Giorgio Amico
La leggenda di Hiram
Una questione ancora aperta
La leggenda di Hiram è centrale nella simbologia e nella ritualità massonica. La figura di
Hiram, capo architetto agli ordini di Salomone nei lavori di costruzione del Tempio di
Gerusalemme, la sua uccisione a opera di tre operai infedeli, il processo di morte-rinascita
che ne consegue danno vigore e sostanza iniziatica al Terzo Grado e insieme pongono le
premesse dei gradi di perfezione almeno per quanto attiene al Rito Scozzese Antico e
Accettato.
Verrebbe dunque da pensare che tutto sia chiaro in materia e che non ci sia nulla da ricercare
su Maestro Hiram e la sua storia. E quello che, con grande disinvoltura, ha fatto la maggior
parte degli studiosi di cose massoniche, i quali hanno scritto, senza procedere a nessuna
verifica, di leggenda medievale risalente alle corporazioni degli scalpellini. Ma è davvero
così?
Hiram e Dan Brown
Qualcuno è andato anche oltre e ha imbastito sulle spalle del povero Hiram ricostruzioni alla
Dan Brown. E' il caso del fanta-archeologo italiano Flavio Barbiero che usa il racconto della
morte di Hiram per riscrivere la storia della Massoneria, secondo lui copertura nei secoli
dell'azione nella diaspora della famiglia sacerdotale di Gerusalemme entrata in clandestinità
dopo la distruzione del Tempio:
“La Bibbia – scrive Barbiero - racconta la storia del popolo ebraico. I rituali massonici si
riferiscono a tutt'altra storia. Essi riportano soltanto avvenimenti che avevano rilevanza per
la famiglia sacerdotale di Gerusalemme e la cui descrizione in nessun modo poteva essere
ricavata dalla Bibbia stessa. Si tratta di episodi che si inseriscono in maniera appropriata
nella storia biblica e che spesso vi sono citati espressamente, ma nei rituali sono narrati con
una quantità di informazioni che non sono presenti nella Bibbia e soprattutto con un'ottica
strettamente unilaterale, interna alla famiglia sacerdotale [di Gerusalemme](...) Questa
convinzione è rafforzata dal fatto che ci sono molti paralleli tra le tradizioni massoniche e i
testi apocrifi del Vecchio Testamento, libri di autori ignoti, ma certamente appartenenti alla
classe sacerdotale della Gerusalemme dal terzo al primo secolo a.c.”.
Altri (è il caso degli inglesi Christopher Knight e Robert Lomas e del loro La chiave di
Hiram) si spingono ancora più avanti sul sentiero delle affabulazioni fantastiche,
rintracciando nella leggenda di Hiram la manifestazione di uno stesso simbolismo esoterico
che, partito dai Faraoni e ripreso poi da un Gesù segreto e sconosciuto (perché rifiutato e
tradito dalla Chiesa di Paolo), arriva ai Templari e poi nel Rinascimento a logge segrete di
massoni scozzesi per riaffiorare di nuovo alla superficie nel 1717, al momento della
costituzione della Gran Loggia d'Inghilterra che ne tramanderebbe il ricordo nelle sue
Costituzioni e nei suoi riti, ma non ne comprenderebbe più l'autentico significato.
Fantasie che hanno prosperato sul fatto (questo si storicamente documentato e dunque
incontrovertibile) che sulla genesi della leggenda di Hiram a tutt'oggi si conosce tanto poco
da far scrivere a uno studioso del calibro di Umberto Gorel Porciatti come, nonostante
le “appassionate ricerche da parte di storici perspicaci ed assai ben documentati” la genesi
della leggenda di Hiram fosse ancora avvolta “nel più impenetrabile mistero”.
In termini non dissimili, ma con una punta di umorismo british in più, un esponente
dell'autorevole Loggia di ricerca inglese Ars Quatuor Coronatorum No. 2076, tirando le
somme sullo stato dell'arte, scriveva nel 1961:
“Forse noi abbiamo ricercato la cosa sbagliata nella direzione sbagliata e con metodi
sbagliati, come nella ben nota analogia del cieco che cerca in una stanza buia un gatto nero
che neppure c'è”.
Ed in effetti i risultati della ricerca storica (quasi esclusivamente svoltasi in ambito
anglosassone) dimostrano al di là di ogni ragionevole dubbio che la Leggenda di Hiram
nelle forme attualmente conosciute e tramandate dalla Libera Muratoria non è anteriore al
XVIII secolo.
Cerchiamo di fare il punto della situazione a partire dalle origini. E dunque partiamo dalla
Bibbia.
Hiram e la Bibbia
Il nome Hiram appare nella Bibbia in alcuni passi del Primo libro dei re e del Secondo libro
delle Cronache. Vediamo i passi solo per la parte che ci interessa, considerato che sono
piuttosto estesi e si dilungano in dettagli ininfluenti per il tipo di argomentazione che stiamo
sviluppando:
“Hiram, re di Tiro, inviò i suoi servi presso Salomone, poiché aveva udito che questi era
stato uno re al posto di suo padre e Hiram era sempre stato amico di Davide” (1 Re, 5,15)
Così inizia il racconto del libro dei re. Continua poi spiegando come Salomone chieda a
Hiram di aiutarlo nella costruzione del Tempio inviandogli operai e materiali. Segue una
lunga descrizione dello svolgimento dei lavori. Infine, la Bibbia narra dell'arrivo a
Gerusalemme di Hiram
“Il re Salomone mandò a prendere Hiram di Tiro. Questi era figlio di una vedova della tribù
di Neftali, però suo padre era di Tiro e lavorava il bronzo. Egli era dotato di abilità,
d'intelligenza e di perizia nell'eseguire qualsiasi lavoro in bronzo. Venuto presso il re
Salomone, eseguì tutti i suoi lavori”. (1 Re 7, 13-14)
Il passo si conclude con la descrizione minuziosa dei lavori svolti da Hiram il quale
evidentemente, anche se il testo non lo dice esplicitamente, è un altro personaggio rispetto al
re di Tiro. Questo secondo Hiram è un abilissimo artigiano, specializzato nella lavorazione
del bronzo e il suo compito è dedicarsi in particolare alle opere di rifinitura degli interni.
Più chiaro il Secondo libro delle cronache, che riprende con maggiore precisione quanto già
narrato dal libro dei re. Anche qui si inizia con il racconto dell'accordo fra i due re,
Salomone e Hiram, per procedere alla costruzione del Tempio di Gerusalemme.
“Salomone mandò a dire a Hiram, re di Tiro: «Come hai fatto con Davide, mio padre,
inviandogli cedri per costruirsi una casa in cui abitare, così agisci anche con me». (2
Cronache 2,2)
Re Hiram risponde sollecitamente alle richieste di aiuto di Salomone e gli promette l'invio
di un abilissimo artigiano, Hiram-Abi:
“Ora ti mando un uomo esperto, pieno di abilità, Hiram-Abi, figlio di una donna della tribù
di Dan e di un padre di Tiro. Egli sa lavorare l'oro e l'argento, il bronzo, il ferro, le pietre, il
legname, le stoffe di porpora di violetto, di bisso e di cremisi; sa eseguire qualunque intaglio
e creare qualunque opera d'arte che gli venga affidata. Egli lavorerà con i tuoi artigiani e con
gli artigiani del mio signore, Davide, padre tuo”. (2 Cronache 2,10-13)
Segue in dettaglio la descrizione della costruzione, decorazione e consacrazione del Tempio.
Come si vede, la Bibbia parla di due personaggi chiamati Hiram: il primo è il re di Tiro,
amico di Davide e Salomone. Il secondo è Hiram-Abi, abilissimo artigiano e costruttore. E'
lui l'Hiram-Abif di cui parla la Massoneria. Nulla però il testo sacro ci dice rispetto alla sua
morte, tanto meno al ritrovamento del suo cadavere, cioè agli elementi costitutivi del rituale
del terzo grado.
Hiram e il Compagnonaggio
In un lungo studio (Appunti sulle origini) apparso nel 1992 sulla rivista Hiram, Giuseppe
Abramo entra nel merito della leggenda di Hiram. Secondo Abramo che si basa sulle
ricerche di Etienne Martin Saint-Leon, uno studioso francese della seconda metà
dell'Ottocento, i testi della leggenda di Hiram, conservati negli archivi dei vari
Compagnonnages, tutti con il riprodurre, come proemio, più o meno esattamente il racconto
biblico della costruzione del Tempio di Salomone, per poi passare al racconto della leggenda
della morte di Hiram per mano di tre apprendisti infedeli, della ricerca e del ritrovamento
del corpo del Maestro, della sua sepoltura “in una tomba di rame larga tre piedi, profonda
cinque e lunga sette, con un triangolo d'oro e questa iscrizione A.L.G.D.G.A.D.L.U (A' la
gloire du Grand Architecte de l'Universe) e vi si pone una medaglio triangolare dove stava
scritto il nome di Jehova”; e infine della cattura e della punizione dei tre assassini.
Nel suo lavoro Giuseppe Abramo da per scontato che la leggende hiramitica sia nata in
Francia, fra l'XI e il XII secolo, nelle logge degli scalpellini e dei tagliapietre,che
l'avrebbero importata dall'Oriente dove si era conservata nonostante il passare dei secoli. Ma
le cose non sembrano stare così.
Abramo cita le opere di Saint-Leon di seconda mano e soprattutto ignora che già nel 1946
nel loro The Genesis of Freemasonry (una pietra miliare negli studi scientifici sulle origini
della Libera Muratoria), gli autorevolissimi storici Douglass Knopp e G.P. Jones avevano
demolito le tesi di Sain-Leon in quanto “sfortunatamente, sembra impossibile datare queste
leggende o tracciare la loro storia”, considerato che lo stesso Saint-Leon non porta
documenti a sostegno delle sue affermazioni in quanto, come egli sostiene, queste leggende
sarebbero state trasmesse oralmente almeno fino all'Ottocento.
In mancanza di documentazione certa Knoop e Jones non hanno dubbi: le somiglianze fra i
rituali del compagnonaggio francese e della massoneria inglese esistono, ma sono dovute al
fatto che per nobilitare la loro storia i francesi ripresero leggende e catechismi dai massoni
inglesi del Settecento e non viceversa.
A complicare ulteriormente le cose c'è un passo delle Costituzioni di Anderson del 1723 e
precisamente quello in cui si afferma che, decaduta l'arte muratoria in Britannia a causa
delle devastazioni causate dai “danesi” (vichinghi), “Carlo Martello, re di Francia, mandò in
Inghilterra, per desiderio dei re Sassoni, parecchi esperti Compagni della Fratellanza e dotti
architetti: cosicché, durante l'Eptarchia, l'Architettura gotica fu qui incrementata, come in
tutte le terre cristiane”.
Dunque, secondo James Anderson, la Massoneria, scomparsa in Inghilterra, sarebbe stata
ricostituita in pieno Medioevo ad opera dei Compagnoni francesi che avrebbero trasmesso
ai confratelli inglesi insieme al loro sapere tecnico anche le leggende e i riti della loro
corporazione.
Tutto dunque si terrebbe, a confermare le tesi di Saint-Leon riprese in Italia da Abramo. Ma
anche in questo caso si tratta di affermazioni prive di riscontri storici. Non esiste, infatti, la
benché minima documentazione di questo presunto passaggio di consegne. Anzi i ricercatori
dell' Ars Quatuor Coronatorum No. 2076 e in particolare Lionel Vibert, forse il più
autorevole commentatore delle Costituzioni del 1723, considerano il passo su Carlo
Martello una delle tante forzature compiute dall'Anderson che su un canovaccio tratto da
manoscritti medievali interpolò sue considerazioni a costruire una storia assai fantasiosa
dell'Ordine. (Si può vedere a questo proposito l'introduzione del Vibert all'edizione Bastogi
delle Costituzioni, curata nel 1974 da Lino Salvini e Giordano Gamberini)
Hiram e le Costituzioni di James Anderson
E' ormai storicamente assodato il fatto che in nessun testo medievale inglese riguardante
l'arte muratoria (e sono oltre 130 risalenti a epoche diverse comprese fra il 1390 e il XVII
secolo) si tratti della leggenda di Hiram. Nelle fonti esistenti, i cosiddetti Manoscritti
Gotici, non se ne trova alcuna traccia. Solo nel cosiddetto Manoscritto Cooke, risalente agli
inizi del 1400, si accenna vagamente al Libro dei re, ma non c'è nulla che ricordi anche
lontanamente la leggenda di Hiram nella versione che prenderà nel Settecento. Nel MS
Cooke si trova la seguente frase:
“E nella costruzione dei Tempio, al tempo di Salomone, com'è detto nella Bibbia, nel 3°
Libro dei Re quinto capitolo, Salomone ebbe 80 mila muratori al suo servizio. E il figlio del
re di Tiro era il suo maestro muratore”.
Dunque non appare neppure il nome Hiram. Sappiamo invece con certezza che la prima
volta che fu conferito il terzo grado (e dunque utilizzato l'attuale rituale) fu a Londra nel
corso del 1724. Sappiamo anche che le Costituzioni del 1723 non fanno alcuna menzione
dell'assassinio di Hiram, limitandosi a riprendere il racconto biblico. Scrive infatti
l'Anderson, dopo aver descritto l'ampiezza dei lavori e la moltitudine di operai impiegati:
“Per questo grande numero di abili Muratori, Salomone fu molto grato a Hiram o Huram,
Re di Tiro, che mandò i suoi Muratori e Carpentieri a Gerusalemme, e abeti e cedri del
Libano a Ioppe, il più prossimo porto di mare. Ma soprattutto, egli mandò il suo omonimo
Hiram o Huram, il più perfetto Muratore della Terra”.
Al testo biblico aggiunge (e non stupisce, trattandosi di una storia ufficiale della Libera
Muratoria) solo una notazione sull'appartenenza di Salomone e Hiram alla Massoneria:
“il saggio Re Salomone era stato Gran Maestro della Loggia di Gerusalemme, il sapiente Re
Hiram Gran Maestro della Loggia di Tiro e l'ispirato Hiram Abif Maestro del Lavoro”.
Più interessante anche se oscura la lunga nota posta in calce relativa al significato del nome
Hiram Abif. Come nota il Vibert “benchè non contenga nessuna frase riguardante mistero. È
un indice che a quel tempo il vero significato del nome, aveva un interesse per la Craft [la
Corporazione]”
Ci vorranno ancora quindici anni perchè nel 1738 nella seconda edizione delle Costituzioni
del 1723 Anderson introduca il racconto dell'assassinio di Hiram per mano dei tre
apprendisti infedeli e della scoperta del cadavere. Questa per gli studiosi è la prova decisiva
che la leggenda hiramitica divenne parte integrante della tradizione massonica fra il 1723 e
il 1738 e non prima. Resta aperta la questione se la leggenda fu redatta ex novo dai
compilatori dei nuovi rituali o se elementi della leggenda preesistessero alla formazione
della Gran Loggia nel 1717. Robert F. Gould, uno dei primi grandi storici della Massoneria,
è perentorio:
“Se Hiram Habif avesse figurato, in quel periodo, nelle cerimonie o nelle tradizioni del
mestiere, le Costituzioni manoscritte dell'epoca non conserverebbero, come fanno, un
silenzio uniforme e ininterrotto sull'esistenza reale o leggendaria di un personaggio così
eminente nella storia e nella leggenda posteriore dell'Ordine.”
Tanto meno, continua Gould, il ricordo dell'assassinio di Hiram “sarebbe apparso nei primi
gradi e non introdotto senza alcuna forma di preavviso nel terzo grado”.
Hiram e Noè
Ma allora cosa accadde fra il 1723 e il 1738 di tanto importante da convincere il reverendo
Anderson a modificare il testo delle sue Costituzioni e ad introdurre la storia della morterinascita di Hiram nella forma che ancora oggi viene insegnata nelle Logge di tutto il
mondo?
Probabilmente niente o forse tutto. Perché passo dopo passo si era andata consolidando in
quegli anni la moderna Massoneria speculativa nata a Londra nel 1717. Di certo i
cambiamenti erano stati profondi: l'originario primo grado si era diviso in due e il secondo
grado era divento il terzo. anche i rituali si erano evoluti da una semplice cerimonia per
comunicare ai nuovi ammessi i segreti della Corporazione a un sistema filosofico assai
sofisticato di allegorie e simboli. Un processo che comunque non era stato indolore, come
dimostra nel 1719 l'incendio non accidentale degli archivi delle vecchie logge operative.
Non è dunque poi così strano che la prima menzione della leggenda di Hiram nella sua
interezza risalga al 1730, al libello di Samuel Prichard Masonry Dissected (Massoneria
dissezionata) in cui in polemica con l'Ordine ne venivano svelati i segreti.
Sembra che Samuel Prichard fosse stato un massone operativo e che non vedesse di buon
occhio i cambiamenti in corso, tanto da scrivere:
“I miei Fratelli colpevoli hanno sviluppato la superstizione e le fantasticherie inutili nelle
Logge per le loro pratiche e le loro recenti affabulazioni. Dei rapporti allarmanti, delle storie
di spiriti malvagi, delle stregonerie, degli incantesimi, delle spade sguainate e delle camere
oscure hanno prodotto il terrore. Ho deciso di non mettere più piede in una Loggia, a meno
che il Gran Maestro non metta termine a questi processi con una pronta e perentoria
ingiunzione a tutta la Fraternità.”
E in un'altra lettera:
“Raccontano delle strane e vane storie a proposito di un albero che sarebbe sortito dalla
tomba di Hiram, con delle foglie meravigliose ed un frutto di mostruosa qualità, per quanto
nel contempo essi non sappiano né quando né dove morì, e non ne sappiano più nulla sulla
sua tomba che su quella di Pompeo.”
Grazie al tradimento di Prichard, che violando il giuramento prestato, svela i segreti della
Craft, sappiamo con certezza che nel 1730 la leggenda di Hiram circola nelle logge inglesi,
e forse in più di una versione ,se in un altro testo di quell'epoca, il Manoscritto Graham del
1726, si racconta una strana storia identica in molti particolari a quella di Hiram.
Protagonisti sono i tre figli di Noè, Sem, Cam e Japhet che:
“andarono alla tomba di Noè, loro padre, per cercare di trovare qualcosa che li conducesse
al segreto della virtù che questo famoso patriarca possedeva”. Non trovando quanto
cercavano, i tre sollevarono il cadavere del padre già in via di decomposizione “mettendo
piede contro piede, ginocchio contro ginocchio, petto contro petto, guancia contro guancia e
mano sul dorso e invocarono 'aiutaci o padre'”
Non sappiamo come e perché nella forma definitiva Noè diventò Hiram. Di certo sappiamo
che la leggenda prese corpo nella sua forma attuale in quegli anni. Sappiamo anche che si
diffuse con estrema rapidità prima in Inghilterra e poi in Francia riapparendo dal 1730 al
1806, quando diventerà la base dell'appena costituito Rito Scozzese Antico e Accettato, in
una cinquantina di rituali in Inghilterra, Scozia, Francia e nelle colonie americane. Un
corpus vasto e articolato, di grande interesse iniziatico e simbolico, che varrebbe la pena di
esaminare con attenzione. Ma questo semmai sarà argomento di un'altra ricerca.
Gennaio 2014