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Dal soggetto all'intercultura

2017, Quaderni di Transglobal

Some training materials on how to get to a definition of interculture, passing through subject, power, culture and multiculturalism

Indice Soggetto, potere, ideologia 5 Cultura, identità 9 Multiculturalismo, intercultura 17 Fonti 26 Questi appunti sono stati pensati come materiale formativo; non hanno quindi la pretesa di produrre alcunché di innovativo dal punto di vista teorico, ma piuttosto una sistematizzazione di concetti e definizioni e delle relazioni che intercorrono tra gli stessi. L o iettivo auspi ato uello di giu ge e a u a defi izio e ope ativa di i te ultu a , sottraendola alle facili interpretazioni che la vogliono come il risultato automatico della volontà da parte di soggetti appartenenti a culture diverse di porsi armoniosamente in rapporto tra di loro. Quello che si intende fare, quindi, è mettere in evidenza quali elementi entrino in gioco quando si parla di intercultura e in che misura ci possano aiutare a interrogare il presente. I concetti di soggetto, potere e ideologia, sia pur descritti in modo molto sommario, hanno questa funzione: in che modo la costruzione del soggetto (della soggettività) interagisce con l ide tità? Le elazio i di pote e he pe ea o tutti gli a iti della vita so iale i o se to o di i te p eta e osa a ade all i te o della a e a ultu ale? L ideologia, nel momento in cui descrive il rapporto tra soggetti e condizioni di vita, aiuta a comprendere la fo azio e dell identità, vista nella connotazione dinamica e mai conclusa che gli è propria e, di conseguenza, a interrogare le narrazioni multi e interculturali? Le possibilità di dibattito, di azione e quindi di going on theorizing sono ampissime e molto attuali (sr). I uel o u e to di o ga izzazio e usi ale che è Il Clavicembalo ben temperato1 di Ba h […] o posto pe il ua to di to o o pe le figu e politonali, la cui possibilità è cancellata con un tratto di penna: per quanto magnifici siano gli effetti di uesta ost uzio e della agio e, […] essi sono condizionati da una procedura di eliminazione. P. Macherey, Il soggetto delle norme, 2017, pag. 17-18 Soggetto, potere, ideologia Pe aff o ta e il te a dell ide tità, della ultu a e, su essiva e te, del ulti ultu alis o e dell i te ultu a e essa io pa ti e dalla riflessione su alcuni concetti che, debitamente sottratti al loro significato abituale, assumono una funzione decisiva per la comprensione dei termini che si intendono trattare e delle relazioni che intercorrono tra gli stessi, facendone dei significanti imprescindibili pe l i te ogazio e e o p e sio e del p ese te. A maggior ragione se il presente di cui stiamo parlando è caratterizzato da relazioni e pratiche culturali e identitarie che mal si prestano a codificazioni semplicistiche e chiavi di lettura basate sugli assunti di base del postmodernismo, come vedremo in seguito. I ealtà, el testo vie e ipo tato, e o ea e te, Cla i etto , a il titolo giusto è Clavicembalo ben temperato, come mi ha fatto notare Silvana Rota. 1 I concetti da cui mi pare importante partire sono quelli di soggetto, ideologia e potere. Così enunciati, i tre termini potrebbero apparire o e dei sig ifi a ti vuoti , o eglio di e fluttua ti , el se so che includono al proprio interno una elevata quantità e varietà di significanti specifici, di ambiti di applicazione e di declinazione, anche contrastanti tra di loro, dei quali si pretende assumano una app ese tazio e u i a, o u adatta ilità indefinita. Anticipando quello che verrà detto dopo, ciò che si vuole mettere in evidenza qui è il carattere coestensivo, immanente, consustanziale ta to dell ideologia ua to del pote e a tutte le fo e della vita sociale. Il loro interagire, definire, formare, influenzare, quindi, non sulla vita delle pe so e, a al livello della vita delle pe so e stesse e allo st uttu a si di ueste ulti e o e soggetti . I appo ti di pote e, ella so ietà delle o e, agis o o, ui di, al livello della vita , p odu e do, i tutti gli a iti i ui la vita stessa di u individuo entra in contatto con altri individui o entità, da un lato, p ati he di assoggetta e to e, dall alt o p ati he di soggettivazione: attraverso queste ultime che il soggetto si riconosce e viene riconosciuto come tale (non più solamente come individuo), dentro al sistema di norme che definiscono questa interazione (Macherey, 2017). Il soggetto si p ese ta, ell eti ologia lati a, a ti olato su due fronti: il subjectum a cui vengono ricondotte le funzioni di comando, e il subjectus, i o du i ile i ve e all assoggetta e to e o ligo di obbedienza (Mezzadra, 2014). Quindi, nel termine soggetto si crea una tensione che si traduce poi in situazioni pratiche concrete che il li guaggio, l o dine del discorso, le pratiche discorsive definiscono e reificano in una collocazione precisa. Il soggetto, la soggettività, si p odu e all i te o del appo to t a pratiche di assoggettamento e pratiche di soggettivazione, all i te o [del]la te sio e t a ues due poli, [del]la lo o e ip o a i pli azio e i utevoli ostellazio i sto i he, poli he, so iali e ultu ali [...]. i ia olo a zi i te i i pi e il sogge o divie e i pe sa ile al di fuo i di uesto a po di te sio e, esso stesso prodotto i uesto a po di te sio e e di attaglia Mezzad a, 2014, pag. 27). Immerso in tale contesto, il soggetto si presenta o e a ito di ivoluzio e pe a e te , di u a oltepli ità indefinitamente aperta e in corso di costante ricomposizione, mai in u a odalità auto efe e ziale, a se p e i elazio e all alt o. O tologi a e te, si vie e o figu a do l'esse i dell'uo o pe l'altro uomo, la sua relazione umana con l'altro uomo, il rapportarsi so iale dell'uo o all'uo o Mezzad a, 4, pag. 4 . Questo significa che il soggetto non trova una sua definizione e collocazione antecedente il rapporto con altri individui, che si strutturano a loro volta o e soggetti. E u appo to se p e sto i a e te e socialmente determinato. Il soggetto, in conseguenza di ciò, non presenta mai un contenuto universale, ma ha bisogno di costruirsi attraverso pratiche e tecnologie specifiche e mai perfettamente uguali a quelle di altri. Riprendiamo ora il discorso del potere e vediamo come si ricompone la sua funzione in rapporto al soggetto. Questo processo ci porta ad analizzare tale dinamica da una prospettiva, se non uova, e ta e te pi i te oga te, a fo se a he u po e o rassicurante. La cosa certa è che ci aiuta nella comprensione di quel processo fondamentale che va sotto il nome di costruzione del soggetto e della sua identità, del rapporto tra soggettività e identità, del declinarsi di questo rapporto nei vari ambiti, in particolare in quello culturale. Il potere non esiste fuori dai rapporti che si instaurano tra diversi soggetti o entità. Questo significa che non esiste il potere, ma appo ti di pote e. “e uesto ve o, di ia o, dall i izio dell età contemporanea, non è sempre stato così: in passato ha assunto la fo a di u do i io a p es i de e , trascendentale, fondato su organizzazioni societarie in cui il potere era finalizzato solo al proprio mantenimento. Visto nella forma di rapporto, invece, il potere si sostanzia all i te o di u siste a di o e he, pu se za appa i e o e coercitive ma, al o t a io atu ali , appa te e ti ui di alla normalità, crea forme di assoggettamento che costituiscono la vera fo a di pote e dell età o te po a ea. Il soggetto si i o os e e viene riconosciuto in quanto interno a queste pratiche di assoggettamento. Il potere delle norme non ha come funzione principale quella di sanzionare o interdire, ma di definire quello che potrebbe essere sanzionato, perché esterno alle norme. Da questo punto di vista, la legge interpreta le norme e codifica sulla base di dispositivi fondati sulle norme stesse. Agendo al livello della vita delle persone, la società delle norme e i appo ti di pote e he la sosta zia o i ludo o l i te a vita delle persone, tutti i momenti in cui si agisce nella o per la produzione e riproduzione delle vite stesse. Da qui, nasce il concetto di biopotere e di biopolitica. Il soggetto, attraverso il processo di assoggettamento, è inserito interamente nel sistema così definito, che lo soggettivizza (Foucault, 2014). Ora, brevemente, vediamo in che modo si inserisce il tema dell ideologia e osa app ese ta. A ia o detto he do ia o s a azza i della visio e a ituale he si ha dell ideologia; pe fa e questo però abbiamo bisogno di una definizione alternativa, che la ate ializzi . efi ia o l ideologia o e l age te effettivo del p o esso di ip oduzio e so iale i ui oi volta; ui di, e olt e l esse e u sistema di idee (in senso negativo o positivo). Agendo a questo livello, l ideologia t asfo a u i dividuo in soggetto. Questo avviene attraverso un processo di auto rappresentazione del soggetto stesso ell ideologia. Quello he io app ese to di e stesso ell ideologia o so o le o dizio i eali di vita, a il io appo to o tali o dizio i. L ideologia assume quindi una funzione di rappresentazione del rapporto tra soggetti e condizioni di vita. I uesto se so, l ideologia si t asfo a i ual osa di olto concreto: in cosa si traduce questa mia autorappresentazione in rapporto alle mie condizioni di vita? In quello che viene chiamato da Bourdieu habitus, cioè i comportamenti pratici. Detto in altri termini, tutti i miei comportamenti pratici sono trasferibili in un sistema, un insieme di mie rappresentazioni, in cui riporto il rapporto tra me e i contesti della mia esistenza. Questo sistema, che mi rappresenta e condiziona, definisce le mie azioni, che mi fa pe sa e e agi e o eta e te , si hia a ideologia. Lu gi dall esse e u ast azio e, l ideologia si i a a i atti he so o inseriti in pratiche. Questo sistema, questo processo che, come abbiamo visto, costituisce il soggetto, non ha un inizio specifico, in u a dete i ata fase della vita dell i dividuo p e-soggetto) e eppu e u a volta pe tutte, a, p op io pe il suo ollo a si al livello della vita , i izia se p e , defi e do osì uello he vie e hia ato il se p e-già-soggetto . Il li guaggio svolge u uolo fondamentale, si definisce come campo che descrive, ed è descritto, dalla costituzione del soggetto (Macherey, 2017). Di questo pa le e o dopo, t atta do dell ide tità. Cultura, identità Credo che questi tre concetti – soggetto, potere, ideologia – ci aiuti o a defi i e i odo hia o uello he a ade all i te o della cultura. Anzi, a questo punto potrebbe sembrare addirittura i oppo tu o pa la e di ultu a , o e se si t attasse di u a ito specifico, ma, come vedremo, sarà possibile individuare alcune peculiarità che ne giustificheranno la sua estrazione temporanea dal contenitore a cui appartiene, che è quello dei rapporti tra gli esseri umani in tutte le forme che assumono nel corso della vita. La cultura si definisce come un campo di lotta tra forze che tendono a proporsi come egemoni e forze che tendono a proporre contenuti, manifestazioni, linguaggi che si sottraggono a queste tendenze egemoniche. Riconducendo questa affermazione a quanto detto precedentemente, possiamo dire che la cultura è composta da norme che definiscono contenuti, modalità e ambiti di applicazione di principi, valori, categorie, credenze, codici di comportamento, ecc. nella relazione tra esseri umani. Tali norme fanno apparire un determinato sistema degli elementi sopra elencati come quelli che atu al e te appa te go o a u dete i ato o testo i u a dete i ata fase sto i a. Questo se so di atu alezza delle o e fa sì che ciascuno vi venga assoggettato, secondo una sua specifica collocazione in qualità di soggetto che viene interpellato da tali norme. Tale capacità pervasiva da parte del sistema che viene così a collocarsi al livello della vita delle persone ne denota il suo carattere egemonico. Cosa accade quando vengono proposte, dentro a questo sistema fatto da assoggettamento al e soggettivazione nel sistema definito ultu a , alt i p i ipi, valo i, atego ie, ede ze, odi i di comporta e to? “i ea u e ede za ispetto a uel siste a ellittico, bipolare, che produce un nuovo modo di essere soggetto, pu all i te o dello stesso siste a, u a soggettività diffe e te si delinea un elemento sfuggente, che deve essere contrastato, contenuto, ricondotto dentro il sistema delle norme. Quindi, secondo questa logica, il conflitto culturale è coestensivo, immanente, consustanziale a tutti gli ambiti in cui la cultura si presenta come campo di relazione tra persone, né più né meno dei rapporti di potere. Questa lettura porta con sé obbligatoriamente la necessità di rileggere termini quali multiculturalIsmo, intercultura e i relativi aggettivi, tenendo in considerazione il fatto che il sostantivo e aggettivo hanno due funzioni semantiche differenti. Prima di passare ad analizzare più da vicino questi termini e la loro applicazione, abbiamo bisogno di qualche ulteriore passaggio, che ci consenta di leggere meglio la filigrana che compone il concetto di cultura e le varie forme che questa assume nel mondo globale in cui i uovia o. Passe e o su essiva e te a des ive e l ide tità el rapporto che si definisce con quanto detto finora, per giungere alla fine a occuparci del significato e utilizzo dei termini multiculturalismo-multiculturale, intercultura-interculturale. Recuperando i punti principali sopra esposti, possiamo dire che: La cultura è uno dei tanti ambiti che vivono di rapporti di potere. La ultu a u alt o odo pe defi i e l ideologia, osì o e stata precedentemente descritta. La cultura descrive il modo in cui il soggetto si costruisce e si definisce continuamente nella società delle norme, tra pratiche di assoggettamento e pratiche di soggettivazione. La cultura è luogo di conflitto e negoziazione di soggetti. Quindi, la cultura è tutto quello che abbiamo visto finora. Ma, proprio per la dimensione collettiva che ci interessa ora mettere in evidenza, è anche qualcosa in più. Un punto mi sembra importante evidenziare subito e che ritornerà anche dopo: spostandosi su un piano che prende in considerazione le collettività, anche specifiche, quindi fuori da qualunque astrazione, emerge il carattere conflittuale, contrappositivo, irriducibile a ricomposizioni onnicomprensive dei rapporti di potere che entrano in gioco nel campo della cultura, senza negare la possibilità di negoziazione. Affermare questo significa confutare le tesi che stanno alla base del ulti ultu alis o , o e ved e o dopo. Riprendendo quanto detto prima sui rapporti di potere, possiamo dire che nella cultura si verifica, a livello individuale e collettivo, quella stessa tensione che abbiamo messi in evidenza precedentemente tra pratiche di assoggettamento e di soggettivazione. Se la cultura egemone, dominante tende irreversibilmente, anzi, o al e te , ad assoggettare gli individui alle proprie norme e se gli individui, riconoscendosi in tale pratica, si producono, si riconoscono e vengono riconosciuti come soggetti dentro a quelle norme stesse, non di meno si realizza quella produzione di eccedenza, quel di pi , l ele e to sfugge te , he dà spazio e sostanza alle altre culture, alle controculture. Storicamente, questa tensione ha messo in atto dei processi che hanno condotto a delle contro narrazioni tanto di periodi storici passati, quanto della nostra contemporaneità. Pensiamo, ad esempio, alla riscrittura della nascita e sviluppo del capitalismo in Inghilterra dal punto di vista delle classi lavoratrici prodotta da E. Thompson (con il famosissimo The making of the English working class), o del periodo coloniale e delle successive trasformazioni contemporanee, lette, interpretate e riscritte dai subaltern studies e dai postcolonial studies, o della definizione del ruolo in generale della cultura nella descrizione di posizionamenti, contrapposizioni nella nostra contemporaneità da parte dei cultural studies. L ele o pot e e p osegui e a lu go, o i Black studies (W. E. Du Bois, F. Fanon, P. Gilroy i più conosciuti), gli studi femministi e di genere (J. Butler soprattutto, tra le tantissime studiose), le controculture metropolitane musicali, teatrali, performative in genere e molto altro. Ma parlando di altre culture, non possiamo dimenticare come queste siano alche il risultato di profondi e continui processi di contaminazione, meticciato, che, agendo in contesti multiculturali, creano zone di sovrapposizione, definiscono nuove forme espressive, linguistiche, modelli relazionali in ambiti produttivi e riproduttivi. Non a caso, i filoni di studio riportati sopra, molto spesso interrogano queste forme espressive culturali, per coglierne gli aspetti che più danno il senso della t asfo azio e cultura. osta te e te i o so all i te o del siste a Un importante esponente dei cultural studies con una netta impostazione antropologica, J. Clifford, ha coniato la definizione di ultu a ell età o te po a ea o e travelling cultures (in Cultural Studies, 1999). Con il termine travelling cultures, Clifford intende concepire le culture come fenomeni in perenne movimento, vale a dire come il prodotto, mai finito, di contatti, di incontri e fusioni, di o flitti e di esiste ze o igi ati dall i te azio e t a iò he isiede o de t o , he defi is e ed defi ito dal siste a delle o e, dall ideologia, possiamo dire noi adesso, e iò he vie e da fuo i , quindi tutto quello che deve, o potrebbe aver bisogno di, essere ricondotto a quelle norme. In questo incontro, affiorano più nettamente delineate storicità costruite e contestate, siti di dislocazione, interferenza e interazione che connotano il vivere delle culture, che possono prendere forme molto differenti tra loro. E ui he si etto o i atto le p ati he di i lusio e, fo lusio e o di i lusio e diffe e ziale he defi is o o i posizio a e ti all i te o del a po ultu ale. Ci stiamo avvicinando al tema del multiculturalismo, forse, con qualche strumento in più. Prima di arrivare a questo, che rappresenterà la parte conclusiva, è e essa io p e de e i o side azio e l alt o ele ento centrale della ost a a alisi l ide tità e le p ati he he la p odu o o all i te o di ua to visto fi o a. La p i a osa he i se a i po ta te fa e da e u o e p op io all ide tità, pe sott a la alla possi ile o fusio e o alt i concetti che riguardano il soggetto, individuale o collettivo che sia. L ide tità u a app ese tazio e. Cosa sig ifi a des ive e l ide tità o e app ese tazio e? “osta zial e te sig ifi a distinguerla temporalmente dal momento della costruzione del soggetto, del sé (ma non dal luogo dove questo avviene), e trasferi la ell a ito app ese tativo, pe fo ativo eato el punto di raccordo tra le pratiche discorsive che ci narrano, ci interpellano, ci collocano come soggetti a cui noi, temporaneamente, ci attacchiamo, nel momento in cui ci siamo effettivamente costruiti o e soggetti he posso o esse e pa lati da quelle stesse pratiche. L identità potrebbe essere così definita come il di fuori del soggetto, la parte che consente allo stesso di rendersi visibile, enunciato, riconosciuto. In altri termini, le identità sono delle posizioni soggettive (individuali o collettive) assunte, proprio come rappresentazioni temporanee del soggetto e del p o esso he l ha ost uito. L ide tità vie e osì o ti ua e te negoziata, per poter apparire dove serve. Possiamo pensare alle più disparate situazioni e vedremo che la rappresentazione identitaria si manifesta seguendo lo schema p oposto il agazzo a s uola, l i seg a te di Feldelkrais, il richiedente asilo, la donna in un centro antiviolenza, il formatore, l atto e, il o i o, lo psi a alista. Tutti uesti ese pi va o pe sati in ambiti di interazione, ovviamente, per poterne cogliere il significante identitario. Così come il processo che porta alla costruzione del soggetto si chiama soggettivazione, quello che conduce alla costruzione dell ide tità si hia a ide tifi azio e. E u p o esso he o po ta il i o os e e u o igi e o u e, a atte isti he o divise o u individuo o un gruppo, o un ideale. Presuppone l attaccamento, o per meglio dire, l incarnazione di un habitus (P. Bourdieu, L. Wacquant, 1992). Al pari del primo processo, anche questo è sempre in corso, non ha un carattere essenzialista, si può odifi a e, a a do a e, sposta e alt ove. E u o etto he implica un porsi in relazione, non un inglobare in sé, non una sussunzione. E in questa logica che il concetto di habitus che sottende l identificazione è stato riletto nella sua forma frammentata e storicamente determinata (E. B. Silva, 2016). “e pe sia o all ide tità o e u a p ati a di auto a azio e, si può di e he l azio e p i ipale he l ide tità stessa svolge uella dell e u iazio e. Co e le p ati he teat ali ost a o i odo assolutamente chiaro, il soggetto che enuncia e il soggetto ell e u iazio e app ese tazio e ide tita ia o so o ai ide ti i. Il soggetto dell e u iazio e si ide tifi a o la rappresentazione che gli serve, ne mette in scena una narrazione, che descriveranno determinati eventi, passioni, valori; solo quelli e non altri. I p o essi di ide tifi azio e o du o o a ide tità tutt alt o he monolitiche, ma frammentate e divise, costruite sulla base di interazioni tra discorsi e pratiche anche conflittuali tra di loro. Tutto questo di verifica fi dall i izio dell età o te po a ea l uo o o te po a eo fatto i dissolu il e te da oltepli i forme identitarie e culturali; il contesto in cui si muove è fatto da a iti i ui il soggetto vie e pa lato i odi dive si, p odu e do quindi identità diverse, processi di identificazione diversi, che si a ti ola o o uelle p ati he dis o sive. Le ig azio i, a pi i generale il processo di globalizzazione, hanno accentuato queste caratteristiche, le hanno rese più evidenti perché basati su pratiche discorsive più forti, più connotanti, non le hanno introdotte ex novo. L ide tità uta e to i s , i po e i elazio e o la sto ia, a o o e u ito o o i e a delle adi i, a o e u ve i e a patti o i p op i iti e a i Hall , 2006, pag. 317). Nel p i o aso, fa e o ife i e ti a u idea di ide tità ultu ale o e u u i a ultu a o divisa, he i defi is e e i ide tifi a o fa sì che ci identifichiamo) come membri di un corpo sociale, un 1 popolo, una religione, con riferimenti costanti. Così facendo, sa e o ve osi il e te o dotti ad atta a i a i agi i comunitarie – prodotte a livello di inconscio, o di subconscio - che, al di là della loro veridicità o meno, hanno importanza proprio per il odo i ui ve go o i agi ate e pe l uso che ne facciamo e per o e i a ti olia o ad esse A de so , . Nel se o do aso si fa riferimento a ciò che nel tempo siamo diventati, a quello che è l esse e, alle te ologie del s he e t a o i gio o el pe o so di costante costruzione della nostra soggettività e delle rappresentazioni identitarie, come un prendersi cura del nostro sé (epimèleia heautoù, di tradizione socratica – Foucault, 1983). Le identità sono nomi che diamo ai modi diversi in cui ci posizioniamo e siamo posizionati dalle narrazioni del passato , anche recentissimo. Da questo punto di vista, l ide tità ultu ale si coniuga con il concetto di tradizione culturale (anche questa da vedere sempre in chiave evolutiva e mai consolidata una volta per tutte). Le identità sono delle posizio i he il soggetto ost etto a p e de e, pu sape do se p e he so o delle app ese tazio i e che le rappresentazioni si costruiscono sempre attraverso una a a za, u a divisio e, a pa ti e dal luogo dell Alt o, e pe iò o possono mai essere del tutto adeguate – identiche – ai processi soggettivi he so o lo o att i uiti (Hall , 2006, pag. 318-319). 1 In quanto risultato di rapporti di potere, le identità si fondano più su ciò che non è, che su ciò che è: si strutturano attraverso la diffe e za, si ost uis o o sulla ase del di fuo i ostitutivo . Quello che non è (il negativo), mi consente di definire ciò che è (il positivo . Va i adito o u a e ta fo za la ost uzio e dell ide tità è un atto di potere, basato su un processo di chiusura. Multiculturalismo, intercultura E adesso, finalmente, arriviamo (temporaneamente, provvisoriamente) al multiculturalismo-multiculturale. Il sostantivo e l aggettivo ha o fu zio i dive se – così come accade per norma e normale, legge e legale, ideologia e ideologico –, descrivono cose differenti. P e dia o i o side azio e solo il se o do. L aggettivo se ve a connotare una pluralità di situazioni e le politiche messe in atto al loro interno che, spesso, non hanno nulla in comune dal punto di vista delle caratteristiche del contesto a cui si applica. Fanno ife i e to, ad ese pio, a ealtà ostituitesi all epo a della t atta degli schiavi (USA, Caraibi, Antille, Brasile), o al periodo coloniale (tanto nei paesi colonizzati, quanto, successivamente, in quelli olo izzato i , all este sio e di i pe i (come la dinastia Ming, quella di Moghul, l i pe o otto a o di “uli a il Mag ifi o , all o upazio e fo zata di te ito i “A e Is aele , o i o segue za dello spostamento di popolazioni, per piani strategici di carattere p oduttivo l ex U io e “ovieti a). Il termine, impiegato per descrivere contesti così diversi, tende quindi, quando viene utilizzato, a una procedura di semplificazione della complessità, fino a banalizzare il profondo significato che esso esprime. Come si sarà notato, abbiamo citato periodi antecedenti di alcuni o olti se oli il o testo a ui sia o soliti appo e l aggettivo multiculturale oggi. Il riemergere con forza del tema del ulti ultu alis o sia o passati al sosta tivo all i te o della nostra quotidianità è da porre in relazione al fatto che il presente in cui viviamo può essere interpretato solo in qualità della condizione postcoloniale che lo connota e letto attraverso le lenti della critica che tale condizione impone (Mezzadra, 2008). Ma su questo punto non ci soffermiamo adesso. In tutti gli esempi citati – ma spingiamoci pure a includere la nostra contemporaneità – il multiculturalismo ha alla base, in molti casi in modo più che evidente, rapporti tra dominanti e dominati, atti di guerra e violenza, di sopraffazione, depauperamento. Il ulti ultu alis o po ta ei suoi ge i l ele e to ostitue te della subalternità, della contrapposizione tra forze in gioco: il multiculturalismo si basa su rapporti di potere, così come sono stati descritti in apertura di questo lavoro; il multiculturalismo è un fatto totalmente politico, nella pienezza del suo significato. Sottrarre al termine multiculturalismo la sua dimensione politica, significa banalizzare, smussare qualcosa che deve vivere e dispiegarsi, i ve e, el suo p ese te pie o . All i izio di ueste pagi e, si fatto u a e o al post ode is o; un brevissima digressione spero ci aiuti a comprendere meglio di cosa stiamo parlando adesso. La nozione di postmodernismopostmoderno, nel momento in cui si coniuga con quella di globalizzazione (già qui, appare evidente il nesso con il discorso multiculturale), sembra agire in base a una lettura che tende a sminuire, a sottacere le pratiche di differenza e differenziazione, di alterità che connotano le striature, le discontinuità tra classi, generi, gruppi etnicizzati, tanto a livello globale, quanto nelle singole dimensioni nazionali. In pratica, il riconoscimento della dimensione ulti ultu ale e ultiet i a da pa te dell app o io post ode ista, come conseguenza implicita ai processi di globalizzazione, mette in evide za uesti fe o e i de t o u a o i e data dal te po o oge eo e vuoto della ode ità, a ui i ve e e essa io contrapporre la frammentarietà e la pienezza di un presente che si struttura e si riproduce sulla diffe e za e l alte ità, l es lusio e e l i lusio e diffe e ziale Mezzad a, Neilso , 4. Seguendo questo ordine, appare evidente come le dinamiche di potere prima descritte, i rapporti di potere che caratterizzano la società delle norme operino sul piano della globalizzazione. La ig azio e o e fe o e o auto o o , o egola izza ile e o p evedi ile, ostituis e uell e ede za di soggettività el appo to tra assoggettamento e soggettivazione che sta mettendo in crisi l i te o O ide te. Con la proposta di questo quadro di riferimento per l i te p etazio e delle p ati he dis o sive sul ulti ultu alis omulticulturale, dove possiamo arrivare? Certamente al riconoscimento delle ragioni del fallimento di tutte le politiche e a azio i ulti ultu ali i Eu opa e olt e, di f o te all e e ge e di problematiche conseguenti la crisi economico-finanziaria, politica, di app ese ta za e edi ilità delle istituzio i, p i a, e l i po si u nuovo paradigma migratorio, quello che ha come soggetto centrale il i hiede te asilo , dopo. Questi fe o e i ha o fatto sveglia e di sop assalto la ella addo e tata el os o Fa o , , pag. ), con un risultato olto dive so da uello he si auspi ava Fa o olt e i ua t a i fa. Le proposte politiche dichiaratamente neonaziste e razziste che arrivano ormai da ogni angolo del mondo occidentale, ne rappresentano un segno inequivocabile. La hiusu a di ueste ote o ligato ia e te sull i te ultu a. A ette do la ia diffi oltà a fa e i o ti o l i tercultura come significante eccedente, in qualche misura autonomo, o con una sua specificità rispetto a quanto detto finora, provo a misurare il termine intercultura con quelli di traduzione, ibridità e differenza, seguendo quanto teorizzato dagli studiosi dei subaltern studies H. Bhabha e Charkrabarty Spivak e da S. Hall. Si produce, in questo odo, u a lettu a o t opelo del o etto di intercultura. Mi sembra opportuno, però, fare prima una considerazione sul legame/differenza tra multiculturalismo e intercultura. Il prefisso usato nei due termini segna la differenza, il contesto di applicazione, il lega e. E e ta e te ve o he il p efisso multi ha la funzione di descrivere una situazione data, oggettiva, un riconoscimento di un dato di fatto a o pe uesto stati o, ossifi ato. Tutt alt o , i ui si sostanziano norme, prima che regole, di governamentalità. Il prefisso inter, per contro, descrive una relazione e, in quanto tale, denota un movimento: tale movimento può essere conseguenza delle norme (e quindi regole, leggi) che governano il contesto multiculturale, o essere eccedenti, sfuggire le stesse. I teorici dell i te ultu a ha o spiegato he, in conseguenza di questa diffe e za, l i te ultu a des ive l i idità, lo s a io, la sov apposizio e. U a ota l i te ultu a as e i F a ia egli a i , pe des ive e il p o esso he doveva i te essa e i figli degli immigrati provenienti dalla pe ife ia dell ex I pe o ella s uola francese. Dato il modello assimilazionista che ha connotato le politi he di gove a e talità dell i ig azio e i F a ia, diffi ile vede vi u a ual he fo a di i idità positiva , a las ia o perdere le origini. Il suo contributo specifico, a quanto mi è dato da capire, sta nella presa di coscienza che, dato un contesto multi, è necessario porre aggio e atte zio e alle di a i he elative all inter, alle forme che queste assumono, agli ostacoli che vi si frappongono, al ruolo che gio a o, all i te o del multi, le differenze. Ogni contesto multiculturale è di per sé interessato da manifestazioni interculturali. Persino i più segregazionisti presentano qualche forma di contaminazione, sia pur minima e strettamente o t ollata. Mi vie e i e te, ell A e i a seg egazio ista, il lo ale Cotto Clu , dove i e i poteva o esi i si come musicisti, ma dove non potevano entrare come clienti. La musica nera, che ha svolto un ruolo fondamentale nel processo di soggettivazione e di catalizzatore delle istanze degli afroamericani, arrivava, soavemente, apparentemente innocua, ma arrivava, alle orecchie e ai cervelli dei bianchi ospiti del locale. Alcuni dei messaggi proposti, debitamente camuffati, sfuggivano al controllo della e su a. Pote za dell agency. Tornando agli autori sopra citati, partiamo da un concetto che i op a u uolo e t ale ell ope a di Bha ha il te zo spazio . Co uesta defi izio e, Bha ha des ive u luogo i ui si produce, come conseguenza di uell e ede za all assoggetta e to di cui abbiamo più volte parlato, l’agency del soggetto, l’acting – come lo definisce Isin –, il risultato, trasformato in atto, della soggettività. Qui t ova spazio l i idità, la t aduzio e, la trasgressione, come manifestazioni, rappresentazioni di un agire i te ultu ale. L i idità lo spazio dove le o t apposizio i e divisioni binarie non funzionano più, lasciando il posto a sovrapposizioni, incontri/scontri tra culture che, inevitabilmente, occupano una posizio e diffe e te el a po di gio o he l a e a ultu ale. Il te zo spazio o upa zo e li i a i, pe ife i he, dove l i idità può esse e vissuta, t adotta, o e app ese tazio e ide tita ia dell agency del soggetto. Una descrizione molto efficace di questo terzo spazio si ottiene pensando alle rivoluzioni scientifiche (T. S. Khun, 1969-1978). Nel momento in cui emerge un nuovo paradigma, il suo sostenitore vivrà un periodo in cui la propria teoria sarà prima rigettata (opposizione binaria tra culture), poi considerata, discussa ai margini del paradigma dominante, creando ambiti di sovrapposizione tra i due paradigmi, quello vecchio e quello nuovo (ibridità), fino al suo totale rifiuto o accettazione (vittoria della vecchia cultura egemone, o emersione di una nuova egemonia culturale). La seconda fase, rappresenta l a ito di u azio e i te ultu ale. Cosa accade nel terzo spazio nel momento in cui due culture, due linguaggi entrano in intimo contatto, in interazione tra di loro? Si mettono in atto necessariamente dei processi di traduzione. Si tratta di tecniche basate su dinamiche di decodificazione del messaggio culturale originario, codificazione nel linguaggio culturale di destinazione e nuova decodificazione da parte dei depositari del secondo. Perché questo processo sia efficace, la traduzione deve ette e i atto elazio i di p oduzio e , dotate di se so o u i ativo, p esuppo e do la a a za di e uivale za t a il linguaggio prima e dopo la traduzione (Hall2, 2006, pag. 37). La traduzione, quindi, entra con un ruolo di protagonista nelle pratiche interculturali, le fa vivere come atto comunicativo. Come tutto questo si relazioni a quanto visto finora, credo, appaia immediatamente intuibile. Ma facciamoci aiutare dalla Spivak in questo passaggio. Ogniqualvolta ci poniamo nella posizione di tradurre un messaggio, un valore, una direttiva, una norma (nel senso che gli abbiamo dato sin dall'inizio) dal linguaggio in cui è stata codificata verso un altro linguaggio ci collochiamo inevitabilmente al crocevia di rapporti di potere. Quel concetto deve arrivare a destinazione per come è stato inteso e codificato originariamente, presupponendo la mancanza di isposta, se o di tipo auto efe e ziale, a u pe h osì? . Gli esempi, come qualunque mediatore potrebbe testimoniare, sono infiniti. I surrender to the text when I translate i a e do al testo ua do t adu o , s ive la “pivak i Testo a f o te , 4 osa significa questa affermazione, tanto evocativa quanto importante? Significa, credo, che il traduttore, dentro le pratiche interculturali, per quello che ci interessa adesso, accetta i limiti imposti dall'irraggiungibilità di una dimensione coestensiva delle culture; resta sempre una parte che non si può tradurre, se non a discapito del reale significato originario, accetta il carattere intimo dell'atto, prendendone le dovute distanze e con la consapevolezza della posta in gioco che c'è in quel rapporto asimmetrico di potere. Assume un ruolo importante, quindi, la produzione di differenze nei contesti multiculturali e nelle pratiche interculturali che vengono fo ulate all'i te o dei p i i. “ottoli eo il te i e p oduzio e , per evidenziare come tali differenze rappresentino, in quel rapporto asimmetrico di potere, la parte eccedente l'assoggettamento operato da una cultura verso un'altra, lo spazio oltre il margine così stabilito, dove si articola la soggettività culturale e le sue rappresentazioni identitarie sottratte a quella logica o alizza te . Stuart Hall, riprendendo Deridda, parla di questa differenza nei te i i di u a tessitu a di si ila ità e diffe e ze he ifiuta di s i de si i opposizio i i a ie defi itive Hall 2, 2006, pag. 289). Si tratta quindi di differenze che non prevedono né un'origine, né una destinazione fisse, definitive, ma che mutano con il cambiamento dei rapporti in corso. La differenza ha un valore epistemologico solo se collocato in una situazione relazionale: non esiste in quanto concetto a sé stante. Da qui il suo valore politico, in quanto elemento che sancisce la trasformabilità costante di un determinato contesto. L'ambito così delineato tra similarità e differenze è, ancora una volta, quel terzo spazio, al cui interno si articolano le pratiche interculturali. Il loro scopo principale diventa, quindi, cogliere i cambiamenti di posizionamento, le nuove articolazioni tra differenze e gli spazi d'azione che aprono (o chiudono). Il termine differenza sembra a prima vista contrapporsi a quello di u ive sale. No osì. Co e ha e des i o Bali a i u a e e te i te vista e ei suoi lavo i pi e e , l u ive salis o, olt e a esse e fo dato sulla di e e za da alt i u ive salis i og u o storicamente e culturalmente determinato), produ e di e e ze al p op io i te o. Queste di e e ze, pe ip e de e ua to de o i p e ede za, app ese ta o il o o fo a si alle o e, di ui l u ive salis o si se te deposita io. Chi po tato e di uesta di e e za es luso atu al e te , o al e te dall u ive sale, pe h i uta l u ive salis o, o non lo capisce. Siamo così tornati alle prime pagine di queste note, dove si diceva che il sistema delle norme si fonda su rapporti di potere. Possiamo addirittura fo ula e l ipotesi he, i ealtà, si viva i u a ealtà plu ive sale , o e la de is e )izek i u suo i po ta te e e e ssi o lavo o, o a aso i tolato ispa ità (Zizek, 2017). Tenendoci ben saldi a queste definizioni, entriamo più nel merito di quella che è la nozione di intercultura. Se è vero che continua ad apparire come qualcosa di già insito nei concetti finora esposti, è altrettanto vero che si propone di dargli una maggiore visibilità e valenza operativa. La condizione multiculturale non appartiene alle atego ie della stati ità, tutt alt o; o si li ita a fotog afa e u o stato di cose presenti, ma si presenta come la base su cui si producono, in ambiti e tempi diversi, rapporti di potere, politiche, pratiche, rappresentazioni. L i te ultu a agis e sullo stesso piano, individua quelle modalità di interazione già esistenti nei fatti tra culture, le pratiche di rappresentazione identitaria; mette in evidenza le possibili contaminazioni e contatti, con la consapevolezza della temporaneità del valore che questi hanno, del contesto in cui si inscrivono e da cui non si può prescindere. P ovi ializza il o etto di oi i o t apposizio e a lo o, po e do l atte zio e sulle pratiche che favoriscono uno sposta e to dell a golo di visuale da ui si osse va o ueste due posizioni, i due luoghi di appartenenza immaginaria a cui si riferiscono. Pensando alla nostra quotidianità, possiamo individuare tali ambiti di azione interculturale nelle pratiche che molte organizzazioni di base mettono in atto nei contesti in cui operano, nei quartieri multietnici, nelle scuole, sia formali, sia informali, nei laboratori teatrali, nei centri antiviolenza, nei centri sociali, centri di accoglienza, formali e informali (basti pensare, per fare un unico esempio, all'esperienza del Baobab in via Cupa, a Roma), e moltissimo altro ancora. Tali organizzazioni consentono quello che Hall chiama il going on theorizing, una continua produzione di teoria, come conseguenza del costante cambiamento delle condizioni di riferimento del loro agire. Sono organizzazioni che vivono, per definizione, il confine, anzi, i confini che tagliano trasversalmente le metropoli, creando ambiti di continuità e di frammentazione tra spazi e tempi che trovano la loro logica collocazione nella condizione postcoloniale della nostra contemporaneità. Riprendendo quanto detto finora, queste organizzazioni si collocano in quel terzo spazio dove agiscono continuamente pratiche di ibridità, di traduzione, dove le differenze mostrano quotidianamente il loro carattere temporaneo e costitutivo delle soggettività che vi si costruiscono e che è allo stesso tempo da queste costruito, sulla base di rapporti di potere e rappresentazioni ideologiche, che altro non sono che la conseguenza del rapporto tra soggetti e condizioni di vita, anch'esso sempre in trasformazione. L'intercultura, quindi, collocandosi al livello della vita, può favorire l'utilizzo del ua to di to o e delle figu e polito ali , sottraendole a quella procedura di eliminazione voluta dalla lettura del rapporto tra strumento musicale e possibilità espressive come un qualcosa di immodificabile, anche da un genio come Bach. Fonti B. Anderson, Comunità immaginate, Roma, 1996 H. Bhabha, I luoghi della cultura, Roma, 2001 P. Bourdieu, L. Wacquant, Risposte, Torino,1992 J. Butler, La vita psichica del potere, Milano, 2013 G. Chakrabarty Spivak, La politica della traduzione, in Testo a Fronte n. 31, 2004 J. Clifford, Traveling cultures, in Cultural Studies, N.Y., 1992 F. Fanon, I dannati della Terra, Torino, 1962-2007 M. Foucault, Poteri e strategie, Milano, 2014 M. Foucault, Lezioni all'Università di Berkeley, 1983 http://www.openculture.com/2012/01/michel_foucault_free_lectures.ht ml S. Hall1, Politiche del quotidiano, Milano, 2006 S. Hall2, Il soggetto e la differenza, Roma, 2006 T. S. 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