n
Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato
consegue l’invalidità della sentenza pronunciata in carenza di esercizio di tale potere.
Si tratta di un’affermazione anche in questo caso
pregna di significati.
Innanzitutto, la sentenza del giudice d’appello risulta impugnabile con ricorso per cassazione ai sensi
dell’art. 360, n. 4, c.p.c., in quanto il mancato rilievo
della questione è vizio di attività; all’esito la Corte
cassa in quanto invalida la sentenza impugnata.
Questo è ciò che è avvenuto nel caso di specie: la
Corte di appello di Catanzaro ha omesso di rilevare ed
esaminare la tardività della domanda riconvenzionale
del convenuto in primo grado e, riformando la sentenza gravata, l’ha accolta nel merito; pertanto, è incorsa in un error in procedendo denunciato con ricorso
per cassazione, che la Corte accoglie.
Ma soprattutto, se il profilo non è utilizzato come
motivo di ricorso, la Corte di cassazione ha la facoltà
di rilevare essa stessa la questione, che il giudice d’appello ha omesso di rilevare, esaminare e decidere, per
farne dipendere l’esito del processo; del resto, il vizio
di presupposto processuale è rilevabile d’ufficio in
ogni stato e grado del processo e dunque anche in
sede di giudizio di legittimità 25.
Una considerazione che può avere effetti dirompenti è allora la seguente.
Se il rilievo d’ufficio del vizio processuale è un dovere del giudice d’appello, e se il vizio è rilevabile
anche per la prima volta in Cassazione, deve ritenersi
un dovere anche per quest’ultima, che dunque compie una violazione di norma processuale se non lo fa,
cosı̀ come il giudice d’appello.
In altri termini: se è vero che l’omesso rilievo d’ufficio di un vizio processuale da parte del giudice d’appello genera la nullità della sua sentenza, per coerenza
anche la sentenza della Corte di cassazione emessa in
violazione di legge per mancato rilievo d’ufficio di una
nullità processuale deve qualificarsi come invalida 26.
Del resto la doverosità del rilievo d’ufficio, da parte
della Corte di cassazione, della carenza di un presupposto processuale consegue anche alla considerazione
generale che la sentenza emessa in presenza del vizio
processuale è invalida per inesistenza del potere di
decidere (nel merito) 27.
Il problema si sposta allora sul terreno, estremamente impervio, delle modalità per far valere le invalidità
delle pronunce della Cassazione ed in particolare della
loro impugnazione.
Non è questa la sede per affrontarlo, ma si deve
sottolineare, e cosı̀ concludere, la necessità di prevedere mezzi di reazione rispetto a sentenze della Corte
di cassazione viziate da errores in procedendo o difetti
di attività, per garantire il rispetto delle regole processuali che, come tali, sono volte a consentire l’emissione di decisioni giuste, ed il controllo dall’esterno della
loro applicazione da parte della stessa Corte, che non
può essere o risultare legibus soluta quanto alle norme
di comportamento relative al suo operare 28.
n Limiti soggettivi del giudicato
Cassazione civile, Sez. III, 9 luglio 2019, n. 18325 –
Pres. Armano – Rel. Cigna – Est. Scoditti – P.M.
Patrone (conf.) – A. Assicurazioni S.p.a. (avv. Del
Borrello) – B.S.D.A., BA.CR. (avv. Siracusa). Cassa
con rinvio, App. Milano, 19 aprile 2016.
ponibilità all’assicuratore rimasto estraneo al giudizio – Esclusione – Fondamento – Efficacia solo probatoria del giudicato formatosi ‘‘inter alios’’
Responsabilità civile – Assicurazione – Giudizio di
risarcimento danni da responsabilità civile automobilistica – Giudicato favorevole al danneggiato – Op-
In materia di assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore
e dei natanti, il giudicato favorevole al danneggiato,
conseguito nei confronti del solo danneggiante assicurato, non è opponibile all’assicuratore che non abbia par-
25
In proposito v. per tutti Bove, La corte di cassazione come
giudice di terza istanza, in Riv. Trim. Dir. e Proc. Civ., 2004, 947,
950 e segg.
26
Si ricordi che la giurisprudenza di legittimità prevalente fornisce un’interpretazione che qualifica come invalida la sentenza
emessa in violazione di legge per mancato rilievo officioso di una
nullità processuale: oltre alle pronunce citate in nota 8, cfr. anche
Cass. civ., Sez. lav., 16 maggio 2002, n. 7119.
27
Cosı̀, con la sua consueta chiarezza, Fabbrini, voce ‘‘Potere
del giudice (dir. proc. civ.)’’, in Enc Dir., XXXIV, 1985, 721, 724725, sul mancato esercizio del potere da parte del giudice di
rilievo d’ufficio della carenza di presupposti processuali, scriveva
che ‘‘rilevare le fattispecie impeditive è doveroso per il giudice
non già per un’asserita generica doverosità di esercizio dei poteri
dell’organo pubblico, ma per la ben precisa circostanza che la
tecnica del procedimento rende viziata per inesistenza del potere
la decisione di merito emessa in presenza della fattispecie impeditiva’’. In proposito si veda, diversamente, Fornaciari, op. cit.,
111, n. 218.
28
Non appare sufficiente allo scopo la revocazione ex art. 391-
bis c.p.c., sebbene la Corte abbia spesso fatto rientrare nell’errore
di fatto revocatorio anche e soprattutto errores in procedendo:
infatti, si pretende comunque che si tratti di un errore di percezione, di una mera svista, con i caratteri della assoluta evidenza (ex
multis Cass. civ., 8 agosto 2002, n. 11937, in Giur. It., 2003, 1125,
con nota di Ronco; più recentemente Cass. civ., Sez. lav., 5 novembre 2018, n. 28143; Cass. civ., 24 gennaio 2018, n. 1820). In
tema Luiso, La norma processuale ed i suoi destinatari, in Riv.
Trim. Dir. e Proc. Civ., 2017, 897; Comoglio, Requiem per il
processo ‘‘giusto’’, in Nuova Giur. Civ. Comm., 2013, II, 47; Tiscini, Il giudizio di cassazione, in Luiso-Vaccarella (a cura di), Le
impugnazioni civili, Torino, 2013, 321 e segg., 483 e segg.; Impagnatiello, voce ‘‘Decisioni della cassazione (impugnazione delle)’’,
in Digesto Civ., Aggiornamento, Torino, 2010, 443; Panzarola, La
impugnazione delle decisioni della corte di cassazione, in Giusto
Proc. Civ., 2009, 1027, in part. 1030-1031, anche nota 10; Id.,
Art. 391-bis, in Briguglio-Capponi (a cura di), Commentario alle
riforme del processo civile, I, Padova, 2009, 283; Balena, L’impugnazione delle sentenze di cassazione, in Riv. Trim. Dir. e Proc.
Civ., 2004, I, 107.
2454
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
n
Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile
tecipato al giudizio, sicché, nella causa successivamente
instaurata tra danneggiato e assicuratore, potrà avere
esclusivamente efficacia di prova documentale, al pari
delle prove acquisite nel processo in cui si è formato.
Omissis. – Con il secondo motivo si denuncia violazione
o falsa applicazione degli artt. 1306 e 2909 c.c., ai sensi
dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3. Osserva la ricorrente che
il condebitore solidale ai sensi dell’art. 1306 non può subire
alcun pregiudizio dalla sentenza resa in procedimento al
quale è rimasto estraneo e che nella specie deve escludersi
il nesso di pregiudizialità-dipendenza fra rapporti giuridici
perché, non essendo stato citato nel giudizio penale l’assicuratore, si è dato luogo ad una totale scissione fra l’accertamento in sede penale e quello successivo a cui si poteva
pervenire in sede civile. Aggiunge che la sentenza emessa
nei confronti del solo danneggiante può essere utilizzata nel
successivo giudizio nei confronti dell’assicuratore, contenendo essa un accertamento di verità, con possibilità però
per l’assicuratore di far valere le proprie ragioni.
Il motivo è fondato. L’affermazione della corte territoriale, secondo cui il giudizio svoltosi innanzi al giudice civile a
seguito di rinvio ai sensi dell’art. 622 c.p.p. ha natura di
giudizio civile in senso proprio, sicché il giudicato è un
giudicato civile, è corretta (cfr. Cass. 12 giugno 2019, n.
15859). Non è corretto il riconoscimento dell’efficacia di
quel giudicato nei confronti dell’assicuratore rimasto estraneo al giudizio.
Con riferimento all’opponibilità del giudicato favorevole
al danneggiato, conseguito nei confronti del solo danneggiante assicurato, all’assicuratore in assicurazione obbligatoria della responsabilità civile derivante dalla circolazione
di veicoli a motori si registrano nella giurisprudenza di
questa Corte due orientamenti. Secondo un indirizzo meno
recente il giudicato non può essere opposto all’assicuratore
che sia rimasto terzo rispetto al rapporto processuale fra
danneggiato ed assicurato (Cass. 18 maggio 2011, n. 10919;
2 marzo 2004, n. 4192; 4 ottobre 1976, n. 3223; ma si veda
già Cass. 29 ottobre 1963, n. 2859). Secondo un indirizzo
più recente e tendenzialmente maggioritario la sentenza di
condanna al risarcimento del danno pronunciata nei confronti del responsabile di un sinistro stradale fa stato nei
confronti del suo assicuratore della responsabilità civile,
per quanto concerne la sussistenza dell’obbligo risarcitorio
del danneggiante e del correlativo debito, anche se l’assicuratore non abbia partecipato al relativo giudizio, atteso
che l’assicuratore non è titolare di una posizione autonoma
rispetto al rapporto cui si riferisce la sentenza e non può
disconoscere l’accertamento in essa contenuto come affermazione oggetto di verità, ma è titolare di una situazione
giuridica dipendente dalla situazione definita con la prima
sentenza (Cass. 20 febbraio 2013, n. 4241; 31 gennaio
2012, n. 1359; 12 maggio 2005, n. 10017; 16 ottobre
2001, n. 12612; 18 gennaio 1979, n. 371).
Cass. 20 febbraio 2013, n. 4241 aveva tuttavia affermato
che dell’opponibilità del giudicato all’assicuratore rimasto
terzo rispetto al processo ‘‘non pare che sia stata apertamente saggiata la resistenza anche alla luce delle garanzie
costituzionali sui diritti di azione e difesa in giudizio (art. 24
Cost.) e del contraddittorio (art. 111 Cost.)’’; nella specie
non fu tuttavia riconosciuta l’applicabilità del giudicato per
non esservi stato accertamento del debito risarcitorio. Ma
soprattutto Cass. 30 ottobre 2007, n. 22881, relativa ad un
caso in cui era convenuta l’impresa designata dal Fondo di
garanzia, osservò che la possibilità di estendere l’efficacia
del giudicato a soggetti rimasti terzi rispetto al giudizio si
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
poneva in evidente contrasto con i principi costituzionali
(artt. 24 e 111 Cost.), ma il rilievo rimase al livello di obiter
dictum in quanto il giudicato fu ritenuto non opponibile
sulla base del diverso argomento che nel caso dell’impresa
designata dal Fondo di garanzia i limiti di estensibilità del
giudicato rimanevano fissati dalla L. n. 990 del 1969, art.
25, per cui si ritenne applicabile la norma di cui all’art.
1306 c.c. in materia di efficacia della sentenza nei confronti
degli altri debitori in solido.
Ritiene il Collegio che l’indirizzo da seguire sia quello
minoritario della non opponibilità del giudicato sfavorevole
per il danneggiante al terzo assicuratore anche, ma non
solo, sulla base della considerazione dei dubbi di ordine
costituzionale emersi nell’evoluzione della giurisprudenza.
Gli argomenti che militano nel senso della non opponibilità
del giudicato sono infatti due, l’uno di ordine costituzionale, l’altro relativo alla costruzione della fattispecie.
2.1. Muovendo da quest’ultimo argomento, va evidenziato che l’indirizzo favorevole all’opponibilità del giudicato al
terzo si iscrive in un più largo e risalente orientamento della
giurisprudenza, adesivo alla c.d. teoria del giudicato riflesso. Si tratta di teoria elaborata dalla dottrina nel corso degli
anni sessanta del secolo scorso (ma già emersa nel vigore
del codice del 1865) e fatta propria dalla giurisprudenza.
Una volta recepita, quella teoria ha avuto diffusione assai
larga e continua ad essere sostenuta dalla più recente giurisprudenza. Il principio di diritto enunciato in modo ricorrente è il seguente: ‘‘il giudicato, oltre ad avere una sua
efficacia diretta nei confronti delle parti, loro eredi e aventi
causa, è dotato anche di un’efficacia riflessa, nel senso che
la sentenza, come affermazione oggettiva di verità, produce
conseguenze giuridiche nei confronti di soggetti rimasti
estranei al processo in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione
definita in quel processo o comunque di un diritto subordinato a tale situazione, con la conseguenza reciproca che
l’efficacia del giudicato non si estende a quanti siano titolari
di un diritto autonomo rispetto al rapporto giuridico definito con la prima sentenza’’ (nell’assai nutrito numero di
precedenti, che si snoda in una pluralità di decenni, si
possono qui menzionare fra le più recenti Cass. 29 marzo
2019, n. 8766; 25 febbraio 2019, n. 5411; 17 maggio 2017,
n. 12252; 2 dicembre 2015, n. 24558; fra le più risalenti
Cass. 16 maggio 1963, n. 1237; 7 settembre 1968, n. 3928;
13 marzo 1970, n. 656). Il presupposto della c.d. efficacia
riflessa del giudicato è dunque il nesso di pregiudizialitàdipendenza fra rapporti giuridici.
Il fenomeno della pregiudizialità-dipendenza è da porre in
relazione al principio di relatività della fattispecie secondo
cui l’effetto giuridico di una data fattispecie può a sua volta
rilevare come elemento del fatto costitutivo (modificativo o
estintivo) di un’altra fattispecie. In altri termini, ciò che integra la conseguenza giuridica del fatto, e dunque l’elemento
formale della qualificazione giuridica, può, sotto un altro
aspetto, costituire l’elemento materiale di una distinta fattispecie e trascorrere da valore giuridico a fatto esso stesso.
L’effetto giuridico relativo al rapporto pregiudicante, che
venga a costituire elemento del fatto costitutivo del rapporto
pregiudicato, costituisce nel processo relativo a quest’ultimo
questione pregiudiziale in senso tecnico. Si tratta di questione conosciuta in via incidentale senza effetto di giudicato (il
quale ha ad oggetto solo il rapporto giuridico oggetto del
processo pregiudicato – c.d. questione pregiudiziale in senso
logico), a meno che per domanda di una delle parti non
debba essere decisa con efficacia di giudicato (art. 34
c.p.c., il quale, come la norma complementare sulla sospensione di cui all’art. 295 c.p.c., riguarda la pregiudizialità
2455
n
Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato
tecnica e non quella logica, stante l’estensione dell’efficacia
di giudicato al rapporto complesso di cui è parte il diritto
dedotto in giudizio che caratterizza la pregiudizialità logica –
cfr. Cass. Sez. U. 12 dicembre 2014, nn. 26242 e 26243 – e
che la fa ricadere nel regime della continenza di cause anziché in quello della sospensione necessaria).
Il punto che interessa ai presenti fini è che l’eventuale
giudicato sul rapporto pregiudicante spiega efficacia nel
processo pregiudicato. Quando i soggetti del rapporto pregiudiziale non coincidono con quelli del rapporto condizionato, per un verso nel processo relativo a quest’ultimo
rapporto non può accertarsi con efficacia di giudicato la
questione pregiudiziale su domanda di una delle parti perché queste, non essendo titolari del rapporto in questione,
sono sfornite della legittimazione ad agire su tale rapporto
(tale evenienza non può peraltro mai sorgere nel caso di
azione diretta proposta dal danneggiato nei confronti dell’assicuratore ai sensi dell’art. 144, comma 3, cod. assicurazioni, per la presenza del litisconsorzio necessario con il
responsabile del danno), per l’altro però il giudicato sul
rapporto pregiudicante, seguendo la teoria del giudicato
riflesso, esplica la sua efficacia anche nei confronti del terzo
titolare del rapporto legato a quello oggetto del primo
giudizio stante il nesso sostanziale di dipendenza giuridica.
Restando nel campo dell’assicurazione sulla responsabilità
civile, la responsabilità risarcitoria del danneggiante, la quale
costituisce l’effetto della fattispecie di illecito civile, a sua
volta costituisce fatto costitutivo, unitamente all’esistenza
del contratto di assicurazione, dell’obbligo dell’assicuratore
di tenere indenne il danneggiante. Seguendo la teorica del
giudicato riflesso, il giudicato fra danneggiato e danneggiante, in relazione all’esistenza della responsabilità ed all’ammontare del debito, sarebbe opponibile all’assicuratore,
che non abbia partecipato al giudizio fra danneggiato e danneggiante, ove l’assicurato agisca per essere tenuto indenne
dalle conseguenze svantaggiose della sua soccombenza, ovvero agisca in sede risarcitoria lo stesso danneggiato nel caso
di assicurazione obbligatoria. L’effetto giuridico della responsabilità resta accertato come rapporto giuridico, e dunque con efficacia di giudicato anche per il terzo, e non quale
mero fatto, suscettibile di accertamento incidenter tantum
nella fattispecie di cui il terzo è parte.
2.2. Nell’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità
civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e
dei natanti la relazione di pregiudizialità-dipendenza è ciò
che rende ad interesse unisoggettivo un’obbligazione la
quale, per effetto dell’azione diretta, diventa obbligazione
solidale. La previsione dell’azione diretta del danneggiato
contro la società assicuratrice comporta infatti che responsabile del sinistro ed assicuratore rispondano in solido nei
confronti del danneggiato, il primo per l’intero danno, il
secondo nei limiti del massimale (salva la ricorrenza delle
ipotesi di responsabilità ultramassimale). Si tratta di obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo perché l’una obbligazione esiste se esiste l’altra e nel rapporto interno il
debito ricade interamente su una parte (secondo l’archetipo della fideiussione, benché a differenza di quest’ultima
nel rapporto interno l’obbligazione, per la presenza dell’assicurazione sulla responsabilità civile, non ricada sul titolare
del debito pregiudiziale ma sul garante obbligato ex contractu nei confronti del danneggiante ed ex lege nei confronti del danneggiato). La giurisprudenza da lungo tempo
è costante nel ritenere che nell’assicurazione obbligatoria
assicuratore e responsabile civile sono obbligati in solido
verso il danneggiato nei limiti del massimale, in funzione di
rafforzamento dell’interesse del creditore, coerentemente
allo scopo della L. n. 990 del 1969 (Cass. 30 ottobre
2456
2009, n. 23057; 11 giugno 2008, n. 15462; 20 marzo
2001, n. 4005; 14 giugno 1999, n. 5883; 1º giugno 1995,
6128; 16 agosto 1988, n. 4950; 27 novembre 1982, n. 6428,
quest’ultima con una motivazione particolarmente significativa). Si suole parlare di ‘‘solidarietà atipica’’, atteso che il
debito aquiliano dell’assicurato discende ex delicto ed è
illimitato mentre quello di natura indennitaria dell’assicuratore deriva ex lege e trova limite nella capienza del massimale (Cass. 3 giugno 2002, n. 7993; Cass. 9 aprile 2001, n.
5262; Cass. 1º giugno 1995, n. 6128). Tale conclusione si
colloca nel quadro del processo di astrazione della solidarietà, quanto all’eadem causa obligandi, per essere essa
riferita all’identità dello scopo e della prestazione (eadem
res debita) cui i diversi rapporti tendono, processo che
ormai ampiamente caratterizza la giurisprudenza, come è
testimoniato dalle ipotesi di solidarietà passiva nell’ambito
di obbligazioni con fonti eterogenee, fra le quali la solidarietà basata su diversi titoli contrattuali.
L’inquadramento dell’assicurazione obbligatoria nella solidarietà passiva comporta l’applicabilità dell’art. 1306 c.c.,
per cui il giudicato intervenuto fra danneggiato e danneggiante non può valere contro il terzo assicuratore, mentre
può valere a favore di quest’ultimo ove questi manifesti la
volontà di avvantaggiarsene. La presenza della solidarietà
passiva impedisce l’effetto del giudicato riflesso, che conseguirebbe al nesso di pregiudizialità-dipendenza, e consente l’operatività del solo giudicato favorevole al terzo.
2.3. La qualificazione in termini di solidarietà passiva
della vicenda dell’assicurazione obbligatoria sarebbe argomento sufficiente per superare la tesi dell’efficacia riflessa
del giudicato nella materia de qua. Una tale interpretazione
del sistema normativo, che lasci ferma la tesi dell’efficacia
del giudicato nei confronti del terzo titolare del rapporto
dipendente, condurrebbe però ad un esito ermeneutico
privo di ragionevolezza sul piano costituzionale. Non sarebbe infatti ragionevole un trattamento non uniforme dell’assicuratore, che nel caso di assicurazione obbligatoria
non risente quale debitore solidale del giudicato sfavorevole ove si tratti dell’azione promossa nei suoi confronti dal
danneggiato, mentre nel caso dell’azione di rivalsa promossa dal danneggiante quel giudicato può essergli opposto,
assumendo che la regola di cui all’art. 1306 c.c. riguardi il
rapporto fra il creditore e uno dei debitori in solido ma non
quello fra danneggiante e assicuratore in sede di regresso. Il
trattamento diseguale, questa volta dal lato del danneggiato, diventa ancor più irragionevole ove si pensi che la disciplina dell’assicurazione obbligatoria è improntata, mediante l’istituto dell’azione diretta, ad una tutela rafforzata
del danneggiato e proprio in un tale ambiente di tutela al
danneggiato non sarebbe consentito ciò che invece sarebbe
consentito al danneggiante, opporre cioè il giudicato all’assicuratore. La coerenza costituzionale dell’interpretazione
impone pertanto di allargare l’indagine anche all’altro argomento che milita nel senso della non opponibilità del
giudicato al terzo assicuratore, e si tratta di un argomento
anch’esso di tipo costituzionale, come si è anticipato sopra.
Va tuttavia premesso un rilievo di ordine strettamente processuale.
2.4. La tesi dell’opponibilità del giudicato al terzo titolare
di rapporto dipendente introduce un’incoerenza già sul
piano del sistema processuale.
Come riconosciuto da Cass. sez. U. 4 dicembre 2015, n.
24707, l’art. 106 c.p.c. prevede sia l’ipotesi in cui, con la
chiamata in causa, il garantito esercita l’azione di regresso,
sia la diversa ipotesi in cui il garantito si limita a provocare la
partecipazione al processo del garante, senza proporre domanda nei suoi confronti, con efficacia estensiva della legitGiurisprudenza Italiana - Novembre 2020
n
Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile
timazione del garante rispetto all’accertamento del rapporto
principale. La partecipazione al processo del garante, senza
proposizione della domanda nei suoi confronti, mira a rendergli opponibile il giudicato sul diritto pregiudiziale fatto
valere tramite la domanda. Non è coerente alla necessità di
provocare la partecipazione al processo del titolare del rapporto dipendente per rendergli opponibile il giudicato l’istituto dell’efficacia riflessa, il quale consentirebbe di opporre
al terzo estraneo il giudicato per il sol fatto dell’esistenza del
nesso di pregiudizialità-dipendenza e senza passare per la
‘‘denuncia della lite’’ (cosı̀ definita dalla dottrina) evocata
dall’art. 106. Si tratta del resto di una possibilità negata dalla
stessa Cass. Sez. U. 4 dicembre 2015, n. 24707 sopra richiamata, la quale menziona la dottrina secondo cui il giudicato
sul rapporto pregiudiziale senza la partecipazione al processo del terzo garante non è a lui opponibile (punto 9.2. della
motivazione). È significativo che questo importante arresto
delle Sezioni Unite smentisca, sia pure in obiter dictum, la
teorica dell’efficacia riflessa.
Ulteriore contraddizione ricorre fra l’istituto dell’efficacia riflessa del giudicato e quello del litisconsorzio processuale. A differenza del litisconsorzio necessario sostanziale
(art. 102 c.p.c.), che ha carattere originario in quanto protettivo dell’interesse dell’attore ad un provvedimento giurisdizionale utile, il litisconsorzio necessario processuale, che
sopravviene in fase di appello (cfr. Cass. sez. U. 4 dicembre
2015, n. 24707), mira a prevenire la formazione di giudicati
che, in mancanza della necessaria persistenza delle parti in
sede di impugnazione, potrebbero essere contrastanti. Ne
discende che nel caso di soccombenza in primo grado dell’attore questi dovrà proporre l’impugnazione, stante l’insorto litisconsorzio processuale e l’acquisita trilateralità del
rapporto, anche nei confronti del garante. Solo a queste
condizioni l’eventuale giudicato favorevole all’originario attore può esplicare efficacia nel rapporto fra garantito e
garante. Una tale conclusione è in contraddizione con l’assunto dell’efficacia riflessa del giudicato nei confronti del
terzo titolare del rapporto dipendente da quello oggetto di
giudicato, efficacia sussistente per il sol fatto del nesso di
pregiudizialità-dipendenza fra rapporti e per la quale non è
richiesta la partecipazione del titolare del rapporto dipendente al processo relativo al rapporto pregiudicante.
Va infine rilevata, con riferimento all’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile derivante dalla circolazione
dei veicoli a motore e dei natanti, la disarmonia sul piano
sistematico che si avrebbe con riferimento a quanto previsto
dall’art. 144, comma 3, cod. assicurazioni. Mentre è previsto
dalla legge il litisconsorzio necessario con il responsabile del
danno quando sia promossa l’azione diretta nei confronti
dell’assicuratore, litisconsorzio processuale e non sostanziale
perché finalizzato all’opponibilità del giudicato e non all’utilità del medesimo (potendo ben essere pronunciata la sentenza di condanna nei confronti del solo assicuratore), nel
caso di azione promossa nei confronti del solo responsabile
del danno il giudicato sarebbe opponibile all’assicuratore
rimasto terzo rispetto al giudizio di responsabilità.
2.5. Sono comunque ragioni di ordine costituzionale che
rendono ormai non più sostenibile, dopo che la giurisprudenza vi ha aderito per qualche decennio, la teorica del
giudicato riflesso nei confronti del terzo titolare del rapporto dipendente. A questo proposito si deve prendere atto
del fatto che la dottrina, a cui la giurisprudenza aveva
inizialmente attinto per la recezione dell’istituto del giudicato riflesso, ha da lungo tempo, ed in particolare dagli
anni settanta del secolo scorso, progressivamente abbandonato l’istituto in questione, facendo prevalere la tutela del
diritto di difesa del terzo ai sensi dell’art. 24 Cost., la quale
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
ha poi trovato il proprio completamento nel principio del
giusto processo sancito dal revisionato art. 111 Cost., ed in
particolare nel principio del contraddittorio. Questa articolazione di principi costituzionali è incompatibile con un
istituto, quale quello dell’efficacia riflessa, cui la giurisprudenza continua sovente ancora a fare riferimento. Facendo
applicazione dell’efficacia riflessa del giudicato ciò che integra il fatto costitutivo della domanda risulterebbe accertato in modo irretrattabile senza il contraddittorio con il
convenuto e senza che questi possa esercitare il diritto di
difesa. Per il terzo l’altrui decisione resta quindi res inter
alios acta.
Il superamento dell’efficacia riflessa del giudicato lascia
però aperta la questione del bilanciamento fra il principio
del contraddittorio e quello di coerenza degli accertamenti
giurisdizionali circa il modo di essere dei rapporti giuridici.
Il bilanciamento resta affidato alle norme di diritto positivo, mentre l’efficacia riflessa riposava su una costruzione
dogmatica. Il primo passo da compiere è quello della distinzione fra successore a titolo particolare e terzo. In base
all’art. 2909 c.c. e art. 111 comma 4, c.p.c., il giudicato
spiega efficacia nei confronti del terzo che sia succeduto
nel diritto oggetto del giudicato, post rem iudicatum nel
caso dell’art. 2909 e nel corso del processo nel caso dell’art.
111, comma 4.
La compressione del contraddittorio deriva qui dalla legittima esigenza di fornire una tutela effettiva alle parti del
giudizio originario.
Per quanto riguarda il terzo i limiti soggettivi di efficacia
del giudicato restano disciplinati dalle norme positive. Si
tratta dell’efficacia di diritto e non di quella di fatto, la
quale si ha invece quando manchi un collegamento giuridico fra il diritto della parte interessata (in via di fatto) al
giudicato ed il rapporto disciplinato da quest’ultimo (ad
esempio il caso di Tizio, proprietario del fondo limitrofo,
convenuto in negatoria servitutis da Caio, che ha rivendicato vittoriosamente la proprietà nei confronti di Sempronio). Norme che presuppongono l’estensione al terzo dell’efficacia del giudicato sono l’art. 404 comma 2, c.p.c.
sull’opposizione di terzo revocatoria, che contempla i creditori e gli aventi causa (i quali secondo la migliore dottrina
sono i terzi titolari di un diritto dipendente che è sorto
prima dell’instaurazione del processo riguardante il rapporto pregiudiziale) e l’art. 1595 comma 3, c.c., secondo cui la
sentenza pronunciata tra locatore e conduttore ha effetto
anche contro il subconduttore (espressione di un principio
che può ritenersi operante nell’intera materia del subcontratto, con l’affidamento della salvaguardia del diritto del
terzo allo strumento previsto dall’art. 107 c.p.c., il cui utilizzo è affidato al prudente apprezzamento del giudice).
Con riferimento al fenomeno dei nessi di pregiudizialitàdipendenza fra rapporti, ferma la regola che l’efficacia del
giudicato non può operare contro il terzo, può desumersi
dall’art. 1306 c.c., come sostiene la dottrina, il principio
generale secondo cui gli effetti del giudicato favorevole al
terzo possono da questi, laddove manifesti l’intenzione di
avvalersene, essere opposti al soggetto che è stato parte del
processo pregiudicante confluito nel giudicato (possibilità
evocata da Cass. Sez. U. 4 giugno 2008, n. 14815 in materia
di giudicato tributario), operando quindi gli effetti del giudicato secundum eventum litis.
2.6. All’infuori dei confini indicati non resta che l’efficacia
di prova o di elemento di prova documentale che il giudicato
può acquistare, cui non di rado la giurisprudenza ha fatto
riferimento proprio a proposito di rapporto pregiudiziale
inter alios (Cass. 20 febbraio 2013, n. 4241; 10 settembre
2009, n. 19499; 21 settembre 2007, n. 19492; 20 luglio 2003,
2457
n
Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato
n. 11682; 29 gennaio 2003, n. 1372), considerando perciò il
giudicato non quale valore giuridico (disciplina giurisdizionale del rapporto) ma quale fatto storico risultante da un
documento. Tale è l’efficacia che il giudicato reso fra danneggiato e danneggiante può avere nei confronti dell’assicuratore nell’ambito dell’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile, sia quando agisca il danneggiato in sede
di azione diretta, sia quando agisca il danneggiante in sede di
rivalsa. Alla luce dell’assenza di una norma di chiusura sulla
tassatività tipologica dei mezzi di prova, si può tenere conto
anche delle prove acquisite nel processo svoltosi nei confronti del solo responsabile civile.
Quello di cui non si può fare applicazione, ove sia il danneggiante ad agire in rivalsa nei confronti dell’assicuratore, è
il principio alla base dell’art. 1485 comma 1, c.c., per il quale
il compratore, convenuto da un terzo che pretende di avere
diritti sulla cosa venduta, qualora non abbia chiamato in
causa il venditore e sia condannato con sentenza passata in
giudicato, ‘‘perde il diritto alla garanzia se il venditore prova
che esistevano ragioni sufficienti per far respingere la domanda’’. Si ritiene in dottrina che tale norma sia espressione
di un principio applicabile alle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo, quale in effetti è l’obbligazione dell’assicuratore nell’assicurazione obbligatoria sulla responsabilità
civile. L’onere di provare che vi erano ragioni per disattendere la domanda, ed in particolare l’esistenza del diritto
ceduto, incombe sul venditore perché la circostanza accerta-
ta nel primo processo è propria del terzo convenuto nel
secondo giudizio, al pari delle obbligazioni solidali ad interesse unisoggettivo quali si rinvengono nel rapporto fideiussorio e nella responsabilità per fatto altrui (art. 2049 c.c. e
art. 2054 comma 3, c.c.). La circostanza accertata nel processo ove è stato convenuto il fideiussore, il padrone o il
proprietario del veicolo è propria rispettivamente del debitore principale, del domestico o del conducente del veicolo.
Non altrettanto può dirsi per l’assicuratore, posto che la
circostanza pregiudiziale attiene proprio al convenuto del
primo processo, il danneggiante. Anche dunque nel caso
di esercizio della rivalsa da parte del danneggiante, come
nel caso di azione diretta promossa dal danneggiato, il giudicato relativo al rapporto pregiudiziale e le prove raccolte
nel relativo processo restano prova documentale di cui l’attore può avvalersi nel giudizio promosso nei confronti dell’assicuratore, senza che possa trovare applicazione il principio alla base dell’art. 1485 comma 1, c.c.
2.7. Va in conclusione enunciato in relazione al presente
ricorso il seguente principio di diritto: ‘‘il giudicato di condanna del danneggiante non può essere opposto dal danneggiato che agisca in giudizio nei confronti dell’assicuratore in assicurazione obbligatoria sulla responsabilità civile
derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti e ha in tale giudizio esclusivamente efficacia di prova
documentale, al pari delle prove acquisite nel processo in
cui il giudicato si è formato’’. – Omissis.
Tramonto dell’efficacia riflessa del giudicato
Gian Marco Sacchetto*
L’Autore, compiuta una breve sintesi della ‘‘parabola’’ dell’efficacia riflessa del giudicato, ripercorre gli opposti orientamenti della
giurisprudenza di legittimità sulla opponibilità del giudicato di condanna nei confronti del danneggiante alla compagnia assicurativa che non ha preso parte al giudizio tra il primo e il danneggiato. Si sofferma, in particolare, sulla soluzione elaborata con
la presente decisione, che privilegia l’orientamento (sinora minoritario) secondo cui il giudicato non può essere opposto
all’assicuratore rimasto estraneo al giudizio e può, invece, valere come prova documentale nella causa successivamente
instaurata tra danneggiato e assicuratore. Ragiona, infine, sulla qualificazione di obbligazione solidale tra assicurato ed assicuratore in ambito R.C. auto e sulla portata della disposizione dell’art. 1306 c.c., prospettando alcuni possibili sviluppi interpretativi.
Il caso di specie
La vicenda processuale oggetto della sentenza in
esame è piuttosto lunga e complessa, frutto di due
procedimenti paralleli in sede penale e in sede civile.
Il caso di specie prende le mosse da un incidente
stradale tra un’autovettura e una motocicletta, in seguito al quale il motociclista riportava una serie di
lesioni. Da qui scaturiva un procedimento penale
per lesioni personali colpose nei confronti del conducente dell’autovettura, che veniva condannato penalmente per il reato ascritto, nonché a risarcire i danni
alla parte civile. Appellata la sentenza di primo grado,
la condanna veniva confermata anche in seconde cure.
A seguito dell’opposizione al decreto ingiuntivo medio tempore ottenuto dal danneggiato nei confronti
della compagnia assicurativa del responsabile civile,
il Tribunale di Milano condannava quest’ultima al
pagamento di quanto ancora dovuto in favore delle
eredi del danneggiato.
Accadeva nel frattempo che la Corte di cassazione
penale, adita avverso la sentenza d’appello emessa del
giudizio penale, annullasse tale pronuncia limitatamente agli effetti civili, rimettendo il giudizio ex art.
622 c.p.p. alla Corte d’appello di Milano, la quale
liquidava definitivamente il risarcimento.
La stessa Corte d’appello, nel parallelo procedimento civile di opposizione decreto ingiuntivo, riteneva
che la sentenza di condanna al risarcimento del danno
pronunciata nei confronti del responsabile facesse stato anche nei confronti del suo assicuratore, ancorché
estraneo al giudizio, essendo titolare di una posizione
giuridica dipendente rispetto al rapporto cui si riferiva
la sentenza penale di condanna.
L’assicuratore ricorreva in Cassazione, denunciando, tra le altre, la violazione o falsa applicazione degli
* Il contributo è stato sottoposto, in forma anonima, alla valutazione di un referee.
2458
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
n
Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile
artt. 1306 e 2909 c.c., rispettivamente in materia di
obbligazioni solidali e di efficacia del giudicato perché, a suo dire, il giudicato formatosi, anche agli effetti civili, nel procedimento penale cui non aveva
partecipato non poteva essergli opposto.
La Suprema Corte, con la sentenza in epigrafe 1, ha
accolto il ricorso, ritenendo di non poter più condividere la teoria dell’efficacia riflessa del giudicato nei
confronti dei terzi titolari di un rapporto giuridico
dipendente che non avessero preso parte al giudizio,
ma ha soggiunto che il giudicato formatosi nel primo
processo, tertio absente, non è del tutto privo di conseguenze nel successivo processo instaurato contro il
terzo, rivestendo valore di prova documentale.
Con la decisione in commento la Cassazione sconfessa apertis verbis la teoria della cd. efficacia riflessa
del giudicato, secondo cui la sentenza, oltre a possedere una efficacia ‘‘diretta’’ nei confronti delle parti,
loro eredi e aventi causa post rem iudicatam ai sensi
dell’art. 2909 c.c. 2, produce un’efficacia ‘‘riflessa’’ nei
confronti dei terzi che, pur rimasti estranei al processo
in cui si è formato, siano titolari di un diritto dipendente dalla situazione giuridica definita e decisa nella
causa pregiudiziale.
Pietra angolare della teoria in questione è il nesso di
pregiudizialità-dipendenza, che ricorre quando uno
dei due rapporti (pregiudiziale) entra a comporre la
fattispecie costitutiva della situazione giuridica dipendente. Ne consegue, sul piano sostanziale, che l’esistenza e il modo d’essere del rapporto pregiudiziale
condizionano l’esistenza e il modo d’essere della situazione giuridica dipendente.
Sul piano processuale questo vincolo genera il fenomeno della c.d. riflessione, cioè degli effetti riflessi del
giudicato. Cosı̀, ove il rapporto pregiudiziale accertato
con efficacia di giudicato rientri nella fattispecie costitutiva del diritto dipendente oggetto del secondo
giudizio ‘‘la discussione sull’elemento costituito del
rapporto giuridico pregiudiziale è ormai preclusa’’ 3.
V’è chi autorevolmente, già da qualche anno e proprio con riferimento alla teoria dell’efficacia riflessa,
discorreva della ‘‘conclusione di una parabola’’ 4 iniziata oltre un secolo fa. Tale teoria fu infatti elaborata
già sotto il vigore del codice di rito del 1865 c.c.,
soprattutto ad opera della ricostruzione unitaria che
Enrico Allorio diede al fenomeno della ‘‘riflessione’’ 5.
Nel vigore dell’attuale codice tale teoria è stata condivisa, sia pure nella variopinta gamma di sfumature, da
una larghissima parte degli studiosi 6.
Anche la giurisprudenza ha aderito massicciamente
alla teoria dell’efficacia riflessa del giudicato. Come si
legge nella stessa decisione qui annotata, è frequente
1
La sentenza in commento è pubblicata in Foro It., 2020, I,
292, con nota di A. Proto Pisani, La conclusione di una parabola:
lo smantellamento dell’efficacia della sentenza (o della cosa giudicata) contro i terzi, ma l’efficacia delle prove e del precedente giurisprudenziale formatisi nel processo svoltosi ‘inter alios’nonché in
Corriere Giur., 2020, 667 e segg., con nota di S. Barone-E. Bufano, Solidarietà passiva ‘atipica’ (nell’assicurazione r.c. auto) ed efficacia riflessa del giudicato.
2
Per il rilievo che l’art. 2909 c.c. si riferisce con l’espressione
‘‘eredi ed aventi causa’’ a coloro che hanno assunto tali qualità
dopo la formazione del giudicato cfr. F.P. Luiso, Principio del
contraddittorio ed efficacia della sentenza verso terzi, Milano,
1981, 40; E. Allorio, Trent’anni di applicazione del c.p.c., in Commentario del c.p.c., diretto da Id., Torino, 1973, I, 1, LXI e segg.;
G. Monteleone, I limiti soggettivi del giudicato civile, Padova,
1978, 109 e seg.
3
Cosı̀, classicamente, E. Allorio, La cosa giudicata rispetto ai
terzi, Milano, 1935, 71.
4
L’efficace espressione è di A. Proto Pisani, La conclusione di
una parabola: lo smantellamento dell’efficacia della sentenza (o
della cosa giudicata) contro i terzi, ma l’efficacia delle prove e del
precedente giurisprudenziale formatisi nel processo svoltosi ‘inter
alios’, in Foro It., 2015, V, 397; v. anche Id., I limiti soggettivi
di efficacia della sentenza civile. Una parabola di studi, Milano,
2016.
5
E. Allorio ha avuto, inter alia et multa, il merito di trasporre in
ambito processuale la teoria elaborata da R. von Jhering nell’ampio saggio Die Reflexwirkungen oder die Rückwirkung rechtlicher
Thatsachen auf dritte Personen, in Jahrbücher für die Dogmatik des
heutigen römischen und deutschen Privatrechts, X, 1871.
6
In proposito, G. Fabbrini, Contributo alla dottrina dell’intervento adesivo, Milano, 1964, VIII, 96; F. Carpi, L’efficacia ‘‘ultra
partes’’ della sentenza civile, Milano, 1974, 230 e segg.; A. Proto
Pisani, Opposizione di terzo ordinaria, Napoli 1965, 27 e segg.; E.
Allorio, Trent’anni di applicazione del c.p.c., cit., LXIV e segg., il
quale, comunque, dopo aver rievocato il pensiero espresso nella
monografia del 1935, limita la portata delle sue precedenti conclusioni ai casi in cui il rapporto dipendente viene in essere suc-
cessivamente a quello pregiudiziale e non al caso inverso. Nel
senso che i terzi non siano soggetti all’autorità di cosa giudicata,
ma all’efficacia della sentenza (suscettibile di essere caducata con
l’opposizione di terzo o disapplicata mediante contestazione incidentale) v. E.T. Liebman, Efficacia e autorità della sentenza, Milano, 1935, in Efficacia ed autorità della sentenza (ed altri scritti
sulla cosa giudicata), Milano, 1962, passim; Id., Ancora sulla sentenza e sulla cosa giudicata, in Riv. Dir. Proc. Civ., 1936, I, 237 e
segg. Più recentemente, Id., Manuale di diritto processuale civile
(Principi), Milano, 2007, 279 e segg. Per una efficacia riflessa del
giudicato ultra partes nei soli casi previsti dalla legge, v. C. Vocino,
Su alcuni concetti e problemi del diritto processuale civile – IV,
Cosa giudicata e suoi limiti soggettivi, in Riv. Trim. Dir. e Proc.
Civ., 1971, 508 e segg.; G. Monteleone, I limiti soggettivi del
giudicato civile, cit., 107 e segg.; S. Menchini, I limiti oggettivi
del giudicato civile, Milano, 1987, 139 e segg. Più di recente, C.
Cavallini, L’efficacia (riflessa) della sentenza nel pensiero di E.T.
Liebman, in Riv. Dir. Proc., 2007, 1221 e segg., che, pur riconoscendo il fascino e la perenne vitalità della distinzione liebmaniana
fra efficacia e autorità di cosa giudicata, ritiene che anche la prima
(1243) ‘‘si manifesti compiutamente tra le parti del processo e solo
tra queste, salvo diverse e peculiari disposizioni di legge, quali
l’art. 1485 c.c., ad esempio, non meno dell’art. 111, comma 4º,
c.p.c.’’. V. altresı̀ A. Proto Pisani, La conclusione di una parabola,
cit., 397 e segg. In una posizione sostanzialmente mediana rispetto
alla tesi sopra ricordate v. F.P. Luiso, Principio del contraddittorio
e efficacia della sentenza verso terzi, cit., 80 e segg., 117 e segg.; più
recentemente, Id., Diritto processuale civile, I, Milano, 2017, 176 e
segg., il quale limita l’efficacia riflessa del giudicato non solo ai
casi in cui sussista una previsione legislativa ad hoc, ma anche
quando il nesso di pregiudizialità-dipendenza sia permanente,
come nel caso del diritto del subconduttore (1595 c.c.). In una
prospettiva parzialmente analoga v. E. Zucconi Galli Fonseca,
Pregiudizialità e rinvio (contributo allo studio dei limiti soggettivi
dell’accertamento), Bologna, 2011, 10 e segg., la quale distingue
fra due tipologie di pregiudizialità-dipendenza, a seconda della
relazione di continenza fra il diritto dipendente e il diritto pregiudiziale: pregiudizialità ‘‘da rinvio fisso’’, non suscettibile di allar-
L’efficacia riflessa del giudicato: un breve quadro di
sintesi
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
2459
n
Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato
la massima secondo cui ‘‘il giudicato, oltre ad avere
una sua efficacia diretta nei confronti delle parti, loro
eredi e aventi causa, è dotato anche di un’efficacia
riflessa, nel senso che la sentenza, come affermazione
oggettiva di verità, produce conseguenze giuridiche
nei confronti di soggetti rimasti estranei al processo
in cui è stata emessa, allorquando questi siano titolari
di un diritto dipendente dalla situazione definita in
quel processo o comunque di un diritto subordinato
a tale situazione, con la conseguenza reciproca che
l’efficacia del giudicato non si estende a quanti siano
titolari di un diritto autonomo rispetto al rapporto
giuridico definito con la prima sentenza’’ 7.
La soluzione elaborata dalla Cassazione merita d’essere condivisa, salvo una breve postilla in tema di
efficacia probatoria della sentenza resa sul rapporto
pregiudiziale, come si dirà nell’ultimo paragrafo di
questa nota.
Può sembrare strano che la teoria dell’efficacia riflessa abbia resistito all’entrata in vigore della Costituzione e soprattutto all’affermazione del diritto di
difesa (art. 24 Cost.) e del principio del contradditorio
(art. 111, 2º comma, Cost.). E ciò anche in epoca
successiva alla nota sentenza della Corte costituzionale
n. 55 del 22 marzo 1971 che, in applicazione dell’art.
24, 2º comma, Cost., ebbe a dichiarare l’illegittimità
costituzionale dell’art. 28 c.p.p. Rocco, nella parte in
cui estendeva gli effetti civili del giudicato penale a
carico dei terzi rimasti estranei al processo penale 8.
Le ragioni di tale resistenza, a dire il vero, non sono
poche. Il nostro ordinamento conosce da tempo norme come quella dettata nell’art. 2909 c.c. secondo cui
la sentenza – in linea di principio – non può pregiudicare coloro che sono rimasti estranei alla lite 9.
È altrettanto vero, comunque, che lo stesso ordinamento prevede alcune ipotesi di estensione ultra partes
degli effetti del giudicato: si pensi allo stesso art. 2909
c.c. che menziona, oltre alle parti, i loro eredi e aventi
causa post rem iudicatam, ma anche all’art. 111, 4º comma, c.p.c. in ordine al successore a titolo particolare nel
diritto controverso, all’art. 404, 2º comma, c.p.c., con
riferimento al creditore e, ancora, all’art. 1595, 3º comma, c.c., relativamente al subconduttore rispetto al giudicato formatosi sul rapporto principale di locazione.
Ora, la scelta del legislatore del 1942 di non menzionare all’art. 2909 c.c. i terzi ‘‘titolari di rapporti giuridici dipendenti’’ non costituiva, di per sé, un ostacolo
insormontabile per la sopravvivenza della teoria dell’efficacia riflessa. Anzi, si può affermare che tale teoria
abbia addirittura trovato terreno fertile nella stessa previsione codicistica: la genericità dell’espressione ‘‘avente causa’’ di cui all’art. 2909 c.c. ha infatti prestato il
fianco a interpretazioni volte a estenderne la portata,
sino a ricomprendere i terzi titolari di rapporti giuridici
dipendenti 10. Tale disposizione, tra l’altro, è stata redatta in un’epoca in cui la dottrina assolutamente maggioritaria aderiva alla teoria dell’absolute Wirkung der
relativen Feststellung 11, ossia del ‘‘valore assoluto’’ della
sentenza, secondo cui il giudicato doveva essere accettato da chiunque, in quanto vincolante fra le parti, che
erano state contradictores legitimi et principales nel giudizio concluso con la res iudicata.
Con l’avvento della Costituzione e soprattutto in
forza del fondamentale richiamo ai limiti soggettivi
del giudicato con la già ricordata sentenza n. 55/
1971 della Consulta, la frizione fra l’art. 2909 e l’art.
24 Cost. diventava però assai più difficile da contenere e comporre. Nondimeno, anche dopo gli anni Settanta, larga parte della dottrina, pur aderendo a formulazioni più attenuate della teoria del c.d. valore
assoluto della sentenza 12 o addirittura abbandonandola definitivamente 13, ha comunque fatto salvi, nell’uno e nell’altro caso, i capisaldi della teoria dell’efficacia riflessa.
Ciò che sembra aver consentito a tale teoria di ‘‘re-
gamento del giudicato, e pregiudizialità ‘‘da rinvio mobile’’, dalla
quale consegue che, variando il diritto pregiudiziale, varia anche il
diritto dipendente.
7
Tra i numerosissimi precedenti, la Suprema Corte menziona,
fra le più recenti, Cass. civ., 29 marzo 2019, n. 8766; Cass. civ., 25
febbraio 2019, n. 5411; Cass. civ., 17 maggio 2017, n. 12252;
Cass. civ., 2 dicembre 2015, n. 24558; mentre, fra le più risalenti,
Cass. civ., 16 maggio 1963, n. 1237; Cass. civ., 7 settembre 1968,
n. 3928; Cass. civ., 13 marzo 1970, n. 656.
8
La sentenza della Consulta è pubblicata in Foro It., 1971, I,
824. In dottrina, L.P. Comoglio, L’incostituzionalità dell’art. 28
cod. proc. pen. e la decisione ‘overruling’[inserire spazio]della Corte
Costituzionale, in Giur. It., 1971, 716 e segg.; Montesano, Giudicato sui fatti, efficacia riflessa della sentenza e tutela giurisdizionale
dei diritti nella pronuncia costituzionale sull’art. 28 cod. proc. penale, in Foro It., 1971, I, 1798 e segg.
9
Già l’art. 1351 c.c. del 1865 cosı̀ prevedeva: ‘‘l’autorità della
cosa giudicata non ha luogo, se non relativamente a ciò che ha
formato il soggetto della sentenza. È necessario che la domanda
sia la stessa; che la domanda sia fondata sulla medesima causa; che
la domanda sia tra le medesime parti, e proposta da esse e contro
di esse nelle medesime qualità’’.
10
Cfr. G. Pugliese, voce ‘‘Giudicato civile (storia)’’, in Enc.
Dir., XVIII, Milano, 1969, 884, il quale ritiene che l’espressione
‘‘avente causa’’ includa tutte le ipotesi di estensione ultra partes
del giudicato. Contra, G. Monteleone, I limiti soggettivi del giudicato civile, cit., 69 e segg.; E.T. Liebman, Manuale di diritto
processuale civile (Principi), Milano, 2007, 284 e seg.
11
La prima elaborazione compiuta del principio del valore assoluto della cosa giudicata risale ad A. Wach, Zur Lehre von der
Rechtskraft. Drei Rechtsgutachten, Lipsia, 1899; e su questa v. E.
Betti, Trattato dei limiti soggettivi della cosa giudicata in diritto
romano, Macerata, 1922, 144, 161 e segg., 511 e segg.; G. Chiovenda, Istituzioni di diritto processuale civile, Roma, 1937, I, 377 e
segg.; E. Allorio, La cosa giudicata rispetto ai terzi, cit., 87.
12
G. Fabbrini, Contributo alla dottrina dell’intervento adesivo,
cit., 104 e segg.
13
F.P. Luiso, Principio del contraddittorio, cit., 122, il quale
ripudia la teoria del cd. valore assoluto della sentenza perché in
contrasto con l’art. 24, 2º comma, Cost. L’autore osserva che la
suddetta teoria attribuisce al giudicato forza vincolante nei confronti di soggetti cui non è stato garantito il diritto di difesa che si
estrinseca anche attraverso il principio del contraddittorio; al contempo, non nega il fenomeno della riflessione, sia pure ricollegandolo ad una nozione di pregiudizialità-dipendenza ‘‘qualificata’’,
non a caso definita ‘‘permanente’’, che spiegherebbe la soggezione
del terzo all’accertamento del rapporto pregiudiziale risultante dal
giudicato intervenuto tra le parti.
La ‘‘resistenza’’ della teoria del giudicato riflesso
2460
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
n
Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile
sistere’’ per oltre un secolo e anche successivamente
all’affermazione dei principi costituzionali sopra ricordati – che, invece, avrebbero imposto di limitare
quanto più possibile gli effetti vincolanti del giudicato
nei confronti dei terzi rimasti estranei al processo in
cui il giudicato si è formato – è lo stesso nesso sostanziale di pregiudizialità-dipendenza.
In effetti, è proprio spostando il baricentro interpretativo dal piano processuale a quello sostanziale che si
può comprendere come l’estensione del giudicato al
terzo titolare di un rapporto giuridico dipendente potesse, almeno in astratto, porre fuori gioco il conflitto
con l’art. 24 Cost. nella misura in cui la situazione
dipendente, già sul piano sostanziale, può essere pregiudicata dall’attività del titolare della situazione giuridica pregiudiziale. In questa prospettiva, dunque, il
terzo non potrebbe avere all’interno dell’ordinamento
una protezione più forte sul piano processuale di quella
riconosciutagli dal diritto sostanziale, in ossequio al
principio di strumentalità del processo rispetto al diritto materiale, riassunto con la massima chiarezza possibile da Chiovenda: ‘‘il processo per quanto possibile
deve dare praticamente a chi ha un diritto tutto quello
e proprio quello che ha diritto di conseguire alla stregua del diritto sostanziale’’ 14.
Il tramonto dell’efficacia riflessa del giudicato
Trasponendo la teoria dell’efficacia riflessa del giudicato nei confronti del terzo titolare del rapporto
dipendente nel campo dell’assicurazione per la responsabilità civile (tanto più quando si tratti di assicurazione obbligatoria, come per la circolazione di
veicoli), la giurisprudenza maggioritaria ha ritenuto
per lungo tempo che la sentenza di condanna al risarcimento del danno emessa nei confronti del responsabile di un sinistro stradale facesse stato anche nei
confronti del suo assicuratore, sia per quanto concerne la sussistenza dell’obbligo risarcitorio dell’assicurato danneggiante, sia per quanto riguarda il debito a
carico dell’assicuratore, sebbene questi non avesse
preso parte al giudizio 15.
Secondo questa impostazione, la responsabilità risarcitoria del danneggiante costituirebbe, da un lato,
l’effetto dell’accertamento dell’illecito civile oggetto di
causa (il sinistro), dall’altro, l’effetto dell’obbligo del14
G. Chiovenda, Principi di diritto processuale civile, Napoli,
1923, 52.
15
Anche qui la Corte richiama i suoi stessi precedenti: Cass.
civ., 20 febbraio 2013, n. 4241; Cass. civ., 31 gennaio 2012, n.
1359; Cass. civ., 12 maggio 2005, n. 10017; Cass. civ., 16 ottobre
2001, n. 12612.
16
V., ad esempio, Cass. civ., 20 febbraio 2013, n. 2421, che,
proprio con riferimento all’opponibilità del giudicato all’assicuratore rimasto terzo rispetto al processo, cosı̀ ha statuito: ‘‘non pare
che sia stata apertamente saggiata la resistenza anche alla luce
delle garanzie costituzionali sui diritti di azione e difesa in giudizio
(art. 24 Cost.) e del contraddittorio (art. 111 Cost.)’’; nella specie,
tuttavia, non era stata riconosciuta l’estensione soggettiva del giudicato per non esservi stato accertamento del debito risarcitorio.
Richiama anche e soprattutto Cass. civ., 30 ottobre 2007, n.
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
l’assicuratore di tenere indenne il danneggiante in forza del contratto di assicurazione.
Nella decisione in commento, la Suprema Corte
ritiene, invece, che l’indirizzo da seguire sia quello –
sinora minoritario – della non opponibilità all’assicuratore del giudicato formatosi a carico del danneggiante, quando l’assicuratore non abbia partecipato
al processo (civile o penale). E ciò non solo per i
dubbi di legittimità costituzionale già emersi in alcuni
precedenti 16, ma soprattutto sulla base di due argomenti: il primo di ordine costituzionale, il secondo
relativo alla ‘‘costruzione della fattispecie’’.
Punto di partenza del ragionamento operato dalla
Corte è la previsione dell’azione diretta del danneggiato contro la società assicuratrice, cosı̀ come disciplinata dall’art. 144, D.Lgs. 7 settembre 2005, n. 209
(c. ass.), secondo cui il responsabile del sinistro e
assicuratore rispondono in solido nei confronti del
danneggiato: il primo per l’intero danno, il secondo
nei limiti del massimale (salva la ricorrenza delle ipotesi di responsabilità ultramassimale).
La Corte sottolinea che quella tra responsabile e
assicuratore deve considerarsi una obbligazione solidale ‘‘a interesse unisoggettivo’’, perché il peso economico del debito non si divide tra i due, ma resta a
carico del solo assicuratore; si tratta di ‘‘solidarietà
atipica’’, dacché il debito aquiliano dell’assicurato discende ex delicto ed è illimitato, mentre quello di
natura indennitaria dell’assicuratore deriva ex lege e
trova limite nella capienza del massimale 17.
Le precedenti considerazioni consentono, dunque,
alla Cassazione di inquadrare l’assicurazione obbligatoria nello schema della solidarietà passiva, con la
conseguente applicabilità dello statuto delle obbligazioni solidali di cui agli artt. 1292e segg. c.c., salve le
eccezioni previste dalla legge (nel caso dell’assicurazione obbligatoria, la previsione di un massimale).
Sarà, perciò, applicabile anche l’art. 1306 c.c., per
cui il giudicato intervenuto fra danneggiato e danneggiante non può valere contro il condebitore solidale
estraneo al giudizio, mentre può valere a favore di
quest’ultimo, ove questi manifesti la volontà di avvantaggiarsene, secundum eventum litis.
Gli argomenti di natura processuale e costituzionale
La Suprema Corte sottopone la teoria dell’efficacia
22881, relativa a un caso in cui era convenuta l’impresa designata
dal Fondo di garanzia. In tale occasione, la Corte aveva osservato
che la possibilità di estendere l’efficacia del giudicato a soggetti
rimasti terzi rispetto al giudizio si poneva in evidente contrasto
con i principi costituzionali (artt. 24 e 111 Cost.). Tale rilievo era
rimasto tuttavia a livello di mero obiter dictum: il giudicato fu
ritenuto non opponibile perché nel particolare caso dell’impresa
designata dal Fondo di garanzia i limiti di estensibilità del giudicato rimanevano fissati dall’art. 25 della l. 24 dicembre 1969, n.
990, per cui si era ritenuta applicabile la norma di cui all’art. 1306
c.c. in materia di efficacia della sentenza nei confronti degli altri
condebitori in solido.
17
Il richiamo è a Cass. civ., 3 giugno 2002, n. 7993; Cass. civ., 9
aprile 2001, n. 5262; Cass. civ., 1º giugno 1995, n. 6128).
2461
n
Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato
riflessa del giudicato anche al vaglio dei principi costituzionali del contradditorio e del diritto di difesa
del terzo 18.
Sotto il primo profilo, viene richiamata anzitutto la
recente e assai nota pronuncia delle Sezioni Unite che
ha sancito l’irrilevanza processuale della distinzione
tra garanzia propria e impropria 19 e, nello specifico,
che l’art. 106 c.p.c. comprende sia l’ipotesi in cui, con
la chiamata in causa, il garantito eserciti l’azione di
regresso, sia la diversa ipotesi in cui il garantito si
limiti a provocare la partecipazione al processo del
garante, senza proporre domanda nei suoi confronti
al fine di rendergli opponibile il giudicato sul diritto
pregiudiziale. Proprio per questa finalità, non sarebbe
coerente una generalizzata efficacia riflessa, la quale
consentirebbe di opporre un giudicato reso inter alios
al terzo titolare di un rapporto dipendente, senza passare neppure per alcuna litis denuntiatio, ma solo in
virtù dell’esistenza, sul piano sostanziale, del nesso di
pregiudizialità-dipendenza 20.
Un’ulteriore contraddizione viene rinvenuta fra l’istituto dell’efficacia riflessa del giudicato e quello del
c.d. litisconsorzio necessario processuale che sopravviene in fase di appello per dipendenza di una causa
dall’altra (che, nei giudizi di impugnazione, determina
l’inscindibilità delle cause a norma dell’art. 331
c.p.c.). Solo alla necessaria persistenza delle parti in
sede di impugnazione, infatti, l’eventuale giudicato
favorevole all’originario attore potrebbe esplicare efficacia nel rapporto fra garantito e garante; il che,
dunque, sembra porre fuori gioco il meccanismo tipico dell’efficacia riflessa del giudicato.
A conclusione di questa parentesi processuale, la
Cassazione afferma che ‘‘sono comunque ragioni di
ordine costituzionale che rendono ormai non più sostenibile, dopo che la giurisprudenza vi ha aderito per
qualche decennio, la teorica del giudicato riflesso nei
confronti del terzo titolare del rapporto dipendente’’.
18
Prima ancora, comunque, la Corte rileva l’incoerenza della
teoria dell’opponibilità del giudicato al terzo titolare del rapporto
dipendente sotto il profilo della ragionevolezza. In primo luogo,
sarebbe irragionevole la previsione di un trattamento non uniforme dell’assicuratore in materia di r.c. auto, che nel caso di azione
diretta ex art. 144 c. ass. priv. non potrebbe risentire quale debitore solidale del giudicato sfavorevole, mentre nel caso di azione
di rivalsa promossa dal danneggiante quel medesimo giudicato
potrebbe essergli opposto. Dal lato del danneggiato, poi, il trattamento diseguale sarebbe ancora più irragionevole, atteso che la
disciplina dell’assicurazione obbligatoria è improntata, mediante
l’istituto dell’azione diretta, a una tutela rafforzata del danneggiato, sicché non si comprenderebbe come proprio in un tale contesto di tutela del danneggiato non sia consentito ciò che invece
sarebbe consentito al danneggiante.
19
Si fa riferimento a Cass. civ., Sez. un., 4 dicembre 2015, n.
24707, in Foro It., 2016, I, 2169 con nota di A. Proto Pisani,
Appunti sui profili processuali della garanzia e di B. Gambineri,
Una sentenza storica in tema di chiamata in garanzia; in Giur. It.,
2016, 580 con note di A. Carratta, ‘Garanzia propria’ e ‘garanzia
impropria’. Requiem per la distinzione tra garanzia propria e impropria in sede processuale nonché di C. Consolo, L. Baccaglini, F.
Godio, Le Sez. un. e il venir meno della distinzione tra ‘garanzia
propria’ e ‘garanzia impropria’: cosa muta (e cosa no) nella dinamica
processuale; in Giusto Proc. Civ., 2016, 1071 con nota di S. Men-
2462
La teoria dell’efficacia riflessa del giudicato, infatti,
presupponendo che il fatto costitutivo della domanda
venga accertato in modo irretrattabile senza il contraddittorio con il terzo e senza che questi possa esercitare il diritto di difesa, risulta incompatibile con i
principi sanciti dall’art. 24 Cost e 111 Cost. Pertanto,
se è pur vero che in questo modo rimane aperta la
problematica questione del bilanciamento tra il principio del contraddittorio e quello di coerenza degli
accertamenti giurisdizionali, vero è anche che tale bilanciamento non può che restare riservato esclusivamente alle norme di diritto positivo che prevedono
una eccezionale efficacia ultra partes del giudicato
sul rapporto pregiudiziale.
Solo a questo punto, la Cassazione torna sul disposto dell’art 1306 c.c. e ne afferma la valenza di principio generale, in forza del quale gli effetti del giudicato
favorevole al terzo possono da questi, ove manifesti
l’intenzione di avvalersene, essere opposti al soggetto
che è stato parte del primo processo avente ad oggetto
il rapporto pregiudiziale, mentre non può mai essere
invocato in suo danno.
Al di là dei confini tratteggiati, dunque, non resterebbe che l’efficacia di prova o di elemento di prova
documentale che il giudicato può acquistare 21: questa,
dunque, è l’unica ‘‘efficacia’’ che il giudicato reso fra
danneggiato e danneggiante (assicurato) può avere nei
confronti dell’assicuratore, sia quando agisca il danneggiato in sede di azione diretta, sia quando agisca il
danneggiante in sede di rivalsa, né potrà discorrersi di
una inversione dell’onere della prova, nel senso che la
produzione della sentenza nel secondo giudizio abbia
l’effetto di capovolgere gli ordinari oneri probatori 22.
La solidarietà tra assicurato ed assicuratore in
ambito R.C. auto in relazione all’art. 1306 c.c.
Nel caso sottoposto alla Suprema Corte, il ricorrente (assicuratore) denunciava la violazione e la falsa
chini, Chiamata in garanzia e scindibilità o inscindibilità dei giudizi:
a proposito di sezioni unite n. 24707 del 2015.
20
Si tratterebbe, peraltro, secondo la Corte, di una possibilità
negata dalla stessa sentenza Cass. civ., Sez. un., 4 dicembre 2015,
n. 24707, cit., la quale menziona, sia pure in via di obiter dictum, la
dottrina secondo cui il giudicato sul rapporto pregiudiziale senza
la partecipazione al processo del terzo garante non è a lui opponibile (cfr. punto 9.2. della motivazione).
21
Anche qui la Suprema Corte richiama alcuni dei suoi precedenti sul punto: Cass. civ., 20 febbraio 2013, n. 4241; Cass. civ.,
10 settembre 2009, n. 19499; Cass. civ., 21 settembre 2007, n.
19492; Cass. civ., 20 luglio 2003, n. 11682; Cass. civ., 29 gennaio
2003, n. 1372.
22
Secondo la Cassazione, infatti, non può operare quel particolare onere che ex art. 1485, 1º comma, c.c. (norma ritenuta
analogicamente applicabile alle obbligazioni solidali ad interesse
unisoggettivo) grava sul venditore che non abbia preso parte al
giudizio conclusosi con l’evizione dell’acquirente di dimostrare
l’esistenza di ragioni sufficienti per far respingere la domanda
del terzo (evincente). Invero, la fattispecie prevista dall’art. 1485
c.c. presuppone che la circostanza accertata nel primo processo
sia ‘‘propria’’ del terzo convenuto nel secondo giudizio (id est
venditore). Nel caso dell’assicuratore, invece, la circostanza pregiudiziale è propria del convenuto del primo processo (il danneggiante).
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
n
Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile
applicazione degli artt. 1306 e 2909 c.c., sul presupposto che il condebitore solidale non potesse subire
alcun pregiudizio dalla sentenza resa in un procedimento al quale è rimasto estraneo.
Autorevolmente si è scritto che la questione in parola
non avrebbe meritato ‘‘più di tre o quattro righe’’,
posto che la soluzione si esauriva semplicemente nell’applicazione dell’art. 1306 c.c., che prevede l’efficacia
ultra partes nei soli limiti dell’eventum litis (in utilibus,
sed non in damnosis) 23. In effetti, qualora tale disposizione fosse risultata dirimente per la soluzione del caso
(e cosı̀ è, come si vedrà nel prosieguo), è chiaro che – al
di là del più generale problema relativo all’efficacia
riflessa del giudicato – la specifica fattispecie avrebbe
trovato la propria disciplina nella disposizione testé
accennata, restando conseguentemente (e in ogni caso)
esclusa la possibile soggezione dell’assicuratore alla
sentenza di condanna del responsabile assicurato.
In realtà, tra le righe della motivazione traspare la
consapevolezza della Suprema Corte circa la quasi
assorbente decisività dell’art. 1306 c.c. ai fini della
soluzione del caso. Ciò che, invece, sembra aver condotto la Cassazione ad allargare l’indagine anche ad
altri argomenti (processuali e costituzionali), che militano nel senso della non opponibilità del giudicato al
terzo assicuratore, è la già richiamata particolare ‘‘resistenza’’ della teoria dell’efficacia riflessa del giudicato e, ancora, la circostanza che l’assicurazione potrebbe avvalersi dell’art. 1306 c.c. solo nell’ambito di un’azione diretta proposta nei suoi confronti dal danneggiato, ma non anche in sede di azione di regresso
promossa dal danneggiante (senza che questa ‘‘disparità di trattamento’’ abbia una adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza 24).
Per verificare l’applicabilità o meno dell’art. 1306
c.c. al caso di specie, occorre soffermare l’attenzione
sul rapporto di solidarietà tra assicurato ed assicuratore della r.c. auto.
Dopo un’iniziale propensione a negare il vincolo di
solidarietà tra l’obbligazione dell’assicuratore della
r.c. auto e quella del responsabile civile 25, è opinione
ormai consolidata che il vincolo obbligatorio che lega
danneggiante e suo assicuratore negli illeciti derivanti
da incidente stradale sia di natura solidale 26 atipica 27
a interesse unisoggettivo 28.
L’indice rilevatore della solidarietà si ricaverebbe
agevolmente dall’art. 144, 3º comma, d.lgs. 7 settembre 2005, n. 209, secondo cui l’azione diretta del
danneggiato per il risarcimento del danno nei confronti dell’assicuratore del responsabile civile, entro i
limiti delle somme per le quali è stata stipulata l’assicurazione (c.d. massimale). È evidente, pertanto che,
nei limiti dell’espressa previsione legislativa, il rapporto assicurato-assicuratore presenta quel minimum
(cioè la pluralità soggettiva dei debitori e l’idem debitum) che consente la sua riconduzione nello schema
astratto della solidarietà 29.
A nulla può rilevare che i condebitori rispondano
per l’intero debito o per una sua parte soltanto: l’obbligazione può essere solidale per una parte e parziaria per l’altra (arg. ex art. 1941, 2º comma, c.c.). Cosı̀,
l’obbligazione solidale dell’assicuratore dovrà intendersi entro il limite del massimale, mentre per la parte
in eccedenza resterà obbligato il solo responsabile 30,
eventualmente in solido con gli altri soggetti previsti
all’art. 2054, 3º comma, c.c.
Ulteriore conferma della natura solidale del rapporto danneggiante-assicuratore si rinverrebbe nel quarto
comma dell’art. 144 c. ass., il quale prevede che l’azione diretta del danneggiato azione nei confronti dell’impresa di assicurazione è soggetta al ‘‘termine di
prescrizione cui sarebbe soggetta l’azione verso il responsabile’’. Tale comma pare infatti confermare che
anche l’azione diretta derivi dal fatto illecito (sı̀ da
sottoporla allo stesso termine di prescrizione) 31.
Né, infine, si potrebbe obiettare che la previsione al
terzo comma dell’art. 144 c. ass. relativa alla presenza
necessaria del responsabile nel giudizio promosso
contro l’assicuratore sia un argomento contrario alla
responsabilità solidale del relativo rapporto. È vero
che le obbligazioni solidali danno tendenzialmente
luogo a cause scindibili 32, ma è altrettanto vero che
23
Secondo A. Proto Pisani, La conclusione di una parabola, cit.,
398, ‘‘nel caso di specie l’alternativa era secca: o la questione era
elementare [...] ed allora erano sufficienti quattro righe di motivazione; o ci si trovava di fronte ad una colossale incertezza della
giurisprudenza (come indicato nella motivazione della sentenza in
epigrafe e nella nota di richiami) ed allora, per i valori costituzionali chiaramente indicati nella decisione Mortati del 1971 della
Corte costituzionale, mi sembra fosse doverosa la rimessione senza indugio della questione alle sezioni unite’’.
24
V., supra, nota 18.
25
In dottrina, v. A. Caputo, La solidarietà fra le obbligazioni del
responsabile civile e dell’assicuratore in tema di danni dalla circolazione stradale, in Giust. Civ., 1976, I, 1342 e segg.; G. Scalfi, Assicurazione obbligatoria della responsabilità civile auto e solidarietà, in Resp.
Civ. Prev., 1980, 626 e segg. In giurisprudenza, v. Cass. civ., 13
ottobre 1980, n. 5484, in Riv. Giur. Circolaz., 1981, 71.
26
In dottrina, tra molti, V. Geri, Qualche osservazione in tema
di solidarietà, in Ass., 1980, II, 136-148; R. Ippolito, Solidarietà
astratta e alternatività concreta nell’assicurazione obbligatoria, in
Ass., 1984, II, 81-91. Più recentemente, M. Rossetti, L’assicurazione obbligatoria della r.c.a., Torino, 2010, 191 e segg. In giurisprudenza si veda, ex pluribus, Cass. civ., 1º giugno 1995, n. 6128;
Cass. civ., 18 maggio 2001, n. 6824.
27
In realtà F. Agnino, La solidarietà tra danneggianti ed assicuratore della r.c.a., in Danno Resp., 2003, 59 e segg. evidenzia che la
giurisprudenza è giunta a riconoscere la solidarietà tra danneggiante ed assicuratore obbligatoria anche senza ricorrere al concetto di atipicità: v., tra le altre, Cass. civ., 6 giugno 2002, n. 8216.
28
Trattasi, infatti, di solidarietà ‘‘diseguale’’: l’obbligazione è
assunta nell’interesse esclusivo di un condebitore (assicurato),
mentre l’altro è obbligato a titolo di garanzia assicurativa.
29
M. Franzoni, L’illecito, in Trattato della responsabilità civile2,
diretto da Id., Milano, 2010, 149.
30
Cfr., tra molte, Cass. civ., 30 ottobre 2009, n. 23057.
31
M. Franzoni, L’illecito, cit., 151, il quale ritiene che anche
laddove le due azioni fossero state soggette a termini prescrizionali diversi, esse avrebbero potuto essere ugualmente solidali per
il periodo di vita in comune, come accade ad esempio nel caso di
obbligazione solidale derivante da un illecito dannoso risultato di
un inadempimento in concorso con un comune fatto illecito.
32
In dottrina, M. Ticozzi, Studio sulle obbligazioni solidali, Padova, 236, nt. 715-716, dove ulteriori richiami a dottrina e giurisprudenza.
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
2463
n
Diritto Processuale Civile Limiti soggettivi del giudicato
la regola della non necessità del litisconsorzio nelle
obbligazioni solidali subisce alcune eccezioni 33.
Diversa, semmai, è l’ipotesi in cui il creditore-danneggiato esperisca l’azione esclusivamente nei confronti del responsabile ex art. 2054 c.c. In questo caso,
non è previsto alcun litisconsorzio, ma può comunque
accadere che al giudizio partecipino tutti i soggetti in
solido (ad esempio, quando venga chiamato in causa
l’assicuratore), sicché il giudicato sarà efficace nei
confronti di tutti i debitori o creditori in quanto parti
in giudizio 34.
Viceversa, ben può accadere che sia deciso un giudizio concernente l’obbligazione solidale nel quale sia
rimasto estraneo un condebitore: ciò che è precisamente avvenuto nel caso di specie, dove l’assicuratore
è rimasto estraneo al giudizio penale avente ad oggetto il risarcimento del danno nei confronti dell’altro
(con)debitore (id est, danneggiante assicurato). Ed è
proprio con riferimento a questa ipotesi che l’art.
1306 c.c. prevede che la sentenza intervenuta tra creditore e uno dei condebitori non faccia stato nei confronti degli altri rimasti estranei al giudizio.
Per contrastare questa conclusione occorrerebbe
ipotizzare che l’art. 1306 c.c. non possa applicarsi alle
obbligazioni solidali c.d. a interesse unisoggettivo (come quella del danneggiante e dell’assicuratore) 35. Ma
il dato testuale della norma non distingue fra i diversi
tipi di solidarietà (come invece fa, ad esempio, l’art.
1298 c.c. con riferimento al diritto al regresso).
L’art. 1306 c.c., insomma, può essere applicato anche alle obbligazioni solidali a interesse unisoggettivo,
poiché appartiene al novero delle ‘‘norme valide per
tutti i settori di rilevanza della solidarietà’’ 36. Del tutto
correttamente, pertanto, la Corte ha ritenuto applicabile alla fattispecie de qua la disposizione di cui all’art.
1306 c.c.
Ed è parimenti chiaro che nella solidarietà passiva il
creditore non possa far valere una sentenza di condanna, ottenuta nei confronti di un debitore, verso i
consorti di questo: tali condebitori, infatti, di fronte al
giudicato hanno veste di terzi 37.
Il creditore, ove voglia agire nei confronti di un altro
(con)debitore, dovrà ripercorrere l’intero iter dando
vita ad un nuovo giudizio, fermo restando comunque
che il giudicato relativo al rapporto pregiudiziale e le
prove raccolte nel relativo processo potranno conservare qualche rilevanza probatoria nel secondo giudizio. Si tratta, dunque, di un giudicato spendibile, ma
occorrerà precisarne l’oggetto e i limiti nel successivo
paragrafo.
33
Vi sono, infatti, ipotesi in cui è la stessa situazione sostanziale
che non può essere decisa con riguardo ad alcuni soltanto dei
soggetti. In giurisprudenza si è ad esempio affermato che, in
materia di obbligazioni solidali l’inscindibilità della causa ai sensi
dell’art. 331 c.p.c. può configurarsi ‘‘se, o fin dalla proposizione
della domanda ovvero nell’ambito dello svolgimento del giudizio
concluso con la sentenza impugnata, lo stesso attore abbia chiesto
l’accertamento unitario dell’obbligazione solidale di tutti i coobbligati oppure se alcuno dei coobbligati a sua volta abbia chiesto
tale accertamento (nei quali casi vi sarebbe stato fin dall’origine o
si sarebbe creato un litisconsorzio necessario relativo a tali domande) oppure ancora se alcuno dei coobbligati, in ragione dei
rapporti esistenti con gli altri, avesse svolto una domanda di regresso verso gli altri o alcuno degli altri o per essere manlevato in
tutto od in parte delle conseguenze della soccombenza (nel qual
caso su tale domanda sussisterebbe nesso di dipendenza), oppure
ancora se, convenuti più soggetti dall’attore nel presupposto che
essi siano coobbligati, uno di costoro abbia sostenuto che solo gli
altri debbano rispondere e svolto domanda in tal senso (nel qual
caso su tale domanda si sarebbe verificato un litisconsorzio necessario)’’ (cfr. Cass. civ., 11 febbraio 2009, n. 3338). Vi sono, inoltre,
casi in cui è lo stesso legislatore a prevedere la necessità del
litisconsorzio, come accade nel caso dell’azione diretta ex art.
144 cod. ass. nei confronti del danneggiante, secondo cui ‘‘nel
giudizio promosso contro l’impresa di assicurazione è chiamato
anche il responsabile del danno’’. Trattasi di litisconsorzio ‘‘pro-
cessuale’’ volto a rafforzare la posizione dell’assicuratore nell’ipotesi in cui il danneggiato abbia proposto azione diretta nei confronti dell’assicurazione, consentendogli di opporre l’accertamento di responsabilità all’assicurato, anche ai fini dell’esercizio dei
diritti nascenti dal rapporto contrattuale, come ad esempio l’azione di rivalsa (cfr., tra molte, Cass. civ., 13 aprile 2007, n. 8825).
34
A. Tedoldi, Giudicati divergenti tra creditore e condebitori
solidali e azioni di regresso (nota a Cass. civ., 26 giugno 2013 n.
16117), in Riv. Dir. Proc. Civ., 2014, 1218.
35
In questo senso, si veda, ad esempio, Trib. Bolzano 21 agosto
2013, in Corriere Giur., 12, 2014, 1559 e segg., con nota critica di
E. Zucconi Galli Fonseca, Responsabilità solidale e limiti soggettivi
del giudicato.
36
Cosı̀ F.D. Busnelli, voce ‘‘Obbligazioni soggettivamente complesse’’, in Enc. Dir., XXIX, Milano, 1979, spec. 349 e seg., del
quale v. anche Id., L’obbligazione soggettivamente complessa, Milano, 1974, 60 e segg., e Id., La cosa giudicata nelle obbligazioni
solidali, in Scritti in onore di Salvatore Pugliatti, I, 1, Milano 1978,
426 e segg.
37
Cfr. Cass. civ., 26 ottobre 1982, n. 5591, ove si legge: ‘‘ai
sensi dell’art. 1306, 1º comma, c.c., i condebitori solidali, i quali
non abbiano partecipato al giudizio conclusosi con la condanna di
uno di essi, hanno, di fronte al giudicato, veste di terzi rispetto al
creditore, non meno che nei confronti del coobbligato che agisca
in via di regresso, e, come terzi, sia nel primo che nel secondo
caso, non subiscono gli effetti propri della cosa giudicata’’.
2464
L’efficacia esclusivamente ‘‘probatoria’’ del giudicato
sul rapporto pregiudiziale
Superata l’idea che il giudicato possa esplicare una
efficacia riflessa generalizzata nei confronti dei terzi
titolari di un rapporto giuridico dipendente, ne discende che le ipotesi previste dalla legge, in cui detta
efficacia riflessa invece si verifica al fine di attuare altri
valori (quali l’economia dei giudizi, la certezza dei
rapporti giuridici e l’esigenza di evitare giudicati contrastanti), costituiscono tutte eccezioni alla regola res
inter alios acta tertio neque nocet neque prodest.
Riesce invero difficile immaginare che tali deroghe
costituiscano a loro volta un principio generale, nel
quale si esprimerebbe l’esigenza di estendere il giudicato ai rapporti dipendenti, dacché tutte le ipotesi di
efficacia ultra partes trovano giustificazione nelle caratteristiche della fattispecie sostanziale regolata e rispondono a un preciso bilanciamento di interessi
compiuto a monte dal legislatore, risolto, peraltro,
attraverso la predisposizione di precisi (anche se non
sempre sufficienti) strumenti di tutela a favore del
terzo, sı̀ da metterlo in condizione di partecipare al
processo (cfr. gli artt. 105, 2º comma, 106, 107, 344
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
n
Limiti soggettivi del giudicato Diritto Processuale Civile
c.p.c.), ma anche di difendersi successivamente (v. art.
404, 2º comma, c.p.c.).
In questa prospettiva, un’efficacia ‘‘riflessa’’ del giudicato nei confronti di soggetti estranei al giudizio
non potrebbe essere ricollegata sic et simpliciter alla
sussistenza di nessi sostanziali di pregiudizialità-dipendenza tra situazioni giuridiche soggettive, ma, come afferma la Suprema Corte, non può che essere
ricavata da una norma di legge che la consacri sul
piano positivo. In altre parole, nel nostro ordinamento il fenomeno della riflessione del giudicato ha carattere eccezionale e dunque tassativo.
Se si condivide questa premessa, allora, anche l’art.
1306 c.c. dovrebbe rispondere a questa logica, ed anzi
costituire la più evidente conferma sul piano normativo che la relatività degli effetti del giudicato scolpita
nell’art. 2909 c.c. s’impone pure là dove l’intensità del
nesso di pregiudizialità-dipendenza (caposaldo della
teoria dell’efficacia riflessa) raggiunge uno dei suoi
massimi apici. Tra i coobligati solidali, in effetti, è
evidente lo strettissimo rapporto di pregiudizialità-dipendenza che lega le sorti dell’obbligazione solidale
dipendente a quella principale. Eppure, anche di
fronte a questa ipotesi, il legislatore non fa altro che
ribadire il principio in materia di limiti soggettivi del
giudicato di cui all’art. 2909 c.c. (cfr., art. 1306, 1º
comma, c.c.) 38. La ripetizione del principio si giustifica, semmai, per l’eccezionalità della disciplina prevista al secondo comma dell’art. 1306 c.c., che prevede
testualmente, in caso di solidarietà passiva: ‘‘gli altri
debitori possono opporla [vale a dire la sentenza pronunziata tra il creditore e uno dei debitori in solido] al
creditore, salvo che sia fondata sopra ragioni personali
al condebitore’’.
Sembra, insomma, un fuor d’opera pensare si possa
desumere dall’art. 1306 c.c. ‘‘il principio generale secondo cui gli effetti del giudicato favorevole al terzo
38
V. A. Tedoldi, Giudicati divergenti tra creditore, cit., 1219.
Non si confonda il problema esaminato dalla Suprema Corte
nella pronuncia in commento con quello relativo all’incidenza del
giudicato penale nel giudizio civile o amministrativo (v., in particolare, art. 651 c.p.p.), che non è argomento relativo alla materia
delle prove, ma a quello della decisione. Nel caso di specie, l’assicurazione aveva appunto censurato, nel primo motivo di ricorso,
la violazione dell’art. 651 c.p.p., che disciplina l’influenza del
giudicato penale sui giudizi civili, amministrativi e disciplinari.
Qui, tuttavia, detta disposizione non veniva in rilievo poiché,
come ribadisce la stessa Cassazione nella pronuncia in discorso,
il giudizio svoltosi dinanzi al giudice civile in seguito al rinvio ex
art. 622 c.p.p. ‘‘ha natura di giudizio civile in senso proprio, sicché
il giudicato è un giudicato civile’’. In dottrina, sul giudizio di
rinvio ex art. 622 c.p.p., v. G. Canale, Riflessioni sul giudizio di
rinvio ai soli effetti civili ex art. 622 c.p.p., in Riv. Dir. Proc. Civ.,
2018, 1008 e segg.
40
Su questo punto, v. criticamente S. Barone-E. Bufano, Solidarietà passiva ‘atipica’, cit., 684, secondo cui ‘‘il buon fine del
contratto di assicurazione – in questo campo imposto ope legis e
rivolto a soddisfare non tanto e non solo l’assicurato, quanto
anche il danneggiato – non sarebbe sufficientemente garantito
dalla concezione del giudicato come prova documentale liberamente valutabile’’. Secondo gli Autori, infatti, nella preoccupazione del conditor legis non vi sarebbe stata la necessità di salvaguardare il diritto di difesa dell’assicurazione, ma quella di ‘‘salvaguar39
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020
possono da questi, laddove manifesti l’intenzione di
avvalersene, essere opposti al soggetto che è stato
parte del processo pregiudicante confluito nel giudicato’’ (cfr. par. 2.5 della sentenza in commento).
Tale disposizione, semmai, rappresenta il particolare congegno pensato dal legislatore per trasporre nel
processo le regole di funzionamento della solidarietà
sul piano sostanziale, cosı̀ attuando il principio, definito nella Relazione al codice civile, della ‘‘non comunicabilità degli atti pregiudizievoli e dell’estensione di
quelli vantaggiosi’’. Trattasi, dunque, di disposizione
eccezionale e non certo della conferma normativa di
un principio generale di efficacia riflessa del giudicato
favorevole con riferimento al fenomeno dei nessi di
pregiudizialità-dipendenza fra rapporti.
Il nesso di pregiudizialità-dipendenza, pur sussistente tra il diritto del danneggiato di soddisfarsi sull’assicurazione e il diritto di credito risarcitorio del danneggiato nei confronti del danneggiante-assicurato,
potrà semmai riaffiorare sotto altre vesti, con riguardo
cioè all’efficacia di prova della situazione accertata dal
giudicato sul diritto pregiudiziale 39.
Su questo specifico punto, la Suprema Corte ritiene
che il giudicato sul rapporto pregiudiziale debba considerarsi quale ‘‘fatto storico risultante da un documento’’. In particolare, nel principio di diritto enunciato dalla Cassazione si legge che il giudicato di condanna del danneggiante, nella causa successivamente
instaurata tra danneggiato e assicuratore, potrà avere
‘‘esclusivamente efficacia di prova documentale, al
pari delle prove acquisite nel processo in cui il giudicato si è formato’’ 40.
Questo fenomeno di efficacia probatoria della sentenza e delle prove acquisite in altro processo è, in
realtà, già ampiamente conosciuto dalla giurisprudenza 41. Con riferimento alla sentenza sul rapporto pregiudiziale resa in un altro processo, tuttavia, sembra
dare una prima linea di ristoro, obbligando un soggetto patrimonialmente capiente ad eseguire la prestazione dovuta a prima
richiesta, vale a dire rinunciando ad opporre le eccezioni che pure
sarebbero possibili in base al rapporto di provvista’’.
41
V., tra molte, Cass. civ., 21 settembre 2007, n. 19492, che
mette bene in luce il fenomeno: ‘‘il principio secondo cui, qualora
due giudizi abbiano riferimento ad uno stesso rapporto giuridico
ed uno dei due sia stato definito con sentenza passata in giudicato,
l’accertamento cosı̀ compiuto in ordine alla situazione giuridica,
ovvero alla soluzione di questioni di fatto e di diritto relative ad un
punto fondamentale comune ad entrambe le cause, preclude il
riesame dello stesso punto, non trova applicazione allorché tra i
due giudizi non vi sia identità di parti, essendo l’efficacia soggettiva del giudicato circoscritta, ai sensi dell’art. 2909 c.c., ai soggetti
che siano posti in grado di intervenire nel processo; tuttavia, la
sentenza passata in giudicato può avere l’efficacia riflessa di prova
o di elemento di prova documentale in ordine alla situazione
giuridica che abbia formato oggetto dell’accertamento giudiziale
e tale efficacia indiretta può essere invocata da chiunque vi abbia
interesse, spettando al giudice di merito esaminare la sentenza
prodotta a tale scopo e valutarne liberamente il contenuto, anche
in relazione agli altri elementi di giudizio rinvenibili negli atti di
causa’’. Per l’utilizzo nel processo civile di elementi di prova riguardanti fatti comuni raccolti in quello penale, v. Cass. civ., 30
gennaio 2013, n. 2168; Cass. civ., 2 febbraio 2016, n. 1948; Cass.
civ., 20 gennaio 2017, n. 1593.
2465
n
Diritto Processuale Civile Lodo societario
più corretto discorrere di ‘‘prova atipica’’ 42, al pari
delle sentenze pronunciate in altro processo fra le
stesse o fra diverse parti. La distinzione non è meramente classificatoria: la prova c.d. atipica, infatti, ha
un’efficacia dimostrativa diversa, se non minore, rispetto a quella dei comuni mezzi di prova 43, ossia
un’efficacia riconducibile alla prova indiziaria (o per
presunzioni semplici ex art. 2729 c.c.) 44 oppure agli
argomenti di prova 45.
In quest’ottica, la sentenza resa in un altro procedimento non potrà mai assurgere a fonte esclusiva per
l’accertamento del fatto (pregiudiziale) controverso,
in mancanza di adeguato raffronto critico con le altre
risultanze del processo 46. Con la produzione in giudizio della sentenza e, eventualmente, delle prove raccolte nel processo sul rapporto pregiudiziale, le stesse
potranno quindi costituire, nel loro complesso, (soltanto) una valida prova presuntiva, salvo ovviamente il
pieno diritto alla allegazione e prova contraria del
terzo. Il giudice sarà, a questo punto, libero di valutare diversamente l’accertamento in fatto e in diritto e
di assumere nuove prove sulla situazione giuridica
pregiudiziale.
Verso il (definitivo) tramonto del giudicato riflesso
A voler tentare una sintesi del discorso sin qui svolto, mi par lecito affermare che in futuro occorrerà
tener conto di ciò: i) l’accertamento contenuto in
una sentenza passata in giudicato sul rapporto pregiudiziale non può produrre, di regola, effetti ultra partes, salve le eccezioni previste dalla legge; ii) l’art. 1306
c.c. non fa che ribadire i limiti soggettivi del giudicato,
quali emergono in generale dall’art. 2909 c.c., salva
l’eventuale efficacia ultra partes nei soli limiti dell’eventum litis, in utilibus, sed non in damnosis; iii) il
giudicato sul rapporto pregiudiziale conserva semmai
l’efficacia di prova presuntiva semplice ovvero di argomento di prova, liberamente valutabile dal giudice
nel successivo processo instaurato contro il terzo titolare del rapporto dipendente.
A qualche mese dal deposito della sentenza in commento, la Cassazione è tornata sulla questione, prendendo nuovamente le distanze dalla teoria del giudicato riflesso 47. Quella dell’efficacia riflessa sembra,
dunque, una ‘‘parabola’’ ormai conclusa. Si tratta di
una buona notizia, la quale rassicurerà certamente i
terzi titolari di rapporti dipendenti che, per la sola
esistenza del nesso di pregiudizialità-dipendenza di
carattere permanente sul piano sostanziale, vedevano
compresso il proprio diritto di difesa, subendo un
accertamento reso inter alios come se fossero stati
parti di un giudizio, ma al quale non erano stati posti
in condizione di partecipare.
n Lodo societario
Corte d’Appello Milano, 7 ottobre 2019 (ordinanza) –
Pres. Bonaretti – Rel. Raineri – Alpem s.r.l. (avv.
Zimmitti) – Cheboksarsky Agreagtny Zavod O.A.O.
(avv. Senini).
Sentenza, ordinanza e decreto in materia civile – Sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ex art. 840
c.p.c. – Efficacia del lodo straniero – Sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo – Inibitoria ex art. 373 c.p.c. – Fattispecie – Inammissibilità
La sentenza di rigetto dell’opposizione a decreto ingiuntivo ha sempre natura condannatoria e risulta, pertanto,
passibile di inibitoria ai sensi dell’art. 373 c.p.c. In forza
di tale provvedimento, infatti, il titolo esecutivo viene
ad essere costituito dall’unione tra la sentenza di rigetto
e il decreto ingiuntivo opposto, cui la pronuncia emessa
a conclusione della fase a contraddittorio pieno conferisce una stabilità e una esecutorietà di matrice diversa da
quelle che gli sono proprie.
42
In proposito v. B. Cavallone, Forme del procedimento e funzione della prova (ottant’anni dopo Chiovenda), in Riv. Dir. Proc.
Civ., 2006, 432.
43
Cfr. criticamente B. Cavallone, Forme del procedimento, cit.,
432.
44
In dottrina, tra molti, G.F. Ricci, Le prove atipiche, Milano,
1999, 178 e segg. Per l’efficacia indiziaria delle prove raccolte in
processo tra le stesse o altre parti, v. Cass. civ., 1º aprile 1997, n.
2466
Omissis – A seguito del rigetto dell’opposizione, in rito o
nel merito, il provvedimento opposto, quand’anche già
esecutivo, acquista una stabilità e, con questa, un’esecutorietà di matrice diversa da quella sua propria, destinata a
sfociare nell’efficacia e nell’autorità del giudicato una volta
che la sentenza di rigetto dell’opposizione non venga impugnata nei termini o venga confermata nei successivi gradi
di impugnazione.
Di tal ché, secondo una diffusa scuola di pensiero, l’inibitoria nei gradi di impugnazione non può che investire la
sentenza sull’opposizione, da cui dipende, dopotutto, il
regime esecutivo e di stabilizzazione del provvedimento
(giudiziario o amministrativo) opposto, quand’anche provvisoriamente esecutivo in pendenza di opposizione, atteso
che la pronuncia emessa all’esito del processo (a cognizione
piena) conferma e sostituisce il provvedimento impugnato
e ne reitera, anche, il contenuto condannatorio, consacrandone definitivamente l’esecutività e l’irrevocabilità .
Il criterio dell’interpretazione costituzionalmente orientata imporrebbe, dunque, di ritenere che, anche nelle ipotesi
di giudizio di opposizione definito in rito in senso sfavorevole all’opponente (nelle quali la sentenza che definisce il
2839; più recentemente, Cass. civ., 6 febbraio 2009, n. 2904; Cass.
civ., 11 novembre 2010, n. 22911.
45
L. Montesano, Le ‘‘prove atipiche’’ nelle ‘‘presunzioni’’ e negli
‘‘argomenti’’ del giudice civile, in Riv. Dir. Proc., 1980, 233 e segg.
46
Cass. civ., 7 marzo 1995, n. 2616.
47
Cass. civ., 6 dicembre 2019, n. 31969 e, ancor più recentemente, Cass. civ., ord. 24 giugno 2020, n. 12394.
Giurisprudenza Italiana - Novembre 2020