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2020, L'Unione Europea e l'Italia. La distruzione dello Stato-nazione. Dallo SME all'Euro 1979-2019
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Analisi delle relazioni fra l'UE e l'Italia, le dinamiche delle regole europee nel contesto socio-economico italiano. Origine del debito pubblico italiano e disamina della cessione di sovranità monetaria e politica dello Stato-nazione verso il sovrastato europeo. Problematiche costituzionali fra l'ordinamento nazionale italiano e quello della UE.
Roma, IAI, novembre 2020, 9 p., 2020
How much do Italians trust the European Union? How do they judge its policies? Have they changed their opinions compared to six months ago? These are some of the questions this opinion survey on the perceptions of the Italian population regarding the relations with the European Union (EU) tries to answer. The survey was carried out by the Istituto Affari Internazionali (IAI) and the Political and Social Analysis Laboratory of the University of Siena in the context of the strategic partnership with the Compagnia di San Paolo Foundation. The opinion survey – conducted between the end of October and the beginning of November 2020 on a representative sample of the Italian resident population – focuses on what Italians think about the role of the EU in managing the pandemic and in particular on the European aid to Italy. What are the prevailing opinions on the role of the government in defending its national interests within the EU? How many would vote today for an exit from the Union in case of a referendum? What do Italians think of the European Stability Mechanism (ESM)? What should the priorities in the management of the funds of the Recovery Fund be? And what are the prevailing opinions in the electorates of the various parties on all these issues?
economiaepolitica.it ISSN 2281-5260, 2020
Salvatore Perri-31/03/2020 [ social and political notes ] La pandemia causata dal Covid-19, oltre alle perdite umane, provocherà un tracollo economico difficilmente quantificabile in valore ed in durata. Il declino produttivo, il pesante debito pubblico, le disuguaglianze economiche, rendono l'Italia sempre più dipendente dalle scelte che saranno compiute in sede europea. Gli interventi per salvare l'Italia, e l'Europa, dovranno avere necessariamente due caratteristiche: dovranno mobilitare risorse a lungo termine per gli investimenti e dovranno essere sostenibili politicamente anche per i paesi del nord Europa alle prese con pulsioni sovraniste. Non può essere più rinviata la questione di una figura Europea politicamente forte, con poteri e budget, in grado di concordare con la BCE interventi in una prospettiva decennale di reale integrazione sistemica. Il Coronavirus e l'Economia Italiana L'Italia affronta la crisi del coronavirus da una posizione di estrema debolezza. Il sistema produttivo non aveva ancora recuperato dagli effetti negativi della crisi finanziaria globale del 2007, il debito pubblico ha continuato la sua corsa, la produttività è stagnante e non ci sono segnali di convergenza interna dal punto di vista territoriale, e inoltre, si stanno consolidando differenze stratificate anche all'interno del mondo del lavoro con la crescita dei c.d. working poors[1] (Dell'Arringa, 2019). La contrazione economica ed il blocco della produzione di molte merci potrebbe accentuare anche dinamiche negative ben note, dalle delocalizzazioni industriali alle esterovestizioni societarie[2], perché è inevitabile che le aziende tentino di ridurre le perdite con ogni mezzo consentito. In questo contesto le questioni relative al debito pubblico, ed al suo collegamento con il settore bancario privato, rendono la "questione italiana" esplosiva per l'intera Unione. Gli strumenti possibili e la loro efficacia Allo stato attuale, data la gravità della situazione e la prospettiva che l'epidemia del Covid-19 possa cogliere tutti i paesi europei, sono state prese decisioni importanti. Se si esclude l'infelice uscita iniziale della Lagarde[3], la BCE ha messo in campo strumenti e risorse impronosticabili fino a due mesi fa. Il nuovo programma PEPP (Pandemic Emergency Purchase Program), prosecuzione del Quantitative Easing, utilizzerà 750 Mld e durerà almeno fino fine dell'anno. In questa fase la BCE utilizzerà questo strumento con maggiore flessibilità: non dovrà rispettare il limite del 33% per i titoli di stato, potrà acquistare titoli della Grecia, e soprattutto, acquisterà anche titoli a breve termine, cosa che ha di fatto congelato la fiammata dello spread italiano dimezzandolo in un solo giorno. Inoltre sono stati rinnovati i programmi di rifinanziamento a lungo termine nei confronti delle banche private (TLTRO) che dovrebbero garantire liquidità sufficiente agli istituti di credito per il rilancio dell'attività economica post-pandemia. Sul piano politico la situazione invece è in stallo, all'interno del Consiglio si ripropone l'ormai storica spaccatura fra paesi "rigoristi" e quelli maggiormente vulnerabili economicamente. L'applicazione dei vincoli contenuti nel Patto di Stabilità e Crescita è stata sospesa, mentre sul tavolo, finora senza accordo, c'è la proposta di un'emissione di debito comune, il "CoronaBond", da utilizzare per reperire risorse a basso costo sui mercati finanziari nella fase emergenziale. Queste risposte, ammesso che vengano implementate tutte ed insieme, sono sufficienti nel perseguire gli obiettivi di rilancio post crisi in una prospettiva di lungo periodo? La risposta non sembra essere positiva. L'Italia e l'Unione Europea alla prova del Coronavirus Economia e Politica è una pubblicazione online registrata con @2020 -Responsabile scientifico: prof. Riccardo Realfonzo Pag. 1
2020
(ITA) Questo lavoro è il risultato del mio studio per la mia tesi magistrale all'Università di Bologna (2020). Il lavoro si propone di esplorare la nascita e lo sviluppo delle politiche d'asilo europee e italiane, cercando di rispondere alla domanda "Perché le politiche d'asilo europee hanno fallito?". Il lavoro è strutturato in cinque capitoli. Il primo capitolo ripercorre rapidamente la storia delle migrazioni e il quadro storico e politico che ha portato alle primavere arabe. Il secondo analizza la nascita e lo sviluppo a livello internazionale della normativa a tutela dei rifugiati e dei richiedenti asilo. Nel terzo capitolo si procede allo studio dell'evoluzione delle politiche europee in materia di asilo, delle istituzioni che entrano in gioco e del loro contributo e influenza allo sviluppo, oltre che della legislazione di settore. Nel quarto capitolo vengono prese in considerazione le politiche italiane in materia di asilo, la legislazione inerente e il sistema nazionale di accoglienza. Il quinto capitolo, articolato in tre sezioni, analizza dapprima l'attuale situazione delle politiche europee e nazionali in materia di asilo (rimpatri ed esternalizzazioni), passa poi allo studio delle proposte per il Regolamento Dublino IV e infine alle possibili proposte per superare la fase di stallo, a breve e lungo termine. Questo lavoro è stato pubblicato su Tesionline ed è reperibile al seguente link https://www.tesionline.it/default/tesi.asp?idt=54821&forceCom=y. (ENG)This work is the result of my study for my master's thesis at the University of Bologna (2020). The work aims to explore the birth and development of European and Italian asylum policies, trying to answer the question "Why have European asylum policies failed?". The work is structured in five chapters. The first chapter runs quickly through the history of migration and the historical and political framework that led to the Arab springs. The second analyzes the birth and development at international level of the legislation protecting refugees and asylum seekers. In the third chapter we proceed to the study of the development of European asylum policies, the institutions that come into play and their contribution and influence in development, in addition to the legislation in the sector. In the fourth chapter, Italian asylum policies, inherent legislation and the national reception system are taken into consideration. The fifth chapter, divided into three sections, first analyzes the current situation of European and national asylum policies (repatriation and outsourcing), then moves on to the study of the proposals for the Dublin IV Regulation and finally to the possible proposals to overcome the phase of stall, in the short and long term.
2017
The article is a part of a study on the procedures of terminological neology formation of institutional terms in Italian, created (and translated) as equivalent terms in the source language, the "Euro-English", a linguistic variety which developed by convention within the working groups, made up of non-native English speakers from the eu member States. Introduzione Come denominare la varietà di lingua nazionale italiana usata per la redazione dei documenti istituzionali legali e informativi dell'Unione Europea: euroletto, eurocratese, eurogergo? Se come ha affermato Umberto Eco «la lingua dell'Unione Europea è una lingua di traduzione» 1 in che modo si forma questa varietà di lingua nazionale e quali sono i suoi tratti caratteristici? Quali forme d'interferenza subisce la lingua delle versioni italiane dei testi istituzionali dell'Unione Europea? Per rispondere a queste domande presento alcune riflessioni elaborate osservando i tratti testuali e lessicali di documenti istituzionali dell'ue in lingua italiana che impattano sull'ordinamento e sulle amministrazioni italiane, centrali e locali, che li recepiscono. I testi sono stati individuati in funzione del loro dominio terminologico e dei loro differenti contesti comunicativi e includono procedure decisionali, testi legislativi, amministrativi, testi dei flussi informativi e comunicativi. In virtù delle indagini esplorative condotte, ritengo che i testi analizzati siano espressione di una varietà di lingua che può essere rappresentata in uno spazio sociolinguistico, articolato in un continuum multidimensionale, al cui interno è possibile tracciare differenti usi funzionali della varietà linguistica. A tal fine ho elaborato un modello di rappresentazione degli usi della lingua delle istituzioni 2 in cui sono collocate le forme di comunicazione specialistica e divulgativa agite dalle istituzioni per scopi legali, amministrativi, informativi, comunicativi e pubblicitari. I testi individuati per l'analisi sono stati repertoriati in un corpus, denominato "ItaIst cpi", costruito seguendo il modello di rappresentazione degli usi della lingua istituzionale a cui si collega un modello di classificazione dei tipi di testo istituzionali 3 , che ho elaborato
Appunti per studiare Diritto dell'Unione Europea UNIPV (Prof. Giulia Rossolillo) a.a.2020/21
Nel testo viene analizzato il rapporto tra l'Unione Europea (e più in generale il processo di integrazione europea) e lo sviluppo degli enti e delle rappresentanze politiche a livello regionale e locale. L'esposizione è divisa in tre parti tematiche: 1) Nella prima, secondo una prospettiva di sviluppo storico, si analizza, partendo dal pensiero di alcuni eminenti ideologi, lo sviluppo del ruolo degli enti intermedi e locali all'interno del processo di integrazione europeo da metà circa del '900 ai giorni nostri analizzando in particolare quali sono gli strumenti organizzativi ed economici che l'UE mette attualmente in campo per coinvolgere i livelli più bassi di amministrazione. 2) Nella seconda si analizza, invece, l'evoluzione del ruolo regionale e locale all'interno di alcuni dei principali paesi dell'UE, cercando di mettere in evidenza alcune linee di intervento comuni ed il ruolo avuto dalle istituzioni europee (già accennato nella prima parte) nel promuovere tali riforme, anche in maniera diretta come nei paesi dell'Europa dell'Est 3) La terza ed ultima parte è dedicata alla nascita e sviluppo dei principali partiti regionalisti ed etnoregionalisti europei ed il loro rapporto con l'idea di integrazione europea e di come le loro posizioni siano spesso state influenzate e siano cambiate rispetto al processo di integrazione a causa dello stesso. Una parte del capitolo sarà inoltre dedicata ai raggruppamenti politici europei in seno al Parlamento Europeo e di come alcune leggi nazionali per l'elezione del PE abbiano favorito l'affermarsi di partiti politici regionalisti, sfavorendoli invece in altri casi come in Europa dell'Est (pur con l'eccezione rilevante dei partiti etnici ungheresi). Lo scopo è quello di fornire una panoramica sui rapporti che ci sono tra Unione Europea, organizzazioni statali e partiti regionalisti verificando se e quali tipi di rapporti sono presenti, valutando se all'interno dell'Unione Europea le regioni e gli enti locali stiano assumendo un ruolo più ampio e se e come l'Unione Europea stia favorendo un processo di regionalizzazione, sviluppo e potenziamento degli enti locali.
2014
L'Italia registra, nel 2011, 8.092 Comuni, di questi, in base agli ultimi dati ISTAT dell'anno 2011, circa 500 superano i 15.000 abitanti, circa centocinquanta superano i 50.000 abitanti, tra cui 80 capoluoghi di provincia (37 capoluoghi hanno invece popolazione inferiore ai 50.000 abitanti). Le principali differenze rispetto alla numerosità della popolazione riguardano il Piemonte composto da 1.206 Comuni (media: un Comune ogni 3.700 abitanti), la Toscana con 287 comunità (media: 13.065 abitanti), e il Molise da 136 (media: 2.351 abitanti). Nel 1861, anno dell'unità d'Italia, i comuni erano 7.720, in corrispondenza del censimento del 1921 è stato registrato il maggior numero di comuni circa 9.195, mentre al censimento successivo del 1931 si registrarono 7.311 comuni, valore minimo mai raggiunto grazie ai già descritti accorpamenti imposti dal governo fascista. L’associazionismo ha avuto uno sviluppo, sotto forma di Unioni di Comuni, che in pochi anni ha portato le unioni da un numero veramente esiguo, 67 nel 2000, a ben 352 unità nel 2011, registrando in un decennio un aumento del 425%, interessando 1.752 Comuni e coinvolgendo una popolazione di circa 6,5 milioni di abitanti, a fronte dei quasi 5 milioni del 2000. Non certo un successo esplosivo ma comunque un dato rilevante, considerando anche che più dell’80% dei Comuni interessati ha una popolazione inferiore ai 5000 abitanti. Tale incremento è stato possibile in seguito alla rimozione di una serie di vincoli legislativi che, originariamente pensati per favorire la fusione tra comuni di piccole dimensioni, ne riducevano, di fatto, l’autonomia locale. L’Unione indicata dal Tuel, nell’intenzione del legislatore, non si limita ad essere una risposta alle problematiche dei piccoli comuni, ma cerca di andare oltre il mero confine territoriale considerando l’importanza di partecipare alla programmazione territoriale regionale (forse cercando di riprendere il successo del modello tedesco). Essa ha personalità giuridica come pure la qualifica di ente locale (art.2 e 32 del Tuel) mentre la Costituzione nel nuovo titolo V tace al riguardo. L’Unione, sulla carta, sembra la miglior soluzione per superare lo scoglio della geografia e delle resistenze campanilistiche, storiche e sociali. Il legislatore inoltre conferisce alle Regioni il compito di svolgere la funzione amalgamante (quello che in Francia hanno fatto i Prefetti ed in Germania i Land). Il legislatore nell’elaborare le caratteristiche organizzative delle Unioni ha descritto regole sintetiche e minime, le cui attuazioni possono essere molto diverse fra di loro proprio perché venissero costruite in funzione delle singole esigenze territoriali ed istituzionali. Tra gli elementi determinati ci sono la presenza di un presidente eletto tra i Sindaci dei Comuni dell’Unione e un consiglio nominato sempre tra i consiglieri dei singoli comuni con la garanzia della rappresentanza delle minoranze. Alle Unioni competono gli introiti derivanti dalle tasse, dalle tariffe e dai contributi sui servizi ad esse affidati, semplificando cosi le procedure di accertamento e riscossione ed evitando inutili passaggi attraverso i comuni impositori, questo almeno nelle ottimistiche previsioni del legislatore. Alle regioni è lasciato il compito di prevedere gli ambiti territoriali ottimali di gestione delle funzioni associate e questa ê una delle prima previsioni che ha “legato le mani” a quei comuni che non essendo preparati al tema non hanno espresso da subito le proprie osservazioni in materia. D’altro canto doveva essere previsto dallo stesso legislatore che i Comuni delle zone disagiate sarebbero stati quelli che avrebbero dimostrato una maggior reticenza nell’avvicinarsi al tema delle Unioni non solo perché storicamente gelosi della loro municipalità e indipendenza ma anche perché questa era la condizione naturale in cui erano costretti dalla geografia e la “chiusura” ad ogni forma di collaborazione non era tanto per cattiva volontà quanto per cultura indotta aiutati che dio ti aiuta, non aspettarti nulla da chi, benché sia tuo vicino e vive anche a pochi Km non può raggiungerti perché, ad esempio, la neve ha bloccato la strada. La decisione sull’ambito territoriale vincola tutto il processo e come vedremo in seguito può presentare ostacoli al successo dell’Unione stessa.
Collection Building, 2013
JCOM, journal of science communication, 2024
Annals of Behavioral Medicine, 2006
Revista de Investigaciones del Departamento de Ciencias Económicas
Molecular carcinogenesis, 2015
Advances in Computational Mathematics, 2011
Chemistry - An Asian Journal, 2012
Ciência e Tecnologia de Alimentos, 2008
Journal of Hymenoptera Research
Revista Doctorado UMH
Clinical Infectious Diseases, 2002
Frontiers in Genetics, 2020