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La morte viene per l'arcivescovo di Willa Cather

2020, Archivio Teologico Torinese

2020 • Anno XXVI • Numero 1 a cura della FACOLTÀ TEOLOGICA DELL’ITALIA SETTENTRIONALE SEZIONE DI TORINO EDIZIONI DEHONIANE BOLOGNA ARCHIVIO TEOLOGICO TORINESE A cura della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Sezione di Torino Anno XXVI – 2020, n. 1 ISSN 1591-2957 ISBN 978-88-10-21311-7 Proprietà: Fondazione Polo Teologico Torinese Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale – Sezione di Torino Via XX Settembre, 83 – 10122 Torino tel. 011 4360249 – fax 011 4319338 [email protected] e-mail Segreteria: [email protected] Direttore responsabile: Mauro Grosso Registrazione n. 1 presso il Tribunale di Torino del 27 gennaio 2015 Redazione: AndreA PAcini (Direttore), GiAn LucA cArreGA e Antonio SAcco (Segretari), oreSte Aime, dino BArBeriS, roBerto cAreLLi, umBerto cASALe, Ferruccio cerAGioLi, cArLA corBeLLA, Pier dAvide Guenzi, LucA mArGAriA, PAoLo mirABeLLA, ALBerto PioLA, roBerto rePoLe Editore: Centro editoriale dehoniano Via Scipione Dal Ferro, 4 – 40138 Bologna www.dehoniane.it Amministrazione e ufficio abbonamenti: Centro editoriale dehoniano Via Scipione Dal Ferro, 4 – 40138 Bologna tel. 051 3941255 – fax 051 3941299 [email protected] Abbonamento 2020 Italia € 44,00 – Italia enti € 55,00 – Europa € 64,00 – Resto del mondo € 74,00 Una copia: € 27,00 Versamento sul c.c.p. 264408 intestato a Centro editoriale dehoniano Stampa: Italiatipolitografia, Ferrara 2020 Sommario Sul rapporto tra teologia e conoscenza. Esiste una possibilità di comunicazione tra saperi radicalmente differenti e autofondantisi? Giuseppe Ruggieri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . p. 5 La formazione di una coscienza differenziata per una integrazione dei saperi. La proposta di Bernard Lonergan Valter Danna . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 21 Perspicacia della fede, intelligenza dell'amore. Rileggere oggi Rousselot Emanuele Bordello . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 37 Sul simbolo. Ripresa di una discussione e tentativo di una definizione Oreste Aime. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 57 Il «silenzio» di Heidegger. Una «spiritualità» per l’essere Piermario Ferrari . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 79 Paul Ricoeur. Dal Cogito integrale al riconoscimento. Parabola di un pensiero che dà da pensare Luca Margaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 105 Il progetto etico di Pietro Abelardo. Un contributo alla riflessione teologico-morale contemporanea Gaia De Vecchi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 135 «Imparare in profondità dall’esperienza buddhista o induista». L’itinerario di Thomas Merton in dialogo con le spiritualità orientali Matteo Nicolini-Zani . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 155 3 Sommario Radici cattoliche, tronco laico e molti rami. L’albero della religiosità dei giovani francesi Dino Barberis . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 179 Professare la fede in famiglia. In principio la coppia, al suo principio la Trinità Paolo Mirabella . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 197 » 209 r. WiLLiAmS, Essere umani. Corpo, mente, persona (O. Aime) . . . . . . . . . . » 219 A.N. terrin, Il pasto sacrificale. La violenza nelle religioni (O. Aime). . . » 222 F. JuLLien, Risorse del cristianesimo, ma senza passare per la via della fede (O. Aime) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 225 P. triAnni, Teologia spirituale (L. Casto) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 230 M. vAnnini, Mistica, psicologia, teologia (L. Casto) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . » 234 W. cAther, La morte viene per l’arcivescovo (M. Nisii) . . . . . . . . . . . . . . . » 240 » 247 » 248 » 249 NOTA BIOGRAFICO-PROFESSIONALE Mons. Franco Peradotto: prete e giornalista nel post-concilio a Torino (Marco Bonatti). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . RECENSIONI SCHEDE B. SeSBoüé, Introduzione alla teologia. Storia e intelligenza del dogma (A. Piola). . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . M. BorGheSi, Ateismo e modernità. Il dibattito nel pensiero cattolico italo-francese (U. Casale) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . CENTRI DI RICERCA L’Istituto Papa Benedetto XVI a Regensburg (G. Ghiberti). . . . . . . . . . 4 Recensioni W C, La morte viene per l’arcivescovo, Neri Pozza, Vicenza 2008 (prima ed. 1927), pp. 272. La sera in cui da Roma si decidono le sorti del New Mexico, da poco annesso al territorio statunitense, «la luce era fervida di azione, e trasmetteva un senso di compimento» (p. 7). Dopo l’evangelizzazione avvenuta quattro secoli prima, la vita della diocesi non è più stata tutelata dalla gerarchia ecclesiale romana e al presente ciò che resta di quella fondazione cattolica è nelle mani di pochi preti di scarsa ortodossia. La ricerca di un nuovo vicario è volta a rinsaldare quel legame allentato, sebbene per un tale compito occorra un uomo dotato di molte qualità. La scelta ricade sul gesuita francese Jean Marie Latour, proposto da un vescovo missionario e quindi avallato dal cardinale francese a cui questi si rivolge, il quale però conosce quelle terre solo dalle letture di Fenimore Cooper. L’anno in cui il nuovo vescovo si avvia a cavallo per raggiungere le terre a cui è stato destinato è il 1851, lo stesso anno in cui muore il popolare romanziere che ha assolto alla funzione di cronista di un popolo in estinzione. Il romanzo si apre con questo prologo extra-territoriale rispetto alla vicenda principale: un accesso laterale ma utile a delinearne i primi tratti essenziali. L’uso del narratore onnisciente, la separazione in capitoli, il finale che dà compimento alla storia e la scrittura accurata ne fanno un classico anzitutto nello stile, sebbene tutti gli scritti dell’autrice siano stimati tali e facciano ormai parte della grande letteratura americana, purtroppo non sufficientemente conosciuta nel nostro Paese. La terra a cui è destinato il vescovo gesuita è selvaggia e desertica: «Non ci sono strade da percorrere con i carri, né canali o fiumi navigabili. Il commercio è portato avanti per mezzo di muli da soma, su sentieri insidiosi. Il deserto laggiù è di un orrore particolare» (p. 10). Quando appare per la prima volta sulla scena, il protagonista si trova quindi immerso in un territorio ostile e carente di riferimenti riconoscibili che possano facilitare l’orientamento. Ma nonostante la calura e il senso di smarrimento, l’uomo è attratto da quello spettacolo naturale e si inginocchia ai piedi di un tronco nudo e contorto, diviso nella parte superiore in due rami orizzontali, che ai suoi occhi appare fedele immagine della croce. Seppure perso in un paesaggio monotono di dune, questo giovane missionario sembra davvero possedere un’intelligenza e sensibilità fuori dal comune – «I suoi modi, persino quando era solo nel deserto, erano raffinati» (p. 20) –, non meno di un grande fervore religioso che gli fa sopportare il malessere per la sete, la febbre e le vertigini, meditando sull’agonia di Cristo (p. 21). Allo stremo delle forze e dopo aver percorso miglia su miglia di deserto, la sua giumenta avverte la vicinanza di un corso d’acqua, che una volta raggiunto, altrettanto inaspettatamente, rivela l’apparizione di una giovane messicana che lo saluta come «la risposta alle preghiere del padre». L’accoglienza del vicino villaggio è semplice e calorosa e offre ogni conforto al giovane vicario che si stava già riconoscendo nell’Elia abbandonato nel deserto ai tormenti della 240 Recensioni sete (p. 30). È il primo approccio alla vita delle comunità messicane sparse sul territorio, tra le quali padre Latour trascorrerà il resto della propria esistenza. Quello che trova è sovente una sorta di avamposto cattolico a difesa della fede, che gli abitanti sentono messa in pericolo dall’annessione all’America protestante: «Nelle loro menti non c’era posto per due idee: esisteva una sola Chiesa e il resto del mondo era infedele. Ma una cosa la capirono, e cioè che nelle bisacce portava i paramenti sacri, la pietra d’altare e tutto il necessario per celebrare messa, e che il mattino seguente, dopo la messa, avrebbe confessato, battezzato e consacrato matrimoni» (pp. 28-29). La fede popolare dei messicani è molto devota e in tutte le case, per quanto povere, è presente la statua di qualche santo. Altrove, specie nelle popolazioni più isolate, la fede rasenta il fanatismo, particolarmente evidente nelle celebrazioni della Settimana santa. Il vescovo si chiede se e come porre fine a tali eccessi, ma alcune tradizioni sono troppo amate dagli anziani per poter essere estirpate. E si convince che il tempo e il contatto con la modernità porteranno a morte naturale quanto al momento sembra irrinunciabile. Altrettanto suscettibile di derive devozionali appare la fede di padre Joseph Vaillant – l’amico d’infanzia che ha accompagnato Latour nel nuovo incarico –, per cui «i miracoli dovevano essere sempre molto diretti e spettacolari, non secondo natura, bensì contrari ad essa. Magari avrebbe anche saputo dire di che colore era il manto che Nostra Signora indossava quando aveva preso la giumenta per le briglie laggiù tra i ginepri» (p. 30). Il mondo ritratto non conosce secolarizzazione, ma al contrario è ancora impregnato dell’incanto del soprannaturale, tanto concreto quanto quella vita povera e semplice, in cui l’emergere dell’acqua è sempre un miracolo e il fumo dei focolari «sale al Cielo come incenso» (p. 32). La sensibilità intellettuale di padre Latour tenta una delicata mediazione, senza opporvi una vera resistenza e talvolta persino vinto da quella fede popolare che conserva memoria di racconti edificanti dietro ogni vicenda della storia. È così, ad esempio, per il santuario di Nostra Signora di Guadalupe, che in qualche modo rappresenta l’apparizione mariana dedicata ed esclusiva del Nuovo Mondo e dunque quasi il riconoscimento celeste della Chiesa cristiana lì impiantata. «A me sembra che i miracoli della Chiesa non stiano tanto nei visi e nelle voci o nel potere curativo che ci arriva all’improvviso dall’alto, quanto piuttosto nelle nostre percezioni affinate, cosicché per un istante i nostri occhi possono vedere e le nostre orecchie sentire ciò che è sempre intorno a noi» (p. 47), commenta infine il vescovo, persuaso dell’amorevole attenzione che quelle storie rivelano. Il deserto del New Mexico fa da sfondo ai viaggi missionari del vescovo Latour e del vicario Vaillant, complicando ma mai impedendo la loro temerarietà evangelica. Apprendere ad attraversare il paesaggio diventa parte del percorso di ambientazione al colore locale. Quando incontra l’esploratore Kit Carson, il vescovo si lascia conquistare da quest’uomo che non sa leggere, ma che nel deserto sa muoversi con grande abilità, 241 Recensioni seguendo una mappa scritta nella propria mente. Con Carson il vescovo stringe un’amicizia destinata a durare tutta la vita. È occasione del loro incontro la presenza della straziata Magdalena, la giovane messicana sposata a un americano brutale e violento che, dopo aver ucciso alcuni viaggiatori fermatisi presso la loro casa per chiedere ospitalità e i tre figli che la moglie aveva concepito, attenta alla vita dei due missionari, salvi solo per l’improvvisa audacia della donna. Sottratta a quell’ambiente degradato, la giovane rifiorisce prestando da quel momento servizio amorevole alla Chiesa e al vescovo. Come già Magdalena non è un nome casualmente scelto, dato che la donna sembra come «indemoniata» al suo primo apparire, terrorizzata e istupidita dalla vita accanto a un bruto, anche Kit, che sta per Christòbal, versione spagnola di Cristoforo, dice della sincera conversione dell’uomo avvenuta in California durante un periodo di malattia, dove è stato curato dai padri di una missione. Parte integrante del colore locale è anche il clero lassista che si è installato indisturbato nelle parrocchie, approfittando della lontananza e del disinteresse di Roma. Il concubinaggio, l’amore per il gioco d’azzardo, i divertimenti dissoluti e l’avidità sono solo alcuni dei vizi sviluppati, senza considerare l’eterodossia di cui poco si curano. Non per questo sono meno amati dalla gente, fedele alla Chiesa di Cristo quasi naturalmente e a dispetto dei cattivi pastori. Il giovane vescovo sa che è suo compito e dovere intervenire, ma sente anche di non poter semplicemente demolire l’esistente e avvia un lento ma inesorabile percorso di rinnovamento. Nonostante la giovane età, riscuote l’ammirazione di tutti per l’atteggiamento riguardoso che dimostra con chiunque trovi, dai preti della sua diocesi ai capi indiani, alla povera gente. La fede cristiana anche molto devota convive con riti e usi di una cultura precedente, antichissima ma sempre vitale. Nel New Mexico settentrionale ai pappagalli sono tributati onori divini e la loro morte suscita disperazione, a Pecos si sospetta la persistenza del culto del serpente a cui si sacrificherebbero persino neonati, mentre gli indiani di Àcoma sono devoti a un ritratto di san Giuseppe, al quale attribuiscono molti miracoli pur avendo nella chiesa vari dipinti di divinità naturali attorno all’altare. Latour fa esperienza involontaria e indiretta di un qualche rito ancestrale indiano, quando trova ospitalità in una caverna durante una bufera di neve: lì nota lo sconcertante comportamento della sua guida, ma non osa chiederne la ragione per il riserbo osservato nell’indiano. L’odore nauseabondo e la sensazione di malessere provata resteranno un mistero, al pari delle arcaiche cerimonie religiose di quel popolo, che l’uomo rispetta senza comprenderle: «Padre Latour osservò che la venerazione per le antiche tradizioni era una qualità che apprezzava negli indiani, e che aveva un ruolo fondamentale anche nella sua religione» (p. 123). Tra i molti ritratti riservati ai personaggi che affollano il romanzo, uno dei più accurati è indubbiamente quello dedicato a padre Vaillant, amico prezioso del vescovo 242 Recensioni Latour, ma molto diverso da lui per sensibilità religiosa e pastorale. Appassionatamente devoto alla Madonna e ostinatamente convinto della bontà del proprio lavoro, è spesso insistente nelle sue richieste ai fedeli messicani, poveri ma sempre generosissimi. Il vescovo non ne approva i modi, ma pure è disposto ad accettarli, persuaso dall’ardore dell’altro. «Più lavoro con i messicani e più sono convinto che era gente come loro che aveva in mente il Nostro Salvatore quando disse “Se non diventerete come bambini […]”. Mi fermo per qualche ora in un villaggio, impartisco i sacramenti e ascolto confessioni, lascio in ogni casa qualche piccolo segno, un rosario o un’immagine religiosa, e me ne vado con la sensazione di aver accordato una felicità incommensurabile e di aver restituito anime fedeli che per noncuranza erano state allontanate da Dio» (pp. 182-183) risponde Vaillant con il suo solito fervore, declinando l’offerta di Latour di restare con lui nel vescovado quando l’altro è invitato a recarsi in Colorado. Uomo contraddittorio, secondo l’amico, padre Joseph ama il mangiare e il bere, ma è insieme ferventissimo nei digiuni ecclesiali e facile ad adattarsi alle condizioni anche meno propizie della vita da missionario. Profondamente diverso dall’amico, la fine sensibilità e il gusto per il bello di padre Latour fanno pendant con i suoi modi raffinati e rispettosi, apprezzati e stimati anche dagli uomini delle terre di missione. Quando però si tratta di progettare un’opera grandiosa come la cattedrale in stile romanico, per cui assolda un architetto francese dopo aver trovato la roccia del colore appropriato, l’amico non gli risparmia il proprio disappunto: una cosa tanto prestigiosa in un luogo così povero gli pare una scelta fuori misura. «Ma la cattedrale non è per noi» (p. 214), è tutta la difesa del vescovo, non disposto a edificare qualcosa di meno che bello, pur ammettendo la propria vanità: «Preferisco aver trovato quest’altura di roccia gialla che aver ricevuto una fortuna da devolvere in carità» (p. 215). Vaillant non può capire tanta attenzione per un edificio, eppure è lui stesso un uomo che, se normalmente indossa abiti logori, si fa confezionare preziosi paramenti liturgici dall’abbazia francese in cui vive la sorella monaca. La figura soprattutto luminosa del protagonista è presentata in un momento di oscurità spirituale, che tuttavia non sottrae convinzione alla sua vita di pastore. In questo frangente ombroso è soccorso dalla profonda devozione di una vecchia serva, obbligata a celare la propria fede ai padroni protestanti e ostili al mondo cattolico, di cui una notte riesce a eludere la sorveglianza per cercare conforto in chiesa. Recatosi anche lui nello stesso luogo e subito riconosciutola, prega ardentemente con lei tutta la notte, uscendone rinfrancato e pacificato. Quella donna anziana e maltrattata è stata capace di insegnargli il significato della misericordia femminile di Maria: «Gli sembrò di sentire quanto fosse importante per lei sapere che nei Cieli esisteva una Donna Amorevole, sebbene ce ne fossero di così crudeli sulla terra. I vecchi, che hanno subito colpi e fatiche e hanno conosciuto la dura mano del mondo, necessitano, ancor più dei bambini, della tenerezza 243 Recensioni di una donna. Solo una Donna di natura divina può sapere quanto un’altra donna riesca a sopportare» (p. 192). Nell’ultimo capitolo si ripercorrono in pochi passaggi eventi di molti anni, offrendo anche una sintesi dei fatti storici intercorsi in quell’incredibile salto temporale. L’incarico di padre Vaillant in Colorado gli aveva fatto guadagnare a sua volta la sede vescovile, mentre Latour, arrivato a Santa Fé a cavallo, ci ha vissuto tanto da vedere l’arrivo della locomotiva; questo simbolo di modernità segna inoltre il lento arretrare di leggende e tradizioni passate, che erano sopravvissute fino a lui. Con le ultime forze, Latour trasmette quindi ai giovani preti la memoria di un passato che, dopo di lui, rischierebbe di smarrirsi per sempre – quasi apologia e giustificazione della scrittura del romanzo. E non casualmente si cita san Paolo, che a sua volta dettava le proprie lettere – un implicito riferimento alle Scritture lega in qualche modo la necessità di queste memorie e il presente testo di finzione. Soprattutto nelle ultime settimane, quello che più tiene occupata la mente dell’arcivescovo è il ricordo dei momenti forti vissuti con l’amico Joseph – dalla fuga verso le terre di missione, che le famiglie non avrebbero approvato, fino all’incredulità provata alla morte dell’altro. È dal suo passato che padre Latour sta prendendo congedo. La raffinatezza intellettiva, con cui è sempre stato tratteggiato, emerge ancora nei suoi ultimi giorni, quando si sofferma sull’esperienza dell’essere, preso dalla curiosità della morte. Raggiunta la necessaria essenzialità, che gli fa relativizzare errori e cadute, nutre una lucida coscienza di sé e di quanto lo circonda. Tra i suoi ultimi pensieri, la soddisfazione di aver visto la fine di due grandi ingiustizie, perpetrate sui neri e sui navajo: ai primi viene offerta la dignità dell’uomo libero, ai secondi il ritorno alle terre di origine. Questo popolo di nativi gli è stato particolarmente caro e per questo ha potuto comprendere come le loro terre fossero un tutt’uno con la loro religiosità, il loro Eden, a cui infine riescono a ritornare con un atto del governo centrale, che nel testo sembra riecheggiare l’editto di Ciro: «Non credo, come credevo un tempo, che gli indiani moriranno. Credo che Dio li preserverà» (p. 267). La morte del protagonista, preparata fin dal titolo, lo coglie infine sereno; il suo volto ha assunto «carattere e consapevolezza» e, proprio come nella formula biblica, seppur non citata espressamente, è davvero il ritratto di chi lascia la sua gente «vecchio e sazio di giorni». Profilo. Willa Cather (Winchester 1873 - New York 1947) è stata insegnante, giornalista e infine scrittrice. A otto anni si trasferisce nel Nebraska, a contatto con gli immigrati, e successivamente in Colorado e New Messico. Di fede protestante poi convertitasi al cattolicesimo, ritrae – secondo L’Osservatore romano (2 maggio 2012) – «una delle figure di sacerdote cattolico più belle della letteratura». I due protagonisti sono modellati sulle figure di due preti francesi missionari nel Nuovo Mondo, Jean-Baptiste Lamy e Joseph Projectus Machebeuf. La morte viene per l’arcivescovo è quindi un bel romanzo, dai toni 244 Recensioni delicati che, mentre ritrae un mondo scomparso, come ogni vero classico, continua a parlare ai nostri tempi. I temi della fede, del ministero e dell’evangelizzazione, espressi nella forma del racconto, intercettano la via esperienziale e rilanciano la riflessione che su tali questioni mai può esaurirsi – oggi forse più che mai. Il cristianesimo narrato, pur nella contaminazione con le forme popolari e gli antichi riti dei pellerossa, offre il suo volto critico nella vivace dialettica tra i due gesuiti, ma mostra anche una propria bellezza e fascinazione che la buona letteratura sa preservare vivida e intatta, rendendola ogni volta disponibile al piacere del lettore che vi si accosti – qualunque sia il suo interesse, bisogno, credo. Maria Nisii 245