentenza di primo grado, la condanna veniva confermata anche in seconde cure. A seguito dell’opposizione al decreto ingiuntivo medio tempore ottenuto dal danneggiato nei confronti della compagnia assicurativa del responsabile civile, il Tribunale di Milano condannava quest’ultima al pagamento di quanto ancora dovuto in favore delle eredi del danneggiato. Accadeva nel frattempo che la Corte di cassazione penale, adita avverso la sentenza d’appello emessa del giudizio penale, annullasse tale pronuncia limitatamente agli effetti civili, rimettendo il giudizio ex art. 622 c.p.p. alla Corte d’appello di Milano, la quale liquidava definitivamente il risarcimento. La stessa Corte d’appello, nel parallelo procedimento civile di opposizione decreto ingiuntivo, riteneva che la sentenza di condanna al risarcimento del danno pronunciata nei confronti del responsabile facesse stato anche nei confronti del suo assicuratore, ancorché estraneo al giudizio, essendo titolare di una posizione giuridica dipendente rispetto al rapporto cui si riferiva la sentenza penale di condanna. L’assicuratore ricorreva in Cassazione, denunciando, tra le altre, la violazione o falsa applicazione degli * Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee. 2458 Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 n Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile artt. 1306 e 2909 c.c., rispettivamente in materia di obbligazioni solidali e di efficacia del giudicato perché, a suo dire, il giudicato formatosi, anche agli effetti civili, nel procedimento penale cui non aveva partecipato non poteva essergli opposto. La Suprema Corte, con la sentenza in epigrafe 1, ha accolto il ricorso, ritenendo di non poter più condividere la teoria dell’efficacia riflessa del giudicato nei confronti dei terzi titolari di un rapporto giuridico dipendente che non avessero preso parte al giudizio, ma ha soggiunto che il giudicato formatosi nel primo processo, tertio absente, non è del tutto privo di conseguenze nel successivo processo instaurato contro il terzo, rivestendo valore di prova documentale. Con la decisione in commento la Cassazione sconfessa apertis verbis la teoria della cd. efficacia riflessa del giudicato, secondo cui la sentenza, oltre a possedere una efficacia ‘‘diretta’’ nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa post rem iudicatam ai sensi dell’art. 2909 c.c. 2, produce un’efficacia ‘‘riflessa’’ nei confronti dei terzi che, pur rimasti estranei al processo in cui si è formato, siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione giuridica definita e decisa nella causa pregiudiziale. Pietra angolare della teoria in questione è il nesso di pregiudizialità-dipendenza, che ricorre quando uno dei due rapporti (pregiudiziale) entra a comporre la fattispecie costitutiva della situazione giuridica dipendente. Ne consegue, sul piano sostanziale, che l’esistenza e il modo d’essere del rapporto pregiudiziale condizionano l’esistenza e il modo d’essere della situazione giuridica dipendente. Sul piano processuale questo vincolo genera il fenomeno della c.d. riflessione, cioè degli effetti riflessi del giudicato. Cosı̀, ove il rapporto pregiudiziale accertato con efficacia di giudicato rientri nella fattispecie costitutiva del diritto dipendente oggetto del secondo giudizio ‘‘la discussione sull’elemento costituito del rapporto giuridico pregiudiziale è ormai preclusa’’ 3. V’è chi autorevolmente, già da qualche anno e proprio con riferimento alla teoria dell’efficacia riflessa, discorreva della ‘‘conclusione di una parabola’’ 4 iniziata oltre un secolo fa. Tale teoria fu infatti elaborata già sotto il vigore del codice di rito del 1865 c.c., soprattutto ad opera della ricostruzione unitaria che Enrico Allorio diede al fenomeno della ‘‘riflessione’’ 5. Nel vigore dell’attuale codice tale teoria è stata condivisa, sia pure nella variopinta gamma di sfumature, da una larghissima parte degli studiosi 6. Anche la giurisprudenza ha aderito massicciamente alla teoria dell’efficacia riflessa del giudicato. Come si legge nella stessa decisione qui annotata, è frequente 1 La sentenza in commento è pubblicata in Foro It., 2020, I, 292, con nota di A. Proto Pisani, La conclusione di una parabola: lo smantellamento dell’efficacia della sentenza (o della cosa giudicata) contro i terzi, ma l’efficacia delle prove e del precedente giurisprudenziale formatisi nel processo svoltosi ‘inter alios’nonché in Corriere Giur., 2020, 667 e segg., con nota di S. Barone-E. Bufano, Solidarietà passiva ‘atipica’ (nell’assicurazione r.c. auto) ed efficacia riflessa del giudicato. 2 Per il rilievo che l’art. 2909 c.c. si riferisce con l’espressione ‘‘eredi ed aventi causa’’ a coloro che hanno assunto tali qualità dopo la formazione del giudicato cfr. F.P. Luiso, Principio del contraddittorio ed efficacia della sentenza verso terzi, Milano, 1981, 40; E. Allorio, Trent’anni di applicazione del c.p.c., in Commentario del c.p.c., diretto da Id., Torino, 1973, I, 1, LXI e segg.; G. Monteleone, I limiti soggettivi del giudicato civile, Padova, 1978, 109 e seg. 3 Cosı̀, classicamente, E. Allorio, La cosa giudicata rispetto ai terzi, Milano, 1935, 71. 4 L’efficace espressione è di A. Proto Pisani, La conclusione di una parabola: lo smantellamento dell’efficacia della sentenza (o della cosa giudicata) contro i terzi, ma l’efficacia delle prove e del precedente giurisprudenziale formatisi nel processo svoltosi ‘inter alios’, in Foro It., 2015, V, 397; v. anche Id., I limiti soggettivi di efficacia della sentenza civile. Una parabola di studi, Milano, 2016. 5 E. Allorio ha avuto, inter alia et multa, il merito di trasporre in ambito processuale la teoria elaborata da R. von Jhering nell’ampio saggio Die Reflexwirkungen oder die Rückwirkung rechtlicher Thatsachen auf dritte Personen, in Jahrbücher für die Dogmatik des heutigen römischen und deutschen Privatrechts, X, 1871. 6 In proposito, G. Fabbrini, Contributo alla dottrina dell’intervento adesivo, Milano, 1964, VIII, 96; F. Carpi, L’efficacia ‘‘ultra partes’’ della sentenza civile, Milano, 1974, 230 e segg.; A. Proto Pisani, Opposizione di terzo ordinaria, Napoli 1965, 27 e segg.; E. Allorio, Trent’anni di applicazione del c.p.c., cit., LXIV e segg., il quale, comunque, dopo aver rievocato il pensiero espresso nella monografia del 1935, limita la portata delle sue precedenti conclusioni ai casi in cui il rapporto dipendente viene in essere suc- cessivamente a quello pregiudiziale e non al caso inverso. Nel senso che i terzi non siano soggetti all’autorità di cosa giudicata, ma all’efficacia della sentenza (suscettibile di essere caducata con l’opposizione di terzo o disapplicata mediante contestazione incidentale) v. E.T. Liebman, Efficacia e autorità della sentenza, Milano, 1935, in Efficacia ed autorità della sentenza (ed altri scritti sulla cosa giudicata), Milano, 1962, passim; Id., Ancora sulla sentenza e sulla cosa giudicata, in Riv. Dir. Proc. Civ., 1936, I, 237 e segg. Più recentemente, Id., Manuale di diritto processuale civile (Principi), Milano, 2007, 279 e segg. Per una efficacia riflessa del giudicato ultra partes nei soli casi previsti dalla legge, v. C. Vocino, Su alcuni concetti e problemi del diritto processuale civile – IV, Cosa giudicata e suoi limiti soggettivi, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 1971, 508 e segg.; G. Monteleone, I limiti soggettivi del giudicato civile, cit., 107 e segg.; S. Menchini, I limiti oggettivi del giudicato civile, Milano, 1987, 139 e segg. Più di recente, C. Cavallini, L’efficacia (riflessa) della sentenza nel pensiero di E.T. Liebman, in Riv. Dir. Proc., 2007, 1221 e segg., che, pur riconoscendo il fascino e la perenne vitalità della distinzione liebmaniana fra efficacia e autorità di cosa giudicata, ritiene che anche la prima (1243) ‘‘si manifesti compiutamente tra le parti del processo e solo tra queste, salvo diverse e peculiari disposizioni di legge, quali l’art. 1485 c.c., ad esempio, non meno dell’art. 111, comma 4º, c.p.c.’’. V. altresı̀ A. Proto Pisani, La conclusione di una parabola, cit., 397 e segg. In una posizione sostanzialmente mediana rispetto alla tesi sopra ricordate v. F.P. Luiso, Principio del contraddittorio e efficacia della sentenza verso terzi, cit., 80 e segg., 117 e segg.; più recentemente, Id., Diritto processuale civile, I, Milano, 2017, 176 e segg., il quale limita l’efficacia riflessa del giudicato non solo ai casi in cui sussista una previsione legislativa ad hoc, ma anche quando il nesso di pregiudizialità-dipendenza sia permanente, come nel caso del diritto del subconduttore (1595 c.c.). In una prospettiva parzialmente analoga v. E. Zucconi Galli Fonseca, Pregiudizialità e rinvio (contributo allo studio dei limiti soggettivi dell’accertamento), Bologna, 2011, 10 e segg., la quale distingue fra due tipologie di pregiudizialità-dipendenza, a seconda della relazione di continenza fra il diritto dipendente e il diritto pregiudiziale: pregiudizialità ‘‘da rinvio fisso’’, non suscettibile di allar- L’efficacia riflessa del giudicato: un breve quadro di sintesi Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 2459 n Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato la massima secondo cui ‘‘il giudicato, oltre ad avere una sua efficacia diretta nei confronti delle parti, loro eredi e aventi causa, è dotato anche di un’efficacia riflessa, nel senso che la sentenza, come affermazione oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione, con la conseguenza reciproca che l’efficacia del giudicato non si estende a quanti siano titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico definito con la prima sentenza’’ 7. La soluzione elaborata dalla Cassazione merita d’essere condivisa, salvo una breve postilla in tema di efficacia probatoria della sentenza resa sul rapporto pregiudiziale, come si dirà nell’ultimo paragrafo di questa nota. Può sembrare strano che la teoria dell’efficacia riflessa abbia resistito all’entrata in vigore della Costituzione e soprattutto all’affermazione del diritto di difesa (art. 24 Cost.) e del principio del contradditorio (art. 111, 2º comma, Cost.). E ciò anche in epoca successiva alla nota sentenza della Corte costituzionale n. 55 del 22 marzo 1971 che, in applicazione dell’art. 24, 2º comma, Cost., ebbe a dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 28 c.p.p. Rocco, nella parte in cui estendeva gli effetti civili del giudicato penale a carico dei terzi rimasti estranei al processo penale 8. Le ragioni di tale resistenza, a dire il vero, non sono poche. Il nostro ordinamento conosce da tempo norme come quella dettata nell’art. 2909 c.c. secondo cui la sentenza – in linea di principio – non può pregiudicare coloro che sono rimasti estranei alla lite 9. È altrettanto vero, comunque, che lo stesso ordinamento prevede alcune ipotesi di estensione ultra partes degli effetti del giudicato: si pensi allo stesso art. 2909 c.c. che menziona, oltre alle parti, i loro eredi e aventi causa post rem iudicatam, ma anche all’art. 111, 4º comma, c.p.c. in ordine al successore a titolo particolare nel diritto controverso, all’art. 404, 2º comma, c.p.c., con riferimento al creditore e, ancora, all’art. 1595, 3º comma, c.c., relativamente al subconduttore rispetto al giudicato formatosi sul rapporto principale di locazione. Ora, la scelta del legislatore del 1942 di non menzionare all’art. 2909 c.c. i terzi ‘‘titolari di rapporti giuridici dipendenti’’ non costituiva, di per sé, un ostacolo insormontabile per la sopravvivenza della teoria dell’efficacia riflessa. Anzi, si può affermare che tale teoria abbia addirittura trovato terreno fertile nella stessa previsione codicistica: la genericità dell’espressione ‘‘avente causa’’ di cui all’art. 2909 c.c. ha infatti prestato il fianco a interpretazioni volte a estenderne la portata, sino a ricomprendere i terzi titolari di rapporti giuridici dipendenti 10. Tale disposizione, tra l’altro, è stata redatta in un’epoca in cui la dottrina assolutamente maggioritaria aderiva alla teoria dell’absolute Wirkung der relativen Feststellung 11, ossia del ‘‘valore assoluto’’ della sentenza, secondo cui il giudicato doveva essere accettato da chiunque, in quanto vincolante fra le parti, che erano state contradictores legitimi et principales nel giudizio concluso con la res iudicata. Con l’avvento della Costituzione e soprattutto in forza del fondamentale richiamo ai limiti soggettivi del giudicato con la già ricordata sentenza n. 55/ 1971 della Consulta, la frizione fra l’art. 2909 e l’art. 24 Cost. diventava però assai più difficile da contenere e comporre. Nondimeno, anche dopo gli anni Settanta, larga parte della dottrina, pur aderendo a formulazioni più attenuate della teoria del c.d. valore assoluto della sentenza 12 o addirittura abbandonandola definitivamente 13, ha comunque fatto salvi, nell’uno e nell’altro caso, i capisaldi della teoria dell’efficacia riflessa. Ciò che sembra aver consentito a tale teoria di ‘‘re- gamento del giudicato, e pregiudizialità ‘‘da rinvio mobile’’, dalla quale consegue che, variando il diritto pregiudiziale, varia anche il diritto dipendente. 7 Tra i numerosissimi precedenti, la Suprema Corte menziona, fra le più recenti, Cass. civ., 29 marzo 2019, n. 8766; Cass. civ., 25 febbraio 2019, n. 5411; Cass. civ., 17 maggio 2017, n. 12252; Cass. civ., 2 dicembre 2015, n. 24558; mentre, fra le più risalenti, Cass. civ., 16 maggio 1963, n. 1237; Cass. civ., 7 settembre 1968, n. 3928; Cass. civ., 13 marzo 1970, n. 656. 8 La sentenza della Consulta è pubblicata in Foro It., 1971, I, 824. In dottrina, L.P. Comoglio, L’incostituzionalità dell’art. 28 cod. proc. pen. e la decisione ‘overruling’[inserire spazio]della Corte Costituzionale, in Giur. It., 1971, 716 e segg.; Montesano, Giudicato sui fatti, efficacia riflessa della sentenza e tutela giurisdizionale dei diritti nella pronuncia costituzionale sull’art. 28 cod. proc. penale, in Foro It., 1971, I, 1798 e segg. 9 Già l’art. 1351 c.c. del 1865 cosı̀ prevedeva: ‘‘l’autorità della cosa giudicata non ha luogo, se non relativamente a ciò che ha formato il soggetto della sentenza. È necessario che la domanda sia la stessa; che la domanda sia fondata sulla medesima causa; che la domanda sia tra le medesime parti, e proposta da esse e contro di esse nelle medesime qualità’’. 10 Cfr. G. Pugliese, voce ‘‘Giudicato civile (storia)’’, in Enc. Dir., XVIII, Milano, 1969, 884, il quale ritiene che l’espressione ‘‘avente causa’’ includa tutte le ipotesi di estensione ultra partes del giudicato. Contra, G. Monteleone, I limiti soggettivi del giudicato civile, cit., 69 e segg.; E.T. Liebman, Manuale di diritto processuale civile (Principi), Milano, 2007, 284 e seg. 11 La prima elaborazione compiuta del principio del valore assoluto della cosa giudicata risale ad A. Wach, Zur Lehre von der Rechtskraft. Drei Rechtsgutachten, Lipsia, 1899; e su questa v. E. Betti, Trattato dei limiti soggettivi della cosa giudicata in diritto romano, Macerata, 1922, 144, 161 e segg., 511 e segg.; G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Roma, 1937, I, 377 e segg.; E. Allorio, La cosa giudicata rispetto ai terzi, cit., 87. 12 G. Fabbrini, Contributo alla dottrina dell’intervento adesivo, cit., 104 e segg. 13 F.P. Luiso, Principio del contraddittorio, cit., 122, il quale ripudia la teoria del cd. valore assoluto della sentenza perché in contrasto con l’art. 24, 2º comma, Cost. L’autore osserva che la suddetta teoria attribuisce al giudicato forza vincolante nei confronti di soggetti cui non è stato garantito il diritto di difesa che si estrinseca anche attraverso il principio del contraddittorio; al contempo, non nega il fenomeno della riflessione, sia pure ricollegandolo ad una nozione di pregiudizialità-dipendenza ‘‘qualificata’’, non a caso definita ‘‘permanente’’, che spiegherebbe la soggezione del terzo all’accertamento del rapporto pregiudiziale risultante dal giudicato intervenuto tra le parti. La ‘‘resistenza’’ della teoria del giudicato riflesso 2460 Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 n Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile sistere’’ per oltre un secolo e anche successivamente all’affermazione dei principi costituzionali sopra ricordati – che, invece, avrebbero imposto di limitare quanto più possibile gli effetti vincolanti del giudicato nei confronti dei terzi rimasti estranei al processo in cui il giudicato si è formato – è lo stesso nesso sostanziale di pregiudizialità-dipendenza. In effetti, è proprio spostando il baricentro interpretativo dal piano processuale a quello sostanziale che si può comprendere come l’estensione del giudicato al terzo titolare di un rapporto giuridico dipendente potesse, almeno in astratto, porre fuori gioco il conflitto con l’art. 24 Cost. nella misura in cui la situazione dipendente, già sul piano sostanziale, può essere pregiudicata dall’attività del titolare della situazione giuridica pregiudiziale. In questa prospettiva, dunque, il terzo non potrebbe avere all’interno dell’ordinamento una protezione più forte sul piano processuale di quella riconosciutagli dal diritto sostanziale, in ossequio al principio di strumentalità del processo rispetto al diritto materiale, riassunto con la massima chiarezza possibile da Chiovenda: ‘‘il processo per quanto possibile deve dare praticamente a chi ha un diritto tutto quello e proprio quello che ha diritto di conseguire alla stregua del diritto sostanziale’’ 14. Il tramonto dell’efficacia riflessa del giudicato Trasponendo la teoria dell’efficacia riflessa del giudicato nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente nel campo dell’assicurazione per la responsabilità civile (tanto più quando si tratti di assicurazione obbligatoria, come per la circolazione di veicoli), la giurisprudenza maggioritaria ha ritenuto per lungo tempo che la sentenza di condanna al risarcimento del danno emessa nei confronti del responsabile di un sinistro stradale facesse stato anche nei confronti del suo assicuratore, sia per quanto concerne la sussistenza dell’obbligo risarcitorio dell’assicurato danneggiante, sia per quanto riguarda il debito a carico dell’assicuratore, sebbene questi non avesse preso parte al giudizio 15. Secondo questa impostazione, la responsabilità risarcitoria del danneggiante costituirebbe, da un lato, l’effetto dell’accertamento dell’illecito civile oggetto di causa (il sinistro), dall’altro, l’effetto dell’obbligo del14 G. Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, Napoli, 1923, 52. 15 Anche qui la Corte richiama i suoi stessi precedenti: Cass. civ., 20 febbraio 2013, n. 4241; Cass. civ., 31 gennaio 2012, n. 1359; Cass. civ., 12 maggio 2005, n. 10017; Cass. civ., 16 ottobre 2001, n. 12612. 16 V., ad esempio, Cass. civ., 20 febbraio 2013, n. 2421, che, proprio con riferimento all’opponibilità del giudicato all’assicuratore rimasto terzo rispetto al processo, cosı̀ ha statuito: ‘‘non pare che sia stata apertamente saggiata la resistenza anche alla luce delle garanzie costituzionali sui diritti di azione e difesa in giudizio (art. 24 Cost.) e del contraddittorio (art. 111 Cost.)’’; nella specie, tuttavia, non era stata riconosciuta l’estensione soggettiva del giudicato per non esservi stato accertamento del debito risarcitorio. Richiama anche e soprattutto Cass. civ., 30 ottobre 2007, n. Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 l’assicuratore di tenere indenne il danneggiante in forza del contratto di assicurazione. Nella decisione in commento, la Suprema Corte ritiene, invece, che l’indirizzo da seguire sia quello – sinora minoritario – della non opponibilità all’assicuratore del giudicato formatosi a carico del danneggiante, quando l’assicuratore non abbia partecipato al processo (civile o penale). E ciò non solo per i dubbi di legittimità costituzionale già emersi in alcuni precedenti 16, ma soprattutto sulla base di due argomenti: il primo di ordine costituzionale, il secondo relativo alla ‘‘costruzione della fattispecie’’. Punto di partenza del ragionamento operato dalla Corte è la previsione dell’azione diretta del danneggiato contro la società assicuratrice, cosı̀ come disciplinata dall’art. 144, D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209 (c. ass.), secondo cui il responsabile del sinistro e assicuratore rispondono in solido nei confronti del danneggiato: il primo per l’intero danno, il secondo nei limiti del massimale (salva la ricorrenza delle ipotesi di responsabilità ultramassimale). La Corte sottolinea che quella tra responsabile e assicuratore deve considerarsi una obbligazione solidale ‘‘a interesse unisoggettivo’’, perché il peso economico del debito non si divide tra i due, ma resta a carico del solo assicuratore; si tratta di ‘‘solidarietà atipica’’, dacché il debito aquiliano dell’assicurato discende ex delicto ed è illimitato, mentre quello di natura indennitaria dell’assicuratore deriva ex lege e trova limite nella capienza del massimale 17. Le precedenti considerazioni consentono, dunque, alla Cassazione di inquadrare l’assicurazione obbligatoria nello schema della solidarietà passiva, con la conseguente applicabilità dello statuto delle obbligazioni solidali di cui agli artt. 1292e segg. c.c., salve le eccezioni previste dalla legge (nel caso dell’assicurazione obbligatoria, la previsione di un massimale). Sarà, perciò, applicabile anche l’art. 1306 c.c., per cui il giudicato intervenuto fra danneggiato e danneggiante non può valere contro il condebitore solidale estraneo al giudizio, mentre può valere a favore di quest’ultimo, ove questi manifesti la volontà di avvantaggiarsene, secundum eventum litis. Gli argomenti di natura processuale e costituzionale La Suprema Corte sottopone la teoria dell’efficacia 22881, relativa a un caso in cui era convenuta l’impresa designata dal Fondo di garanzia. In tale occasione, la Corte aveva osservato che la possibilità di estendere l’efficacia del giudicato a soggetti rimasti terzi rispetto al giudizio si poneva in evidente contrasto con i principi costituzionali (artt. 24 e 111 Cost.). Tale rilievo era rimasto tuttavia a livello di mero obiter dictum: il giudicato fu ritenuto non opponibile perché nel particolare caso dell’impresa designata dal Fondo di garanzia i limiti di estensibilità del giudicato rimanevano fissati dall’art. 25 della l. 24 dicembre 1969, n. 990, per cui si era ritenuta applicabile la norma di cui all’art. 1306 c.c. in materia di efficacia della sentenza nei confronti degli altri condebitori in solido. 17 Il richiamo è a Cass. civ., 3 giugno 2002, n. 7993; Cass. civ., 9 aprile 2001, n. 5262; Cass. civ., 1º giugno 1995, n. 6128). 2461 n Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato riflessa del giudicato anche al vaglio dei principi costituzionali del contradditorio e del diritto di difesa del terzo 18. Sotto il primo profilo, viene richiamata anzitutto la recente e assai nota pronuncia delle Sezioni Unite che ha sancito l’irrilevanza processuale della distinzione tra garanzia propria e impropria 19 e, nello specifico, che l’art. 106 c.p.c. comprende sia l’ipotesi in cui, con la chiamata in causa, il garantito eserciti l’azione di regresso, sia la diversa ipotesi in cui il garantito si limiti a provocare la partecipazione al processo del garante, senza proporre domanda nei suoi confronti al fine di rendergli opponibile il giudicato sul diritto pregiudiziale. Proprio per questa finalità, non sarebbe coerente una generalizzata efficacia riflessa, la quale consentirebbe di opporre un giudicato reso inter alios al terzo titolare di un rapporto dipendente, senza passare neppure per alcuna litis denuntiatio, ma solo in virtù dell’esistenza, sul piano sostanziale, del nesso di pregiudizialità-dipendenza 20. Un’ulteriore contraddizione viene rinvenuta fra l’istituto dell’efficacia riflessa del giudicato e quello del c.d. litisconsorzio necessario processuale che sopravviene in fase di appello per dipendenza di una causa dall’altra (che, nei giudizi di impugnazione, determina l’inscindibilità delle cause a norma dell’art. 331 c.p.c.). Solo alla necessaria persistenza delle parti in sede di impugnazione, infatti, l’eventuale giudicato favorevole all’originario attore potrebbe esplicare efficacia nel rapporto fra garantito e garante; il che, dunque, sembra porre fuori gioco il meccanismo tipico dell’efficacia riflessa del giudicato. A conclusione di questa parentesi processuale, la Cassazione afferma che ‘‘sono comunque ragioni di ordine costituzionale che rendono ormai non più sostenibile, dopo che la giurisprudenza vi ha aderito per qualche decennio, la teorica del giudicato riflesso nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente’’. 18 Prima ancora, comunque, la Corte rileva l’incoerenza della teoria dell’opponibilità del giudicato al terzo titolare del rapporto dipendente sotto il profilo della ragionevolezza. In primo luogo, sarebbe irragionevole la previsione di un trattamento non uniforme dell’assicuratore in materia di r.c. auto, che nel caso di azione diretta ex art. 144 c. ass. priv. non potrebbe risentire quale debitore solidale del giudicato sfavorevole, mentre nel caso di azione di rivalsa promossa dal danneggiante quel medesimo giudicato potrebbe essergli opposto. Dal lato del danneggiato, poi, il trattamento diseguale sarebbe ancora più irragionevole, atteso che la disciplina dell’assicurazione obbligatoria è improntata, mediante l’istituto dell’azione diretta, a una tutela rafforzata del danneggiato, sicché non si comprenderebbe come proprio in un tale contesto di tutela del danneggiato non sia consentito ciò che invece sarebbe consentito al danneggiante. 19 Si fa riferimento a Cass. civ., Sez. un., 4 dicembre 2015, n. 24707, in Foro It., 2016, I, 2169 con nota di A. Proto Pisani, Appunti sui profili processuali della garanzia e di B. Gambineri, Una sentenza storica in tema di chiamata in garanzia; in Giur. It., 2016, 580 con note di A. Carratta, ‘Garanzia propria’ e ‘garanzia impropria’. Requiem per la distinzione tra garanzia propria e impropria in sede processuale nonché di C. Consolo, L. Baccaglini, F. Godio, Le Sez. un. e il venir meno della distinzione tra ‘garanzia propria’ e ‘garanzia impropria’: cosa muta (e cosa no) nella dinamica processuale; in Giusto Proc. Civ., 2016, 1071 con nota di S. Men- 2462 La teoria dell’efficacia riflessa del giudicato, infatti, presupponendo che il fatto costitutivo della domanda venga accertato in modo irretrattabile senza il contraddittorio con il terzo e senza che questi possa esercitare il diritto di difesa, risulta incompatibile con i principi sanciti dall’art. 24 Cost e 111 Cost. Pertanto, se è pur vero che in questo modo rimane aperta la problematica questione del bilanciamento tra il principio del contraddittorio e quello di coerenza degli accertamenti giurisdizionali, vero è anche che tale bilanciamento non può che restare riservato esclusivamente alle norme di diritto positivo che prevedono una eccezionale efficacia ultra partes del giudicato sul rapporto pregiudiziale. Solo a questo punto, la Cassazione torna sul disposto dell’art 1306 c.c. e ne afferma la valenza di principio generale, in forza del quale gli effetti del giudicato favorevole al terzo possono da questi, ove manifesti l’intenzione di avvalersene, essere opposti al soggetto che è stato parte del primo processo avente ad oggetto il rapporto pregiudiziale, mentre non può mai essere invocato in suo danno. Al di là dei confini tratteggiati, dunque, non resterebbe che l’efficacia di prova o di elemento di prova documentale che il giudicato può acquistare 21: questa, dunque, è l’unica ‘‘efficacia’’ che il giudicato reso fra danneggiato e danneggiante (assicurato) può avere nei confronti dell’assicuratore, sia quando agisca il danneggiato in sede di azione diretta, sia quando agisca il danneggiante in sede di rivalsa, né potrà discorrersi di una inversione dell’onere della prova, nel senso che la produzione della sentenza nel secondo giudizio abbia l’effetto di capovolgere gli ordinari oneri probatori 22. La solidarietà tra assicurato ed assicuratore in ambito R.C. auto in relazione all’art. 1306 c.c. Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, il ricorrente (assicuratore) denunciava la violazione e la falsa chini, Chiamata in garanzia e scindibilità o inscindibilità dei giudizi: a proposito di sezioni unite n. 24707 del 2015. 20 Si tratterebbe, peraltro, secondo la Corte, di una possibilità negata dalla stessa sentenza Cass. civ., Sez. un., 4 dicembre 2015, n. 24707, cit., la quale menziona, sia pure in via di obiter dictum, la dottrina secondo cui il giudicato sul rapporto pregiudiziale senza la partecipazione al processo del terzo garante non è a lui opponibile (cfr. punto 9.2. della motivazione). 21 Anche qui la Suprema Corte richiama alcuni dei suoi precedenti sul punto: Cass. civ., 20 febbraio 2013, n. 4241; Cass. civ., 10 settembre 2009, n. 19499; Cass. civ., 21 settembre 2007, n. 19492; Cass. civ., 20 luglio 2003, n. 11682; Cass. civ., 29 gennaio 2003, n. 1372. 22 Secondo la Cassazione, infatti, non può operare quel particolare onere che ex art. 1485, 1º comma, c.c. (norma ritenuta analogicamente applicabile alle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo) grava sul venditore che non abbia preso parte al giudizio conclusosi con l’evizione dell’acquirente di dimostrare l’esistenza di ragioni sufficienti per far respingere la domanda del terzo (evincente). Invero, la fattispecie prevista dall’art. 1485 c.c. presuppone che la circostanza accertata nel primo processo sia ‘‘propria’’ del terzo convenuto nel secondo giudizio (id est venditore). Nel caso dell’assicuratore, invece, la circostanza pregiudiziale è propria del convenuto del primo processo (il danneggiante). Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 n Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile applicazione degli artt. 1306 e 2909 c.c., sul presupposto che il condebitore solidale non potesse subire alcun pregiudizio dalla sentenza resa in un procedimento al quale è rimasto estraneo. Autorevolmente si è scritto che la questione in parola non avrebbe meritato ‘‘più di tre o quattro righe’’, posto che la soluzione si esauriva semplicemente nell’applicazione dell’art. 1306 c.c., che prevede l’efficacia ultra partes nei soli limiti dell’eventum litis (in utilibus, sed non in damnosis) 23. In effetti, qualora tale disposizione fosse risultata dirimente per la soluzione del caso (e cosı̀ è, come si vedrà nel prosieguo), è chiaro che – al di là del più generale problema relativo all’efficacia riflessa del giudicato – la specifica fattispecie avrebbe trovato la propria disciplina nella disposizione testé accennata, restando conseguentemente (e in ogni caso) esclusa la possibile soggezione dell’assicuratore alla sentenza di condanna del responsabile assicurato. In realtà, tra le righe della motivazione traspare la consapevolezza della Suprema Corte circa la quasi assorbente decisività dell’art. 1306 c.c. ai fini della soluzione del caso. Ciò che, invece, sembra aver condotto la Cassazione ad allargare l’indagine anche ad altri argomenti (processuali e costituzionali), che militano nel senso della non opponibilità del giudicato al terzo assicuratore, è la già richiamata particolare ‘‘resistenza’’ della teoria dell’efficacia riflessa del giudicato e, ancora, la circostanza che l’assicurazione potrebbe avvalersi dell’art. 1306 c.c. solo nell’ambito di un’azione diretta proposta nei suoi confronti dal danneggiato, ma non anche in sede di azione di regresso promossa dal danneggiante (senza che questa ‘‘disparità di trattamento’’ abbia una adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza 24). Per verificare l’applicabilità o meno dell’art. 1306 c.c. al caso di specie, occorre soffermare l’attenzione sul rapporto di solidarietà tra assicurato ed assicuratore della r.c. auto. Dopo un’iniziale propensione a negare il vincolo di solidarietà tra l’obbligazione dell’assicuratore della r.c. auto e quella del responsabile civile 25, è opinione ormai consolidata che il vincolo obbligatorio che lega danneggiante e suo assicuratore negli illeciti derivanti da incidente stradale sia di natura solidale 26 atipica 27 a interesse unisoggettivo 28. L’indice rilevatore della solidarietà si ricaverebbe agevolmente dall’art. 144, 3º comma, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, secondo cui l’azione diretta del danneggiato per il risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile, entro i limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione (c.d. massimale). È evidente, pertanto che, nei limiti dell’espressa previsione legislativa, il rapporto assicurato-assicuratore presenta quel minimum (cioè la pluralità soggettiva dei debitori e l’idem debitum) che consente la sua riconduzione nello schema astratto della solidarietà 29. A nulla può rilevare che i condebitori rispondano per l’intero debito o per una sua parte soltanto: l’obbligazione può essere solidale per una parte e parziaria per l’altra (arg. ex art. 1941, 2º comma, c.c.). Cosı̀, l’obbligazione solidale dell’assicuratore dovrà intendersi entro il limite del massimale, mentre per la parte in eccedenza resterà obbligato il solo responsabile 30, eventualmente in solido con gli altri soggetti previsti all’art. 2054, 3º comma, c.c. Ulteriore conferma della natura solidale del rapporto danneggiante-assicuratore si rinverrebbe nel quarto comma dell’art. 144 c. ass., il quale prevede che l’azione diretta del danneggiato azione nei confronti dell’impresa di assicurazione è soggetta al ‘‘termine di prescrizione cui sarebbe soggetta l’azione verso il responsabile’’. Tale comma pare infatti confermare che anche l’azione diretta derivi dal fatto illecito (sı̀ da sottoporla allo stesso termine di prescrizione) 31. Né, infine, si potrebbe obiettare che la previsione al terzo comma dell’art. 144 c. ass. relativa alla presenza necessaria del responsabile nel giudizio promosso contro l’assicuratore sia un argomento contrario alla responsabilità solidale del relativo rapporto. È vero che le obbligazioni solidali danno tendenzialmente luogo a cause scindibili 32, ma è altrettanto vero che 23 Secondo A. Proto Pisani, La conclusione di una parabola, cit., 398, ‘‘nel caso di specie l’alternativa era secca: o la questione era elementare [...] ed allora erano sufficienti quattro righe di motivazione; o ci si trovava di fronte ad una colossale incertezza della giurisprudenza (come indicato nella motivazione della sentenza in epigrafe e nella nota di richiami) ed allora, per i valori costituzionali chiaramente indicati nella decisione Mortati del 1971 della Corte costituzionale, mi sembra fosse doverosa la rimessione senza indugio della questione alle sezioni unite’’. 24 V., supra, nota 18. 25 In dottrina, v. A. Caputo, La solidarietà fra le obbligazioni del responsabile civile e dell’assicuratore in tema di danni dalla circolazione stradale, in Giust. Civ., 1976, I, 1342 e segg.; G. Scalfi, Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile auto e solidarietà, in Resp. Civ. Prev., 1980, 626 e segg. In giurisprudenza, v. Cass. civ., 13 ottobre 1980, n. 5484, in Riv. Giur. Circolaz., 1981, 71. 26 In dottrina, tra molti, V. Geri, Qualche osservazione in tema di solidarietà, in Ass., 1980, II, 136-148; R. Ippolito, Solidarietà astratta e alternatività concreta nell’assicurazione obbligatoria, in Ass., 1984, II, 81-91. Più recentemente, M. Rossetti, L’assicurazione obbligatoria della r.c.a., Torino, 2010, 191 e segg. In giurisprudenza si veda, ex pluribus, Cass. civ., 1º giugno 1995, n. 6128; Cass. civ., 18 maggio 2001, n. 6824. 27 In realtà F. Agnino, La solidarietà tra danneggianti ed assicuratore della r.c.a., in Danno Resp., 2003, 59 e segg. evidenzia che la giurisprudenza è giunta a riconoscere la solidarietà tra danneggiante ed assicuratore obbligatoria anche senza ricorrere al concetto di atipicità: v., tra le altre, Cass. civ., 6 giugno 2002, n. 8216. 28 Trattasi, infatti, di solidarietà ‘‘diseguale’’: l’obbligazione è assunta nell’interesse esclusivo di un condebitore (assicurato), mentre l’altro è obbligato a titolo di garanzia assicurativa. 29 M. Franzoni, L’illecito, in Trattato della responsabilità civile2, diretto da Id., Milano, 2010, 149. 30 Cfr., tra molte, Cass. civ., 30 ottobre 2009, n. 23057. 31 M. Franzoni, L’illecito, cit., 151, il quale ritiene che anche laddove le due azioni fossero state soggette a termini prescrizionali diversi, esse avrebbero potuto essere ugualmente solidali per il periodo di vita in comune, come accade ad esempio nel caso di obbligazione solidale derivante da un illecito dannoso risultato di un inadempimento in concorso con un comune fatto illecito. 32 In dottrina, M. Ticozzi, Studio sulle obbligazioni solidali, Padova, 236, nt. 715-716, dove ulteriori richiami a dottrina e giurisprudenza. Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 2463 n Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato la regola della non necessità del litisconsorzio nelle obbligazioni solidali subisce alcune eccezioni 33. Diversa, semmai, è l’ipotesi in cui il creditore-danneggiato esperisca l’azione esclusivamente nei confronti del responsabile ex art. 2054 c.c. In questo caso, non è previsto alcun litisconsorzio, ma può comunque accadere che al giudizio partecipino tutti i soggetti in solido (ad esempio, quando venga chiamato in causa l’assicuratore), sicché il giudicato sarà efficace nei confronti di tutti i debitori o creditori in quanto parti in giudizio 34. Viceversa, ben può accadere che sia deciso un giudizio concernente l’obbligazione solidale nel quale sia rimasto estraneo un condebitore: ciò che è precisamente avvenuto nel caso di specie, dove l’assicuratore è rimasto estraneo al giudizio penale avente ad oggetto il risarcimento del danno nei confronti dell’altro (con)debitore (id est, danneggiante assicurato). Ed è proprio con riferimento a questa ipotesi che l’art. 1306 c.c. prevede che la sentenza intervenuta tra creditore e uno dei condebitori non faccia stato nei confronti degli altri rimasti estranei al giudizio. Per contrastare questa conclusione occorrerebbe ipotizzare che l’art. 1306 c.c. non possa applicarsi alle obbligazioni solidali c.d. a interesse unisoggettivo (come quella del danneggiante e dell’assicuratore) 35. Ma il dato testuale della norma non distingue fra i diversi tipi di solidarietà (come invece fa, ad esempio, l’art. 1298 c.c. con riferimento al diritto al regresso). L’art. 1306 c.c., insomma, può essere applicato anche alle obbligazioni solidali a interesse unisoggettivo, poiché appartiene al novero delle ‘‘norme valide per tutti i settori di rilevanza della solidarietà’’ 36. Del tutto correttamente, pertanto, la Corte ha ritenuto applicabile alla fattispecie de qua la disposizione di cui all’art. 1306 c.c. Ed è parimenti chiaro che nella solidarietà passiva il creditore non possa far valere una sentenza di condanna, ottenuta nei confronti di un debitore, verso i consorti di questo: tali condebitori, infatti, di fronte al giudicato hanno veste di terzi 37. Il creditore, ove voglia agire nei confronti di un altro (con)debitore, dovrà ripercorrere l’intero iter dando vita ad un nuovo giudizio, fermo restando comunque che il giudicato relativo al rapporto pregiudiziale e le prove raccolte nel relativo processo potranno conservare qualche rilevanza probatoria nel secondo giudizio. Si tratta, dunque, di un giudicato spendibile, ma occorrerà precisarne l’oggetto e i limiti nel successivo paragrafo. 33 Vi sono, infatti, ipotesi in cui è la stessa situazione sostanziale che non può essere decisa con riguardo ad alcuni soltanto dei soggetti. In giurisprudenza si è ad esempio affermato che, in materia di obbligazioni solidali l’inscindibilità della causa ai sensi dell’art. 331 c.p.c. può configurarsi ‘‘se, o fin dalla proposizione della domanda ovvero nell’ambito dello svolgimento del giudizio concluso con la sentenza impugnata, lo stesso attore abbia chiesto l’accertamento unitario dell’obbligazione solidale di tutti i coobbligati oppure se alcuno dei coobbligati a sua volta abbia chiesto tale accertamento (nei quali casi vi sarebbe stato fin dall’origine o si sarebbe creato un litisconsorzio necessario relativo a tali domande) oppure ancora se alcuno dei coobbligati, in ragione dei rapporti esistenti con gli altri, avesse svolto una domanda di regresso verso gli altri o alcuno degli altri o per essere manlevato in tutto od in parte delle conseguenze della soccombenza (nel qual caso su tale domanda sussisterebbe nesso di dipendenza), oppure ancora se, convenuti più soggetti dall’attore nel presupposto che essi siano coobbligati, uno di costoro abbia sostenuto che solo gli altri debbano rispondere e svolto domanda in tal senso (nel qual caso su tale domanda si sarebbe verificato un litisconsorzio necessario)’’ (cfr. Cass. civ., 11 febbraio 2009, n. 3338). Vi sono, inoltre, casi in cui è lo stesso legislatore a prevedere la necessità del litisconsorzio, come accade nel caso dell’azione diretta ex art. 144 cod. ass. nei confronti del danneggiante, secondo cui ‘‘nel giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato anche il responsabile del danno’’. Trattasi di litisconsorzio ‘‘pro- cessuale’’ volto a rafforzare la posizione dell’assicuratore nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia proposto azione diretta nei confronti dell’assicurazione, consentendogli di opporre l’accertamento di responsabilità all’assicurato, anche ai fini dell’esercizio dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, come ad esempio l’azione di rivalsa (cfr., tra molte, Cass. civ., 13 aprile 2007, n. 8825). 34 A. Tedoldi, Giudicati divergenti tra creditore e condebitori solidali e azioni di regresso (nota a Cass. civ., 26 giugno 2013 n. 16117), in Riv. Dir. Proc. Civ., 2014, 1218. 35 In questo senso, si veda, ad esempio, Trib. Bolzano 21 agosto 2013, in Corriere Giur., 12, 2014, 1559 e segg., con nota critica di E. Zucconi Galli Fonseca, Responsabilità solidale e limiti soggettivi del giudicato. 36 Cosı̀ F.D. Busnelli, voce ‘‘Obbligazioni soggettivamente complesse’’, in Enc. Dir., XXIX, Milano, 1979, spec. 349 e seg., del quale v. anche Id., L’obbligazione soggettivamente complessa, Milano, 1974, 60 e segg., e Id., La cosa giudicata nelle obbligazioni solidali, in Scritti in onore di Salvatore Pugliatti, I, 1, Milano 1978, 426 e segg. 37 Cfr. Cass. civ., 26 ottobre 1982, n. 5591, ove si legge: ‘‘ai sensi dell’art. 1306, 1º comma, c.c., i condebitori solidali, i quali non abbiano partecipato al giudizio conclusosi con la condanna di uno di essi, hanno, di fronte al giudicato, veste di terzi rispetto al creditore, non meno che nei confronti del coobbligato che agisca in via di regresso, e, come terzi, sia nel primo che nel secondo caso, non subiscono gli effetti propri della cosa giudicata’’. 2464 L’efficacia esclusivamente ‘‘probatoria’’ del giudicato sul rapporto pregiudiziale Superata l’idea che il giudicato possa esplicare una efficacia riflessa generalizzata nei confronti dei terzi titolari di un rapporto giuridico dipendente, ne discende che le ipotesi previste dalla legge, in cui detta efficacia riflessa invece si verifica al fine di attuare altri valori (quali l’economia dei giudizi, la certezza dei rapporti giuridici e l’esigenza di evitare giudicati contrastanti), costituiscono tutte eccezioni alla regola res inter alios acta tertio neque nocet neque prodest. Riesce invero difficile immaginare che tali deroghe costituiscano a loro volta un principio generale, nel quale si esprimerebbe l’esigenza di estendere il giudicato ai rapporti dipendenti, dacché tutte le ipotesi di efficacia ultra partes trovano giustificazione nelle caratteristiche della fattispecie sostanziale regolata e rispondono a un preciso bilanciamento di interessi compiuto a monte dal legislatore, risolto, peraltro, attraverso la predisposizione di precisi (anche se non sempre sufficienti) strumenti di tutela a favore del terzo, sı̀ da metterlo in condizione di partecipare al processo (cfr. gli artt. 105, 2º comma, 106, 107, 344 Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 n Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile c.p.c.), ma anche di difendersi successivamente (v. art. 404, 2º comma, c.p.c.). In questa prospettiva, un’efficacia ‘‘riflessa’’ del giudicato nei confronti di soggetti estranei al giudizio non potrebbe essere ricollegata sic et simpliciter alla sussistenza di nessi sostanziali di pregiudizialità-dipendenza tra situazioni giuridiche soggettive, ma, come afferma la Suprema Corte, non può che essere ricavata da una norma di legge che la consacri sul piano positivo. In altre parole, nel nostro ordinamento il fenomeno della riflessione del giudicato ha carattere eccezionale e dunque tassativo. Se si condivide questa premessa, allora, anche l’art. 1306 c.c. dovrebbe rispondere a questa logica, ed anzi costituire la più evidente conferma sul piano normativo che la relatività degli effetti del giudicato scolpita nell’art. 2909 c.c. s’impone pure là dove l’intensità del nesso di pregiudizialità-dipendenza (caposaldo della teoria dell’efficacia riflessa) raggiunge uno dei suoi massimi apici. Tra i coobligati solidali, in effetti, è evidente lo strettissimo rapporto di pregiudizialità-dipendenza che lega le sorti dell’obbligazione solidale dipendente a quella principale. Eppure, anche di fronte a questa ipotesi, il legislatore non fa altro che ribadire il principio in materia di limiti soggettivi del giudicato di cui all’art. 2909 c.c. (cfr., art. 1306, 1º comma, c.c.) 38. La ripetizione del principio si giustifica, semmai, per l’eccezionalità della disciplina prevista al secondo comma dell’art. 1306 c.c., che prevede testualmente, in caso di solidarietà passiva: ‘‘gli altri debitori possono opporla [vale a dire la sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido] al creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali al condebitore’’. Sembra, insomma, un fuor d’opera pensare si possa desumere dall’art. 1306 c.c. ‘‘il principio generale secondo cui gli effetti del giudicato favorevole al terzo 38 V. A. Tedoldi, Giudicati divergenti tra creditore, cit., 1219. Non si confonda il problema esaminato dalla Suprema Corte nella pronuncia in commento con quello relativo all’incidenza del giudicato penale nel giudizio civile o amministrativo (v., in particolare, art. 651 c.p.p.), che non è argomento relativo alla materia delle prove, ma a quello della decisione. Nel caso di specie, l’assicurazione aveva appunto censurato, nel primo motivo di ricorso, la violazione dell’art. 651 c.p.p., che disciplina l’influenza del giudicato penale sui giudizi civili, amministrativi e disciplinari. Qui, tuttavia, detta disposizione non veniva in rilievo poiché, come ribadisce la stessa Cassazione nella pronuncia in discorso, il giudizio svoltosi dinanzi al giudice civile in seguito al rinvio ex art. 622 c.p.p. ‘‘ha natura di giudizio civile in senso proprio, sicché il giudicato è un giudicato civile’’. In dottrina, sul giudizio di rinvio ex art. 622 c.p.p., v. G. Canale, Riflessioni sul giudizio di rinvio ai soli effetti civili ex art. 622 c.p.p., in Riv. Dir. Proc. Civ., 2018, 1008 e segg. 40 Su questo punto, v. criticamente S. Barone-E. Bufano, Solidarietà passiva ‘atipica’, cit., 684, secondo cui ‘‘il buon fine del contratto di assicurazione – in questo campo imposto ope legis e rivolto a soddisfare non tanto e non solo l’assicurato, quanto anche il danneggiato – non sarebbe sufficientemente garantito dalla concezione del giudicato come prova documentale liberamente valutabile’’. Secondo gli Autori, infatti, nella preoccupazione del conditor legis non vi sarebbe stata la necessità di salvaguardare il diritto di difesa dell’assicurazione, ma quella di ‘‘salvaguar39 Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020 possono da questi, laddove manifesti l’intenzione di avvalersene, essere opposti al soggetto che è stato parte del processo pregiudicante confluito nel giudicato’’ (cfr. par. 2.5 della sentenza in commento). Tale disposizione, semmai, rappresenta il particolare congegno pensato dal legislatore per trasporre nel processo le regole di funzionamento della solidarietà sul piano sostanziale, cosı̀ attuando il principio, definito nella Relazione al codice civile, della ‘‘non comunicabilità degli atti pregiudizievoli e dell’estensione di quelli vantaggiosi’’. Trattasi, dunque, di disposizione eccezionale e non certo della conferma normativa di un principio generale di efficacia riflessa del giudicato favorevole con riferimento al fenomeno dei nessi di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti. Il nesso di pregiudizialità-dipendenza, pur sussistente tra il diritto del danneggiato di soddisfarsi sull’assicurazione e il diritto di credito risarcitorio del danneggiato nei confronti del danneggiante-assicurato, potrà semmai riaffiorare sotto altre vesti, con riguardo cioè all’efficacia di prova della situazione accertata dal giudicato sul diritto pregiudiziale 39. Su questo specifico punto, la Suprema Corte ritiene che il giudicato sul rapporto pregiudiziale debba considerarsi quale ‘‘fatto storico risultante da un documento’’. In particolare, nel principio di diritto enunciato dalla Cassazione si legge che il giudicato di condanna del danneggiante, nella causa successivamente instaurata tra danneggiato e assicuratore, potrà avere ‘‘esclusivamente efficacia di prova documentale, al pari delle prove acquisite nel processo in cui il giudicato si è formato’’ 40. Questo fenomeno di efficacia probatoria della sentenza e delle prove acquisite in altro processo è, in realtà, già ampiamente conosciuto dalla giurisprudenza 41. Con riferimento alla sentenza sul rapporto pregiudiziale resa in un altro processo, tuttavia, sembra dare una prima linea di ristoro, obbligando un soggetto patrimonialmente capiente ad eseguire la prestazione dovuta a prima richiesta, vale a dire rinunciando ad opporre le eccezioni che pure sarebbero possibili in base al rapporto di provvista’’. 41 V., tra molte, Cass. civ., 21 settembre 2007, n. 19492, che mette bene in luce il fenomeno: ‘‘il principio secondo cui, qualora due giudizi abbiano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato, l’accertamento cosı̀ compiuto in ordine alla situazione giuridica, ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un punto fondamentale comune ad entrambe le cause, preclude il riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorché tra i due giudizi non vi sia identità di parti, essendo l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell’art. 2909 c.c., ai soggetti che siano posti in grado di intervenire nel processo; tuttavia, la sentenza passata in giudicato può avere l’efficacia riflessa di prova o di elemento di prova documentale in ordine alla situazione giuridica che abbia formato oggetto dell’accertamento giudiziale e tale efficacia indiretta può essere invocata da chiunque vi abbia interesse, spettando al giudice di merito esaminare la sentenza prodotta a tale scopo e valutarne liberamente il contenuto, anche in relazione agli altri elementi di giudizio rinvenibili negli atti di causa’’. Per l’utilizzo nel processo civile di elementi di prova riguardanti fatti comuni raccolti in quello penale, v. Cass. civ., 30 gennaio 2013, n. 2168; Cass. civ., 2 febbraio 2016, n. 1948; Cass. civ., 20 gennaio 2017, n. 1593. 2465 n Diritto Processuale Civile Lodo societario più corretto discorrere di ‘‘prova atipica’’ 42, al pari delle sentenze pronunciate in altro processo fra le stesse o fra diverse parti. La distinzione non è meramente classificatoria: la prova c.d. atipica, infatti, ha un’efficacia dimostrativa diversa, se non minore, rispetto a quella dei comuni mezzi di prova 43, ossia un’efficacia riconducibile alla prova indiziaria (o per presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.) 44 oppure agli argomenti di prova 45. In quest’ottica, la sentenza resa in un altro procedimento non potrà mai assurgere a fonte esclusiva per l’accertamento del fatto (pregiudiziale) controverso, in mancanza di adeguato raffronto critico con le altre risultanze del processo 46. Con la produzione in giudizio della sentenza e, eventualmente, delle prove raccolte nel processo sul rapporto pregiudiziale, le stesse potranno quindi costituire, nel loro complesso, (soltanto) una valida prova presuntiva, salvo ovviamente il pieno diritto alla allegazione e prova contraria del terzo. Il giudice sarà, a questo punto, libero di valutare diversamente l’accertamento in fatto e in diritto e di assumere nuove prove sulla situazione giuridica pregiudiziale. Verso il (definitivo) tramonto del giudicato riflesso A voler tentare una sintesi del discorso sin qui svolto, mi par lecito affermare che in futuro occorrerà tener conto di ciò: i) l’accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato sul rapporto pregiudiziale non può produrre, di regola, effetti ultra partes, salve le eccezioni previste dalla legge; ii) l’art. 1306 c.c. non fa che ribadire i limiti soggettivi del giudicato, quali emergono in generale dall’art. 2909 c.c., salva l’eventuale efficacia ultra partes nei soli limiti dell’eventum litis, in utilibus, sed non in damnosis; iii) il giudicato sul rapporto pregiudiziale conserva semmai l’efficacia di prova presuntiva semplice ovvero di argomento di prova, liberamente valutabile dal giudice nel successivo processo instaurato contro il terzo titolare del rapporto dipendente. A qualche mese dal deposito della sentenza in commento, la Cassazione è tornata sulla questione, prendendo nuovamente le distanze dalla teoria del giudicato riflesso 47. Quella dell’efficacia riflessa sembra, dunque, una ‘‘parabola’’ ormai conclusa. Si tratta di una buona notizia, la quale rassicurerà certamente i terzi titolari di rapporti dipendenti che, per la sola esistenza del nesso di pregiudizialità-dipendenza di carattere permanente sul piano sostanziale, vedevano compresso il proprio diritto di difesa, subendo un accertamento reso inter alios come se fossero stati parti di un giudizio, ma al quale non erano stati posti in condizione di partecipare. n Lodo societario Corte d’Appello Milano, 7 ottobre 2019 (ordinanza) – Pres. Bonaretti – Rel. Raineri – Alpem s.r.l. (avv. Zimmitti) – Cheboksarsky Agreagtny Zavod O.A.O. (avv. Senini). Sentenza, ordinanza e decreto in materia civile – Sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ex art. 840 c.p.c. – Efficacia del lodo straniero – Sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo – Inibitoria ex art. 373 c.p.c. – Fattispecie – Inammissibilità La sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo ha sempre natura condannatoria e risulta, pertanto, passibile di inibitoria ai sensi dell’art. 373 c.p.c. In forza di tale provvedimento, infatti, il titolo esecutivo viene ad essere costituito dall’unione tra la sentenza di rigetto e il decreto ingiuntivo opposto, cui la pronuncia emessa a conclusione della fase a contraddittorio pieno conferisce una stabilità e una esecutorietà di matrice diversa da quelle che gli sono proprie. 42 In proposito v. B. Cavallone, Forme del procedimento e funzione della prova (ottant’anni dopo Chiovenda), in Riv. Dir. Proc. Civ., 2006, 432. 43 Cfr. criticamente B. Cavallone, Forme del procedimento, cit., 432. 44 In dottrina, tra molti, G.F. Ricci, Le prove atipiche, Milano, 1999, 178 e segg. Per l’efficacia indiziaria delle prove raccolte in processo tra le stesse o altre parti, v. Cass. civ., 1º aprile 1997, n. 2466 Omissis – A seguito del rigetto dell’opposizione, in rito o nel merito, il provvedimento opposto, quand’anche già esecutivo, acquista una stabilità e, con questa, un’esecutorietà di matrice diversa da quella sua propria, destinata a sfociare nell’efficacia e nell’autorità del giudicato una volta che la sentenza di rigetto dell’opposizione non venga impugnata nei termini o venga confermata nei successivi gradi di impugnazione. Di tal ché, secondo una diffusa scuola di pensiero, l’inibitoria nei gradi di impugnazione non può che investire la sentenza sull’opposizione, da cui dipende, dopotutto, il regime esecutivo e di stabilizzazione del provvedimento (giudiziario o amministrativo) opposto, quand’anche provvisoriamente esecutivo in pendenza di opposizione, atteso che la pronuncia emessa all’esito del processo (a cognizione piena) conferma e sostituisce il provvedimento impugnato e ne reitera, anche, il contenuto condannatorio, consacrandone definitivamente l’esecutività e l’irrevocabilità . Il criterio dell’interpretazione costituzionalmente orientata imporrebbe, dunque, di ritenere che, anche nelle ipotesi di giudizio di opposizione definito in rito in senso sfavorevole all’opponente (nelle quali la sentenza che definisce il 2839; più recentemente, Cass. civ., 6 febbraio 2009, n. 2904; Cass. civ., 11 novembre 2010, n. 22911. 45 L. Montesano, Le ‘‘prove atipiche’’ nelle ‘‘presunzioni’’ e negli ‘‘argomenti’’ del giudice civile, in Riv. Dir. Proc., 1980, 233 e segg. 46 Cass. civ., 7 marzo 1995, n. 2616. 47 Cass. civ., 6 dicembre 2019, n. 31969 e, ancor più recentemente, Cass. civ., ord. 24 giugno 2020, n. 12394. Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020