Vittorio Cappelli
GIORNALE DI
STORIA CONTEMPORANEA
Centro di Ricerca sulle Migrazioni - Università della Calabria
ISSN 2037-7975
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano).
Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
AbstrAct
the sAntoro of fuscAldo (And MongrAssAno). A lArge Artistic
fAMily between itAly And brAzil – The starting point of the article is
the survey of arts production in Calabria at the turn from the 19th to the 20th
century. Given the scarcity of sites and instruments of artistic education in
Calabria, most of the Calabrian artists tried to overcome this handicap by
going to study in Naples. However, there existed some artist families that launched local “schools” which became sites of incubation of artists’ education.
Within this framework, the author examines the case of an artist family of the
Santoros, that began in Fuscaldo and extended later to Mongrassano. He follows lives and works of the main representatives of the family, in Calabria,
Naples, and other areas of Italy, with some significant international presence
such as that of Francesco Raffaele Santoro and Rubens Santoro. Finally, he
concentrates on migration choices of some of these artists, those who emigrated to Brasil. The pioneers of that movement were the painter Rosalbino
Santoro and the architect Filinto Santoro, both of whom lived through long
migratory wandering experiences that ended with their return to Italy. Others
instead chose to settle permanently in Brasil. Overall, Santoros’ experience
created multiple cultural interactions between Brasil and Italy.
soMMArio
L’articolo parte dall’osservazione della produzione artistica in Calabria tra
il XIX e il XX secolo, evidenziando la carenza di luoghi e strumenti di formazione. Gli artisti calabresi sopperivano a queste difficoltà recandosi a studiare a Napoli; tuttavia, qua e là, alcune famiglie artistiche davano vita a
“scuole”, che costituivano punti di coagulo della formazione artistica. In questo scenario, l’autore prende in considerazione il caso della famiglia artistica
dei Santoro, cresciuta a Fuscaldo ed estesasi poi a Mongrassano; esamina
l’attività dei principali esponenti di questa famiglia, che riguarda la Calabria,
ma anche Napoli e il resto d’Italia, con alcune proiezioni internazionali nel
caso di Francesco Raffaele e di Rubens Santoro; descrive, infine, le scelte
migratorie di alcuni di questi artisti, che si dirigono in Brasile. Su tutti il caso
pionieristico del pittore Rosalbino Santoro e quello dell’architetto Filinto
Santoro, che danno vita a due lunghe esperienze migratorie itineranti, concluse dopo decenni col rientro in Italia. Altri, invece, scelgono di rimanere
per sempre in Brasile. L’intera esperienza dei Santoro crea molteplici interazioni culturali tra il Brasile e l’Italia
Parole chiave: Santoro, Fuscaldo, Mongrassano, Brasile
Key words: Santoro, Fuscaldo, Mongrassano, Brazil
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020, pp. 123-140
123
N
ei decenni a cavallo tra Ottocento e Novecento, la produzione artistica in Calabria aveva ancora un carattere puntiforme ed era ben lontana dal presentare un tessuto robusto e diffuso sul
territorio, che solo le scuole d’arte e le accademie avrebbero potuto produrre. Perché ciò cominci timidamente ad accadere bisognerà attendere
addirittura gli anni Trenta del Novecento, quando avrà inizio, grazie all’opera di Alfonso Frangipane, l’istruzione artistica pubblica nella regione
con la nascita dell’Istituto d’Arte Mattia Preti a Reggio Calabria1.
Frangipane, artista-artigiano e studioso, attivo fino al 1918 a Catanzaro
e poi a Reggio Calabria, artefice e divulgatore nelle due città calabresi del
gusto liberty, sia in pittura che nelle arti applicate, è unanimemente considerato il promotore e il principale protagonista della cultura artistica calabrese nella prima metà del Novecento2. Nella città distrutta dalla
catastrofe del terremoto dello Stretto il 28 dicembre del 1908, egli sostenne la qualità artistica e culturale della rinascita urbanistica di Reggio,
aprendo spazi, nel clima effervescente della ricostruzione, alle decorazioni
liberty e più in generale alla cultura artistica moderna.
A Frangipane si debbono, nel 1920, la fondazione della Società «Mattia
Preti» (da cui sarebbe nato, nel 1933, l’Istituto d’Arte cittadino); nel 1922,
la fondazione della rivista d’arte «Brutium», che diventerà una longeva e
importante pubblicazione specialistica del settore; dal 1923, la partecipazione della Calabria alle Esposizioni internazionali d’arte decorativa di
1
Tuttavia non va trascurato qualche precedente ottocentesco, come la Scuola d’Arte
Applicata all’Industria di Reggio Calabria, che ebbe vita tra il 1880 e il 1908 (cfr. Maria Teresa Sorrenti, L’istruzione artistica in Calabria tra ‘800 e ‘900. La nascita dell’Istituto Statale
d’Arte, in Serena Carbone (a cura di), La Calabria e le Biennali di Monza. Una marcia di artisti
e sognatori, Alfagi, Villa San Giovanni 2013, pp. 119-146). Inoltre, a Fuscaldo, come si dirà
più avanti, l’eccezionale costellazione artistica dei Santoro, dal 1850, darà luogo per qualche anno a una scuola di litografia e, nel 1898, a una scuola di disegno e plastica. Un altro
precedente nelle arti applicate è la Scuola d’Arte e Mestieri aperta a Castrovillari nel 1909,
dove avrebbe prima studiato e poi insegnato lo scultore e artista del ferro battuto Francesco
Paonessa [cfr. Vittorio Cappelli (a cura di), Francesco Paonessa. 1898-1981. Scultore architetto maestro del ferro battuto, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001].
2
Su Alfonso Frangipane (Catanzaro, 1881 – Reggio Calabria, 1970), cfr. Carlo Carlino,
Alfonso Frangipane: lo zelo del missionario, in «Daedalus. Quaderni di Storia e Scienze Sociali», 18, 2003-2004, pp. 147-160; Anna Leporati Serrao, Alfonso Frangipane: l’uomo, l’artista, lo studioso, Creative Artworks, Reggio Calabria 2014; Luigi Bilotto, Alfonso Frangipane
e la nascita della storia dell’arte in Calabria, Iiriti, Reggio Calabria 2014. Si veda anche: Alfonso Frangipane e la cultura artistica del ’900 in Calabria (atti dell’omonimo convegno
svoltosi a Reggio Calabria il 26 settembre 2009, a cura di Giuseppina De Marco e Maria Teresa Sorrenti, CD-ROM, 2011, disponibile anche online).
124
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano). Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
Monza3. Allo stesso Frangipane si deve soprattutto, nella prima metà del
Novecento, la preparazione e l’allestimento delle Biennali d’arte e d’artigianato, iniziate nel 1920 e proseguite, con una interruzione negli anni
Trenta, fino al 1949 nella sua città di adozione, richiamando artisti da tutta
Italia e offrendo un’opportunità unica ai migliori artisti calabresi del
tempo.
La prima Biennale del 1920 può essere assunta come il punto di svolta
della storia artistico-culturale del Novecento in Calabria, anche se l’attività
espositiva di Frangipane era stata avviata già nel 1912 a Catanzaro, dove
però i cento quadri in mostra di Andrea Cefaly4 ponevano ancora al centro
dell’attenzione l’Ottocento. Nel 1920, invece, entrano in campo anche i fermenti del nuovo secolo. Le tredici sale della mostra ospitano più di trecento opere e gli artisti calabresi viventi che vi espongono sono una
quarantina, tra i quali personaggi non trascurabili come i fratelli Jerace,
Alessandro Monteleone, Rubens Santoro, Gaele Covelli, Ugo Ortona, Andrea Alfano (di quest’ultimo Frangipane proporrà nella successiva Biennale del 1922 una personale di circa 50 opere). Non è senza significato che
vi sia anche una sala d’architettura, dove vengono esposti i disegni degli
edifici pubblici in costruzione a Reggio, che danno un’idea della città nuova
che sta risorgendo dalle rovine del terremoto5. Sei anni dopo, alla quarta
Biennale del 1926, Frangipane aprirà anche alle sperimentazioni del futurismo, affidando al giovane futurista reggino Enzo Benedetto l’allestimento di una sala futurista, di cui sarà protagonista, con i suoi arazzi,
Fortunato Depero, assieme a Dottori, Soggetti, Fillia, Benedetta Marinetti,
Rougena Zàtkovà e altri6.
3
Cfr. S. Carbone (a cura di), La Calabria e le Biennali di Monza. Una marcia di artisti e
sognatori cit..
4
Sulla vita e l’opera di Andrea Cefaly (Cortale, 1827-1907) cfr. Maria Pia Di Dario Guida,
Andrea Cefaly, in Dizionario Biografico degli Italiani, vol. 23, Treccani, Roma 1979
[http://www.treccani.it/enciclopedia/andrea-cefaly_(Dizionario-Biografico)/]; Maria Saveria Ruga, Andrea Cefaly, in Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea, 2020
[www.icsaicstoria.it/cefaly-andrea].
5
Sulla Biennale del 1920, ordinata da Frangipane, assieme agli artisti Francesco Jerace,
Gaele Covelli, Ugo Ortona ed Ezio Roscitano, si veda il catalogo: Mostra Calabrese d’Arte Moderna, La Sicilia, Messina 1920. Sulla Biennale del 1922, ordinata da Frangipane, assieme
all’architetto Pietro De Nava, l’ingegnere Pietro Del Monaco e gli artisti Francesco Jerace,
Andrea Alfano e Gaele Covelli, si veda: Mostra Calabrese d’Arte Moderna, Stab. Tip. del Corriere di Calabria, Reggio Calabria 1922.
6
Gli unici calabresi presenti nella sala futurista sono lo stesso organizzatore, Enzo Benedetto, e la calabrese d’adozione Pia Zanolli Miséfari, compagna dell’anarchico Bruno Miséfari. Cfr. Vittorio Cappelli (a cura di), Calabria Futurista (1909-1943), Rubbettino, Soveria
Mannelli 2009.
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020
125
Vittorio Cappelli
Prima di allora, come si è detto in apertura, la mancanza di luoghi pubblici di formazione e la stessa perifericità di una regione priva di un robusto
assetto urbano impedivano la formazione di un tessuto davvero apprezzabile della produzione artistica, che continuava a manifestarsi qua e là, a
macchia di leopardo. Non bisogna esagerare, tuttavia, nel sottolineare questi limiti, poiché, già negli ultimi decenni dell’Ottocento, il numero degli artisti calabresi era considerevole. Molti di essi sopperivano alla mancanza
di luoghi e strumenti di formazione, recandosi a Napoli, che da molto tempo
costituiva un potente attrattore per i giovani artisti meridionali col Reale
Istituto d’Arte e con l’antica Accademia di Belle Arti, offrendo loro l’opportunità di entrare in contatto con un centro importante della cultura artistica
italiana ottocentesca e di apprendere il mestiere da suoi esponenti di rilievo. Alcuni di essi, rientrati in Calabria dopo un periodo più o meno lungo
di formazione nell’antica capitale borbonica, davano vita nel loro luogo
d’origine a delle “scuole”, che finalmente offrivano inedite opportunità di
apprendimento ai giovani calabresi, formando significativi punti di coagulo
della formazione artistica. Ma di questo parleremo più avanti. Nel frattempo, alla tradizionale mobilità sull’asse tra la Calabria e Napoli, si aggiungeva il nuovo e impetuoso fenomeno dell’emigrazione transoceanica di
massa, che vedeva attraversare l’Atlantico, assieme a una moltitudine di
contadini, anche numerosi artigiani e artisti, la cui esperienza, nella circolarità del fenomeno migratorio, avrebbe prodotto effetti di dinamizzazione
artistico-culturale anche nella Calabria rurale di quel tempo. Quanto alla
consistenza della produzione artistica calabrese, che, malgrado tutto, si registra già nel tardo Ottocento, si dispone ora di un imponente repertorio
biografico curato da Antonietta De Fazio7. Quanto alla presenza di artigianiartisti e di artisti a tutto tondo tra gli emigranti calabresi, disponiamo da
tempo delle ricerche condotte da Regina Soria negli Stati Uniti e di più recenti indagini condotte in America Latina8.
7
Antonietta De Fazio, La Calabria e i suoi artisti. Dizionario dei pittori (1700-1930), Rubbettino, Soveria Mannelli 2020. Si veda anche Enzo Le Pera, Arte di Calabria tra Otto e Novecento, Rubbettino, Soveria Mannelli 2001; Id., La Calabria e l’Arte. Dizionario degli Artisti
Calabresi dell’Ottocento e del Novecento, Grafiche Femia, Marina di Gioiosa Jonica 2005.
8
Cfr. Regina Soria, American Artists of Italian Heritage, 1776-1945. A biographical Dictionary, Associated University Presses, London and Toronto 1993; Eadem, Artisti nell’emigrazione, in Piero Bevilacqua, Andreina De Clementi, Emilio Franzina (a cura di), Storia
dell’emigrazione italiana. II. Arrivi, Donzelli, Roma 2009, pp. 709-716. Sull’America Latina,
si veda, a puro titolo esemplificativo: Mario Sartor e Silvana Serafin (a cura di), Emigrazioni/Immigrazioni, numero monografico di «Studi Latinoamericani/Estudios Latinoamericanos» (3, 2007), Forum, Udine 2007; Vittorio Cappelli e Pantaleone Sergi (a cura di),
Traiettorie culturali tra il Mediterraneo e l’America Latina. Cronache, letterature, arti, lingue
126
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano). Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
Argomento di questo lavoro è proprio la formazione di alcune “scuole”,
ad opera di corpose famiglie di artisti, una delle quali scelse come patria
di adozione il Brasile. La più nota, nonché la prima in ordine cronologico,
di queste famiglie artistiche è quella che fa capo al garibaldino Andrea Cefaly, che promosse la cosiddetta «Scuola di Cortale», attiva dal 1862 al
1875, dove si formarono non pochi giovani artisti locali9. Un altro noto
gruppo familiare è quello dei fratelli Francesco, Gaetano e Vincenzo Jerace
di Polistena10. Qui però ci occuperemo dell’unica di queste esperienze che
dal suo luogo di coltura, Fuscaldo, ebbe una ricca e molteplice proiezione
internazionale oltreoceano. Si tratta dei Santoro di Fuscaldo, un vasto
gruppo familiare che aveva il suo principale capostipite nell’orefice Francesco (1789-1838), il quale avviò alle arti e alla cultura ben cinque dei suoi
molti figli: Giovanni Battista (1809-1895), pittore e litografo, Baldassarre
(1819-?), cesellatore, Carlo (1828-?), scultore ligneo e pittore, Consalvo
(1831-?), fotografo, e Filinto (1834-1912), letterato.
Il primogenito Giovanni Battista, che fu pittore, scultore in legno e litografo, si formò all’Accademia di Belle Arti a Napoli, dove studiò anche l’arte
litografica e fu poi artista viandante, soprattutto nella provincia di Cosenza,
intercettando la committenza dei più ricchi possidenti, tra i quali la nobile
famiglia Sarri di Mongrassano, e della Chiesa locale. Di lui è assai noto un
ritratto dagli accenti romantici dell’illuminista Francesco Saverio Salfi (Cosenza, 1759 – Parigi, 1832), conservato presso la Biblioteca Civica di Co-
e culture, Pellegrini, Cosenza 2016; Vittorio Cappelli, Circuiti culturali tra Italia e America
Latina. Artisti e architetti migranti tra Otto e Novecento, in «Giornale di Storia Contemporanea», 2, 2017, pp. 43-58.
9
La scuola fu frequentata da giovani aspiranti artisti di Cortale (Raffaele Foderaro e
Michele Mangani), di San Pietro Apostolo (Guglielmo Tomaini), di Filadelfia (Carmelo Davoli), di Girifalco (Antonio Migliaccio), di Borgia (Gregorio e Raffaele Cordaro), di Nicastro
(Antonio Palmieri e Guglielmo De Martino). Cfr. Tonino Sicoli e Isabella Valente (a cura di),
Andrea Cefaly e la Scuola di Cortale, Ar&s, Catanzaro 1998.
10
Lo scultore Francesco Jerace (Polistena, 1853 - Napoli, 1937), che apprese i rudimenti
artistici dall’omonimo nonno, decoratore, è il figlio primogenito di Fortunato, disegnatore
e costruttore. Il secondogenito di Fortunato è il pittore Gaetano (Polistena, 1860-Napoli,
1940). Il più giovane è il versatile Vincenzo (Polistena, 1862 – Roma, 1947), pittore, ceramista, orafo, scultore e architetto. Francesco Jerace, malgrado una brillante carriera, che
dalla sua postazione napoletana lo portò ai vertici della scultura italiana del tardo Ottocento,
partecipando anche a numerose esposizioni internazionali in Europa e nelle Americhe, non
interruppe mai i suoi forti legami con Polistena e con la Calabria, come testimoniano le sue
numerose opere presenti nella regione e la sua partecipazione attiva all’organizzazione delle
Biennali di Reggio Calabria. Cfr. Carolina Brook, Francesco Jerace, in Dizionario Biografico
degli Italiani, vol. 62, Treccani, Roma 2004. Sui tre fratelli Jerace si vedano le rispettive biografie in: E. Le Pera, Arte di Calabria tra Otto e Novecento cit., pp. 95-108 e A. De Fazio, La
Calabria e i suoi artisti. Dizionario dei pittori (1700-1930) cit. pp. 178-181.
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020
127
Vittorio Cappelli
senza. Oltre alla sua intensa attività pittorica, sappiamo che nel 1850 decise di aprire a Fuscaldo, nel suo paese natio, una scuola-laboratorio di litografia, dove si formarono, assieme ai suoi figli, numerosi altri giovani11.
Sappiamo anche che a Cosenza, qualche anno prima, era nato suo figlio
Francesco Raffaele (Cosenza, 1844 – Roma, 1927), al quale fornirà i primi
rudimenti artistici, per poi avviarlo alla carriera di pittore paesaggista e
ritrattista, facendolo studiare a Napoli, sotto la protezione del suo fratello
minore Filinto, che nel frattempo era divenuto un letterato di buona fama
nella capitale, dove era docente di lettere nell’Accademia della Nunziatella.
Da Napoli, Francesco Raffaele si spostò poi a Roma e dalla Capitale si
mosse spesso in giro per l’Italia. Soggiornò a lungo, inoltre, in Inghilterra;
conobbe e sposò una donna scozzese, con la quale soggiornò anche a
Edimburgo. Rimasto vedovo, sposò una donna inglese, con la quale fece
ritorno in Italia e a Roma aprì uno studio in via Sistina12.
Questa vivace mobilità non gli impedì di mantenere rapporti con la Calabria, dove esporrà, su invito di Alfonso Frangipane, nella Mostra d’Arte
Calabrese del 1912 e alle Biennali di Reggio del 1920 e 1922. Ma a Roma,
Francesco Raffaele è anche il primo dei Santoro a intercettare l’arte e gli
artisti brasiliani: è del 1878 un suo ritratto dello scultore Rodolfo Bernardelli (Guadalajara, México 1852 - Rio de Janeiro, 1931).
Francesco Raffaele e Rodolfo Bernardelli s’erano incontrati a Roma,
dove Bernardelli, giuntovi da Rio de Janeiro, studiò per molti anni, dal
1877 al 1885, avendo come maestro principalmente lo scultore Giulio
Monteverde, allora celebratissimo. Figlio di un violinista e di una ballerina
– Oscar Bernardelli e Celestina Thierry – che nel 1847 avevano lasciato il
Conservatorio di Milano per una tournée latinoamericana, dalla quale non
avrebbero mai più fatto ritorno, Rodolfo Bernardelli, rientrato nella capitale brasiliana, sarà riconosciuto come il più importante scultore del Paese
e per un quarto di secolo ricoprirà l’incarico di direttore della Escola Nacional de Belas Artes di Rio de Janeiro, dal 1890 al 191613. Il suo ritratto
giovanile, dipinto a Roma da Francesco Raffaele Santoro, è ora custodito
nella Pinacoteca do Estado de São Paulo.
11
Cfr. Tarcisio Pingitore, Santoro Giovan Battista (2020), in Dizionario Biografico della
Calabria Contemporanea [http://www.icsaicstoria.it/santoro-giovan-battista/
12
Cfr. Tarcisio Pingitore, Santoro, Francesco Raffaele Giovanni (2020), in Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea [http://www.icsaicstoria.it/santoro-francesco-raffaelegiovanni/]; Antonietta De Fazio, La Calabria e i suoi artisti. Dizionario dei pittori (1700-1930)
cit., pp. 324-325; Enzo Le Pera, Arte di Calabria tra Otto e Novecento cit., pp. 174-176.
13
La formazione romana di Rodolfo Bernardelli non è un caso isolato tra gli artisti brasiliani e più in generale tra gli artisti latinoamericani, che spesso svolgevano il loro appren-
128
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano). Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
Francesco Raffaele Santoro, Ritratto di Rodolfo
Bernardelli, Roma 1878
A questo primo estemporaneo contatto tra un esponente della famiglia
artistica dei Santoro e il Brasile farà seguito la quarantennale esperienza
brasiliana di Rosalbino Santoro, esponente di un ramo collaterale della famiglia e cugino in secondo grado di Francesco Raffaele14.
distato in Italia. Lo stesso fratello minore di Rodolfo Bernardelli, il pittore Henrique, sarà a
Roma per studiarvi, dal 1879 al 1888. Cfr. V. Cappelli, La belle époque italiana di Rio de Janeiro.
Volti e storie dell’emigrazione meridionale nella modernità carioca, Rubbettino, Soveria Mannelli 2013, pp. 43-45; Id., Circuiti culturali tra Italia e America Latina. Artisti e architetti migranti tra Otto e Novecento, in «Giornale di Storia Contemporanea», 2, 2017, pp. 43-58 (poi
in Id., Piccole patrie, la Patria, altre patrie, Pellegrini, Cosenza 2018, pp. 29-46).
14
Rosalbino Santoro (Fuscaldo, 1857-1942) è figlio di Salvatore e nipote di Pasquale,
un fratello dell’orefice Francesco, da cui discendono tutti gli altri artisti del gruppo familiare, ad eccezione di un fratello di Rosalbino, l’intagliatore Carmine, che lo seguirà nell’av-
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020
129
Vittorio Cappelli
Rosalbino Santoro si formò artisticamente a Napoli, nella cui Accademia
di Belle Arti si recò a studiare, ventenne, nel 1877. Ancor prima di terminare gli studi, cominciò a esporre i suoi dipinti, paesaggi e ritratti, in varie
città. Nel 1881 fu presente con quattro dipinti a Milano, all’Esposizione
Nazionale di Brera, e nel 1883, ottenuto il diploma di professore di disegno
all’Accademia di Napoli, decise di partire per il Brasile, dove pare che fossero già emigrati alcuni parenti15.
La destinazione iniziale fu Rio de Janeiro, dove si mise subito al lavoro,
dipingendo ed esponendo i suoi primi paesaggi brasiliani. A poche settimane dal suo arrivo, espose in un salone della centralissima Rua do Ouvidor due luminosi paesaggi di Rio, disegnati con impeccabile perizia: Cais
da Glória e Terraço do Passeio Público. I quadri, subito acquistati da un collezionista, sono ricomparsi solo di recente in un’asta del 2008 e poi, nel
2013, nell’allestimento inaugurale del Mar, un nuovo museo d’arte contemporanea di Rio16.
Dopo aver tenuto un’altra personale nel 1885, Rosalbino maturò gradualmente la decisione di abbandonare Rio de Janeiro – per aver contratto
la febbre gialla e/o perché deluso dalla mancata assegnazione della cattedra di paesaggio all’Accademia Imperiale di Belle Arti – e nel 1887 cercò
un clima più accogliente e salubre a San Paolo, che era agli inizi di un esplosivo sviluppo demografico ed economico. Nel giro di pochi mesi prese a
insegnare nel Liceu de Artes e Oficios17, fondandovi una scuola di pittura, e
si mise in luce con una prima mostra personale.
ventura brasiliana, per poi precederlo nel rientro a Fuscaldo, dove fonderà nel 1907 una
Scuola Professionale di Disegno e Plastica. Cfr. Tonino Sicoli e Isabella Valente (a cura di),
Rubens Santoro e i pittori della provincia di Cosenza fra Otto e Novecento, Edizioni Ar&s, Catanzaro 2003, pp. 17, 154-155. Per un profilo biografico, si veda ora anche: V. Cappelli, Santoro, Rosalbino, in Dizionario Biografico della Calabria Contemporanea, Icsaic 2020
[http://www.icsaicstoria.it/santoro-rosalbino/].
15
Sull’esperienza brasiliana di Rosalbino Santoro, anche per quanto si dice più avanti,
cfr. V. Cappelli, Rosalbino Santoro in Brasile. Un «pittore itinerante» a Rio de Janeiro, San
Paolo e Taubaté, in V. Cappelli, G. Masi, P. Sergi (a cura di), La Calabria dei migranti. Partenze,
rientri, arrivi, Centro di Ricerca sulle Migrazioni, Cosenza 2014 (numero monografico della
«Rivista Calabrese di Storia del ‘900», 2, 2014), pp. 47-60; Id., Rosalbino Santoro. Un pittore
itinerante tra fazende e paesaggi, in «il Quotidiano della Calabria», 12 gennaio 2014, pp.
43-45. Si veda anche: Id., Artisti italiani come “fonti” per la storia del Brasile. Antonio Ferrigno e Rosalbino Santoro tra le “fazendas” pauliste, Pasquale De Chirico e Filinto Santoro a
Salvador de Bahia, in V. Cappelli e P. Sergi (a cura di), Traiettorie culturali tra il Mediterraneo
e l’America latina. Cronache, letterature, arti, lingue e culture cit., pp. 103-120.
16
Cfr. V. Cappelli, Da Fuscaldo a Fuscaldo. L’emigrazione circolare di Rosalbino Santoro,
pittore itinerante in Brasile, in Id., Piccole patrie, la Patria, altre patrie cit., pp. 47-63.
17
Il Liceu de Artes e Oficios era una scuola d’arte e mestieri fondata nel 1873 da Leôncio
de Carvalho, giurista e uomo politico di San Paolo, col sostegno della massoneria e dell’ari-
130
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano). Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
Fig. 2 - Rosalbino Santoro, Terraço do Passeio Publico, Rio de Janeiro, 1884
Dopo qualche tempo, iniziò a viaggiare nel vastissimo territorio rurale
paulista, per visitare e dipingere le fazendas del caffè, su commissione dei
fazendeiros. Al tema della fazenda dedicherà un gran numero di paesaggi
e due mostre personali nel 1895 e nel 1898. Più tardi, nel 1904, ne terrà
un’altra col pittore salernitano Antonio Ferrigno, originario di Maiori,
anch’egli pittore itinerante nelle fazendas pauliste18. Il lavoro dei due artisti
unisce al valore artistico anche un notevole valore documentario, circa lo
sviluppo economico e sociale del Brasile all’epoca del grande ciclo produttivo del caffè19.
stocrazia del caffè, per fornire manodopera specializzata alla nascente industria paulista.
Cfr. Ricardo Severo, O Liceu de Arte e Oficios de São Paulo. MDCCCLIII-MCMXXXIV, São Paulo
1934. Sulla presenza e l’insegnamento di Rosalbino nel Liceu de Artes e Oficios si veda
anche: Mostra personale di Rosalbino Santoro, Roma, via dei Greci n. 45, catalogo, s. l. e s. d.
(ma 1923).
18
Cfr. Ruth Sprung Tarasantchi, Pintores paisagistas: São Paulo, 1890 a 1920, Edusp, São
Paulo 2002.
19
Cfr. V. Cappelli, Artisti italiani come “fonti” per la storia del Brasile. Antonio Ferrigno
e Rosalbino Santoro tra le “fazendas” pauliste, ecc. cit..
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020
131
Vittorio Cappelli
A San Paolo Rosalbino viene raggiunto anche dal suo fratello minore
Carmine, intagliatore e disegnatore, che però nel 1897, pare per motivi di
salute, deciderà di tornare a Fuscaldo, dove fonderà una scuola d’arte20.
Nel nuovo secolo, Rosalbino deciderà di lasciare San Paolo per Taubaté,
un cittadina della regione caffeicola della Valle del Paraíba, dove rimarrà
per quasi vent’anni, pur senza recidere i rapporti con San Paolo, dove tornerà più volte per nuove occasioni espositive. A Taubaté, tra l’altro, avvierà
alla pittura la giovane Georgina de Albuquerque, allora adolescente figliola
di un fazendeiro, che più tardi sarebbe diventata un’artista di primo piano.
Nel 1907, eseguirà un’opera che sancirà la sua compiuta integrazione
nell’universo economico e culturale brasiliano: un grande dipinto, di tre
metri e mezzo per due, che rappresenta la Coroação de Nossa Senhora Aparecida, l’incoronazione della Vergine, patrona del Brasile, avvenuta pochi
anni prima nel santuario della Aparecida, presso Taubaté. L’accurato e luminoso realismo dell’opera offre anche uno spaccato della vita sociale brasiliana all’alba del nuovo secolo21.
La grande tela di Rosalbino è conservata oggi nel museo annesso alla
nuova Basílica de Nossa Senhora Aparecida, che è meta di pellegrinaggio
da tutto il Brasile.
Infine, nel 1919, Rosalbino decide di tornare in Italia, dopo 36 anni di
esperienza brasiliana, durante i quali, in verità, non aveva mai dimenticato
le sue origini, come testimonia anche il suo impegno sociale nelle comunità
italiane di Rio de Janeiro, San Paolo e Taubaté22.
20
Carmine Santoro (Fuscaldo, 1860-1940), tornato a Fuscaldo, vi aprì nel 1898 una
scuola d’arte, che nove anni dopo, nel 1907, sarà riconosciuta dallo Stato come Regia Scuola
Professionale di Disegno e Plastica. Carmine vi insegnerà come maestro d’arte e capo officina del legno fino al 1928.
21
Si possono osservare in dettaglio nel quadro l’abbigliamento festivo e le movenze
dei gruppi familiari e amicali in amabile conversazione, oppure intenti a seguire la cerimonia religiosa. Al centro della scena è posto un piccolo venditore negro, l’unico a piedi
nudi, assieme a un uomo (presumibilmente un contadino), posto anch’esso in primo piano
ma più a sinistra, che indossa abiti dimessi sotto un tradizionale mantello rosso e blu, tra
la folla tutta vestita a festa. Il bambino cerca di vender qualcosa a una bimba accompagnata
dalla mamma, entrambe vestite elegantemente di bianco. Un altro dettaglio interessante
si osserva sulla facciata della chiesa, dove tra le numerose bandiere brasiliane sventolanti,
spunta curiosamente un tricolore italiano.
22
Rosalbino si era impegnato nell’associazionismo italiano già a Rio de Janeiro. A San
Paolo, poi, svolse un ruolo importante nella vita associativa della grande comunità italiana
presente in città, con varie iniziative culturali e sociali e presiedendo per sei anni la Società
Italiana di Beneficienza, la più importante di San Paolo, impegnata tra l’altro nella costruzione dell’Ospedale Umberto I. A Taubaté fu molto attivo nelle iniziative politiche e sociali
della Società Italiana di Mutuo Soccorso Principe di Napoli. Cfr. V. Cappelli, Da Fuscaldo a
Fuscaldo. L’emigrazione circolare di Rosalbino Santoro, pittore itinerante in Brasile cit..
132
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano). Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
Fog. 3 - Rosalbino Santoro, Coroação de Nossa Senhora Aparecida, 1907
Rientrato in Italia, decide di dar seguito al suo lavoro d’artista a Roma,
dove apre uno studio in pieno centro, prima in via dei Greci e poi in via
Margutta. Nella capitale organizzerà due mostre personali. La prima, nel
1923, allinea circa 40 tele dedicate ai paesaggi e al lavoro delle fazendas
del caffè, alle quali Rosalbino affianca 4 paesaggi marini della sua Fuscaldo, unendo così gli sterminati spazi della campagna paulista alla sua
piccola patria calabrese. L’anno successivo, manda due paesaggi fuscaldesi alla terza Biennale calabrese organizzata a Reggio da Alfonso Frangipane. Nel 1926, infine, organizza nel suo studio di via Margutta una
seconda personale romana, dedicata ai paesaggi della Capitale, alla presenza di un notevole parterre istituzionale: è l’evento conclusivo di una
carriera lunga mezzo secolo, iniziata a Napoli, proseguita in Brasile e
conclusa a Roma23.
Il successo della mostra, favorito dal clima culturale e artistico del «ritorno all’ordine» promosso dal fascismo, che riabilita in qualche maniera
23
Al vernissage partecipano il Ministro della Pubblica Istruzione in carica, lo storico Pietro Fedele, il suo predecessore, lo scrittore Alfredo Baccelli, e lo storico dell’arte Arduino
Colasanti, direttore generale delle Belle Arti nello stesso ministero. Qualche giorno dopo, la
mostra sarà visitata anche dal Re Vittorio Emanuele III e dal quadrumviro della “marcia su
Roma” Michele Bianchi, in quel momento sottosegretario ai Lavori Pubblici. Ivi, pp. 61-63.
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020
133
Vittorio Cappelli
il “verismo” ottocentesco dei paesaggi di Rosalbino, non è sufficiente a trattenere più a lungo a Roma l’artista, ormai settantenne, che decide di tornare in Calabria, alla quiete del paese natio, dove si spegnerà,
ottantacinquenne, nel 194224.
Parallelamente a questo itinerario perfettamente circolare, disegnato
dalla vicenda biografica di Rosalbino, si snodano le biografie italo-brasiliane del ramo più corposo della famiglia artistica dei Santoro, a partire
dallo scultore in legno Carlo Santoro, nato a Fuscaldo nel 1828, figlio dell’orefice Francesco e fratello minore di quel Giovanni Battista, pittore e litografo da cui abbiamo preso le mosse.
Carlo Santoro, formatosi nella bottega di famiglia, piuttosto che studiare
a Napoli, come alcuni suoi fratelli e altri esponenti del gruppo familiare,
preferì rimanere in Calabria, spostandosi, però, da Fuscaldo a Mongrassano, dove si pose sotto la protezione della nobile famiglia Sarri, già frequentata dal fratello maggiore Giovan Battista e distintasi, con il patriota
Domenico Sarri, nelle battaglie risorgimentali.
A Mongrassano nasceranno, dunque, i numerosi figli di Carlo Santoro,
che arricchiranno l’albero genealogico e la produzione artistica del gruppo
familiare. Dal matrimonio tra Carlo e Giovannina Belmonte nacque nel 1859
Rubens Santoro, che diventerà l’artista più noto e affermato dell’intera dinastia. Inviato dal padre a Napoli e posto sotto la protezione dello zio letterato Filinto, Rubens si formò artisticamente all’Accademia di Belle Arti sotto
la guida di Domenico Morelli, cui si aggiunsero poi l’influenza di Mariano
Fortuny, un artista molto noto nel collezionismo europeo, e l’incontro con
Antonio Mancini. Successivamente, in seguito ai suoi frequenti viaggi a Venezia, diede vita a una lunga serie di vedute veneziane, ricche di vibrazioni
coloristiche, che gli aprirono la strada al mercato internazionale, in specie
in area anglosassone, e gli consentirono di esporre in importanti rassegne
internazionali a Parigi, Londra, Barcellona, Chicago e San Pietroburgo25.
Il percorso obbligato della formazione napoletana fu seguito anche da un
fratello minore di Rubens, Filinto Santoro, nato quattro anni dopo, nel 1863,
il quale si recò nella ex capitale borbonica per studiarvi ingegneria. Laureatosi
nella Reale Scuola di Applicazione per gli Ingegneri a Napoli, Filinto decise,
nel 1889, di emigrare, assieme al fratello medico Aleardo, a Rio de Janeiro,
dando inizio a un’avventura migratoria itinerante, tutt’altro che ordinaria.
24
Ibidem.
Cfr. T. Sicoli e I. Valente (a cura di), Rubens Santoro e i pittori della provincia di Cosenza
fra Otto e Novecento cit. (si veda in particolare la biobiliografia di Rubens, compilata da
Isabella Valente, alle pp. 155-157).
25
134
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano). Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
A Rio de Janeiro, dove era transitato qualche anno prima, come abbiamo visto, il suo parente Rosalbino, cominciò a insegnare in una scuola
italiana e soprattutto prese a occuparsi di giornalismo, collaborando con
i giornali italiani «Il Bersagliere» e «l’Aquila Latina». Su quest’ultima testata, diretta dal giornalista Vitaliano Rotellini26, si occupò in particolare
di architettura e di belle arti, sottolineando il carattere embrionale dell’architettura e delle arti visive praticate a Rio, pur apprezzando l’apertura
della Escola Nacional de Belas Artes, guidata dallo scultore Rodolfo Bernardelli, da pochi anni rientrato dal suo lungo soggiorno di studio in Italia,
che abbiamo già rammentato27. Ma a Rio de Janeiro operava da molti anni
Antonio Jannuzzi, conterraneo di Filinto, che era divenuto da tempo, assieme a suo fratello Giuseppe, il più grande costruttore della città. Sicché,
a pochi mesi dal suo arrivo in Brasile, nel 1889, Filinto entrò nell’azienda
di Jannuzzi, che lo chiamò all’ufficio tecnico della Companhia Evoneas Fluminense, appena costituita per costruire edificios destinados á abitação de
operarios e classes pobres28.
In seguito al fallimento di questo progetto, essendo entrato, nel frattempo, in contatto con l’oligarchia locale, grazie alla «Società Italiana di Beneficenza», di cui fu subito dirigente, e alla «Loggia Massonica Fratellanza
Italiana», Filinto ebbe modo di conoscere il neopresidente della repubblica
Floriano Peixoto, che gli affidò il progetto della nuova stazione ferroviaria
di Rio. Per tale motivo, tornò per un anno a studiare in Francia e in Italia29.
Nel 1894, rientrato a Rio e verificate presumibilmente le difficoltà relative al suo progetto per la stazione ferroviaria, approfittò dell’opportunità di avviare una carriera autonoma con la nomina a Direttore Generale
delle Opere Pubbliche dello Stato di Espirito Santo e si trasferì a Vitória
col sostegno del governatore del tempo Muniz Freire30.
26
Vitaliano Rotellini, un anarchico rifugiato in Brasile per motivi politici, di lì a poco,
nel 1893, avrebbe fondato a San Paolo il «Fanfulla», che fu il più importante, il più diffuso
e longevo giornale di lingua italiana in Brasile. Cfr. Pantaleone Sergi, Funzioni pedagogiche,
etniche e politiche della stampa italiana in Brasile, in V. Cappelli e A. Hecker (a cura di), Italiani in Brasile. Rotte migratorie e percorsi culturali, Rubbettino, Soveria Mannelli 2010, pp.
9-30; Angelo Trento, La costruzione di un’identità collettiva. Storia del giornalismo in lingua
italiana in Brasile, Asei-SetteCittà, Viterbo 2011.
27
Cfr. Filinto Santoro, Architettura, in «L’Aquila Latina», 11 giugno e 16 luglio 1892;
Id., L’arte nel Brasile, in «L’Aquila Latina», 13 agosto 1892.
28
Cfr. V. Cappelli, La belle époque italiana di Rio de Janeiro cit., pp. 87-89.
29
Cfr. V. Cappelli, Architetti e costruttori italiani nelle città brasiliane (e altrove) tra
XIX e XX secolo, in Alcides Freire Ramos, Maria Izilda Santos de Matos, Rosangela Patriota
(a cura di), Olhares sobre a história. Culturas, sensibilidades, sociabilidades, Hucitec, São
Paulo - Puc Goiás 2010, pp. 49-69.
30
Ivi.
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020
135
Vittorio Cappelli
Rimase a Vitória, piccola capitale di quello Stato, fino al 1898. In pochi
anni vi svolse un’attività frenetica, sia amministrativa che professionale,
costruendo il nuovo ospedale cittadino, il Teatro Melpômene e un intero
quartiere della città, occupandosi anche dei problemi della sempre più numerosa comunità italiana dello Stato di Espirito Santo31.
Tornato a Rio de Janeiro, si rimise in contatto con Antonio Jannuzzi, che
lo associò a un’impresa affascinante e impegnativa: la costruzione di un
grande ospedale a Manaus, capitale dell’Amazzonia. Partirono nel 1899 e
lì Santoro rimase per quattro anni, chiamando presso di sé i suoi fratelli
più giovani Michelangelo Giotto e Attilio, ma operando in proprio, dopo
aver tradito il sodalizio con Jannuzzi, che era dovuto rientrare a Rio de Janeiro per ragioni di salute.
Il governatore José Ramalho lo incaricò di progettare un nuovo Palazzo
del Governo. Filinto mise a punto un progetto grandioso che prevedeva
una spesa enorme, allestì una squadra tecnica e operaia di circa 300 italiani e affidò la direzione amministrativa dei lavori a suo fratello Michelangelo Giotto. Ma la realizzazione dell’opera si arrestò due anni dopo,
davanti alle difficoltà finanziarie incontrate da un’impresa colossale, i cui
modelli architettonici di riferimento erano il «Vittoriano» e i Palazzi di Giustizia di Bruxelles e Roma.
Filinto, entrato in conflitto col nuovo governatore dello Stato dell’Amazzonia, Silvério Nery, nel 1903 si allontanò in tutta fretta da Manaus, lasciandovi però tracce visibili del suo passaggio, avendovi riformato il
Mercato Municipale e avendo progettato in stile eclettico, con richiami
neoclassici, un edificio religioso, la Igreja dos Remedios.
Abbandonata Manaus, si recò a Belém, capitale del Pará, dove, col sostegno del governatore Augusto Montenegro e di Antonio Lemos, sindaco
di Belém, nonché noto massone, lavorò intensamente come architetto, per
dieci anni, costruendo villini privati (tra i quali spicca l’elegante Palacete
Montenegro, costruito per il governatore del Pará), edifici pubblici (tra i
quali emergono per qualità architettonica il Mercado São Braz e il Colégio
Gentil Bittencourt), la sede del quotidiano «A Província do Pará», diretto
da Antonio Lemos.
31
Cfr., anche per quanto si dice più avanti su Filinto Santoro: V. Cappelli, I fratelli Jannuzzi e Filinto Santoro tra Rio de Janeiro e il Nord del Brasile. Due percorsi migratori e due
contributi italiani alla costruzione delle città brasiliane, in Storie di emigrazione: architetti
e costruttori italiani in America Latina, a cura di Fabio Capocaccia, Liliana Pittarello, Giovanna Rosso Del Brenna, Termanini, Genova 2016, pp. 191-205. Sull’emigrazione italiana
in Espirito Santo, cfr. Aurélia H.Castiglioni (a cura di), Imigração italiana no Espírito Santo:
uma aventura colonizadora, Ufes, Vitória, 1998.
136
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano). Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
Fig. 4 - Manaus, Il progetto di Filinto Santoro per il nuovo palazzo del Governo
Fig. 5 - Filinto Santoro, Mercado São Braz, Belém,1911
Inoltre, si occupò intensamente, come console onorario del Regno d’Italia, della comunità italiana della città, costituita da più di un migliaio di
persone, prevalentemente commercianti e artigiani, provenienti per lo più
dai confini calabro-lucano-campani.
Nell’ambito di quest’attività, tra l’altro, organizzò una grande sottoscrizione tra gli immigrati, per aiutare i calabresi colpiti dal terremoto dell’8
settembre 1905.
Nel 1913, dopo aver tentato inutilmente di diventare diplomatico di
carriera, decide di proseguire la sua attività di progettista e costruttore,
spostandosi ancora una volta e recandosi a Salvador de Bahia, dove il Municipio lo incarica di ristrutturare e ampliare il Mercado Modelo. Subito
dopo, vince un concorso pubblico per la costruzione di una Caserma dei
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020
137
Vittorio Cappelli
Pompieri nella Baixa dos Sapateiros, che realizza fulmineamente, in soli
quattro mesi, tra il 1916 e il 1917, con una scelta stilistica straniante, ispirata curiosamente all’architettura gotica del celebre Palazzo Pubblico di
Siena.
Fig. 6 - Filinto Santoro, Caserma dei Pompieri, Salvador de Bahia 1917
Questa di Salvador sarà l’ultima tappa dell’esperienza nomade condotta
da Filinto Santoro in Brasile: durerà una decina d’anni, durante i quali intesserà fitte relazioni con le autorità politiche locali, come del resto aveva
già fatto abilmente a Vitória, a Manaus e a Belém, usando spregiudicatamente i canali dell’associazionismo italiano e della massoneria brasiliana.
Stabilite buone relazioni con i governatori dello Stato di Bahia, Seabra
(1912-16) e Aragão (1916-20), Santoro riceve anche l’incarico di ampliare
e ristrutturare due importanti edifici pubblici: il Palácio da Aclamação
(1913-1918), residenza dei governatori, e, in collaborazione con Giulio
Conti e Arlindo Fragoso, il Palácio Rio Branco (1916-1919), sede del governo.
Nel 1918-1919, finalmente, realizza anche un progetto di natura privata: il cinema-teatro Kursaal-Bahiano, nella centralissima piazza Castro
138
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi
I Santoro di Fuscaldo (e Mongrassano). Una grande famiglia artistica tra Italia e Brasile
Alves. Ma, tranne questa eccezione, le architetture eclettiche di Santoro a
Salvador furono poste al servizio del potere pubblico, al quale l’ingegnere,
come aveva già dimostrato a Belém, è in grado di garantire all’occorrenza
una impressionante rapidità di esecuzione.
Tra le opere affidate a Santoro dal potere pubblico, è anche la realizzazione di una delle più importanti strade della città, l’Avenida Oceanica, che
scorre in riva al mare e si affaccia sull’Atlantico con il Forte de Santo Antônio
da Barra (Farol da Barra), un’opera che sancisce il ruolo svolto da Santoro
nella riorganizzazione dello spazio urbano, oltre che nella riformulazione
dei luoghi del potere pubblico.
All’inizio degli anni Venti, dopo aver progettato la riforma del Teatro
São João, mai realizzata, nella stessa Praça Castro Alves dove lo scultore di
origine lucana Pasquale De Chirico eresse il monumento a Castro Alves,
poeta abolizionista brasiliano32, Filinto Santoro decide di concludere la sua
lunga esperienza brasiliana, rientrando in Italia, per terminare i suoi giorni
a Napoli nel 1927.
In Brasile aveva lasciato non soltanto i suoi manufatti, celebrati orgogliosamente in un libretto-catalogo pubblicato a Napoli nel 192333, ma
anche due suoi fratelli, entrambi rimasti a Manaus: Michelangelo Giotto e
Attilio. Quest’ultimo fece il fotografo ed ebbe un solo figlio, mentre il primo,
dopo aver collaborato come amministratore con Filinto, diventerà per suo
conto direttore amministrativo del porto fluviale di Manaus. Musicista dilettante (cantava e suonava a orecchio il pianoforte e il mandolino), Michelangelo Giotto sposò in prime nozze la brasiliana Alzira Ribeiro, che gli
diede tre figli, al primo dei quali fu dato il nome di Rubens, in onore dello
zio omonimo, artista di successo in Italia e nel mondo anglosassone, come
si è visto. Rimasto vedovo, sposò in seconde nozze Cecília Autran Franco
de Sá, pianista e pittrice, dalla quale avrà ben 12 figli. Il primogenito è il
musicista Claudio Santoro (Manaus, 1919 – Brasilia, 1989), violinista, direttore d’orchestra e compositore di fama internazionale, al quale è stato
intitolato, dopo la sua morte, il Teatro Nazionale di Brasilia, progettato nel
1960 da Oscar Niemayer34.
32
Cfr. V. Cappelli, Artisti italiani come “fonti” per la storia del Brasile, ecc. cit..
Cfr. L’opera dell’ing.re Filinto Santoro al Brasile, Tipo-Editrice Meridionale Anonima,
Napoli 1923.
34
Sulla vita di Claudio Santoro e su suo padre Michelangelo Giotto, cfr. Elson Farias,
Claudio Santoro, cantor do sol e da paz, Editora Valer, Manaus 2009. Su Claudio Santoro
musicista cfr. Vasco Mariz, Cláudio Santoro, Civilização Brasileira, Rio de Janeiro 1994. Si
veda anche il sito ufficiale del musicista: http://www.claudiosantoro.art.br/Santoro/
index.html (visitato il 22 giugno 2020).
33
Giornale di Storia Contemporanea, XXIV, n.s., 1, 2020
139
Vittorio Cappelli
Fig. 7 - Oscar Niemayer, Teatro Nacional “Claudio Santoro”, Brasilia 1960
Dunque, in conclusione, agli itinerari circolari di Rosalbino e Filinto
Santoro, i quali, dopo decenni di emigrazione itinerante e di lavoro artistico in Brasile, decisero di tornare in Italia, fanno da contraltare le scelte
definitive e irreversibili di Michelangelo Giotto e di Attilio. Sicché, questa
grande vicenda migratoria familiare lascia tracce visibili e produce discendenze sia al di qua che al di là dell’Atlantico.
140
Rapporti culturali tra Italia e America Latina – Saggi