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L'Unione Europea e l'Italia

2020, L'Unione Europea e l'Italia. La distruzione dello Stato-nazione. Dallo SME all'Euro 1979-2019

Analisi delle relazioni fra l'UE e l'Italia, le dinamiche delle regole europee nel contesto socio-economico italiano. Origine del debito pubblico italiano e disamina della cessione di sovranità monetaria e politica dello Stato-nazione verso il sovrastato europeo. Problematiche costituzionali fra l'ordinamento nazionale italiano e quello della UE.

Giacinto Mascia L’UNIONE EUROPEA E L’ITALIA La distruzione dello Stato-nazione. Dallo SME all’EURO 1979-2019 ISBN 978-1-71658-663-7 © Giacinto Mascia 2020 – 2024 © Design Ruben Fais 2020 Nuova edizione aggiornata 2024. Tutti i diritti riservati. © Lulu.com 3101 Hillsborough Street, Raleigh, NC 27607 USA Non sono consentite riproduzioni o pubblicazioni, di qualunque natura o supporto, anche parziali, del presente testo e delle riproduzioni grafiche se non previo consenso da parte dell’autore e relativa citazione della fonte. I trasgressori saranno perseguiti. In copertina: Pieter Bruegel il Vecchio, La parabola dei ciechi, 1568 circa, Museo Capodimonte Napoli; in quarta di copertina: Pieter Bruegel il Vecchio, Due scimmie incatenate, 1562, Gemäldegalerie di Berlino. 2 INDICE INTRODUZIONE I p. 5 DALLO SME ALL’EURO 1979-1999 1. Considerazioni politiche sullo SME 1979-1992 p. 15 2. Istituzione dell’Unione Europea 1991-1992 p. 27 3. De-sovranizzazione dell’Italia 1993-1999 p. 37 II ITALIA: EURO E DEBITO PUBBLICO 1. La Banca d’Italia e la creazione del debito 1981-1992 p. 45 2. 1981: il divorzio fra la Banca d’Italia e il Ministero del Tesoro p. 71 3. L’Italia da Maastricht all’euro 1992-1999 p. 102 4. Origini del debito pubblico italiano p. 126 III L’UNIONE EUROPEA E L’ITALIA 1. L’Europa impolitica p. 148 2. La crisi italiana nell’eurozona p. 157 3. La UE: trionfo della Germania, declino dell’Italia p. 167 3 APPENDICE 1 Lettera della BCE p. 182 BIBLIOGRAFIA p. 186 SITOGRAFIA p. 191 4 Introduzione Durante la seconda guerra mondiale presso Bretton Woods nel New Hampshire (luglio 1944), furono definite le norme economicofinanziarie del mondo capitalista. Gli Stati Uniti concepirono un ordine economico con il dollaro come valuta di riferimento per tutte le altre valute aderenti. Si trattava di un sistema di cambi fissi, ma modificabili, centrato sul dollaro come valuta di riserva internazionale e convertibile in oro ad un tasso di cambio fisso, insieme con un rigido controllo dei movimenti di capitale1. Questo sistema, noto anche «Gold-dollar exchange standard», rimase in vigore fino all’agosto 1971 quando il presidente statunitense Nixon decise di eliminare la convertibilità aurea del dollaro. Questa scelta nasceva da alcuni difetti del sistema ideato nel 1944 e che lentamente europei e giapponesi sfruttarono a proprio vantaggio finché gli scompensi negli scambi commerciali, che raggiunsero il culmine negli anni Sessanta, imposero a Washington di sopprimere gli accordi di Bretton Woods, recidendo la convertibilità in oro dei dollari posseduti dalle banche centrali europee 2. 1 F.M. PARENTI – U. ROSATI, Geofinanza e geopolitica, Milano, Egea, 2016, pp. 7 sgg. Il dollaro era collegato all’oro nella proporzione di 35$ per oncia d’oro, consentendo in tal modo la convertibilità in oro del dollaro per ogni paese che ne avesse fatto richiesta. 2 Per la nascita e lo sviluppo e infine la crisi del sistema di Bretton Woods si veda G. MASCIA, Il ratto dell’Europa. Genesi e declino dell’idea di Unione. Da Bretton Woods ad oggi, NC Raleigh (Usa), Lulu.com, 2019 (edizione aggiornata nel 2024), pp. 15-49 e appendice 1 pp. 200-226. 5 I paesi dell’Europa Occidentale decisero di avviare un proprio percorso monetario che nel 1978 si concretizzò nel cosiddetto Sistema Monetario Europeo, SME, sorto per iniziativa franco-tedesca. Lo Sme entrò in vigore agli inizi del 1979 e costituì il primo tassello della costruzione della Unione Europea, dei suoi complessi meccanismi politici e del suo sistema economico-finanziario ad esclusivo vantaggio continentale della Germania. Con la costituzione dello SME, Germania Federale e Francia, per ragioni differenti, diedero inizio al processo di unificazione dei paesi CEE sotto un unico mercato dominato da cambi valutari semifissi ed aventi come fulcro le concezioni economiche della Bundesbank tedesca. Per tutti gli anni Ottanta le riunioni europee inerenti all’idea di una Europa unita si susseguirono senza soluzione di continuità, fermo restando come obiettivo ultimo dell’idea europeista la condivisione fra i paesi membri della CEE di una unica valuta, situazione di fatto realizzatasi con l’introduzione dell’euro agli inizi del XXI secolo. Dopo quattro decadi di integrazione lenta ma costante, l’attuale architettura della UE si presenta al resto del mondo come un impianto istituzionale unico nel panorama internazionale, con una moneta unica, l’euro e con la Banca Centrale Europea indipendente dalla politica e, come vedremo, con compiti particolari. Tuttavia questo assetto apparentemente monolitico nasconde una realtà differente, ovvero le condizioni socio-economiche dei paesi aderenti all’euro sono profondamente disomogenee, con evidenti 6 disuguaglianze che anziché ridursi, si accentuano. Nella UE sono presenti stati membri privilegiati, ritenuti virtuosi, mentre altri Stati sono considerati di rango inferiore e pertanto ritenuti non solo indisciplinati, ma palesemente refrattari alle ricette economiche propinate da Bruxelles. In tal senso la denominazione discriminatoria PIIGS affibbiata al Portogallo, all’Italia, all’Irlanda, alla Grecia e alla Spagna identifica sia la misura delle valutazioni fra i paesi europei, sia il livello di integrazione politica fra di essi. Negli ultimi quarant’anni di politiche “europee” la posizione dell’Italia ha subito dei contraccolpi economici e politici devastanti. Naturalmente negli anni Novanta, in Italia, sulla scia dell’impulso neoliberista dedito alle privatizzazioni e alla distruzione dello Statonazione, la narrazione anti-statalista ebbe facile gioco nel condannare la classe politica italiana precedente come costituita da una semplice accozzaglia di corrotti e ladri che con le loro azioni avevano causato l’enorme debito pubblico del paese ed in ultima analisi la sua rovina. Era, ed è, una palese distorsione della realtà dei fatti in quanto l’incremento del debito italiano aveva ben altre origini. Nello stesso tempo, il processo di riduzione della sovranità dello Stato italiano procedeva con politiche interne del tutto sconnesse dalla difesa degli interessi nazionali. Le decisioni politiche erano deliberatamente attuate con la chiara consapevolezza che, secondo i nostrani alfieri della Unione Europea, il destino dell’Italia fosse concepibile ormai solamente nello schema del grande sovrastato Europeo. Le illogicità 7 di tale modus operandi politico sono state tali da raggiungere vette di autolesionismo difficili da comprendere nella loro veemenza antinazionale. Inoltre va sottolineato che tutte le politiche europeiste seguite dai governi italiani, dagli anni Novanta fino ad oggi, sviluppavano e imponevano nel paese delle scelte del tutto in antitesi col dettato costituzionale. Ma di ciò la classe politica italiana era ed è assolutamente consapevole e l’obiettivo di cambiare radicalmente la struttura socio-economica d’Italia secondo i dettami neoliberisti europei e sovranazionali venne già presentata con largo anticipo e senza remore da Guido Carli, per anni governatore della Banca d’Italia e nei primi anni Novanta ministro del Tesoro. Nonostante i grandi discorsi sulla bellezza della Costituzione italiana, i primi ad aggirarla ed ignorarla sono proprio i politici italiani del tutto proni ai dogmi economici di Bruxelles. In considerazione della loro incapacità di governare il paese, la subordinazione totale alle direttive europee è diventata la giustificazione formidabile per la classe politica italiana ai fini dell’esecuzione degli ordini provenienti da altre sedi ed allo stesso tempo in grado di sollevarla dalle sue responsabilità e di scaricarle sul “vincolo esterno” europeo. Ma l’Unione Europea così concepita sancisce sostanzialmente il trionfo delle politiche economiche della precedente Germania Federale. La presa di potere sull’Europa della Germania, come scrive professor Sapelli, è una realtà con la quale i singoli paesi europei 8 devono, o dovrebbero, confrontarsi. La centralità della Germania in Europa dopo la riunificazione del 1990 ha posto degli interrogativi seri sul futuro dell’Europa unita, creando di fatto uno spostamento del baricentro europeo verso oriente e che le classi dirigenti dei paesi europei avrebbero dovuto affrontare con adeguate riflessioni. Infatti, come scrive Sapelli la «Germania ritrova la sua temuta centralità dominatrice e trasforma l’unione monetaria europea in una vittoria pacifica sul continente» 3. Con questa espressione Sapelli riassume semplicemente i mali che l’Europa affronta quotidianamente, ormai alle prese con la «crisi dell’euro» e di fronte «al conflitto monetario e sociale tra la Germania e tutta l’Europa». Analogamente professor Savona ricorda senza mezzi termini che l’attuale posizione egemonica della Germania costituisce la «riedizione in chiave pacifista del disegno tedesco del Piano Funk, il ministro dell’economia nazista. Tale piano prevedeva che la Germania divenisse il Paese d’ordine dell’Europa…che solo i tedeschi sanno fare industria ed è quindi giusto che siano essi a prevalere nel settore, con piccole eccezioni per talune specializzazioni della Francia…che gli altri Paesi si devono dedicare all’agricoltura (e al turismo), così tutta l’Europa può vivere bene; che le monete nazionali dovessero seguire la logica della gestione monetaria tedesca»4. G. SAPELLI, L’inverno di Monti, Pisa, goWare, e-Book, 2012, posizione 67. P. SAVONA, J’accuse. Il dramma italiano di un’ennesima occasione perduta, Soveria Mannelli (CZ), Rubbettino, 2015, pp. 8-9. 3 4 9 Il raggiungimento dell’egemonia tedesca sull’Europa era un obiettivo antico e si è realizzato grazie alla lungimirante politica europeista tedesca che declinava in chiave germanica l’idea di unificazione d’Europa e sterilizzava allo stesso tempo le politiche economico-fiscali degli altri paesi comunitari con il loro consenso. Contemporaneamente gli eventi in Unione Sovietica permisero a Bonn di raggiungere l’unità nazionale tedesca tra il 1989-1990 dopo la divisione del paese seguita alla fine della guerra. Superata l’opzione militare, l’arma economica si è rivelata la soluzione migliore per l’imposizione del modello tedesco sul resto d’Europa. In questo lavoro, vedremo le dinamiche dell’Europa e d’Italia a partire dallo SME nel 1978-1979 fino all’introduzione dell’euro, passando per il trattato di Maastricht, ma soprattutto la distruzione della struttura economica-industriale dell’Italia ad opera di una serie di esponenti politico-economici e poi dei vari governi senza identità politica ad eccezione della fedele sudditanza alle regole europee, sebbene fossero, e sono, palesemente in antitesi alle soluzioni da attuare per il benessere del paese. L’intera dimensione politica dell’Italia nel contesto europeo e mediterraneo è stata deliberatamente distrutta sull’altare di idee europeiste del tutto dedite al superamento dello Stato-nazione e sulle quali – al di là dei parallelismi con le medesime intenzioni di riorganizzazione europea in auge fra le due guerre e provenienti da diverse matrici politiche (sia liberali, sia nazifasciste) –, attualmente 10 non esiste una seria e fattiva unanimità in grado di rappresentare gli interessi comuni e senza interessate distinzioni. Purtroppo esistono deliberate e palesi distorsioni economico-politiche e sociali funzionali alla supremazia tedesca che hanno generato stati di rango superiore e inferiore5. 5 T. FAZI – W. MITCHELL, Sovranità o barbarie. Il ritorno della questione nazionale, Milano, Meltemi, 2018, pp. 273 sgg.; G. SAPELLI, Un nuovo mondo. La rivoluzione di Trump e i suoi effetti globali, Milano, Guerini e Associati, 2017, pp. 136 sgg. 11 12 Chi ha rifiutato la sua terra natale, ha rifiutato anche il proprio Dio Fëdor Dostoevskij Lasciateli! Sono ciechi e guida di ciechi. E quando un cieco guida un altro cieco, tutti e due cadranno in un fosso! Matteo 15,14 La crisi dello stato nazione è un’illusione. Più avanza il processo di globalizzazione e poteri finanziari e tecnologici vengono sottratti agli stati nazionali e consegnati a istituzioni tecnocratiche, più vediamo scorrere sotto i nostri occhi due processi. Da un lato certamente lo stato nazionale abbandona gradi sempre crescenti di sovranità sino a giungere a perdere quella che è decisiva, ossia la sovranità monetaria, ma nel contempo gli stati riacquistano via via crescenti sovranità immateriali di legittimazione e di prospettive di senso antropologico senza cui non può svolgersi la vita civilmente intesa. Giulio Sapelli 13 14 I DALLO SME ALL’EURO 1979-1999 1. Considerazioni politiche sullo SME 1979-1992 Scopo del Sistema monetario europeo è di promuovere una maggiore stabilità monetaria nella Comunità. Esso dev’essere considerato come un elemento fondamentale di una vasta strategia avente per scopo una costante crescita nella stabilità, un progressivo ritorno al pieno impiego, il ravvicinamento dei livelli di vita e la riduzione delle disparità regionali nella Comunità. Il Sistema monetario agevolerà la convergenza dello sviluppo economico e darà nuovo impulso al processo dell’unione europea. Il Consiglio si attende che il Sistema monetario europeo eserciti un effetto stabilizzatore sulle relazioni economiche e monetarie internazionali. Di conseguenza, ciò sarà certamente nell’interesse sia dei paesi industrializzati sia dei paesi in via di sviluppo6. R.S. Masera Lo SME rappresentò un momento cruciale per le future politiche monetarie degli stati membri. Secondo i fondatori esso avrebbe dovuto consentire di creare uno spazio europeo di stabilità monetaria da contrapporre alla debolezza del dollaro statunitense. Accanto a questo obiettivo, e basandosi su alcuni fattori quali la stabilità dei cambi, la creazione dell’ECU (moneta scritturale) e di un Fondo 6 R.S. MASERA, L’unificazione monetaria e lo SME. L’esperienza dei primi otto anni, Bologna, Il Mulino, 1987, pp. 269-270 (grassetto nostro). Il Consiglio europeo di Bruxelles del (4-5 dicembre 1978) decise di introdurre lo SME a partire dal 1° gennaio 1979. Per una trattazione esaustiva sullo SME si veda G. MASCIA, Il ratto dell’Europa cit., capitolo II, pp. 98-124. 15