La carriera ecclesiastica di Antonio Panciera è caratterizzata dall’incontro
con personalità imp... more La carriera ecclesiastica di Antonio Panciera è caratterizzata dall’incontro con personalità importanti della sua epoca, come il cardinale Bonaventura Badoer e i pontefici Urbano VI e Bonifacio IX. Nel 1402 diviene patriarca di Aquileia e, in tale veste, è chiamato ad affrontare uno dei momenti più travagliati della storia del principato ecclesiastico friulano. Durante le ultime fasi dello Scisma d’Occidente, Antonio Panciera si avvicina ai cardinali riuniti in concilio a Pisa. Nel 1411 è nominato cardinale dal papa pisano Giovanni XXIII. Tre anni più tardi partecipa al concilio di Costanza, che avrebbe dovuto porre fine alle divisioni interne alla Chiesa. Il Panciera trascorre, quindi, gli ultimi anni della sua vita a Roma, dedicandosi agli studi giuridici e a quelli umanistici. La sua famiglia, rimasta in Friuli, consolida, invece, la propria presenza a Zoppola, di cui negli anni passati aveva acquistato il castello.
Verso la metà del XIV secolo San Vito al Tagliamento aveva accolto tra i suoi abitanti molti esul... more Verso la metà del XIV secolo San Vito al Tagliamento aveva accolto tra i suoi abitanti molti esuli lombardi, legati alla famiglia Della Torre, che ne avevano fatto la fortuna, favorendone lo sviluppo economico ed urbano 1 . La fedeltà al casato milanese aveva permesso a queste famiglie di partecipare attivamente alla politica di controllo territoriale messa in atto in Friuli dai patriarchi Torriani, a discapito delle rivendicazioni della nobiltà locale 2 . Col tempo i Della Torre erano stati in grado di coinvolgere nel loro progetto politico anche alcuni esponenti delle emergenti élite cittadine.
Con un frammento del notaio Pietro da Fosdinovo (1375-1376) ROMA NELLA SEDE DELL'ISTITUTO Palazzo... more Con un frammento del notaio Pietro da Fosdinovo (1375-1376) ROMA NELLA SEDE DELL'ISTITUTO Palazzo Borromini -Piazza dell'Orologio 2006 LUCA GIANNI PIETRO DELL'OCA DA REGGIO EMILIA E I SUOI PROTOCOLLI
Non è facile a prima vista riscontrare, in un registro notarile, per quanto particolareggiato sia... more Non è facile a prima vista riscontrare, in un registro notarile, per quanto particolareggiato sia, informazioni dirette sul notaio che l'ha redatto, in quanto ci si trova di fronte ad uno strumento professionale che, come tutti gli strumenti di tal genere, non dovrebbe lasciar trasparire alcuna forma di coinvolgimento personale da parte di chi lo utilizza. Con questo non si vuole negare la possibilità di ricostruire anche grazie ad un registro la figura storica di un notaio. Infatti, dalle persone che vi ricorrono, dalle presenze di determinati testimoni in atti di diversa natura, dalle poche e spesso inconsapevoli informazioni personali, che sfuggono alla penna del notaio, è possibile ricostruire il tessuto sociale nel quale egli lavorò, i rapporti all'interno della città in cui visse, gli eventuali spostamenti, e nella più fortunata delle ipotesi, delinearne con buona approssimazione la vicenda storica 1 .
Nella Descrittione della Patria del Friuli (1568) Jacopo Valvason di Maniago riferisce che l'abba... more Nella Descrittione della Patria del Friuli (1568) Jacopo Valvason di Maniago riferisce che l'abbazia di Summaga «fu edificata da Ottone conte di Canosa ne' tempi di Berengario IV». 1 Quasi un secolo dopo Gian Francesco Palladio, nelle sue Historie della Provincia del Friuli (1660), sostiene che fu «Azzone conte di Canussio» a erigere «il monastero et abbatia di Summaga» mentre a Concordia era vescovo Alberico. 2 Alla luce di quanto riportato dai due storici friulani, Alberto Teghil ha avanzato recentemente l'ipotesi che il monastero di Summaga sia stato fondato verso la metà del X secolo da Adalberto Azzo, 3 capostipite dei signori di Canossa. 4 Questa ipotesi, per quanto suggestiva, non ha però, al momento, alcun riscontro documentario. La notizia di una fondazione canusina dell'abbazia friulana sembra risalire, invece, al primo Cinquecento, e più precisamente al periodo in cui era abate commendatario di Summaga il nobile veronese Ludovico di Canossa, 5 la cui famiglia riteneva di discendere da Adalberto Azzo. È presumibile che il Canossa abbia ideato un mito di fondazione che potesse giustificare un diritto ereditario sulla commenda summaghese a favore dei propri congiunti. Simili operazioni non erano rare, in questo periodo, in area veneta e friulana. 6 Le aspirazioni di Ludovico di Canossa non si concretizzarono. Quando nel 1514 l'ecclesiastico veronese fu nominato nunzio pontificio in Francia, rinunciò alla commenda di Santa Maria. Venezia non riconobbe però ai suoi parenti alcun diritto sull'abbazia; si espresse, invece, a favore di un altro candidato per la successione, un uomo in cui riponeva la propria fiducia, il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena. 7 Papa Leone X (1513-1521) non tenne conto delle indicazioni veneziane e assegnò la commenda friulana al cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III (1534-1549). Il 2 maggio il Farnese, che voleva mantenere buoni rapporti con Venezia, decise, in accordo con il pontefice, di permutare la commenda di Summaga con il priorato di San Michele in diocesi di Brescia, detenuto dal Bibbiena. 8 Nei decenni seguenti Venezia aumentò il proprio controllo sulla scelta dei commendatari di Summaga: pur non riuscendo a farsi riconoscere dal Papato il diritto di nomina degli abati che, in questo periodo, detenevano ancora poteri giurisdizionali, ebbe sempre voce in capitolo sulla loro scelta, favorendo candidati fidati o, come si diceva allora, "confidenti". 9
A mante del Friuli, in particolare della "sua" Fanna più volte beneficiata, sir Paul Girolami ci ... more A mante del Friuli, in particolare della "sua" Fanna più volte beneficiata, sir Paul Girolami ci ha lasciati il 17 marzo 2023. Personalità di fama internazionale, presidente della Glaxo, cittadino onorario di Londra, insignito del titolo di "Sir" dalla Regina Elisabetta II e dell' "Ordine del Sol Levante" dall'Imperatore del Giappone, dottore honoris causa di molte università, a non nominare i plurimi riconoscimenti. A Lui avevamo da tempo pensato quale Socio dell'Accademia "San Marco" di Pordenone, trattenuti dal prestigio del nome. Alla fine tuttavia tentammo. L'incontro avvenne nel luglio 1989 al ristorante "Al Giardino" di Fanna. E fu "bingo": lui felice della nomina, noi dell'accettazione. Da allora gli incontri si fecero annuali e piuttosto frequenti dopo il rientro di sir Paul in Friuli, all'insegna della schiettezza e-osiamo dire-dell'amicizia (al formale "Lei" oppose il cordiale "tu" rifiutando il titolo onorifico). In una circostanza fu accompagnato dalla moglie Lady Christabel Girolami, signora oltremodo compita e gentile, alla cui memoria dedicammo il volume Le Lettere (1736-1782) di Giorgio di Polcenigo e Fanna, gesto per il quale la famiglia ci fu grata. Alla figura di sir Paul di recente scomparso l'Accademia dedica un'ultima testimonianza di gratitudine e di affetto con un volumetto che accoglie gli scritti di alcuni soci.
This contribution offers some reflections on the origin of the archdeaconry of Concordia and on h... more This contribution offers some reflections on the origin of the archdeaconry of Concordia and on how it evolved between the 11th and 16th centuries. The research focuses on the exercise of the placit of Christianity and on the forms of collaboration established with the bishops and with the cathedral chapter; it also offers biographical information on the ecclesiastics called to hold the archdeacon office in medieval times.
Mestieri a Zoppola e a Castions tra Quattrocento e Cinquecento Dai libri degli anniversari delle ... more Mestieri a Zoppola e a Castions tra Quattrocento e Cinquecento Dai libri degli anniversari delle chiese di San Martino e di Sant'Andrea Luca Gianni I libri degli anniversari (in Friuli catapan) nascono nel corso del Medioevo con l'obiettivo di conservare la memoria degli obblighi collegati alla commemorazione liturgica dei defunti: contengono, quindi, informazioni relative a lasciti testamentari, alle modalità di celebrazione degli anniversari, alle pratiche devozionali. In ambito plebanale essi si rivelano una fonte interessante per ricostruire l'evoluzione del rapporto tra l'istituzione ecclesiastica e la comunità cristiana. Gli obituari, per la loro natura, forniscono, però, allo storico anche altri percorsi di indagine legati alla genealogia, all'antroponimia, alla toponomastica, alla linguistica, alla storia dell'arte.
Il rapporto con i signori di Spilimbergo Nei primi giorni di agosto del 1274 il nuovo patriarca d... more Il rapporto con i signori di Spilimbergo Nei primi giorni di agosto del 1274 il nuovo patriarca di Aquileia Raimondo della Torre (1273-1299) 1 raggiunse il Friuli. Tra gli esponenti della nobiltà locale che accolsero il presule vi fu anche Walterpertoldo di Spilimbergo. 2 Al seguito del potente feudatario raggiunsero prima Udine e poi Cividale anche alcuni dei suoi alleati del Friuli occidentale, tra cui Sibello di Montereale. 3 La famiglia di Montereale non apparteneva alla grande nobiltà friulana, ma era rappresentata in Parlamento 4 e deteneva in feudo dal patriarcato il castello di Montereale e l'avvocazia sulla villa di Malnisio. 5 Sibello, contrariamente ad altri suoi consanguinei, non risiedeva stabilmente presso il proprio maniero, ma a Spilimbergo e per questo motivo nella documentazione è indicato anche come Sibellus de Spinigbergo. 6 La sua presenza presso il castello di Walterpertoldo è giustificata dal rapporto di stima e di collaborazione che lo univa al nobile friulano, un rapporto che nel corso degli anni si sviluppò in amicizia, o forse in parentela, quanto meno spirituale, dato che Sibello decise di dare al suo primogenito il nome, alquanto desueto in Friuli, del signore spilimberghese. In questi anni, nei momenti importanti, Sibello di Montereale fu sempre al fianco di Walterpertoldo. Nel 1281 partecipò alle iniziative messe in atto dallo Spilimbergo, che all'epoca non aveva eredi diretti, per garantire la successione nei feudi patriarcali al nipote Giovanni di Zuccola, figlio della
a Pordenone: la traslazione della sede plebanale L'8 maggio 1278 il vescovo di Concordia Fulcheri... more a Pordenone: la traslazione della sede plebanale L'8 maggio 1278 il vescovo di Concordia Fulcherio di Zuccola (1268-1293) 1 riunì nella chiesa di San Marco di Pordenone alcuni fra i membri più influenti del capitolo cattedrale, tra i quali il decano Antonio, l'arcidiacono Mansotto e il sacrista Leone. Con il loro consenso il presule stabilì di trasferire la sede plebanale dalla chiesa matrice di Sant'Ilario di Torre alla cappella di San Marco di Pordenone. 2 La decisione del vescovo Fulcherio, presa in accordo con il pievano Corrado, teneva conto sia dell'incremento demografico che aveva caratterizzato il borgo murato di Pordenone negli ultimi anni sia delle esigenze della locale comunità cristiana che, per i divini uffici e l'amministrazione dei sacramenti, era oramai solita fare riferimento alla cappella di San Marco; questa chiesa, infatti, per la sua centralità all'interno del territorio plebanale, era più facilmente e comodamente raggiungibile dai fedeli rispetto alla matrice, situata in una villa che si andava lentamente spopolando e che non disponeva delle strutture fortificate di Pordenone. La nuova matrice, che all'atto della traslazione della sede era già dotata di un cimitero e di un fonte battesimale, 3 divenne il punto di riferimento di una pieve piuttosto ampia con numerose filiali:
This paper provides unpublished information on the Panigai family who, as opponents of patriarch ... more This paper provides unpublished information on the Panigai family who, as opponents of patriarch of Aquileia Pagano della Torre, were able to reconcile with his successor Bertrand of Saint-Geniès, guaranteeing their family newly found prosperity. The research focuses in particular on Nicolò di Panigai and his nephew Nicoletto del fu ser Vermiglio from Meduna di Livenza, and on their gradual inclusion into the social, economic and political life of Portogruaro.
This contribution aims to reconstruct the ecclesiastical career of the nobleman Morando di Porcia... more This contribution aims to reconstruct the ecclesiastical career of the nobleman Morando di Porcia during the patriarchies of Pagano della Torre (1319-1332) and Bertrando of Saint-Geniès (1334-1350). Canon of Aquileia, diplomat, military operations expert, member of the council of Parliament, over the years he made an important contribution to the government action of the Aquileian prelates. In moments of particular difficulty he was a point of reference for the episcopate and the cathedral chapter of Concordia. His services were rewarded with the recognition of numerous benefits in Aquileia, Cividale, Concordia and Ceneda and with the appointment as patriarchal chaplain. He did not neglect to take care of the interests of his family, for which he obtained a leading role in Friuli and numerous fiefdoms.
All'inizio del XIX secolo la parrocchia di San Martino di Zoppola era retta da don Girolamo Pilos... more All'inizio del XIX secolo la parrocchia di San Martino di Zoppola era retta da don Girolamo Pilosio, un sacerdote anziano che, non godendo di ottima salute, aveva ottenuto l'ausilio di un cooperatore.
The present essay offers some unpublished information on the presence of the Minor friars of Port... more The present essay offers some unpublished information on the presence of the Minor friars of Portogruaro in the mid-fourteenth century: thanks to the study of some notarial documents, it was possible to trace the names of the friars who lived in the town, reconstructing their link with the local community and the methods of managing the assets of the convent.
La carriera ecclesiastica di Antonio Panciera è caratterizzata dall’incontro
con personalità imp... more La carriera ecclesiastica di Antonio Panciera è caratterizzata dall’incontro con personalità importanti della sua epoca, come il cardinale Bonaventura Badoer e i pontefici Urbano VI e Bonifacio IX. Nel 1402 diviene patriarca di Aquileia e, in tale veste, è chiamato ad affrontare uno dei momenti più travagliati della storia del principato ecclesiastico friulano. Durante le ultime fasi dello Scisma d’Occidente, Antonio Panciera si avvicina ai cardinali riuniti in concilio a Pisa. Nel 1411 è nominato cardinale dal papa pisano Giovanni XXIII. Tre anni più tardi partecipa al concilio di Costanza, che avrebbe dovuto porre fine alle divisioni interne alla Chiesa. Il Panciera trascorre, quindi, gli ultimi anni della sua vita a Roma, dedicandosi agli studi giuridici e a quelli umanistici. La sua famiglia, rimasta in Friuli, consolida, invece, la propria presenza a Zoppola, di cui negli anni passati aveva acquistato il castello.
Verso la metà del XIV secolo San Vito al Tagliamento aveva accolto tra i suoi abitanti molti esul... more Verso la metà del XIV secolo San Vito al Tagliamento aveva accolto tra i suoi abitanti molti esuli lombardi, legati alla famiglia Della Torre, che ne avevano fatto la fortuna, favorendone lo sviluppo economico ed urbano 1 . La fedeltà al casato milanese aveva permesso a queste famiglie di partecipare attivamente alla politica di controllo territoriale messa in atto in Friuli dai patriarchi Torriani, a discapito delle rivendicazioni della nobiltà locale 2 . Col tempo i Della Torre erano stati in grado di coinvolgere nel loro progetto politico anche alcuni esponenti delle emergenti élite cittadine.
Con un frammento del notaio Pietro da Fosdinovo (1375-1376) ROMA NELLA SEDE DELL'ISTITUTO Palazzo... more Con un frammento del notaio Pietro da Fosdinovo (1375-1376) ROMA NELLA SEDE DELL'ISTITUTO Palazzo Borromini -Piazza dell'Orologio 2006 LUCA GIANNI PIETRO DELL'OCA DA REGGIO EMILIA E I SUOI PROTOCOLLI
Non è facile a prima vista riscontrare, in un registro notarile, per quanto particolareggiato sia... more Non è facile a prima vista riscontrare, in un registro notarile, per quanto particolareggiato sia, informazioni dirette sul notaio che l'ha redatto, in quanto ci si trova di fronte ad uno strumento professionale che, come tutti gli strumenti di tal genere, non dovrebbe lasciar trasparire alcuna forma di coinvolgimento personale da parte di chi lo utilizza. Con questo non si vuole negare la possibilità di ricostruire anche grazie ad un registro la figura storica di un notaio. Infatti, dalle persone che vi ricorrono, dalle presenze di determinati testimoni in atti di diversa natura, dalle poche e spesso inconsapevoli informazioni personali, che sfuggono alla penna del notaio, è possibile ricostruire il tessuto sociale nel quale egli lavorò, i rapporti all'interno della città in cui visse, gli eventuali spostamenti, e nella più fortunata delle ipotesi, delinearne con buona approssimazione la vicenda storica 1 .
Nella Descrittione della Patria del Friuli (1568) Jacopo Valvason di Maniago riferisce che l'abba... more Nella Descrittione della Patria del Friuli (1568) Jacopo Valvason di Maniago riferisce che l'abbazia di Summaga «fu edificata da Ottone conte di Canosa ne' tempi di Berengario IV». 1 Quasi un secolo dopo Gian Francesco Palladio, nelle sue Historie della Provincia del Friuli (1660), sostiene che fu «Azzone conte di Canussio» a erigere «il monastero et abbatia di Summaga» mentre a Concordia era vescovo Alberico. 2 Alla luce di quanto riportato dai due storici friulani, Alberto Teghil ha avanzato recentemente l'ipotesi che il monastero di Summaga sia stato fondato verso la metà del X secolo da Adalberto Azzo, 3 capostipite dei signori di Canossa. 4 Questa ipotesi, per quanto suggestiva, non ha però, al momento, alcun riscontro documentario. La notizia di una fondazione canusina dell'abbazia friulana sembra risalire, invece, al primo Cinquecento, e più precisamente al periodo in cui era abate commendatario di Summaga il nobile veronese Ludovico di Canossa, 5 la cui famiglia riteneva di discendere da Adalberto Azzo. È presumibile che il Canossa abbia ideato un mito di fondazione che potesse giustificare un diritto ereditario sulla commenda summaghese a favore dei propri congiunti. Simili operazioni non erano rare, in questo periodo, in area veneta e friulana. 6 Le aspirazioni di Ludovico di Canossa non si concretizzarono. Quando nel 1514 l'ecclesiastico veronese fu nominato nunzio pontificio in Francia, rinunciò alla commenda di Santa Maria. Venezia non riconobbe però ai suoi parenti alcun diritto sull'abbazia; si espresse, invece, a favore di un altro candidato per la successione, un uomo in cui riponeva la propria fiducia, il cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena. 7 Papa Leone X (1513-1521) non tenne conto delle indicazioni veneziane e assegnò la commenda friulana al cardinale Alessandro Farnese, futuro papa Paolo III (1534-1549). Il 2 maggio il Farnese, che voleva mantenere buoni rapporti con Venezia, decise, in accordo con il pontefice, di permutare la commenda di Summaga con il priorato di San Michele in diocesi di Brescia, detenuto dal Bibbiena. 8 Nei decenni seguenti Venezia aumentò il proprio controllo sulla scelta dei commendatari di Summaga: pur non riuscendo a farsi riconoscere dal Papato il diritto di nomina degli abati che, in questo periodo, detenevano ancora poteri giurisdizionali, ebbe sempre voce in capitolo sulla loro scelta, favorendo candidati fidati o, come si diceva allora, "confidenti". 9
A mante del Friuli, in particolare della "sua" Fanna più volte beneficiata, sir Paul Girolami ci ... more A mante del Friuli, in particolare della "sua" Fanna più volte beneficiata, sir Paul Girolami ci ha lasciati il 17 marzo 2023. Personalità di fama internazionale, presidente della Glaxo, cittadino onorario di Londra, insignito del titolo di "Sir" dalla Regina Elisabetta II e dell' "Ordine del Sol Levante" dall'Imperatore del Giappone, dottore honoris causa di molte università, a non nominare i plurimi riconoscimenti. A Lui avevamo da tempo pensato quale Socio dell'Accademia "San Marco" di Pordenone, trattenuti dal prestigio del nome. Alla fine tuttavia tentammo. L'incontro avvenne nel luglio 1989 al ristorante "Al Giardino" di Fanna. E fu "bingo": lui felice della nomina, noi dell'accettazione. Da allora gli incontri si fecero annuali e piuttosto frequenti dopo il rientro di sir Paul in Friuli, all'insegna della schiettezza e-osiamo dire-dell'amicizia (al formale "Lei" oppose il cordiale "tu" rifiutando il titolo onorifico). In una circostanza fu accompagnato dalla moglie Lady Christabel Girolami, signora oltremodo compita e gentile, alla cui memoria dedicammo il volume Le Lettere (1736-1782) di Giorgio di Polcenigo e Fanna, gesto per il quale la famiglia ci fu grata. Alla figura di sir Paul di recente scomparso l'Accademia dedica un'ultima testimonianza di gratitudine e di affetto con un volumetto che accoglie gli scritti di alcuni soci.
This contribution offers some reflections on the origin of the archdeaconry of Concordia and on h... more This contribution offers some reflections on the origin of the archdeaconry of Concordia and on how it evolved between the 11th and 16th centuries. The research focuses on the exercise of the placit of Christianity and on the forms of collaboration established with the bishops and with the cathedral chapter; it also offers biographical information on the ecclesiastics called to hold the archdeacon office in medieval times.
Mestieri a Zoppola e a Castions tra Quattrocento e Cinquecento Dai libri degli anniversari delle ... more Mestieri a Zoppola e a Castions tra Quattrocento e Cinquecento Dai libri degli anniversari delle chiese di San Martino e di Sant'Andrea Luca Gianni I libri degli anniversari (in Friuli catapan) nascono nel corso del Medioevo con l'obiettivo di conservare la memoria degli obblighi collegati alla commemorazione liturgica dei defunti: contengono, quindi, informazioni relative a lasciti testamentari, alle modalità di celebrazione degli anniversari, alle pratiche devozionali. In ambito plebanale essi si rivelano una fonte interessante per ricostruire l'evoluzione del rapporto tra l'istituzione ecclesiastica e la comunità cristiana. Gli obituari, per la loro natura, forniscono, però, allo storico anche altri percorsi di indagine legati alla genealogia, all'antroponimia, alla toponomastica, alla linguistica, alla storia dell'arte.
Il rapporto con i signori di Spilimbergo Nei primi giorni di agosto del 1274 il nuovo patriarca d... more Il rapporto con i signori di Spilimbergo Nei primi giorni di agosto del 1274 il nuovo patriarca di Aquileia Raimondo della Torre (1273-1299) 1 raggiunse il Friuli. Tra gli esponenti della nobiltà locale che accolsero il presule vi fu anche Walterpertoldo di Spilimbergo. 2 Al seguito del potente feudatario raggiunsero prima Udine e poi Cividale anche alcuni dei suoi alleati del Friuli occidentale, tra cui Sibello di Montereale. 3 La famiglia di Montereale non apparteneva alla grande nobiltà friulana, ma era rappresentata in Parlamento 4 e deteneva in feudo dal patriarcato il castello di Montereale e l'avvocazia sulla villa di Malnisio. 5 Sibello, contrariamente ad altri suoi consanguinei, non risiedeva stabilmente presso il proprio maniero, ma a Spilimbergo e per questo motivo nella documentazione è indicato anche come Sibellus de Spinigbergo. 6 La sua presenza presso il castello di Walterpertoldo è giustificata dal rapporto di stima e di collaborazione che lo univa al nobile friulano, un rapporto che nel corso degli anni si sviluppò in amicizia, o forse in parentela, quanto meno spirituale, dato che Sibello decise di dare al suo primogenito il nome, alquanto desueto in Friuli, del signore spilimberghese. In questi anni, nei momenti importanti, Sibello di Montereale fu sempre al fianco di Walterpertoldo. Nel 1281 partecipò alle iniziative messe in atto dallo Spilimbergo, che all'epoca non aveva eredi diretti, per garantire la successione nei feudi patriarcali al nipote Giovanni di Zuccola, figlio della
a Pordenone: la traslazione della sede plebanale L'8 maggio 1278 il vescovo di Concordia Fulcheri... more a Pordenone: la traslazione della sede plebanale L'8 maggio 1278 il vescovo di Concordia Fulcherio di Zuccola (1268-1293) 1 riunì nella chiesa di San Marco di Pordenone alcuni fra i membri più influenti del capitolo cattedrale, tra i quali il decano Antonio, l'arcidiacono Mansotto e il sacrista Leone. Con il loro consenso il presule stabilì di trasferire la sede plebanale dalla chiesa matrice di Sant'Ilario di Torre alla cappella di San Marco di Pordenone. 2 La decisione del vescovo Fulcherio, presa in accordo con il pievano Corrado, teneva conto sia dell'incremento demografico che aveva caratterizzato il borgo murato di Pordenone negli ultimi anni sia delle esigenze della locale comunità cristiana che, per i divini uffici e l'amministrazione dei sacramenti, era oramai solita fare riferimento alla cappella di San Marco; questa chiesa, infatti, per la sua centralità all'interno del territorio plebanale, era più facilmente e comodamente raggiungibile dai fedeli rispetto alla matrice, situata in una villa che si andava lentamente spopolando e che non disponeva delle strutture fortificate di Pordenone. La nuova matrice, che all'atto della traslazione della sede era già dotata di un cimitero e di un fonte battesimale, 3 divenne il punto di riferimento di una pieve piuttosto ampia con numerose filiali:
This paper provides unpublished information on the Panigai family who, as opponents of patriarch ... more This paper provides unpublished information on the Panigai family who, as opponents of patriarch of Aquileia Pagano della Torre, were able to reconcile with his successor Bertrand of Saint-Geniès, guaranteeing their family newly found prosperity. The research focuses in particular on Nicolò di Panigai and his nephew Nicoletto del fu ser Vermiglio from Meduna di Livenza, and on their gradual inclusion into the social, economic and political life of Portogruaro.
This contribution aims to reconstruct the ecclesiastical career of the nobleman Morando di Porcia... more This contribution aims to reconstruct the ecclesiastical career of the nobleman Morando di Porcia during the patriarchies of Pagano della Torre (1319-1332) and Bertrando of Saint-Geniès (1334-1350). Canon of Aquileia, diplomat, military operations expert, member of the council of Parliament, over the years he made an important contribution to the government action of the Aquileian prelates. In moments of particular difficulty he was a point of reference for the episcopate and the cathedral chapter of Concordia. His services were rewarded with the recognition of numerous benefits in Aquileia, Cividale, Concordia and Ceneda and with the appointment as patriarchal chaplain. He did not neglect to take care of the interests of his family, for which he obtained a leading role in Friuli and numerous fiefdoms.
All'inizio del XIX secolo la parrocchia di San Martino di Zoppola era retta da don Girolamo Pilos... more All'inizio del XIX secolo la parrocchia di San Martino di Zoppola era retta da don Girolamo Pilosio, un sacerdote anziano che, non godendo di ottima salute, aveva ottenuto l'ausilio di un cooperatore.
The present essay offers some unpublished information on the presence of the Minor friars of Port... more The present essay offers some unpublished information on the presence of the Minor friars of Portogruaro in the mid-fourteenth century: thanks to the study of some notarial documents, it was possible to trace the names of the friars who lived in the town, reconstructing their link with the local community and the methods of managing the assets of the convent.
Nel gennaio del 1140 il vescovo di Concordia Gerwig (1139-1158) 1 , stretto collaboratore del pat... more Nel gennaio del 1140 il vescovo di Concordia Gerwig (1139-1158) 1 , stretto collaboratore del patriarca Pellegrino di Povo (1131-1161) 2 , concesse a livello ad alcuni portulani dei terreni lungo il corso del fiume Lemene «ad portum ibi faciendum et casas et mansiones edificandas» 3 . A lungo gli storici hanno dibattuto sulla provenienza di questi portulani: Carlo Guido Mor sostenne che essi fossero originari della zona, e più precisamente dell'abitato che, in seguito, avrebbe assunto il nome di Portovecchio 4 ; Antonio Scottà li identificò, invece, come mercanti provenienti da località della laguna veneta 5 . Attualmente l'ipotesi più accreditata risulta essere quella del Mor, che vide nella concessione del presule concordiese la volontà di fornire al territorio dell'antica pieve di Gruaro 6 un nuovo porto fluviale, ben strutturato e in grado di attrarre traffici commerciali
The paper examines the first testimonies of hermit presence in Concordia diocese, focussing on Fr... more The paper examines the first testimonies of hermit presence in Concordia diocese, focussing on Friar Albertino da Mantova and Friar Guglielmo da Ghemme, close collaborators of Bishop Artico di Castello. At the same time, this study reconstruct the path which led to the foundation of Hermit Convent of Spilimbergo in 14th century.
Nella seconda metà del Cinquecento, all'epoca della Controriforma, la Chiesa rese obbligatoria al... more Nella seconda metà del Cinquecento, all'epoca della Controriforma, la Chiesa rese obbligatoria all'interno di ogni singola parrocchia la costituzione di una confraternita del Santissimo Sacramento.
This essay aims at analysing an aribtration which, in the first half of 1300, saw the Bishopo of ... more This essay aims at analysing an aribtration which, in the first half of 1300, saw the Bishopo of Concordia, Guido Guizzi from Reggio Emilia, against Cucitino di Montereale, a nobleman, about the civil jurisdiction upon low Val Cellina. The depositions collected during this arbitration, entrusted to father Guarniero, vicar at San Marco in Pordenone, proved particularly interesting as they allow to go deeper into the historical knowledge of the mountain area of Friuli under the diocese of Concordia.
In the first half of XIV century Guido Guizzi bishop of Concordia undertook a careful work of sur... more In the first half of XIV century Guido Guizzi bishop of Concordia undertook a careful work of survey and recovery of goods and rights of his own chair. Among his first actions there was one against the Lords of Polcenigo for the garritto of Tramonti. This study is intended to trace the key moments of the dispute analysing documents, with particular attention to the steps and the outcome of the arbitration which involved the different parts.
I l 13 dicembre 1182, da Velletri, papa Lucio III (1181-1185) prese sotto la propria protezione l... more I l 13 dicembre 1182, da Velletri, papa Lucio III (1181-1185) prese sotto la propria protezione l'abbazia di Santa Maria di Sesto al ne di tutelarne i diritti e il patrimonio, minacciati dalle mire di Ezzelino II da Romano 1 . La bolla ponti cia, ottenuta probabilmente grazie all'interessamento del patriarca di Aquileia Gotfrid/Go redo (1182-1194) 2 , presenta un'elencazione analitica delle proprietà abbaziali, manifestando la ricchezza e l'importanza strategica raggiunte dall'ente monastico in Friuli alla ne del XII secolo 3 . Tra i possedimenti sestensi, dislocati prevalentemente nella pianura tra Livenza e Tagliamento e in alcune zone montane, è citato anche Savorgnano (Sovergnanum). L'origine di questo insediamento è discussa: una prima ipotesi tenderebbe a considerarlo come parte integrante dell'antica corte di Sesto, che compare già tra i possedimenti abbaziali nella charta dotationis del 762 4 ; una seconda, invece, pur con le dovute cautele, propenderebbe a inserirlo in una corte, situata tra Reghena e Lemene, citata per la prima volta tra i beni del monastero in un diploma del re d'Italia Berengario I, emanato nell'888 5 .
Zuccola (di) Fulcherio, frate Minore, vescovo Figlio del nobile cividalese Bernardo e di Fiore di... more Zuccola (di) Fulcherio, frate Minore, vescovo Figlio del nobile cividalese Bernardo e di Fiore di Spilimbergo, frate Fulcherio dell'ordine dei Minori fu eletto vescovo di Concordia nel 1268. L'anno seguente, alla morte del patriarca Gregorio di Montelongo, il presule decise di sostenere, in chiave anti-goriziana, la candidatura alla cattedra aquileiese di Filippo di Carinzia, fratello del duca Ulrico III. L'improvvisa morte del duca indebolì però il partito carinziano in Friuli e lo costrinse a misurarsi militarmente con i suoi oppositori. Gli scontri coinvolsero ben presto anche il Friuli concordiese: a Portogruaro, i sostenitori del conte di Gorizia, aiutati dai signori di Prata, insorsero contro il vescovo e lo costrinsero alla fuga. Frate Fulcherio riuscì a riprendere il controllo della situazione solo grazie all'intervento del fratello Giovanni e dello zio Walterpertoldo di Spilimbergo. Nel marzo del 1270 i ribelli sconfitti si sottomisero al presule che, cinque giorni dopo, a sua maggior tutela, affidò la custodia delle mura di Portogruaro ai due congiunti. La fazione filogoriziana, interna alla comunità del borgo del Lemene, dimostrò ben presto di non voler rispettare gli accordi di pace e nel mese di agosto riprese le ostilità contro il vescovo, che venne nuovamente cacciato. F. riuscì a rientrare a Portogruaro solo nel 1272, dopo la definitiva sconfitta di Filippo di Carinzia e la riappacificazione con i conti di Gorizia e i signori di Prata. L'anno seguente papa Gregorio X nominò alla cattedra aquileiese Raimondo della Torre: l'8 agosto 1274 il nuovo patriarca intervenne nello scontro tra il vescovo di Concordia e alcuni fuoriusciti portogruaresi, assumendo direttamente il controllo del borgo sul Lemene. Dieci giorni dopo frate F. era a Cividale, al seguito del suo metropolita, e partecipò agli accordi di pace tra il patriarcato di Aquileia e i conti di Gorizia. Nel dicembre del 1275 il presule confermò le costituzioni emanate dal suo predecessore Alberto da Colle. Grazie all'aiuto della consorteria spilimberghese, si impegnò quindi in una serie di operazioni che miravano alla salvaguardia delle temporalità vescovili. Contemporaneamente sostenne le aspirazioni del fratello Giovanni all'eredità dello zio Walterpertoldo, privo di eredi diretti. Nel maggio del 1281 F., desideroso di rafforzare la presenza francescana in diocesi, donò a frate Guglielmo, ministro della provincia di Sant'Antonio, un possedimento della chiesa di Concordia a Portogruaro affinché vi venisse costruito un convento. Nel maggio del 1282 il patriarca lo incaricò di benedire la prima pietra della chiesa di San Silvestro di Cividale, in procinto di essere ricostruita. Nel giugno del 1284 il presule assistette alla vestizione della prima priora del monastero di Santa Chiara di Cividale. Il delinearsi di nuove alleanze in Friuli e l'avvicinamento di Giovanni di Zuccola al patriarca in funzione anti-caminese intensificarono in questi anni la collaborazione tra il metropolita e il suo suffraganeo che fu coinvolto nei trattati di pace tra Aquileia, Gorizia, Venezia e Trieste per la questione istriana. Con un attento lavoro diplomatico il vescovo riuscì a trovare un accordo tra le parti e a porre fine al conflitto. Tornato in diocesi, frate F. pubblicò gli statuti provinc iali del patriarca Raimondo (1282), relativi alla disciplina ecclesiastica. Nell'ottobre dello stesso anno concedette allo zio Walterpertoldo di edificare a Spilimbergo
Spilimbergo (di) Walterpertoldo, uomo d'armi Figlio del nobile Ottobregonia, W. nacque a Spilimbe... more Spilimbergo (di) Walterpertoldo, uomo d'armi Figlio del nobile Ottobregonia, W. nacque a Spilimbergo nella prima metà del Duecento. Nel 1244 assume la guida del proprio casato, insieme al fratello Brigonussio. Fedele alleato del patriarca Gregorio di Montelongo, ne sostenne militarmente l'azione di governo. Nel 1255 partecipò alla campagna contro gli alleati di Ezzelino III da Romano in Friuli. L'8 dicembre 1256, come ricompensa per i servizi resi, fu infeudato di quella parte del castello di Sbroiavacca, di cui era stato privato il nobile Ulvino, a causa della sua militanza nelle fila ezzeliniane. Nell'estate del 1268 W. era nuovamente al fianco del patriarca, impegnato nello scontro con i conti di Gorizia. Il 6 settembre Gregorio di Montelongo gli concesse in feudo la metà del castello e del borgo di Valvasone, un tempo appartenuta a Corrado di Valvasone, accusato di tradimento. Nello stesso periodo il presule aquileiese favorì l'elezione a vescovo di Concordia del nipote di W., il frate Minore Fulcherio di Zuccola. Alla morte di Gregorio di Montelongo, il nobile spilimberghese sostenne, in chiave anti-goriziana, la candidatura alla cattedra aquileiese di Filippo di Carinzia. Negli anni seguenti diventò un punto di riferimento importante del partito carinziano nel Friuli concordiese e partecipò alle operazioni militari contro i conti di Gorizia e i loro alleati. Nel 1274 il papa nominò alla cattedra aquileiese Raimondo della Torre; W. instaurò subito un ottimo rapporto con il nuovo patriarca. Nel 1278, persa la moglie Gisla e privo di eredi, il nobile spilimberghese cominciò a predisporre la sua successione. Il 20 maggio donò ogni suo allodio in Trusso e oltre l'Isonzo ai figli del nipote Giovanni di Zuccola. Nel maggio del 1281 cominciò a mettere in atto una complessa operazione che mirava a garantire allo stesso Giovanni la successione nei feudi detenuti dalla chiesa di Aquileia. Negli anni seguenti l'accordo tra zio e nipote entrò in crisi a causa del matrimonio di W. con Nida e della nascita di un erede, Ottobregonia. Il 6 aprile 1290 il nobile spilimberghese decise di fare testamento, ponendo il giovane figlio sotto la tutela della moglie Nida e di Odorico, capitano di Valvasone. Nel mese di novembre cadde gravemente malato. Morì di lì a poco, dopo aver privato la moglie, accusata di tradimento, della tutela del figlio. Ottobregonia sopravvisse al padre solo un paio di anni: unico erede rimase, quindi, Giovanni di Zuccola.
Spilimbergo (di) Fulcherio (1683-1750), gesuita, missionario Figlio del conte Antonio e della nob... more Spilimbergo (di) Fulcherio (1683-1750), gesuita, missionario Figlio del conte Antonio e della nobile Caterina Savorgnan, F. nacque a Spilimbergo il 2 marzo 1683. Studiò a Bologna presso il collegio dei Gesuiti. L'8 ottobre 1708 cominciò i due anni di noviziato, al termine dei quali fu accolto nella Compagnia di Gesù. I superiori lo destinarono inizialmente al collegio di Piacenza, dove insegnò poesia e retorica. Nel 1713 fu però richiamato a Bologna per approfondire gli studi teologici. Cinque anni più tardi F. ottenne di poter partire per le missioni: dopo essere stato ordinato sacerdote, raggiun se le Filippine. La sua prima destinazione fu Silang, dove si distinse per la particolare devozione eucaristica e mariana e per l'attenzione che rivolse agli ultimi, in modo particolare ai malati e ai carcerati. Negli anni seguenti F. si trasferì a Manila, dove fu chiamato a ricoprire altri incarichi: maestro dei novizi, rettore del Collegio reale 'San Giuseppe' e, infine, provinciale. Morì nel 1750 a causa di una febbre reumatica.
Prata (di) Guecello, uomo d'armi Figlio del nobile Gabriele, nacque nella prima metà del XII seco... more Prata (di) Guecello, uomo d'armi Figlio del nobile Gabriele, nacque nella prima metà del XII secolo. Nel 1164 assunse il comando militare dell'alleanza anti-trevigiana, guidata dal patriarcato di Aquileia. Sconfitto nella battaglia di San Michele oltre il Piave, venne fatto prigioniero. Il 18 settembre 1165 sottoscrisse un patto di cittadinanza co n il comune di Treviso. Si avvicinò quindi politicamente a Ezzelino I da Romano e ne sposò la figlia Gisla. Nel 1177 era a Venezia per partecipare, insieme con altri importanti esponenti della nobiltà regionale, ai trattati di pace tra l'Impero e i comuni della Lega lombarda. Tra il 1179 e il 1181, in qualità di podestà di Treviso, si impegnò nell'opera di pacificazione dell'antica Marca veronese. Negli anni seguenti si riavvicinò gradualmente alle posizioni aquileiesi: nel 1188 il patriarca Goffredo lo investì di tutti i beni che suo padre Gabriele aveva ricevuto in feudo dalla Chiesa di Aquileia in Friuli e altrove. Nel 1190 G. aderì all'alleanza anti-trevigiana promossa dal patriarcato: nel 1193, insieme al figlio Gabriele, assediò Oderzo; la rapida controffensiva nemica sul castello di Brugnera lo costrinse però ben presto a ritirarsi oltre il Livenza. Nonostante le difficoltà del nobile pratese, le truppe patriarcali riuscirono ad avere la meglio su quelle trevigiane. Le parti in lotta si affidarono quindi ad un arbitrato ma, alla lettura della sentenza, Treviso decise di non rispettarne i termini. Il conflitto riprese. Il 17 settembre 1199 G., sconfitto, fu costretto a sottoscrivere un secondo patto di cittadinanza con Treviso, sulla base del quale il suo casato si riconosceva di fatto vassallo del comune, cedette il castello di Brugnera e si impegnò a garantire la sicurezza delle strade della propria giurisdizione per i mercanti trevigiani. Il nobile pratese morì di lì a poco, probabilmente nei primi anni del 1200.
Angelo Pietro B. nacque a Venezia il 26 aprile 1742 dal nobile Pier Girolamo e da Orsola Morosini... more Angelo Pietro B. nacque a Venezia il 26 aprile 1742 dal nobile Pier Girolamo e da Orsola Morosini. In giovane età entra nel monastero di San Giorgio Maggiore, prendendo il nome di Giuseppe Maria. Dopo essersi laureato in teologia dogmatica a Padova, ritornò nella sua città natale, dove fu consacrato sacerdote il 6 aprile 1765. Lettore di filosofia e in seguito maestro di teologia nel monastero di San Giorgio Maggiore, fu influenzato dalla cultura francese e dal giansenismo italiano, in modo particolare dal pensiero del teologo Giuseppe Maria Pujati, del quale apprezzava l'aspirazione a un cristianesimo puro, rigoroso e svincolato dalla superstizione. Il 1° maggio 1779 papa Pio vi lo nominò vescovo di Concordia, su designazione del Senato Veneziano. B. si recò a Roma, dove il 18 luglio fu consacrato vescovo dal cardinale Scipione Borghese: prese quindi possesso della diocesi per procura nel mese di settembre. Il 25 gennaio 1780 raggiunse la propria sede e il 2 febbraio celebrò il primo pontificale nella chiesa di San Francesco a Portogruaro. Il nuovo presule dimostrò subito di possedere doti di misura e moderazione, nonché un'innata capacità di mediazione. Considerando prioritaria la formazione dei chierici, si interessò in primo luogo alla difficile situazione del seminario diocesano, cercando di reperire i fondi necessari al suo sostentamento. Nel maggio del 1788 il vescovo favorì la riconciliazione tra il capitolo cattedrale e la congregazione del clero di Sant'Andrea di Portogruaro (Sesta ordinaria), in prospettiva della riedificazione del duomo cittadino, di cui benedisse la prima pietra il 4 agosto 1793. Nella primavera del 1797 le truppe francesi invasero il territorio della Repubblica di Venezia. A Portogruaro venne istituita una Municipalità. Il vescovo fu costretto a impegnare l'argento delle chiese di Portogruaro per partecipare alle spese di mantenimento dell'esercito occupante. In ottobre, con la ratifica del trattato di Campoformido, il Veneto e il Friuli passarono all'Austria. In tale occasione il presule diede alle stampe una lettera pastorale in cui si rallegrava per l'avvenuto accordo, ravvisando nel dominio austriaco l'inizio di un nuovo periodo di pace e stabilità. Nel 1805, dopo la sconfitta austriaca nella battaglia di Austerlitz, il Veneto e il Friuli furono annessi al Regno d'Italia. Nonostante le numerose difficoltà e incomprensioni che ben presto si manifestarono con il nuovo governo, monsignor B. mantenne un atteggiamento costruttivo e collaborativo al fine di evitare ripercussioni negative sulla diocesi. Nel 1806 il ministro per il Culto del Regno d'Italia Giovanni Bovara, incaricato di confiscare beni ecclesiastici per reperire fondi necessari a organizzare la pubblica amministrazione, impose la soppressione della Sesta ordinaria di Portogruaro e del convento dei Cappuccini di Pordenone. Nello stesso anno il ministero previde alcuni accorpamenti di istituti religiosi femminili. Il vescovo B. protestò presso il ministro, lamentando l'impossibilità di accorpare comunità appartenenti a ordini religiosi diversi. Nel gennaio del 1807 il ministro Bovara scrisse al presule per informarsi sulla situazione del seminario diocesano, manifestando la volontà di instaurare un controllo politico sull'istituzione. Nell'agosto dell'anno successivo fu decretata l'unione del monastero di San
PRATA, Guecello di.-Nacque a Prata di Pordenone nella prima metà del XII secolo. Alla morte del p... more PRATA, Guecello di.-Nacque a Prata di Pordenone nella prima metà del XII secolo. Alla morte del padre Gabriele, assunse la guida del proprio casato, che aveva interessi sia in territorio friulano sia in quello cenedese. Nel 1164 il Comune di Treviso, in forte fase espansiva, cominciò a minacciare le giurisdizioni del vescovo di Ceneda e si impossessò del castello patriarcale di Caneva: si formò, quindi, un'alleanza tra il patriarca di Aquileia, i vescovi di Ceneda e di Belluno e il comune di Conegliano contro i Trevigiani. Il comando delle operazioni militari fu affidato a Guecello di Prata, che però nel 1165 fu sconfitto nella battaglia di San Michele oltre il Piave dall'esercito nemico, guidato da Ezzelino I da Romano e Gherardo di Camposampiero. Fatto prigioniero e portato a Treviso, il 18 settembre 1165 il nobile pratese fu costretto a sottoscrivere un patto di cittadinanza: si impegnò, a nome suo e della propria consorteria, a risiedere almeno un mese all'anno a Treviso, a mettere a disposizione dei Trevigiani i propri castelli e a rispettare l'imposizione fiscale del Comune sui possedimenti della sua famiglia.
POLCENIGO, Federico di.-Nato a Polcenigo (in provincia di Pordenone) nella seconda metà del XIV s... more POLCENIGO, Federico di.-Nato a Polcenigo (in provincia di Pordenone) nella seconda metà del XIV secolo, era figlio di Giacomo e di Bartolomea di Colloredo, ed ebbe due fratelli, Simone e Vicardo. Dottore in decreti, intraprese la carriera ecclesiastica, ottenendo diversi benefici in Friuli, tra cui un canonicato a Cividale e uno presso la prepositura di Santo Stefano di Aquileia. Nel 1396 divenne decano del Capitolo cattedrale di Aquileia. Nel 1402 accolse con favore la nomina del nuovo patriarca Antonio Panciera da Portogruaro. Nel 1408 il presule aquileiese, accusato di non aver versato alla Camera apostolica quanto dovuto per il servizio comune, fu deposto dal papa dell'obbedienza romana Gregorio XII (1406-15). Federico di Polcenigo, in linea con la posizione politica assunta dalla propria famiglia, che aveva maturato una forte opposizione nei confronti del patriarca, si schierò apertamente contro Antonio Panciera. Nel giugno del 1409 fu tra gli ecclesiastici che parteciparono alle sedute del Concilio convocato a Cividale da papa Gregorio XII. Nel mese di settembre Antonio Panciera, confermato patriarca dal papa dell'obbedienza pisana Alessandro V (1409-10), intimò al clero aquileiese di riconoscere la sua autorità. Federico di Polcenigo, insieme a molti ecclesiastici cividalesi, rifiutò di presentarsi di fronte ai vicari patriarcali e per questo motivo fu privato dell'ufficio decanale e dei benefici ecclesiastici. Fu reintegrato nelle proprie funzioni solo nel 1411, dopo l'allontanamento dal Friuli del patriarca Antonio, nominato cardinale. Il 6 luglio 1412 Federico di Polcenigo e i canonici Giovanni Manco da Napoli e Filippo Fontanelli furono incaricati dal capitolo cattedrale di eleggere il nuovo patriarca: in tale circostanza il decano di Aquileia e i due confratelli elessero Ludovico di Teck (1412-39), candidato dal re dei Romani Sigismondo di Lussemburgo. Un mese dopo Federico di Polcenigo fece testamento, nominando suoi eredi universali la serva Giovanna, sua compagna, i figli Cristoforo, ancora minorenne, Bartolomea, Temporaria e Domina e il nipote Simone, figlio del fratello Vicardo: a quest'ultimo lasciò tutti i suoi libri, ad eccezione del Liber Sextus e delle Clementine, che dovevano essere restituiti al canonico di Cividale Pietro Covassi. In favore della collegiata della città ducale dispose il lascito di un messale, corrispondente al Cividalese XC; un paramento liturgico, un calice e un secondo messale, dato in uso a un sacerdote cividalese, furono, infine, lasciati alla cappella di S. Donato. Morì il 24 agosto 1412.
MONTICOLI, Andrea.-Nacque in Friuli dal giurisperito Giovanni e da Caterina, congiunta del toscan... more MONTICOLI, Andrea.-Nacque in Friuli dal giurisperito Giovanni e da Caterina, congiunta del toscano Nicolò da Siena. Licenziato in diritto civile, nell'ottobre del 1385 Monticoli compare per la prima volta sulla scena politica friulana, quando la Comunità di Udine, d'accordo con i suoi collegati, lo inviò, insieme a Nicolò Manin, presso papa Urbano VI per appellarsi contro una scomunica inflitta alla città da Filippo d'Alençon, nominato patriarca di Aquileia nel 1381. I due ambasciatori ricevettero anche l'incarico di chiedere al pontefice la nomina di un nuovo patriarca, capace di pacificare la regione dopo anni di conflitto. Nel gennaio del 1386 Urbano VI inviò in Friuli Ferdinando, patriarca di Gerusalemme, in qualità di suo nunzio in spiritualibus et temporalibus col compito di salvaguardare i diritti e le prerogative della Chiesa di Aquileia.
Discendente di una nobile famiglia pordenonese, originaria del Bergamasco, nacque nel 1771 da Ger... more Discendente di una nobile famiglia pordenonese, originaria del Bergamasco, nacque nel 1771 da Gerolamo e Angela Bastanza. Il padre, così come i due fratelli Antonio e Cristoforo, non solo curò l'amministrazione del cospicuo patrimonio familiare, ma si impegnò in prima persona anche in politica: la sua ascesa culminò nel 1782, quando fu chiamato a ricoprire l'ufficio di podestà di Pordenone. La giovinezza di Tinti fu segnata dalla consapevolezza di questo duplice ruolo, politico ed economico, che il suo casato era chiamato a svolgere a Pordenone. Nel 1794, nell'ottica di un rafforzamento dei legami parentali, sposò Lucia di Montereale Mantica, dalla quale ebbe cinque figli: solo due raggiungeranno l'età adulta, Giovanni Antonio (1796) e Gerolamo (1806). Due anni più tardi le truppe francesi di Napoleone occuparono Pordenone. In agosto venne istituita un'amministrazione provvisoria, composta da cinque commissari: Damiano Baldini, Giuseppe Mottense, Giovan Battista Poletti, Giacomo Puia e Tinti. La sua partecipazione sembra dettata più dalla volontà di preservare gli interessi familiari che da una reale adesione agli ideali della rivoluzione francese. Nel maggio del 1797 fu eletta la municipalità democratica di Pordenone: Tinti, Luigi Pera e Giacomo Poletti furono nominati commissari con l'incarico di dirimere le questioni tra i cittadini. In luglio i tre furono incaricati anche di assistere il comandante delle truppe francesi e di evitare scontri tra la popolazione e l'esercito. Il sostegno dato dalla famiglia Tinti al generale Bonaparte non portò i frutti sperati. L'epopea napoleonica segnò, infatti, per il Friuli un periodo di incertezza e di instabilità economica: anche il patrimonio del casato pordenonese cominciò a risentirne, agevolato in questo anche da una certa avventatezza di alcuni suoi esponenti. Tinti, dopo la morte del padre, avvenuta nel 1801, fu chiamato a preservarne almeno il nucleo fondante. Nel 1803, durante la seconda dominazione austriaca di Pordenone, Tinti, incaricato di predisporre una relazione storica sulla sua città da inviare a Vienna, contattò Giuseppe Mottense, che, col suo aiuto, compilò un Breve compendio di varie notizie della antica dinastia di Pordenone. Con un saggio degli statuti, privilegi, del civico governo, e de' metodi del Consiglio. Aggiuntavi qualche astratta idea del commercio. Quest'atto di apertura verso l'Austria non fu però sufficiente a farsi perdonare i trascorsi bonapartisti. Dopo il Congresso di Vienna, gli Asburgo non gli confermarono il titolo nobiliare, che la sua famiglia deteneva dal Seicento. Nel 1830 Tinti presentò al governo austriaco una supplica al riguardo, che però cadde nel vuoto. L'anno successivo il figlio Gerolamo si laureò a Padova in diritto e il padre per festeggiarlo fece stampare una lettera inedita di Francesco Amalteo ad Alessandro Mantica (Episola Amalthei Francisci Portusnaonensis Alexandro Mantice, primum in lucem edita etc.). Nel 1835 Tinti si cimentò anche nella poesia, sebbene con scarso successo, pubblicando una breve raccolta di poesie, dedicate «a don Carlo Mazzolini, parroco emerito a San Giorgio di Pordenone, che terminò il corso quaresimale nell'arcipretal chiesa di Porzia». Nel 1836 scoppiò a Pordenone un'epidemia di colera: la famiglia Tinti lasciò, quindi, la città, per rifugiarsi nella sua villa di campagna lungo la strada che porta a Corva. Fu in questa occasione che
Nacque a Bologna il 9 ottobre 1829. Entrò in giovane età nell'ordine dei frati Predicatori, prima... more Nacque a Bologna il 9 ottobre 1829. Entrò in giovane età nell'ordine dei frati Predicatori, prima a Modena e poi a Macerata. Nel 1857 si laureò in teologia presso l'Università della sua città natale. Successivamente fu trasferito a Venezia, dove, nel 1864, gli venne affidata la cura della parrocchia dei Santi Giovanni e Paolo. Fervente sostenitore del neotomismo, Rossi si formò sugli scritti di Jacque Benigne Bossuet e del gesuita Giovanni Maria Cornoldi. Nel 1881 papa Leone XIII lo nominò vescovo di Concordia. Il nuovo presule si dimostrò di altra tempra rispetto al predecessore Capellari, ritiratosi per malattia: con un forte senso della propria autorità, che a volte tendeva a prevaricare i ruoli e le funzioni, si rese subito inviso al clero e ai fedeli concordiesi. Nel 1885 monsignor Rossi convocò un sinodo diocesano, che venne contestato da parte del clero per le modalità di preparazione e di conduzione. L'anno successivo il vescovo pubblicò a Portogruaro una lettera pastorale, dal titolo Sulla dottrina ideologica dell'angelico dottore San Tommaso, con la quale criticava il rosminianesimo, mettendo in guardia il clero concordiese contro il pericolo derivato dalla diffusione di tali idee e attaccando in modo particolare don Antonio Cicuto. Alcuni canonici, tra cui Luigi Tinti ed Ernesto Degani, si recarono, quindi, presso il patriarca di Venezia, cardinale Domenico Agostini, per informarlo della difficile situazione in cui versava la Chiesa concordiese sotto il governo di Rossi. Il tentativo di ottenere il trasferimento del vescovo non ebbe esito positivo. Il presule continuò, quindi, anche negli anni successivi, la sua battaglia contro il rosminianesimo, cercando di dare eco nazionale alla sua opera. In anni di forte polemica e divisione interna alla diocesi, monsignor Rossi si occupò inoltre del restauro della cattedrale di Concordia, che minacciava il crollo, attingendo anche al proprio patrimonio personale. Morì nell'ottobre del 1892, dopo una malattia durata alcuni mesi. M. BELLI, Elogio funebre di monsignor fra Domenico Pio Rossi dei Predicatori, Portogruaro, Tip. Castion, 1893, 8, 27; P. ZOVATTO, Rosminianesimo e tomismo della diocesi di Concordia-Pordenone nella polemica tra don A. Cicuto e il vescovo D. P. Rossi OP, Roma, Libreria editrice della Pontifica Università Lateranense, 1972, 28-38; ID., L'amministrazione della diocesi di Concordia del vescovo Rossi (1881-1892), «Memorie Storiche Forogiuliesi», 54 (1974), 152-181; DEGANI, La diocesi di Concordia, 252-253; G. STIVAL, Carità non compresa. Don Antonio Cicuto arciprete di Bagnarola, Sesto al Reghena,
Nacque a Ravenna il 6 ottobre 1758 da famiglia comitale imparentata con i duchi d'Este; fu educat... more Nacque a Ravenna il 6 ottobre 1758 da famiglia comitale imparentata con i duchi d'Este; fu educato nei collegi di Senigallia e di Urbino. Ancora diacono, fu canonico della cattedrale di Ravenna; prelato domestico di Pio VII, elemosiniere ordinario del viceré Eugène de Beauhrnais, alla cui corte a Milano era molto ben introdotto ed accettato, Rasponi fu nominato vescovo di Novara l'11 gennaio 1807, in luogo di Vittorio Melano, traslato nella sede metropolitana di Udine. Il 29 maggio l'imperatore Napoleone, viste le riserve di Melano a lasciare la sede di Novara, trasferì in Friuli il nobile ravennate. Il 18 settembre il pontefice concesse le bolle di conferma della nomina, dietro corresponsione di millecinquecento scudi romani. Il 27 dicembre Rasponi ricevette a Milano la consacrazione episcopale. Il 15 febbraio 1808 il nuovo arcivescovo raggiunse Udine, dove fu festosamente accolto. Dal 1803, dopo la morte di Pietro Antonio Zorzi, l'arcidiocesi era rimasta sede vacante per quattro anni, pur guidata dall'energico vicario capitolare mons. Mattia Capellari, che con risoluto coraggio e accorta capacità di mediazione aveva saputo fronteggiare i vincitori. Ossequiente e disciplinato verso l'autorità governativa, Rasponi fu destinato a vivere a Udine sei anni di forti tensioni, al punto che in breve il suo fisico ne rimase logorato, conducendolo ancor giovane alla morte. Il canonico Braida, che ne tenne l'orazione funebre, mise in luce di Rasponi i tratti di un nobile sentire, l'affabilità, la limpidità morale, l'attenzione caritativa. Il vescovo dovette subito far fronte all'ingerenza statale nella vita delle diocesi italiane, soprattutto per quanto riguardava la giustizia e la disciplina ecclesiastica. Nello stesso periodo fu chiamato a far parte di una commissione mista, voluta dal governo, istituita al fine di razionalizzare la rete parrocchiale delle singole diocesi, con cui si prefiggeva un triplice obiettivo di natura economica, burocratica e politica. Rispettoso dell'autorità imperiale, Rasponi improntò la propria azione episcopale sull'osservanza delle nuove norme in materia ecclesiastica stabilite dal ministro per il culto Bovara. In Udine le nove originarie parrocchie furono ridotte a cinque, unite ad altrettanti oratori. Sotto il profilo strettamente pastorale, Rasponi si dimostrò attento alla formazione del clero, nella prospettiva di poter disporre di sacerdoti adeguati alle richieste che si stavano delineando da parte della nuova società. In oltre venti lettere circolari e pastorali il vescovo informava il clero della diocesi sul comportamento da tenere nei confronti delle «leggi sovrane»: ai parrocistipendiati dal governo-era ingiunto di contrastare la diffusa renitenza alla coscrizione militare, come pure di porre in essere i continui provvedimenti sociali e igienici. Rasponi trovò una diocesi vessata, aspramente rapinata delle proprietà, ridotta fortemente del numero di ordini religiosi, privata di quelle attive istituzioni che erano state le confraternite. Sull'arcidiocesi e su Udine, vivace quanto a vita cristiana perché fino al 1751 era stata sede della diocesi patriarcale, tra il 1806 e il 1810 si abbattevano le requisizioni. Il 14 ottobre 1810 l'intero tesoro di reliquie e di preziosi, patrimonio del patriarcato, era trafugato dalla cattedrale da ladri che sarebbero rimasti ignoti. Nell'agosto del 1808, Rasponi ricevette come permuta-non certo equivalente-per la requisita sede del seminario il soppresso convento di San
Nacque il 24 settembre 1902 a Torre di Pordenone dal conte Antonio e dalla nobile Virginia Sartor... more Nacque il 24 settembre 1902 a Torre di Pordenone dal conte Antonio e dalla nobile Virginia Sartori. Nel 1917, con l'occupazione austro-tedesca del Friuli, seguita alla rotta di Caporetto, interruppe gli studi ginnasiali, che non avrebbe più ripreso. Negli anni successivi si dedicò da autodidatta alla propria formazione, dimostrando un forte interesse per la letteratura e soprattutto per il teatro: coltivò per molto tempo il desiderio di entrare in una compagnia o di fondarne una propria. Nel 1934 il conte di Ragogna pubblicò la sua prima opera, Faro in pieno sole, che gli valse i riconoscimenti della critica e, in particolar modo, di Emilio Girardini e Giuseppe Prezzolini. Nello stesso periodo, rinvenuti nell'orto del suo castello i resti di un'antica sepoltura, dopo avere già dimostrato attenzione alla storia del castello di Torre e della propria famiglia, cominciò a interessarsi di archeologia, avvicinandosi a tale scienza-anche in questo caso-da autodidatta, con la convinzione che la riscoperta del passato fosse un bene da condividere. Continuò comunque a coltivare interessi letterari tanto che si classificò secondo al premio Trieste con l'opera teatrale La casa da trasportare, rappresentata al Teatro Verdi del capoluogo giuliano e, in seguito, radiodiffusa. Il premio fu utilizzato per riscattare il castello avito, impegnato nel 1937 all'avvocato Giulio Locatelli, in quanto il patrimonio familiare era stato fortemente compromesso a causa del dissesto finanziario provocato dalla cattiva gestione del defunto padre Antonio. Nel castello di Torre vennero depositati i numerosi reperti di epoca romana che aveva rinvenuto in tutto il territorio della Destra Tagliamento, organizzando la propria collezione privata secondo criteri museali. Il conte di Ragogna, che nel 1939 già aveva suscitato l'interesse del sovraintendente alle antichità e agli scavi delle Venezie Giovanni Brusin, nel periodo immediatamente precedente la seconda guerra mondiale compì nel Pordenonese alcune rilevazioni, che rafforzarono le sue idee sull'origine della villa di Torre, che egli andava identificando con l'antica Celina citata da Plinio il Vecchio nella sua Naturalis Historia. Nel 1940 compì delle indagini all'esterno della chiesa parrocchiale di Torre, rinvenendo resti di mura di epoca romana, incorporati nell'antica chiesa matrice, che testimoniavano ancora una volta la presenza romana nel Pordenonese. Dopo la guerra, nel 1950 fu tra i fondatori dell'associazione culturale "Il Noncello", insieme con Andrea Benedetti, Daniele Antonini, Vittorio Quirini e Augusto Cassini, alla cui famiglia era legato da sincera amicizia: proprio grazie ad essa entrò in contatto con diversi artisti operanti nella Destra Tagliamento, tra cui Tullio Silvestri, Pio Rossi, Luigi Zuccheri, Ugo Grignaschi, Duilio Corompai. In questo periodo si occupò in modo sistematico degli scavi nel territorio e nel castello di Torre, attivando cantieri-scuola per disoccupati e giovani volontari, individuando un sito archeologico in cui in un primo momento credette di aver trovato delle terme, in realtà una villa rustica dotata di bagni. Secondo le intenzioni del conte di Ragogna gli scavi si sarebbero dovuti trasformare in una «passeggiata archeologica» (parco archeologico), con lo scopo di farne una realtà condivisa perché «appartengono a tutti, cioè all'intero Friuli, alla nostra storia». In quest'ottica si legge anche la sua disponibilità a far Punto di partenza, in Pordenone, Torre e il suo castello. Storie e Restauro, a cura di F. AMENDOLAGINE, Venezia, Marsilio, 2003, 21-27; F. AMENDOLAGINE, M. ROSSI, Anticipazioni sull'orgine preromana di Torre, ibid., 29-31. Luca Gianni
L'edizione del necrologio del capitolo di San Pietro, curata da Elisa Pellin, si presenta partico... more L'edizione del necrologio del capitolo di San Pietro, curata da Elisa Pellin, si presenta particolarmente interessante per le numerose informazioni, relative all'ambiente sociale, culturale, affettivo, cultuale e religioso di una delle comunità cristiane più antiche della Carnia. Il lavoro di edizione è stato compiuto sulla base di due manoscritti: il Necrologium Sancti Petri, conservato presso la Biblioteca Civica di Udine, e il Liber annualium, conservato presso l'Archivio Parrocchiale di Zuglio. Il primo manoscritto è stato realizzato tra il 1358 e il 1359, trascrivendo i legati di un obituario precedente; nel corso del XIV e del XV secolo è, quindi, stato arricchito di nuovi lasciti testamentari; per quanto riguarda le mani che operarono sul necrologio Elisa Pellin ne individua almeno una ventina, riuscendo ad identificarne alcune: molto spesso si tratta di persone legate a vario titolo alla collegiata di San Pietro (prepositi, canonici, camerari, notai): per il XIV secolo si segnalano il notaio Meinardo di Nicola da Tolmezzo, forse il primo estensore dell'obituario, dei preti Bartolomeo di Mussio da Avosacco e Giovanni di Giacomo da Tolmezzo; per il XV secolo si individuano invece le mani di Giovanni di Meinarduccio da Piano, del notaio Nicolò Pogli da Paluzza, dei viceprepositi Giovanni di Domenico da Tolmezzo e Candido di Giuliano da Naunina, e di prete Antonio da Gemona. Fondamentale nell'opera di edizione è stato il confronto con il Liber annualium di Zuglio, copia quattrocentesca del necrologio trecentesco: il secondo obituario è stato realizzato dal notaio Giovanni Pogli da Paluzza, figlio di Nicolò, nel 1446 ed è stato utilizzato dalla chiesa di San Pietro fino al 1789, pochi anni prima della soppressione della prepositura (1810).
A volte la memoria individuale dell'uomo avverte fortemente la necessità di divenire collettiva, ... more A volte la memoria individuale dell'uomo avverte fortemente la necessità di divenire collettiva, soprattutto quando si ricollega a luoghi che hanno segnato e continuano a segnare la storia della propria comunità. Da questo bisogno di condivisione nasce il volume Medici, preghiere e unghie d'alce. Viaggio nella solidarietà a Spilimbergo dal Duecento al giorno d'oggi, edito dal Comitato Studi San Giovanni di Spilimbergo nel 2010. Il progetto trae forza e si sviluppa dall'ispirazione di don Silvano Tondat, cappellano del locale ospedale, e si concretizza in un luogo particolarmente caro agli Spilimberghesi: la cappella dell'ospedale, dedicata ai Santi Giovanni Battista e Pantaleone. Come ricordano, infatti, Ciro Rota e don Emanuele Candido, nel loro contributo introduttivo, Spilimbergo ha cominciato a sviluppare una riflessione sul valore della solidarietà e su come essa si sia concretizzata nei secoli all'interno della propria comunità, a partire dal 1996, quando si è ventilata la possibilità di demolire la cappella dell'ospedale. Negli anni seguenti, gli Spilimberghesi hanno dimostrato la volontà di preservare l'edificio sacro, che è stato riaperto al culto nel 2005. Lo hanno fatto non solo per il valore artistico della cappella, presentata con dovizia di particolari nel contributo finale di soprattutto perché essa è il punto di arrivo simbolico di un lungo cammino di solidarietà e di condivisione.
L'edizione di questo registro battesimale di Gemona del Friuli si presenta particolarmente intere... more L'edizione di questo registro battesimale di Gemona del Friuli si presenta particolarmente interessante per due motivi. Il primo è relativo alla tipologia della fonte, che si rivela primaria negli studi di demografia storica medioevale, e alla sua collocazione cronologica (1379-1404): secondo Hubert Jedin si tratta, infatti, del più antico registro battesimale esistente. Il secondo riguarda invece le modalità di analisi delle informazioni raccolte, che, con l'ausilio di sistemi informatici, sono state pienamente valorizzate.
(Tavola I) "Gesù si avvicinò e si mise a camminare con loro" (Luca 24,15) Nei primi secoli dopo C... more (Tavola I) "Gesù si avvicinò e si mise a camminare con loro" (Luca 24,15) Nei primi secoli dopo Cristo l'escatologia cristiana avvertiva come imminente il ritorno del Salvatore. Per questo motivo i fedeli vivevano la loro esperienza di fede esclusivamente nella dimensione della chiesa locale, all'interno della quale avvertivano pienamente la presenza di Cristo, che si manifestava attraverso il dono dello Spirito. La loro religiosità era imperniata sulla novità del messaggio cristiano, rispetto al giudaismo e ai culti pagani, e sull'essenzialità delle pratiche di culto. In quest'ottica i pellegrinaggi rimasero un fenomeno sporadico e secondario nel cammino di fede. D'altro canto le condizioni socio-politiche dell'Impero, le persecuzioni, le difficoltà del viaggio non permettevano, anche a chi lo desiderasse, di raggiungere agevolmente luoghi di culto lontani.
è nato a Pordenone nel 1975. Dopo una laurea in Storia delle religioni (Univ. di Trieste), ha con... more è nato a Pordenone nel 1975. Dopo una laurea in Storia delle religioni (Univ. di Trieste), ha conseguito un Ph.D. in "Scienze sociali e Studi storici delle religioni" (prevalentemente di cristianesimo delle origini e di rapporti fra oralità e scrittura nel mondo antico. Cura il sito internet www.letterepaoline.net.
Nel Trecento la città di Pordenone assume una fisionomia ben definita, diventando crocevia di per... more Nel Trecento la città di Pordenone assume una fisionomia ben definita, diventando crocevia di persone, mercanzie e cultura. Il volume mette a fuoco aspetti importanti della vita cittadina, nel più ampio contesto Nord-Orientale ed Europeo, nonché la peculiarità del territorio, con il suo complesso rapporto tra Castello, città murata e distretto, grazie anche a nuova documentazione dell’Archivio di Stato di Pordenone.
Le sette lampade è il titolo di una raccolta di sette racconti dedicati al tema delle virtù crist... more Le sette lampade è il titolo di una raccolta di sette racconti dedicati al tema delle virtù cristiane, cardinali e teologali. I racconti sono ambientati durante il Basso Medioevo, nei centri maggiori del Friuli Occidentale (diocesi di Concordia-Pordenone): Spilimbergo, Portogruaro, Pordenone. Si basano prevalentemente su fonti d'archivio e sui profili biografici di personaggi realmente esistiti, ciascuno dei quali esemplifica una virtù. La raccolta si propone, quindi, di ricostruire delle vicende umane storicamente determinate, cercando di integrare le informazioni derivate dalla documentazione con un profilo caratteriale ed emozionale verosimile, definito attraverso lo studio del pensiero e della spiritualità medievali. I testi rimandano, quindi, a una riflessione sul valore delle virtù cristiane, che travalica il tempo, come sosteneva lo stesso papa Giovanni XXIII, che le definiva "le sette lampade della vita cristiana". I racconti sono preceduti dalla prefazione di don Adam Miastkowski, dottore in diritto canonico, e corredato da sette tavole di Laura Guaianuzzi. Interverranno l'autore e l'illustratrice, condurrà il prof. Roberto Castenetto, presidente del Centro culturale "Augusto Del Noce" di Pordenone.
Il tema di quest'anno sarà: "Educare alla giustizia". Non solo alla legalità, ma a ciò che sta al... more Il tema di quest'anno sarà: "Educare alla giustizia". Non solo alla legalità, ma a ciò che sta alla sorgente della legalità: il rispetto verso le persone e il senso del dovere nei confronti del prossimo, della comunità e delle istituzioni.
Le sette lampade è il titolo di una raccolta di sette racconti dedicati al tema delle virtù crist... more Le sette lampade è il titolo di una raccolta di sette racconti dedicati al tema delle virtù cristiane, cardinali e teologali. I racconti sono ambientati durante il Basso Medioevo, nei centri maggiori del Friuli Occidentale (diocesi di Concordia-Pordenone): Spilimbergo, Portogruaro, Pordenone. Si basano prevalentemente su fonti d'archivio e sui profili biografici di personaggi realmente esistiti, ciascuno dei quali esemplifica una virtù. La raccolta si propone, quindi, di ricostruire delle vicende umane storicamente determinate, cercando di integrare le informazioni derivate dalla documentazione con un profilo caratteriale ed emozionale verosimile, definito attraverso lo studio del pensiero e della spiritualità medievali. I testi rimandano, quindi, a una riflessione sul valore delle virtù cristiane, che travalica il tempo, come sosteneva lo stesso papa Giovanni XXIII, che le definiva "le sette lampade della vita cristiana". I racconti sono preceduti dalla prefazione di don Adam Miastkowski, dottore in diritto canonico, e corredate da sette tavole di Laura Guaianuzzi.
Daniela Durissini (Università di Trieste) L'influenza delle compagnie toscane nell'economia tries... more Daniela Durissini (Università di Trieste) L'influenza delle compagnie toscane nell'economia triestina tra XIV e XV secolo Flavia De Vitt (Università di Udine) Ecclesiastici toscani in Friuli nel Tre -Quattrocento Donata Degrassi (Università di Trieste) Al di là del prestito. I Toscani come "diplomatici" ed affidatari di "incarichi speciali" ORE 15.30 Presiede
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con personalità importanti della sua epoca, come il cardinale Bonaventura
Badoer e i pontefici Urbano VI e Bonifacio IX. Nel 1402 diviene patriarca
di Aquileia e, in tale veste, è chiamato ad affrontare uno dei momenti
più travagliati della storia del principato ecclesiastico friulano. Durante
le ultime fasi dello Scisma d’Occidente, Antonio Panciera si avvicina ai
cardinali riuniti in concilio a Pisa. Nel 1411 è nominato cardinale dal
papa pisano Giovanni XXIII. Tre anni più tardi partecipa al concilio di
Costanza, che avrebbe dovuto porre fine alle divisioni interne alla Chiesa.
Il Panciera trascorre, quindi, gli ultimi anni della sua vita a Roma,
dedicandosi agli studi giuridici e a quelli umanistici. La sua famiglia,
rimasta in Friuli, consolida, invece, la propria presenza a Zoppola, di cui
negli anni passati aveva acquistato il castello.
Papers by Luca Gianni
con personalità importanti della sua epoca, come il cardinale Bonaventura
Badoer e i pontefici Urbano VI e Bonifacio IX. Nel 1402 diviene patriarca
di Aquileia e, in tale veste, è chiamato ad affrontare uno dei momenti
più travagliati della storia del principato ecclesiastico friulano. Durante
le ultime fasi dello Scisma d’Occidente, Antonio Panciera si avvicina ai
cardinali riuniti in concilio a Pisa. Nel 1411 è nominato cardinale dal
papa pisano Giovanni XXIII. Tre anni più tardi partecipa al concilio di
Costanza, che avrebbe dovuto porre fine alle divisioni interne alla Chiesa.
Il Panciera trascorre, quindi, gli ultimi anni della sua vita a Roma,
dedicandosi agli studi giuridici e a quelli umanistici. La sua famiglia,
rimasta in Friuli, consolida, invece, la propria presenza a Zoppola, di cui
negli anni passati aveva acquistato il castello.